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et al., 1997

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Academic year: 2021

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Il BDNF è la neurotrofina maggiormente diffusa nel cervello, soprattutto nell’ippocampo, nella neocorteccia e nell’ipotalamo (Ernfors et al., 1990, 1992; Maisonpierre et al., 1990;

Hofer et al., 1990, Castren et al., 1995; Katoh-Semba et al., 1997). Essendo implicato nei meccanismi che regolano la neurogenesi, la sopravvivenza cellulare e la plasticità sinaptica (Lessmann, 1998; Schuman, 1999; Schinder et Poo, 2000, 2001), già da tempo è documentato il suo coinvolgimento in patologie neurodegenerative quali morbo di Alzheimer e morbo di Parkinson (Connor B. et al., 1997; Howells DW. et al., 2000; Levivier M. et al., 1995;

Michalski B. et al., 2003; Parain K. et al., 1999; Phillips HS. et al., 1991).

Ricerche effettuate negli ultimi anni hanno mostrato come il BDNF sia implicato anche nella depressione (Altar CA. et al., 1999; Chen B. et al., 2001; Shimizu E. et al., 2003), avvalorando quanto osservato in studi post mortem su pazienti affetti da tale patologia (Manji et al., 2000; Rajkowska, 2000) che hanno evidenziato, in specifiche aree cerebrali, una diminuzione dei livelli di BDNF in associazione con fenomeni di atrofia e morte cellulare a carico dei neuroni e delle cellule gliali.

Studi a carattere epidemiologico (Jadulle et al., 2005; Taskapan et al., 2005; Zimmerman et al., 2001; Kimmel et al., 1993; Sacks et al., 1990) evidenziano come tra le categorie maggiormente a rischio per l’insorgenza di MDD vi sia quella di soggetti nefropatici.

Uno dei farmaci maggiormente utilizzati nella terapia della MDD è la Fluoxetina, che appartiene alla classe degli SSRI ed è pertanto in grado di aumentare la concentrazione extrasinaptica di Serotonina: questo evento provoca l’attivazione di secondi messaggeri che convergono sull’attivazione del fattore di trascrizione CREB, che modula positivamente l’espressione di BDNF.

Nel nostro studio sperimentale abbiamo indagato gli effetti della somministrazione di Fluoxetina sui livelli di BDNF periferici (tessuto renale e siero) e centrali (corteccia prefrontale, liquor e ippocampo) in un modello di IRC. Studi recenti hanno infatti dimostrato

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che esiste una stretta correlazione funzionale tra il distretto renale e quello nervoso, in particolare tra la popolazione cellulare dei podociti e quella dei neuroni: le analogie finora descritte riguardano i meccanismi che regolano la formazione dei pedicelli e dei dendriti, l’organizzazione citoscheletrica, l’espressione di proteine specifiche quali nefrina e densina, oltre a meccanismi di neurosecrezione, in quanto i podociti possono rilasciare glutammato (Kobayashi H., 2002; Rastaldi et al., 2006).

Inoltre la scelta di valutare i livelli di BDNF in campioni biologici di tessuto renale e siero, è dovuta alle seguenti considerazioni:

1. BDNF è in grado di regolare positivamente l’angiogenesi (Kermani P., Hempstead B.,2007; Newton, Duman, 2004; Ying et al., 2006) in tessuti ischemizzati. A livello renale è noto il ruolo che molecole dotate di attività angiogenetica hanno nella protezione del danno dell’endotelio glomerulare (Chander V, Chopra K., 2006), pertanto, l’indagine della variazione del BDNF nel tessuto renale in seguito alla somministrazione di molecole/farmaci in grado di regolarne l’espressione, potrebbe costituire un nuovo campo di applicazione di questo mediatore in tessuti non neuronali.

2. BDNF viene sintetizzato e rilasciato da popolazioni cellulari non neuronali (Scarisbrisck IA. et al., 1993; Ernfors P. et al., 1990; Hiltunen JO. et al., 1996; Maisonpierre PC. et al., 1991) e si ritrova nel circolo ematico (Rosenfeld RD. et al., 1995; Radka SF. et al., 1996), soprattutto immagazzinato nelle piastrine (Fujimura H. et al., 2002).

3. la valutazione clinica di pazienti depressi, o di pazienti con altre patologie neurodegenerative viene fatta su sangue, quindi abbiamo voluto valutare come la concentrazione di BDNF variasse nel nostro modello di IRC dato che, essendo il BDNF una proteina a basso peso molecolare è verosimile

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ritenere che questa categoria di pazienti mostri concentrazioni ematiche di BDNF alterate, senza che comunque questo debba necessariamente associarsi ad una sintomatologia depressiva.

Quindi, sulla base di queste conoscenze, abbiamo voluto vedere se una molecola, di cui è nota la capacità modulatoria sul metabolismo del BDNF a livello centrale, potesse avere anche un effetto a livello renale.

Nel nostro modello abbiamo messo a punto la procedura chirurgica di nefrectomia 5/6, estremamente invasiva e caratterizzata da un’alta mortalità. Durante il periodo di somministrazione del farmaco sono stati registrati i pesi corporei dei tre gruppi ed è stato possibile evidenziare una riduzione significativa negli animali del gruppo “Nx-F” rispetto agli animali del gruppo “C” e “Nx”, in accordo con quanto riportato in letteratura sugli effetti anoressizzanti della Fluoxetina nel periodo iniziale di somministrazione (voce biliografica).

A livello renale, sia negli animali nefrectomizzati che in quelli nefrectomizzati e trattati con Fluoxetina, si osserva una diminuzione dei livelli di BDNF; tuttavia i parametri di funzionalità renale, quali proteinuria e clearance della creatinina risultano meno alterati negli animali nefrectomizzati a cui è stato somministrato il farmaco rispetto agli animali con sola nefrectomia. Queste evidenze sono confermate anche dal punto di vista immuno-istologico, in quanto nei preparati istologici colorati con Tricromica di Masson e ottenuti dagli animali del gruppo “Nx-F” si osserva un tessuto più conservato rispetto al gruppo “Nx”, con un’evidente riduzione dell’edema a livello tubulare, un epitelio tubulare più trofico e una ridotta presenza di materiale proteico nel lume tubulare; anche l’esame istochimico, utilizzando la desmina come marker di proliferazione mesangiale, mette in evidenza come nel gruppo “Nx-F” vi sia una minor espressione di tale marker rispetto al gruppo “Nx”.

La valutazione dei livelli renali di nitrotirosine come marker di danno cellulare consente di osservare un aumento significativo di tale parametro solo negli animali con nefrectomia,

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mentre negli animali nefrectomizzati e trattati con Fluoxetina non sono presenti variazioni dei livelli di nitrotirosine attribuibili a sofferenza cellulare.

Nel liquor e nella corteccia prefrontale di animali nefrectomizzati si evidenzia, alla fine del periodo di osservazione, una diminuzione significativa dei livelli di BDNF rispetto al gruppo controllo, mentre negli animali del gruppo “Nx-F” non si osservano variazioni significative di tali livelli rispetto al gruppo controllo. Diversamente, nell’ippocampo si osserva un trend opposto, ovvero un aumento non significativo dei livelli di BDNF tissutale.

Dai dati emersi, è possibile ipotizzare che l’alterazione funzionale renale di tipo cronico, da noi indotta con nefrectomia 5/6, possa creare i presupposti per innescare i meccanismi coinvolti nello sviluppo delle patologie neurodegenerative, come la depressione maggiore; la somministrazione di Fluoxetina si è mostrata capace di modulare la riduzione dei livelli di BDNF osservati negli animali nefrectomizzati.

Per quanto concerne il trend non significativo presente nell’ippocampo nel gruppo con nefrectomia, si può ipotizzare che:

1) dal momento che corteccia prefrontale ed ippocampo sono strettamente correlati sia funzionalmente che anatomicamente, l’aumento a livello ippocampale potrebbe rappresentare una risposta compensatoria in seguito ad un’alterazione già instauratasi in corteccia.

2) una seconda ipotesi potrebbe essere una diversa dinamica di risposta dei due distretti cerebrali alle alterazioni funzionali successive ad IRC; in condizioni di stress ad esempio, il primo a rispondere all’insulto è l’ippocampo.

3) infine, come terza ipotesi, occorre ricordare che il BDNF a livello centrale viene prodotto non solo dai neuroni ma anche, e forse in maggior misura, dalle cellule gliali;

pertanto l’aumento a livello ippocampale di BDNF potrebbe essere in realtà il risultato di un fenomeno di gliosi. Questa ipotesi trova conferma in recenti lavori che attribuiscono all’eccessiva produzione di BDNF un significato neurotossico (Kim et al., 2002); tuttavia

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l’assenza di riscontri istologici a livello del SNC permette di elaborare una spiegazione, né di affermare la presenza di alterazioni patologiche secondarie all’IRC a livello del SNC.

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