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2. LE PISTE CICLABILI

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2. LE PISTE CICLABILI

Per lungo tempo progetti o iniziative tesi a migliorare la qualità dell’ambiente urbano sono stati pressoché inesistenti nei programmi delle varie amministrazioni comunali e provinciali. Gran parte delle energie finanziarie e non hanno contribuito ad un potenziamento continuo delle infrastrutture necessarie al traffico veicolare motorizzato; la conseguenza è stata un incremento continuo dello stesso.

Come è facile intuire questo processo è arrivato rapidamente ad un collasso e ad oggi, non solo nelle grandi città, i tassi di inquinamento acustico e soprattutto atmosferico sono spaventosamente oltre la soglia di accettabilità per la nostra salute; in molte grandi città italiane alcune soglie stabilite a livello europeo con riferimento ad un anno vengono superate già nei primi mesi. I dati medici registrano un progressivo peggioramento delle condizioni di salute in numeri crescenti di individui.

Per fortuna le amministrazioni, anche se un po’ in ritardo rispetto ad altri paesi europei, stanno prendendo atto di questi problemi e cominciano ad introdurre nei loro programmi alcuni interventi al fine di rendere più agevoli, funzionali e salutari gli spazi urbani.

2.1 Premessa

Fondamentalmente per ridurre lo stato di congestione in cui si trovano

molte nostre città è necessario che circolino meno veicoli privati e questo è

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possibile solo garantendo al cittadino delle alternative per spostarsi. La soluzione più evidente è sintetizzabile in pochi punti:

• Potenziare il servizio di trasporto pubblico

• Incentivare l’uso di veicoli a motore meno inquinanti

• Incoraggiare l’uso di mezzi di trasporto alternativi non inquinanti, primo fra tutti la bicicletta

• Ridiscutere tutta la viabilità del traffico automobilistico attuale alla luce di queste considerazioni ed in particolare dotare le periferie di parcheggi scambiatori per far si che il privato che debba entrare nel centro urbano fermi il suo veicolo all’esterno di esso e prosegua nel suo percorso tramite un capillare servizio di trasporto pubblico o servendosi di una semplice bicicletta

Proprio a proposito di questo ultimo aspetto è facile constatare come raramente l’utilizzo del mezzo a due ruote sia preferibile a quello del proprio veicolo a motore. Uscire con la propria bicicletta significa accettare uno stato di totale subordinazione al traffico automobilistico, che inesorabilmente tende a relegarci sulla parte meno ciclabile della carreggiata per la presenza di buche, deformazioni, dislivelli e ghiaietti. Tutto questo si traduce in una sensazione sia reale (oggettiva) che percepita (soggettiva) di insicurezza e pericolo. Questo non incoraggia all’uso della bicicletta il cui utilizzo diviene difficoltoso, stressante e faticoso sia da un punto di vista fisico che da un punto di vista mentale e psicologico.

Numerosi dati statistici sulla incidentalità nelle strade urbane confermano

quanto detto.

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Tutto questo porta inesorabilmente a lasciare la propria bicicletta nel garage per utilizzare il veicolo a motore anche quando lo spostamento sia estremamente breve.

Senza addentrarsi troppo nell’analisi delle caratteristiche più particolari del trasporto in bicicletta, già solo in base alle considerazioni fin qui fatte si intuisce come sia necessaria la creazione di spazi e percorsi dedicati a questo mezzo. In questi spazi devono essere messi in atto tutti gli accorgimenti tecnici del caso al fine di eliminare, sia i problemi sommariamente appena esposti a proposito delle interazioni col traffico automobilistico, sia quelli più strettamente connessi con il mezzo di trasporto in se; in primo luogo quelli derivanti dal fatto che il ciclista deve esclusivamente fare riferimento alle sue condizioni fisiche che possono essere più o meno buone a seconda di fattori come sesso età o altro.

2.2 Principali prescrizioni normative

I riferimenti normativi rappresentano regole di buona progettazione e sono costituiti dalle prescrizioni contenute nei bollettini ufficiali del CNR. I principali sono:

• N° 60 del 1978 ( “Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade urbane” )

• N° 78 del 28 luglio 1980 ( “Norme sulle caratteristiche geometriche delle strade extraurbane” )

• N° 90 del 15 aprile 1983 ( “Norme sulle caratteristiche geometriche e di traffico delle intersezioni stradali urbane” )

• N° 150 del 15 dicembre 1992 ( “Norme sull’arredo funzionale delle

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strade urbane” )

• Nuovo codice della strada, per quanto riguarda le fascie di rispetto delle aree di visibilità dei centri abitati

• Circolare M.L.P. n° 2575, del 8 agosto 1986 ( “Disciplina della circolazione stradale nelle zone urbane ad elevata congestione veicolare. Piani urbani del traffico” )

• Circolare n° 432 del 31 marzo 1993 ( “ammissione al contributo statale per la realizzazione di itinerari ciclabili e pedonali nelle aree urbane” )

2.3 Definizioni, tipologia e localizzazione.

Gli itinerari ciclabili si identificano con i percorsi stradali utilizzabili dai ciclisti, sia in sede riservata (pista ciclabile), sia in sede ad uso promiscuo con veicoli a motore o pedoni.

Il termine piste ciclabili, dunque, sta ad indicare un percorso lungo il quale vengono predisposti particolari apprestamenti per agevolare il transito delle biciclette.

In genere le piste ciclabili si possono differenziare in (fig. 2.1):

• Categoria A : piste ciclabili su sede propria, ad unico o doppio senso di marcia, completamente separate dalla restante viabilità attraverso idonei spartitraffico longitudinali rialzati; pavimentazione apposita di colore caratteristico; segnaletica specifica.

I marciapiedi, se presenti, devono essere posti a fianco della pista

ciclabile, nel lato opposto alla carreggiata stradale.

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• Categoria B : piste ciclabili su corsia riservata, ad unico senso di marcia, concorde a quello della contigua corsia destinata ai veicoli a motore e ubicata in destra rispetto a quest’ultima; percorsi delimitati da strisce orizzontali ovvero cordoli smussati sugli angoli (H

max

. = 10cm) sulla stessa carreggiata autoveicolare; eventuale pavimentazione di colore caratteristico; segnaletica specifica.

Possono comunque sussistere piste ciclabili formate da due corsie riservate contigue nei seguenti casi:

o Sui marciapiedi, qualora la loro ampiezza ne consenta la realizzazione: in tal caso si tratta di corsie ciclabili in genere di opposto senso di marcia ubicate sul lato del marciapiede verso la carreggiata stradale;

o Sulle strade pedonali, qualora l’intensità del traffico ciclistico in rapporto a quello pedonale ne richieda la realizzazione: in tal caso si tratta di corsie ciclabili di opposto senso di marcia ubicate in genere al centro della strada;

o Eventualmente sulla carreggiata stradale, qualora l’intensità del traffico ciclistico ne richieda la realizzazione: in tal caso si tratta di corsie ciclabili nello stesso senso di marcia ubicate sempre in destra rispetto alla contigua corsia destinata ai veicoli a motore. Si deve ritenere che sussistano condizioni di particolare intensità qualora il flusso del traffico ciclistico risulti superiore a 2000 unità-ora, per almeno due periodi di punta non inferiori a 15 minuti.

Salvo casi particolari, per i quali occorre fornire specifica

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dimostrazione di validità tecnica ai fini della sicurezza stradale, specialmente con riferimento alla conflittualità su aree di intersezione, non è consentito l’uso di piste ciclabili a doppio senso di marcia su corsie riservate ubicate sulla carreggiata stradale.

• Categoria C : Corsie ciclabili dove il percorso si svolge sulla stessa carreggiata autoveicolare senza nessun elemento di demarcazione.

Lungo tali percorsi deve essere approntata una segnaletica appropriata che imponga una disciplina alla circolazione.

L’adozione della categoria C è consigliabile solo per la viabilità locale.

In area urbana la circolazione ciclistica va indirizzata prevalentemente su strade locali e, laddove sia necessario che si svolga con una consistente intensità su strade principali, essa va adeguatamente protetta attraverso la realizzazione di piste ciclabili. In generale è da osservare che:

• Sulle autostrade, extraurbane ed urbane, la circolazione ciclistica è proibita;

• Sulle strade extraurbane primarie la circolazione ciclistica è proibita;

• Sulle strade extraurbane secondarie e sulle strade urbane di scorrimento, le piste ciclabili, ove occorrono, vanno realizzate su sede propria, salvo nei casi in cui i relativi percorsi protetti siano attuabili sui marciapiedi;

• Sulle strade urbane di quartiere e sulle strade locali extraurbane, le

piste ciclabili possono essere realizzate, oltre che su sede propria,

anche con corsie riservate;

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Fig. 2.1: Le categorie delle piste ciclabili

• Sulle strade locali urbane, le piste ciclabili, ove occorrono, vanno sempre realizzate con corsie riservate.

2.4 Larghezza delle piste ciclabili e dei divisori

Tenuto conto degli ingombri dei ciclisti e della bicicletta (si usa attribuire

uno spazio stradale di 10÷12 m2 per ciascuna bicicletta che procede ad una

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velocità di progetto di 15÷18 Km/h in condizioni normali di traffico), nonché dello spazio per l’equilibrio e di un opportuno franco laterale libero da ostacoli, la larghezza standard della corsia ciclabile unidirezionale va considerata pari a 1,60 m (0,50 m protezione + 0,60 m corsia + 0,50 m protezione); tale larghezza è riducibile a 1,25 m nel caso si tratti di due corsie contigue dello stesso od opposto senso di marcia. La larghezza unidirezionale ideale è pari a 2,00 m.

Per le piste ciclabili in sede propria e per quelle su corsie riservate ubicate su strade pedonali o su marciapiedi, la larghezza della corsia ciclabile può essere eccezionalmente ridotta fino a 1,00 m; quest’ultimo valore è da intendersi come minimo accettabile anche per situazioni particolarmente vincolate, sempre che venga protratto per una limitata lunghezza dell’itinerario ciclabile.

La larghezza standard bidirezionale è pari a 2,50 m (0,50 m protezione + 0,60 m corsia + 0,30 m separazioni + 0,60 m corsia + 0,50 m protezione), ma la situazione ideale parla di 3,00 m (fig. 2.2).

Fig. 2.2: Sezione di minimo ingombro per corsia ciclabile unidirezionale e per pista

ciclabile bidirezionale con protezioni laterali

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Le piste ciclabili con promiscuità del percorso (pedoni più ciclisti) devono avere una larghezza 3,00 m.

La larghezza dello spartitraffico fisicamente invalicabile, qualora esistete (piste ciclabili in sede propria) per l’idonea collocazione dei cartelli stradali, non deve risultare inferiore a 0,70 m. dal lato della carreggiata dei veicoli a motore.

Gli elementi divisori possono essere formati da (fig. 2.3):

• Transenne: hanno funzione di barriera fisica e psicologia, risolvono il problema con leggerezza e trasparenza e agevolano i problemi di manutenzione;

• Siepi: evitano fenomeni di abbagliamento e attraversamenti accidentali;

• Alberi: oltre a trasmettere un senso di barriera protettiva, aiutano a qualificare il paesaggio urbano.

• Isole spartitraffico, aiuole e fasce verdi, piccole differenze di livello nella pavimentazione, cordoli.

Il sistema più adatto per assolvere al problema della demarcazione fra corsia ciclabile e carreggiata autoveicolare è la striscia. Dato che questo elemento non costituisce una barriera fisica e protettiva, necessita di una forte evidenziazione con catarifrangenti ai bordi delle corsie ciclabili.

Nel caso di piste ciclabili su corsia riservata, la segnaletica orizzontale di

margine, eventualmente maggiorata, assume significato di spartitraffico

invalicabile, salvo nei tratti in cui risulti il tratteggio.

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Fig. 2.3: Gli elementi divisori di una pista ciclabile

2.5 Protezioni verticali e protezioni orizzontali

2.5.1 Protezioni Verticali

Quando sia necessario garantire l’assoluta sicurezza le protezioni verticali

devono presentare caratteristiche di robustezza, stabilità e continuità. Nel caso di

elementi continui occorre che i correnti orizzontali dalla parte dei ciclisti siano

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posti rispettivamente ad altezza superiore ai pedali (h = 0,50 m) e al manubrio (h

= 1,20 m). Dalla parte delle auto, onde evitare intrusioni parziali o accidentali, tali correnti si devono trovare ad almeno 0,50 m da terra.

Quando non sia necessaria l’estrema garanzia di sicurezza di cui sopra s può ricorrere a protezioni discontinue costituite da sequenze di paracarri, di dissuasori, di fioriere, con lo scopo principale di delineare chiaramente la presenza dei vari percorsi.

Tutti questi oggetti verticali devono avere caratteristiche opportune per non divenire essi stessi pericolosi per il ciclista ed in particolare devono essere ben visibili e riconoscibili.

2.5.2 Protezioni orizzontali

Per le piste realizzate allo stesso livello della carreggiata esse sono costituite da manufatti continui, a prevalente sviluppo orizzontale e alti circa 12÷25 cm da terra.

Qualora la pista sia incassata o adiacente a marciapiedi rialzati, per evitare l’urto dei pedali contro i bordi, occorre prevedere un ulteriore franco di sicurezza pari a 25 cm dal bordo della corsia.

Per finire, nel caso di piste rialzate o ricavate su marciapiedi, si prevede una fascia di sicurezza rispetto alla carreggiata stradale, di 50÷70 cm per evitare cadute accidentali o urti con elementi sporgenti dagli autoveicoli.

A proposito del transito assieme ai pedoni, spazi disponibili permettendo,

si cerca una separazione fisica fra i due itinerari da ottenersi o tramite leggeri

dislivelli (2÷6 cm) o con materiali diversi della pavimentazione o ancora con il

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colore.

2.6 Andamento Plano-altimetrico. Raggio di curvatura

Le caratteristiche del tracciato devono essere tali da consentire una buona visibilità sia diretta che indiretta negli incroci o nei sorpassi.

Nel caso di realizzazione di piste ciclabili su sede propria e su percorsi indipendenti dalle sedi viarie destinate ad altri tipi di utenza stradale, la pendenza longitudinale delle singole livellette non può generalmente superare il 5%, fatta eccezione per le rampe degli attraversamenti ciclabili a livelli sfalsati, per i quali può adottarsi una pendenza massima pari al 10%. E’ importante considerare che molti utenti sono fisicamente meno dotati o in possesso di mezzi meccanici non particolarmente sofisticati.

Esperimenti eseguiti in Olanda hanno permesso di ricavare una relazione fra la massima pendenza superabile e la lunghezza del tratto in salita. I risultati:

• Pendenza massima < 5,0 % per rampe con lunghezza < 100 m.

• Pendenza massima < 3,5 % per rampe con lunghezza < 200 m.

• Pendenza massima < 2,0 % per rampe con lunghezza > 200 m.

(fig. 2.4 )

I raggi di curvatura orizzontale lungo il tracciato devono essere commisurati alla velocità di progetto prevista e, comunque, in genere devono risultare superiori a 5,00 m. (misurati dal ciglio interno della pista);

eccezionalmente, in aree di intersezione ed in punti particolarmente vincolati,

detti raggi di curvatura possono essere ridotti a 3,00 m. E’ opportuno evitare

curve a corto raggio quando sono situate in fondo ad una pendenza. In tal caso è

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meglio allargare la pista per agevolare il ciclista in fase di curvatura.

Fig. 2.4: Massime pendenze per un percorso ciclabile in funzione della distanza - Ref[2].

Per evitare al massimo l’uso dei freni, considerando che in pianura la velocità di un ciclista è valutata intorno ai 20÷25 Km/h, il raggo di curvatura minimo può essere ricavato dalla formula R=0,238V+0,41, ove il raggio è espresso in metri e la velocità in Km/h.

2.7 Attraversamenti ciclabili ed organizzazione delle intersezioni

Si riscontra che gli incidenti con coinvolgimento di ciclisti avvengano

negli attraversamenti di percorsi ciclabili con la restante viabilità. Sono

generalmente causati da autoveicoli che svoltano a destra, da ciclisti che svoltano

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a sinistra e dal mancato rispetto dei segnali di precedenza alle intersezioni (fig.

2.5).

In generale gli attraversamenti delle carreggiate stradali da parte dei ciclisti vanno effettuati con le stesse modalità degli attraversamenti pedonali, con comportamenti dell’utenza analoghi a quelli dei pedoni e con i dovuti adattamenti che l’utenza ciclistica richiede (ad esempio per la larghezza delle eventuali isole rompitratta dell’attraversamento come in figura 2.6).

Fig. 2.5: Situazioni caratteristiche di pericolo

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Fig. 2.6: Esempi di “Isola Rifugio” o “rompitratta”

2.7.1 Attraversamenti a raso

Per gli attraversamenti a raso, su intersezioni ad uso promiscuo con i veicoli a motore ed i pedoni, le piste ciclabili su corsia riservata devono in genere affiancarsi al lato interno degli attraversamenti pedonali, in modo tale da istituire per i ciclisti, in ambito di intersezione, la circolazione a rotatoria con senso unico antiorario. In alcuni casi, negli incroci con svolta a sinistra con traffico intenso, è consigliabile per il ciclista portare a mano la bicicletta assieme al traffico pedonale (fig. 2.7).

Supponendo uno spazio per sistemare due corsie veicolari e una pista

ciclabile in attestamento all’intersezione, si può rendere la pista ciclabile continua

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e obbligare i veicoli in svolta a destra a dare la precedenza alle biciclette che attraversano l’intersezione (fig. 2.8).

Fig. 2.7: Circolazione a rotatoria per svolta a sinistra indiretta

Fig. 2.8: Pista ciclabile continua

Negli incroci con svolta a sinistra, destra e nella situazione per il ciclista di

massima promiscuità con gli autoveicoli, si consiglia di creare zone all’incrocio,

dove possono attestarsi ciclisti davanti alle automobili, che rimangono arretrate di

alcuni metri (fig. 2.9). Questo tipo di soluzione (ASL: advanced stop lines) è stata

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recentemente studiata nel regno unito e consiste in una sorta di bacino di accumulo, della profondita di 3,50÷5,00 m., posto davanti alla linea di arresto dei veicoli e di una corsia ciclabile di accesso al bacino stesso, di larghezza non inferiore a 1,50 m. e lunghezza non inferiore ad un elevato percentile (in genere, almeno il novantesimo) della lunghezza della coda che si forma durante il tempo di rosso. La corsia ciclabile che porta al bacino di accumulo può svilupparsi in posizione centrale rispetto alle corsie di marcia oppure al lato lungo il margine esterno della carreggiata.

Fig. 2.9: Sistemazione per agevolare la svolta diretta a sinistra

In ogni caso la segnaletica deve essere molto visibile soprattutto per i mezzi motorizzati. Si fa ricorso sia a segnaletica verticale che orizzontale (in rilievo) al fine di una buona organizzazione degli incroci che preveda una quanto più possibile separazione delle auto dalle biciclette in attesa.

In casi importanti, le sedi e le corsie riservate vanno attrezzate con

regolazione plurisemaforica e indicazioni chiare di precedenza.

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Fig. 2.10: Esempio di sistemazione degli attraversamenti di un incrocio a tre vie ben risolto

2.7.2 Attraversamenti a livelli sfalsati

Per gli attraversamenti a livelli sfalsati riservati ai ciclisti (piste ciclabili in

sede propria) va in genere preferita la soluzione in sottopasso, rispetto a quella in

sovrappasso, assicurando comunque che la pendenza longitudinale massima delle

rampe sia pari al 10% e vengano realizzate, nel caso di sovrappasso, barriere

protettive laterali di altezza non inferiore a 1,50 m.

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2.8 Pavimentazione e materiali

La pavimentazione delle piste è in genere realizzata con un tappeto bituminoso analogo a quello stradale; deve essere elastica ed asciugare rapidamente; se bagnata non deve presentare elevata scivolosità; deve avere una buona resistenza nel tempo, restando il più possibile regolare e priva di buche o degradazioni varie.

E’ opportuno differenziare la colorazione delle piste ciclabili quando queste si trovino adiacenti a carreggiate autoveicolari per renderle facilmente individuabili (soprattutto agli incroci). Il colore raccomandato per le strisce di delimitazione marginale e per il fondo è il verde nelle tonalità chiare o il rosso (gli ossidi vengono miscelati nel manto bituminoso finale).

Qualora la pavimentazione stradale delle piste ciclabili non sia contraddistinta nel colore da quella delle contigue parti di sede stradale destinate ai veicoli a motore ed ai pedoni, la pista medesima dovrà essere provvista di appositi simboli e scritte orizzontali che ne distinguano l’uso specifico.

La facile individuazione delle pista ciclabili non solo è garanzia di sicurezza ma produce anche un maggiore utilizzo della bicicletta stessa. Per questo motivo a pavimentazioni opportunamente colorate è bene associare una segnaletica diffusa e ben visibile; occorre scegliere tracciati ben individuabili rispetto alle strade autoveicolari.

Anche se i materiali più utilizzati sono i conglomerati bituminosi variamente colorati, non raramente si utilizzano anche conglomerati cementizi.

Molto valida esteticamente appare la pavimentazione (certo un po’ più costosa)

costituita da elementi autobloccanti formati da conglomerato cementizio.

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Sono da sconsigliare percorsi ciclabili privi di pavimentazione.

2.9 L’illuminazione

Per garantire livelli di sicurezza accettabili anche nelle ore serali e notturne, occorre un’appropriata illuminazione che renda ben visibili ostacoli permanenti o restringimenti temporanei della carreggiata nonché la presenza di incroci.

Sono necessari mezzi e segnali luminosi (lampeggianti catarifrangenti) oltre ad una segnaletica orizzontale e verticale ben visibile.

2.10 Progettazione e pianificazione di piste ciclabili

Come gia accennato l’Italia si è sensibilizzata solo ultimamente alle problematiche fin qui esposte.

Sebbene già verso la fine degli anni ottanta, in gran parte dell’Europa si cominciassero a prendere iniziative per contenere la pressione del traffico automobilistico nelle aree urbane e sebbene spesso al loro interno rientrasse lo sviluppo di politiche e strategie che favorissero l’utilizzo della bicicletta (nonché progetti di itinerari ciclabili moderni), nonostante ciò è quasi sempre mancata una logica di sistema. In pratica si è trattato di interventi slegati fra di loro per lo più incentrati su direttrici principali di adduzione al centro cittadino oppure compresi nell’ambito di strategie di park-and-ride.

La vera pianificazione delle reti ciclabili, inquadrata, studiata e risolta

come problema specifico si è ridotta a pochi e rari casi (l’Olanda va considerata

un paese di avanguardia in questo senso) spesso a scala urbana medio-piccola

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(90÷100 mila abitanti).

A livello di progetto preliminare è importante definire un sistema di infrastrutture il più possibile completo. Esso deve rendere realistico l’uso della bicicletta in alternativa all’auto, almeno per gli spostamenti del tipo: residenza- lavoro, residenza-scuola, residenza-acquisti, sport, tempo libero, residenza- attrezzature pubbliche (uffici comunali, ospedali, chiese, cimiteri, biblioteche, impianti sportivi, poli espositivi ecc…).

Non disponendo di dati sulla distribuzione della domanda di trasporto sul territorio, si può comunque realizzare una mappa delle dislocazioni delle attività pubbliche e di servizio e quindi estrarre un immagine qualitativa delle linee di desiderio che possono dare origine alla futura distribuzione del traffico ciclistico originato da queste attività.

Occuparsi approfonditamente di questo aspetto purtroppo esulerebbe dagli ambiti di questo lavoro, ma è utile per una visione più compiuta degli argomenti affrontati passare comunque ad un breve accenno dei punti salienti.

2.10.1 Caratteri essenziali del trasporto in bicicletta

A seguito di osservazioni sul campo seguite da studi ed interpretazioni dei dati ottenuti si è cercato di individuare le peculiarità del trasporto in bicicletta con le quali poi sviluppare delle considerazioni modellistiche.

Alcuni caratteri fondamentali, certamente condizionanti una modellizzazione di una rete di percorsi ciclabili, sono:

• Congruità: Fare una rete ciclabile non basta; occorre fare in modo che

l’utente sia indotto naturalmente e liberamente ad utilizzarla. Per questo

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motivo occorre conoscere profondamente le caratteristiche del trasporto in bicicletta nonché la psicologia del ciclista. In effetti i ciclisti sono disposti ad usare tutti i percorsi a loro disposizione anche in violazione di segnali e divieti quindi se la rete ciclabile non presenta quel determinato percorso essi non si faranno problemi ad abbandonarla.

Una rete ciclabile deve essere adeguata ad una ragionevolmente ampia possibilità di scelta del percorso; quanto più essa garantirà la connessione di tutte le origini (di domanda di trasporto) con le destinazioni, tanto più essa sarà congrua.

• Celerità: Poiché il ciclista deve contare essenzialmente sulla propria prestazione fisica per spostarsi, è logico attendersi che sia infastidito da inutili tortuosità del tracciato che tendano ad allontanarlo da quello che gli sembra il percorso più diretto; come appena detto esisterà un forte rischio che l’utente abbandoni la rete ciclabile.

In opposizione alla tortuosità è stato definito il coefficiente di celerità , dato dal rapporto fra la lunghezza del percorso più breve (all’interno della rete) che collega una coppia origine-destinazione e la loro distanza in linea d’aria.

Una rete ciclabile ha un buon coefficiente di celerità se indicativamente esso non supera 1,3.

• Sicurezza: Questo è forse il carattere più importante perché può

condizionare pesantemente la scelta del percorso da parte di una certa

quota di ciclisti e quindi, in definitiva, un alto o un basso utilizzo della rete

ciclabile.

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Garantire un buon livello di sicurezza è importante per tutti gli utenti ma in particolare per quelli più deboli come gli anziani, i bambini e disabili.

Occorre distinguere due componenti:

o La sicurezza soggettiva o percepita: evidenze sperimentali e conferme statistiche affermano che il ciclista occasionale è portato, molto più di quello sistematico tendente a prediligere la celerità, ad evitare situazioni di promiscuità con traffico veicolare veloce e/o intenso.

Occorre attuare accorgimenti costruttivi, come la pista separata, atti a fugare questo timore.

E’ da sottolineare comunque che quest’ultima soluzione è molto costosa e non sempre di facile realizzazione pratica. Per questi motivi e per altri ancora, non è ne consigliabile, ne fattibile ricorrere sempre a questa soluzione (sebbene appaia quella migliore in assoluto)

o La sicurezza oggettiva o della circolazione: dipende dalla geometria stradale e dal tipo di controllo e di manovre che si hanno alle intersezioni.

• Esternalità: Con questo termine si intendono un insieme di attributi riconducibili ad aspetti di carattere generale degli utenti della bicicletta.

Fra questi:

o Le caratteristiche ambientali e paesaggistiche della strada, come la presenza di ampi spazi verdi.

La soluzione ideale sarebbe quella di rendere completamente

indipendenti le piste ciclabili dal caotico traffico motorizzato che

produce inquinamento acustico e atmosferico.

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Se ciò non è possibile è bene prevedere accorgimenti che attenuino gli affetti delle emissioni sonore e dei fumi di scarico (barriere costituite da siepi o da schermi artificiali)

o La possibilità di associare spostamento e salutare attività fisica.

o La possibilità di parcheggiare pressoché ovunque.

o La possibilità di raggiungere uno stato di relax e comfort, contrapposti allo stress quotidiano, grazie per esempio ad un buono stato della pavimentazione, alla mancanza di strettoie e curve pericolose.

Importanti sono anche gli accorgimenti per proteggere gli utenti contro gli agenti atmosferici nonché il furto del mezzo (figg. 2.11-13)

Fig. 2.11

Fig. 2.12

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Fig. 2.13

Peraltro è accertato che il ciclista in genere preferisce una buona pavimentazione mentre un ameno e rilassante ambiente risulta poco condizionante nella scelta del percorso più che mai per i ciclisti sistematici.

• Requisiti funzionali: La rete deve essere concepita fin dall’inizio con criteri polifunzionali al fine di soddisfare il maggior numero possibile delle motivazioni allo spostamento, con particolare riguardo per gli spostamenti casa-scuola e casa-lavoro che presumibilmente presenteranno le domande di trasporto maggiori e maggiormente concentrate in ore specifiche della giornata. Non per questo andranno trascurate motivazioni turistiche, sportive, ricreative di volta in volta più o meno importanti. I principali requisiti funzionali richiesti sono

o La velocità del ciclista;

o La lunghezza del viaggio (o raggio d’azione) o Il fabbisogno di spazio stradale.

La velocità del ciclista: essa dipende fra i molti fattori dall’età e dal sesso

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dell’utente, dalle condizioni di traffico, dalle motivazioni allo spostamento ma nonostante ciò più fonti indicano una velocità media di circa 20 Km/h;

la pista ciclabile deve essere progettata in modo tale da far si che questa velocità sia sostenibile con uno sforzo da parte del ciclista pressoché costante su una gran parte del suo sviluppo.

Non bisogna infatti dimenticare che la bicicletta è un mezzo mosso dalla potenza muscolare del conducente: ogni resistenza addizionale sul percorso richieda un aumento dello sforzo fisico a parità di velocità. A titolo informativo riporto dal manuale Olandese della C.R.O.W. una formula che esprime la resistenza al moto di un ciclista:

P

est

= v·[ 0,0981·i·m + 0,0721 · m + 0,374 · (v + v w · cos )²]

In cui:

P

est

: Potenza necessaria (Watt) per mantenere una velocità assoluta v (m/s)

costante

i : Pendenza della strada (percentuale) m : Massa complessiva (kg) bici più ciclista v

w

: Velocità del vento (m/2)

: Angolo (rad) tra direzione del vento e direzione di moto del ciclista

Da questa formula si evince tutto ciò che si deve cercare di attuare per

progettare una pista ciclabile che non costringa i suoi utenti a eccessivi

dispendi di energia:

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o Occorre ridurre i transitori conformando planimetricamente la pista in modo tale da permettere una velocità per lo più costante e riducendo il numero di arresti e riprese nei punti di intersezione e nei cambi di corsia di marcia.

o Limitare opportunamente e per distanze opportune i livelli di pendenza longitudinale

o Proteggere eventualmente il ciclista dalle raffiche di vento

Peraltro costringere il ciclista a continue frenate e ad accelerazioni non solo lo affatica, ma accresce inesorabilmente il tempo di percorrenza e questo fatto non può che rendere meno competitivo l’uso della bicicletta.

La lunghezza del viaggio (o raggio d’azione): Più fonti indicano che nelle città medio-piccole la lunghezza media di viaggio per spostamenti di tipo sistematico in genere è di 7-8 km per l’uomo e di 5-6 km per la donna.

Sarà corretto pianificare una rete di percorsi ciclabile anche in base a questa considerazione. Esaminando aree comprese entro un raggio di 5-6 Km.

2.11 Woonerf

Strettamente connesso con tutti i temi appena esaminati è il problema del riordino e della riorganizzazione del tessuto urbano e della rete viaria; occorre:

• Separare il traffico di scorrimento dal quello restante (in particolare di penetrazione nelle aree urbane).

• Incrementare e razionalizzare il sistema dei parcheggi in prossimità dei

centri urbani (parcheggi scambiatori).

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• Potenziare ed estendere le aree pedonali per migliorare la vivibilità dei centri urbani.

• Realizzare una rete di piste ciclabili per incoraggiare l’uso della bicicletta.

• Recuperare e rendere efficiente il sistema di trasporto pubblico.

• Salvaguardare le diverse zone residenziali dall’inquinamento acustico e dalla pericolosità derivante dalla promiscuità fra pedoni e veicoli a motore.

A proposito di questo ultimo aspetto è fondamentale interrompere la continuità funzionale delle principali vie di distribuzione interna e residenziali;

così facendo la velocità media dei veicoli a motore diminuisce drasticamente (sotto i 30 Km/h) e gli spazi vengono più facilmente e giustamente messi a disposizione di pedoni e ciclisti, rimanendo alle automobili solo quello indispensabile per spostarsi all’interno della zona residenziale e raggiungere la corrispondente abitazione.

Questo implica un ridisegno delle strade stesse che si trovano ad avere un nuovo ruolo.

Con questa nuova organizzazione diventa possibile ricavare degli spazi per le ciclopiste, per nuovi parcheggi per i residenti, per arredi urbani di vario genere (aiuole panchine e fontane).

Un esempio illuminante può essere quello dei Woonerf: aree residenziali a

traffico limitato e controllato in cui il traffico veicolare è subordinato alle

esigenze dei pedoni e dei ciclisti, per il raggiungimento di un alto livello di qualità

ambientale (figg. ). Le prime esperienze in tal senso si sono avute, con ottimi

risultati, nei paesi europei nordici ma negli ultimi tempi queste soluzioni si stanno

diffondendo anche in Italia.

(29)

Fig. 2.14

Fig. 2.16

Fig. 2.15 Fig. 2.17

Fig. 2.14-17: Woonerf, aree residenziali, esempi di sistemazione

Riferimenti

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