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Conseguentemente il modello idrodinamico rappresenta uno strumento di calcolo ormai indispensabile in ogni studio dell’ambiente marino costiero

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

La necessità di pervenire ad una conoscenza dettagliata della circolazione nella fascia litoranea deriva sia da esigenze conoscitive sia da problematiche ambientali e ingegneristiche e comporta spesso l’applicazione di opportuna modellistica numerica, in grado di valutare e quantificare le variazioni spaziali e temporali del campo idrodinamico lungo costa.

L’utilizzo di modelli numerici idrodinamici permette infatti, attraverso simulazioni degli effetti indotti dai termini forzanti (vento, pressione atmosferica, densità,…) del sistema costiero, di ottenere risultati relativi al campo di corrente e di livello del mare, sia dal punto di vista singolo, legati cioè al singolo termine forzante fornito in input al modello, sia dal punto di vista complessivo, quando cioè in input viene fornito tutto l’insieme dei vari termini forzanti.

In tal modo è possibile analizzare la fenomenologia con estremo dettaglio, valutando il peso dei singoli termini e l’importanza delle loro interazioni che portano a definire il regime idrodinamico dell’area di studio, regime che rappresenta la “base di partenza” per qualunque modello di tipo ambientale o per applicazioni legate all’ingegneria costiera, e che permette, già nella fase di pianificazione e progettazione di opere e interventi sul litorale, di valutare in termini oggettivi i loro effetti sull’equilibrio complessivo dell’ambiente costiero.

Conseguentemente il modello idrodinamico rappresenta uno strumento di calcolo ormai indispensabile in ogni studio dell’ambiente marino costiero.

La Fig. 1.1 riassume in maniera schematica, attraverso un diagramma a blocchi, i termini forzanti dei modelli idrodinamici, i dati necessari per effettuare una opportuna schematizzazione, ed i possibili successivi utilizzi dei risultati per problematiche come quelle legate alla propagazione di sversamenti accidentali in mare di sostanze pericolose (“oil and chemical spills”), alla dispersione e diluizione di inquinanti, alla qualità delle acque o per applicazioni legate all’ingegneria costiera, come la progettazione di scarichi a mare, di condotte subacquee, di porti, terminali marini, etc.

Un altro importante campo di interesse legato alla dinamica costiera è rappresentato dal trasporto dei sedimenti associato al flusso di corrente. Infatti, dal bilancio sedimentario costiero dipende strettamente la stabilità dei litorali sabbiosi, che possono subire fenomeni di erosione irreversibili, ad esempio a causa della costruzione di opere che intercettano e bloccano il naturale trasporto sedimentario; quindi un’attenta conoscenza del campo idrodinamico locale è necessaria anche per interventi di ripascimento delle spiagge.

In tutti i casi il modello deve essere opportunamente scelto tra le varie tipologie possibili. A tale proposito si ricorda che i modelli matematici hanno subito, nell’ultimo decennio, un importante sviluppo che, unito alle nuove conoscenze teoriche e sperimentali sui processi idrodinamici, ha permesso di disporre di strumenti capaci di riprodurre nel dettaglio l’evoluzione della fascia costiera. Ora è ben noto che è praticamente impossibile costruire un modello “universale”

dell’oceano che possa trattare con uguale accuratezza fenomeni aventi scale spaziali e temporali diverse in ogni bacino: ciò è dovuto alla ovvia limitata capacità degli elaboratori e alle velocità delle CPU, ma anche all’ancora imperfetta descrizione di alcuni processi fisici, quali ad esempio la turbolenza nei pressi di ostacoli subacquei o l’interazione onde-correnti in situazioni particolari in prossimità della costa.

Gli sforzi dei ricercatori sono stati allora diversificati sullo sviluppo di varie classi di modelli, alcuni riguardanti solo il fenomeno della turbolenza, altri relativi ai fenomeni a meso-scala nei bacini oceanici, altri ancora a fenomeni a scala locale.

In natura le scale del moto non sono separabili: tutti i fenomeni avvengono nello stesso tempo e molti interagiscono. La suddivisione in tipologie comporta quindi una organizzazione logica basata sulla conoscenza della fenomenologia fisica.

Esistono dunque numerose tipologie di modelli idrodinamici e ci sono vari criteri per classificarli: un primo ovvio criterio è ad esempio quello geografico (modello del Mar Mediterraneo, del Mare del

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Nord, etc.), un secondo criterio è quello dei processi fisici descritti dal modello (idrodinamica, termodinamica..), un terzo criterio è quello delle semplificazioni imposte alle equazioni, un quarto criterio è quello dei termini forzanti da considerare (un modello costiero può o meno considerare il moto ondoso), e così di seguito. Ne consegue che un modello idrodinamico ha in generale un

“campo di applicabilità” ben definito e che deve essere attentamente considerato al momento dell’utilizzo operativo.

Per le aree al largo, lontano dalla costa, sembrerebbe a prima vista più facile sviluppare un modello idrodinamico: le scale orizzontali sono quasi illimitate, quelle verticali sono tali che gli effetti sulla superficie dovuti al vento e al riscaldamento-raffreddamento delle acque interessano solo un “pellicola” superficiale e quindi quasi trascurabili; ma in realtà nelle acque profonde la circolazione è governata dalla densità delle masse d’acqua: ne deriva dunque la necessità di inserire nel modello anche la parte termodinamica e di fornire in input adeguate informazioni su temperatura, salinità e densità su tutta la colonna d’acqua, dati spesso non completamente disponibili.

Nei mari costieri i processi dinamici sono notevolmente differenti da quelli oceanici: le scale orizzontali sono molto inferiori e la presenza della costa rappresenta un ostacolo alla propagazione delle masse d’acqua. Le scale verticali sono molto differenti, essendo le profondità coinvolte dell’ordine dei 100-200 m, con la conseguenza che gli effetti superficiali si estendono a tutta la colonna d’acqua o ad una notevole frazione della stessa.

Le aree costiere presentano dunque un quadro fenomenologico abbastanza complicato, con la conseguente necessità di dover applicare modelli capaci di simulare tutti i termini forzanti tipici della fascia litoranea; è però quasi sempre possibile applicare modelli meno complessi, basati su ipotesi semplificative o che tengano conto solamente di alcuni termini forzanti, che permettono di definire la fenomenologia fisica in modo comunque ragionevolmente accettabile, con tempi di calcolo non eccessivi, quindi utilizzabili su PC, e con input facilitati.

Anche i modelli più semplici, qualunque sia la tipologia, necessitano però di opportune condizioni al contorno che, in ambito costiero o per zone limitate, non possono essere condizioni nulle: si ricorre allora alla tecnica del “nesting”, che consiste nell’innestare un modello locale di dettaglio su un modello a scala più ampia e nel far calcolare al modello a grande scala le condizioni ai contorni aperti del modello di dettaglio.

Ciò di nuovo comporta tempi di calcolo lunghi, spesso incompatibili con le urgenze in caso di inquinamento (quando cioè l’output dell’idrodinamico rappresenta l’input dei modelli dispersivi), in cui la stima immediata (“rapid mapping”) dell’evoluzione spazio-temporale dell’inquinante può consentire interventi tempestivi di difesa.

Si cerca allora di evitare il nesting e, attraverso un’opportuna schematizzazione dei contorni tale da poter fornire condizioni al contorno analitiche o nulle, di valutare le risposte dei modelli e la loro capacità di descrivere o meno la fenomenologia locale.

Nella tesi vengono presentati e discussi nei dettagli alcuni modelli idrodinamici che sono in grado di fornire risultati rappresentativi della dinamica costiera.

Attraverso la loro applicazione ad una vasta area marina, caratterizzata dalla contemporanea presenza di acque basse e di acque molto profonde, vengono valutati anche i risultati per le zone più profonde ed evidenziati dunque i campi di applicabilità mediante il confronto tra corrente simulata dai modelli e dati misurati, nel caso di condizioni al contorno nulle.

La tesi è stata effettuata nell’ambito del Progetto della Comunità Europea denominato CLEOPATRA (Chemical Effluent & Oil Pollution Alert and Tracking) e riguardante l’inquinamento nel Mar Mediterraneo [rif. 1], in particolare gli aspetti connessi con il monitoraggio remoto, la modellazione matematica a differenti scale spaziali e temporali sia dei termini forzanti sia della dispersione-diluizione dell’inquinante.

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Tra le varie attività previste dal progetto, particolare riguardo era dedicato alla validazione di modelli idrodinamici di diversa tipologia, interfacciati a differenti modelli meteorologici, in “aree test”

e la valutazione quantitativa dell’attendibilità degli outputs (con particolare interesse alle correnti nello strato superficiale) anche in situazioni in cui la necessità di “rapid mapping” non fosse compatibile con i tempi necessari per innestare i modelli locali sui modelli a grande scala.

La tesi contribuisce, nell’ambito di tale attività, a focalizzare le problematiche e ad evidenziare i risultati per l’offshore Egitto, la più vasta delle aree test considerate nel progetto.

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Oscillazione di marea

Campo barico

Campo di vento

Campo di densità

MODELLI IDRODINAMICI

DINAMICA COSTIERA Caratteristiche

batimetriche e morfologiche

Strutture costiere

Dispersione e diluizione inquinanti

Qualità delle acque Propagazione

sversamenti accidentali

(oil-spill)

Impatto di opere costiere

Impatto di strutture sommerse Progettazione ingegneristica

Tempi di ricambio di acque confinate

Tutela della biodiversità

FIG. 1 – DINAMICA COSTIERA: TERMINI FORZANTI, MOEDDELLI IDRODINAMICI E APPLICAZIONE A VARI SETTORI

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