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Sviluppo di un modello idrodinamico 2DH finalizzato allo studio delle interazioni fluvio - marittime

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(1)

DOTTORATO DI RICERCA IN INGEGNERIA CIVILE

AMBIENTALE ARCHITETTURA

– XXVII CICLO

____________________________________________________________________

SVILUPPO DI UN MODELLO IDRODINAMICO 2DH

FINALIZZATO ALLO STUDIO DELLE

INTERAZIONI FLUVIO - MARITTIME

Tutor

Ing. Silvia Bosa

Dottoranda

Ing. Sara Pascolo

Coordinatore del corso di dottorato XXVII ciclo

Prof. Ing. Marco Petti

(2)
(3)

Indice

INTRODUZIONE

1

1

LA MODELLAZIONE SPETTRALE DEL MOTO

ONDOSO

5

1.1 Onde armoniche di piccola ampiezza……….. 6

1.2 L’approccio spettrale………. 13

1.3 Spettro di energia e densità spettrale di energia………. 19

1.4 Ricostruzione dello spettro in fase di generazione su profondità infinita……… 31

1.4.1 Generazione da vento………. 34

1.4.2 Interazioni non lineari: quadruplet wave-wave interactions…….. 39

1.4.3 Frangimento in acque profonde: white capping………. 46

1.5 Ricostruzione dello spettro in fase di propagazione su profondità finita………... 49

1.5.1 Interazioni non lineari: triad wave-wave interactions……… 52

1.5.2 Dissipazione per attrito al fondo……… 55

1.5.3 Dissipazione per frangimento………. 56

2

INTERAZIONE TRA MOTO ONDOSO E CORRENTE

59 2.1 Effetti della corrente sul moto ondoso: radiation stress e wave action………. 60

2.2 Effetti del moto ondoso sulla corrente: radiation stress e tensione tangenziale al fondo………... 78

2.2.1 Forzanti da radiation stress……… 84

2.2.2 Tensione tangenziale al fondo in condizioni di sovrapposizione fra moto ondoso e corrente………. 87

2.3 La foce di un fiume: idrodinamica di un getto turbolento e interazione con il moto ondoso………. 99

2.3.1 Idrodinamica di un getto sommerso………... 101

2.3.2 Idrodinamica di un getto sommerso in presenza di moto ondoso……… 116

(4)

3

MODELLAZIONE NUMERICA DELL’INTERAZIONE

MOTO ONDOSO

– CORRENTE

121

3.1 Modello spettrale SWAN………... 121

3.1.1 Scelta dei parametri fisici………... 126

3.2 Modello idrodinamico……… 127

3.2.1 Il problema di Riemann……….. 130

3.2.2 Stima dei flussi intercella………... 133

Solutore approssimato HLL………... 134

Solutore approssimato HLLC……… 138

3.2.3 Schema al secondo ordine MUSCL-TVD………. 140

3.2.4 Trattamento dei termini sorgente………... 143

3.3 Modello accoppiato spettrale – idrodinamico……… 144

3.4 Test numerico di validazione del modello accoppiato………... 148

3.4.1 Setup dei modelli e parametri della simulazione……… 149

3.4.2 Simulazione idrodinamica: scelta del solutore e del modello di chiusura della turbolenza sul piano orizzontale………. 151

3.4.3 Risultati numerici del modello idrodinamico………. 158

3.4.4 Propagazione spettrale: valutazioni preliminari alla simulazione accoppiata………... 160

3.4.5 Interazione moto ondoso – corrente: i risultati numerici del modello accoppiato………. 167

4

CONCLUSIONI E SVILUPPI FUTURI

175

Lista dei simboli

179

(5)

INTRODUZIONE

L’equilibrio dinamico di un litorale e la sua evoluzione morfologica sono il frutto dell’alternanza di processi erosivi e deposizionali che concorrono a modellarne i profili e le forme. A loro volta essi sono strettamente connessi alla rete fluviale retrostante, che alimenta le spiagge con l’apporto di sedimenti, contrastando così l’azione erosiva delle mareggiate.

Da una ricerca condotta a livello nazionale sulla tendenza evolutiva delle spiagge italiane (Atlante delle spiagge italiane, Fierro, 1999), emerge che circa il 40% delle coste della penisola è in erosione. Questo fenomeno, legato principalmente alla riduzione della quantità di materiale solido trasportato dai corsi d’acqua, è comunque governato dall’interazione tra la corrente fluviale e il moto ondoso incidente sottocosta. L’accentuato dinamismo dell’ambiente in cui si colloca la foce di un fiume o parimenti una bocca lagunare, rappresenta un’importante evidenza morfologica di questa complessa interazione che, da un punto di vista ingegneristico, comporta tuttavia anche numerose problematiche da affrontare.

I fenomeni di erosione o deposito dei sedimenti possono avere infatti pesanti ricadute sulle molteplici attività economiche che ruotano attorno all’ambiente costiero, deltizio o lagunare; tali ripercussioni richiedono il progetto e la realizzazione di adeguate opere di protezione costiera, il mantenimento ordinario della navigabilità delle vie di accesso ai porti e il dragaggio dei canali lagunari.

Tutti questi interventi rientrano nel contesto ben più ampio di una Strategia Nazionale per la gestione integrata delle zone costiere (Strategia GIZC), che l’Italia è chiamata a predisporre come previsto dalla Raccomandazione relativa all’attuazione della gestione integrata delle zone costiere in Europa (2002/413/CE) del 30/05/2002 e dalla Direttiva quadro sulla strategia per l’ambiente marino 2008/56/CE.

In quest’ottica la corretta interpretazione della dinamica fluvio - marittima rappresenta uno strumento utile e di supporto ad un’adeguata pianificazione e progettazione degli interventi, che richiede, oltre alla conoscenza e la comprensione dei fenomeni fisici in gioco, anche l’applicazione di mezzi idonei a riprodurre tali fenomeni.

In generale le strade percorribili sono due: da una parte la modellazione fisica, che comporta la disponibilità di ampi spazi e costi elevati e dall’altra la modellazione numerica, strumento diffuso e versatile, ma che presuppone un’adeguata preparazione e padronanza dello stesso, per essere correttamente applicato.

Tenendo presente che l’obiettivo è sempre quello di interpretare con coerenza e correttamente un fenomeno fisico, l’utilizzo consapevole di un modello numerico

(6)

Naturalmente questo richiede non solo la conoscenza del contesto in cui deve essere applicato, ma anche l’approfondimento e la comprensione delle equazioni che vengono integrate e della tecnica applicata per la loro soluzione numerica.

Nel caso dell’interazione fluvio – marittima, questo si complica ulteriormente: l’argomento infatti coinvolge due discipline storiche, l’idraulica fluviale e quella marittima, che per anni, pur mosse dagli stessi principi di base, hanno visto il loro sviluppo scientifico procedere di fatto in modo distinto.

In questo senso, tale argomento costituisce un prezioso ponte di collegamento fra i due mondi e permette di utilizzare concetti propri dell’idraulica fluviale per spiegare e interpretare meglio fenomeni tipicamente marittimi e viceversa.

Anche in ambito numerico, per anni, lo sviluppo dei modelli è stato condotto separatamente nei due settori: da una parte la modellazione spettrale per la ricostruzione del moto ondoso, dall’altra la modellazione idrodinamica delle correnti, basata sull’applicazione delle 2DH shallow water equations.

Negli ultimi decenni, la necessità di studiare e riprodurre la dinamica dell’interazione ha spinto verso un utilizzo accoppiato dei modelli, tale da permettere, entro certi limiti, di seguire l’evoluzione del fenomeno interpretando il mutuo scambio di effetti tra moto ondoso e corrente.

A partire da questa esigenza, il lavoro di ricerca di cui questo elaborato rappresenta una sintesi, si pone come obiettivo lo sviluppo di un modello che consenta lo studio delle interazioni fluvio – marittime, finalizzato ad una versatile applicazione in ambiti territoriali di interesse: in generale le zone costiere, con riferimento particolare alle foci dei fiumi e al sistema lagunare.

Tra i principali requisiti, si vuole garantire l’efficienza computazionale, la relativa semplicità di utilizzo per un utente comunque esperto e l’applicabilità ad estesi domini geografici, mantenendo tempi di calcolo comunque ragionevoli.

A tal fine si è ritenuto opportuno appoggiarsi, per quanto riguarda la parte marittima, al modello spettrale SWAN, open source della Delft University of Technology; per la parte idrodinamica, invece, si è optato per l’implementazione di un modello proprietario, traendo spunto dall’esperienza maturata in campo numerico dal gruppo di Idraulica dell’Università di Udine e in continuità con la ricerca da esso sviluppata negli ultimi anni.

Data la complessità del fenomeno e l’obiettivo di un utilizzo consapevole del modello, si è deciso di privilegiare innanzitutto l’approfondimento teorico degli aspetti fisici e idrodinamici caratterizzanti l’interazione fluvio – marittima.

L’elaborato dunque, partendo dal moto ondoso, delinea le proprietà e le potenzialità della sua rappresentazione spettrale, entrando nel merito dei meccanismi di generazione del moto ondoso al largo e di propagazione dello stesso in aree costiere.

Particolare attenzione viene rivolta al ruolo delle interazioni non lineari di risonanza tra componenti d’onda, di cui se ne discute il significato fisico.

Si intende sottolineare anche i limiti di validità dell’approccio spettrale, di cui è importante essere coscienti per non commettere, nell’applicazione dello stesso, errori grossolani di valutazione.

Si propone quindi un’indagine sugli aspetti salienti dell’interazione moto ondoso - corrente, con l’obiettivo di definirne i meccanismi peculiari, legati a radiation stress, wave action e tensioni tangenziali al fondo.

(7)

Si approfondiscono quindi le principali caratteristiche idrodinamiche di un getto turbolento che schematizza il comportamento di una corrente alla foce e si discutono gli effetti della presenza di un moto ondoso incidente.

Infine, si entra nel merito della modellazione numerica dell’interazione getto turbolento - moto ondoso, iniziando con un breve richiamo delle caratteristiche del modello spettrale SWAN, la descrizione del modello idrodinamico implementato e del programma sviluppato per il loro accoppiamento.

Viene proposta quindi una validazione del modello completo mediante confronto con risultati numerici e teorici di riferimento in letteratura.

(8)
(9)

1 LA MODELLAZIONE SPETTRALE DEL

MOTO ONDOSO

Ricostruire lo stato di mare che governa l’evoluzione di un litorale, modellandone e ridisegnandone continuamente i profili e l’aspetto, è indubbiamente il primo passo fondamentale da compiere, dal punto di vista ingegneristico, per una corretta progettazione e pianificazione degli interventi, mirati alla sua difesa, riqualificazione e valorizzazione.

Una simile ricostruzione rappresenta tuttavia anche uno dei propositi più affascinanti e complessi dell’idraulica marittima, che ha saputo coniugare i principi fondamentali della meccanica dei fluidi con leggi proprie di altre discipline scientifiche, fra cui l’ottica, l’acustica, la teoria dei segnali e le comunicazioni elettriche.

Tra i pionieri nello studio delle onde irregolari generate dal vento, possono inserirsi Sverdrup e Munk (1947).

La necessità di prevedere con un certo grado di accuratezza lo stato di mare in base alle condizioni meteorologiche, seppur finalizzata a un’offensiva militare relativa al secondo conflitto mondiale, si è concretizzata nella formulazione di un modello di previsione. Gli autori introdussero il concetto di “onde significative” ad indicare le “onde più alte e distinte” che si possono visivamente stimare tra le oscillazioni confuse della superficie del mare, senza tuttavia attribuire alle stesse alcuna accezione statistica. Sverdrup e Munk correlarono le altezze e i periodi di tali onde con la velocità, la durata del vento e l’estensione dell’area di generazione. I risultati di questo studio vennero successivamente ripresi e aggiornati da Bretschneider (1951, 1952), il cui contributo fu tale da suggerire l’acronimo SMB attribuito al modello.

Pressocchè contemporaneamente a Sverdrup e Munk, Rice (1944), sviluppò la teoria statistica dei segnali random per descrivere e trattare i rumori nei circuiti elettrici. Barber ed Ursell (1948) ebbero l’intuizione di applicare tale teoria in campo marittimo, analizzando l’elevazione della superficie libera del mare come un segnale aleatorio nel tempo e quindi fornendo la possibilità di sviluppare modelli basati sull’interpretazione stocastica della superficie libera del mare.

Da questi risultati, Pierson (1952) riuscì a descrivere le onde irregolari, sotto opportune ipotesi di linearità e stazionarietà, attraverso la densità spettrale di energia, comunemente nota anche come spettro di energia.

Longuet Higgins (1952) ne ricavò contemporaneamente le principali proprietà statistiche adottando un modello gaussiano per uno spettro “infinitamente stretto” e

(10)

A partire da questi studi sono stati successivamente proposti numerosi spettri parametrici monodimensionali, primo fra tutti quello di Neumann (1953), che ne determinò la forma nelle ipotesi di profondità infinita e mare completamente sviluppato, correlando i parametri dello spettro alla velocità del vento.

In campo ingegneristico trova ancora attualmente largo impiego, oltre che conferme, lo spettro proposto da Hasselmann et al (1973) nell’ambito del “Joint North Sea Wave Project”, da cui l’acronimo JONSWAP.

Tale spettro, derivato dalla forma del Pierson Moskovitz (1964), ben si adatta sia a condizioni di fetch limitato che di mare aperto. I suoi parametri richiedono sia la conoscenza del fetch che della velocità del vento.

Fondamentale è stato il passaggio allo spettro bidimensionale, che tiene conto della distribuzione direzionale dell’energia del vento e quindi del moto ondoso; ancora più determinante divenne la successiva possibilità di seguire, mediante bilancio energetico, l’evoluzione e la trasformazione dello spettro sia nella sua fase di generazione che di propagazione su profondità finita.

Quest’ultimo concetto rappresenta di fatto il cuore della modellazione spettrale, che conduce ad una descrizione completa del moto ondoso, con il vantaggio di seguire l’evoluzione di tale moto, dal largo a riva, con maggiore aderenza al fenomeno fisico. Nel presente capitolo si richiamano i principi fondamentali della modellazione spettrale, fin qui solo accennati.

In questo studio è presentata una delle possibili strade attraverso cui analizzare e trattare il moto ondoso: partendo dalla definizione di onde armoniche di piccola ampiezza, si passa alla sovrapposizione di più componenti regolari con frequenze, ampiezze e fasi diverse, per arrivare al concetto portante di spettro di energia e densità spettrale di energia.

Si affrontano quindi i temi della generazione del moto ondoso e la propagazione dello stesso verso costa, valutando le principali trasformazioni che intervengono dal punto di vista fisico ed energetico attraverso la formulazione spettrale.

1.1

Onde armoniche di piccola ampiezza

La superficie del mare perturbata dall’azione del vento presenta un aspetto disordinato e confuso, che si rinnova continuamente assumendo, sia nel dominio temporale che in quello spaziale, configurazioni diverse caratterizzate da onde che cambiano ampiezza, periodo e direzione.

Come meglio si apprezzerà nei prossimi paragrafi, l’irregolarità casuale delle onde così generate può essere tuttavia interpretata come somma di più componenti armoniche e pertanto regolari, che si sovrappongono mantenendosi indipendenti l’una dall’altra. La teoria di Airy o di Stokes al prim’ordine, descrive nel dettaglio ciascuna di queste componenti, ossia onde progressive sinusoidali a cresta lunga.

Si assumano le ipotesi di fluido ideale e incomprimibile, soggetto ad un campo di forze conservativo, nello specifico il campo gravitazionale e che all’istante iniziale il moto sia irrotazionale.

Quest’ultima ipotesi richiede che le particelle fluide non ruotino e se questo è garantito per l’istante di tempo iniziale, in virtù del teorema di Lagrange, vale per ogni successivo istante di tempo.

Tutte queste limitazioni al moto delle particelle, apparentemente restrittive, sono in realtà plausibili in campo marittimo, almeno lontano dalla condizione di frangimento e

(11)

da un “sottile” strato prossimo al fondo. Infatti le vorticità in un fluido viscoso nascono al contorno e all’interno dello strato limite dove la turbolenza si genera continuamente e tende progressivamente ad occupare l’intero dominio fluido.

La natura oscillante del moto ondoso al contrario è tale da produrre periodiche inversioni, responsabili della separazione dello strato limite, con rapido assorbimento della turbolenza stessa, che rimane confinata in un sottile strato al fondo.

L’irrotazionalità diventa pertanto condizione necessaria e sufficiente per descrivere il moto delle particelle fluide attraverso la funzione potenziale di velocità:

( , , , )x y z t  tale che u ,v ,w x y z          (1.1)

con u x y z t

, , ,

, v x y z t

, , ,

, w x y z t

, , ,

componenti di velocità prese rispettivamente

nelle tre direzioni.

Con riferimento al dominio schematizzato in figura 1.1, le classiche equazioni differenziali di conservazione della massa e di bilancio della quantità di moto possono essere riscritte in termini della funzione potenziale :

2 2 2 2 2 2 2 2 2 0 1 0 2 x y z p gz t x y z                                        (1.2) (1.3) essendo p x y z t

, , ,

il campo di pressioni, cost la densità e g l’accelerazione

gravitazionale.

Figura 1.1: Definizione del dominio di riferimento

L’equazione (1.2) prende il nome di equazione di Laplace e descrive l’armonicità della funzione potenziale; l’equazione (1.3) è nota come integrale di Cauchy-Lagrange e

x y z=0 h h L

(12)

Si precisa che essa viene ricavata ammettendo che la funzione potenziale sia determinata a meno di una generica funzione del tempo, che potrà essere opportunamente scelta sulla base delle condizioni imposte nel problema.

Per risolvere il sistema differenziale è necessario definire le condizioni al contorno di tipo cinematico e dinamico, sulla superficie libera e al fondo, ammettendo per quest’ultimo che sia orizzontale.

Il fronte d’onda viene assunto parallelo alla direzione y e la forma d’onda costante e quindi periodica con lunghezza L in direzione x.

Ne consegue che: 2 1 0 2 0 ( , , , ) ( , , , ) z t x x y y g t z x y z t x L y z t x x h h h h                        a z

h

a z

h

a z  h (1.4) (1.5) (1.6) (1.7) Il sistema di equazioni (1.2-1.7) è ora completo; rimane tuttavia non risolvibile analiticamente in forma chiusa per la presenza di termini non lineari e per aver imposto le condizioni al contorno su un dominio variabile, essendo la superficie libera

x y z t, , ,

h un’incognita del problema.

Si introducono pertanto ulteriori ipotesi semplificative, che di fatto caratterizzano la teoria di Airy come teoria lineare per onde di ampiezza infinitesima:

2 1 2 0 0 O x x y y z t g O t x L h z h h h h                                    (1.8) (1.9) (1.10) (1.11) Lo zero di riferimento verticale viene preso in corrispondenza dello SWL, assunto quale livello indisturbato della superficie libera e definito dall’integrale

1 ( , , , ) SWL h x y z t d    

(1.12)

con  area sul piano orizzontale tale che    .

Qualunque proprietà, cinematica o dinamica, calcolata sulla superficie libera, può essere confusa con il suo valore determinato in corrispondenza dello SWL, da cui il significato di ampiezza infinitesima; questo si traduce analiticamente in:

(13)

0 ( , , , ) ( , ,0, ) z f f x y t f x y t z h h    (1.13)

Riassumendo, il sistema conclusivo, di cui si fornisce una schematizzazione in figura 1.2, è dunque il seguente: 2 0 0 0 (0, , , ) ( , , , ) 0 z t g t z y z t L y z t x x p gz t h h                                   a z 0 a z 0 a z  h (1.14)

Figura 1.2: Equazioni linearizzate e condizioni al contorno per la teoria lineare

Una delle soluzioni analitiche dell’equazione di Laplace con assegnate le condizioni cinematiche e dinamica è un’onda armonica a cresta lunga

( , ) cos( ) 2 H x t t kx h    (1.15) x z x=0 x=L fondo superficie libera z=h 0 z z t h     0 z h z      0 0 g z t h   0 p gz t     2 0   

eq. di continuità Bernoulli generalizzato

(14)

periodica nel tempo e nello spazio, con periodo T, frequenza f 1 T  e relativa pulsazione 2 T

 , lunghezza d’onda L e numero d’onda k 2

L   , altezza d’onda H e ampiezza 2 H A .

Si tratta di un’onda progressiva, che si propaga in direzione x, con celerità d d x L c t k T

   e mantenendo il fronte parallelo alle direzione y.

Il campo di moto delle particelle fluide è completamente descritto dal potenziale di velocità, soluzione del sistema omogeneo (1.14):

cosh ( ) ( , , ) sin( ) 2 sinh( ) k h z Hc x z t t kx kh       (1.16)

da cui segue il moto orbitale delle particelle fluide con componenti in direzione x e z rispettivamente

cosh ( ) cos( ) 2 sinh( ) sinh ( ) sin( ) 2 sinh( ) k h z Hck u t kx kh k h z Hck w t kx kh          (1.17) (1.18)

Esse descrivono traiettorie orbitali ellittiche chiuse: al tendere di kh   , ossia in acque profonde, tendono al profilo perfettamente circolare, mentre in acque basse, ossia per kh , descrivono percorsi via via più ellittici e allungati nella direzione di 0 propagazione, per effetto del confinamento imposto dal fondo.

Fisicamente il limite delle acque profonde è raggiunto per 1

2 h

L , superato il quale le proprietà cinematiche dell’onda non risentono della presenza del fondo e si annullano lungo la verticale con legge esponenziale; il limite delle acque basse, per il quale tutte le

principali grandezze cinematiche sono condizionate dalla profondità,

ingegneristicamente viene assunto pari a 1

20 h

L  (Svendsen, 2006).

Per rapporti inferiori l’ampiezza della componente orizzontale di velocità tende ad essere costante sulla verticale, mentre la componente verticale passa linearmente dal suo valore massimo in superficie al valore nullo al fondo nel rispetto della condizione di impenetrabilità.

Proprietà fondamentale che contraddistingue il comportamento di un’onda armonica che si propaga liberamente per effetto del solo campo gravitazionale, è la relazione di dispersione:

2 tanh( )

kg kh

(15)

che evidenzia il carattere dispersivo del mare, vincolando la lunghezza d’onda e di conseguenza la celerità di propagazione, sia alla frequenza dell’oscillazione che alla profondità.

Laddove l’oscillazione non risente del fondo, deep water, il suo comportamento viene determinato unicamente dalla frequenza o periodo:

2 g

c T

 (1.20)

le onde a periodo maggiore si propagano più velocemente e sono più lunghe rispetto alle componenti a periodo minore.

Nella condizione limite di raggiungimento delle acque basse, shallow water, il fondale contribuisce a rallentare e uniformare le celerità di propagazione, facendone perdere il carattere dispersivo:

cgh (1.21)

Si vuole evidenziare come per la teoria lineare, la relazione di dispersione (1.19) che regola la propagazione delle onde armoniche è indipendente dall’ampiezza delle oscillazioni A: essa rimane infatti l’unica variabile indeterminata dalla soluzione del sistema (1.14) nel pieno rispetto della soluzione di un sistema di equazioni differenziali di tipo omogeneo.

Le ipotesi di linearità che conducono al sistema (1.14) sono generalizzabili con la relazione (Petti, tesi di dottorato):

1 tanh( )

kH

kh (1.22)

La disuguaglianza (1.22) si traduce, nei casi limite di acque basse e profonde, nelle seguenti relazioni fondamentali:

acque basse acque profonde 0 1 1 H H kh L h H kh L     (1.23)

normalmente associate al concetto di ampiezza infinitesima.

La teoria lineare prevede unicamente interazioni di tipo elastico fra componenti armoniche con frequenze diverse; questo significa che ciascuna oscillazione si propaga indipendentemente dalle altre, inalterata nella forma e vincolata solo al rispetto della condizione di dispersione.

La sovrapposizione, ad esempio, di due onde armoniche aventi frequenze vicine fra loro e che viaggiano nella stessa direzione, genera un inviluppo della superficie libera, che si propaga con una celerità che prende il nome di celerità di gruppo.

(16)

1 2 1 2 sinh 2 g kh c c k kh         (1.24)

mettendo in evidenza, per le proprietà della funzione iperbolica, che cgc.

La conseguenza di questo risultato è che ciascuna componente, mantenendosi invariata, si muove in gruppo con celerità maggiore del gruppo stesso, fino a raggiungerne il fronte e quindi scomparire, mentre contemporaneamente in coda si formano nuove oscillazioni.

La particolarità di questo comportamento e la dipendenza della celerità di gruppo dalla frequenza delle componenti, hanno importanti ripercussioni sul meccanismo di disgregazione del moto ondoso irregolare generato al largo: esso tende a suddividersi in gruppi di onde regolari con le onde più lunghe che si propagano in testa seguite da quelle più corte. L’energia del moto ondoso viene così distribuita e “dispersa” in mare. Nella fase di propagazione verso costa, al contrario, l’interazione con il fondo diventa dominante e attenua progressivamente il carattere dispersivo delle oscillazioni: le diverse celerità presenti nel treno d’onde così come la celerità di gruppo dello stesso, tendono ad un unico valore espresso dalla (1.21).

L’energia meccanica complessiva associata ad un’onda armonica viene definita per unità di superficie orizzontale, mediata sul periodo, tramite la relazione:

2 2

2 2 0 1 1 O 2 8 p c h H E E E gz dz u w dz gH L h h                     

(1.25)

essendo Ep l’energia potenziale, Ec il contributo cinetico e la sovra-barra la media sul

periodo, definita per una generica funzione come

 

1

 

t T t dt T  

.

Si osservi che l’energia descrive una proprietà dell’oscillazione quadratica in H, stimata con i risultati della teoria d’onda lineare.

L’energia viene trasportata dall’onda progressiva generando un flusso Ef attraverso le sezioni verticali ortogonali alla direzione di propagazione:

2 2

1 2 f h E p gz u w u dz h         

(1.26)

Nel rispetto delle ipotesi di validità della teoria lineare riassunte dalla (1.22), a meno di termini di ordine O(H/L)3, l’energia viene trasportata unicamente dal lavoro svolto dalla

sovrapressione dinamica, determinata attraverso il teorema di Bernoulli generalizzato (1.3):

cosh ( ) cosh( ) k h z p g kh  h  (1.27)

(17)

3 0 3 ( / ) O f g h H E p u dz O H L Ec L                

(1.28)

Matematicamente la velocità di trasporto dell’energia coincide con la celerità di gruppo, pur avendo significati fisici diversi fra loro.

La direzione del flusso di energia corrisponde a quella di propagazione dell’oscillazione, ossia ortogonale ai fronti d’onda; questo potrebbe non essere più vero in presenza di un campo di corrente, come si avrà modo di apprezzare nel seguito. Sono state fin qui riassunte ed evidenziate le principali proprietà cinematiche e dinamiche di un’onda armonica progressiva a cresta lunga, nel rispetto della teoria lineare, concetti alla base di un modello di rappresentazione del moto ondoso reale inteso come somma di un numero congruo di armoniche elementari.

1.2

L’approccio spettrale

Barber e Ursell (1948) e successivamente Pierson (1952), suggerirono di interpretare l’irregolarità e la casualità del moto ondoso reale attraverso l’analisi spettrale e la teoria statistica dei segnali random con il metodo proposto da Rice (1944) nel campo delle comunicazioni elettriche.

L’applicazione dell’approccio spettrale nell’idraulica marittima troverà grande diffusione prevalentemente a partire dagli anni ’70.

Un impulso fondamentale è stato dato dalla definizione di spettri parametrici monodimensionali (Neumann, 1952; Bretschneider, 1959; Pierson e Moskowitz, 1964; Hasselmann et al., 1973), sempre più aderenti al fenomeno fisico grazie alla disponibilità crescente di osservazioni sperimentali; parallelamente, l’introduzione nel 1965 dell’algoritmo FFT (Fast Fourier Transform) ottimizzato per il calcolo della trasformata discreta di Fourier, ha reso possibile l’elaborazione dei segnali a basso costo computazionale.

L’analisi spettrale si basa sull’evidenza matematica che una generica funzione

h

 

t , continua e differenziabile in un dato intervallo temporale Tr (figura 1.3), è sempre

scomponibile in una serie di oscillazioni sinusoidali:

1 ( ) ncos(2 n n) n t A f t h     

 (1.29)

ciascuna caratterizzata dalla propria ampiezza A , fase n  e frequenza n fn multipla

della frequenza minima 1

1

r f

T

(18)

Figura 1.3: Generica funzione variabile nel tempo

La trasformata serie di Fourier, di seguito specificata, riconduce ad un contenuto armonico la funzione

h

 

t : 2 2 0 0 1 2 2 ( ) cos 2 2 ( )sin tan r r n n n T n r r T n r r n n n A a b n a t tdt T T n b t tdt T T b a  h  h                

(1.30)

Immaginando dunque che

h

 

t corrisponda alla registrazione dell’andamento della

superficie libera in un punto fissato, le espressioni (1.29) e (1.30) forniscono la possibilità di interpretare il moto ondoso irregolare come somma di componenti armoniche elementari (figura 1.4).

Figura 1.4: Scomposizione della superficie libera in una somma di armoniche

Si evidenzia a questo proposito un aspetto fondamentale:

h

 

t descrive una condizione puntuale. A rigore cioè, le componenti armoniche presenti nella serie di Fourier (1.29), sono semplicemente onde sinusoidali ma non progressive; è tuttavia implicito che in virtù della relazione di dispersione lineare (1.19), a ciascuna frequenza fn corrisponda

t

 

t h r T r T t  t h r T

(19)

una determinata lunghezza d’onda Ln e che pertanto a tale componente sia associata

una celerità di propagazione n

n n c k   .

Il passaggio inverso (antitrasformata serie di Fourier) consente viceversa di restituire esattamente il segnale generico originario nell’intervallo Tr ma ripetuto nel tempo, data

la periodicità delle singole componenti, come evidenziato in figura 1.5.

Figura 1.5: Restituzione periodica del segnale con antitrasformata serie di Fourier

La singola registrazione

h

( )t può essere interpretata, in modo più ampio, come particolare realizzazione, sample record, di un fenomeno casuale, quale di fatto è il moto ondoso. Questo significa che a parità di condizioni, l’andamento ottenuto per l’elevazione di superficie, in un punto e per un intervallo definiti, è uno fra i possibili che si sarebbero potuti generare e che descrivono nell’insieme un processo stocastico. In generale data la variabilità sia spaziale che temporale, le proprietà di tale processo possono essere individuate conducendo o un’analisi di insieme, a partire da tutte le sue possibili realizzazioni, oppure un’analisi temporale.

Idealmente, quindi, l’andamento dell’elevazione di superficie

h

( )t è descrivibile come una sequenza temporale di variabili casuali h( ), ( ),..., ( ),...t1 h t2 h tn stimabili attraverso la ripetizione del moto ondoso nel tempo (figura 1.6).

r T

 

t h t 1 t tn   1 t h   2 t h   3 t h   4 t h

(20)

Potendo tuttavia disporre di un’unica possibile registrazione per ogni dato evento, questo approccio diventa impossibile per ovvie ragioni.

Si individua una particolare e importante classe di processi stocastici, definiti come ergodici, le cui proprietà statistiche possono essere di fatto ricondotte alla singola realizzazione temporale.

Condizione necessaria perché questo sia verificato è la stazionarietà del processo, ossia che tutte le proprietà statistiche siano indipendenti dal tempo e in quanto tali ricostruibili dall’unica registrazione.

La superficie libera del mare perturbata da onde generate dal vento, di cui la registrazione in figura 1.3 è un esempio, viene interpretata assiomaticamente come un processo aleatorio di tipo ergodico, almeno in senso lato.

La stazionarietà in senso lato, meno restrittiva della precedente, richiede l’indipendenza temporale solo di alcune proprietà, in particolare media e varianza.

Questo consente di operare con una statistica temporale e definire la media e la varianza dell’elevazione di superficie attraverso le medie temporali di

h

 

t e del suo valore quadratico: 0 1 Tr ( ) r t dt T h 

h 2 2 2 0 1 Tr ( ) r t dt T h  

h h (1.31) (1.32) dove implicitamente nella (1.32) si è assunto che il livello medio dell’ondulazione della superficie del mare sia nullo.

Un contributo fondamentale alla risoluzione delle proprietà statistiche del moto ondoso è stato fornito da Longuet-Higgins (1952).

Mediante l’analisi di numerosi dati sperimentali, l’autore ha dimostrato che è possibile adottare un modello gaussiano per descrivere gli spostamenti verticali della superficie di ondulazione, purché la registrazione e di conseguenza il moto ondoso che essa rappresenta, soddisfino determinati requisiti.

In primis è richiesta la stazionarietà che, come specificato sopra, comporta la costanza temporale della media e della varianza nell’intervallo di registrazione opportunamente scelto; a questa si aggiunge la sostanziale simmetria della distribuzione delle oscillazioni positive e negative attorno al valore medio nullo della superficie indisturbata.

Quest’ultima ipotesi traduce fisicamente il concetto di linearità delle oscillazioni e di fatto indipendenza delle componenti sinusoidali in cui si può scomporre il moto ondoso e rimanda pertanto ai vincoli di applicabilità della teoria lineare, che cade in difetto in condizioni di ripidità prossime al frangimento o per consistente interazione con il fondo. Le premesse così definite permettono di trattare il processo come gaussiano e di attribuire, dunque, all’elevazione di superficie una funzione di densità di probabilità di Gauss, individuata dai due parametri, media e varianza.

In virtù dell’assunzione di processo ergodico, tali parametri sono ricostruibili attraverso la singola registrazione e valgono pertanto le relazioni (1.31) e (1.32).

(21)

2 0 0 1 ( ) exp 2 2 r p m m h h       (1.33) dove 2 0 m  h.

Longuet-Higgins (1952) ha condotto un’analisi specifica dimostrando che le creste delle registrazioni

 

h

c nell’ulteriore ipotesi di spettro infinitamente stretto, si distribuiscono secondo la legge di Rayleigh:

2 0 0 ( ) exp 2 c c r c p m m h h h      (1.34)

L’ipotesi di spettro infinitamente stretto, che sarà meglio chiarita in seguito, si identifica, dal punto di vista fisico, nell’uniformità delle frequenze delle componenti armoniche, che non devono quindi differire tra loro in modo sostanziale; in altre parole il segnale deve essere pulito, privo cioè di piccole oscillazioni spurie che si originano da sinusoidi con frequenza troppo bassa o elevata.

Dalla constatazione che in un segnale stazionario, simmetrico e lineare, l’altezza d’onda è circa H 2h , si può definire la distribuzione rayleighiana delle altezze d’onda a c

partire dalla (1.34): 2 0 0 ( ) exp 4 8 r H H p H m m      (1.35)

relazione che fornisce una funzione di densità di probabilità e quindi di determinazione probabilistica delle ampiezze

2

n n

H

A  per ciascuna delle componenti armoniche nella

somma (1.29).

Per un’altezza d’onda *

H , la probabilità di superamento Q H

 

* è data dalla relazione:

* * ( ) ( ) H r Q H p H dH 

(1.36) Fissati dunque i valore di tale probabilità, è possibile definire le corrispondenti altezze d’onda, statisticamente caratterizzanti il segnale irregolare:

* ( ) 1 Q H  * ( ) 1 3 Q H  * ( ) 1 10 Q H  1 2.507 0 HHm 1 3 4.004 0 Hm 1 10 5.09 0 Hm (1.37)

(22)

quelle “più alte e distinte” percepite visivamente tra le oscillazioni “confuse” della superficie del mare (Sverdrup e Munk, 1943).

Un importante parametro correlato al contenuto energetico del segnale, come si apprezzerà nel seguito, è l’altezza d’onda quadratica media

0

8

rms

Hm (1.38)

La stima dell’altezza d’onda massima della registrazione non è a priori definibile statisticamente; tuttavia, mediante opportune considerazioni sulla durata della registrazione tale da garantire una stazionarietà del processo, si può stimare

1 3

max 1.8 2

H   H (1.39)

Riassumendo, è possibile interpretare il moto ondoso reale registrato come una somma di onde monocromatiche nel rispetto delle ipotesi di processo stazionario, lineare e dunque gaussiano e di individuarne le principali proprietà statistiche, consentendo di caratterizzare tutte le possibili osservazioni che potrebbero essere ottenute in condizioni pari a quelle in cui la registrazione è stata fatta.

È importante ricordare che, differentemente da un generico segnale progressivo magneto - elettrico, le oscillazioni elementari in mare sono onde progressive la cui propagazione è regolata dalla relazione di dispersione; questa relazione consente di stabilire una corrispondenza biunivoca tra dominio temporale e dominio delle frequenze.

Su questo concetto, sovente dimenticato, si fonda tutto l’approccio spettrale diffusamente impiegato per la ricostruzione del moto ondoso reale, spesso anche in contesti di forte non linearità estremamente lontani dalle ipotesi base, dove il passaggio a una descrizione spettrale può restituire una rappresentazione completamente distorta e fuorviante da quella che si pensa di realizzare.

A ciascuna frequenza, dunque, deve essere associata in maniera univoca un’ampiezza e una fase; il grafico che mostra la ripartizione delle ampiezze nelle diverse frequenze prende il nome di spettro di ampiezza, di cui un esempio in figura 1.7.

Figura 1.7: Esempio di uno spettro di ampiezza

Analogamente si può definire e tracciare lo spettro di fase.

Sperimentalmente si trova che, per motivi inerziali, la frequenza delle onde da vento assume valori tipicamente compresi nel range [0.05, 1.00] Hz.

f A f1 A1 An fn

(23)

1.3

Spettro di energia e densità spettrale di energia

Per un processo stocastico è possibile definire un altro importante strumento utile all’analisi nel dominio delle frequenze e più rappresentativo dello spettro di ampiezza: lo spettro di energia.

Per un’onda armonica, nell’equazione (1.25) è stata definita l’energia meccanica per unità di superficie orizzontale e mediata sul periodo di oscillazione, trovandone la proporzionalità con il quadrato dell’altezza d’onda e quindi dell’ampiezza.

In particolare è facile verificare che

2

E

 h

g (1.40)

Questo risultato non è valido solo per la singola oscillazione, ma si dimostra valere anche per una generica funzione h(t) scomponibile nella somma di onde lineari monocromatiche (1.29), essendo cos(2f tn n) una base ortonormale.

Pertanto, con le ipotesi viste precedentemente si può verificare che l’energia meccanica complessiva per unità di superficie, associata al moto ondoso irregolare h(t) è la somma dei singoli contributi elementari:

2 1 1 1 2 tot n n n n Eg A E     

(1.41)

Ad ogni frequenza fn si può dunque associare il corrispondente termine

2 1 2 n n E A g  

costruendo in modo del tutto analogo allo spettro di ampiezza, lo spettro di energia. Quest’ultimo, esattamente come il precedente, rimane ancora definito su valori discreti di frequenza; si introduce quindi una nuova quantità S f

 

n definita nell’intervallo

, 2 2 n n f f ff       , essendo 1 r f T

  , con Tr tempo di durata della registrazione, tale

che: 2 ( ) 2 n n A S f f  (1.42)

Combinando le equazioni (1.40) – (1.42) si verifica che l’energia complessiva del moto ondoso reale h(t) è data dalla sommatoria

2 1 ( ) tot n n E  hgg S f f    

 (1.43)

(24)

0 ( ) tot Eg S f df  

(1.44)

dove la funzione S f

 

, nota come densità spettrale di energia, è continua nel dominio

delle frequenze ed è tale per cui l’area sottesa corrisponde, a meno del termine moltiplicativo g, all’energia dell’intero segnale.

La procedura descritta rappresenta una delle possibili definizioni della densità spettrale di energia, concetto chiave nell’analisi spettrale del moto ondoso, in grado di caratterizzare completamente dal punto di vista fisico l’intero contenuto armonico delle onde irregolari, pur nelle limitazioni di un modello stazionario e gaussiano, in cui le componenti soddisfano i presupposti della teoria lineare.

Presenta oltremodo anche il grande vantaggio di descriverne le proprietà statistiche, fornendo così una rappresentazione completa del segnale h(t).

In virtù dell’ergodicità si è visto infatti che

h

2

, legata per la (1.40) al concetto fisico di energia meccanica e dunque per definizione alla densità spettrale S f

 

, rappresenta

anche la varianza

h2 del processo stocastico h(t).

Di conseguenza a partire dalla densità spettrale di energia si è in grado di determinare il

parametro 2

0

m  h che compare nelle funzioni di densità di probabilità gaussiana e

rayleighiana, rispettivamente per l’elevazione di superficie e per le altezze d’onda, (1.33) e (1.35).

Si comprende pienamente da queste considerazioni come la densità spettrale di energia, sovente chiamata con il termine generico spettro di energia, sia uno strumento completo e potente per la rappresentazione del moto ondoso irregolare generato da vento, qualora siano tuttavia rispettate le ipotesi fondamentali di linearità, stazionarietà e spettro stretto.

Come si avrà modo di apprezzare nel seguito della trattazione, è tuttavia fisicamente inevitabile che tra le diverse componenti monocromatiche, costituenti lo spettro, si inneschino delle interazioni di origine non lineare: queste ultime risulteranno oltremodo necessarie e importanti sia in fase di generazione e crescita del moto ondoso sia nella successiva propagazione su fondali a profondità finita e l’interazione con gli stessi. La condizione di spettro stretto, introdotta da Longuet-Higgins (1952) per ricavare la funzione di densità di probabilità di Rayleigh, acquista ora un significato ben preciso. Una delle espressioni note per la definizione del parametro di ampiezza spettrale è la seguente 0 2 2 1 1 m m m    (1.45)

che coinvolge il “momento statico” e “di inerzia” dello spettro. In generale si definisce il momento di ordine n dello spettro come:

0 ( ) n n m S f f df  

(1.46)

(25)

Quanto più il parametro (1.45) tende a zero, tanto più geometricamente “l’asse baricentrico” va a coincidere con il “raggio di inerzia” dello spettro; dal punto di vista fisico si traduce in uno spettro concentrato per il quale l’energia si distribuisce su un intervallo limitato di frequenze e quindi di componenti armoniche.

In altre parole per   il segnale è più 0 regolare fino al caso limite dell’onda armonica che ha come sua rappresentazione spettrale la funzione delta di Dirac.

Queste considerazioni sono riassunte in figura 1.8.

Figura 1.8: Corrispondenza tra spettro e segnale (Holthuijsen, 2007)

Attraverso i momenti (1.46) è possibile caratterizzare le principali proprietà spettrali del moto ondoso, in particolare l’altezza d’onda Hm0:

0 4 0

m

Hm (1.47)

Nelle condizioni in cui siano rispettate le ipotesi viste sopra, essa va a coincidere con l’altezza d’onda significativa Hs, che rappresenta la media del terzo delle altezze d’onda

maggiori della registrazione.

Si definiscono inoltre un periodo medio spettrale Tm01 e il periodo T02 (Rice, 1944):

0 01 1 1 m m m T f m   (1.48) 0 02 02 2 1 m T f m   (1.49) f f f funzione delta di Dirac onda armonica segnale modulato segnale irregolare spettro stretto spettro largo S( f ) S( f ) S( f ) h (t) h (t) h (t)

(26)

A completamento di questa analisi si riporta la definizione rigorosa della densità spettrale di energia, derivante dall’analisi spettrale dei segnali, che arricchisce le potenzialità di questo strumento.

La funzione S f

 

è legata alla trasformata di Fourier della funzione di autocovarianza

 

C  , definita come autocorrelazione del segnale h

 

t :

0 1 ( ) lim ( ) ( ) r r T T r C t t dt T  h h   

 (1.50)

Essa rappresenta la correlazione del segnale con se stesso: il valore al generico istante t viene confrontato con il valore ritardato di una quantità  per verificare quanto si somigli e quindi si correli all’avanzare del tempo.

Per un processo stazionario la funzione di autocovarianza dipende unicamente dalla traslazione  e tende a zero al tendere di Tr  : si può pertanto passare al dominio

delle frequenze attraverso la sua trasformata integrale di Fourier:

2 '( ) ( ) i f S f Ce  d    

(1.51)

Sfruttando il teorema di Parseval si può definire una densità spettrale di energia S f

 

,

a partire dalla S'

 

f , ma limitata alle frequenze positive; imponendo l’uguaglianza

delle aree sottese e sfruttando le equazioni (1.51) e (1.44):

2 0 '( ) ( ) S f d f S f df h    

(1.52)

segue infatti che la funzione S f

 

è il doppio del modulo della S'

 

f .

Nel passaggio dalla funzione di autocovarianza C() alla funzione densità spettrale di energia S f

 

si conservano le caratteristiche di stazionarietà e gaussianità del processo

stocastico.

Finora si è potuto apprezzare l’approccio spettrale in quanto utile a sintetizzare una generica registrazione h(t); nella pratica la ricostruzione dello spettro può essere fatta adottando tecniche consolidate nella teoria dei segnali, tra le quali la FFT (Fast Fourier Transform) che ottimizza il calcolo della trasformata serie di Fourier.

In realtà è risolvibile anche il problema inverso, ossia generare un segnale reale h(t) dato uno spettro S f

 

.

Una serie di lunghezza T1 consiste di N componenti, con 1

T N

f

e f opportunamente

(27)

1 1 1 ( ) 2 ( ) cos(2 ) N n n t S nf f nf t h    

  (1.53)

dove la fase di ciascuna componente  rimane indeterminata, non entrando nella n

definizione dello spettro.

A questo proposito, una possibilità consiste nell’assumere che  sia una variabile n

casuale uniformemente distribuita nell’intervallo [0,2] e avente pertanto una densità di probabilità costante; questa procedura, spesso utilizzata in laboratorio, fornisce una rappresentazione a fase casuale di un processo gaussiano corrispondente allo spettro assegnato.

Un passaggio fondamentale da discutere prima di entrare nel merito dei modelli di generazione e propagazione spettrale, è la necessità di descrivere uno spettro in forma parametrica.

Di fatto l’impossibilità di memorizzare in modo continuo una funzione che cambia da punto a punto sul piano orizzontale (x,y) e nel dominio spettrale (f, ), ha spinto verso la ricerca di una forma spettrale di tipo parametrico.

A partire dagli anni sessanta, la disponibilità crescente di dati di moto ondoso osservati, ha consentito la formulazione di diversi spettri monodimensionali parametrici, pur nell’ipotesi, comune a tutti, di profondità infinita.

Fra i diversi autori si ricordano in particolare Pierson e Moskowitz (1964), che hanno suggerito una forma spettrale a due parametri, analizzando osservazioni sperimentali di moto ondoso completamente sviluppato nell’oceano Atlantico settentrionale.

I dati utilizzati facevano riferimento a un’area di generazione con estensione illimitata e, come anticipato sopra, profondità idealmente infinita, tale cioè da non interferire in alcun modo con le oscillazioni.

In queste ipotesi si raggiunge uno stato di mare completamente sviluppato quando il contenuto energetico del moto ondoso assume un valore costante nel tempo e nello spazio, legato al valore della velocità media del vento che lo ha generato.

L’espressione analitica dello spettro unimodale che descrive questa condizione, di cui un esempio è riportato in figura 1.9, è la seguente:

 

4 2 4 5 1 5 ( ) exp 4 2 P P f S f g f f              (1.54)

La funzione presenta il massimo in corrispondenza della frequenza di picco fP; il suo

ramo crescente è limitato dalle caratteristiche dell’area di generazione e in questo caso particolare dalla sola velocità del vento, mentre il ramo decrescente va a coincidere per frequenze elevate con lo spettro limite (curva di saturazione) suggerito da Phillips (1958) su profondità infinita:

 

2 4 5 1 ( ) 2 S P S f g f    (1.55)

(28)

Figura 1.9: Forma dello spettro Pierson-Moskowitz

La curva di saturazione (1.55) traduce analiticamente il fenomeno fisico del frangimento, ossia il raggiungimento del limite massimo della ripidità possibile per una data oscillazione, definita in generale dal rapporto H L tra altezza d’onda e relativa

lunghezza.

Il processo correlato al frangimento, che verrà approfondito nel seguito, condiziona lo sviluppo dello spettro di energia imponendo un assetto energetico, per cui ad ogni componente armonica compete una densità di energia che non può superare quella corrispondente alla condizione limite di stabilità.

Dal momento che il frangimento è dominato dalla gravità, Phillips ha ricavato la forma analitica (1.55) attraverso un approccio basato sull’analisi dimensionale, facendo dipendere la densità spettrale di energia, legata all’ampiezza dell’oscillazione, unicamente dall’accelerazione di gravità e dalla frequenza, che ne stabilisce la lunghezza d’onda. Si può dimostrare che

( ) a b con 2 e 5

S

S fg f ab  (1.56)

Il parametro di equilibrio P presente in entrambe le espressioni (1.54) e (1.55) viene spesso assunto costante, anche se a rigore dipende anch’esso dallo stato di mare, come evidenziato dai risultati sperimentali di diversi autori citati dallo stesso Phillips (1977), tra i quali Pierson (1962), Longuet-Higgins et al. (1963) e Hasselmann et al. (1973). Pierson e Moskowitz (1964), dal fitting delle loro osservazioni hanno determinato:

19.5 0.0081 0.14 P P w P f U f g       (1.57)

dove f è la frequenza di picco adimensionalizzata e P Uw19.5 la velocità del vento rilevata ad un’altezza pari a 19.5 m slm.

Lo spettro Pierson-Moscowitz (1.54) è stato successivamente esteso a descrivere e interpretare situazioni relative a bacini marini diversi, in cui la ridotta dimensione dell’area di generazione, non assumibile più come illimitata, diventa rilevante nel processo di generazione del moto ondoso.

f

 

2 4 5 1 ( ) 2 S S f g f    S( f ) fp

(29)

Nell’ambito del “Joint North Sea Wave Project”, da cui l’acronimo JONSWAP, sono stati analizzati numerosi spettri, ricostruiti sull’osservazione sperimentale di moto ondoso generato su fetch di estensione limitata e su profondità ritenuta ancora infinita. Sulla base di questi dati, Hasselmann et al. (1973) proposero una forma spettrale ancora oggi riconosciuta dalla comunità scientifica come idonea e flessibile ad interpretare condizioni diverse di moto ondoso e per questo diffusamente impiegata in campo marittimo e ingegneristico.

Nello specifico l’espressione analitica dello spettro JONSWAP è stata determinata a partire dallo spettro Pierson-Moscowitz introducendo una funzione opportuna che ne rende la forma più piccata:

 2 2 2 exp 2 ( ) s PP f f f p G f            (1.58)

dove p è il fattore di elevazione del picco e s un parametro che quantifica la larghezza

dello spettro attorno alla frequenza di picco e che assume valore diverso per frequenze inferiori a fP, sa, o superiori, sb.

Combinando le espressioni (1.54) e (1.58) si ricava la forma completa dello spettro JONSWAP:

 

 2 2 2 4 exp 2 2 4 5 1 5 ( ) exp 4 2 P s P f f f P P f S f g f f                        (1.59)

Tale spettro dipende globalmente dalla determinazione di cinque parametri e richiede la conoscenza sia della velocità del vento Uw, misurata alla quota di 10 m, che del fetch x

che quantifica l’estensione dell’area di generazione efficace alla generazione del moto ondoso e su cui agisce il vento.

Nello specifico per il parametro di scala P e la frequenza di picco fP lo Shore

Protection Manual (1984) propone le seguenti espressioni: 0.22 2 0.33 2 0.0076 3.5 P w P w w gx U gx g f U U                    (1.60)

in cui P è generalmente assunto costante e pari al valore proposto da Pierson e Moscowitz (1.57).

Per i parametri di forma p, sa e sb si fa riferimento a valori determinati mediante

operazione di fitting di dati sperimentali.

In particolare il fattore di elevazione del picco è variabile a seconda delle caratteristiche dell’estensione del bacino marino: per mari chiusi come il mar Mediterraneo è consuetudine assumere come valore medio  3.3, mentre in situazioni più estese

(30)

La larghezza dello spettro attorno alla frequenza di picco viene assunta: 0.07 0.09 sa P s sb P f f f f          (1.61)

In definitiva l’individuazione di uno spettro parametrico tipo JONSWAP riconduce alla determinazione dei parametri fP e p.

La rappresentazione di uno stato di mare attraverso uno spettro monodimensionale, ancorché esplicativa, non è sufficiente a rappresentare uno stato reale.

A tal fine è necessario definire lo spettro non soltanto nel dominio continuo delle frequenze, ma anche in porzioni associate alla direzione delle componenti elementari. Introducendo come ulteriore variabile la direzione, la densità spettrale di energia risulterà una funzione bidimensionale ( , )S f  e il segnale associato:

1 1

( , , ) nmcos(2 n n cos m n sin m nm)

n m

x y t A f t k x k y

h      

 



   (1.62)

dove l’indice n relativo alla frequenza f è lo stesso del numero d’onda k in virtù della relazione di dispersione, mentre l’indice m discretizza la direzione .

Parimenti allo spettro monodimensionale, ciascuna componente ha un’ampiezza Anm

distribuita secondo la legge di Rayleigh, una fase casuale nm e una direzione m

nell’intervallo [-,] e una frequenza fn definita nel range delle onde di gravità.

Il modello 2D (1.62) descrive pertanto un processo gaussiano, stazionario nel tempo e omogeneo nello spazio (x,y), individuato dalla sovrapposizione di componenti che si propagano con diversa ampiezza, frequenza e fase (figura 1.10a e 1.10b).

(a) (b)

Figura 1.10: a) Moto ondoso irregolare come somma di armoniche diversamente orientate; b) Esempio di spettro bidimensionale (Holthuijsen, 2007)

 ,  S ff ff  ,  f S f dfd      

(31)

Il volume dello spettro deve essere tale da soddisfare, per definizione, l’uguaglianza: 2 0 ( , ) S f d df   h     

 

(1.63)

Il contenuto energetico dello spettro ( )S f monodimensionale associato, può essere ottenuto dallo spettro ( , )S f  come:

( ) ( , ) S f S f d      

(1.64)

L’energia può essere distribuita nelle varie direzioni attraverso una directional spreading function ( , )G f  (St. Denis e Pierson, 1953), tale che

( , ) ( ) ( , ) ( , ) 1 S f S f G f G f d             

(1.65)

con  misurato rispetto alla direzione principale di propagazione, ossia a massimo contenuto energetico, che generalmente coincide con la direzione prevalente del vento, almeno all’interno dell’area di generazione.

In altre parole la funzione ( , ) ( , )

( )

S f G f

S f

  fornisce la distribuzione normalizzata di

densità spettrale di energia sulle direzioni per ciascuna frequenza.

Pertanto è naturale attendersi che essa vari in relazione anche a quest’ultima: osservazioni sperimentali evidenziano come la distribuzione risulti più concentrata in corrispondenza alla frequenza di picco fP dello spettro e si allarghi per frequenze

maggiori.

La forma della distribuzione G f

 

,

non è ben nota e diversi autori, sulla base di risultati sperimentali, hanno proposto alcune espressioni analitiche, a partire dalla più semplice di Arthur (1949): 2 2 cos 2 ( , ) ( ) 0 2 G f G               (1.66)

La (1.66) trova tuttavia una buona corrispondenza solo per valori di frequenza prossimi al picco dello spettro.

Per avere una maggiore flessibilità a fini ingegneristici, tale modello è stato generalizzato al seguente:

(32)

2 0cos 2 ( ) 0 2 s G G             (1.67)

essendo G0 una costante di normalizzazione tale da garantire il rispetto della (1.65) ed s

un parametro che controlla l’ampiezza della distribuzione, esprimendo il grado di concentrazione di energia attorno alla direzione principale e alla frequenza di picco. Una delle formulazioni più note a tal proposito è quella proposta da Longuet-Higgins at al. (1963) e Mitsuyasu et al. (1975), rappresentata in figura 1.11:

2 0 ( ) cos 180 180 2 s G  G           (1.68)

Figura 1.11: Spreading function secondo Longuet-Higgins at al. (1963) e Mitsuyasu et al. (1975)

Goda e Suzuki (1975) hanno suggerito per s le seguenti espressioni:

5 max 2.5 max p p p p f s f f f s f s f f f                     (1.69)

adottando per smax un valore costante e pari a 10 nel caso di onde da vento in acque

profonde ed uno variabile su fondali decrescenti e diagrammato in funzione della profondità e angolo di incidenza del moto ondoso.

Ewans (1998) ha successivamente esteso la trattazione sulla base di osservazioni che hanno evidenziato come per frequenze via via più alte rispetto al picco, la distribuzione tenda a diventare sempre più appiattita, presentando addirittura un aspetto bimodale per frequenze pari a circa il doppio della frequenza di picco.

Questo significa che la funzione G() presenta due massimi in direzioni simmetriche leggermente distanti da quella del vento.

  G   wind-180 -90 90 180 16 s 8 s 4 s 2 s 1 s

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