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Capitolo 1 Valutazione dei flussi idrici minimi accettabili

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Capitolo 1

Valutazione dei flussi idrici minimi accettabili

1.1. Definizione di deflusso minimo vitale

Nelle varie normative nazionali e nella letteratura specifica sono state date, nel tempo, diverse definizioni di deflusso minimo vitale, DMV, con lo scopo di delineare i criteri per una sua valutazione in termini idraulici.

Il concetto di DMV compare per la prima volta nella legislazione italiana con la legge 183/1989 “Norme per il riassetto organizzativo e funzionale della difesa del suolo” che all’articolo 3 indica come le attività di pianificazione, di programmazione e di attuazione debbano riguardare anche: “la razionale utilizzazione delle risorse idriche superficiali e profonde, con una efficiente rete idraulica, irrigua ed idrica, garantendo, comunque, che l'insieme delle derivazioni non pregiudichi il minimo deflusso costante vitale negli alvei sottesi nonché la polizia delle acque” [2]. Nella 183/1989 il DMV viene indicato come una portata costante che deve essere assicurata nel corso d’acqua. La parola “costante” è sicuramente fuorviante ed eliminata nelle successive normative in quanto nella definizione del DMV non si può prescindere dalle variazioni naturali stagionali di portata che avvengono in un corso d’acqua. L’intenzione della norma era quella di dare una prima indicazione al fine di prevenire situazioni di secca per lunghi periodi a causa di prelievi eccessivi [2]. Il DMV viene citato anche nella 36/94 “Disposizione in materia di risorse idriche” definendolo “il deflusso necessario per la vita negli alvei sottesi da derivazioni e tale da non pregiudicare il patrimonio idrico, la vivibilità dell’ambiente, l’agricoltura, la fauna e la flora acquatica, i processi geomorfologici e gli equilibri idrologici” [2].

Nelle linee guida pubblicate dal Ministero dell’Ambiente per la predisposizione del bilancio idrico di bacino, richiesta nel D. Lgs. 152/99, si definisce il DMV come "la portata istantanea da determinare in ogni tratto omogeneo del corso d’acqua, che deve garantire la salvaguardia delle caratteristiche fisiche del corpo idrico,

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chimico-fisiche delle acque nonché il mantenimento delle biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali" [2], dove si intende per:

− "caratteristiche fisiche" del corso d’acqua, il mantenimento delle sue tendenze evolutive naturali, anche in presenza di variazioni artificialmente indotte (nel tirante idrico, portata e trasporto solido);

− "caratteristiche chimico-fisiche", il mantenimento dello stato di qualità delle acque, in linea con il perseguimento degli obiettivi di qualità previsti dal D. Lgs. 152 e della naturale capacità di autodepurazione del corso d’acqua;

− "biocenosi tipiche delle condizioni naturali locali", il mantenimento delle comunità caratteristiche dell’area di riferimento, prendendo in considerazione anche i diversi stadi vitali di ciascuna specie [3].

Emerge quindi l’importanza di mantenere una portata minima nei corsi d’acqua che possa garantire sia le dinamiche morfologiche tipiche di un fiume sia la capacità autodepurativa e di diluizione dei carichi inquinanti che sostenere le comunità animali e vegetali. Nelle stesse linee guide si parla inoltre di “condizioni naturali locali”, per cui si intende che gli approcci per la definizione di un corretto DMV, devono riferirsi alla singolarità ed unicità degli ambienti di acque correnti in esame. È per questo motivo che, in queste linee guida, è stato ritenuto più opportuno fornire un approccio metodologico piuttosto che uno o più metodi da utilizzare [2]. Lo schema di decreto sottolinea inoltre:

− la possibilità — ai fini del raggiungimento degli obiettivi fissati dal Piano di Tutela — di assumere valori “innaturali” del DMV, cioè maggiori di zero in corsi d'acqua a carattere intermittente nei periodi “naturali” di asciutta, per i quali cioè, in base ai soli elementi naturalistici, il DMV potrebbe assumere valori nulli;

− l’opportunità di individuare valori del DMV differenti per ciascun mese o stagione dell’anno, anziché un unico valore riferito al periodo di magra, in modo da non lasciare in alveo una portata residua costante che porterebbe all'appiattimento del regime naturale dei deflussi in base alla quale si è formato l’equilibrio, sia fisico che biologico, del corso d’acqua;

− il definizione prioritaria del DMV per tutti i tratti di corsi d’acqua "significativi", per quelli a "specifica destinazione funzionale" e per quelli interessati da interventi antropici che ne modificano il regime naturale dei deflussi;

− la considerazione del DMV "in modo dinamico", ammettendo la possibilità di adeguare il suo valore all’evoluzione nel tempo dell’impatto antropico, all'attuazione delle politiche di tutela ambientale, alla verifica dell’efficacia dei rilasci, allo sviluppo dei monitoraggi e quindi delle conoscenze [3].

Un’altra definizione riportata in uno studio per il Ministero dei Lavori Pubblici redatto da Vismara et al. (1999) indica il DMV come “la minima quantità d’acqua

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che deve essere presente in un fiume, per garantire la sopravvivenza e la conservazione dell’ecosistema fluviale, assicurando le condizioni necessarie per un normale svolgimento dei processi biologici vitali degli organismi acquatici. Il DMV è quindi una portata che varia in funzione delle caratteristiche fisiche del corso d’acqua (forma dell’alveo, larghezza, pendenza, ecc.) e delle caratteristiche biologiche dell’ecosistema interessato”, sottolineando di nuovo l’importanza di specializzare la determinazione del DMV al singolo caso [2].

Ulteriore definizione viene data nel documento “Criteri per la definizione del Deflusso Minimo Vitale nel bacino del Fiume Serchio” che recita : “sebbene la definizione del DMV sia estremamente complessa, in quanto richiede approfondite conoscenze idrologiche ed idrobiologiche, esso può essere sinteticamente definito come la quantità minima di acqua che deve essere assicurata per la sopravvivenza delle biocenosi acquatiche, la salvaguardia del corpo idrico e, in generale, per gli usi plurimi a cui il fiume è destinato” [1]. Si parla quindi di DMV come portata in grado di consentire, non solo la vita biologica dei corsi d’acqua, ma anche la pluralità degli habitat e la funzione a lungo termine degli interi sistemi fluviali. Un aspetto interessante di questa ultima definizione consiste nel fatto che la determinazione del DMV debba garantire oltre alla salvaguardia del corpo idrico e degli ecosistemi acquatici anche l’uso dell’acqua per le sue funzioni rivolte all’uomo come lo scopo irriguo o sportivo (canoa, pesca sportiva, ecc…) o quello paesaggistico [2].

Dunque gli elementi da prendere in considerazione per la determinazione del DMV sono:

― mantenimento delle biocenosi acquatiche ― qualità delle acque

― dinamiche morfologiche ― aspetto paesaggistico

― funzione ricreativa e sportiva ― usi potabili, agricoli, industriali

La definizione di DMV quindi racchiude in se vari aspetti, non solo quelli “vitali” legati alla sopravvivenza delle biocenosi acquatiche. Ciò suggerisce che l’aggettivo vitale non comprenda tutti gli aspetti sopra citati e che quindi sarebbe più corretto parlare di Deflusso Minimo Funzionale, in grado cioè di garantire una funzionalità minima del corso d’acqua[2].

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1.2. Approccio metodologico per la determinazione del DMV

I metodi utilizzati per la determinazione del DMV sono i più disparati proprio per il fatto che ogni determinazione deve riferirsi alle condizioni naturali locali e quindi al caso specifico. Nella letteratura e nelle varie normative locali e di altri paesi esistono numerosi esempi di calcolo di questa portata minima.

È comunque possibile, come anche viene indicato sulle linee guida per la definizione del DMV, suddividere i metodi di calcolo in due grandi categorie:

● metodi speditivi a regionalizzazione (“regionali”), che utilizzano parametri idrologici sintetici;

● metodi “sperimentali”, che mirano a determinare la relazione tra la portata e la qualità dell’habitat, generalmente riferiti alla salvaguardia di una particolare specie.

1.2.1. Metodi teorici

La portata minima di rilascio viene determinata in funzione di alcuni parametri caratteristici del bacino, i quali possono essere:

● variabili morfologiche: tali metodi sono basati sulla definizione di un contributo specifico (portata per unità di superficie). La variabile indipendente è la sola superficie del bacino sotteso dalla sezione oggetto di indagine. Tali metodi consentono la definizione del DMV senza rilevazioni di campo, anche se la scelta del contributo specifico è generalmente il frutto della regionalizzazione di un’applicazione precedente di metodologie sperimentali di campo;

● variabili idrologiche semplici: in questi metodi la portata minima vitale è funzione (in genere secondo una proporzionalità diretta) di alcuni valori caratteristici del deflusso nella sezione considerata, come ad esempio la portata media mensile, la portata media annua ecc… La scelta della percentuale di portata media naturale che possa essere adeguatamente utilizzata come DMV è spesso basata sul buon senso, e quindi arbitraria, ma può anche essere definita in base ad un’applicazione precedente di metodologie sperimentali di campo;

● variabili idrologiche e morfologiche: tali metodi esprimono una relazione di regressione tra la portata minima vitale ed alcune variabili idrologiche e morfologiche del bacino;

● variabili statistiche: tali metodi sono basati sull’individuazione di particolari valori di frequenza o di durata dei deflussi come la Q7,10 (minima portata media di 7 giorni con tempo di ritorno di 10 anni), la Q347, o la Q355 (portata media

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giornaliera di durata 347 o 355 giorni). Anche questi metodi possono essere definiti metodi speditivi, nonostante non siano applicabili quando non sia disponibile un notevole patrimonio di dati ed elaborazioni idrologiche. Inoltre, essendo facilmente regionalizzabili, sono tra le metodologie più diffuse ed adottate nelle norme tecniche di molti paesi.

I metodi teorici sono quelli più semplici e speditivi da adottare qualora siano disponibili i dati idrologici necessari. Non sono metodi basati su una relazione oggettiva tra la portata indicata come DMV e la qualità ecologica del corpo idrico ma forniscono un valore di DMV non molto lontano dai valori minimi naturali. Inoltre tali metodi costituiscono dei veri e propri modelli di regionalizzazione e sono quindi molto utili in fase di pianificazione.

Figura 1.2.1.1. – diversi approcci di tipo teorico per la definizione del DMV [3]

1.2.2. Metodi sperimentali

Nei metodi sperimentali la priorità viene data ad alcuni obiettivi specifici quali ad esempio la protezione di una determinata specie ittica. Tali metodi sono basati su tecniche di rilevamento sperimentali finalizzate all’accertamento puntuale delle condizioni ambientali ottimali per un specie di riferimento. Quando questi non costituiscono la base per la taratura di modelli di regionalizzazione, i risultati hanno valore esclusivamente locale e limitato alla specie ittica considerata.

È possibile distinguere tra metodi sperimentali:

● semplici: utilizzano variabili idrauliche non trasformate, in cui il DMV è correlato ad esempio al perimetro bagnato o alla larghezza della sezione utile per lo sviluppo della specie considerata, assumendo cioè un criterio semplice per valutare l’idoneità di alcuni parametri ambientali. Il punto nodale di questo tipo di metodologie è il criterio di definizione del DMV sulla base della curva parametro idraulico-portata. Generalmente si utilizza il criterio del breakpoint, (elaborato da White, 1976 [3]), ovvero il punto di brusco cambiamento di pendenza della curva,

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in cui la derivata della curva variabile-portata è uguale al coefficiente angolare della retta di incremento medio.

Figura 1.2.2.1. – criterio del breakpoint [3]

● complessi: utilizzano variabili idrauliche biologicamente trasformate (es. PHABSIM, si veda §1.3.6.3) o variabili multiple biologicamente trasformate (es. HQI di Binns, si veda §1.3.6.2.). A tale scopo utilizzano della curve di idoneità dei parametri ambientali. Per i primi, come per i metodi sperimentali semplici, la base decisionale è la curva variabile-portata, ed in genere si utilizza il criterio del breakpoint, ma in questi casi sono coinvolte variabili multiple aggregate sotto forma di indici. I secondi utilizzano tecniche di regressione multipla per definire le caratteristiche dell’habitat ottimale della specie di riferimento. Generalmente si tratta di modelli che correlano la massima produttività (capacità portante) di un habitat fluviale nei confronti di una certa specie o componente biologica ad un insieme più o meno ampio di variabili.

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1.2.3. Metodi ibridi

È possibile inserire anche una terza categoria in quanto nelle ultime applicazioni i metodi teorici hanno subito una modificazione nella loro impostazione con l’introduzione di alcune variabili correttive che si riferiscono ad aspetti studiati in campo, come ad esempio la naturalità del corso d’acqua e la qualità delle acque. Si è passati quindi, in alcuni casi, da un metodo puramente teorico ad uno che possiamo definire ibrido, cioè basato sulla definizione di una combinazione di elementi teorici legati però alle caratteristiche del bacino studiate in campo [2]. I metodi ibridi, come quelli puramente teorici, costituiscono dei modelli di regionalizzazione, ma vengono introdotte alcune variabili correttive che si riferiscono ad aspetti studiati in campo, come ad esempio la naturalità del corso d’acqua e la qualità delle acque.

1.3. Principali metodi e Normative nazionali ed internazionali

1.3.1. Metodi teorici con variabili morfologiche

1.3.1.1. Provincia Autonoma di Bolzano (D.P.R. 11/4/86, Piano Generale per l’Utilizzazione delle Acque Pubbliche): il piano prescrive che “si dovrà assicurare il mantenimento delle portate residue fluenti nei tratti sottesi dei corsi d’acqua necessarie per scopi igienico-sanitari ed antincendio, per la pesca, ai fini della tutela del paesaggio, e per non alterare il profilo naturale di equilibrio degli stessi corsi d’acqua. In particolare per la conservazione degli ecosistemi dovranno essere garantite portate minime residue adeguate, da valutarsi di volta in volta dagli organi preposti per la tutele dell’ambiente e comunque non inferiori al valore corrispondente al contributo unitario di 2 l/s per kmq ” [1], [5].

1.3.1.2. Provincia di Torino (Normativa provinciale 1990): la portata minima defluente in alveo deve essere compresa tra 1 e 4 l/s per kmq in relazione alle caratteristiche idroclimatiche del corso d’acqua [1].

La proposta della Provincia di Torino divide il territorio piemontese in tre zone:

Zona A Bacino del Po ad esclusione dello Stura di Lanzo, dell'Agogna, del Curone, dello Scrivia e del Tanaro.

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Zona C

Bacini dello Stura di Demonte (Gesso e Vermenagna compresi), del Ticino (Fiume, S. Giovanni, S. Bernardino e Toce compresi) e Stura di Lanzo.

Tabella 1.3.1.1. – suddivisione del territorio piemontese in tre macroaree [7]

Vengono inoltre individuate quattro fasce di altitudine che individuano altrettante tipologie idrologiche:

1 Fascia montana Corsi d'acqua con regime nivoglaciale. 2 Fascia media Corsi d'acqua con regime nivopluviale.

3 Fascia

pedemontana

Corsi d'acqua con regime di transizione nivopluviale/pluviale.

4 Fascia di pianura Corsi d'acqua con regime pluviale.

Tabella 1.3.1.2. – suddivisione del territorio piemontese in quattro fasce di altitudine [7]

Per un qualunque tratto di corso d'acqua occorre quindi individuare la zona di appartenenza ed il tipo di regime idrologico per individuare il fattore K come indicato in tabella: Zone A B C 1 3,5 l/s kmq 2 3,0 l/s kmq 2,0 l/s kmq 3 2,5 l/s kmq 1,5 l/s kmq Fasce 4 1,5 l/s kmq 1,0 l/s kmq 4,0 l/s kmq Tabella 1.3.1.3. – fattore k in l/s kmq [7]

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Il fattore K è quindi il contributo specifico, in l/s kmq, che va moltiplicato per la superficie del bacino sotteso, in kmq, alla sezione dove è prevista l’opera di derivazione.

1.3.1.3. Provincia Autonoma di Trento (D.P.R. 15/02/06. Piano Generale per l’Utilizzazione delle Acque Pubbliche): il piano fornisce un’espressione del DMV in termini di contributo di portata per unità di superficie del bacino imbrifero afferente alla sezione idraulica d’interesse. Il valore effettivo del rilascio, in corrispondenza dell’opera di presa in questione, si ottiene moltiplicando il valore unitario in l/s km2 (o i valori unitari in caso di modulazione stagionale), variabile in relazione all’altitudine media, alla piovosità media, alla morfologia dell’alveo, per la superficie complessiva del bacino afferente [4].

Tabella 1.3.1.4. – valori del DMV unitario di base (invernali) [4]

Nel Piano viene indicato inoltre di modulare la portata di rilascio su passo stagionale come segue:

Tabella 1.3.1.5. – Fattori moltiplicativi stagionali [4]

1.3.2. Metodi teorici con variabili idrologiche

1.3.2.1. Francia (Legislazione sulla Pesca 20/7/1984): “tutte le opere da costruire in un corso d’acqua devono contenere dei dispositivi che garantiscano un deflusso minimo vitale per la specie ittiche. Tale deflusso non potrà essere minore di 1/10 del modulo del corso d’acqua che corrisponde alla portata media interannuale

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valutata a partire dalle informazioni disponibili su un periodo minimo di cinque anni o alla portata immediatamente a monte dell’opera se questa fosse inferiore. Tuttavia per i corsi d’acqua o parte di questi con modulo superiore a 80 mq/sec, decreti del Consiglio di Stato possono, per ciascuno di loro, attribuire al minimo vitale un limite inferiore che non potrà essere inferiore a 1/20 del modulo” [1], [5].

1.3.2.2. Grecia: il metodo adottato dalla normativa greca in materia prevede un DMV pari a 1/3 della portata media estiva [1].

1.3.2.3. Portogallo: il metodo adottato dalla normativa portoghese prevede un DMV pari ad 1/10 della portata media annua [1].

1.3.2.4. Metodo del Montana di Tennant (1976): tale metodo, che prende il nome dall’omonimo stato degli USA, è rivolto soprattutto alla protezione dei salmonidi. Questo metodo si basa sulle osservazioni condotte su numerosi corsi d’acqua del Montana. Dalle ricerche sono emersi i valori delle portate residuali che assicurano diversi livelli di protezione per la vita acquatica, per la pesca, per gli usi ricreativi e gli aspetti paesaggistici, espresse come percentuale della portata annua [5], [6].

Portata Ottobre – Marzo (% portata media annua)

Aprile – Settembre (% portata media annua)

Massima 200 200

Ottima 60 – 100 60 – 100

Più che eccellente 40 60

Eccellente 30 50

Buona 20 40

Scarsa 10 30

Insufficiente 10 10

Molto insufficiente 10 - 0 10 - 0

Tabella 1.3.2.1. – percentuali della portata naturale che assicurano diversi livelli di protezione per la pesca, la vita acquatica, gli usi ricreativi e gli aspetti paesaggistici secondo il metodo del Montana (USA). Le portate sono espresse come % della portata media annua [5].

1.3.2.5. Metodo di Baxter (1961): questa procedura è finalizzata alla protezione della specie Salmo Salar. Il metodo è basato sulle osservazioni effettuate su 15 corsi d’acqua piccoli e grandi dell’Inghilterra e della Scozia. Baxter ha misurato le

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portate dei corsi d’acqua nei periodi in cui la larghezza della sezione idrica risultava ottimale per lo sviluppo della specie di riferimento giungendo alla compilazione di una tabella che fornisce mese per mese e in funzione della dimensioni del fiume, la percentuale della portata naturale media mensile da mantenere in alveo per assicurare il normale svolgimento del ciclo vitale dei salmonidi, fornendo anche una modulazione delle portate nel corso dell’anno [5], [6].

Mesi Piccoli corsi d’acqua Grandi corsi d’acqua

Ottobre 15 – 12,5 15 – 12,5 Novembre 25 15 Dicembre 25 – 12,5 15 – 10 Gennaio 12,5 10 Febbraio 12,5 10 Marzo 20 15 Aprile 25 20 Maggio 25 20 Giugno 25 - 20 20 – 15 Luglio 20 – 15 15 – 12,5 Agosto 15 15 – 12,5 Settembre 15 – 12,5 15 – 12,5

Tabella 1.3.2.2. – portate residuali proposte da Baxter (1961) per la tutela del Salmo Salar nei corsi d’acqua Scozzesi e Inglesi. Le portate sono espresse come % della portata media mensile [5]

1.3.2.6. Utah Water Record Metodology (1980): questo metodo, sviluppato per la protezione della trota, individua una portata minima di rilascio invernale WBF e una portata minima di rilascio estiva SBF. Indicando con MMD (mc/s) la portata minima mensile registrata nel periodo di osservazione, si ha [6]:

WBF = valore medio della MMD da ottobre a marzo (mc/s) SBF = valore medio della MMD da aprile a settembre (mc/s)

1.3.2.7. New England Flow Recommendation (1980): nel caso in cui si abbiano almeno 25 anni di dati, la portata minima vitale viene assunta pari al valore mediano della portata giornaliera. Qualora non si disponga di questi dati, la portata

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minima vitale si individua mediante un contributo specifico moltiplicato per l’area di bacino relativo alla sezione in esame. Indicando con ABF la portata minima accettabile stagionalmente per unità di area del bacino si ottiene:

ABF = 4 ft3/(mi2s), in primavera ABF = 0,5 ft3/(mi2s), in estate ABF = 1 ft3/(mi2s), in autunno

In ogni caso la portata minima deve essere superiore a 0,2 ft3/(mi2s)[6].

1.3.3. Metodi teorici con variabili idrologiche e morfologiche

1.3.3.1. Metodo di Ranz (1964): questo metodo, detto anche della Equazione di Regressione, è stato realizzato con l’obiettivo della salvaguardia dei salmonidi. Il metodo propone una relazione regressiva tra i valori della portata Q0, cui corrisponde la massima area idrica idonea per la riproduzione e la sviluppo dei salmonidi e alcuni parametri caratterizzanti la morfologia e l’idrologia del bacino sotteso dalla sezione di misura. Le variabili indipendenti assunte per la taratura di tale equazione, sono la portata media Qm e il rapporta tra la larghezza L del corso d’acqua e la superficie del bacino H. L’equazione proposta da Ranz, tarata sulla base di osservazioni decennali di tratti d’alveo ove ha luogo la fase riproduttiva della specie di riferimento, è la seguente [5]:

Q0 1,44 = 0,89·Qm 1,09 ·(L/H) Q0 e Qm in ft3/s; L in ft; H in ft2

1.3.4. Metodi teorici con variabili statistiche

1.3.4.1. Regione Piemonte (Istruzioni integrative alla D.G.R. 74-45166 del 26/4/95) [8]: tali Istruzioni Integrative impongono una procedura che utilizza la portata specifica di durata di 355 giorni (Q355s); tale valore viene "corretto" mediante un diagramma dal quale si ottiene la portata di durata pari a 355 giorni "naturalizzata" (Q355N) che viene quindi inserita in una formula di facile applicazione che porta al DMV:

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Nella quale:

KA = 0,7 è un coefficiente che impone l'utilizzo, nella formula, di un evento di magra con carattere di maggiore eccezionalità rispetto a quello normale (Q355); KB = coefficiente che tiene conto della necessità di adeguamento graduale di vecchie concessioni di derivazioni idriche all'applicazione del DMV; tale coefficiente diventa per tutte le concessioni pari a 1 entro l'anno 2005 (a regime normale); KC = coefficiente pari a 1 nei casi in cui non si ritengono necessarie particolari cautele; superiore a 1 per i corsi d'acqua di particolare interesse naturalistico elencati in apposite tabelle allegate alle "Istruzioni Integrative" e/o quando siano segnalate particolari specie ittiche; in tali casi i valori sono diversi a seconda delle zone nelle quali è stato suddiviso il territorio piemontese ed è pari a:

KC = 1,1 per i bacini con Hmed > 1.500 m s.l.m. nella zona A; KC = 1,25 nella zona B e nella zona A (con Hmed = 1.500 m s.l.m.);

KC = 1,5 nella zona C

zona A: bacino del Po ad esclusione dell'asta fluviale del fiume Po a valle della confluenza con il Pellice, dei tributari di destra dello stesso fiume Po a valle del Tanaro;

zona B: asta fluviale del Po a valle della confluenza con il Pellice; zona C: bacini tributari di destra del fiume Po a valle del Tanaro.

S = superficie [kmq] del bacino sotteso alla sezione ove è prevista l'opera di captazione e/o ritenzione idrica.

1.3.4.2. Svizzera (Legislazione sulla Protezione delle Acque, 1987): “in caso di prelievi da corsi d’acqua con deflusso permanente ― si escludono quelli che, su una media di dieci anni, sono in secca per più di diciotto giorni all’anno ―, il deflusso residuale si ricava dalla seguente tabella in funzione della portata con durata pari a 347 giorni. Per i valori intermedi è prevista l’interpolazione lineare” [1],[5].

Q347 (l/s) Deflusso residuale (l/s) % di deflusso

≤ 60 50 > 83 160 130 81 500 280 56 2500 900 36 10000 2500 25 > 60000 10000 < 16

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1.3.4.3. Germania: la 152/99 riporta per la Germania tre diversi metodi di determinazione del DMV, tutti basati su criteri di tipo statistico. Il DMV viene assunto pari alla Q7,10 (portata minima di 7 giorni consecutivi con tempo di ritorno di 10 anni) oppure pari alla Q7,5, oppure tra 1/3 e 1/2 della portata minima continua del corso d’acqua, assunta pari alla Q355 (portata che nella curva di durata corrisponde al percentile di 355 giorni) [1].

1.3.4.4. Spagna: anche se il metodo adottato si basa su un criterio di tipo statistico, viene fatta una distinzione in base alla specie ittica da proteggere e allo stadio di vita della specie in esame.

Nel caso di presenza di trote si dovrà adottare come DMV il massimo valore tra quelli ottenuti come:

DMV = 0,35·Q347 [l/s] DMV = 0,25·Q347+75 [l/s] DMV = 0,15 +Q347/ln(Q347) [l/s]

Nel caso di acque a salmonidi i valori precedenti vanno aumentati di 4 l/s kmq. Negli altri casi si adotta un DMV pari a 1/10 della portata media annua del corso d’acqua.

Nel caso di acque riproduttive i precedenti valori vanno aumentati di 2 l/s kmq [1].

1.3.5. Metodi sperimentali semplici

1.3.5.1. Metodo del perimetro bagnato di Collings (1974) e Cochnauer (1976): questo metodo è applicabile ai soli corsi d’acqua a carattere non torrentizio. Fornisce un’informazione sintetica di come varia, in funzione della portata, la larghezza della sezione bagnata corrispondente allo spazio disponibile per il sostentamento della fauna acquatica [4]. Nelson (1980), [6], propone di ricavare per almeno cinque sezioni di un tronco d’alveo la legge C(Q), con cui varia il perimetro bagnato C al variare di Q in condizioni di moto uniforme. Per sezioni di forma più o meno rettangolare si osserva un rapido incremento del perimetro bagnato con la portata fino ad un punto di inflessione oltre il quale, ad un incremento di portata corrisponde un incremento meno che proporzionale di perimetro bagnato. La minima portata alla quale corrisponde un ambiente idoneo per la vita dei pesci viene individuata in tale punto di inflessione (criterio del breakpoint).

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1.3.6. Metodi sperimentali complessi

1.3.6.1. Metodo di McKinley: tale metodo è stato sviluppato per la salvaguardia di una particolare specie di salmonidi nella fase riproduttiva; secondo questa metodologia, una volta individuati gli andamenti della velocità media e della profondità in una sezione trasversale del tratto fluviale in studio si determinano, nella stessa sezione, le aree a velocità e profondità ottimali per la riproduzione di tale specie ittica e la misura della loro larghezza B in superficie. I valori della larghezza così ricavati, per diverse condizioni di regime, vengono riportati in funzione di Q. La portata minima vitale è si determina sulla curva B(Q) secondo il criterio del breakpoint. Il metodo appena descritto può estendersi a qualunque specie ittica, della quale siano noti i valori ottimali di tirante idrico e velocità in ciascuno dei suoi stadi vitali [6].

1.3.6.2. Habitat Quality Index Procedure: è un metodo sviluppato negli Stati Uniti da Binns e Eiserman, (1969 e seg) come strumento di valutazione degli effetti delle alterazioni dell’habitat fluviale [3]; il suo significato originario era quello di modello previsionale quantitativo della biomassa salmonicola, ma ha poi trovato applicazione nell’ambito della determinazione del DMV per i corsi d’acqua a carattere torrentizio. Questo modello determina una relazione biomassa-portata (che costituisce il criterio di definizione del DMV) a partire dalla relazione tra la biomassa e le diverse variabili ambientali prese in considerazione andando a valutare come variano i parametri ambientali, dipendenti dalla portata, in funzione delle diverse regole di deflusso, e quantificandone l’effetto in termini di perdita/guadagno di biomassa [3]. Le variabili ambientali che vengono prese in considerazione nel modello HQI sono elencate nella seguente tabella:

Variabili Definizione

X1 (0-4) Rapporto fra portata critica e portata media annua Qc/Qm X2 (0-4) Variazioni annuali di portata %Qmin/Qmax

X3 (0-4) Temperatura massima estiva °C

X4 (0-4) Nitrati (N-NO3) mg/l

X5 (0-4) Abbondanza macrobenthos n°/0,1mq

X6 (0-4) Diversità macrobenthos

X7 (0-4) Percentuale di rifugi per l’ittiofauna % X8 (0-4) Percentuale di erosione delle sponde %

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X10 (0-4) Velocità della corrente cm/s

X11 (0-4) Larghezza del fiume m

Tabella 1.3.6.1. – variabili considerate nell’HQI [3]

Valutate le variabili ambientali, mediante indagini di campo, ad ognuna viene assegnato un punteggio da 0 a 4 secondo la metodologia proposta da Binns (Habitat Quality Index procedures manual, Wyoming Game and Fish Department 1982) [9]. Il valore della biomassa, in kg/ha, viene determinato mediante una regressione multipla dei valori dei punteggi delle variabili ambientali.

Log10 (Y+1) = -0,903 + 0,807·Log10 (X1+ 1) + 0,877·Log10(X2 + 1) + 1,2331·Log10 (X3 + 1) + 0,631·Log10 (F + 1)+ 0,182·Log10 (S + 1)

biomassa trote (kg/ha) = 1,12085·Y

F = 1+ (X3) (X4) (X5) (X9)

S = 1+ (x6) (x7) (x9)

Il minimo deflusso vitale viene determinato dal breakpoint della relazione biomassa-portata.

Figura 1.3.6.1. – relazione tra i valori di biomassa ottenuti in base alle stime del modello HQI e i relativi valori di portata [3]

Un vantaggio di questa metodologia è quello di fornire una definizione quantitativa (valore di biomassa) dei benefici a carico dell’habitat, generati dalle diverse portate. Tuttavia, trattandosi di relazioni empiriche, la loro validità rimane

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confinata all’area geografica di definizione, a meno di una conferma sperimentale in una nuova area di studio. Il metodo HQI, nelle esperienze di applicazione in Italia, ha avuto risultati contrastanti, essendosi spesso riscontrata la necessità di ridefinirne i parametri o i coefficienti per permetterne l’adattamento alle specificità locali. Si è invece rivelato uno strumento affidabile e dotato di un’ottima capacità previsionale per i corsi d’acqua caratterizzati da un regime idrologico naturale con portate di magra estive, analogo a quello dei corpi idrici delle zone di taratura, privi di impatti di carattere antropico e soggetti ad una gestione della pesca oculata, mentre si adatta male ai corpi idrici con regime idrologico nivale, con portate di magra invernali e caratterizzati da una fauna ittica condizionata dalle immissioni e prelievi dovuti alla gestione della pesca sportiva [3].

1.3.6.3. Modello PHABSIM o metodo del Microhabitat di Boove (1982), Milhous et al. (1989): è un modello elaborato dal U.S. Fish & Wild-life Service ed è un software di simulazione idraulica che consente di definire il rapporto tra la portata istantanea fluente in alveo e la quantità di habitat idoneo disponibile per una o più specie rappresentative dell’ecosistema fluviale, per diverse fasi di vita delle stesse. La finalità principale di questo modello è appunto quella di individuare, tratto per tratto, la portata minima che possa garantire la sopravvivenza della specie in esame e quindi il DMV. Tale strumento di calcolo rientra nel pacchetto IFIM (Instream Flow Incremental Metodology), sviluppato da una équipe interdisciplinare di esperti sotto la responsabilità del U.S. Fish & Wild-life Service. IFIM è una complessa struttura analitica e concettuale, costituita da una libreria di modelli correlati, i quali descrivono gli aspetti spaziali e temporali dell’habitat fluviale risultante da una simulazione di deflusso, con il fine di comprendere le problematiche legate alle variazioni dei regimi fluviali dovute all’azione antropica. Attraverso l’analisi combinata di più variabili ambientali, IFIM opera previsioni circa le modificazioni che subisce l’habitat al variare delle condizioni idrauliche. Le componenti del sistema fluviale ritenute fondamentali nella modellazione IFIM, ai fini della determinazione della produttività di organismi acquatici, sono il regime di portata, la struttura fisica dell’habitat (forma del letto fluviale e distribuzione del substrato), la qualità dell’acqua (% O2 disciolto, temperatura ecc…), l’apporto di nutrienti e di materia organica dal bacino [10].

L’habitat fluviale viene analizzato secondo scale diverse ottenute da una classificazione gerarchica dell’intero habitat. Si distingue quindi tra Micro, Meso e Macrohabitat.

Il Microhabitat rappresenta il livello di scala più piccolo e viene identificato come l’area del corso d’acqua dove si riscontrano condizioni omogenee di profondità,

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velocità, substrato e copertura di fondo. Tali aree con caratteristiche omogenee, dette celle, costituiscono l’unità di base nel calcolo del DMV su base biologica. Il Mesohabitat rappresenta la scala immediatamente superiore ed è costituito da un insieme di Microhabitat diversi appartenenti ad un tratto omogeneo. È quindi una porzione di fiume avente caratteristiche simili, quali pendenza, larghezza, profondità, substrato. Tali unità geomorfologiche del corso d’acqua sono comunemente definite pool, run, riffle. Con pool si indica una zona caratterizzata da profondità variabile (> 50 cm), velocità di corrente ridotta (< 0,3 m/s) e priva di onde o increspature superficiali; con run una porzione fluviale caratterizzata da profondità media, poca o nulla turbolenza superficiale, velocità elevata o media; con riffle una zona di rapida con innalzamento del fondo, basso tirante, superficie increspata, substrato più grossolano parzialmente sommerso, velocità media superiore a 0,3-0,4 m/s. La larghezza del Mesohabitat coincide con la larghezza del letto fluviale.

Il Macrohabitat descrive il fiume in direzione longitudinale. A livello di Macrohabitat possono essere considerati altri tre livelli: il segmento, la più piccola unità di macrohabitat utilizzata in IFIM ed è a questo livello che la misure di Microhabitat sono combinate con quelle dei livelli a scala superiore; il reticolo idrografico, formato da più segmenti; il bacino imbrifero che unisce tutti i reticoli.

In IFIM la risposta funzionale dei Microhabitat alle variazioni di portata viene integrata con gli andamenti longitudinali (Meso e Macrohabitat) della chimica e della temperatura delle acque, in modo da ottenere una relazione tra la portata e l’habitat totale del segmento. Ciò consente di ottenere un’analisi temporale delle dinamiche dell’ habitat e permette di valutare tutti gli impatti dovuti alla regolazione fluviale, consentendo anche una migliore gestione a scala di bacino.

Strutture e funzionamento del modello PHABSIM

PHABSIM è un modello di simulazione idraulica, che fa parte del pacchetto IFIM, che utilizza variabili idrauliche biologicamente trasformate attraverso delle curve di idoneità, le quali esprimono la preferenza da parte degli organismi acquatici verso determinati valori dei parametri idraulico-morfologici caratteristici dell’alveo, quali la profondità dell’acqua, la velocità di corrente, il tipo di substrato del fondo alveo. Infatti la base concettuale di PHABSIM trova il suo fondamento nel fatto che gli organismi acquatici non occupano indifferentemente qualsiasi ambiente idraulico all’interno del fiume, ma mostrano spiccate preferenze per determinati valori dei parametri idraulico-morfologici (profondità dell’acqua, velocità di corrente, tipo di substrato), i quali variano al variare della portata [3]. PHABSIM consente proprio di

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simulare, per il singolo tratto, come si modificano le condizioni che caratterizzano l’habitat fluviale al variare della portata definendo una relazione tra la portata del corso d’acqua e la disponibilità di habitat per gli organismi acquatici.

Le curve di idoneità

Il punto cruciale del programma è la definizione delle curve di idoneità, dal momento che costituiscono la base della trasformazione biologica dei dati derivanti dalla simulazione idraulica. Queste ultime sono ampiamente rappresentate in letteratura per le diverse specie, ma dal momento che la scelta di tali curve influisce pesantemente sul risultato, ed in ragione della forte componente empirica e sito-specifica che le caratterizza, sarebbe più opportuno effettuare una verifica della loro rispondenza nell’area in studio, o meglio ancora determinarle sperimentalmente per il tratto in esame mediante indagini di campo [3].

Figura 1.3.6.2. – esempio di curve di idoneità [12]

La curva di preferenza esprime graficamente, secondo una scala da 0 a 1, il gradimento della specie in esame nei confronti del singolo parametro (curve univariate) o di più parametri contemporaneamente (curve multivariate). Per la definizione sperimentale delle curve di preferenza è generalmente necessaria un’opportuna raccolta di dati di campagna, finalizzata a determinare la distribuzione di frequenza degli individui per le varie classi di appartenenza del parametro. Questa distribuzione di frequenza costituisce la funzione di utilizzo e non ancora la preferenza. Per ottenere la preferenza è necessario "pesare" i valori

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relativi all’utilizzo mediante la distribuzione di frequenza delle varie classi del parametro all’interno del tratto di studio (disponibilità d’habitat) [3]. Il rapporto tra l’utilizzo e la disponibilità d’habitat esprime la preferenza

Figura 1.3.6.3. – Esempio di curva di preferenza rispetto al parametro profondità: a) distribuzione delle frequenze di utilizzo; b) distribuzione della profondità di

habitat; c) distribuzione e curva di preferenza [3]

Inoltre, gli indici di preferenza per gli organismi acquatici, vengono diversificati in funzione dello stadio vitale, in quanto sia le esigenze che l’energia richiesta per contrastare la forza idraulica e per alimentarsi in varie condizioni di corrente, cambiano in funzione dello stadio di vita o delle dimensioni.

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Schematizzazione dell’alveo fluviale

Una volta individuato il tratto rappresentativo del corso d’acqua, che dovrà essere caratterizzato da una pendenza non superiore all’ 1%, si vanno a misurare alcune sezioni che dovranno suddividere il tratto stesso in porzioni prevalentemente rettilinee e omogenee

Figura 1.3.6.4. – schematizzazione del tratto per la simulazione con PHABSIM [3]

All’interno di queste porzioni si individuano i Microhabitat o celle che costituiscono l’unità computazionale del modello PHABSIM. Ogni Microhabitat rappresenta uno spazio fisico definito da uno specifico valore della velocità di corrente, di profondità e di tipo di substrato (non vengono considerate altre variabili come la qualità dell’acqua, la temperatura ecc… che sono prese in esame da altre procedure di calcolo appartenenti ad IFIM). L’habitat fisico è perciò analizzato unicamente da un punto di vista quantitativo. Il fiume studiato viene quindi visualizzato come un mosaico, formato da singole celle tridimensionali (i microhabitat), le une affiancate alle altre, ognuna con caratteristiche omogenee di profondità, velocità di corrente e tipo di substrato.

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Area disponibile ponderata

Per ogni portata simulata, ciascuna cella risulta caratterizzata da un’unica combinazione di profondità, velocità, substrato. Ad ogni cella viene quindi applicata l’informazione relativa alle caratteristiche della specie ittica di riferimento in termini di idoneità ambientale. I valori di idoneità (Si) moltiplicati per la superficie della cella (Ai) forniscono un valore che, sommato ai valori così ottenuti par le altre celle omogenee, determina l’Area Disponibile Ponderata (ADP) relativa ad un prefissato valore di portata in alveo.

ADP =

Σ

Si·Ai Ai = area della cella i-esima;

Si = fv(vi)·fd(di)·fs(si);

fv(vi), fd(di), fs(si) = valori di idoneità relativi alla velocità, alla profondità, al substrato per lai-esima cella

L’ADP totale solitamente è espressa in m2/m

Curva ADP-portata

I valori di ADP totale, relativi ad ogni portata simulata e ricavati dalla sommatoria delle ADP relative alle singole celle, consentono la determinazione delle curve ADP-portata, che esprimono la variazione con la portata della quantità di habitat disponibile per la specie ittica e per lo stadio vitale di riferimento.

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La curva ADP-portata consente di procedere all’individuazione di un valore di Deflusso Minimo Vitale applicando uno tra i criteri sotto elencati :

● Criterio del breakpoint: il DMV rappresenta il punto di evidente cambiamento di pendenza della curva. Il breakpoint rappresenta il confine tra una situazione in cui, al crescere della portata, l’ADP aumenta in modo sostanziale ed una situazione in cui, ulteriori incrementi di ADP, sono ottenuti solo con un notevole aumento delle portate. In un’ottica costi-benefici, il breakpoint individua, quindi, il valore di portata per il quale è possibile raggiungere il migliore compromesso tra le esigenze di tutela ambientale e quelle di natura economica.

● Criterio del massimo: il DMV corrisponde alla massima ADP risultante da tutte le curve disponibili. Queste possono riguardare i diversi stadi vitali della stessa specie oppure provenire da specie diverse; una variante di questo metodo consiste nel calcolo della media aritmetica di tutte le curve disponibili e assumere come DMV il massimo di questa curva. Questo metodo è estremamente cautelativo per l’ambiente, ma è abbastanza penalizzante dal punto di vista economico; per questo motivo, molto spesso, è stato applicato in una forma più blanda, andando ad individuare il punto di massimo sulla curva e definendo come DMV la portata corrispondente ad una certa percentuale di questo (80-50 %).

● Criterio della curva di ottimizzazione: questo metodo si riferisce in modo specifico al caso in cui si considerano più specie e più stadi vitali. Tutte le curve ADP-Portata disponibili sono normalizzate e riportate sul medesimo grafico; la curva di ottimizzazione è successivamente costruita andando a prendere per ogni portata il minimo valore di ADP fra tutte le curve disponibili. Il DMV è poi definito sulla base di questa curva utilizzando uno dei criteri precedentemente esposti.

● Criterio delle differenze significative: questo metodo, come il precedente, fa riferimento ai casi in cui si devono considerare curve diverse ADP-Portata. Permette di individuare un range di valori accettabili all’interno del quale collocare il DMV. Anche in questo caso le curve vengono normalizzate e se ne calcola la curva media; successivamente si determina il DMV, sottraendo alla portata corrispondente al punto di ADP massima della curva media, l’intervallo di portata all’interno del quale le differenze tra curve risultano statisticamente significative. La tecnica usata per determinare questo intervallo è sostanzialmente un’Analisi della Varianza a blocchi randomizzati dove gli intervalli di portata costituiscono i blocchi e gli stadi vitali sono i trattamenti. Il range delle differenze significative è

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essenzialmente un t-test (gli autori ne hanno indicato una soglia di significatività del 10%)

Il modello idraulico

La valutazione dell’ADP viene eseguita per un regime di magra, caratterizzato quindi da basse portate che presentano una certa permanenza. Per questo motivo il calcolo della velocità media vi della corrente idrica lungo la verticale centrale della cella i-esima è effettuato mediante un modello idraulico basato sulle ipotesi di moto permanente, prescindendo dalla necessità di descrivere un fenomeno in rapida evoluzione mediante un modello in moto vario [10].

Per effettuare la simulazione del pelo libero, e quindi per determinare la profondità massima hi nelle singole celle, PHABSIM utilizza il WSL (Water Surface Level) ovvero il blocco dei programmi di simulazione idraulica, il quale a sua volta dà la possibilità di scegliere tra tre modelli:

● STGQ: tale modello considera le sezioni indipendenti l’una dall’altra e costruisce, in base alle informazioni di taratura, la scala di deflusso della sezione in esame secondo una formula del tipo:

H = a·Qb

Per l’utilizzo di questo modello sono necessarie almeno due misure.

● MANSQ: anche questo modello, che utilizza l’equazione di Manning, considera le sezioni indipendenti l’una dall’altra e presuppone di poter fare l’ipotesi di moto uniforme. Inoltre tale modello utilizza un coefficiente correttivo che minimizza l’errore tra il pelo libero misurato e quello calcolato.

● WPS (Water Surface Profile): tale modello utilizza il metodo Step-Backwater per determinare il tirante idrico in ogni sezione trasversale a partire da quella di valle, per cui le sezioni non sono più indipendenti. La base teorica di questo modello è costituita dall’equazione di continuità e il bilancio di energia.

Ricavata, attraverso uno dei tre modelli di cui dispone PHABSIM, la profondità massima corrispondente alla portata Q nella sezione in esame, e nota la geometria della stessa, si ricavano i valori della profondità massima hi nelle singole celle. Per il calcolo della velocità nelle singole celle, PHABSIM utilizza il programma VELSIM per il quale non è obbligatorio il set di velocità osservate, mentre è necessario l’output del WSL. Attraverso questo programma di simulazione, il

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PHABSIM, partendo dai livelli idrici simulati, genera, per ogni portata richiesta, un profilo di velocità, che servirà nel modello di simulazione dell’habitat. Il VELSIM utilizza l’equazione di Manning scritta in funzione della velocità e sostituendo il raggio idraulico con il tirante idrico:

vi = 1,49·s1/2·d2/3/ni

Per ogni portata simulata, risultano quindi determinate, per ogni cella, le informazioni relative alla velocità, profondità e tipo di substrato, utilizzate dai programmi di simulazione dell’habitat contenuti in PHABSIM che forniscono come output la curva ADP-Q.

Figura 1.3.6.7. – struttura del PHABSIM [12]

1.3.6.4. Pool Quality Index di Azzellino et al.(1999 e 2000): questo metodo tenta di superare i limiti che dimostrano di avere altri metodi che utilizzano variabili idrauliche biologicamente trasformate, come il PHABSIM, ad essere applicati in ambienti di tipo torrentizio, caratterizzati da pendenze >1%, turbolenze elevate e da un’ estrema eterogeneità idraulico-morfologica, per la difficoltà di individuare poche sezioni rappresentative in un ambiente eterogeneo, unitamente all’inefficacia dei modelli di simulazione idraulica semplificati, che poco si adattano a situazioni di elevata complessità idraulica [3]. Per questi ambienti, ai fini della valutazione degli

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impatti dovuti ad una riduzione di portata, risulta essere rilevante il ruolo della morfologia dell’alveo. Gli ideatori del metodo, nel tentativo di coniugare in un’unica variabile la componente idraulica e quella morfologica, hanno studiato l’andamento della diversità idraulica, ovvero deviazione standard delle velocità (si veda figura 1.3.6.7.), nei vari tratti al variare delle condizioni di deflusso, come possibile indice dell’habitat perso o guadagnato. Inoltre per la necessità di svincolare la simulazione idraulica da quella puntuale delle singole sezioni, hanno individuato delle tipologie idraulico-morfologiche omogenee (pool, pool profondi, high e low gradient riffle) attraverso l’analisi statistica di 370 sezioni torrentizie. La semplificazione della casistica idraulico-morfologica in tipologie ha permesso di ottenere, all’interno di ciascuna tipologia, la curva dell’andamento medio della diversità idraulica al variare della portata [3].

Figura 1.3.6.8. – determinazione deviazione standard delle velocità come indice di diversità idraulica [13]

Figura 1.3.6.9. – Curve deviazione standard-portata relative alle quattro tipologie idraulico-morfologiche [3]

La combinazione di queste curve costituisce il modello semplificato del torrente. Supponendo di pesare la rappresentatività di ciascuna tipologia lungo un tratto di torrente (es. 30% di riffle, 70% di pool) è possibile ottenere la curva media pesata della diversità idraulica in funzione della portata, incrociando le curve relative alle

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percentuali di riffle e di pool, precedentemente stimate nel tratto di studio. Infine, il punto di breakpoint di questa curva potrà essere assunto come DMV.

Figura 1.3.6.10. – curva media devstd-portata ottenuta dalla combinazione pesata delle curve b e c [3]

Il PQI, essendo una rappresentazione semplificata della combinazione delle due principali tipologie idraulico-morfologiche di un torrente, può essere tabulato in funzione della variazione percentuale della tipologia pool (e quindi la relativa % di riffle) e della portata media del tratto oggetto di interesse. La "Tabella di calcolo del PQI" è il risultato dell’incrocio di tutte le possibili combinazioni tra la portata media e la percentuale di pool per le quali si è determinato il relativo breakpoint, assunto come DMV.

(28)

Tabella 1.3.6.2. – tabella di calcolo del PQI [3]

I valori nella tabella mostrano, complessivamente, di interpretare al meglio le esigenze degli ambienti torrentizi, proponendo deflussi che mediamente corrispondono al 9% della portata media, ma che sono più elevati nei bacini più piccoli (10-15 km2) arrivando fino ad una percentuale del 13%, per scendere sino al 7% nei bacini più grandi (200 - 300 km2).

Inoltre il metodo permette di discriminare situazioni in cui una morfologia dell’alveo, caratterizzata da ambienti di pool particolarmente abbondanti, e quindi naturalmente meno esposti agli effetti di una riduzione di acqua in alveo, possa consentire DMV più contenuti (con riduzioni fino al 20%, nei bacini più grandi) rispetto a situazioni analoghe naturalmente meno protette perché prive di zone di pool sufficienti a tamponare l’effetto della riduzione di portata.

Per corsi d’acqua di carattere torrentizio con portata media annua naturale superiore ai 10 m3/s il metodo prevede la valutazione del DMV come percentuale della portata media secondo i valori indicati in tabella.

Tabella 1.3.6.3. – percentuale di portata media da rispettare secondo il metodo PQI per fiumi con caratteristiche torrentizie e Qmed > 10mc/s

In un recente studio effettuato dal Politecnico di Milano per la Regione Lombardia è emerso che per tutte le stazioni esaminate i valori di DMV ottenuti in base al metodo PQI sono [3]:

(29)

− fra loro omogenei;

− sempre inferiori ai valori calcolati con la formula della Regione Piemonte − di poco inferiori rispetto al 10% della portata media annua naturale.

1.3.7. Metodi ibridi

1.3.7.1. Autorità di Bacino del Fiume Po (Delibera n. 7 13 marzo 2002): il deflusso minimo vitale in una determinata sezione del corpo idrico è calcolato secondo la seguente formula [8]:

DMV = k·qmedia·S·M·Z·A·T (l/s)

k·qmed·S rappresenta la componente idrologica del deflusso minimo vitale;

M = parametro morfologico avente un valore compreso tra 0,9 (generalmente nei corsi d'acqua montani dove il flusso idrico residuo è distribuito in alvei ristretti)e 1,3 (soprattutto nei corsi di pianura dove il flusso idrico residuo si disperde in ampi letti fluviali);

Z = massimo dei valori dei tre parametri N, F, Q.

N = parametro naturalistico avente un valore maggiore o uguale di 1; i valori maggiori di 1 sono previsti per corsi d'acqua compresi entro il territorio di parchi e riserve nazionali e regionali ecc…

F = parametro di fruizione avente un valore maggiore o uguale di 1

Q = parametro relativo alla qualità delle acque fluviali avente un valore maggiore o uguale di 1

A = parametro relativo all’interazione tra le acque sotterranee e superficiali avente un valore compreso tra 0,5 e 1,5; in genere si attribuisce il valore 0,7 a meno che si ritengano opportune particolari analisi relative all'interazione delle acque superficiali con quelle sotterranee, soprattutto nelle situazioni caratterizzate da elevate permeabilità del substrato; infatti per alcuni corsi d'acqua (o per loro tratti) la permeabilità dell'alveo, in condizioni di falda depressa, è così accentuata che la portata di DMV risulta interamente dispersa; oppure il contributo della falda,

(30)

immediatamente a valle dell'opera di presa è talmente elevato da garantire, in modo predominante, il mantenimento di una portata sufficiente per l'ecosistema fluviale

T = parametro relativo alla modulazione nel tempo del DMV; il parametro T viene considerato soprattutto per i rilasci immediatamente a valle delle opere di ritenzione idrica e comunque per i prelievi più rilevanti.

1.3.7.2. Autorità di Bacino del Fiume Magra (2000): nel Piano Stralcio “Tutela dei corsi d’acqua interessati da derivazioni del Magra” (approvato con delibera del Comitato Istituzionale dell’Autorità di Bacino del fiume Magra n. 65/2000 e successivamente dal Consiglio della Regione Toscana con delibera n. 259/2000) viene indicata una formula per il calcolo del DMV nell’obiettivo di definire nuovi criteri e condizioni per il rilascio delle concessioni per derivazioni di acque dai corpi idrici [15].

Il DMV viene valutato in due situazioni:

DMV per derivazioni ad uso non irriguo

Il metodo di individuazione del DMV si basa su un metodo di valutazione globale, non fondato quindi su valutazioni di tipo idrologico-idraulico o biologiche, ma sulla definizione articolata, ma semplice e speditiva di parametri caratteristici del bacino. La portata che deve defluire a valle delle derivazioni ad uso idroelettrico, industriale o altri usi ad eccezione di quello potabile o irriguo è quindi:

DMV = S·Rspec P·A·Q·N·G·L7,5+M10 Nella quale si indica con:

S = superficie del bacino;

Rspec (rilascio specifico) = 1,6 litri/sec;

P = Fattore relativo alle precipitazioni medie nel bacino sotteso dalla derivazione ricavato dalla seguente tabella:

(31)

Precipitazioni annue medie (in mm di pioggia) Fattore P < 1200 1 1200-1400 1,2 1400-1600 1,4 1600-1800 1,6 > 1800 1,8

Tabella 1.3.7.1. – tabella per la determinazione del parametro P

A = Fattore relativo alla altitudine media del bacino sotteso alla derivazione ricavato dalla seguente tabella:

Altitudine media del bacino (in m slm) Fattore A

<400 1,2

400-600 1

600-800 1,1

>800 1,2

Tabella 1.3.7.2. – tabella per la determinazione del parametro A

Q = Fattore relativo alla qualità biologica nel tratto considerato valutata secondo il metodo IBE (Indice Biotico Esteso - Ghetti 1997) ricavato dalla seguente tabella:

Classe di qualità biologica Metodo IBE Classe Valore Fattore Q

Non inquinato 1° 1

Leggermente inquinato 2° 1,1

Inquinato 3° 1,2

Nettamente inquinato 4° 1,3

Fortemente inquinato 5° 1,4

Tabella 1.3.7.3. - tabella per la determinazione del parametro Q

(32)

Indice di naturalità Fattore N

1 aree antropizzate fortemente compromesse 1

2 aree antropizzate, ma con possibilità di naturalizzazione 1,15

3 aree naturali/seminaturali con evidenti interventi antropici 1,30

4 aree naturali/seminaturali 1,45

5 aree naturali di grande pregio 1,60

Tabella 1.3.7.4. - tabella per la determinazione del parametro N

G = (geomorfologia dell’alveo) tiene conto della relazione tra la forma e la natura dell’alveo e l’impatto esercitato dalla riduzione della portata (più l’alveo è largo e piatto, maggiore è l’impatto); in attesa di approfondimenti viene considerato pari a 1;

L7,5 = (lunghezza) tiene conto della distanza tra il punto di prelievo e la restituzione, penalizzando le restituzioni a lunga distanza che interessano tratti più estesi del corso d’acqua, ove le portate sono ridotte; l’aumento dei rilasci è pari al 7,5% per ogni Km di distanza tra la presa ed il rilascio, misurato lungo l’asta fluviale;

M10 = (modulazione di portata) per l’esigenza ecologica di garantire una percentuale delle variazioni di portata naturalmente presenti nel ciclo idrologico che influenzano gli organismi acquatici e la vegetazione spondale, si aggiunge una portata pari al 10% della differenza tra la portata naturale e il DMV senza modulazione.

DMV per uso irriguo

Il Piano prevede il rispetto dei seguenti tre requisiti:

Qmax deriv ≤ 1/3 della portata “abituale” estiva; Qril min ≥ 1/3 della portata “abituale” estiva

(33)

Ove per portata “abituale“ estiva si intende la media delle mediane della serie storica delle portate medie mensili di luglio agosto e settembre.

1.3.7.3. Autorità di Bacino del Fiume Serchio (2002): l’Autorità di Bacino del Fiume Serchio propone una formula per il calcolo del DMV, i cui risultati sono confermati dai valori sperimentali di portata minima disponibili per alcuni corsi d’acqua quali il Torrente Lima e lo stesso Fiume Serchio L formula proposta, simile a quelle già viste per il Magra e il Po, è la seguente:

DMV = A·B·C·D·E·F·G·H+M10%

Nella quale si indica con:

A= superficie di bacino idrografico in kmq;

B= rilascio specifico pari a 1,6 l/s kmq;

C= fattore relativo alle precipitazioni medie nel bacino, ricavato dalla seguente tabella:

Precipitazioni annue medie (in mm di pioggia) Fattore C

<1200 1

<1400 1,2

<1600 1,4

<1800 1,6

>1800 1,8

Tabella 1.3.7.5. - tabella per la determinazione del parametro C

D= fattore relativo alla altitudine media del bacino, ricavato dalla seguente tabella:

Altitudine media del bacino (in m slm) Fattore D

<400 1

(34)

<800 1,2

>800 1,3

Tabella 1.3.7.6. - tabella per la determinazione del parametro D

E= fattore relativo alla permeabilità media dei terreni costituenti il bacino:

Permeabilità media del bacino

(carta della permeabilità dei terreni) Fattore E

Bassa 1

Media 1,1

Alta 1,2

Elevata 1,4

Tabella 1.3.7.7. - tabella per la determinazione del parametro E

F= fattore relativo alla qualità biologica del corso d’acqua, valutata secondo il metodo IBE, ricavato dalla seguente tabella:

Classe di qualità biologica Metodo IBE Classe Valore Fattore F

Non inquinato 1° 1

Leggermente inquinato 2° 1,1

Inquinato 3° 1,2

Nettamente inquinato 4° 1,3

Fortemente inquinato 5° 1,4

Tabella 1.3.7.8. - tabella per la determinazione del parametro F

G= fattore valutato in relazione alle vocazioni naturali del territorio e alla distribuzione della aree protette:

Classi di naturalità Fattore G

(35)

SIC, SIR, SIN, ANPIL, ZPS)

2. Aree protette (zone BCD), a prevalente naturalità di crinale, contigue

a parchi e riserve naturali 1,6

3. Aree di naturalità diffusa, ambiti di paesaggio della montagna 1,4

4. Aree di interesse agricolo primario 1,2

5. Aree di interesse agricolo e urbanizzate 1

Tabella 1.3.7.9. - tabella per la determinazione del parametro G

H= fattore relativo alla lunghezza di captazione definito dalla seguente formula: 1+ (D·0,05), dove D è la distanza in km misurata lungo il corso d’acqua tra l’opera di presa e il punto di restituizione.

M= fattore di modulazione di portata pari al 10% della differenza tra la portata naturale istantanea e il valore del prodotto A·B·C·D·E·F·G·H

L’introduzione di questo valore risponde all’esigenza ecologica di garantire all’alveo almeno una modesta percentuale delle variazioni di portata che caratterizzano il regime idrologico naturale e che influenzano i cicli biologici degli organismi acquatici e della vegetazione spondale.

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