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Introduzione Capitolo 1

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Academic year: 2021

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Capitolo 1

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1 - INTRODUZIONE

1.1 INTRODUZIONE

GENERALE

Negli ultimi cinquanta anni il pianeta ha assistito ad un‘ingente crescita demografica che ha portato nel 1992 ad un raddoppio della popolazione rispetto alla fine della seconda guerra mondiale, e si prevede che nel 2025 vivranno sulla terra 8,5 miliardi di persone (UN Population Buerau, Anon, 1993 citato da Gray, 1997). L’incremento demografico ha comportato, di conseguenza, una crescente richiesta di risorse ed un aumento della pressione delle varie attività umane sugli ecosistemi. In particolare, tra le varie problematiche rilevate su scala globale, risultano di primaria importanza le modificazioni a carico della biodiversità, che risulta minacciata sia da un tasso di estinzione estremamente alto (Regan et al. 2001), sia dalla continua introduzione, involontaria o volontaria, di specie alloctone.

Se storicamente l’attenzione degli studi ecologici è sempre stata rivolta a indagare come fattori abiotici e biotici determinino la distribuzione e l’abbondanza degli organismi, da alcuni anni a questa parte un numero sempre maggiore di studi ed osservazioni si è focalizzato su come le proprietà di un determinato ecosistema (e quindi dei benefici che

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quell’ecosistema può apportare all’uomo) dipendano dalla sua biodiversità, intesa come l’insieme delle caratteristiche funzionali degli organismi in esso presenti, e dall’abbondanza e dalle modalità di distribuzione degli organismi stessi. I risultati ottenuti indicano che i processi e le proprietà degli ecosistemi possono rispondere a cambiamenti della biodiversità in molti modi, in base a quali caratteristiche della biodiversità stessa vengono modificate, ma anche all’importanza relativa dei fattori biotici e abiotici in gioco nel sistema di studio (Vitousek and Hooper 1993, Lawton 1994, Naeem et al. 1995, Sala et al. 1996, Naeem 1998).

L’evidente complessità della relazione tra biodiversità e funzionamento degli ecosistemi sottolinea l’importanza dell’interesse della comunità scientifica per questo dibattito, allo scopo di prevedere le conseguenze che le alterazioni a carico delle specie animali e vegetali apporteranno alle attività umane.

La maggior parte degli studi relativi al dibattito biodiversità– funzionamento degli ecosistemi è stata effettuata in ambito terrestre e se soltanto pochi di essi hanno esaminato gli effetti dei cambiamenti a carico della biodiversità in ambiente acquatico, ancora meno hanno avuto per oggetto gli ecosistemi marini (Emmerson and Huxham 2002).

Ad oggi, seppur nella complessa variabilità dei risultati ottenuti, la comunità scientifica concorda su alcune conclusioni (Hooper et al. 2005). Innanzi tutto l’influenza esercitata sulle proprietà degli ecosistemi da parte

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delle caratteristiche funzionali delle specie presenti è estremamente forte (ad esempio per la presenza di specie dominanti, specie chiave, specie strutturanti o per effetto delle interazioni tra specie). Di conseguenza alcune specie, per quanto rare o poco abbondanti, possono comunque ricoprire un ruolo determinante.

Tale influenza può però differire in base al sistema considerato. In certi casi può avvenire che alcuni ecosistemi non rispondano affatto alla perdita di una determinata specie, e questo per la presenza di più organismi che ricoprono lo stesso ruolo funzionale; oppure perché la specie in questione non fornisce un grande contributo alle caratteristiche del sistema, che potrebbero altresì essere controllate prevalentemente da fattori abiotici.

La necessità di indagare i meccanismi che causano le relazioni osservate tra biodiversità e proprietà degli ecosistemi ha portato alla produzione di una vasta letteratura scientifica. Al di là dei risultati ottenuti, questi studi hanno avuto il merito di focalizzare l’attenzione su alcune difficoltà inerenti l’identificazione di tali meccanismi, associati alle variazioni a carico della biodiversità (Aarsen 1997, Huston 1997, Wardle 1999).

Uno dei problemi più dibattuti è stato quello di separare gli effetti dovuti al numero da quelli dovuti all’identità delle specie manipolate (Hooper and Vitousek 1997, Loreau and Hector 2001). All’aumentare della numerosità delle specie nei trattamenti sperimentali, infatti, l’aumentata probabilità di

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includere particolari tratti funzionali è risultata legata a due gruppi di importanti meccanismi, rispettivamente indicati con i termini anglosassoni di “sampling effect” e “complementarity effect”. Da un lato cioè la già citata probabilità statistica di includere una particolare specie, assente nei trattamenti a più bassa numerosità. Dall’altro l’eventualità che processi quali la facilitazione o la ripartizione delle risorse produca effetti maggiori di quelli attesi dagli effetti delle stesse specie considerate singolarmente (Loreau et al. 2001, Hooper et al. 2005).

Sebbene quindi la maggior parte degli studi abbia evidenziato un effetto della biodiversità, numerosi dibattiti sono sorti circa la loro interpretazione, a causa della mancata capacità di alcuni disegni sperimentali adottati di discernere gli effetti della ricchezza specifica da quelli dovuti all’identità delle specie stesse (Huston, 1997).

Meno frequentemente è stato affrontato il problema del controllo, al variare del numero delle specie, della loro densità. L’approccio più comune è stato infatti quello di ridurre l’abbondanza relativa delle specie all’aumentare della loro numerosità (“disegni sostitutivi”, Hector 1998, Joliffe 2000). In questo modo, tuttavia, un eventuale effetto della ricchezza specifica non può essere correttamente individuato, nel caso in cui processi densità-dipendenti operino nel sistema (Benedetti-Cecchi 2004).

La presente tesi affronta queste tematiche attraverso due esperimenti condotti sul campo, in cui vengono adottati disegni sperimentali

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implementati allo scopo di discernere in modo efficace gli effetti del numero, dell’identità ma anche della densità di specie o categorie morfologiche (Benedetti-Cecchi 2004) su alcune proprietà dei popolamenti. In particolare gli esperimenti in oggetto sono stati condotti in ambiente intertidale roccioso, un sistema che da sempre ha attirato l’attenzione degli ecologi, dando supporto a studi relativi alle interazioni tra organismi che hanno contribuito a gran parte delle teorie che supportano la moderna ecologia. Tra questi gli studi relativi al ruolo del disturbo nel mantenimento della diversità delle specie (Lubchenco 1978; Sousa 1979 a,b), al concetto di specie chiave (Paine 1996) e all’importanza degli effetti indiretti nelle interazioni biotiche (Menge 1995). Ma anche il ruolo della predazione (Hughes 1980; Sih et al.1985), del pascolo da parte degli erbivori (Hawkins e Hartnoll 1983) e della competizione (Connel 1983) nel determinare la struttura dei popolamenti di costa rocciosa.

Sebbene pochissimi studi abbiano affrontato il tema del legame tra biodiversità e proprietà degli ecosistemi in ambiente marino (Stachowizc et al. 1999; Duffy et al. 2001; Emmerson et al. 2001, O’Connor and Crowe 2005), risulta evidente per molte ragioni che l’allargamento del dibattito a questo ambiente è assolutamente appropriato (Emmerson e Huxham 2001 ). In primo luogo infatti le alterazioni dovute alle attività umane interessano tanto l’ambiente marino quanto quello terrestre. Inoltre la grande quantità

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di letteratura disponibile su questo ambiente rappresenta un ineguagliabile bagaglio conoscitivo su cui basare questo nuovo tipo di ricerca.

Il primo dei due esperimenti di cui si compone la tesi è finalizzato ad indagare gli effetti di cambiamenti in composizione, numero ed abbondanza di specie a morfologia complessa sulla distribuzione ed abbondanza degli organismi presenti nel popolamento. Il secondo mira invece a valutare come, nell’ambito delle successioni ecologiche, una diversa composizione e densità di popolamenti precoci possa influenzare la struttura dei popolamenti più tardivi.

1.2 ESPERIMENTO 1 – Specie a morfologia complessa

In ambiente marino, così come in quello terrestre, alcune specie possono presentare aspetti strutturali complessi, tali da caratterizzare un determinato habitat e fornire protezione agli altri organismi presenti,

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giocando così un ruolo chiave nel definire e mantenere la struttura e le caratteristiche del popolamento (Specie a Morfologia Complessa, SMC).

Un esempio di tali specie è costituito, nel Mediterraneo settentrionale, dall’alga bruna Cystoseira compressa e dal mollusco bivalve

Mytilus galloprovincialis.

Le alghe del genere Cystoseira vengono spesso indicate come “canopy-forming algae”, alghe cioè che grazie ad una complessa struttura tridimensionale del loro tallo condizionano i popolamenti sottostanti tramite una serie di meccanismi che influenzano, ad esempio, fattori fisici come la luce (Reed & Foster, 1984), l’idrodinamismo (Duggins et al., 1990) e l’essiccamento (Mc Cook & Chapman, 1991); tali alghe possono inoltre influenzare i tassi di mortalità dei propaguli algali (Mc Cook & Chapman, 1991) e degli ctamali (Connell, 1961; Hawkins, 1983; Leonard, 1999) sia a livello del reclutamento che delle fasi successive all’insediamento, così come la densità e l’efficienza dei predatori (Menge, 1978; Underwood, 1998). I mitili, oltre a determinare effetti molto simili a quelli appena descritti, possono incrementare la ritenzione di sedimento attraverso i filamenti del bisso (Seed, 1996).

Mentre l’ecologia del genere Cystoseira è stato oggetto di numerosi studi (Benedetti-Cecchi 2000, Benedetti-Cecchi et al. 2001, Bulleri et al. 2002), la specie C. compressa è stata meno indagata (ma vedi Benedetti-Cecchi &

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Cinelli 1992, 1996 e Benedetti-Cecchi 2000a sull’ecologia di questa specie nelle pozze di scogliera).

L’ecologia di M. galloprovincialis è stata meno studiata da un punto di vista sperimentale in Mediterraneo. Da studi effettuati su altre specie del genere Mytilus è emersa sia una notevole capacità di questi organismi di incrementare la diversità dei popolamenti a cui offrono protezione (come risulta da studi su comunità dominate da M. californianus e M. edulis: Suchanek 1980, 1985, Tsuchiya and Nishihira 1985, 1986), sia una notevole capacità competitiva per l’occupazione del substrato.

Sebbene M. galloporvincialis e C. compressa siano due specie

ampiamente diffuse nel Mar Mediterraneo, numerosi studi (Seapy and Littler 1982, Rodrìguez-Prieto and Polo 1996, Benedetti-Cecchi et al. 2001) hanno mostrato la loro suscettibilità ad ampie modificazioni nell’abbondanza e nella distribuzione in risposta a processi sia naturali che artificiali.

Il presente studio si inserisce all’interno del dibattito sulla relazione tra biodiversità e proprietà degli ecosistemi, che nell’ultimo decennio è stato al centro dell’interesse scientifico in ecologia. Una delle questioni chiave di questi studi, così come emerso da numerosi dibattiti (Aarsen 1997, Wardle 1999), è quella di riuscire a separare gli effetti imputabili a cambiamenti in numero di specie da quelli dovuti a cambiamenti dell’identità (Hooper & Vitousek 1997, Loreau & Hector 2001). Più

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recentemente la densità degli organismi manipolati è stata indicata come ulteriore possibile fattore legato a variazioni a carico della biodiversità (Benedetti-Cecchi 2004).

Nel presente studio un esperimento di rimozione (Diàz et al. 2003) è stato allestito secondo un disegno implementato allo scopo di esaminare l’effetto della riduzione del numero di SMC (nominalmente C. compressa e

M. galloprovincialis), distinguendo l’effetto dell’identità della specie

rimossa e senza confondere entrambi con l’effetto della densità delle SMC considerate. Tali effetti sono stati testati sulla distribuzione e abbondanza degli altri taxa presenti nei popolamenti della fascia intertidale di costa rocciosa.

1.3 ESPERIMENTO 2 – Biodiversità e successioni

L’idea che una successione ecologica sia costituita da un susseguirsi di specie e popolamenti secondo un preciso ordine (Clements, 1928, 1936), è stata più recentemente sostituita da modelli secondo i quali una forte influenza dei colonizzatori precoci sulle specie successive si attua tramite tre meccanismi alternativi: facilitazione, tolleranza ed inibizione (Connell & Slatyer, 1977) ai quali devono essere sommati gli effetti della predazione

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(Farrell 1991). Secondo le teorie sopra citate i colonizzatori precoci dovrebbero scomparire ben presto dal popolamento, sia perché rimossi da disturbo fisico o biologico, sia perché esclusi dalla competizione con specie insediatesi successivamente.

Sebbene sia comunemente accettato che la struttura di un popolamento “tardivo” dipenda in gran parte dalle interazioni che si sono instaurate tra le varie specie che hanno costituito i popolamenti precoci ed intermedi, recenti studi sui popolamenti della fascia intertidale di costa rocciosa (Benedetti-Cecchi, 2000) hanno mostrato come i colonizzatori precoci non debbano necessariamente lasciare il posto alle specie che si insediano dopo di loro. Interazioni positive e negative (che vanno quindi oltre la semplice inibizione, facilitazione o tolleranza), sia dirette che indirette, possono infatti far sì che i primi colonizzatori costituiscano parte importante del popolamento tardivo, seppur in seguito a fluttuazioni in abbondanza e distribuzione.

Gli studi sperimentali sulle successioni condotti su costa rocciosa sono stati prevalentemente caratterizzati dalla manipolazione di una o poche specie precoci, allo scopo di indagare il loro effetto sui popolamenti tardivi. Il recente dibattito sul ruolo della biodiversità per il funzionamento e le proprietà degli ecosistemi ha tuttavia sottolineato come fattori quali il numero, l’identità (vd Hooper et al 2005 per una revisione su questo dibattito) e più recentemente la densità delle specie (Benedetti-Cecchi

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2004, He et al 2005) possano avere un ruolo chiave in molti sistemi ecologici.

La vasta letteratura presente sulle successioni in ambiente marino di costa rocciosa (Lubchenco and Menge 1978, Dayton 1984, Farrell 1991, Berlow 1997, Chapman and Underwood 1998) e l’insoddisfacente applicazione delle passate teorie a questi popolamenti (Benedetti-Cecchi, 2000b), rende questo habitat particolarmente interessante per l’applicazione delle nuove teorie sul ruolo della biodiversità.

L’ipotesi che variazioni nel numero, identità e densità delle specie precoci influenzino le caratteristiche dei popolamenti maturi è stata testata in questo studio tramite un esperimento di assemblaggio (Diaz et al. 2003), allestito nella fascia intertidale di costa rocciosa nel Mediterraneo nord occidentale.

Per assemblare i popolamenti sono stati utilizzati substrati artificiali modulari (pannelli), prendendo spunto da un sistema ingegnoso ideato da Stachowicz et al. (1999). Il disegno sperimentale si basa invece su quello descritto da Benedetti-Cecchi (2004), capace di separare gli effetti del numero e dell’identità delle specie, controllando gli effetti della densità.

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