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L’ALTRO MARGINE.

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Academic year: 2021

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L’ALTRO MARGINE.

RICOMPOSIZIONE E RIGENERAZIONE TRA ROCCIA E ACQUA:

UN CENTRO ENOGASTRONOMICO SUL TEJO

Studenti: Elena Acerbi _ 799396 Camillo Morini _ 816674 Relatore: Proff. Emilio Faroldi

Politecnico di Milano | Facoltà di architettura urbanistica ingegneria delle costruzioni Laurea in Architettura | A.A 2014 - 2015

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I N D I C E

| Introduzione

1 | I litorali abbandonati come limite

1.1 Dall’espansione urbana alla frattura tra costa e città

1.2 Strategie e metodi di intervento: il riuso per la rigenerazione urbana 1.3 Contesti europei

_ Sistemazione del lungomare di Vigo | Guillermo Vázquez Consuegra _ Il “Marginal” di Porto

2 | Il caso del Tejo

2.1 Litorali a confronto: il rapporto con il fiume nel tempo 2.2 Lisbona e il Tejo

2.3 Storia e sviluppo della città di Almada

2.4 Strategia territoriale: un nuovo nodo di connessione tra le due coste

3 | Il litorale almadense

3.1 Storia e sviluppo del fronte ribeirinho

3.2 Stato di abbandono e discontinuità del territorio

3.3 Proposte formulate per l’area: Europan 6 “In between cities” 3.4 Mix funzionale come strategia a scala territoriale

3.5 Strategia a scala urbana: un nuovo percorso lungo il litorale

5 6 7 8 9 11 13 16 18 22 23 24 26

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4 | Progetto di recupero per Quinta da Arealva

4.1 Il sito

4.2 Tema di progetto: continuità con la storia e la cultura del luogo 4.3 Programma funzionale: un nuovo centro enogastronomico sul Tejo 4.4 Strategia progettuale

4.5 Il progetto: rapporto tra esistente e nuova realizzazione 4.6 Casi studio

_ Riconversione di un’area industriale a Portalegre | Eduardo Souto de Moura, Graça Correia _ Recupero della Franzensfeste Fortezza a Bolzano | Markus Scherer, Walter Dietl

B I B L I O G R A F I A E L A B O R A T I G R A F I C I Tavola 1 Tavola 2 Tavola 3 Tavola 4 Tavola 5 Tavola 6 Tavola 7 Tavola 8 Tavola 9 Tavola 10 Tavola 11 Tavola 12 27 29 30 32 34 35 37

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INTRODUZIONE

Il lavoro si basa sull’idea di una città che possa mettere a frutto la sua posizione sul lungofiume del Tejo per creare una nuova centralità urbana e diventare un nuovo polo attrattivo per tutta la regione. L’estuario del Tejo caratterizza l’area metropolitana di Lisbona e l’acqua del fiume è parte integrante e fondamentale della città. Se sul margine su cui si affaccia la capitale il vasto territorio lungo il fiume è in continua trasformazione e oggi investito da una profonda riconversione post-industriale, su quello Sud, dove si colloca la città di Almada, sembra che il tempo si sia fermato a qualche decennio fa, quando tutte le attività industriali a contatto con l’acqua si sono bloccate e gli edifici sono stati dismessi. Ammettendo di poter considerare Lisbona come una città dai due margini, il suo sviluppo urbano dovrà essere guidato dall’equilibrio dei due, e quindi per il litorale Sud si dovrà andare contro alla tendenza assimilata nel corso del tempo di utilizzarlo come

dormitorio, o spazio di produzione e lavoro, o come porto alternativo a quello Nord. Almada ha le potenzialità per essere la città che approssimerà i due margini Nord/Sud del Tejo: per fare questo si propone un programma di riabilitazione urbana di una zona di antiche fabbriche e magazzini, per ridare ai cittadini un’estesa linea di terra, lunga più di 2 km. Ci troviamo in un contesto fortemente influenzato dalle caratteristiche morfologiche del luogo, che vedono questa fascia di territorio stretta fra l’acqua del fiume e una scarpata rocciosa. Per la sua posizione, la sua

morfologia, gli spazi e i collegamenti che può generare e la testimonianza che ci fornisce sulla sua vitalità passata, pensiamo che possa diventare un nuovo ramo di città che promuova uno sviluppo multifunzionale, sempre attivo e in grado di rinforzare l’identità locale e il suo carattere urbano. I temi di riuso e riconversione si pongono come risoluzione dei fenomeni di abbandono e

periferizzazione, privilegiano il recupero degli edifici e la riqualifica degli spazi esterni, contemporaneamente alla riabilitazione della componente sociale.

A partire da questa tematica si sono definiti gli obiettivi specifici del lavoro: l’operazione di pianificazione alla scala territoriale propone linee guida che hanno appoggiato la causa del non consumo di suolo, e quindi privilegiato il mantenimento dei vecchi assetti, intervenendo secondo il metodo della sottrazione, con l’ apertura di spazi pubblici e zone verdi e l’obiettivo di dare vita a un nuovo fronte per la città. La visione strategica a questa scala vede l’articolazione equilibrata di diversi settori: residenziale, del lavoro, dei servizi e del tempo libero; vede quindi Almada come luogo per lavorare e vivere, un luogo che promuove la cultura, il turismo e la relazione con l’acqua, con il minimo impatto sulle condizioni ambientali e paesaggistiche, coinvolgendo i vari temi nel processo di riabilitazione urbana.

L’area di studio, che a Sud ha un confronto diretto col fiume Tejo, inizia a Est nel Porto di Cacilhas e arriva fino al sito chiamato Arealva. Per tutta la sua estensione l’area è mal collegata alla città, soprattutto per la presenza della arriba, un’alta costa rocciosa, che nella storia ha promosso l’installazione dei primi nuclei proprio in cima ad essa, soprattutto per ragioni difensive. Il progetto quindi propone una riattivazione della costa presupponendo anche collegamenti che permettono il raggiungimento della quota superiore da diversi punti strategici, fino al Santuario del Cristo Rei, direttamente raggiungibile da Arealva.

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Quest’ultima, antico nucleo di edifici che racchiudeva diversi tipi di attività, è oggetto di uno studio più approfondito e propone alla scala architettonica le stesse strategie della grande scala. Il tema della gastronomia, forte carattere della cultura locale, attraverso le sue diverse componenti - legate sia al lavoro che al tempo libero - mette a sistema un programma vario. Questo nuovo polo racchiude edifici e spazi aperti, sia dal carattere pubblico che privato, e colloca una scuola di cucina a fare da perno a tutto il sistema. Si vanno quindi a generare diversi tipi di spazi: didattici, di ristoro, per lo svago e il tempo libero, di lavoro e residenziali.

La pratica del recupero, che si pone alla base dell’interno lavoro ed è riproposta a questa scala, comporta prima di tutto una valutazione e una selezione critica del patrimonio industriale. È inoltre, occasione per studiare nel dettaglio quegli elementi che rappresentano la giunzione tra il vecchio e il nuovo, esaltando l’aspetto tecnologico del progetto.

Grazie all’inserimento di una nuova stazione portuale, posta appena prima di Arealva, il luogo sarà facilmente raggiungibile da Lisbona e sarà parte di un percorso continuo fra le due coste,

promosso anche dalla vicinanza e dal collegamento già esistente col Santuario del Cristo Rei. Quest’ultimo risponde anche alla necessità di riavvicinare il nucleo storico di Almada al suo

lungofiume in modo da trasformare entrambi in luoghi di attrazione, con l’obiettivo di garantire un crescente miglioramento della qualità della vita della città e il suo sviluppo turistico.

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_ I LITORALI ABBANDONATI COME LIMITE

1.1 | DALL’ ESPANSIONE URBANA ALLA FRATTURA FRA COSTA E CITTÀ

Si sa che l’elemento acqua è responsabile della formazione della maggior parte dei centri abitati: l’acqua può essere intesa, oltre che come elemento del paesaggio, anche come fattore di

produzione e di consumo. Tuttavia in determinate condizioni ci si trova in difficoltà nel

considerarla una componente fondamentale delle città, nonostante i litorali siano paradigma delle città d’acqua, il cui fronte urbano - marittimo o fluviale - assume un ruolo emblematico per lo stretto legame fra terra e acqua. Questo spesso avviene nei casi in cui l’evoluzione nel tempo dei luoghi costieri ha subito, dopo un veloce sviluppo e un grande sfruttamento, una battuta

d’arresto, di cui rimangono tracce molto forti.

Nel corso del Novecento nelle città marittime e fluviali i porti si ampliarono enormemente, acquisendo spesso funzioni legate all’industria, all’approvvigionamento di combustibili e alla produzione di energia elettrica. L’industrializzazione delle aree portuali, il costante incremento del trasporto marittimo delle merci, produssero un progressivo allontanamento delle coste dalle città: la scala delle infrastrutture portuali, la loro morfologia e organizzazione era decisamente differente da quella del tessuto urbano. L’elemento che rivoluzionò nel profondo i sistemi portuali e del trasporto marittimo fu l'introduzione dei container: per esempio piazzali molto ampi per le

manovre di carico e scarico determinarono un nuovo contesto dove i tradizionali magazzini lungo le banchine diventarono presto obsoleti. La riorganizzazione dei porti li trasformava in sistemi autonomi e produsse la loro definitiva separazione dalla città: le sue attività, i suoi ritmi e i suoi flussi diventavano incompatibili con quelli urbani.

Quindi durante il XX secolo la storia delle città costiere è stata spesso caratterizzata da una rottura fra la vita della città e le attività marittime e, ancora oggi, in molti casi il waterfront è inteso come spazio di mezzo, come margine tra due parti distinte, autonome e in conflitto. Mentre in passato il porto era parte integrante della città, ora è un corpo estraneo, distaccato dalle esigenze urbane. La separazione dipende da più ragioni: le diverse modalità di pianificazione (da un lato il piano portuale, dall’altro quello urbanistico), le diverse competenze amministrative, l’incompatibilità delle attività portuali nei confronti di quelle urbane, le maggiori esigenze di efficienza, di sicurezza e di flessibilità dei porti. Le attività della città finiscono lì dove lo hanno fatto anche le sue

possibilità di espandersi, portando ad una sorta di lotta, che concretizzandosi in diverse forme di barriere, apparentemente vuole mascherare la presenza del mare. Questa situazione ha afflitto molte città costiere europee. A volte le aree verdi poste fra la città e le sue darsene sono servite da frontiera tra la vita urbana e la confusione delle attività portuali ma, in molti casi, magazzini, capannoni, gru, cumuli di diversi tipi di materiali, rottami, reti, resti di barche, vagoni, vetture per il trasporto di materiali, erano lo scenario permanente di questi luoghi. Oggi la città ha riscoperto il suo legame con l’acqua e con il bordo che le separa e si assiste a una forte richiesta di

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1.2 | STRATEGIE E METODI DI INTERVENTO: IL RIUSO PER LA RIGENERAZIONE URBANA

Il tema dei fronti d’acqua, del rapporto tra la città e il mare o il fiume, tra la città e il porto, è un ambito di ricerca e d’intervento di grande rilievo per il progetto. I margini della città vengono riscoperti come spazi e luoghi possibili per il progetto, grazie alla consapevolezza della possibilità di trasformazione di un luogo di confine delle città. Dopotutto, allo scopo di riorganizzare

l’architettura della città è necessario avere molta attenzione ai suoi bordi non costruiti; nel caso delle aree portuali ciò vuol dire superare le barriere obsolete e inviolabili che ci tengono lontani dallo sfruttare le potenzialità della confluenza fra città e acqua. Si può affermare infatti che, in questo contesto, uno dei processi oggi più importanti nell’ambito della riabilitazione urbana è relazionato al recupero di antiche aree portuali. Nelle città che hanno questo tipo di infrastrutture abbandonate è necessario dare una risposta al problema del trasferimento delle attività marittime e alla sfida dell’occupazione di spazi portuali disponibili e molte volte situati in prossimità di spazi centrali della città stessa o nelle sue aree storiche. Questi sono luoghi fondamentali per le città poiché, con una connessione significativa fisica e visuale con l’acqua, configurano e identificano le città stesse. In tali condizioni, in questi spazi votati all’abbandono per l’evoluzione del sistema città-porto, può essere indotto il rinforzo, l’estensione e la creazione di nuove centralità.

Non più di trenta o quaranta anni fa (negli anni ’70 - ’80) chi era responsabile delle problematiche urbane decise di affrontare il tema della rigenerazione dei waterfront, trasformando queste aree in nuovi spazi di incontro. Il problema del degrado delle aree portuali è diventato un tema

importante per le amministrazioni e le iniziative messe in atto per risolverlo hanno dato

un’impostazione per progetti di rigenerazione dei fronti fluviali tali da poter essere applicati anche in altri contesti.

L’esigenza di combinare azioni di conservazione con quelle di sviluppo è propria dei processi di pianificazione e riqualificazione urbana: si tratta di lavorare su un equilibrio tra conservazione e trasformazione, nel rispetto dei caratteri e del patrimonio del luogo. Per garantire progetti di riqualificazione urbana realmente sostenibili risulta necessario individuare delle linee guida capaci di combinare metodi differenti, allo stesso tempo innovativi e che valorizzino e tutelino le risorse e i valori esistenti. Quindi i primi interventi di riqualificazione dei litorali si legano spesso a

programmi di sviluppo dello spazio pubblico, a operazioni di valorizzazione immobiliare, ma anche, in alcuni casi come in Inghilterra e in Olanda, a grandi iniziative di housing sociale. Dopotutto il valore aggiunto che può dare una singola città ai modelli di sviluppo urbano, ormai globalizzati, consiste nella rigenerazione urbana secondo una rilettura locale. Rigenerazione intesa come veicolo di una nuova forma della città, funzionale a una nuova gestione sociale.

Il tema del riuso risponde all’esigenza di costruire su se stessi e si oppone alla tendenza secondo cui, come si è detto, queste città nel passato hanno conosciuto una forte espansione. Esse non hanno bisogno di nuovo terreno per ampliarsi, possono farlo riutilizzando, in quello esistente, le parti che sono sottoutilizzate. Si assiste quindi a un rifiuto di crescita delle città, a favore della causa del non consumo di suolo, scegliendo di riconvertire i sistemi esistenti.

Dal momento che si parla di azioni di riconversione, concetto strettamente connesso a quelli di modificazione, entra in gioco anche il tema della memoria e dell’identità dei luoghi. Le zone

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industriali sono testimoni di una serie di eventi che hanno caratterizzato la storia di molti luoghi, costruendone l’identità, ma non è detto che tutto valga la pena di essere mantenuto o, al

contrario, cancellato: l’idea di recupero include anche un lavoro di selezione critica nel confronto col passato. Certamente la trasformazione del costruito consente a questi spazi di andare incontro a nuove prospettive, mantenendo nello stesso tempo i segni del passato, generando così una sovrapposizione tra nuovo uso e preesistenza.

1.3 | CONTESTI EUROPEI

In Europa negli ultimi decenni si contano numerosi importanti interventi che puntano sulla riqualificazione urbana dei bordi sull’acqua delle città.

Il waterfront come tema del progetto urbano contemporaneo ha una storia breve e in pieno svolgimento. Prima degli anni Novanta ci si può ricordare dei forti contrasti fra i bordi di molte città europee e i loro litorali: i grandi porti di Rotterdam, di Amsterdam - diventati i quartieri di Java, Borneo e Sumatra, di Amburgo, di Brema, la cui localizzazione lungo estuari fluviali ha stimolato la ricerca di nuove aree portuali; in Francia, a Marsiglia, il decentramento del porto dal cuore della città al vicino centro costiero di Fos determina la trasformazione del vecchio bacino in un grande porto turistico.

Anche a Barcellona il recupero del waterfront è legato allo spostamento delle attività portuali più a sud, lungo la costa: attraverso il recupero del porto vecchio Barcellona ha avviato un grande processo di trasformazione urbana, e nel corso di un ventennio si è espansa verso Nord per circa 10 km, diventando così una complessa infrastruttura su cui poggia l’intera città. La sua attuazione si è realizzata per parti e per fasi, legandosi a importanti eventi della città, come le Olimpiadi del 1992 e il Forum Universal de las Culturas del 2000. Il processo ha mobilitato interventi di grande qualità, come il Moll de la Fusta progettato da Manuel Solà Morales che, con una sezione stradale articolata su quote diverse connette lo spazio pubblico del centro storico con i percorsi pedonali del waterfront, la scultura del pesce d’oro di Frank Gehry che fornisce al fronte urbano una sua inconfondibile icona, il porto turistico dello studio MBM Architects, gli interventi residenziali di Enric Miralles, il parco balneare di Beth Galì, e infine il Centro Congressi di Herzog & de Meuron e la grande pergola fotovoltaica di Martinez Lapeña di Elias Torres sull’Esplanade del Forum. Il caso di Barcellona però non rientra tra quelli in cui l’obiettivo è attuare una rigenerazione partire dalle tracce esistenti per attuare una rigenerazione, infatti i manufatti e le infrastrutture in decadenza vengono demoliti in toto e sostituiti da nuovi tracciati urbani. Inoltre nel suo spazio, per

sostenerne immagine e sviluppo, si concentrano architetture prestigiose, in grado di attrarre e segnare iconicamente questi luoghi.

Parleremo di un altro contesto in Spagna, Vigo, che pur essendo una città di mare, fino a

vent’anni fa vedeva una forte frattura fra il suo centro storico e l’acqua, data da una larga fascia di edifici del settore industriale abbandonati. Nel 1991 il progetto “Open Vigo to the Sea” ha promosso una riconquista della costa da parte della città, attraverso un intervento che, se pur specializzato per settori, permette una lettura e una fruizione unitaria: edifici pubblici e spazi

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aperti delle diverse parti della costa sono stati disegnati e pensati da progettisti diversi, ma sotto un unica strategia e con lo stesso linguaggio, in modo che l’intero waterfront avesse un’immagine comune e con l’intento inoltre di seguire il più possibile le tracce esistenti.

Avvicinandoci all’area geografica che sarà oggetto del lavoro di tesi, il secondo esempio riportato è in Portogallo, in un contesto molto simile a quello di Lisbona: si parla di Porto, seconda città per importanza dello Stato del Portogallo e anch’essa nata sulla foce di un fiume e cresciuta portando avanti un rapporto sempre forte con le terre a cui la via d’acqua la collega.

Il Portogallo rappresenta un luogo di numerose sperimentazioni dal punto di vista urbano. Il successo dovuto all’Expo ’98 a Lisbona e le potenzialità d’uso del riverfront/waterfront, hanno spinto il Governo nel 2000 ad allargare l’esperienza ad altre città del paese, con un programma chiamato “Polis. Programa de Requalificação Urbana e Valorização Ambiental das Cidades”. Questo programma, fortemente legato agli aspetti ambientali, ha svolto un ruolo fondamentale e ha interessato oltre venti città portoghesi. La tipologia di progetti previsti si riferiva a interventi di riqualificazione delle aree industriali abbandonate e dello spazio pubblico esistente, alla

valorizzazione dei fronti d’acqua, fluviali o marittimi, al recupero urbano del patrimonio storico e naturale e alla gestione della mobilità.

_ Sistemazione del lungomare di Vigo | Guillermo Vázquez Consuegra

Quando Le Corbusier progettò Vigo nel 1929, la città era solo un villaggio di pescatori e alla fine del XX secolo essa era cresciuta senza ordine, diventando una città di 300’000 abitanti. Essa era caratterizzata dalla presenza di un centro storico interessante, ma oscurato da un contesto confuso e incoerente, che includeva edifici e servizi generati da uno sviluppo irrazionale del settore industriale nel decennio tra gli anni ’50 e ’60, sotto il governo di Francisco Franco. Servizi portuali, aree doganali e di stoccaggio, linee ferroviarie e stazioni marittime, conferendo al luogo confusione e degrado, diventarono un ostacolo fra la città e il mare. Fu così che, successivamente, lo sviluppo tecnologico e i nuovi bisogni di una realtà più democratica fecero diventare una priorità la scomparsa di questi elementi. Lo scopo era di trasformare la città, che cresceva dando le spalle al mare, rimuovendo la frontiera fra i due. L’area, che fino a quel momento era stata occupata dagli edifici portuali, riscoperta come un potenziale spazio per il tempo libero e un possibile sito per attività e servizi connessi alla città, doveva diventare un luogo di interazione sociale e allo stesso tempo agevolare il naturale incontro fra le strade della città e il porto. Nel 1991 fu promossa una profonda rigenerazione di questa zona rivitalizzandola con nuove funzioni, con un progetto chiamato “Open Vigo to the Sea”.

Il progetto propose una sequenza di interventi, diretti sull’esistente fascia industriale, sviluppati in un’area centrale della città di circa 2 km di waterfront. L’obiettivo era eliminare una serie di

strutture industriali abbandonate e legate alle attività del porto e creare un nuovo spazio capace di rivitalizzare le aree costiere più vicine alla città. L’area aveva subito nel tempo continue

trasformazioni: l’installazione di infrastrutture ferroviarie, la graduale alterazione ed estensione della banchina originale, la costruzione di una strada per la circolazione delle macchine. Quando iniziò il progetto di rigenerazione il sito era dominato dal traffico veicolare e da parcheggi: questa

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circostanza evidenziò prima di tutto la necessità di riorganizzare la circolazione esistente con nuove infrastrutture per uso pedonale al livello zero. Fu indotto un concorso pubblico per assegnare a progettisti diversi i vari interventi, così queste aree sarebbero diventate spazi per differenti attività e per il tempo libero, attraverso la progettazione di spazi aperti e la costruzione di edifici dal carattere istituzionale, commerciale e pubblico.

La linea comune dei progetti fu quella di non ricorrere a gesti di grande impatto e di produrre un nuovo effetto di permeabilità. La soluzione dell’architetto spagnolo Guillermo Vázquez

Consuegra, responsabile del progetto d’insieme, emerge come un complesso di gesti discreti che articolano lo spazio con piattaforme di differenti materiali e texture: pietra, legno, erba, acqua. Il mare, insieme alla vegetazione e a quegli elementi architettonici che hanno valori da conservare, aiutano a creare uno spazio interessante per l’interazione sociale. Il piano incluse la costruzione di un acquario al posto di vecchi magazzini che servivano i moli delle navi di linea, un centro

commerciale con grandi aree per il tempo libero e parcheggi.

_ Il “Marginal” di Porto

Nell’area metropolitana di Porto in particolare le città di Porto, Vila Nova de Gaia e Matosinhos, negli ultimi decenni sono state oggetto di notevoli trasformazioni: qui il progetto urbano ha assunto un ruolo importante nel processo di riqualificazione, soprattutto degli spazi fluviali - sul Douro - e marittimi. Protagonista di questi progetti è lo spazio pubblico contemporaneo, uno spazio chiaramente leggibile e destinato a diversi scopi, in cui il cittadino possa riconoscersi e di cui possa comprendere il significato.

A Porto, dove per anni non ci sono stati interventi di recupero e di rinnovo dello spazio pubblico, il progetto della zona ribeirinha, tra Largo S. Francisco e Passeio Alegre (circa 5 km dal centro della città alla foce del Douro), viene realizzato nel corso di circa dieci anni, fino al 2008, e

attraverso più di un programma di urbanizzazione. L’obiettivo generale del consolidamento e del rafforzamento del fronte fluviale e la dinamizzazione delle attività urbane lungo il fiume attraverso la riqualificazione dei fronti d’acqua sono stati realizzati mediante: il recupero di edifici significativi, nuove costruzioni e ricomposizione di un fronte urbano lungo il fiume in modo da conservare la continuità della fascia fluviale e di garantire coesione urbana; l’incremento della componente ludica del riverfront attraverso attività commerciali, terziarie, di ristorazione, turistiche, di svago e di appoggio alla pesca; la riqualificazione dello spazio pubblico esistente e la valorizzazione della sua immagine; il rafforzamento del legame tra il Marginal (la passeggiata lungo il fiume) con la parte alta della città, che comprende la zona universitaria (Facoltà di Architettura, Facoltà di Lettere e Facoltà di Scienze); la razionalizzazione della circolazione automobilistica, potenziando i trasporti pubblici e spostando su un’altra via il traffico veicolare. Nello specifico l’architetto Fernandes de Sá realizzò il progetto di riqualificazione del fronte fluviale della Ribeira, l’antico porto della città, con cui furono restituite dignità e visibilità alle antiche muraglie medioevali che si alzano sull’acqua (Cais da Estiva e Muro dos Bacalhoeiros) riconfigurando alcuni spazi residuali, per esempio attraverso la costruzione di una rampa che abbassa il livello di calpestio alla quota originaria, in modo da ripristinare il legame di queste con il fiume. Sempre in questo tratto di

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costa, che è quello più centrale, la Praça da Ribeira è stata dotata di una struttura in legno

destinata ai locali di ristorazione; è stata ricostruita nella sua localizzazione originaria la Escada das Padeiras, scalinata che finiva nell’acqua e facilitava l’attracco delle barche; è stato creato un piccolo mercato di artigianato locale con 16 botteghe e una scalinata che collega il livello del Cais con i resti del Ponte pensile, garantendo un nuovo ingresso pedonale alla Ribeira. Il progetto d’intervento, rispettando il luogo, sostituisce e razionalizza la pavimentazione stradale e l’arredo urbano, eliminando gli elementi dissonanti con il contesto.

Il progetto di recupero della costa atlantatica di Matosinhos è legato alla riconversione di un’area un tempo occupata dalle industrie manifatturiere della pesca che a partire dagli anni settanta hanno registrato il loro declino, un conseguente degrado, allontanamento e abbandono del waterfront da parte della popolazione. Si è ripristinato il forte legame di Matosinhos con il mare attraverso la riqualifica del tratto tra il molo del Porto di Leixoes e la Praça da Cidade do Salvador, in stretta continuità con il Passeio Atlantico della città di Porto. Il progetto di Eduardo Souto de Moura prevede un unico percorso pubblico e nuove strutture che vanno a unirsi alla passeggiata e a un bar esistenti. Il percorso è costituito da una piattaforma in pietra locale, leggermente rialzata, chiusa lungo la spiaggia da una lunga seduta e completata da rampe e scale di accesso alla spiaggia. La strategia generale intendeva creare un ritmo regolare di edifici che sono sia servizi di ristorazione che strutture d’appoggio alla spiaggia. Essi sono indipendenti l’uno dall’altro ma presentano uno stesso linguaggio architettonico, garantendo unità a tutto l’intervento.

A Vila Nova de Gaia, città localizzata sull’altra sponda del fiume Douro rispetto a Porto, è stata realizzata una vasta operazione di riqualificazione urbana e ambientale tra il ponte di S. João e il Cabedelo (all’altezza della foce del fiume) e nella fascia costiera che prosegue verso Sud fino all’area della Madalena. Tra i principali obiettivi si evidenziano: il recupero del fronte fluviale del Douro attraverso il disegno di una nuova sezione stradale in grado di rendere compatibili il flusso automobilistico con le esigenze di pedoni, ciclisti, pescatori e turisti; il recupero urbano del villaggio dei pescatori dell’Afurada da parte dell’Atelier 15, attraverso l’ampliamento del Marginal fluviale e la riqualifica del porto, il recupero dei degradati magazzini per le attrezzature legate alla pesca, la costruzione di un centro civico e di un lavatoio comunale; il progetto del parco urbano dell’Afurada destinato ad attività di svago; la riqualificazione degli spazi pubblici, mantenendone le caratteristiche di nuclei di pescatori; il progetto per il nuovo Parque Urbano de Sao Paio, un parco naturale situato sulle pendici della collina che divide l’area della foce del Douro con la parte interna di Vila Nova de Gaia.

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_ IL CASO DEL FIUME TEJO

2.1 | LITORALI A CONFRONTO: IL RAPPORTO CON IL FIUME NEL TEMPO

Almada e Lisbona, nonostante le diverse caratteristiche morfologiche, sono cresciute attraverso un dialogo permanente e, unite dall’estuario del Tejo, hanno formato un’unica porta d’entrata alla regione fin dalle prime occupazioni. Basate su una relazione di tipo speculare e sul principio di complementarietà, le due città costruirono e solidificarono nel tempo relazioni commerciali e di difesa militare fra i due margini. La localizzazione geografica privilegiata e la relazione diretta col fiume hanno permesso a entrambi i margini uno sviluppo basato sulle attività portuali e agricole. A partire dallo sviluppo di queste attività e con il consolidamento di Lisbona come capitale del Portogallo, fu quest’ultima ad acquisire una posizione di riferimento nella scena internazionale, mentre Almada assunse un ruolo secondario: punto di connessione della capitale con il Sud del paese e, si potrebbe dire, espansione della capitale, “sala delle macchine”. Essa diventò una sede di produzione, immagazzinamento e distribuzione di prodotti dal margine Sud a quello Nord, e fra l’Europa e il resto del mondo.

Paradossalmente questi territori, mirati al rafforzamento dei legami commerciali fra le due città, danno le basi per la generazione di una barriera fisica fatta di magazzini e industrie che ha rotto il dialogo in primis fra il centro città e il suo lungofiume, per estensione fra città e fiume. Questo ha comportato una rottura nella comunicazione fra la capitale e “l’altro lato”. I territori-barriera hanno danneggiato il dialogo fra città e fiume e, di conseguenza, fra le due città. E, deteriorando il proprio paesaggio costiero hanno contribuito al venir meno del suo ruolo di cerniera.

Il graduale spostamento delle industrie verso altri luoghi avvenuto durante l’ultimo secolo, ha reso questi terreni da barriere a territori obsoleti. Sul lungofiume di Almada vediamo una linea di edifici industriali in rovina che raccontano la storia di quel luogo: questi hanno contribuito fortemente alla mancanza di dialogo di Almada con la sua costa, ma anche con Lisbona. Si manifesta, alla fine del XIX secolo, una precisa volontà di unire fisicamente i due margini, incrementando il lancio di diverse proposte, che sono culminate con la costruzione del Ponte 25 de Abril. Negli ultimi decenni si è assistito a una presa di coscienza globale su questo tema, col fine comune di ristabilire i contatti persi tra città e fiume, ma anche tra città, industria ed

economia e di riattivare queste zone, come avviene a Lisbona.

2.2 | LISBONA E IL TEJO

Lisbona è costruita su una topografia complessa e articolata, composta di parti dense, disposte su di un sistema collinare dove i forti salti altimetrici tra crinali e valli si risolvono solo in prossimità della Baixa e lungo la fascia urbana che si sviluppa sulla riva del Tejo. Topografia e densità degli isolati sono caratteri che si colgono a pieno solo dall’interno dello spazio urbano, mentre la percezione che si ha di Lisbona dall’acqua è diversa: la città appare sicuramente più distesa e,

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dilatandosi sulla linea orizzontale, arretra rispetto al Tejo lasciando che siano le infrastrutture portuali e le reti viarie a dominare la scena e i rapporti spaziali lungo il fiume.

Storicamente Lisbona ha subito notevoli rinnovamenti urbani dopo le distruzioni provocate dalle calamità naturali. In particolare dopo il terremoto del 1755 il quartiere Baixa fu ricostruito sulla base di una griglia rettangolare di isolati inseriti e uniti al vecchio tessuto urbano, secondo una visione urbanistica post-illuminista.

Alla fine dell’Ottocento la ferrovia ha diviso le aree sul lungofiume in frammenti e le attività industriali, che hanno creato molti posti di lavoro, si sono ampliate e hanno definito un nuovo fronte sul fiume.Negli ultimi decenni il degrado e la povertà hanno di nuovo cambiato faccia all’area: parte degli edifici rappresentano ancora la raffinatezza e potenza del disegno industriale degli anni Cinquanta, Sessanta e Settanta e per questi sono stati elaborati progetti di riuso a contenuto pubblico.

Nel 1988, in seguito all’incendio che distrusse gran parte del centro storico, Álvaro Siza organizzò i lavori di ricostruzione adottando un approccio radicale: insieme a una sottile e a volte invisibile ricostruzione del tessuto urbano, introdusse un rilevante spazio commerciale e nuove

infrastrutture di trasporto. Esempi come questo hanno dato forma allo sviluppo di appropriati interventi urbani contemporanei. Le strategie proposte dall’amministrazione cittadina per riqualificare tutto il fronte ribeirinho si propongono di estendere la vita della zona centrale della città fino alla fascia di terra lungo il Tejo e tendono a: promuovere nuove strutture pubbliche legate alla vita culturale e ricreativa, realizzare nuove connessioni pedonali trasversali con il tessuto urbano, riorganizzare la mobilità favorendo i mezzi di trasporto leggeri e pubblici. Lisbona lavora su queste tematiche da anni e ha incluso il Tejo nella sua strategia di sviluppo, come è ben visibile per il rinnovamento del suo lungofiume di Belém e Alcântara, ma soprattutto sull’asse orientale, dove fu realizzato EXPO 98, posteriormente trasformato in un nuovo centro attrattivo. L’obiettivo viene raggiunto a volte eliminando le vecchie strutture portuali, a volte riutilizzandole - come nei casi della LX Factory o del Museu da eletricidade, antica centrale termoelettrica - proponendo edifici con funzioni specifiche per innescare la rivitalizzazione della costa. Mantenendo questo fine comune molte realtà sono tutt’oggi in trasformazione: grandi vuoti urbani affacciati sull’acqua, con superfici e infrastrutture portuali-industriali in parte dismesse, delimitati spesso da una strada e dalla ferrovia, che impediscono l’accesso al fiume.

Nell’area di Belém, monumentale e dal tessuto omogeneo a livello funzionale, emerge il Centro Cultural de Belém, progetto del 1988 da Vittorio Gregotti e Manuel Salgado. La zona, che ha alcuni dei più importanti edifici del patrimonio portoghese, come il Mosteiro dos Jeronimos del XVI secolo, si affaccia sul fiume ed è un simbolo della rinascita architettonica, economica e politica di Lisbona.

L’area più vicina alla base del ponte ha assistito più di altre al declino dell’industria navale,

lasciando una forte traccia di abbandono. Nel 1994 fu elaborato un piano strategico con l’intento di rigenerare queste frammentate zone post industriali vicine al centro storico. Questo tratto del vecchio porto si è gradualmente sviluppato in un luogo culturale e commerciale, e oggi rimane la base di una piccola flotta di pesca e alcune imbarcazioni da diporto. Gli edifici abbandonati e

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cadenti della vecchia darsena, documenti del passato industriale di Lisbona, sono stati rimodellati per essere impiegati nella vita commerciale della città. Rientrarono nel piano del governo di togliere e ricollocare i bar e la vita notturna del Bairro Alto. Il piano riuscì parzialmente: non tolse i locali dal Bairro, ma permise ai nuovi di essere fra i primi a beneficiare della rigenerazione in atto. I bar si inseriscono in una suggestiva serie di semplici forme archetipiche, ognuna identificabile per il suo simmetrico tetto a due falde: di solito la struttura rimane la stessa e gli interni sono costruiti con materiali industriali, ricordo dei vecchi magazzini. Come molti bar di Lisbona, forme e materiali sono caratterizzati dalla mancanza di dettagli.

Il ’98 fu l’anno dell’Expo, ispirata al mare, agli oceani e alla scoperta: composta da costruzioni temporanee o permanenti, spazi pubblici e paesaggio urbano, opere d’arte, attrezzature e

infrastrutture. Alcune di queste, destinate a ospitare e a servire le mostre per quattro mesi, hanno prolungato la loro vita come elementi e parti nuove della città in due forme distinte: restando al loro posto con altre funzioni o subendo una metamorfosi, spinta fino alla completa sostituzione. Il mantenimento dell’edificio del Padiglione del Portogallo ha trovato una buona ragione: questo era “in un certo senso l’unico edificio pubblico dell’Expo, un frammento di una parte di città più

estesa che gli si potrebbe costruire intorno. Con le sue parti diverse e con le sue appendici, esso proietta regole di relazione e di insediamento anche a grande distanza. Il padiglione, alla grande scala, con lo spazio che passa sotto la tenda della piazza cerimoniale, fino alla doca, è diventato il terzo affaccio della città sulla costa insieme a Belém e al Terreiro do Paço. […] il Padiglione della Conoscenza dei Mari, una scultura a scala urbana che invoca intorno a sé una città bassa e compatta, così da rendere misteriosa e rara la sua corte, mentre il volume verticale potrebbe entrare in una silenziosa relazione con altre torri lontane. […] Poi ci sono le opere d’insieme, i connettivi […]“ Negli spazi pubblici “si addensa una grande forza organizzativa, soprattutto a partire dalla passeggiata del lungomare, che si avvale della resistenza di una lunga linea di costa, grande opera marittima costruita negli anni Quaranta. E poi c’è la vegetazione. A rafforzare lo straordinario materiale urbano della costa concorrono i giardini Garcia de Orta. […]” Collovà Roberto, Lisbona 1998 - Expo, Testo & Immagine (collana Universale di architettura), 1998

2.3 | STORIA E SVILUPPO DELLA CITTÀ DI ALMADA

La regione dove oggi è situata la città di Almada si trova nella penisola di Setubal, in una zona di terre fertili e in una posizione strategica fra i margini di un fiume imponente, lungo una scogliera fossile che la difende per la sua natura. Almada fa da cerniera tra i due margini del Tejo e la sua presenza, in quanto elemento di articolazione e mediazione fra il sud del paese e la capitale, è sempre stato motivo della sovrapposizione di varie realtà umane, economiche e culturali, che si sono fissate nel corso del tempo lungo i territori limitrofi. La presenza di Lisbona nella prossimità immediata potenziò lo sviluppo delle relazioni economiche con questa “altra sponda”, la quale, possedendo terreni fertili, servì da magazzino per le sue necessità alimentari. La popolazione si distribuì in piccoli nuclei - Almada Velha, Pragal, Cacilhas, Cova da Piedade, Mutela e Caramujo/ Romeira - circondati da una serie di “quintas” finalizzate ad attività agricole. Il fiume costituì, con le sue spiagge fluviali, un fuoco d’attrazione per le estati delle famiglie nobili e eccezionalmente,

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servì da rifugio quando ciclicamente la città di Lisbona veniva colpita dalla peste. Il taglio della linea della costa, riparata dai venti e favorevole all’ormeggio delle imbarcazioni, è stato decisivo per lo sfruttamento delle risorse della pesca e attività connesse, così come per l’insediamento di un insieme di unità industriali sui suoi margini, con una propria banchina o un facile accesso. Almada si sviluppa su terreni dell’Era Miocenica, con un’età assoluta che varia fra i 18 milioni di anni alla base del declivio, vicino al fiume, e i 10 nella valle di Cova da Piedade. In cima al Monte Pragal, dove si trova il monumento del Cristo Rei, la roccia ha un’età di circa 15 milioni di anni. Sul versante Sud la città si è sviluppata su una pendenza leggera, risultato dell’erosione fluviale del Tejo su una struttura geologica preesistente. Invece il costone è brusco e ripido sul lato Nord: lungo l’argine di Ginjal è evidente la sequenza delle sedimentazioni che costituiscono la costa di Almada, fondamentalmente formata da arenarie fini di natura fossile.

Nella città si sovrappongono una storia lontana e recente: questo avviene nelle sue strade, nella sua architettura e nella memoria locale. Lo spazio geologico di tempi antichi si è riempito di vita e di nuovi usi, trasformato dall’uomo nel corso dei secoli.

Nella parte di Ginjal, alla base della scarpata orientata a Nord, è evidente che la città si è

installata e modellata a seconda del contesto geomorfologico, che ha quindi favorito il lato Sud, soleggiato e accogliente. Qui la popolazione ha trovato condizioni per una crescita strategica e protetta, dal punto di vista climatico e della difesa dai nemici, grazie al forte pendio presente dall’altra parte.

L’occupazione del territorio di Almada segue da vicino le tappe principali verificatesi nel Paese per la costituzione della popolazione residente portoghese. Ricerche archeologiche e storiche testimoniano un’importante presenza umana che si mantiene senza interruzioni a partire dal Paleolitico, 5000 anni fa.

L’origine del toponimo di Almada è stata oggetto di numerose riflessioni: potrebbe avere origine araba ed essere relazionata alla parola “mina” (miniera), associata all’esplorazione aurifera che si sviluppò sul margine del Tejo; oppure avere una genesi più antica nell’ebraico Ma’aden o Ma’eden (piacere, diletto, dell’Eden), associato a “rio do Eden” per i primi commercianti fenici che, nel VIII a.C. si sono rivolti verso questo estuario, con le sue pianure che lo delimitavano a Sud.

Le conoscenze circa l’occupazione di Almada da parte dell’uomo e, prima di tutto, di Cacilhas, risale all’età del Ferro (VII sec. a.C.), periodo di inizio delle grandi esplorazioni, grazie alle

abbondanti risorse naturali e la sempre più facile navigazione fluviale. Il luogo fu occupato anche dai Fenici e lo spostamento verso questa terra si intensificò in epoca romana, quando Almada fu inserita nel processo di espansione “industriale” che si stava verificando in tutta la zona

dell’estuario del Tejo.

La vita di questa città riflette momenti decisivi della storia del Portogallo: sottratta agli arabi nel 1147, da D. Afonso Henriques dopo l’assedio di Lisbona, e consegnata nel 1186 da D. Sancho I all’Ordine di Santiago, che ne assicurò la sua difesa. Passato questo periodo tormentato, la Carta di Almada del 1190 mirò a creare condizioni favorevoli a mantenere una popolazione residente e stabile.

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I confini di Almada, racchiudono una regione agricola famosa per i suoi vini, cereali e frutti. La qualità dell’acqua e dell’aria contribuirono a farla diventare meta dell’aristocrazia, che qui faceva costruire le proprie case vacanze, alcune ancora esistenti. Delimitata a Nord dal costone, la città crebbe verso ovest occupando, a partire dal XIX secolo i terreni agricoli circostanti.

Localizzata sul margine del fiume, di fronte alla capitale, Ginjal in particolare ma in generale tutta la costa, è un luogo privilegiato per l’installazione di industrie e magazzini, che risalgono al

periodo di espansione portoghese. Questi testimoniano che Almada partecipò alle prime prove di industrializzazione portoghese, rinforzando la sua posizione nel mercato nazionale e

internazionale. Questo processo fu affiancato e agevolato dall’attività agricola regionale, caratterizzata, nel XIX secolo, da un ruolo di primo piano delle vigne.

A partire dalla rivoluzione industriale il settore primario, che costituiva la struttura economica del comune (agricoltura, silvicultura, allevamento, pesca) finora basata sull’attività manifatturiera, fu sostituito dall’uso delle macchine. Con il declino dell’agricoltura e, principalmente, delle vigne la regione di Almada rinforzò ulteriormente il settore industriale e produttivo. Parallelamente alle grandi alterazioni delle attività lavorative si assiste al rafforzamento del commercio di esportazione (come il vino in Brasile e Africa), allo sviluppo di alcune botteghe (come quella dei bottai) e

all’aumento dei magazzini (vino, aceto, olio) che erano ancora legati al commercio agricolo della regione.

Il processo di industrializzazione segnò l’inizio di una nuova fase di questo territorio: il paesaggio di Almada cessò gradualmente di essere dominato da campagne, che vennero sostituite da nuclei industriali (a partire soprattutto dalla seconda metà del XIX secolo e la prima del XX) e urbani. Ponendosi come una zona strategica in relazione alla distribuzione e alla vendita dei prodotti, si sentì la necessità di collocare dei moli, definendo un nuovo disegno della linea della costa. I magazzini e le officine installate vicino al margine del fiume (a Cachilhas, Ginjal, Olho de Boi e Arealva) contribuirono a una nuova dinamica di sviluppo di Almada. Con queste e con

l’introduzione della macchina a vapore, si registrò una crescita demografica e urbana del Comune, costituito principalmente da operai provenienti da tutto il paese. Nella seconda metà del XIX secolo Almada faceva parte di una rete industriale nazionale di cui costituiva uno dei centri più importanti, anche per quanto riguarda gli indici di occupazione che ha determinato. Persone provenienti da tutto il paese influenzarono lo sviluppo di attività sociali che lasciarono il segno, come la creazione di società legate alla cultura e al tempo libero.

Dal Tejo sono arrivati e partiti uomini e barche, oro e sughero: il porto di Cacilhas era l’arrivo obbligatorio e, proseguendo lungo il molo, magazzini, fabbriche e botteghe davano lavoro agli abitanti e possibilità di sviluppo al paese. Incoraggiati così i flussi migratori, questi portarono alla nascita di collettività, autorità, associazioni professionali, solidarietà sociale e cooperative, che marcarono profondamente il carattere urbano di Almada.

Nel 1926 Almada, con una popolazione di 18 mila abitanti, e altri comuni furono separati dal punto di vista amministrativo dal Distretto di Lisbona, passando ad essere di pertinenza del Distretto di Setubal. Secondo alcuni questo avvenimento rinforzò metaforicamente la frontiera naturale che già rappresentava il fiume, e danneggiò ulteriormente il dialogo fra le due città.

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2.4 | STRATEGIA TERRITORIALE: UN NUOVO NODO DI CONNESSIONE FRA LE DUE COSTE

Come si è detto la città di Almada ha caratteristiche dal punto di vista geografico o localizzativo eccezionali, che hanno favorito un utilizzo per fini legati allo svago e al tempo libero. Essa è vicina da una parte alla città di Lisbona e dall’altra alle spiagge di Sesimbra, Portinho da Arrábida e alla Serra da Arrábida; inoltre è inquadrata nell’area protetta della Costa da Caparica che comprende 25 km di una spiaggia che è importante meta turistica soprattutto d’estate. Estese aree boschive e agricole costituiscono un complemento paesaggistico e implementano lo stabilimento delle residenze per le vacanze: attualmente circa il 70% dei nuclei esistenti nella frazione della Costa da Caparica è destinato a questo fine. Un altro aspetto importante nello sviluppo del turismo

balneare di quest’area è stato il degrado ambientale delle spiagge della Linha do Estoril, all’inizio degli anni ’80, che ha spinto gli abitanti di Lisbona sull’altro margine del fiume.

Almada, nel contesto regionale (la regione di Almada), rappresenta un polo significativo,

generatore di flussi importanti. Sono stati analizzati i diversi tipi di motivazioni: l’acquisto di diversi prodotti, attività ludiche, ristorazione, passeggiate. Quindi si può affermare che Almada attrae non solo i suoi residenti ma anche le popolazioni vicine, dimostrando una relazione molto forte con tutte le realtà che la circondano. Sul versante turistico Almada ha dalla sua parte la presenza del Santuario del Cristo Re, la cui statua, inaugurata nel 1959, è la più grande di cemento in Europa, con i suoi 110 metri d’altezza. Secondo l’amministrazione del Santuario, questo è visitato in media da un milione di persone all’anno e la maggior parte non conosce il centro storico di Almada. Le principali agenzie di turismo di Lisbona includono nei loro tour la visita al Santuario, provando che è un fattore strategico per l’attrazione di visitatori.

Partendo dal presupposto che la diversità dell’offerta turistica è sempre un fattore positivo, anche la vicinanza tra le spiagge atlantiche e Almada Velha può generare una certa sinergia in una prospettiva di complementarietà. Questo fronte atlantico d’estate è la località turistica della zona responsabile per l’attrazione del maggior numero di visitatori. Questi flussi hanno carattere stagionale e sono basati su spostamenti di tipo pendolare, da un lato per la presenza di Lisbona che è la meta più importante della zona e in secondo luogo per la mancanza di alloggi di tipo turistico.

L’area studiata, divisa dal nucleo storico della città, presenta una sua specificità, rispetto al sito e alla situazione: Almada ha una relazione di forte prossimità e dipendenza con Lisbona,

rappresenta una centralità regionale, possiede punti strategici per attrarre visitatori e un fronte fluviale che costituisce un potenziale centro di attrazione turistica. Per la sua orografia, il lungofiume si afferma come un affaccio privilegiato sul margine opposto. In aggiunta a questi fattori favorevoli a una riabilitazione urbana e allo sviluppo di attività di svago e tempo libero, la città è anche bagnata dal fiume Tejo, risorsa che possiede un valore aggiunto innegabile, dal punto di vista attrattivo e della vivibilità.

La strategia a scala territoriale è di creare fra i due margini del fiume due diversi tipi di

connessioni: una fisica e reale, l’altra visiva e basata sulla specularità di alcuni aspetti e elementi. L’idea che il tessuto della costa si apra in punti specifici e crei affacci significativi e che la

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morfologia del costruito generi un percorso continuo che connette gli spazi pubblici, permetterebbe di riproporre sul margine Sud la dinamicità di quello opposto.

Parliamo invece di una connessione concreta introducendo, in uno dei diversi punti di attracco che disegnano la linea della banchina, una nuova stazione fluviale. Questa nello specifico occupa un edificio della vecchia Companhia Portuguesa de Pescas nel tratto di costa di Olho de Boi, e ritaglia la piattaforma di cemento costruita negli anni ’20, in seguito alla necessità della

compagnia di espandere i propri magazzini, creando una darsena.

La nuova stazione determinerebbe una tratta aggiuntiva, Belém - Olho de Boi, che collega le due sponde e si aggiunge a quella già presente da Cais de Sodrè a Cacilhas, andando a generare un circuito fra Almada e Lisbona che è dato dai percorsi lungo le coste e le connessioni fra le due.

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_ IL LITORALE ALMADENSE

3.1 | STORIA E SVILUPPO DEL FRONTE RIBEIRINHO

Il fronte fluviale di Almada si caratterizza per un costruito che si inserisce tra il declivio e il fiume, con differenti intensità, dalla linearità imposta al percorso e la rigorosa invariabilità altimetrica, dalla forte relazione visuale con il livello dell’acqua e una percezione unitaria di Lisbona, dal degrado del tessuto del costruito, interiorizzato come carattere del luogo, dalle condizioni di comfort bio-climatico durante tutto l’anno, dalla combinazione tra la luce riflessa sul piano dell’acqua e il regime dei venti. 

_ Cais de Ginjal

Si fa riferimento a Cacilhas come a uno dei luoghi più antichi della “outra banda”: grazie alla sua privilegiata posizione geografica è sempre stata considerata il migliore porto naturale della regione di Almada. A partire dal XIX secolo, Cacilhas fu il luogo attraverso cui Almada si inserì nel processo di espansione “industriale” che si stava verificando in tutta la zona dell’estuario del Tejo e la sua funzione di porto di riferimento per i trasporti fluviali fra i due margini favorì

l’insediamento delle primissime unità di produzione. Cacilhas è stata, nel tempo, uno dei luoghi col maggiore movimento d’imbarcazioni per il trasporto di merci e persone.

Attualmente, per la presenza della tratta fluviale da Cais de Sodré e una stazione di autobus ben funzionante, continua ad essere un importante nodo di collegamento con la capitale ed è inserito nella rete di comunicazione di tutto il margine sinistro del Tejo. Inoltre sulla piazza Largo Alfredo Diniz si affacciano diversi servizi di ristorazione ed è da qui che si dirama la via principale della città, che sale lungo il colle verso i suoi nuclei più antichi.

Cais de Ginjal è il nome dato a tutta l’estensione della banchina fra la stazione di Cacilhas e i magazzini situati vicino alle scale e all’elevador di Boca do Vento, che danno accesso ad Almada Velha. Oggi molto conosciuta dagli abitanti di Lisbona e dai turisti per i suoi ristoranti, l’area cominciò ad animarsi nel XVIII secolo per l’installazione lungo il fiume di diverse botteghe, fabbriche e magazzini: in particolare per la lavorazione del sughero e per la costruzione e

riparazione navale, una fabbrica di conserve, un’impresa di recupero della latta, una cooperativa di fabbricatori di botti, stabilimenti connessi alla pesca del baccalà come magazzini di esche, strutture frigorifere per la conservazione dei prodotti d’appoggio alle navi da pesca, una fabbrica per l’olio di fegato del baccalà; ma nel secolo passato furono soprattutto le cantine per il vino ad occupare la buona parte dell’area. La banchina è quindi conseguenza dell’ampliamento degli edifici che, appoggiati alla scarpata, si potevano espandere solo verso il fiume. Costituendo, assieme a Cova da Piedade, uno dei centri economici più attivi della città, Ginjal andò perdendo d’importanza a metà del XX secolo, a causa di un insieme di fattori economici, come il declino delle attività artigianali, la fine delle campagne di pesca del baccalà e la scomparsa del

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Nessuno dei fabbricati industriali è oggi in attività. Sono ancora riconoscibili costruzioni antiche del XVII secolo, parte del molo in muratura del XVIII secolo e numerosi accrescimenti e alterazioni avvenute in seguito.

Ginjal è una zona dalla tipologia architettonica ben definita in cui predominano edifici di uno o due piani. Prevalendo la necessità di rendere funzionali gli spazi, il risultato è un insieme di costruzioni semplici, la cui omogeneità è ancora oggi riconoscibile.

Cubal, inserito nel tratto di costa di Cais de Ginjal, era il porto più esteso di Almada. La

morfologia del luogo favoriva un buon riparo contro il maltempo e probabilmente già nel XVIII secolo poteva ospitare cinquanta imbarcazioni impegnate principalmente nella pesca e nel

trasporto di persone e merci. Qui nel 1864 si installò il cantiere navale Hugo Parry che ebbe molto successo: sua è l’ampia parete di contenimento in calcestruzzo incastrata nel declivio in forma semi-circolare che interrompe per circa 100 metri la scarpata. Questa sfruttava la pendenza

naturale del declivio per l’installazione di binari sui quali, una volta portata a termine la riparazione delle imbarcazioni, esse potevano raggiungere facilmente l’acqua. La sua parete di calcestruzzo alta circa 40 metri, lascia un forte segno dell’azione dell’uomo nel paesaggio. Per la sua grande scala è ben visibile e si presenta come un enorme scavo dalla forma precisa, inserita in un contesto naturale con cui è in netto contrasto.

In cima alla parete di Cubal si estende una fascia di terreno dove fu identificato nel 1986 uno dei più importanti siti archeologici della zona. Si tratta del sito di Almaraz, dove gli scavi danno prova di due momenti di occupazione distinti: una da parte di popolazioni indigene dell’Età del Bronzo (VIII secolo a.C.) e più tardi di una base commerciale fenicia (VII-VI secolo a.C.). Attraverso questo luogo passavano commercianti e prodotti del bacino del Mediterraneo, soprattutto ceramiche, tessuti, armi e prodotti esotici: questi scambi hanno sicuramente accelerato la produzione nella regione di diversi beni, tra cui sale, pesce, olio, vino, cereali, ma anche metalli. L’area fu una di quelle proposte nella sesta edizione del concorso Europan e, tra tutte, ottenne il maggior numero di candidature. Questo dimostra la potenzialità della zona e l’attrattiva che essa suscita, per la posizione paesaggistica e l’elevato valore patrimoniale.

_ Fonte da Pipa

Il tratto di costa compreso tra Ginjal e Olho de Boi è chiamato Fonte da Pipa. Si pensa che nel XVII secolo, quando il luogo ospitava un porto, il nome indicasse tutta la tratta che includeva la spiaggia fino ad Arealva, dove era eretto il Forte di Fonte da Pipa. Il nome è legato alla fonte esistente nel luogo e alla modalità di trasporto dell’acqua in botti (pipas) di legno. L’acqua di questa fonte, oltre all’approvvigionamento degli abitanti della città, era a servizio delle navi che approdavano a Lisbona e alimentava un lavatoio pubblico. La fonte monumentale, costruita nel 1736, si poteva vedere da Lisbona e probabilmente faceva parte del piano politico del monarca che ordinò la costruzione dell’acquedotto di Lisbona (Aqueduto das Aguas Livres).

Alla fine di Cais do Ginjal esisteva una fonte di acqua dolce che sgorgava vicino alla spiaggia. Il nome “Praia das lavadeiras” nasce dal fatto che lì le donne usavano lavare i vestiti, fino agli anni

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’60, quando la fonte si seccò. Questo tratto della banchina si caratterizzò più di altri per il legame della città con l’acqua: infatti dopo i primi magazzini di vino e olio e gli spazi di lavorazione del sughero, sorti tra il XVIII e XIX secolo, si installarono, a partire dagli anni ’30 del XX secolo, attività dedicate alla costruzione e riparazione navale, al trasporto fluviale e alle campagne di pesca oltremare e varie altre imprese associate ad essa (Cooperativa dos Armadores da Pesca do Bacalhau, Sociedade Reparadora de Navios, Empresa Industrial do Frio, Copenave). Esse costituivano un polo di grande importanza nello sviluppo economico della zona, impiegando centinaia di operai. Ad incrementare questa continuità tra il fiume e le funzioni esercitate nel luogo, a partire dal 1975, caratterizzò per molti anni la costa il Clube Nautico da Almada.

L’associazione si installò in una parte degli antichi magazzini Theotonio Pereira, per poi spostarsi a Olho de Boi, in una parte degli edifici dell’estinta Companhia Portuguese de pesca. Oggi rimane l’edificio abbandonato, che ancora porta l’insegna del club nautico. In questo quadro di

abbandono, appena oltre la spiaggia, sorgono due ristoranti funzionanti: Atira-te ao Rio! e Ponto Final. Questi sono molto frequentati e rappresentano una delle poche reali attrazioni lungo la passeggiata.

Il progetto di recupero del nucleo storico di Almada Velha, che si proponeva di intervenire in diverse aree, ha incluso anche questa porzione di costa, in modo da contribuire alla riabilitazione e dinamizzazione del fronte ribeirinho. Nel giugno 2000 sono stati inaugurati il parco Jardim do Rio e l’elevador di Boca do Vento. L’elevador supera la scarpata, che in questo punto è quasi un muro verticale, e collega il livello del parco con la quota superiore del nucleo antico (circa 80 metri di dislivello). Qui troviamo il Miradouro di Boca do Vento e la Casa da Cerca, un palazzo del XVIII secolo. Il parco, esteso alla base della linea della scarpata e frutto di un progetto di

paesaggio attento ai diversi tipi di pavimentazione, all’arredo urbano e all’illuminazione, ha migliorato in modo significativo le condizioni di circolazione pedonale. Questo rappresenta l’aggiunta di un nuovo spazio vivibile nel fronte fluviale, però è solo un tassello non totalmente collegato alle restanti attrazioni del luogo.

Sopra all’imponente massa di roccia sono visibili i muri che delimitano la Quinta da Cerca. Il palazzo della Casa da Cerca è il più caratteristico esempio di architettura civile della città del XVII e XVIII secolo ed è classificato come Edificio di Interesse Pubblico dal 1996, dopo essere stato acquisito dalla Camera Municipale, che nel 1993 vi ha installato il Centro di Arte Contemporanea di Almada.

_ Olho de Boi

In tutta la parte inferiore della scogliera da Ginjal a Arealva c’erano numerose fonti naturali d’acqua, che a volte sono state agevolate con lo scavo di pozzi e di gallerie che ne facilitavano il drenaggio. Nel luogo chiamato Olho de Boi ne esisteva una. I vari pozzi e fonti si seccarono intorno agli anni ’60, fatto la cui responsabilità si pensa sia della ditta Lisnave: le opere di costruzione di quel cantiere navale infatti potrebbero aver danneggiato il livello freatico. In questa parte di costa fu installata una fabbrica di lana che fu una delle prime in Portogallo funzionante a energia a vapore. Fondata nel 1841, lasciò poi il posto a un’altra unità industriale

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del settore tessile che usava come materia prima il cotone. Qui lavoravano uomini, donne e bambini, operai organizzati in varie associazioni con un importante ruolo sociale nella città. Parte degli edifici sono entrati in possesso dell’impresa della Companhia Portuguesa de Pescas (CPP), che occupò il sito nel 1920. L’impresa ottenne lo spazio per installare le sue botteghe e magazzini modificando l’argine e spingendosi sul fiume con una piattaforma di cemento sorretta da pilastri. La CPP ha giocato un ruolo importante nello sviluppo industriale della zona, creando numerosi posti di lavoro per le popolazioni provenienti da diverse zone del paese. Oggi la sua unità industriale è disattiva ma parte delle strutture sono usate per fini diversi: si sono installati in questi spazi uno studio di architettura e la sede del Nucleo Navale del Museo Municipale di Almada.

Attraversata la vecchia sede della CPP, nel quartiere di Olho de Boi, si percorre una banchina che conduce a un cancello, entrata dell’antica Quinta da Arealva. Il nome “Arealva" indicava la zona fino a una spiaggia di sabbia bianca, di cui attualmente si vede solo una piccola frangia quando c’è la bassa marea. Documenti ufficiali provano la presenza passata di un forte in quel luogo, chiamato Forte di Fonte da Pipa. Ciò che si può rilevare ora della fortezza sono i resti di una costruzione del XVII secolo, probabilmente della stessa epoca dei forti di Trafaria e Cacilhas, confermando l’innegabile somiglianza costruttiva e l’identico impianto sul fiume, la stessa altezza e inclinazione della muraglia e lo stesso tipo di parapetto. Parte della costruzione è ben visibile dal fiume e si conservano in buono stato la muraglia e il parapetto, di cui si osservano circa 70 metri che corrono paralleli al fiume, 30 metri sul lato a est e 5 metri a ovest, formando un

rettangolo. Il forte fu abbandonato probabilmente alla fine del XVIII secolo, epoca in cui vennero costruiti diversi edifici alla base delle mura. Si pensa che questi contenessero forni destinati alla produzione di mattoni e tegole ed appartenessero inizialmente a un nobile irlandese esiliato. Fonti certe invece provano che nel 1760 proprietario della Quinta da Arealva era João O’Neill, che sviluppò un’attività di produzione e stoccaggio di vino. Una parte del complesso serviva certamente come residenza dei proprietari e inoltre, a causa della mancanza di accessibilità alla zona dalla restante parte di Almada, fu costruita una chiesa (Capela de João da Arealva), attualmente distrutta, destinata alla famiglia e a chiunque altro delle vicinanze. Questo rafforzò ulteriormente il carattere del luogo e del suo essere una “quinta”, che in portoghese significa “tenuta”, cioè un piccolo nucleo che racchiudeva differenti funzioni, formando una realtà a se stante legata in principio a un’attività produttiva, attorno a cui si generavano le altre. Il principio della struttura della quinta si avvicina molto a quella della fattoria. Nel 1813 alcuni di questi edifici diventarono proprietà della famiglia Palyart, di origine inglese e, a partire dall’inizio del XX secolo, la Quinta fu acquisita dalla Sociedade Vinicola Sul de Portugal, rivenditori di vino: in questo periodo si assiste a un’ulteriore ampliamento della proprietà, con un’espansione verso l’acqua. Il vino proveniva principalmente dalle regioni dei fiumi Douro, Dão e Minho e veniva conservato e affinato, arrivando ad avere riconoscimenti internazionali. Oggi, anche se dismessa e

abbandonata dagli anni ‘60, la Quinta appartiene ancora alla stessa società. Nonostante un grande incendio che ne distrusse buona parte e il vandalismo che va degradando poco a poco

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ciò che resta, è nota la presenza di alcuni elementi del patrimonio architettonico che devono essere documentati e preservati, come la struttura pre-pombalina della casa principale. Dal sito di Arealva un percorso carrabile circondato dalla vegetazione conduce al Santuario

Nacional do Cristo Rei, costruito in dieci anni, dal 1949 al 1959, durante la dittatura di António de Oliveira Salazar. Ispirato alla statua del Cristo Redentore di Rio de Janeiro, il monumento ha una base di cemento alta 75 metri che prende la forma di una porta e sopra di essa la statua del Cristo Re è alta 28 metri. Dall’alto del monumento, verso qualsiasi direzione si guardi, un immenso spazio si apre su differenti distanze. Verso ovest, avendo di fronte Lisbona, si vede l’estuario del fiume Tejo nel punto in cui si incontra col mare e la lunga costa fino alla punta di Caiscais, il forte di S. Jiulião a Barra, il faro di Bugio. Se da una parte è ben visibile il Tejo sfociare nell’Oceano, dall’altra parte si può vedere il tratto finale del fiume, un estuario interno chiamato “Mar da Palha”, che raggiunge circa 13 chilometri di larghezza.

Il monumento si innalza nel punto più alto della città e, vicino al Ponte 25 de Abril, determina una delle prospettive più conosciute del luogo e riconducibili alla città di Lisbona. Simbolo tra gli altri della capitale, il Santuario è sicuramente la maggiore, e quasi unica, attrazione turistica del margine Sud del Tejo.

3.2 | STATO DI ABBANDONO E DISCONTINUITÀ DEL TERRITORIO

Rianalizzando il fronte fluviale di Almada nella sua interezza è evidente che il suo costruito sia fatto quasi solo da rovine, che danno prova di una storia da molto tempo dimenticata. Solo ciò che è stato restaurato sopravvive, ma il processo graduale di declino avvenuto nel passato, oggi crea una situazione di abbandono, che peggiora costantemente.

Almada rappresenta un’unità funzionale indissociabile da Lisbona, come se facesse parte di essa, e il suo lungofiume ha potenzialità di fruizione evidenti, ma solo occasionalmente sfruttate. La tipologia architettonica, la cui origine risale a XVII e XVIII secolo, è ben definita, con edifici di uno o due piani e magazzini costruiti in modo elementare, forme omogenee e alti interpiani. L’accesso è libero e la passeggiata lungo il corridoio ribeirinho è suggestiva anche per la fatiscenza in cui versa tutto il luogo.

Nel tempo la crescita graduale della zona d’intervento, così come il suo declino repentino, sono stati responsabili di molti problemi a livello urbanistico. Nonostante il recupero che alcuni degli elementi di questo paesaggio fluviale hanno subito, l’occupazione per altri usi e la loro

riabilitazione, le rovine continuano a marcare profondamente il carattere del luogo. È così che prevale oggi uno stato di dismissione e abbandono, nonostante l’enorme valore storico e

l’elevato potenziale del luogo siano riconosciuti da tutti gli abitanti e le autorità competenti. Una delle conseguenze di questo abbandono è stata la rottura di un legame tra la zona sulla costa e il nucleo storico di Almada, che si deve in gran parte alla limitata accessibilità esistente: l’unico accesso che consente il collegamento diretto fra questi due punti (di larghezza limitata, per una sola automobile) è in uno stato iniziale di degrado. Inoltre, grazie alla sua vicinanza alla scarpata, questa via è esposta al rischio di frane. Di conseguenza, sia l’accesso difficoltoso che la mancanza

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di aree di sosta, contribuiscono alla situazione attuale di abbandono e sottoutilizzo, poiché banalmente per costruire è necessario l’impiego di veicoli.

Lo stato di degrado colpisce tutti gli elementi del luogo: non solo gli edifici ma anche la linea della costa, costituita dalla banchina, scale e rampe di accesso al mare, pontili e moli, dove tipo di struttura e materiale differiscono e si stratificano a seconda del periodo storico di costruzione. Segnano il carattere del paesaggio anche gli elementi lasciati dall’industria navale come gru e binari per carico e scarico che, oltre a una mancanza di manutenzione, sono soggetti alle più diverse condizioni climatiche e marittime. Le strade che legano la storia dei vari edifici

abbandonati sono costruite con diversi materiali, forme, colori e contribuiscono nel loro insieme a dare una lettura discontinua del territorio. Infine la mancanza di restauro e di illuminazione di questi spazi pubblici li ha resi non vissuti, scomodi e pericolosi.

3.3 | PROPOSTE FORMULATE PER L’AREA: EUROPAN 6 “IN BETWEEN CITIES”

Come si è detto il centro storico di Almada e il suo fronte ribeirinho hanno un’enorme necessità di interventi, sia di riabilitazione che di reinserimento urbano. Di questa problematica hanno

dibattuto la Camera Municipale di Almada e i suoi abitanti, generando diverse discussioni riguardo al futuro dell’area. Riabilitazione o rinnovamento? Che tipo di uso? Quali sono

programmi più adeguati? Nel tentativo di rispondere nel migliore dei modi a queste questioni, fu lanciato nel 2000-2001 un concorso dall’Europan (federazione europea che si dedica a questioni urbane e architettoniche, nella prospettiva di uno scambio di idee tra giovani professionisti in Europa). Il progetto scelto appartiene allo studio PPST Arquitectura Lda dell’architetto Samuel Torres de Carvalho ed è già stato approvato dalla Camera Municipale di Almada. Tuttavia

questioni burocratiche impediscono la concretizzazione di questa proposta, dato che i proprietari del 5% dei terreni della costa non ne concedono la vendita.

Il concorso aveva l’obiettivo di riattivare la città di Almada lavorando sul collegamento di tre punti storici della città (Quinta do Almaraz, la zona del castello di Almada Velha e Cais de Ginjal) al fine di creare un’identità unica e innovatrice nel contesto dell’Area Metropolitana di Lisbona. Con lo scopo di mantenere un’armonia spaziale e funzionale nella zona e di consolidare l’area, l’architetto Carvalho definì un programma che generava dinamiche principali e, compatibili e complementari a queste, altri usi associati per ogni punto di intervento.

Per la Quinta do Almaraz, l’idea è di creare un Centro di Interpretazione del sito archeologico, favorendo così una riabilitazione dello spazio pubblico e del patrimonio storico. Associato a quest’uso generatore si trovano un centro diurno della terza età, spazi destinati a servizi o commercio e abitazioni per giovani, con l’obiettivo di favorire la rigenerazione sociale e combattere l’invecchiamento della città. Parallelamente è previsto un trattamento dello spazio pubblico: piazze, spazi verdi e parcheggi.

Nel secondo punto, il Castello di Almada e la zona intorno, è destinato a ricevere servizi alberghieri che sfruttano la posizione geografica privilegiata vicino alla città di Lisbona. La

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