1.1 - L’infrastruttura ferroviaria: geometria e definizioni
Il rumore ferroviario analizzato in questo lavoro è principalmente causato dal contatto ruota-rotaia. Per analizzare i meccanismi di vibrazione degli elementi coinvolti è utile richiamare alcune definizioni di base sull’infrastruttura ferroviaria. In questo lavoro non saranno trattati gli aspetti plano-altimetrici di una linea, ma semplicemente richiamati quegli aspetti geometrici che concorrono all’analisi della generazione del rumore di rotolamento.
1.1.1 – La ferrovia
Una ferrovia (o strada ferrata) è un’infrastruttura di trasporto terrestre, caratterizzata dalla guida vincolata e idonea alla circolazione dei treni. In ogni ferrovia si distinguono gli impianti e la sede ferroviaria, a sua volta divisa in corpo stradale e sovrastruttura ferroviaria. Del corpo stradale fanno parte:
rilevati e trincee ponti e viadotti gallerie
stazioni e fabbricati
Un ponte di ferro, una galleria o un tratto di ferrovia in trincea sono evidentemente elementi determinanti nel valutare il rumore complessivo generato dal passaggio di un treno; tuttavia questo lavoro, come vedremo in seguito, sarà focalizzato sul rumore prodotto dalla vibrazione della rotaia o della ruota, derivante dal contatto di rotolamento ruota-rotaia.
Per questo motivo è importante richiamare le definizioni che si riferiscono alla sovrastruttura ferroviaria, che rappresenta l’insieme dell’armamento e di tutte le apparecchiature di linea strumentali all’esercizio ferroviario (trazione elettrica, segnalamento, ecc…).
Fig. 1 – Bivio Rovezzano (FI); uno dei tratti ferroviari oggetto di misure
1.1.2 – L’armamento ferroviario
Si definisce armamento ferroviario l’insieme della massicciata (o ballast) e del binario. La massicciata è sempre presente nelle linee ferroviarie di tipo classico, mentre può essere sostituita da un binario senza massicciata nelle linee di tipo innovativo. L’armamento è elemento condizionante per le prestazioni della linea ferroviaria.
Un armamento viene definito leggero quando le rotaie sono di bassa massa per metro lineare e con traverse distanti più di 60 cm l’una dall’altro; tale armamento è quello solitamente impiegato per le tranvie e per le ferrovie secondarie o a scartamento ridotto. Viene invece definito armamento pesante quello adatto al transito di carichi assiali elevati o per alta velocità. In genere oggi è considerato armamento pesante quello di tipo 60 UNI 3141 con traverse ogni 60 cm e fabbricate in calcestruzzo armato precompresso.
1.1.3 – La massicciata (o ballast)
La massicciata è uno strato di pietrisco che viene interposto tra corpo stradale e binario con varie finalità:
ripartire i carichi verticali sul piano di sottofondo del piano stradale
consentire la realizzazione ed il mantenimento delle condizioni geometriche del binario assorbire gli sforzi (verticali e trasversali) indotti dalla circolazione dei treni
assorbire gli sforzi longitudinali dovuti al fenomeno della dilatazione termica realizzare un filtro tra binario e ambiente nei confronti dei fenomeni vibrazionali
Il materiale costituente la massicciata deve essere tenace, compatto e senza cavità; deve possedere buona resistenza alla compressione, al gelo e alla frammentazione (coefficiente Los Angeles); deve essere esente da fibre di amianto; deve inoltre possedere una forma spigolosa per favorire l’ingranamento delle pietre ed evitare cedimenti. Tutte le caratteristiche e la classificazione del pietrisco per massicciate ferroviarie sono stabilite dalla norma UNI EN 13450, che fornisce inoltre indicazioni per la redazione della dichiarazione di conformità CE. La sezione tipica di una massicciata ha forma trapezoidale ed è costituita dalle seguenti parti:
cassonetto, che è la parte in cui sono annegate le traverse
unghiatura, che è la parte a sezione triangolare della massicciata ciglio della massicciata, l’uno o l’altro degli spigoli superiori
piede dell’unghiatura, l’uno o l’altro degli spigoli tra unghiatura e banchina pedonale
Fig. 2 – Esempio di sezione della massicciata per linee a doppio binario
1.1.4 – Il binario
Il binario è l’elemento basilare nella costruzione di linee ferroviarie e tranviarie: serve per realizzare sistemi di trasporto a guida vincolata (STGV). Il binario è costituito dall’insieme delle due rotaie, delle traverse, dei sistemi di collegamento rotaia-traversa e dei sistemi di collegamento tra rotaie. Un binario non è contraddistinto solamente dalle caratteristiche dei suoi singoli elementi, ma anche per il modo secondo il quale questi ultimi sono montati e cioè per quelle che sono le sue caratteristiche geometriche:
il numero e distribuzione degli appoggi la distribuzione delle giunzioni tra le rotaie lo scartamento
Per scartamento ferroviario si definisce la distanza intercorrente tra i lembi interni del fungo delle due rotaie di un binario, misurata 14 mm al di sotto del piano del ferro (piano tangente all’estradosso delle rotaie). Nonostante il gran numero di scartamenti, la maggior parte delle ferrovie usa quello “normale” (circa il 56% dei km), che corrisponde a 1435 millimetri (4 piedi e 8½ pollici – scartamento Stephenson).
Fig. 3 – Classico binario ferroviario posato sulla massicciata: l’insieme costituisce l’armamento
1.1.5 - La rotaia
La rotaia è l’organo di sostegno e di guida per i veicoli ferroviari; è costituita da un profilato in acciaio di caratteristiche geometriche e meccaniche unificate. La configurazione attuale è quella “a fungo e suola” e fu introdotta in Francia nel 1830 dall’ing. Vignoles, da cui ha preso il nome. Storicamente le rotaie sono caratterizzate dal peso (in kgp) per unità di lunghezza
(m). I principali elementi della rotaia sono:
il fungo, la parte superiore della rotaia
la superficie di rotolamento (o tavoletta di corsa) cioè la superficie del fungo a diretto contatto con la ruota ferroviaria
il gambo, la parte verticale della rotaia che collega il fungo alla suola, sede eventuale delle forature per la giunzione di due rotaie consecutive
la suola: l’elemento di appoggio (diretto o indiretto) della rotaia sulla traversa
piani di steccatura: le facce inclinate che raccordano rispettivamente il fungo e la suola al gambo
Fig. 4 – Nomenclatura di base della rotaia
Fino agli inizi del Novecento le rotaie, in ferro, si deformavano con relativa facilità e difficilmente potevano reggere velocità superiori ai 100 km/h. Con l’utilizzo di acciai sempre migliori (valori di resistenza meccanica fino a 1250 MPa), oggi si possono avere armamenti speciali in grado di supportare anche velocità oltre 500 km/h e con treni piuttosto pesanti. A seconda della destinazione d’uso dei binari, cambiano i tipi di acciaio di cui sono fatte le rotaie che lo compongono e le loro dimensioni; conseguentemente varia anche il peso massimo ammesso dei mezzi in transito e la velocità massima ammissibile. In Italia la produzione di rotaie è oggi effettuata totalmente nello stabilimento siderurgico di Piombino (Lucchini SpA), dove entrano le materie prime ed escono rotaie e materiale per la produzione di scambi ferroviari e tranviari. Le rotaie sono fabbricate in lunghezze diverse:
21 UNI: 12 m;
7 UNI, 30 UNI e 36 UNI: 12, 15, 18 m; 46 UNI e 50 UNI: 12, 18, 36 m;
60 UNI: 36, 48 m.
Fig. 5 – Dimensioni fondamentali della rotaia e tabella dei vari armamenti oggi in uso
1.1.6 – Le traverse
Si definisce traversa (o traversina) l’elemento prismatico trasversale che collega le due rotaie di un binario. La sezione delle traverse può appartenere, in funzione delle proprie dimensioni, a sette gruppi e, a seconda della forma, a tre categorie. L’interasse delle traverse costituisce il modulo (o passo, o spartito) e caratterizza il comportamento del telaio del binario, condizionando il trasferimento delle forze verticali e quindi i cedimenti. In passato si utilizzavano moduli di 75 cm, oggi la gran parte della rete adotta un modulo di 60 cm sia per linee tradizionali sia AV/AC.
Le traverse svolgono la funzione di:
ripartire sulla massicciata le sollecitazioni indotte dalla circolazione dei treni
ancoraggio del binario alla massicciata in presenza delle azioni indotte dalle variazioni di temperatura e dalle accelerazioni e decelerazioni dei convogli
garantire lo scartamento
Per le lunghe rotaie saldate (LRS), l’immobilità del binario, in presenza di elevati gradienti di temperatura, è garantita dall’ammorsamento delle traverse nel pietrisco. I materiali costituenti le traverse attualmente in uso sono il legno ed il cemento armato precompresso (CAP).
Fig. 6 – Resistenza trasversale di traversine di diverso materiale e composizione
L’impiego delle traverse in cemento armato (monoblocco o biblocco) presenta i seguenti vantaggi rispetto a quelle in legno:
grande stabilità dell’armamento ferroviario dovuta al peso del calcestruzzo sensibilmente più elevato di quello del legno (a titolo d’esempio, si osserva che un binario armato con rotaie UIC 60, montate su traverse in legno, ha un peso per metro di circa 250 kg, mentre lo stesso binario montato su traverse in cemento armato ha un peso di ben 600 kg/m) elevata inerzia nei confronti delle sollecitazioni verticali prodotte dal passaggio dei carichi
mobili
ridotta attività di manutenzione
possibilità di armare gli ancoraggi delle rotaie in officina, garantendo in tal modo un accurato rispetto dello scartamento
riduzione del tempo di produzione
Per contro, l’utilizzo delle traversine in CAP presenta i seguenti svantaggi: impossibilità di recupero degli elementi usurati
necessità di ricorrere a particolari provvedimenti per isolare le rotaie tra loro e la terra nel caso di trazione elettrica
traverse poco durevoli in situazioni climatiche difficili (inverni molto rigidi)
Fig. 7 – Traverse classiche in CAP con attacchi premontati di tipo elastico per rotaie UNI 60
1.1.7 – Gli attacchi
Gli attacchi (o organi di attacco) sono un insieme di elementi atti ad assicurare: l’ancoraggio della rotaia alla traversa (trasferendo a questa gli sforzi verticali)
una corretta posizione trasversale e longitudinale (serraggio idoneo ad evitare movimenti relativi tra rotaia e traversa)
l’isolamento elettrico (se necessario)
L’organo d’attacco può essere:
diretto: se l’organo di collegamento fra rotaia e traversa garantisce anche la posizione della rotaia (applicato su traverse in legno ed ormai in disuso)
indiretto: la funzione di collegamento rotaia/traversa è separata da quella di assicurare la posizione della rotaia (è oggi il tipo più diffuso, sia per traverse in legno, che per quelle in CAP)
A sua volta la rotaia può essere posta in opera con posa diretta (se poggia direttamente sulla traversa) o con posa indiretta (se tra rotaia e traversa è interposta una piastra d’acciaio con lo scopo di meglio ripartire i carichi).
Tra gli organi di attacco e la traversa è normalmente presente anche una soletta elastica (pad) con doppia funzione di smorzare ulteriormente le vibrazioni trasmesse al terreno, e dunque ridurre il rumore.
Fig. 8 – Posa diretta, attacco diretto
Fig. 9 – Posa indiretta, attacco diretto
Fig. 10 – Posa indiretta, attacco indiretto
Figg. 11 e 12 – Esempi di attacchi elastici (Pandrol e Vossloh)
1.1.8 – I giunti
Il metodo più semplice (molto usato in passato) per giuntare due testate di rotaia prevede l’uso di piastre metalliche con quattro fori, dette stecche di giunzione, poste a coppie lateralmente sul gambo delle due rotaie da unire e imbullonate mediante chiavarde di giunzione. Le ganasce di giunzione hanno un particolare profilo al fine di permettere il contatto rotaia/ganascia ai soli piani di steccatura della rotaia. Con riferimento alla posizione della giunzione rispetto alla traversa, essa può essere appoggiata o sospesa. Nel primo caso essa appoggia su una coppia di traverse (strettamente collegate mediante tre chiavarde). La giunzione sospesa invece è posta al centro dello spartito tra due traverse (con le due testate estreme che si comportano come mensole).
Nella costruzione dei binari si lascia volontariamente qualche millimetro tra un elemento e l’altro, per permettere al metallo di dilatarsi senza generare sforzi interni o deformare la traccia. Le piastre di fissaggio sono per questo dotate di fori leggermente ovali per permettere l’adattamento a queste variazioni termiche. La giuntatura avveniva in passato nello stesso punto per ambedue i binari seguendo il modello inglese. In seguito si è passati al metodo americano di giuntarli sfalsati.
In presenza di circuiti di binario, occorre realizzare giunzioni isolanti in cui l’isolamento elettrico delle testate può essere concretizzato sostituendo l’acciaio della ganascia con legno bakelizzato ed inserendo tra le testate un elemento isolante costituito da una sagoma in nylon.
Con questi tipi di fissaggio, sui punti di giunzione si creano comunque fastidiose vibrazioni e scossoni e rappresentano un punto di debolezza meccanica della rotaia, nonché fonte di rumore . Oggi questo metodo viene utilizzato solo per costruzioni di linee e raccordi in regime di grande economia, o mantenuto per forza maggiore su linee di vecchia costruzione.
Fig. 13 – Esempio di giunto ferroviario tradizionale
Fig. 14 – Esempio di giunto ferroviario saldato
Attualmente il metodo preferito è quello della saldatura alluminotermica, che forma un sistema complesso definito lunga rotaia saldata (LRS). Le lunghe rotaie saldate sono rotaie di lunghezza tale che la loro parte centrale non subisce movimenti per dilatazione o ritiro dovuti alle escursioni di temperatura giornaliere o stagionali; ciò è ottenuto con un forte serraggio degli organi di attacco delle rotaie alle traverse e per l’attrito delle traverse sulla massicciata. Sulle linee ferroviarie italiane, le lunghezze di 150 m, per rotaie 50 UNI, e di 200 m, per rotaie 60 UNI, sono le minime per le quali si può ritenere che la parte centrale non risenta dell’effetto delle escursioni termiche.
Questo tipo di soluzione, seppur più costosa, è notevolmente più semplice da mantenere, grazie anche alle traversine in cemento armato precompresso e all’abbondante uso di ballast. Quando è necessario sostituire una parte di binario, tagliandola e saldandone una nuova, i due monconi adiacenti vengono riscaldati e bloccati alle traversine per fare in modo che con le variazioni climatiche non ci siano deformazioni. Gli interventi di questo tipo sono oggi quasi interamente automatizzati e le ditte impiegate nella costruzione di linee ferroviarie utilizzano sempre più spesso i cosiddetti treni-cantiere.
Figg. 15 e 16 – Posa di LRS e treno cantiere in azione
1.1.9 – Modello fisico di una rotaia
Tradizionalmente la rotaia viene considerata come una trave di lunghezza infinita a sezione costante, ancorata alle traverse configurate come vincoli cedevoli. La rotaia risulta sollecitata da forze normali e parallele al proprio asse geometrico ed in particolare le forze normali sono costituite da:
carichi verticali trasmessi dalle ruote reazioni delle traverse
forze provocate dal moto di serpeggio
forze generate dalle oscillazioni trasversali del materiale rotabile Le forze parallele sono rappresentate da:
trazione alle ruote sforzo di frenatura
forze generate dalle variazioni termiche
Le sollecitazioni agiscono su un piano che non contiene né uno degli assi principali d’inerzia della sezione trasversale, né l’asse geometrico della rotaia, dando luogo a sforzo normale, flessione deviata, taglio e torsione. Tra le diverse caratteristiche di sollecitazione, la flessione deviata (dovuta ai carichi verticali e alle forze orizzontali) risulta predominante rispetto alle altre sollecitazioni che, per confronto, sono trascurabili. In genere, però, la rotaia si considera come una trave soggetta a flessione normale, trascurando il contributo derivante delle forze orizzontali. Ne consegue che il calcolo delle sollecitazioni indotte dai convogli ferroviari viene generalmente eseguito considerando la rotaia come una trave soggetta solamente a flessione retta e a taglio.
Fig. 17 – II modello di Winkler per la rotaia
Per una valutazione analitica, di come il carico trasmesso dalle ruote dei veicoli ferroviari impegni l’armamento, si può fare riferimento, in prima approssimazione, alla teoria sviluppata da Winkler. II modello di Winkler schematizza il binario come una trave di lunghezza infinita, soggetta a carichi verticali e disposta su appoggi elastici concentrati e discreti rappresentanti l’elasticità dell’attacco, della massicciata e dell’eventuale sub ballast (strato bituminoso posto a chiusura del corpo stradale) e del rilevato (riporto di terreno delimitato, costruito per sollevare il tracciato ferroviario rispetto al terreno circostante).
La soluzione analitica può essere affrontata, nell’ipotesi di comportamento elastico lineare del binario, di trascurabilità del contributo dell’azione tagliante sulla sua deformata e di costanza sia della rigidezza flessionale, che della rigidezza del suolo alla Winkler. Con tali premesse, l’equazione che definisce l’andamento della deformata η(x), risulta esprimibile nella seguente forma:
)
cos
(sin
2
)
(
e
x
x
K
P
x
λ
xλ
λ
η
=
⋅
⋅
−λ⋅
+
(1)avendo indicato con:
x la coordinata lungo l’asse della trave
P il carico concentrato in direzione normale all’asse della trave, applicato in x = 0
K = b·kw la costante ottenuta come prodotto tra la larghezza b della trave e la costante di
Winkler kw [N/mm3], indipendente sia dalla forma della superficie di appoggio, sia dagli
elementi prossimi a quelli caricati
4
4EJ
K
=
λ
in cui E è il modulo d’elasticità dell’acciaio e J il momento d’inerzia della rotaiaLa lunghezza caratteristica L, data da:
4 4
4
4
1
wbK
EJ
K
EJ
L
=
=
=
λ
(2)misura la capacità che il binario ha di distribuire il carico concentrato delle ruote sulla rotaia.
Il carico è concentrato per ipotesi del modello adottato, mentre nella realtà è la risultante delle pressioni di contatto agenti su una superficie ellittica. Dalla teoria delle travi su suolo
elastico alla Winkler risulta che il cedimento massimo, in corrispondenza del punto di applicazione del carico (ovvero per x = 0), è:
K
P
2
)
0
(
λ
η
=
(3)Fig. 18 – Andamento della deformata di una trave Winkler
La distanza x, pari a:
L
x
π
4
3
±
=
(4)rappresenta la prima sezione in cui si annulla lo spostamento verticale e, a partire da questa distanza, la rotaia si sposta verso l’alto per poi riabbassarsi, con, spostamenti sempre più attenuati, verso il valore nullo costante, posto a circa ± 3/2 π L. Nel caso siano presenti altri carichi a distanza ravvicinata, come nel caso di carrelli, se ne tiene conto applicando il principio di sovrapposizione degli effetti.
Fig. 19 – Andamento qualitativo della deformata con carrelli reali
II binario ferroviario può anche essere schematizzato con un modello più completo rispetto a quello semplificato massa-molla. Tale modello è soggetto ad una forzante periodica ed è in grado di tener conto sia dello smorzamento isteretico (dipendente dalla deformazione), sia dello smorzamento viscoso (dipendente dalla velocità di deformazione). Complessivamente tali dissipazioni costituiscono il fattore di perdita meccanico.
Fig. 20 – Schema di un oscillatore semplice elasto-viscoso-isteretico
Un oscillatore semplice elasto-viscoso-isteretico, è caratterizzato da legami:
elastici: per i quali sussiste la relazione lineare fra sollecitazione e deformazione, individuata mediante la rigidezza elastica K misurata in kN/mm
viscosi: in grado di dissipare energia al crescere della velocità di applicazione dei carichi. Tale capacità è espressa mediante il coefficiente di smorzamento viscoso C, misurato in kN/(mm·s)
isteretici: in grado di dissipare energia proporzionalmente alla deformazione in un ciclo di deformazione in fase con la velocità. Tale capacità è espressa mediante il coefficiente di smorzamento isteretico G, misurato in kN/mm
Fig. 21 – Il modello elasto-viscoso-isteretico
Fig. 22 – Riassunto schematico degli elementi principali dell’infrastruttura ferroviaria
Bibliografia essenziale:
Agostinacchio M., Ciampa D., Olita S., Strade Ferrovie Aeroporti. La progettazione geometrica in sicurezza, Roma, EPC, 2005;
Bono G., Focacci C., Lanni P., Lettieri S., La sovrastruttura ferroviaria, Roma, Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, 1997;
Mayer L., Impianti ferroviari. Tecnica ed esercizio, Roma, Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, 1976;
Stagni, E., Meccanica della Locomozione, Bologna, Ed. Pàtron, 1980;
Vicuna G., Organizzazione e tecnica ferroviaria, Roma, Collegio Ingegneri Ferroviari Italiani, 1976.