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3STRUTTURE IN CALCESTRUZZO ARMATO

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3 STRUTTURE IN CALCESTRUZZO ARMATO

3.1 GENERALITÀ

3.1.1 Prerogative. Le strutture in calcestruzzo armato sono formate con materiale composito costituito da una matrice lapidea tridimensionale e da elementi lineari in acciaio.

Le caratteristiche di resistenza del calcestruzzo sono ottime per la compressione (valori fino a 50 N/mm2) e scarse per la trazione (valori fino a 3 N/mm2); nella quasi completa casistica delle verifiche, quest’ultima viene considerata nulla e per questo motivo si introducono elementi in ac- ciaio che resistono alle componenti di trazione.

Tale tecnologia è resa possibile dai valori molto vicini (1,0E-5 °C –1 e 1,2E-5 °C –1) dei co- efficienti di dilatazione rispettivamente per il calcestruzzo e per l’acciaio e dall’aderenza fra le barre di acciaio ed il calcestruzzo.

La matrice o getto è ottenuta con impasto di inerti naturali od artificiali di forma tondeggian- te con dimensioni selezionate (ghiaia, ghiaietto, sabbia), di cemento, di acqua e di eventuali ad- dittivi; la miscela, di consistenza pastosa, è confezionata con appositi mescolatori ed è posta in opera all’interno delle forme in legno od acciaio che delimitano la geometria della struttura e contengono gli elementi lineari in acciaio o barre di armatura.

La possibilità di realizzare con tale semplice tecnologia elementi strutturali anche complessi ed ossature complete, costituisce la principale prerogativa del calcestruzzo armato (fig. 1a).

Una importante variante della tipologia sopra descritta è costituita dalle strutture composite in acciaio-calcestruzzo, nelle quali gli elementi in acciaio sono in generale costituiti da profili lami- nati o saldati esterni al getto e collegati a questo mediante speciali connettori; questa tipologia strutturale consente di utilizzare il calcestruzzo come piattabanda compressa della sezione compo- sita, eventualmente soggetta a momenti flettenti e tagli agenti nella direzione trasversale, model- lando inoltre la sezione di acciaio in modo da resistere alle azioni taglianti principali e da costi- tuire la piattabanda tesa (fig. 1b).

Condizione essenziale per la resistenza è la compattezza del getto che viene ottenuta mediante attrezzi meccanici (vibratori) ed agenti chimici e fisici (superfluidificanti); il rapporto A/C acqua/

cemento deve risultare il più basso possibile poiché la resistenza risulta circa inversamente pro- porzionale a questo parametro e per ridurre i fenomeni conseguenti alla cessione all’atmosfera dell’acqua in eccesso.

Il cemento ha la proprietà di far presa anche se mantenuto sott’acqua. I costituenti fondamen- tali sono dei silicati, alluminati e ferriti di calcio che, reagendo con acqua, danno luogo a prodotti idrati insolubili e forniti di proprietà agglomeranti.

Nella reazione tra cemento e acqua, si distinguono: una fase iniziale di consolidamento chiamata presa che è caratterizzata ancora da una certa plasticità e che si inizia dopo 30-45 min dall’impasto e termina dopo 10-12 h e una fase di indurimento che segue la precedente e che può durare molto tempo (anche anni), ma i cui risultati pratici si possono ottenere entro al- cune settimane.

Gli elementi in acciaio annegati nel getto sono in generale costituiti da barre (diametri 6- 30 mm), diritte o sagomate e con superficie esterna liscia o nervata (preferibile) e da reti elet- trosaldate (maglie 50-300 mm diametri 4-12 mm); nelle strutture composite gli elementi in ac- ciaio sono costituiti da profilati esterni al getto che sono solidarizzati a questo mediante appo- siti connettori.

Grande innovazione nelle strutture in calcestruzzo armato è derivata dalla introduzione della precompressione, ossia di uno stato di coazione artificiale che crea uno stato tensionale di com- pressione nelle parti che risultano tese per effetto delle azioni esterne; tale tecnologia è applicata ponendo preventivamente in tensione trefoli o barre di acciaio ad alta resistenza e scaricandone la reazione risultante sul getto indurito.

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GENERALITÀ C-277

3.1.2 Fondamenti dell’analisi. Le strutture devono essere analizzate tenendo conto delle se- guenti prerogative del materiale composito calcestruzzo/acciaio:

a) i legami tensioni/deformazioni sono fortemente non lineari per il calcestruzzo, di tipo ela- stico/plastico per l’acciaio normale e di tipo elastico con incrudimento per l’acciaio presollecitato;

Fig. 1. a) Sezioni tipiche di travi in calcestruzzo armato. b) Sezioni tipiche di travi in composito acciaio/cal- cestruzzo. c) Azioni generalizzate su una struttura in calcestruzzo armato.

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C-278 STRUTTUREINCALCESTRUZZOARMATO

b) la resistenza a trazione del calcestruzzo è molto ridotta ma essenziale per garantire l’ade- renza delle armature e per limitare le deformazioni;

c) il comportamento strutturale è complesso e dipende da molteplici fenomeni intrinsechi al materiale nonché, nell’insieme, dal tempo t (fig. 1c).

Per le caratteristiche sopra riportate, l’attuale tendenza dell’indagine strutturale, orientata verso la definizione di stati limite (C-3.3), trova particolare risalto nell’applicazione agli elementi in cal- cestruzzo armato.

L’analisi strutturale e le verifiche, all’interno del processo di progettazione, hanno i seguenti scopi:

In generale per l’analisi devono essere assegnate le dimensioni degli elementi strutturali e, nel caso di procedimento non lineare, devono essere definite anche le armature metalliche; per le verifiche devono essere comunque considerate le armature, tenendo conto che una eventuale moderata ridefinizione di queste è agevole, essendo note dal calcolo precedente le azioni di progetto.

Con riferimento all’inefficienza del calcestruzzo soggetto a tensione di trazione, risulta oppor- tuno da un lato considerare la riduzione delle deformazioni fornita dal calcestruzzo teso ma non ancora fessurato, mentre dall’altro è necessaria l’eliminazione del relativo contributo alla resisten- za della struttura sia per l’analisi che per le verifiche.

Nell’analisi non lineare si opera un’opportuna definizione dei legami costitutivi del calcestruz- zo e dell’acciaio e viene seguita l’evoluzione del comportamento strutturale sotto l’effetto dell’in- cremento dei carichi, fino al raggiungimento del collasso; le verifiche complementari si svilup-pa- no eliminando i contributi delle parti tese di calcestruzzo.

Il calcolo delle deformazioni risulta corretto solo dall’applicazione dell’analisi non lineare; per tale motivo questo tipo di analisi deve essere sempre utilizzato anche per la determinazione delle azioni interne e delle reazioni vincolari delle strutture iperstatiche.

Nell’analisi lineare le azioni e le deformazioni sono determinate considerando il calcestruzzo efficiente sia a compressione che a trazione e le successive verifiche sezionali procedono con le ipotesi sopra riportate.

Per la corretta considerazione degli effetti geometrici del 2° ordine, quali ad esempio lo spo- stamento orizzontale a, del punto di applicazione di un carico verticale N (da cui la dizione ef- fetto N, a o analogamente P, ∆) è necessaria comunque l’introduzione delle caratteristiche anela- sti-che dei materiali per procedere poi con metodi di verifica semplificati.

3.1.3 Avvertenze. A motivo della non omogeneità degli elementi costituenti il calcestruzzo ar- mato la definizione delle situazioni predette è oggetto ancora oggi di studi e ricerche.

Le organizzazioni scientifiche hanno svolto importanti ricerche nel campo delle strutture in calcestruzzo armato sono principalmente:

CEB:Comité Eurointernational du Béton (per alcune attività in collegamento con FIP: Fédération Internationale de la Précontrainte)

ACI: American Concrete Institute

Fase Scopo Note

1 Analisi strutturale Determinazione delle azioni interne e delle deformazioni dell’intera struttura.

Le caratteristiche dei materiali richiedono analisi di tipo non lineare; in alcune condi- zioni è possibile la classica analisi lineare (entrambe non trattate in questa opera).

2 Verifiche

Confronto delle azioni di progetto risul- tanti dalla fase 1 con quelle sviluppabili dalla struttura, tenendo conto delle de- formazioni.

L’applicazione completa dell’analisi non li- neare contiene questa fase almeno per alcu- ne azioni; negli altri casi le verifiche sono effettuate sulle sezioni.

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CARATTERISTICHEFISICHEETECNICHEDEIMATERIALI C-279 Pur essendo comuni gli obbiettivi di fornire supporto teorico-tecnico alla razionale progetta- zione delle strutture in calcestruzzo armato, la presentazione delle regole di applicazione è diversa per le due organizzazioni; la prima fa uso di un approccio un po’ complicato con l’intendimento di porre delle basi per la stesura di regolamenti nazionali o internazionali, la seconda fornisce di- rettamente formule a volte un po’ semplificate per l’uso diretto da parte del progettista.

Riferimenti bibliografici dettagliati sono inseriti nel testo, con rimandi all’elenco in C-3.1.4.

Quali riferimenti normativi si citano:

Eurocodice 2, che pone le basi per l’unificazione dei regolamenti nell’ambito degli Stati membri della Comunità Europea;

Norme Tecniche per l’esecuzione delle opere in cemento armato normale e precompresso e per le strutture metalliche, emesse con DM dal Ministero dei Lavori Pubblici a cadenza biennale e che fino alla emissione del 9 gennaio 1996 in parte non risultano congruenti con l’Eurocodice 2.

L’evoluzione della teoria e della sperimentazione ha già superato per alcuni problemi i riferi- menti normativi citati che, d’altra parte, non devono istituzionalmente fornire dimostrazioni; per quanto evidenziato gli sviluppi riportati nel seguito conducono a veriche che si discostano in mo- do non sostanziale dalle norme.

Nel seguito si considera come parametro di riferimento per la resistenza del calcestruzzo unica- mente quella prismatica fc che può essere desunta da quella cubica tramite la relazione fc=0,83 Rc.

3.1.4 Riferimenti

3.1.4.1 Raccomandazioni di Enti ed Associazioni.

[1] ACI - American Concrete Institute, Manual of Concrete Practice, 1990.

[2] CEB - Comité Eurointernational du Béton - CEB-FIP MODEL CODE, 1990.

[3] FIP - Fédération Internationale de la Précontrainte.

dal 1998 le due organizzazioni precedenti si sono fuse assumendo la denominazione fib ed utilizzando le pubblicazioni.

[4] CEE - Eurocode N.2, Common Unified Rules for Concrete Structures, 1984.

[5] DM 14 gennaio 2008, Norme Tecniche per le costruzioni.

[6] Circolare 2 febbraio 2009, Istruzioni per l’applicazione delle Norme Tecniche per le costruzioni.

3.2 CARATTERISTICHE FISICHE E TECNICHE DEI MATERIALI 3.2.1 Componenti

3.2.1.1 Cemento. Il cemento è costituito essenzialmente di una miscela di silicato tricalcico (3CaO · SiO2), ß-bicalcico ( -2CaO · SiO2), alluminato tricalcico (3CaO · Al2O3), di composti identificabili come tetracalcio-alluminoferriti (4CaO · Al2O3 · Fe2O3) e di altri componenti minori.

La composizione dei cementi viene definita mediante le percentuali degli ossidi dei principali metalli componenti (Ca, Al, Fe, Mg, K, Na) oltre quella della silice.

Viene inoltre indicata la percentuale di SO3, che individua il contenuto (CaSO4 = CaO+ SO3) di gesso.

I rapporti tra le percentuali di questi ossidi costituiscono alcuni parametri utili all’individua- zione del tipo e quindi delle caratteristiche dei cementi:

modulo idraulico Mi: dato dal rapporto tra la somma delle percentuali degli ossidi dei metalli al- calini e alcalino-terrosi e quella degli ossidi degli altri metalli e della silice:

Mi = (CaO + MgO + Na2O + K2O)/(SiO2 + Al2O3 + Fe2O3)

modulo silicico Ms: dato dal rapporto tra la percentuale di silice e quella degli ossidi di Fe e Al: Ms = (SiO2)/(Al2O3 + Fe2O3)

modulo dei fondenti Mf: dato dal rapporto fra le percentuali degli ossidi di Al e Fe:

Mf = (Al2O3)/(Fe2O3) β

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C-280 STRUTTUREINCALCESTRUZZOARMATO

Si distinguono i seguenti tipi:

cemento Portland, cemento pozzolanico, cemento d’altoforno e cemento alluminoso (tab. 1).

Tipi di cemento

Portland: è quello di uso comune se non vi sono agenti aggressivi.

Pozzolanico: è caratterizzato da un’elevata percentuale di silice e di ossidi di Al, la silice è inoltre presente nelle sue forme idratate: ciò permette una reattività maggiore con l’idrato di Ca riducendo la permeabilità della massa ed aumentandone quin- di la resistenza agli agenti aggressivi. Rispetto al tipo Portland si hanno resi- stenze iniziali inferiori e il calore sviluppato durante la presa è minore.

È adatto per opere marine e nel caso di presenza di acque solfatate.

Tabella 1. Alcune caratteristiche dei cementi.

Requisiti Portland Pozzolanico Alluminoso Altoforno

Analisi chimica (% max)

Perdita a fuoco 5 7 5 5

Residuo insolubile 3 16 3 3

Solfati (espressi SO3) 3,5 3 3 3,5

Al2O3 35

MgO 4 3 3 7

Zolfo (da solfuri) 2

Inizio presa (minuti) (min) Termine presa (ore) (max)

45’

12

45’

12

30’

10

45’

12

Caratter. meccaniche (min) a b c a b c a b c

Resist. a fless. (N/mm2)

dopo 24 ore 4 4 4 4

dopo 3 giorni 4 6 4 6 6 4 6

dopo 7 giorni 4 6 4 6 4 6

dopo 28 giorni 6 7 8 6 7 8 8 6 7 8

Resist. a compres. (N/mm2)

dopo 24 ore 17 17 17 17

dopo 3 giorni 17 32 17 32 32 17 32

dopo 7 giorni 17 32 17 32 17 32

dopo 28 giorni 32 42 52 32 42 52 52 32 42 52

a = cemento normale; b = cemento ad alta resistenza; c = cemento ad alta resistenza e rapido indurimento.

N.B. Per i cementi per sbarramenti di ritenuta sono richieste resistenze a compressione di 22,5 N/mm2 e 35,0 N/mm2 rispet- tivamente dopo 28 e 90 giorni.

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CARATTERISTICHEFISICHEETECNICHEDEIMATERIALI C-281 Alluminoso: per la maggiore presenza di Al2O3 si hanno presa ed indurimento più rapidi ri-

spetto al tipo Portland; richiede per unità di peso maggiore quantità di H2O.

Oltre ad un maggior costo si segnala la necessità di controllare la temperatura di idratazione, mantenendola sotto i +30 °C, per evitare trasformazioni cristalline degli alluminati che provocano contrazioni di volume, con pericolo di fessura- zione.

Per questa ragione il cemento alluminoso non viene impiegato per getti con ele- vati spessori.

Trova invece impiego nelle malte refrattarie.

Presenta una buona resistenza alle acque acidule (ad esempio per CO2 e SO2) purchè il loro pH sia maggiore di 3,5; pertanto resiste bene all’acqua di mare.

Viene invece fortemente attaccato dalle acque alcaline.

D’altoforno: risulta da miscela di diversi composti fra cui le scorie basiche macinate derivan- ti dagli altoforni.

Rispetto al Portland indurisce più lentamente con minore rilascio di calore di idratazione ed è più resistente alle acque aggressive; è quindi adatto a getti di grandi dimensioni in contatto con acqua.

La presa del cemento alluminoso avviene anche in pochi minuti. La presa e l’indurimento del cemento sono dovuti alla formazione di idrati, che rivestono le particelle come gel, permettendone la saldatura. I gel presentano capillari continui, che vengono segmentati e interrotti durante la pre- sa, aumentandone quindi le proprietà meccaniche.

Se viene utilizzato un rapporto acqua/cemento troppo elevato, l’acqua in eccesso impedi- sce l’interruzione dei capillari e ne aumenta le dimensioni, generando caratteristiche meccani- che e di assorbimento insoddisfacenti. L’idratazione fornisce indicativamente i seguenti princi- pali composti:

2[3CaO · SiO2] + 6H2Ο→ 3CaO · 2SiO2 · 3H2O+ 3Ca(OH)2 2[2CaO · SiO2] + 4H2O → 3CaO · 2SiO2 · 3H2O + Ca(OH)2

3 · CaO · Al2O3 + 6H2O 3CaO · Al2O3 · 6H2O

Data l’esotermicità delle reazioni di idratazione che accompagnano la presa e l’indurimento del cemento, da un lato viene accellerata la presa e dall’altro vengono indotte dilatazioni termiche nella massa assoggettandola a stato di coazione che produce microfessurazioni. In climi caldi ed in presenza di grandi masse di getto è necessario usare cementi a lenta presa ed impiegare im- pianti di raffreddamento. Un altro fenomeno che accompagna la presa e l’indurimento del cemen- to è il ritiro, la cui entità dipende fortemente dal rapporto acqua/cemento dell’impasto e da quella cemento/inerti.

Le caratteristiche meccaniche finali di un impasto di cemento sono, infine, legate alla quantità e alla qualità delle acque di impasto o di quelle che vengono eventualmente a contatto con esso durante la presa, l’indurimento o l’impiego.

Le proprietà meccaniche e di resistenza agli agenti atmosferici del cemento corrispondono strettamente all’inverso del rapporto acqua/cemento; le caratteristiche sono inoltre influenzate dalle condizioni termoigrometriche durante la presa e la maturazione del cemento.

In generale la resistenza meccanica finale è tanto più elevata quanto minore è l’eccesso di ac- qua aggiunto nell’impasto rispetto alla quantità stechiometrica necessaria per idratare i vari com- ponenti; tale eccesso può venire diminuito con l’impiego di piccole quantità di sostanze tensoatti- ve, che provocano una migliore bagnabilità degli aggregati e una conseguente maggiore uniformi- tà reologica della massa.

3.2.1.2 Inerti. Costituiscono componente essenziale del calcestruzzo per ridurre il ritiro della pasta cementizia evitando fessurazioni su tutta la massa oltre che per ridurre il consumo di ce- 276-472_CAP_03_C Page 281 Tuesday, February 28, 2012 10:39 AM

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mento; in relazione al diametro massimo si suddividono in sabbia e ghiaia (quest’ultima in varie pezzature).

Gli inerti sopra menzionati possono essere silicei o calcarei mentre sono esclusi quelli gessosi.

La sabbia deve risultare il più possibile esente da sostanze argillose, non contenere sostanze organiche né sali solubili dannosi alla presa ed essere costituita da grani il più possibile resistenti.

Le sabbie più adatte sono quelle di fiume o di lago, meno quelle di cava; da scartarsi quelle di mare, per le impurezze che contengono. La distribuzione granulometrica deve presentare il 55- 70% in peso di dimensioni inferiori a 3 mm, ma nello stesso tempo non avere più del 20% di componenti di dimensioni inferiori a 0,4 mm.

Le ghiaie devono essere formate di elementi resistenti non friabili né porosi (cioè prive di ge- lività) e prive di sostanze organiche o terrose; gli elementi debbono avere dimensioni variabili tra 7 e 15 mm e tra i 20 e i 50 mm.

La resistenza a compressione degli elementi non deve essere inferiore ai 50 N/mm2. Un parametro che definisce semplicemente la distribuzione granulometrica di un aggregato è costituito dal modulo di finezza, uguale alla somma delle frazioni della massa trattenuta dalla se- rie unificata di vagli (N.9 secondo UNI 2332-2334), le cui aperture sono in serie geometrica di modulo 1/2.

Ad esempio è riportata una analisi granulometrica di una sabbia mista ed il calcolo del mo- dulo di finezza:

Il modulo di finezza ha valori crescenti con la massima dimensione degli elementi dell’aggregato.

Le caratteristiche granulometriche degli aggregati devono essere tali da conferire sia elevata densità alla miscela, così da ridurre al minimo il volume dei vuoti che deve essere riempito con i composti di idratazione del cemento, sia adeguata lavorabilità, così da assicurare completo riem- pimento delle forme e degli interspazi fra le armature.

Esempio di calcolo del modulo di finezza di una sabbia mista.

Dim. vagli unificati (mm)

Massa trattenuta (g)

Frazione massa trattenuta

Somma delle frazioni trattenute

50 0 0 0

25 0 0 0

12,5 0 0 0

6,3 60 0,020 0,020

3,0 310 0,101 0,121

1,5 300 0,098 0,219

0,6 590 0,191 0,410

0,3 1070 0,349 0,759

0,15 530 0,173 0,932

< 0,15 210 0,068

Totali 3070 1,000 2,460 =

modulo di finezza

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Alcune distribuzioni ottimali della granulometria sono indicate nella figura 2, le fasce di sco- stamento accettabili devono essere verificate in funzione delle caratteristiche che si vogliono otte- nere per l’impasto e per il getto indurito.

Poiché molti aggregati, sia naturali che prodotti per frantumazione, presentano granuli che si discostano dalla forma sferica ottimale, risultano accettabili elementi il cui coefficiente di forma C risulti maggiore di 0,15 : C = 6V/D3 0,15 in cui V è il volume del granulo e D il diametro della sfera circoscritta. Particolare cautela deve essere posta nell’accertare la sensibilità delle sabbie e delle ghiaie all’attacco alcalino da parte del cemento che, in presenza di alcuni composti silicei, forma un gel alcalinosiliceo che assorbe acqua aumentando di volume e disgregando completa- mente il getto.

3.2.1.3 Acqua. L’acqua necessaria all’impasto non deve contenere elementi in sospensione, deve essere limpida, esente il più possibile da materiali organici e non deve contenere sali di- sciolti (soprattutto cloruri e solfati) oltre al limite dell’1% complessivo; l’acqua di mare è quin- di esclusa.

Non deve essere, infine, né troppo calda né troppo fredda (5 °C ≤ T ≤ 25 °C).

3.2.1.4 Additivi. Hanno diverse formulazioni volte all’ottenimento di particolari caratteristiche del getto; si citano in particolare:

– fluidificanti: da impiegarsi per conferire al calcestruzzo buona lavorabilità pur con basso rap- porto acqua/cemento;

– acceleranti: da impiegarsi per ridurre il tempo di presa e di indurimento;

Fig. 2. Distribuzioni ottimali della granulometria.

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– ritardanti: da impiegarsi con lo scopo opposto in modo da ripartire in un maggiore tempo lo sviluppo del calore di idratazione;

– aeranti: da impiegarsi per produrre nella massa 1-2% di microbolle di diametro pari a circa 0,1 mm che conferiscono buona resistenza al gelo oltre ad una migliore lavorabilità.

Sono anche disponibili prodotti che producono contemporaneamente alcuni degli effetti sopra descritti.

3.2.1.5 Acciaio per armature normali. Le armature normali sono costituite da barre e da reti elet- trosaldate entrambe prodotte nei tipi con superficie dentata per aumentare l’aderenza con il calcestruz- zo. Nelle strutture costruite da alcuni decenni possono essere presenti armature con superficie liscia.

Tabella 2. Caratteristiche meccaniche delle armature.

Acciaio B450C Valori nominali di resistenza

fy,nom 450 N/mm2

ft,nom 540 N/mm2

Caratteristiche Requisiti Frattile (%)

Tensione caratteristica di snervamento fyk fy, nom 5,0

Tensione caratteristica di rottura ftk ft, nom 5,0

(ft /fy)k 1,15 ≤ (ft /fy)k < 1,35 10,0

(fy /fy, nom)k ≤ 1,25 10,0

Allugamento (Agt)k ≥ 7,5 % 10,0

Diametro del mandrino per prove di piegamento a 90° e successivo raddrizzamento senza cricche:

φ < 12 mm 12 ≤ φ ≤ 16 mm 16 ≤ φ ≤ 25 mm 25 ≤ φ ≤ 40 mm

4 φ5 φ 10 φ8 φ

Acciaio B450A Valori nominali di resistenza

fy,nom 450 N/mm2

ft,nom 540 N/mm2

Caratteristiche Requisiti Frattile (%)

Tensione caratteristica di snervamento fyk fy,nom 5,0

Tensione caratteristica di rottura ftk ≥ ft,nom 5,0

(ft /fy)k ≥ 1,05 10,0

(fy /fy,nom)k ≤ 1,25 10,0

Allugamento (Agt)k ≥ 2,5 % 10,0

Diametro del mandrino per prove di piegamento a 90° e successivo raddrizzamento senza cricche:

φ < 10 mm 4 φ

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Le caratteristiche delle armature che devono essere note per l’analisi strutturale e per la pro- gettazione sono sia quelle meccaniche, quali resistenza, snervamento, duttilità, comportamento a fatica con le relative variazioni dovute all’effetto della temperatura, sia quelle tecnologiche quali la piegabilità e la saldabilità, sia quelle fisico-chimiche come la sensibilità alla corrosione. Le ar- mature sono identificate inoltre dal diametro effettivo o nominale, quest’ultimo definito per il tipo ad aderenza migliorata come quello della barra cilindrica equipesante; per necessità pratiche di immediata ed inequivocabile identificazione in fase di lavorazione e di posa si consideri la se- guente serie di diametri d (in mm): 6 - 8 - 10 - 12 - 16 - 20 - 26 - 30 mentre sono prodotte anche barre con diametri intermedi e superiori fino a 50 mm.

Le caratteristiche meccaniche delle barre di armatura sono definite nella tabella 2 [5].

La prova di piegamento e raddrizzamento si esegue alla temperatura di 20 ± 5 °C piegando la barra a 90°, su mandrino avente il diametro indicato in tabella mantenendola poi per 30 minuti in acqua bollente e procedendo, dopo raffreddamento in aria, al parziale raddrizzamento per almeno 20°. Dopo la prova il campione non deve presentare cricche.

Sono ammessi esclusivamente acciai saldabili, qualificati e controllati secondo [5] e [6]. Le barre possono essere fornite in rotoli per diametri fino a 16 mm per B450C e fino a 10 mm per B450A.

La deviazione ammissibile per la massa effettiva, rispetto a quella nominale è pari a ± 6%

per diametri nominali 5 ≤φ≤ 8 mm, e pari a ± 4,5% per 8 <φ≤ 40 mm.

Gli acciai riportano un’apposita marchiatura con la quale viene identificato il produttore che garantisce la qualità. L’analisi chimica effettuata su colata e l’analisi chimica di controllo effettua- ta sul prodotto finito devono soddisfare le limitazioni sotto riportate:

Il calcolo del carbonio equivalente Ceq è effettuato con la seguente formula:

Ceq = C + Mn/6 + (Cr + Mo + V)/5 + (Ni + Cu)/15

in cui ai simboli chimici è associato il contenuto degli elementi espresso in percentuale.

Per le reti si adottano fili di diametro compreso fra 6 e 16 mm per materiale B450C e fra 5 e 10 mm per B450A, con variazioni di 1 mm. Le caratteristiche di resistenza sono definite nella tabella 4. Il rapporto fra i diametri delle barre delle reti deve risultare: φminmax ≥ 0,6.

La tensione di rottura, quella di snervamento e l’allungamento devono essere determinati con prova di trazione su campione che comprenda almeno uno dei nodi saldati.

Deve inoltre essere controllata la resistenza al distacco offerta dalla saldatura del nodo, for- zando con idoneo dispositivo il filo trasversale nella direzione di quello maggiore posto in trazio- ne; tale resistenza, dovrà risultare superiore al 25% della forza di snervamento nominale della barra di diametro maggiore.

La distanza assiale tra i fili elementari non deve superare 330 mm.

3.2.1.6 Acciaio da presollecitazione. Tale acciaio è disponibile normalmente nelle seguenti tipologie:

– trefoli a 7 fili con diametri nominali e sezioni riportate nella tabella 4;

– trecce a 3 fili;

Tabella 3. Massimo contenuto di elementi chimici in %.

Analisi su prodotto Analisi di colata

Carbonio C 0,24 0,22

Fosforo P 0,055 0,050

Zolfo S 0,055 0,050

Rame Cu 0,85 0,80

Azoto N 0,014 0,02

Carbonio equivalente Ceq 0,52 0,50

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– barre a filettatura stampata o lisce (da filettare alle estremità);

– fili con estremità da lavorare (ormai in disuso).

Le caratteristiche meccaniche garantite dal produttore sono riportate nella tabella 4.

Tutti gli acciai da presollecitazione sono del tipo sensibile alla corrosione.

Per il modulo di elasticità si fa riferimento al catalogo del fornitore; valori indicativi sono i seguenti.

Per i trefoli e le tracce il modulo elastico è circa 196 kN mm2 inferiore a quello (206 kN/

mm2) dei singoli fili a causa della maggiore lunghezza unitaria dovuta alla cordatura, l’allunga- mento a rottura su l = 600mm è ≥ 3,5%; il rilassamento a 2000h per T = 20C e con tiro σp = 0,75 fpk risulta ≤ 2,4%.

Per le barre il modulo elastico è circa 206 kN/mm2, il rilassamento per T = 20 °C e con tiro P = 0,60Fpk è nullo.

Le trecce e i trefoli fino al diametro nominale di 12,5 mm sono adatti per la pretensione pur- ché il rapporto di cordatura tan β (definito nella fig. 3) sia superiore a 0,20.

I trefoli di diametro nominale 12,5 e 15,2 mm sono adatti alla confezione di cavi da post-compres- sione con tracciato curvilineo e sono ancorati alle estremità mediante apposite testate; le barre sono adatte alla post-tensione con tracciato rettilineo.

Il tipo liscio, con filettatura di estremità realizzata per rullatura (senza asportazione di mate- riale) è adatto per barre corte ed in tutti i casi ove non sono tollerabili assestamenti dell’ancorag- gio, con conseguente perdita di una frazione del tiro.

Tabella 4. Caratteristiche meccaniche dei diversi tipi di armatura per presollecitazione.

Caratteristica Barre Fili Trefoli Trefoli a fili

sagomati Trecce Tensione caratteristica di rottura fptk N/mm2 ≥ 1000 ≥ 1570 ≥ 1860 ≥ 1820 ≥ 1900 Tensione caratteristica allo 0,1% di deformazione

residua fp(0,1)k N/mm2 ≥ 1420

Tensione caratteristica all’1% di deformazione

totale fp(1)k N/mm2 ≥ 1670 ≥ 1620 ≥ 1700

Tensione caratteristica di snervamento fpyk N/mm2 ≥ 800

Allungamento sotto carico massimo Agt (%) ≥ 3,5 ≥ 3,5 ≥ 3,5 ≥ 3,5 ≥ 3,5

Fig. 3. Rapporto di cordatura.

(12)

3.2.1.7 Connettori acciaio/calcestruzzo. Sono in generale costituiti da elementi a T ricavati da profili laminati e saldati su tutto il contorno alle parti in acciaio allo scopo di assicurare collega- menti con elevata rigidezza; nel caso più diffuso di collegamenti flessibili e duttili si usano profili ad L con saldature lungo lo spessore di una delle ali ed orientati in modo che l’ala superiore for- nisca sostentamento sul calcestruzzo con effetto raddrizzante rispetto all’inflessione originata dalle azioni tangenziali di scorrimento.

Sono disponibili e frequentemente impiegati anche connettori a piolo, con testa rifollata, che vengono saldati, con apposita apparecchiatura, senza apporto di metallo e con fusione della parte inferiore del gambo protetta temporaneamente con muffola ceramica.

3.2.1.8 Materiali per il consolidamento di strutture esistenti. Sono costituiti essenzialmente da:

a) prodotti inibitori della corrosione delle armature esposte

b) prodotti adatti all’aggrappaggio di nuove malte al calcestruzzo esistente c) malte per la ricostruzione delle parti degradate di calcestruzzo

d) resine (in generale epossidiche) e relativi “primer” per l’incollaggio al calcestruzzo di ele- menti di rinforzo in acciaio o in tessuti di fibre speciali

e) piastre in acciaio per il placcaggio del calcestruzzo

f) tessuti in fibra di carbonio sia per il placcaggio che per la cerchiatura di elementi struttu- rali in calcestruzzo

Le caratteristiche fisiche, meccaniche e le modalità di applicazione sono indicate nelle schede preparate dai vari produttori.

3.2.2 Composti e sistemi

3.2.2.1 Calcestruzzi: composizione/confezione/posa in opera. Sono confezionati con cemento, acqua, sabbia, aggregati di varie pezzature ed eventuali addittivi.

Le percentuali della miscela dei componenti, il contenuto di H2O e di cemento devono essere determinati in relazione alle condizioni di impiego del calcestruzzo, definite nello schema di figu- ra 4 unitamente ad alcune delle possibili interazioni.

Per garantire la lavorabilità del calcestruzzo in funzione della densità di armatura, della di- stanza fra i paramenti dei casseri e della distanza di pompaggio (se la distribuzione è effettuata con tale metodo) si prescrivono le seguenti classi di abbassamento al cono (slump) (tab. 5):

La lavorabilità è individuabile con numerose procedure di cui quella più nota è quella dello

“slump test”, in cui si misura in mm l’abbassamento della sommità di un tronco di cono di cal- cestruzzo dovuto alla rimozione del contenitore (UNI 9418) determinando quindi la consistenza dell’impasto. Secondo UNI 9417 si adottano le seguenti definizioni della consistenza in funzione degli abbassamenti al cono e si definiscono quindi le relative classi di consistenza S (UNI 9858).

Assegnate le condizioni di impiego del calcestruzzo, sono disponibili diversi metodi per il progetto della miscela, fra i quali quello più pratico è indicato da ACI 211.1-77 [1] ed è di se- guito riportato.

Tabella 5.

Classe Abbassamento al cono

S1 da 10 a 40

S2 da 50 a 90

S3 da 100 a 150

S4 da 160 a 210

S5 ≥ 220

SCC • (autocompattante)

(13)

Il metodo sopracitato si basa sulla constatazione del fatto che, assegnata la massima dimen- sione degli inerti, il contenuto di acqua determina la lavorabilità dell’impasto in modo abba- stanza indipendente dalle proporzioni della miscela. Si può anche considerare che il rapporto ottimale fra il volume in mucchio dell’aggregato grosso e quello della miscela, dipende soltanto dalle dimensioni dell’elemento maggiore e dalla distribuzione granulometrica (espressa mediante il modulo di finezza) dell’aggregato fine; la forma dei granuli dell’aggregato grosso entra in gioco attraverso il volume in mucchio che risulta maggiore quanto più ci si discosta dalla for- ma sferica ottimale.

Nota la quantità dell’acqua, quella del cemento è ottenuta in modo da ottenere la resistenza prevista.

Nella figura 5 sono riportate sotto forma grafica le relazioni sopra illustrate che consentono il progetto della miscela; su tali diagrammi è possibile seguire come esempio l’applicazione del me- todo per un calcestruzzo che deve avere consistenza plastica (slump 100 mm), con massima di- mensione dell’aggregato 40 mm (avente densità in mucchio 1600 kg/m3 e densità effettiva 2600 kg/m3), sabbia con modulo di finezza 2,60 e densità 2550 kg/m3 e per classe di resistenza 35 N/

mm2; la densità del cemento è 3150 kg/m3.

Per slump 100 mm e con i dati soprariportati per gli aggregati, risulta il volume percentua- le della ghiaia 0,73 e quindi la massa 0,73 × 1600 = 1170 kg; si ottiene il contenuto di H2O

Fig. 4. Condizioni determinanti per il progetto della miscela.

(14)

175 kg/m3 a cui corrisponde, per classe di resistenza 35 N/mm2, il contenuto in cemento kg 340 (A/C = 0,515).

I volumi (in m3) e le masse assolute (in kg) dei componenti risultano quindi:

m3 Kg

H2O

Cemento 340/3150 Aggregato grosso 1170/2600 Aria inglobata 1%

Aggregato fine 1-0,743

0,175 0,108 0,450 0,010 0,257

0,743 m3

175 340 1170 0 655

Totali 1,000 m3 2340 Kg

Fig. 5. Grafico progetto miscela.

(15)

La densità della miscela risulta quindi 2340 kg/m3; i composti vengono preventivamente mi- scelati a secco e successivamente vengono aggiunti l’acqua e gli addittivi. Tale operazione viene effettuata in mescolatori ad asse sub-orizzontale (o betoniere) o verticale e richiede in genere 3-5 minuti.

La miscela deve essere confezionata in impianto fisso mentre il convogliamento dall’impianto è effettuato con autobetoniera, il trasporto sulla posizione di getto avviene mediante mezzi mec- canici quali nastri trasportatori, canali inclinati, apposite pompe.

La posa in opera deve garantire la massima compattezza del getto ed è quindi effettuata pre- feribilmente con mezzi meccanici quali i vibratori, che rendono momentaneamente fluido l’impa- sto consentendo l’espulsione delle grosse bolle d’aria ed il riempimento delle cavità; la vibrazione è essenziale nel caso di forte percentuale di armatura per assicurare il completo inglobamento del- la stessa nel calcestruzzo.

Nel caso delle riprese di getto, ossia dell’interruzione e successiva ripresa di una fase della posa in opera, se l’intervallo non supera 1 ora a temperatura massima di 20 °C è possibile la ri- vibrazione della prima parte per assicurare l’unione con la seconda; in caso di intervallo maggiore si deve considerare una discontinuità fra getti successivi e quindi provvedere all’inserimento di barre addizionali di cucitura ed alla sagomatura del profilo del primo getto per rendere possibile il trasferimento di azioni taglianti.

Nel caso di clima molto caldo (oltre 40 °C) si devono impiegare cementi a basso calore di idratazione e, in certi casi, provvedere al raffreddamento della miscela con appositi impianti (per grandi masse) o introducendo ghiaccio invece di acqua nel mescolatore.

Sussiste una relazione crescente fra la resistenza del calcestruzzo e la sua maturità, espressa come prodotto del tempo trascorso per la temperatura.

La presa e l’inizio dell’indurimento del calcestruzzo devono avvenire in ambiente umido per prevenire perdita di acqua che renderebbe incompleta l’idratazione del cemento; pertanto i getti all’aperto devono essere protetti con teli o innaffiati frequentemente.

Analoghe cautele devono essere prese con temperatura esterna prossima a 0 °C per evitare la formazione di ghiaccio all’interno della miscela con effetti distruttivi; non è consigliabile porre in opera calcestruzzo con temperature inferiori a – 5 °C.

Negli impianti di prefabbricazione, sia in stabilimento che a piè d’opera, l’indurimento del calcestruzzo, confezionato con cemento tipo Portland, è accelerato mediante riscaldamento delle forme e dell’impasto rispettivamente con acqua calda e vapore saturo a temperatura minore di

Fig. 6. Ciclo di maturazione accelerata del calcestruzzo.

(16)

80 °C così che, in generale, l’elemento raggiunge resistenza elevata (30-35 N/mm2) dopo 12-14 ore dalla posa in opera del calcestruzzo; le modalità di applicazione del flusso termico devono essere accuratamente studiate per ridurre le autotensioni dovute allo sfasamento della presa e dell’indurimento che si manifesta fra le zone a contatto con le sorgenti di calore e l’interno della massa.

In generale inoltre il ciclo di maturazione prevede un intervallo a temperatura ambiente di 3- 5 ore, un riscaldamento con intensità 25-32 °C/h, mantenimento alla massima temperatura di 80 °C per 3-4 ore e successivo raffreddamento con gradiente non superiore a – 25 °C/h (fig. 6). La ma- turazione accelerata sopra descritta produce resistenze finali inferiori del 10-15% rispetto a quelle di analoghi calcestruzzi maturati normalmente.

3.2.2.2 Armature. Le armature sono in generale composte in gabbie risultanti dall’assemblaggio di barre longitudinali, normali alla sezione sollecitata, e di barre trasversali o staffe, giacenti nel piano di questa; nel caso di piastre, in cui le azioni si sviluppano secondo due direzioni, le arma- ture sono in generale costituite da reti elettrosaldate.

Reti elettrosaldate piegate trovano impiego per costituire l’armatura a taglio e quella longitu- dinale secondaria di elementi strutturali sottili.

Quale armatura per il punzonamento si impiegano o legature verticali o barre aventi una estremità rifollata ed una saldata ad un piatto che agevola il posizionamento e fornisce l’ancorag- gio inferiore (fig. 7).

In tutti i casi le gabbie devono essere dotate di distanziatori che garantiscono il valore di pro- getto del copriferro (rivestimento in calcestruzzo delle barre) e devono risultare indeformabili du- rante le operazioni di getto.

Tutte le armature devono essere ancorate al calcestruzzo, per aderenza o con dispositivi di contrasto; nel primo caso la barra potrà sviluppare la sua resistenza di progetto solo al termine del tratto di ancoraggio.

In alcuni casi si prefabbricano parti complesse di elementi più grandi in modo da poterle pre- parare nella posizione più favorevole per inserirle successivamente nella gabbia.

3.2.2.3 Connessioni e connettori. Per realizzare la giunzione di barre di armatura, si prov- vede normalmente mediante sovrapposizione, legatura delle stesse ed inserimento di spirale di

Fig. 7. Armatura per punzonamento.

(17)

cerchiatura che contrasta le pressioni radiali prodotte dalla non coincidenza degli assi delle barre (fig. 8).

Tali pressioni si manifestano sia per barre tese che per barre compresse e quindi è sempre necessario inserire la spirale nelle giunzioni delle armature principali.

Per ovviare a tale lavorazione costosa ed aumentare lo spazio disponibile per il getto nella zona di giunzione sono disponibili connettori meccanici di vari tipi, fra i quali, si cita quello costituito da un manicotto che viene pressato sulle due estremità delle barre da colle- gare (fig. 9).

Esistono anche barre particolari, le cui nervature sono disposte a spirale così che è possibile il collegamento diretto mediante manicotto filettato; a causa dei giochi per il montaggio con tol-

Fig. 8. Sovrapposizione di barre.

Fig. 9. Esempio di connettore meccanico.

Fig. 10. Giunzione di barre speciali.

(18)

leranze inevitabilmente grossolane degli elementi è necessario inserire su ognuna delle barre un dado che deve essere serrato contro al manicotto (fig. 10).

3.2.2.4 Sistemi per presollecitazione. Sia nel caso della pre-tensione che della post-tensione la presollecitazione dell’acciaio è ottenuta mediante martinetti al cui pistone vengono temporanea- mente collegati i trefoli o le barre.

I trefoli, impiegati in entrambi i sistemi, sono vincolati al pistone di tesatura mediante semi- chiavette dentate, in acciaio indurito con superficie esterna sagomata a tronco di cono, che ven- gono alloggiate in fori, pure tronco-conici, predisposti in un elemento di ancoraggio in acciaio; la conformazione sopra descritta assicura il serraggio a cuneo delle chiavette sui singoli trefoli.

Analogo sistema di vincolo è adottato per l’ancoraggio dei trefoli sia al ritegno temporaneo nel caso della pretensione, sia alla testa annegata nel calcestruzzo nel caso della post-tensione (fig. 11); nel primo caso il ritegno è dotato di martinetti idraulici che, dopo l’indurimento del cal- cestruzzo, rilasciano la tensione dei tratti liberi dei trefoli così da trasferirne gradualmente l’anco- raggio al calcestruzzo.

In entrambi i casi la presollecitazione realizza uno strato di coazione nel quale l’equilibrio è assicurato dalle tensioni di trazione dell’acciaio e di compresiopone nel calcestruzzo.

Il meccanismo di ancoraggio mediante chiavette sopra descritto implica una perdita di 3-5 mm dell’allungamento impresso al trefolo, che può in alcuni casi essere compensata mediante so- vratensione.

Per entrambi i sistemi di pre e post-tensione devono essere considerati nelle verifiche le alte- razioni allo stato di coazione impresso prodotte sia dai vincoli delle strutture sia dal ritiro e dal rifluimento del calcestruzzo.

a) Pre-tensione

Per assicurare l’aderenza, i trefoli devono essere tassativamente puliti, mediante mezzi mecca- nici (sabbiatura) e chimici (decappaggio, solventi) da ogni sostanza estranea depositata anche ac- cidentalmente sulla superficie.

Deve essere posta ogni cura per evitare il contatto dei trefoli con i disarmanti applicati alle casseforme.

Fig. 11. Testa ancoraggio per cavo. (1) Fusione in ghisa sferoidale. (2) Terminale in acciaio. (3) Raccordo.

(4) Spirale in acciaio. (5) Guaina. (6) Vano nel getto (7) Raccordo per iniezione. (8) Trefolo (9) chiavette in acciaio. (10) Anello in acciaio. (11) Foro per fissaggio della testa al cassetto. (Sistema ALGA, Milano).

(19)

Per gli operai addetti a tutte le operazioni di costruzione che coinvolgono l’uso dei trefoli è obbligatorio l’uso di guanti puliti.

La precompressione cresce con legge approssimativamente lineare dal valore nullo a quello totale al termine della lunghezza di ancoraggio che deve essere calcolata per il valore della pretensione aumentata dalle azioni derivanti dall’azione dei carichi e trasferite per aderenza al trefolo.

All’atto del trasferimento della presollecitazione al calcestruzzo, questo si deforma elastica- mente producendo una riduzione del tiro dei trefoli che deve essere considerata per le verifiche.

b) Post-tensione

Nel caso della post-tensione, sia a trefoli che a barre, tali armature sono isolate dal calce- struzzo mediante guaine in banda di acciaio o in polipropilene che, dopo il tiro, vengono iniettate in pressione mediante appositi prodotti a base cementizia, modificata per renderli tixotropici, allo scopo di ottenere sia la protezione dalla corrosione dell’acciaio sia l’aderenza al getto su tutta la lunghezza. Per effetto dell’attrito fra le armature e le guaine a partire dalla testata si ha una per- dita di tensione che risulta funzione sia dell’ascissa curvilinea sia della somma dei valori assoluti delle deviazioni angolari.

Prima di applicare la post-tensione è necessario eliminare vincoli e ritegni non previsti intro- dotti dalla cassseratura e dai relativi sostegni, in modo da non impedire le deformazioni indotte.

Per ogni cavo deve essere redatto un rapporto di tesatura sul quale sono indicati: la identifi- cazione, la composizione, il tiro massimo applicato, l’allungamento corrispondente e quello risul- tante dopo l’assestamento dell’ancoraggio, nonché il volume della miscela di iniezione.

Nel caso delle barre, impiegate esclusivamente per post-tensione, l’attacco al martinetto è rea- lizzato mediante bulloni simili a quelli impiegati per l’ancoraggio alle piastre annegate nel calce- struzzo (fig. 12).

Le ingenti forze assiali trasmesse dalle testate al calcestruzzo, generano localmente trazioni radiali che devono essere riprese mediante spirali di acciaio e, su distanza pari circa all’altezza dell’elemento in calcestruzzo, è presente un complesso campo di sollecitazione che richiede altre armature.

3.2.2.5 Appoggi. Gli appoggi costituiscono un elemento fondamentale per assicurare il corretto funzionamento strutturale dell’opera e devono quindi essere anch’essi oggetto della progettazione.

Compito degli elementi di appoggio è quello di consentire in generale movimenti assiali e ro- tazioni; le tipologie fondamentali in uso sono quelle in gomma naturale o artificiale armata con Fig. 12. Testa di ancoraggio per barre. (1) Barra. (2) Dado conico. (3) Ancoraggio a piastra. (4) Giunzione.

(5) Tubo di sfiato o di iniezione. (6) Tappo. (Sistema Dywidag/Dywit, Milano).

(20)

lamierini di acciaio vulcanizzati e quelle in gomma cerchiata con elementi di scorrimento in po- lifluoroetilene e acciaio inossidabile.

I primi sono dotati di rigidezza orizzontale ridotta, ma non trascurabile, dovuta alla deforma- zione dell’elastomero mentre i secondi hanno rigidezza rotazionale pressoché nulla e sviluppano forze di attrito pari a circa H = 0,03 V (con V = carico verticale agente).

Esiste anche una tipologia composita, con acciaio inossidabile e polifluoroetilene sovrapposti da un appoggio in gomma armata (fig. 13).

Per la progettazione degli appoggi in elastomero armato si rimanda alle Norme CNR 10018/85.

3.2.2.6 Casserature. Costituiscono il supporto del getto e conferiscono all’elemento strutturale la forma prevista.

Le casserature devono essere a tenuta per evitare perdite di acqua e cemento.

L’armatura di sostegno dei casseri deve essere costruita in modo da non agire in modo stati- camente scorretto sulle strutture sottostanti e per permettere il ritiro del calcestruzzo ed un facile disarmo.

Le casserature devono essere dimensionate per sopportare correttamente le sollecitazioni dovu- te alla vibrazione del cls.

In mancanza di diverse prescrizioni sui disegni esecutivi, i casseri delle travature dovranno presentare monte pari a L/500 (L = luce fra gli appoggi).

Anche se nei disegni non sono indicati smussi dei diedri delle strutture, questi devono co- munque essere eseguiti a 45° con lati di 15 mm.

Non è ammesso sulla superficie del calcestruzzo l’affioramento dei ferri o fili di ferro usati per il sostegno o sbadacchiatura dei casseri, mentre lo è per terminali in plastica usati per distan- ziare le casserature purché di piccole dimensioni, disposti secondo indicazioni riportate sui parti- colari costruttivi.

A disarmo avvenuto i fori di tali distanziatori dovranno essere sigillati con miscela di resina epossidica e sabbia quarzifera.

I casseri per calcestruzzo a vista devono essere eseguiti in acciaio, materia plastica o legno;

in quest’ultimo caso devono essere costruiti con tavole piallate e maschiate. In alcuni casi si ot- tengono particolari impronte sulla superficie mediante matrici in gomma.

Per migliorare la durabilità del calcestruzzo si applicano sulle superfici dei casseri, particolari teli che facilitano l’espulsione dell’aria e dell’acqua in eccesso.

Fig. 13. Appoggio in gomma, acciaio e polifluoroetilene.

(21)

I casseri per l’esecuzione di strutture prefabbricate sono in generale realizzati in acciaio, ed inoltre:

– ogni giunzione tra sponda mobile e parte fissa viene completata con guarnizione antiolio, an- tiusura, termoresistente; sono da evitare strisciamenti di guarnizioni su parti piane durante il disarmo.

– ogni sponda è movimentata con sistema a cerniera o a scorrimento; l’azionamento è in generale idraulico con bloccaggio meccanico.

Nel caso di casseri per strutture presollecitate, devono essere osservate le seguenti avvertenze:

a) il cassero deve essere libero di scorrere longitudinalmente sulla pista per evitare tensioni anomale nel manufatto e nei trefoli, all’atto del rilascio della pretensione;

b) particolare cura deve essere posta per assicurare la tenuta del cassero nelle testate e nei se- paratori ed in corrispondenza dei fori di uscita dei trefoli;

c) nel caso siano presenti traversi o risalti ortogonali al tiro, le parti del cassero adiacenti a questi devono essere reciprocamente mobili allo scopo di consentire l’accorciamento dell’elemento in fase di rilascio della pretensione.

Salvo diversa indicazione specifica sul disegno del manufatto vengono rispettate le seguenti tolleranze dimensionali:

Planarità delle specchiature: ± 1 mm rispetto al piano teorico di riferimento.

Lunghezza dei manufatti: –0/+1 mm fino a 6 m di lunghezza; per lunghezze superiori sarà consentito ½ millimetro per ogni frazione di 5 m di lun- ghezza in più.

Larghezza dei manufatti: +0/–1 mm.

Diagonale del manufatto: +0/–1,5 mm.

3.2.3 Prove sui materiali. Le prove sul calcestruzzo e sulle armature normali e da presolleci- tare sono codificate secondo i vari DM [5].

I controlli di accettazione devono avvenire con la supervisione del Direttore dei Lavori e le prove, richieste dallo stesso, devono essere effettuate presso un Laboratorio Ufficiale; tutti i certi- ficati devono essere trasmessi al Collaudatore.

3.2.3.1 Calcestruzzo. La resistenza caratteristica Rck, definita con frattile 0.05 (vedere C-3.3.4.1) rispetto alla media dei risultati è ricavata dalle prove a compressione (UNI 6132) a 28 giorni su cu- bi normalizzati secondo UNI 6127-6130/1a/2a; nelle verifiche si considera la resistenza prismatica fck ≅ 0.83 Rck.

La classe del calcestruzzo è individuata da C#/* in cui # indica la resistenza prismatica che viene utilizzata nelle verifiche e * indica quella determinata su provini cubici.

Si hanno quindi le seguenti classi

Il controllo della resistenza del calcestruzzo si articola in due fasi principali, delle quali la prima è volta ad accertare che, in relazione alle condizioni locali (inerti, sistemi di confezione e trasporto), sia possibile ottenere la classe prevista a progetto; la seconda è quella di accettazione del prodotto posto in opera, mediante prelievi costituiti da gruppi di due provini.

Per volumi di getto di caratteristiche omogenee inferiori a 300 m3 si esegue un prelievo ogni 100 m3 e, in ogni caso un prelievo al giorno.

C

# 8 12 16 20 25 28 32 35 40 45 50 55 60 70 80 90

* 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 67 75 85 95 105

(22)

Indicando con R1 ≤ R2 ≤ R3 le resistenze minime corrispondenti a 3 prelievi, e con Rm la loro media, il controllo è positivo se risultano verificate entrambe le disuguaglianze (unità N/mm2):

Rm ≥ Rck + 3,5 R1 ≥ Rck – 3,5

Nel caso di volumi di getto omogeneo superiori a 1500 m3 è ammesso un controllo statistico (da ripetersi ogni 1500 m3) con un prelievo al giorno ed un minimo di 15 sul totale di 1500 m3; il controllo è positivo se risultano soddisfatte entrambe le diseguaglianze:

Rm ≥ Rck + 1,4 s R1 ≥ Rck – 3,5 in cui lo scarto quadratico medio

La resistenza caratteristica a trazione fctk non viene determinata direttamente ma viene desunta da quella prismatica tramite la relazione (unità N/mm2):

fctk = (0,95 ÷ 1,85) (fck/fck0)2/3 in cui fck0 = 10 N/mm2 La resistenza a trazione per flessione è pari a fcfk = 1,20 fctk

3.2.3.2 Acciaio normale. L’acciaio deve essere soggetto ad un controllo di qualità effettuato in stabilimento e certificato dal produttore secondo procedura contenuta in [5]; ogni produttore inse- risce sulle barre il proprio marchio, (composto con gruppi di nervature), che è depositato presso il Servizio Centrale del Ministero dei Lavori Pubblici.

Sono obbligatori i controlli in cantiere, da effettuarsi presso Laboratorio Ufficiale su 3 spez- zoni dello stesso produttore per ogni diametro impiegato. Il controllo è positivo se le grandezze caratteristiche cadono entro i limiti riportati nella tabella 6 che tengono conto della dispersione dei dati e delle variazioni che possono intervenire tra diverse apparecchiature e modalità di prova.

Se il risultato dei controlli è difforme da quello indicato nei certificati del produttore, si ripe- tono le prove su 10 campioni dello stesso diametro, previo avviso al produttore stesso. L’ulteriore risultato negativo comporta l’inidoneità della partita e la comunicazione del fatto da parte del Di- rettore dei Lavori al Ministero del Lavori Pubblici.

I certificati emessi dal Laboratorio di Prova devono riportare l’identificazione del marchio del produttore.

Gli scostamenti delle sezioni effettive delle barre rispetto a quelle nominali devono essere compresi entro le deviazioni ammesse per la massa; in caso contrario devono essere inseriti nelle verifiche i valori riscontrati.

3.2.3.3 Reti e tralicci elettrosaldati. Si applicano le procedure relative alle barre (C-3.2.3.2) (certificazione secondo [5]) con le avvertenze di includere nei provini da sottoporre a trazione al- meno un nodo saldato ed aggiungendo le prove di resistenza al distacco dei fili di diametro mi- nore da quelli di diametro maggiore.

Tabella 6. Valori di accettazione per l’acciao normale.

Caratteristica Valore limite Note

fy minimo 425 N/mm2 (450 – 25) N/mm2

fy massimo 572 N/mm2 [450 × (1,25 + 0,02)] N/mm2

Agt minimo ≥ 6,0% per acciai B450C

Agt minimo ≥ 2,0% per acciai B450A

Rottura/snervamento 1,13 ≤ ft/fy ≤ 1,37 per acciai B450C

Rottura/snervamento ft/fy ≥ 1,37 per acciai B450A

Piegamento/raddrizzamento assenza di cricche per tutti

s (RiRm)2 n–1 ---

i=1

n con Rm R--- e deve risultare sni0,30 Rck i=1

n

= =

(23)

3.2.3.4 Acciaio da presollecitazione. Oltre alla certificazione del produttore, che viene effettuata secondo [5], devono essere prelevati in cantiere tre campioni appartenenti alla stessa fornitura e categoria e si determinano presso laboratorio ufficiale i valori medi delle tensioni fpt, fpy, fp(0,2), fp(1) e le grandezze φ, A, Ir, E, N (a = 180°); il materiale è accettato se risulta fptm ≥ 1,03 fptk con scarto quadratico medio sm ≤ 0,05.

ed inoltre

3.3 DURABILITÀ

Il calcestruzzo è soggetto a degrado per effetto degli agenti esterni. Poiché il degrado dipende da alcune caratteristiche intrinseche, è necessario garantire alla struttura un periodo di utilizzazione senza interventi di manutenzione importanti, consono agli scopi per i quali è stata progettata. Tali concetti si riferiscono alla durabilità.

3.3.1 Introduzione. La durabilità di una struttura in calcestruzzo dipende, oltre che dal corretto uso, dal livello di degradazione a cui sono soggetti sia il getto che le armature per effetto delle condizioni ambientali che innescano reazioni fra calcestruzzo e agenti aggressivi in generale. La fessurazione del calcestruzzo, pressochè inevitabile nel caso di armature passive, costituisce una menomazione della durabiltà; lo stato fessurativo deve quindi essere controllato.

In condizioni normali l'acciaio che costituisce l'armatura è circondato da calcestruzzo che ha un pH elevato (in generale circa pari a 12,5) e che quindi fa formare sulla barra un microscopico strato di ossido passivante. In modo sintetico si individuano le fasi principali e gli interventi per il controllo del degrado della struttura:

a) fase di progettazione: selezione della tipologia strutturale più adatta, dei materiali, dello sta- to tensionale di servizio, delle deformazioni massime e dei particolari costruttivi fondamentali;

b) fase di costruzione: l’assoluto rispetto delle specifiche progettuali in ogni dettaglio ed in particolare per il getto;

c) fase di pre-corrosione – processo di carbonatazione più rapido del previsto: si oppone op- portuno trattamento di protezione superficiale;

d) fase di corrosione locale – delaminazioni del calcestruzzo ed ossidazione delle armature:

sono necessari interventi di ripristino;

e) fase di corrosione generalizzata– si tratta di un’estensione della fase precedente: è necessa- rio il ricondizionamento totale.

Il periodo di vita utile della struttura deve essere preconcordato con il committente in quanto non esistono specifiche in proposito, ad eccezione di quelle inglesi per i ponti che lo fissano a 120 anni. Salvo quanto sopra si accettano implicitamente 50 anni. Il raggiungimento del termine temporale della funzionalità previsto non implica necessariamente la messa fuori servizio della struttura ma richiede la considerazione del rapporto costi/benefici fra un ricondizionamento ed una nuova costruzione.

3.3.2 Degrado. Il decadimento delle caratteristiche del calcestruzzo deriva dal trasporto attra- verso la sua massa di gas ed acqua presenti nell’ambiente; tale processo avviene sia attraverso le microcavità intercomunicanti contenute nel getto sia attraverso le fessure.

Conseguentemente si manifestano i seguenti fenomeni chimico-fisici, non necessariamente contemporanei:

fym fp 02( )m fp 1( )m





1 04 fpyk fp( )02k fp( )1k





 ,

≥ con sm≤0,07 fpk

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