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1. Il Decreto Legislativo n°231 dell’ 8 Giugno 2001 1.1

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1. Il Decreto Legislativo n°231 dell’ 8 Giugno 2001

1.1 Fonti, ambito di applicazione, soggetti autori dell’illecito e sistema

san-zionatorio del D. Lgs. 231/01

L’8 Giungo 2001 è stato emanato il Decreto Legislativo numero 2311

riguardante la responsabi-lità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, in esecuzione della Legge delega del 29 settembre 2000 numero 300. Tale decreto è entrato in vigore il 4 luglio 2001.

La Legge 300/2000 ratifica diversi atti internazionali redatti in base all’articolo K.3 del Trattato dell’Unione Europea. In particolare il legislatore ha modificato la normativa interna in funzione delle disposizioni delle Convenzioni internazionali alle quali il nostro Paese ha aderito: Con-venzione di Bruxelles del 26 luglio 1995, relativa alla tutela degli interessi finanziari delle Co-munità europee e del 26 maggio 1997, relativa alla lotta contro la corruzione in cui sono coin-volti funzionari comunitari e nazionali e Convenzione OCSE del 17 dicembre 1997, riguardante la lotta alla corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali come schematizzato in Figura 1.

I vari episodi di reato verificatosi sia a livello nazionale che internazionale hanno spinto a inter-rogarsi sull’efficacia dei sistemi di gestione del rischio esistenti, introdotti dalle imprese e, sull’opportunità di introdurre una forma di responsabilità a carico degli enti che va a sommarsi a

1 Nel prosieguo del testo il Decreto Legislativo sarà indicato con Decreto oppure Decreto 231 o anche

D.Lgs.231/01. Il testo del decreto è consultabile online all’indirizzo www.codice231.com.

Convenzione di Bruxelles 26/7/1995 Legge di ratifica 29/09/2000 n°300 Convenzione OCSE 17/12/1997 Convenzione di Bruxelles 26/5/1997 Decreto Legislativo 8/6/2001

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quella prevista per le persone fisiche autrici del reato. Il Decreto è rivolto alle società, agli enti dotati di personalità giuridica e alle associazioni anche prive di personalità giuridica2. La ratio della delega di voler ricomprendere nella disciplina anche soggetti privi di personalità giuridica ha portato all’utilizzo del termine “ente” anziché “persona giuridica”.

Come si legge dalla formula del secondo comma del primo articolo, sono assoggettati alla disci-plina del Decreto 231 una pluralità di soggetti di cui non risulta facile dare una elencazione esaustiva.

Innanzi tutto la normativa richiama le società e gli enti dotati di personalità giuridica, fa riferi-mento quindi sia a soggetti privati sia pubblici. Ricomprende, poi, le associazioni anche prive di personalità giuridica. La scelta di includere enti privati privi di personalità giuridica è dovuta al fatto che questi possano sottrarsi ai controlli con più facilità e quindi rappresentano soggetti più a rischio di attività illecite3.

Per quanto riguarda gli enti pubblici sono espressamente esclusi lo Stato, gli enti pubblici terri-toriali, gli enti pubblici non economici e gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzionale. Non sono esclusi dalla disciplina gli enti pubblici che non hanno poteri pubblici ossia gli enti pubblici economici i quali, agendo secondo le norme del diritto privato sono messi sullo stesso piano degli enti privati.

Nel tentativo di fare chiarezza si propone, nella Tabella 1 sottostante, un’indicazione schematica dei soggetti sottoposti alla presente disciplina4.

Ente

Esempio

Società

 Società di capitali [Spa (anche partecipate dallo Stato o altri Enti Pubblici), Srl, Sapa] iscritte al registro delle imprese;

 Cooperative iscritte nel registro delle imprese;

 Società di mutua assicurazione;

 Società sportive.

Enti forniti di personalità giuridica  Associazioni, Fondazioni, Comitati, iscritti nei regi-stri della prefettura;

 Enti pubblici economici. Associazioni anche prive di

perso-nalità giuridica

 Associazioni, Comitati, non iscritti nei registri;

 Società di fatto;

 GEIE;

 Società di persone (SS, Snc, Sas). Tabella 1- Enti sottoposti a disciplina

Le disposizioni contenute nel Decreto sono applicabili anche alle società italiane con sede prin-cipale in Italia che operano all’estero, nel caso in cui lo stato estero in cui la società ha

2 D. Lgs. 231/01 art 1 comma 2

3 Relazione ministeriale al Decreto

4 Tabella realizzata seguendo il dettato della Relazione Ministeriale al Decreto e articolo “La

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3 so l’illecito non abbia già provveduto5

. Si applicano, inoltre, alle società estere che operano in Italia.

Come sopra accennato il Decreto Legislativo 231/01 “… non si rivolge allo Stato, agli enti pubblici territoriali, agli altri enti pubblici non economici nonché agli enti che svolgono funzio-ne di rilievo costituzionale”6.

Dalla lettura della Relazione Ministeriale al decreto e della giurisprudenza è possibile affermare quindi che, oltre allo Stato, siano esclusi dalla disciplina del Decreto 231: le Regioni, le Provin-ce, i Comuni quali enti pubblici territoriali, gli enti che svolgono funzioni di rilievo costituzio-nale quali: CNEL, Consiglio di Stato, Corte dei Conti, Consiglio superiore della magistratura e Consiglio supremo di difesa, le Camere del Parlamento, il Segretario generale della Presidenza della Repubblica e la Corte costituzionale. Sono fatti rientrare tra questi enti anche i partiti poli-tici e i sindacati. Sono inoltre escluse le Pubbliche Amministrazioni, in quanto enti che esercita-no pubblici poteri. Secondo la giurisprudenza i dettami del Decreto 231 si applicaesercita-no anche alle società di diritto privato che esercitano un pubblico servizio (ottenuto ad esempio in concessio-ne) e alle società controllate dalla Pubblica Amministrazione, ad esempio Società di persone a partecipazione mista. Sono esclusi dai destinatari le imprese individuali in quanto in questo caso non è possibile fare una distinzione soggettiva tra l’ente e il soggetto autore del reato.

Nel dettato del Decreto si fa riferimento ad una pluralità di reati detti “presupposto” al compi-mento di uno dei quali scatta la responsabilità amministrativa dell’ente. Il numero di detti reati è stato ampliato nel corso degli anni.

Per quanto riguarda i soggetti autori dell’illecito all’articolo 5 del Decreto è fatta un’importante distinzione tra:

 soggetti che ricoprono ruoli apicali;

 soggetti sottoposti all’altrui direzione.

Con ruolo apicale s’intende una funzione di rappresentanza, amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale, mentre i soggetti subordinati sono coloro che operano sottoposti all’altrui direzione o vigilanza, ossia i dipendenti che sono subordinati rispetto ai soggetti apicali.

Per l’identificazione dei soggetti che ricoprono ruoli apicali è utilizzato un criterio oggettivo-funzionale ossia ci si basa sulla funzione svolta e non sulla definizione formale del singolo7. La distinzione tra le due tipologie di soggetti rileva ai fini dell’onere probatorio, infatti, questo può essere a carico della difesa o dell’accusa a seconda del soggetto autore del reato.

5 D. Lgs 231/01 art 4 comma 1

6 D. Lgs. 231/01 art 1 comma 3.

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Nel caso il reato sia compiuto da soggetto apicale l’onere della prova è a carico della difesa8 la quale deve provare che sia stato adottato efficacemente, prima della commissione del reato, un modello di organizzazione e gestione idoneo a prevenire i reati del tipo di quello verificatosi, che si sia verificato sul suo corretto funzionamento da parte di un organo di vigilanza, che i soggetti abbiano agito fraudolentemente e che l’organo di vigilanza di cui sopra abbia operato correttamente. Se compiuto da soggetto sottoposto all’altrui direzione, l’onere della prova è a carico dell’accusa9

.

Nel primo caso si ha un’evidente inversione dell’onere che nella normalità è a carico del pubbli-co ministero in un processo penale.

Infine, tra i criteri oggettivi di imputazione rientra la condizione secondo cui l’ente abbia tratto dal reato un interesse o un vantaggio altrimenti l’ente non è ritenuto responsabile10.

Le sanzioni introdotte come pena per i reati compiuti o tentati, sono:

 pecuniarie;

 interdittive;

 confisca;

 pubblicazione della sentenza.

Le sanzioni pecuniarie sono previste per tutti gli illeciti e comportano un’ammenda pari a un certo numero di quote stabilito dal giudice in base “… alla gravità del fatto, del grado di re-sponsabilità dell’ente e dell’attività svolta per eliminare o attenuare le conseguenze del fatto e per prevenire la commissione di ulteriori illeciti”11

.

In ogni caso la sanzione in quote non potrà avere un valore inferiore a cento e superiore a mille. L’ammontare di una quota può assumere un valore minimo di euro 258,23 e uno massimo di eu-ro 1.549,3712. Il valore da attribuire alle quote è scelto dal giudice in base alle dimensioni eco-nomiche e patrimoniali dell’ente e ai proventi derivanti dall’illecito13

. La somma finale è data

8 Come si evince dal comma 1 dell’articolo 6 “Se il reato è stato commesso dalle persone indicate

nell'articolo 5, comma 1, lettera a), l'ente non risponde se prova che: a) l'organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;

b) il compito di vigilare sul funzionamento e l'osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell'ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;

c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di ge-stione;

d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell'organismo di cui alla lettera b).”

9 Relazione ministeriale paragrafo 3.5

10 Per l’approfondimento del tema “interesse e vantaggio” si rimanda al paragrafo 1.2.1 .

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Decreto Legislativo 231/01 articolo 11 comma 1.

12 Decreto Legislativo 231/01 articolo 10 comma 3 come stabilito nella legge delega 300 del 2000.

13 Decreto Legislativo 231/01 articolo 11 comma 2 e Legge Delega 300/2000 articolo 11 comma 1 lettera

g; nella Legge delega la cifra di rifermento è indicata in Lire quindi pari ad un minimo di 50 milioni e un massimo di 3 miliardi del vecchio conio.

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dalla moltiplicazione tra l’importo attribuito ad una singola quota e il numero delle quote stabi-lito dal giudice.

Sono previsti casi in cui la sanzione pecuniaria può essere ridotta, in particolare14:

 in caso di particolare “tenuità” del fatto;

 nel caso di realizzazione di un’efficace riparazione o reintegrazione dell’offesa realizza-ta.

L’articolo 12 del Decreto 231 prevede che nel primo caso la riduzione della pena sia pari alla metà di quella che il giudice irrogherebbe.

Le ipotesi di “tenuità” del fatto prevedono i casi in cui:

 l’autore del reato ha agito nell’interesse prevalente suo e di terzi e l’ente non ha ricava-to nessun vantaggio, se non minimo;

 il danno patrimoniale derivante da reato è “particolarmente tenue”.

La seconda ipotesi di riduzione della pena è legata alla realizzazione di una condotta riparatoria consistente nel risarcimento del danno e nella rimozione delle conseguenze dannose o pericolo-se del reato o comunque che l’ente agisca efficacemente in questi due pericolo-sensi. In questa pericolo-seconda ipotesi la riduzione della pena è vincolata da requisiti di due tipi: uno temporale, uno relativo alle attività riparatorie. L’ente deve, cioè, dimostrare di aver risarcito il danno e di aver rimosso le conseguenze del reato entro l’inizio del dibattimento di primo grado. Per quanto riguarda le attività riparatorie, invece, devono consistere non solo nel risarcimento del danno ma anche nel-la rimozione delle conseguenze dannose o pericolose. In questo caso nel-la riduzione delnel-la pena va da un terzo alla metà.

È, infine, previsto un terzo caso di riduzione di eguale entità rispetto a quello appena citato e si ha nel caso in cui l’ente abbia adottato e resi operativi modelli di prevenzione del reato entro l’inizio del giudizio.

Relativamente alle sanzioni interdittive15, previste nei casi di particolare gravità, queste sono:

 sospensione o revoca delle autorizzazione, licenze o concessioni funzionali alla com-missione dell’illecito;

 interdizione, anche temporanea, dall’esercizio dell’attività;

 divieto, anche temporaneo, di contrattare con la Pubblica Amministrazione;

 esclusione temporanea da agevolazioni, finanziamenti o contributi ed eventuale revoca di quelli già concessi;

 divieto, anche temporaneo, di pubblicizzare beni o servizi.

14 Legge Delega 300/2000 articolo 11 lettere g e n; nel primo caso la sanzione non dovrà essere inferiore a

Lire venti milioni né superiore a Lire duecento milioni. Nel secondo caso la sanzione è ridotta da un terzo alla metà.

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L’articolo 9 del D. Lgs. 231/01 richiama le sanzioni interdittive riportate dalla Legge Delega fatta eccezione per la sanzione di chiusura dello stabilimento o della sede commerciale16. L’articolo 13 stabilisce che tali sanzioni siano applicabili ai reati per i quali sono “espressamen-te previs“espressamen-te” e quando ricorre almeno una delle seguenti condizioni:

“L’ente ha tratto dal reato un profitto di rilevante entità e il reato è stato commesso da soggetti in posizione apicale ovvero da soggetti sottoposti all’altrui direzione quando, in questo caso, la commissione del reato è stata determinata o agevolata da gravi ca-renze organizzative”17.

“In caso di reiterazione degli illeciti”18 .

Le sanzioni interdittive hanno, in ogni caso, una durata non inferiore a tre mesi né superiore a due anni e non sono applicabili nei casi previsti all’articolo 12 comma 1 del Decreto 231. Inoltre esse hanno ad oggetto l’attività alla quale si riferisce l’illecito cioè devono colpire il ramo di at-tività in cui è stato commesso il reato. Per quanto riguarda il divieto a contrarre con la pubblica amministrazione è stata prevista la possibilità di dividere la sanzione che potrà riferirsi solo ad alcuni contratti o alcune amministrazioni. Quando il reato è espressione di una tendenza a otte-nere profitti illeciti allora la sanzione sarà indivisibile.

Il giudice determina tipo e durata della sanzione interdittiva in base alla gravità del fatto, al gra-do di responsabilità dell’ente nonché all’attività svolta per eliminare o ridurre le conseguenze del fatto e per prevenire altri illeciti19. Le sanzioni possono essere applicate anche congiunta-mente. Per quanto riguarda l’interdizione dall’esercizio dell’attività questa ricorre solo quando tutte le altre sanzioni siano inadeguate.

Nel caso sia sanzionato un ente che svolge un servizio pubblico o di pubblica necessità, il giudi-ce può nominare un soggetto che svolga tale servizio per evitare che si crei pregiudizio a terzi. Le sanzioni a cui si fa riferimento ricomprendono sia l’interdizione dall’esercizio dell’attività sia sanzioni che prevedano l’interruzione dell’attività20

.

Per quanto riguarda l’applicazione in via definitiva di una sanzione interdittiva questo può acca-dere secondo quanto disciplinato dall’articolo 16:

 L’interdizione definitiva scatta quando l’ente abbia tratto dal reato un profitto di rile-vante entità e sia già stato condannato negli ultimi sette anni all’interdizione tempora-nea;

16 Nella relazione ministeriale si legge che il Governo ha deciso di non includere tale sanzione in quanto

incompatibile con il sistema punitivo previsto per i reati oggetto della Convenzione OCSE e PIF.

17 Decreto Legislativo 231/01 articolo 13 comma 1 lettera a.

18 Decreto Legislativo 231/01 articolo 13 comma 1 lettera b.

19 Decreto Legislativo 231/01 articolo 14 comma 1.

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 Il divieto permanente di contrattare con la pubblica amministrazione o di pubblicizzare beni o servizi scatta quando l’ente è già stato condannato alla stessa sanzione per tre volte negli ultimi sette anni;

 Se l’ente, o una sua unità organizzativa, è usato abitualmente al fine di compiere o favo-rire il compimento di reati per i quali è prevista la sua responsabilità, è disposta l’interdizione definitiva all’attività e non si applicano i casi di esclusione dell’applicazione di sanzioni interdittive.

Il Decreto 231 prevede casi in cui la sanzione interdittiva possa essere esclusa. In base a delle condotte di riparazione è possibile che le sanzioni interdittive temporanee non siano applicate, in particolare nei casi in cui l’ente:

 abbia risarcito integralmente il danno ed eliminato le conseguenze dannose o pericolose o si sia adoperato in tal senso;

 abbia rimosso le mancanze organizzative che hanno determinato il reato attraverso l’adozione e l’implementazione di un modello organizzativo idoneo a prevenire reati della specie di quello che si è verificato;

 abbia messo a disposizione il profitto ottenuto ai fini della confisca.

Questi tre requisiti non sono tra loro alternativi ma anzi devono sussistere tutti entro l’inizio del giudizio di primo grado21.

Gli altri due tipi di sanzioni previste sono:

 pubblicazione della sentenza;

 confisca.

La pubblicazione della sentenza si verifica quando all’ente è applicata una sanzione interdittiva e il giudice ritiene sia necessario che i terzi vengano a conoscenza della condanna per tutelare un interesse pubblico.

La confisca è sempre disposta con la sentenza di condanna. Esistono due tipi di confisca, “tradi-zionale” e “per equivalente”; la prima ha ad oggetto il prezzo del reato ossia le cose, il denaro o le utilità promesse per istigare alla commissione del reato o, il profitto dell’illecito ossia la con-seguenza economica ricavata dal reato. La confisca “per equivalente” ha per oggetto somme di denaro, beni o altre utilità con un valore pari al prezzo o al profitto. Si applica quando non è possibile adottare la confisca tradizionale.

Al fine di sintetizzare le caratteristiche del sistema sanzionatorio descritto, si propone di seguito uno schema riassuntivo in Figura 2.

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Figura 2- Schema del Decreto 231

1.2 Novità introdotte dal Decreto: responsabilità amministrativa degli enti,

i concetti di interesse e vantaggio

Il Decreto 231/01 apporta nell’ordinamento italiano importanti novità: viene, infatti, introdotta la responsabilità penale degli enti per gli illeciti amministrativi dipendenti da reato. La respon-sabilità dell’ente si somma a quella della persona fisica che ha commesso l’illecito. Si superano, così, l’esclusiva responsabilità del soggetto che commette l’illecito e, inoltre, il principio secon-do cui “societas delinquere non potest” che escludeva la responsabilità delle persone giuridiche riconoscendo esclusivamente quella della persona fisica22.

La logica è quella di introdurre delle sanzioni a carico dell’ente nel cui interesse si commette l’illecito, qualora il comportamento da cui origina l’illecito stesso sia espressione della politica aziendale o derivi da una colpa dell’organizzazione oppure dalla mancata adozione di un Mo-dello organizzativo o dallo scarso o inefficace funzionamento Mo-dello stesso.

Il patrimonio dell’ente, quindi gli interessi economici dei soci, diventano così oggetto delle san-zioni previste per gli illeciti; soci ed ente sono coinvolti nel procedimento penale che scatta in attuazione del Decreto. Precedentemente invece tali soggetti non risultavano coinvolti nelle san-zioni se non in quella di risarcimento del danno.

La responsabilità in capo all’ente è definita come amministrativa ma in realtà si tratta di un nuovo genere che contempla elementi della responsabilità penale e di quella amministrativa, è una responsabilità non solamente amministrativa poiché connessa alla commissione di un reato e non proprio di natura penale in quanto la sanzione applicabile all’ente anche se punitiva è pri-va della funzione rieducatipri-va tipica della pena. Il legislatore a cercato di bilanciare sistema

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Attività della Guardia di Finanza a tutela del mercato di capitali Volume III “Responsabilità ammini-strativa degli enti dipendenti da reato”. Circolare n. 83607/2012.

• Enti con personalità giuridica

• Enti senza personalità giuridca

Ambito di applicazione

• Contro la PA • Societari • Reati relativi alla SSLL • ...

Reati

presupposto • Soggetti apicali • Soggetti sottoposti

Autori del reato

• A carico della difesa • A carico dell'accusa Onere della prova • Pecuniarie • Interdittive • Confisca • Pubblicazione della sentenza. Sanzioni

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amministrativo e penale cercando di ricalcare la disciplina anglosassone dei Compliance Pro-grams.

Il Decreto 231 introduce la responsabilità amministrativa per la commissione di reati nel suo in-teresse o vantaggio, da parte di soggetti legati a vario titolo all’ente stesso. Qualora il soggetto agisca nel proprio interesse o in quello di terzi l’ente è esente23

.

Tali individui, come detto in precedenza, possono essere persone che ricoprono “funzioni di rappresentanza, amministrazione, direzione dell’ente o di un’unità organizzativa con autono-mia finanziaria e funzionale, nonché persone che esercitano di fatto la gestione e il controllo dell’ente”. Possono, inoltre, essere “persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza” di una delle figure individuate in precedenza.

L’articolo 5 comma 1 del Decreto prevede i concetti di interesse e vantaggio che costituiscono uno dei presupposti oggettivi per far scattare la responsabilità dell’ente. Il legislatore ha intro-dotto tali requisiti al fine di evidenziare la differenza tra l’interesse o vantaggio della persona fisica che commette il reato e quelli della persona giuridica che ne può trarre beneficio.

Si tratta di due condizioni alternative e non complementari ossia è sufficiente che se ne verifichi una sola perché scatti la responsabilità24.

L’interesse è da valutare ex ante rispetto alla commissione dell’illecito e fa scattare la responsa-bilità anche se, successivamente alla condotta, non è corrisposto un vantaggio. Anche la sola in-tenzione del soggetto di procurare un vantaggio all’ente è presupposto valido per far scattare la responsabilità. Consiste nel tenere un comportamento illecito che rifletta la politica dell’impresa e che sia rappresentativo di una modalità di comportamento con cui l’organizzazione agisce nel normale andamento della sua attività.

Il vantaggio, contrariamente all’interesse, ha natura oggettiva ed è da valutare ex post rispetto al compimento del reato. Con vantaggio si fa riferimento ad un beneficio, generalmente patrimo-niale, derivante dalla commissione del reato oggettivamente apprezzabile. Il vantaggio può esse-re diesse-retto o indiesse-retto e si può verificaesse-re indipendentemente dal fatto che il soggetto abbia agito o meno nell’interesse dell’ente.

L’interesse non risulta essere compatibile con i reati di natura colposa25

, quali quelli relativi alla sicurezza sul lavoro. Tali reati derivano da una condotta colposa dovuta a negligenza, impru-denza, imperizia o inosservanza della legge.

La responsabilità amministrativa nel caso di reati in tema di salute e sicurezza sui luoghi di la-voro è configurabile se da reato deriva un vantaggio per l’organizzazione in termini di risparmio

23 Decreto legislativo 231/2001 articolo 5 comma 2.

24 Linee Guida per l’implementazione dei Modelli Organizzativi ex D.Lgs. n. 231/2001 per la

prevenzio-ne dei reati in materia ambientale e di salute e sicurezza prevenzio-nelle PMI- "Implementazioprevenzio-ne del Modello di Or-ganizzazione e Prevenzione dei reati ex decreto legislativo 231/2001 nelle PMI del territorio lucchese"

25 È utile spiegare la differenza che intercorre tra colpa e dolo. Con dolo si intende un azione pienamente

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di costi come: minori costi per il controllo di macchine, attrezzature e dotazioni di sicurezza, mancati investimenti in materia di sicurezza e conseguente risparmio di tempo.

Accertare il vantaggio risulta essere più semplice rispetto all’interesse. Nel primo caso si verifi-ca, dopo la commissione dell’illecito, se l’organizzazione ha tratto un beneficio dalla commis-sione dell’illecito; nel secondo caso risulta più complesso accertare se il reato è riconducibile alla politica d’impresa e se l’interesse sussisteva prima della commissione dell’illecito26

.

L’autorità giudiziaria provvederà accuratamente a valutare la presenza di interesse o vantaggio ai fini dell’applicazione della disciplina del Decreto Legislativo 231.

Abbiamo parlato dei criteri oggettivi di imputazione ossia che venga commesso un reato, che lo stesso sia commesso da soggetti in posizione apicale o subordinata e infine che sia stato perse-guito un interesse o un vantaggio per la società. Affrontiamo ora il tema dei criteri soggettivi di imputazione della responsabilità: la colpa in organizzazione. L’introduzione di tali criteri è stata fatta in funzione del rispetto del principio di colpevolezza previsto dall’articolo 27 della Costi-tuzione27, in particolare, l’ente può essere soggetto a sanzioni solo se ha tenuto una condotta contraria alla legge attraverso azioni consapevoli o, perlomeno, non rispettando l’obbligo di legge di porre in essere un adeguato sistema di prevenzione, controllo e vigilanza.

Per l’imputazione è necessario verificare che sia stata violata la regola di corretta organizzazio-ne e gestioorganizzazio-ne, successivamente, riscontrare che il reato compiuto si sia verificato perché fosse assente un sistema preventivo e che, invece, la presenza di un modello di cui al Decreto 231 avrebbe evitato il verificarsi del reato o ridotto tale eventualità entro il limite del rischio accetta-bile.

1.3 Reati contemplati dal Decreto Legislativo 231/01

Al momento dell’emanazione il Decreto contemplava un numero ridotto di reati rispetto a quelli previsti all’articolo 11 della Legge delega n°300/2000, nello specifico solo quelli riportati alla lettera a), successivamente ripresi dagli articoli 24 e 25 del Decreto rispettivamente:

 Indebita percezione di erogazioni pubbliche, truffa in danno dello Stato o di altro ente pub-blico o per il conseguimento di erogazioni pubbliche e frode informatica in danno dello Sta-to o di altro ente pubblico.

 Concussione e corruzione.

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Sara Pierini- “I modelli di organizzazione, gestione e controllo nel d. lgs. 231/2001, Profili applicativi e giurisprudenziali”.

27Articolo 27 Cost. : “La responsabilità penale è personale. L'imputato non è considerato colpevole sino

alla condanna definitiva. Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato. Non è ammessa la pena di morte.”

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Questi reati, contemplati dal codice penale come delitti contro la Pubblica Amministrazione e delitti contro il patrimonio, rientrano in una scelta di tipo “minimalista” del legislatore, il quale si è riservato, nella relazione di accompagnamento al Decreto, di poter ampliare il numero dei cosiddetti “reati-presupposto”28

.

Con l’articolo 7 della Legge numero 48 del 2008 è introdotto l’articolo 24-bis riguardante il rea-to di “Delitti informatici e trattamenrea-to illecirea-to dei dati”.

L’articolo 24-ter del D. Lgs. 231/01 introdotto dall’articolo 2 della Legge numero 94 del 2009 tratta dei “Delitti di criminalità organizzata”.

Con la Legge numero 409 del 2001 è stato introdotto nel Decreto 231 l’articolo 25-bis “Falsità in monete, carte di pubblico credito e in valori di bollo”, modificato poi dalla Legge 99 del 2009.

Una importante novità è introdotta con il Decreto legislativo n°61 del 2002 in tema di reati so-cietari con il quale è inserito all’interno del Decreto 231 l’articolo 25-ter “Reati soso-cietari”. Con questo articolo è estesa la responsabilità amministrativa per reati societari commessi nell’interesse della società da amministratori, direttori generali, liquidatori o persone sotto la lo-ro vigilanza, qualora il fatto non si fosse realizzato se essi avesselo-ro vigilato in conformità con gli obblighi inerenti la loro carica. I reati societari contemplati dall’articolo 25 ter sono: falsità in bilancio, nelle relazioni e nelle altre comunicazioni sociali, falso in prospetto, falsità nelle re-lazioni o comunicazioni della società di revisione, impedito controllo, formazione fittizia del capitale, indebita restituzione dei conferimenti, illegale ripartizione degli utili e delle riserve, il-lecite operazioni sulle azioni o quote sociali o della società controllante, operazioni in pregiudi-zio dei creditori, indebita ripartipregiudi-zione dei beni sociali da parte dei liquidatori, indebita influenza sull’assemblea, aggiotaggio, ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vi-gilanza. Tale articolo è stato successivamente modificato dalla legge n°69 del 2015 che ha in-trodotto il reato di “False comunicazioni sociali di lieve entità” e dalla legge n°262 del 2005 che modifica le sanzioni pecuniarie e introduce la responsabilità per “omessa comunicazione del conflitto di interessi”.

L’articolo 25-quater disciplina la responsabilità amministrativa per i reati aventi finalità di terro-rismo o di eversione dell’ordine democratico. L’articolo è stato introdotto con la Legge n°7/2003 “Ratifica ed esecuzione della Convenzione internazionale per la repressione del finan-ziamento del terrorismo fatta a New York il 9 dicembre 1999”.

La legge n°7 del 2006 ha introdotto l’articolo 25-quater 1”Pratiche di mutilazione degli organi genitali femminili”.

Con la Legge 11 agosto 2003, n. 228 “Misure contro la tratta di persone” è stato introdotto l’articolo 25-quinquies che applica il regime della responsabilità amministrativa per i delitti

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contro la personalità individuale, disciplinati dal libro II titolo XII capo I sezione I del codice penale.

La Legge 18 aprile 2005, n. 62, “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti all’appartenenza dell’Italia alle Comunità europee. Legge comunitaria 2004” ha introdotto l’articolo 25-sexies relativo ai cosiddetti “Abusi di mercato”.

L’articolo 25-septies del Decreto 231 disciplina la responsabilità amministrativa degli enti per i reati di omicidio colposo e lesioni colpose, gravi o gravissime che si verifichino a seguito della violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro o relative alla tutela dell’igiene e della salute sul lavoro. L’articolo è stato introdotto in seguito all’emanazione della Legge 3 agosto 200729.

I successivi articoli dal 25-octies al 25-duodecies disciplinano la responsabilità amministrativa per i reati di ricettazione, riciclaggio e impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita, nonché autoriciclaggio; reati di violazione del diritto di autore; reati di induzione a non rendere dichiarazioni o rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria; reati ambientali e impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare.

Nella Tabella 2 si riporta un riassunto dei provvedimenti legislativi e degli articoli introdotti a partire dal 200130.

1.4 Reati in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro

Come accennato in precedenza la Legge del 3 agosto 2007 numero 123 all’articolo 9 ha intro-dotto nel Decreto Legislativo 231 l’articolo 25-septies “Omicidio colposo o lesioni gravi o gravissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul la-voro”. Il successivo Decreto 81/08 con l’articolo 30 ha modificato l’articolo 25-septies cam-biando le sanzioni previste in base alla gravità degli incidenti. I reati contemplati sono discipli-nati rispettivamente dagli articoli 589 “Omicidio colposo” e 590 “Lesioni penali colpose” del codice penale.

Nonostante la disciplina di questi reati fosse già prevista dalla Legge Delega al Governo per la redazione del Decreto, il legislatore l’ha inserita solo in un secondo momento. Si tratta degli unici reati di tipo colposo che possono far scattare la responsabilità dell’ente.

Come accennato in precedenza i requisiti di “interesse” e “vantaggio” risultano non legarsi fa-cilmente ai casi di reato colposo. Non si può affermare che un omicidio colposo dovuto a

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Legge n°123 del 3 agosto 2007 “Misure in tema di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro e de-lega al Governo per il riassetto e la riforma della normativa in materia”; articolo 9- “Modifica del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231”.

30 Linee guida per la costruzione dei modelli di organizzazione, gestione e controllo ex D. Lgs. 231/2001-

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servanza delle leggi antinfortunistiche rientri nell’interesse dell’ente e ugualmente che rappre-senti un vantaggio. L’interpretazione data dalla giurisprudenza e accolta dalla Corte è che si debbano riferire tali concetti alla condotta dell’autore e non considerare l’evento. Quindi nei ca-si di infortuni sul lavoro ca-si deve tener conto della condotta conca-sistente nella violazione delle norme antinfortunistiche e valutare se rientri nell’interesse o vantaggio dell’ente.

Per quanto riguarda le sanzioni previste in caso di reati in tema di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro, queste sono:

 Per il reato di omicidio colposo commesso in violazione dell’articolo 55, comma 2, del Decreto Legislativo del 9 aprile 2008 n°8131: sanzione pecuniaria pari a 1000 quote e sanzioni interdittive da 3 mesi a 1 anno.32

 Salvo quanto previsto sopra, è prevista una sanzione pecuniaria non inferiore a 250 quo-te e non superiore a 500 e una sanzione inquo-terdittiva da 3 mesi a 1 anno.

 Per il reato di lesioni gravi o gravissime è prevista una sanzione pecuniaria non superio-re a 250 quote e una sanzione interdittiva non superiosuperio-re a 6 mesi.

L’ammontare della sanzione pecuniaria avrà un valore ottenuto dalla moltiplicazione tra numero delle quote e valore della singola quota.

Nel dettaglio le sanzioni interdittive richiamate sono:

 l’interdizione dall’esercizio dell’attività;

 la sospensione/revoca delle autorizzazioni, licenze o concessioni funzionali alla com-missione dell’illecito;

 il divieto di contrattare con la Pubblica Amministrazione salvo che per ottenere le pre-stazioni di un pubblico servizio;

 l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi;

 il divieto di pubblicizzare beni o servizi.

Sempre l’articolo 30 del Decreto 81/08 indica quali sono i requisiti che un modello di organiz-zazione e gestione deve avere per essere idoneo ad avere efficacia esimente33.

31 Nel prosieguo del testo tale decreto potrà essere richiamato come: T.U. 81/08, Testo Unico sulla Salute

e Sicurezza, D. Lgs. 81/08. Articolo 55 “Sanzioni per il datore di lavoro e il dirigente”.

32 Decreto Legislativo 231/01 articolo 25-septies comma 1.

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Provvedimento legislativo

Articolo introdotto nel Decreto 231

Legge 409/2001 Articolo 25-bis Falsità in monete, carte di pubblico credito e in valori di bollo

Decreto Legislativo 61/2002 Legge 262/2005

Legge 69/2015

Articolo 25-ter Reati societari

Legge 7/2003 Articolo 25-quater Delitti con finalità di terrorismo o di ever-sione dell'ordine democratico

Legge 7/2006 Articolo 25-quater1 Pratiche di mutilazione degli organi geni-tali femminili

Legge 228/2003 Articolo 25-quinquies Delitti contro la personalità individuale Legge 65/2005 Articolo 25-sexies Abusi di mercato

Legge 123/2007 Legge 81/08

Articolo 25-septies Omicidio colposo o lesioni gravi o gra-vissime commesse con violazione delle norme sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro

Legge 48/2008 Articolo 24-bis Delitti informatici e trattamento illecito dei dati

Legge 94/2009 Legge 99/2009

Articolo 24-ter Delitti di criminalità organizzata

Articolo 25-bis1 Delitti contro l’industria e il commercio Articolo 25-novies Delitti in materia di violazione del diritto d’autore

Legge 116/2009 Articolo 25-decies Induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all'autorità giudiziaria

Decreto Legislativo 171/2011 Legge 68/2015

Articolo 25-undecies Reati ambientali

Decreto Legislativo 109/2012 Articolo 25-duodecies Impiego di cittadini di paesi terzi il cui soggiorno è irregolare

Tabella 2- Provvedimenti legislativi e ampliamenti al Decreto 231

1.5 Esenzione dalla responsabilità

Abbiamo affermato che il Decreto 231 introduce nell’ordinamento italiano la responsabilità amministrativa dell’ente per i reati commessi da soggetti in posizione apicale e soggetti sottopo-sti all’altrui direzione ma prevede, altresì, che l’impresa non risponda se dimostra di aver

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tato edefficacementeattuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi”34.

All’articolo 5 comma 2 si afferma che: “L'ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell'interesse esclusivo proprio o di terzi”. Questa è una clausola di esclusione dalla responsabilità oggettiva; se risulta che la persona fisica abbia agito nel suo interesse o in quello di terzi non rileva il vantaggio eventualmente conseguito dall’ente. Questo rappresenta un im-portante elemento di novità in quanto la disciplina assume così una funzione non soltanto puni-tiva ma anche prevenpuni-tiva: le organizzazioni sono spinte ad adottare un sistema organizzativo maggiormente attento ai rischi e a realizzare procedure e controlli al fine di prevenire i rischi. Il D. Lgs. 231/01 prevede condizioni diverse per l’esclusione dalla responsabilità amministrati-va in base al soggetto che ha commesso il reato.

Nel caso in cui il reato sia commesso da figure che ricoprono ruoli apicali o di direzione, l’ente per essere esente deve provare:

1. di aver efficacemente adottato, precedentemente all’illecito, un idoneo Modello di orga-nizzazione, gestione e controllo35;

2. che il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli e il loro aggior-namento è stato affidato ad un organo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e controllo;

3. che le persone che hanno commesso il reato hanno agito eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e gestione;

4. che non vi sia stata omessa o scarsa vigilanza da parte dell’organismo di cui sopra36. Il corretto funzionamento del Modello di cui al punto 1 è condizione necessaria ma non suffi-ciente per l'esclusione da responsabilità in quanto l’ente deve dimostrare che le persone hanno agito eludendo fraudolentemente il MOGC e non solo “in contrasto con le regole, ma in modo da frustare, con l’inganno, il diligente rispetto delle regole da parte dell’ente nel suo comples-so”37

.

Se l’illecito è commesso da soggetto sottoposto all’altrui direzione l’organizzazione è responsa-bile se la commissione del reato è resa possiresponsa-bile dall’inosservanza degli obblighi di direzione o vigilanza38.

Tale inosservanza è esclusa se, prima della commissione del reato, è stato adottato ed efficace-mente attuato un MOGC39.

34 Decreto Legislativo 231/01 articolo 6 comma 1.

35 Nel prosieguo del testo il Modello di organizzazione, gestione e controllo potrà essere indicato con:

Modello, MOGC e MOGC ex 231.

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Decreto Legislativo 231/01 articolo 6, comma 1.

37 Circolare n. 83607/2012, Attività della Guardia di Finanza a tutela del mercato dei capitali, Vol. III “La

responsabilità amministrativa degli enti dipendenti da reato”

38 Decreto Legislativo 231/01 articolo 7 comma 1.

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L’onere probatorio è a carico degli inquirenti i quali dovranno acquisire informazioni sulle pro-cedure e sui protocolli adottati dall’organizzazione per tutelarsi dalla commissione di illeciti.

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