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5.0 Sviluppo urbano nel futuro secondo i trend del presente: Proiettando il futuro.

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Academic year: 2021

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‘Il futuro si con-ferma «figlio» delle paure del presente, più che delle sue anticipazioni o pre-visioni razionali, quando esso non è addirittura in grado di manipolare o di ricostruire artificia-lmente il tempo presente’1.

5.0 Sviluppo urbano nel futuro secondo i trend del presente:

Proiettando il futuro.

5.1 Il presente quale materia prima per costruire il futuro

La fantascienza cinematografica ci affascina, ci interessa, ci piace perché il cinema è capace di mostrarci una rappresentazione del futuro, di ‘darci il futuro nel presente, il vero autentico futuro il quale nessuno di noi avrebbe potuto possedere’2.

Ma la fantascienza stessa è un genere spesso frainteso dal pubblico e dagli stessi produttori. La necessità di rappresentare una realtà futura o alternativa viene sfruttata come scusa per produrre film spettacolari e implementare miriadi di costosissimi effetti speciali. Con le nuove tecnologie si arriva al culmine del cinema dello spettacolo che ebbe inizio con Méliès:

indeed the promotional discourses of these films usually focus on their special effects rather than their plots3.

Concentrandosi spesso più sul modo di rappresentare, che sul soggetto della rappresentazione, le produzioni dei film di fantascienza risultano spesso piatte e vuote di contenuti.

1 Monteleone F., Martino C., Carlo P., Science fiction, Bulzoni Editore, Roma, 2003. p.92. 2

Ivi, p.92. 3

Cull C.J., John N., Projecting Tomorrow: Science Fiction and Popular Cinema, I.B. Tauris, Londra, New York, 2013. p.6.

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More than any other genre, science fiction depends upon the technology of the medium: it relies upon special effects to create images of future civilizations and alien worlds4 .

Questa spettacolarità è caratterizzata da immagini di sintesi ed effetti speciali. Le rappresentazioni fantastiche, anche se a prima vista banali, risultano assai stimolanti e capaci di influenzare l’immaginazione, la quale con la spinta creativa caratteristica dell’uomo, è capace di materializzarsi nel futuro reale che il film di fantascienza tende a rappresentare. Esistono infatti molteplici eccezioni in cui il cinema di fantascienza mostra il futuro ed esercita un’approfondita riflessione sull’uomo, sulla sua esistenza e paradossalmente, più spesso, sul presente. Come scrisse Carlo Pagetti: il futuro inseguito dalla fantascienza non può essere altro che un presente modificato5

; James Chatman invece scrisse, riguardo al suo lavoro Projecting Tomorrow, che parla della rappresentazione del futuro nel cinema di fantascienza:

(…) therefore seeks to show how cinema’s imagination of the future has also functioned as a mirror of the present6.

Guardare al futuro, guardare il fantascientifico, spesso significa guardare dentro noi stessi, ma da un altro punto di vista significa anche riflettere sulla società di oggi, sui problemi di oggi, come ci mostrano i film Cloud Atlas (2012) di Andy e Lana Wachowski o il più conosciuto Matrix (1997) degli stessi registi.

Non sembra infatti che il cinema sia capace di prevedere veramente il futuro, perché questo non è possibile. Sembra invece che sia più possibile influenzarlo, attraverso i colossal o le produzioni massmediatiche viste sugli schermi dei cinema, dei cellulari, dei computer e delle TV ormai non da milioni, ma da miliardi di persone. Il cinema si rivela un medium abbastanza potente da essere capace di influire sul futuro stesso. Carlo Pagetti ha notato che:

(…) ogni visione del futuro è di per sé suscettibile di disparate interpretazioni, talché qualcuno è giunto a supporre che tra gli ispiratori dell’organizzazione terroristica Al Qaeda vi sia anche il mite

Asimov, l’autore del ciclo narrativo di Foundation, dalla cui giovanile lettura Osama Bin Laden avrebbe tratto forse la convinzione di poter pianificare una serie di mosse nel futuro, innescando, con

4 Ivi, p.3. 5

Monteleone F., Martino C., Carlo P., Science fiction, Bulzoni Editore, Roma, 2003. p.85 6

Cull C.J., John N., Projecting Tomorrow: Science Fiction and Popular Cinema, I.B. Tauris, Londra, New York, 2013. p.7.

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l’attacco alle Torri Gemelle di New York, una reazione a catena dalle conseguenze paradossalmente prevedibili7.

È proprio questa possibilità di interpretare la profezia che di colpo si materializza dinanzi ai nostri occhi a risultare affascinante e allo stesso tempo spaventosa. Il cinema di fantascienza riflette i nostri timori e le nostre paure, che emergono materializzandosi prima sugli schermi del cinema, e in seguito nella realtà.

Allo stesso modo l’idea della modernità, veicolata nell’ultimo secolo dal cinema, sembra materializzarsi nei più disparati posti, dalle innovative città di Incheon (Corea del Sud), Shanghai e Dubai fino a concretizzarsi di fronte alle nostre case con l’expo di Milano. A ispirare i cambiamenti sono le città utopiche con autostrade coperte da piazze pedonali e boschi verticali, con l’energia pulita e i grattacieli limpidi e trasparenti come diamanti. La visione della futura vita urbana che si svolge in armonia e felicità, si staglia davanti ai nostri occhi facendola diventare la nostra aspirazione. Cominciamo a credere in un futuro migliore e facciamo di tutto per farlo diventare vero. Io stesso sin da piccolo ero affascinato dalle città piene di grattacieli, grandi, moderne, e dalle città nuove della fantascienza cinematografica. Sono sicuro che se fossi diventato un architetto o un urbanista sarei stato influenzato indirettamente da queste visioni intraviste nell’infanzia. Sono altrettanto sicuro che gli urbanisti e architetti sono stimolati dalle rappresentazioni massmediatiche le quali a loro volta prendono spunto dalle più disparate fonti del presente.

Anche se queste affermazioni possono sembrare speculative, come l’intero genere di fantascienza, appunto speculative fiction, le molteplici analogie dimostrano il contrario. A trovare sfogo sui silver screen, non sono solo previsioni di tecnologie nuove, viaggi interstellari, viaggi nel tempo e incontri con le specie intelligenti degli altri pianeti, ma anche l’urbanistica e l’architettura. Infatti le tecnologie di uso comune, le architetture futuriste e i piani urbani delle città ideali risultano più alla portata di mano.

Zac! Ecco il futuro. Cellulari di carta e di stoffa. Scatole di cibo parlanti. Scarpe alla moda fornite di motorini. Occhiali che focalizzano da soli l’immagine… Sono in arrivo prima che voi pensiate8

.

7

Monteleone F., Martino C., Carlo P., Science fiction, Bulzoni Editore, Roma, 2003. p.94 8Ivi, p.78.

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5.2 Hugh Ferriss, Metropolis of Tomorrow: Tra l’oggi e domani

Se nel mondo reale, uno dei più influenti progetti urbani e architettonici del secolo scorso, fu la città ideale per tre milioni di abitanti di Le Corbusier, nel mondo del cinema, la base per costruire la città immaginaria del futuro fu il progetto di Harvey Wiley Corbett e l’aggiornata e più completa visione della città del futuro di Hugh Ferriss: The Metropolis of Tomorrow (1929), una concezione della città del futuro descritta nei minimi dettagli.

Ferriss’s collection of urban designs quickly became the single most important architectural text to influence Hollywood’s interpretations of future cities (as well as skyscrapers in the 1930s.)9

.

Ferriss influenzò i set cinematografici cominciando dal già descritto Just Imagine10 fino alla megalopoli futuristica di Gotham City, Batman11.

Il suo lavoro ha il carattere di una città futuristica mai realizzata, stilisticamente antica, per questo risultò molto adatto come modello per la neogotica città in stile rétro di Batman. Altri esempi di set di fantascienza influenzati dal lavoro di Ferriss sono: The Tunnel (Regno Unito, 1935), il più recente Sky Captain and the World of Tomorrow ( Stati Uniti, 2004) e addirittura un musical, Child of Manhattan (Stati Uniti, 1933)[41] il quale, con uno skyline poco realistico sullo sfondo, ricorda molto nello stile la zona della scienza della città del futuro di Ferriss. Child of Manhattan mostra una città costruita in questo modo:

The New Types of Glass, (…) utilized not simply as windows but as walls… Buildings like crystals. Walls of translucent glass. Sheer glass blocks sheathing a steel grill… a mineral Kingdom. Gleaming

stalagmites. Forms as cold as ice12.

Lo sfondo di Child of Manhattan sembra riprendere molto le forme futuristiche di Ferriss, inclusi i ponti sospesi in aria tra due palazzi. Molto sorprendente può sembrare l’analogia tra i grattacieli mostrati nel film e le famose torri gemelle di Petronas Towers di Kuala Lumpur costruito nel 1998 da César Pelli13[41]. Al momento del completamento le Petronas Towers erano i grattacieli più alti del mondo.

9 Albrecht D., Designing Dreams: Modern Architecture in the Movies, Harper and Row, New York, 1986. p.157. 10 (cfr. cap. 2.3).

11

(cfr. cap. 3.3.7).

12

Ferriss H., The Metropolis of Tomorrow, Ives Washburn Publisher, New York, 1929. pp.100-124. 13 Skyscraper Source Media, 2015, skyscraerpage.com.

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[Fig.41] A sinistra: Petronas Towers, Kuala Lumpur (César Pelli, 1998); a destra: scena del film Child of Manhattan (Edward Buzzell, 1933), nello sfondo visibile la gloriosa città di New York, che richiama il progetto di Hugh Ferriss per la città del futuro.

Al contrario di quanto avvenuto con il cinema, il lavoro dell’architetto americano non sembra aver trovato tanto riscontro nella realtà. The Metropolis of Tomorrow è un’eccezionale e visionaria analisi delle metropoli e del loro aspetto, descrizione della New York moderna come una massa di verticali in ferro, vetro e cemento che fanno contrasto con la minuziosità del formicaio umano brulicante sulle strade della metropoli. Ferriss ha notato nel panorama delle città americane contemporanee l’apparire delle massicce torri che si scontravano con lo spazio circostante, imponendo la loro grandezza e l’aspetto colossale. Le nuove costruzioni erano spesso isolate e solitarie: in quegli anni mancavano ancora un tessuto urbano continuo, una city delineata e uno skyline definito. I segni della speculazione incontrollata degli anni precedenti erano ancora vivi. Tante delle osservazioni di Ferriss sono state anticipatorie ma queste, estrapolate dalla realtà, furono impiegate per la costruzione di una rappresentazione molto fantasiosa, che si è avverata solo parzialmente, e non nella realtà, ma sugli schermi cinematografici. Il cinema, elaborando queste fonti e mostrandole al vasto pubblico, influenzò l’idea della modernità che, consolidandosi ed evolvendosi, si applica oggi giorno nei diversi spazi urbani dell’intero globo. Il cinema si è rivelato forse più efficace nel diffondere certi

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stili architettonici e trend del presente di quanto non lo fosse il progetto della città del futuro di Ferriss.

Mentre il cinema sembra capace di mostrare il futuro delle città più dal punto di vista stilistico che concettuale, per il lavoro di Hugh Ferriss avviene l’opposto. L’autore di The Metropolis of Tomorrow ha descritto nel suo lavoro alcune peculiarità architettoniche e trend interessanti che si sono rivelati caratteristici dell’architettura dei decenni successivi, tra i quali le finestre laterali agli angoli esterni dei grattacieli come nel The Master Building di Corbett14. Si rivelò altrettanto corretta anche la previsione dell’adattamento dei livelli superiori e dei tetti dei grattacieli per i penthouse, terrazze con spazi verdi e piscine.

Tuttavia, il tentativo complessivo di Ferriss di mostrare la metropoli del domani e il suo modello della città del futuro sembrano essersi rivelati fallimentari. La città di Detroit, descritta da Ferriss cinquant'anni prima di Robocop (1987) come modello ideale degli sviluppi che dovevano condurre alla metropoli utopica15 del futuro, oggi risulta essere uno dei centri urbani più degradati degli Stati Uniti. Chi poteva prevedere che la dinamica e moderna città sarebbe cambiata così tanto in direzione opposta? Gli esempi dell’architettura del futuro citati da Ferriss, oggi sono presenti soltanto in edifici solitari, spesso trascurati o in stato di decadenza, edifici storici rimasti senza eco nell’architettura del novecento. Al contrario, lo stile architettonico si discostò diametralmente dalle massicce e pesanti forme che Ferriss estremizzava nel suo progetto, e che furono sostituite con snelle ed eleganti torri dalle forme molto più semplici, più simili invece alle costruzioni del set del film Just Imagine. Secondo Ferriss, Zoning Law avrebbe dovuto influenzare in modo molto significativo il successivo evolversi delle città e più nello specifico dei grattacieli, dandogli una forma massiccia e piramidale a scalinate16. Queste forme furono scolpite da Ferriss attraverso i quattro livelli del modellamento in riferimento allo Zoning Law approvato negli Stati Uniti all’inizio del XX secolo. I grattacieli del futuro quali pesanti forme piramidali di proporzioni mastodontiche, non hanno trovato i loro corrispettivi negli anni successivi, se non nei film di fantascienza. Si sono evoluti invece in forme sempre più semplici, slanciate, leggere e coperte con panelli in

14

Ferriss H., The Metropolis of Tomorrow, Ives Washburn Publisher, New York, 1929. p.34.

15 With a very few exceptions (such as the Superhighway project of Detroit) no design for urban traffici s now being proposed that can truly be called masterly’p.18, ‘Detroit i san exceptional city…among others…it has begun to materialize, a system of superhighways conceived in dimensions of the future.’the buildings of Detroit…there are new towering buildings. Three of which are illustrated herewith; and these are undoubtedly the forerunners of the future city.’Ferriss H., The Metropolis of Tomorrow, Ives Washburn Publisher, New York, 1929. p.42.

16

The mass after the sloping planes have been modelled into steps, Ferriss H., The Metropolis of Tomorrow, Ives Washburn Publisher, New York, 1929. p.80.

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vetro proprio come mostrava il film Just Imagine, solo di un anno successivo a The Metropolis of Tomorrow di Ferriss.

Immaginati per la prima volta dall’architetto Raymond Hood, i framework of bridges – ponti sospesi con appartamenti e uffici, teorizzati in seguito nel lavoro di Ferriss, non hanno trovato realizzazioni nel mondo contemporaneo17. Anche la supposizione di Ferriss sulla Reversion to Past Styles18 non ha poi trovato riscontro nella realtà di oggi. L’adozione, nel futuro, di caratteri architettonici classici conferiti ai grattacieli attraverso l’aggiunta di templi e cornicioni nelle parti superiori non ebbe luogo nella realtà.

[Fig.42] Il progetto dei architetti: Samuel Nagoette e Philippe Rizzotti per gli appartamenti e gli uffici incorporati nella struttura del ponte19.

Sembra proprio che la città del futuro non abbia bisogno tanto delle forme monumentali e delle costruzioni gigantesche mostrate nel The Metropolis of Tomorrow, quanto della modestia delle forme che si sposano con la natura in un organismo vivo e stimolante.

La città che domina in modo adeguato le risorse della civiltà moderna non è la città dal porto sterminato, dove le navi sbarcano merci dagli estremi del mondo; non è la città dai grattacieli torreggianti che oscurano e congestionano le strade, non è la città che possiede più larghe arterie in

17 Esistono però dei progetti in corso che suppongono costruzione dei ponti sospesi con gli appartamenti e uffici adossati ad essi come per esempio nella figura[42].

18

Ferriss H., The Metropolis of Tomorrow, Ives Washburn Publisher, New York, 1929. p.92. 19

Adele Peters, These Old Bridges Will Become Inverted High-Rise Communities, Complete With Gorgeous View, (in Fast Company, www.fastcompany.com, consultato il 25/09/2015).

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cemento, le più lunghe autostrade a due piani e le ferrovie sotterranee più sovraffollate – è la città in cui ogni quartiere è circondato da giardini e da parchi20

.

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5.3 Il risolvibile problema della congestione

Lewis Mumford, il cui lavoro ha costituito la fonte principale d’ispirazione per le categorie delle CFR, ha avuto una grande preoccupazione in comune con Ferriss: la paura della congestione. La congestione, si è detto, è un effetto di speculazione che può portare lo sviluppo della città a livelli del Gigantismo Informe e all’ipertrofia. Sia Hugh Ferriss che Lewis Mumford hanno avvertito la preoccupante congestione della New York in crescita.

La fantascienza cinematografica coglie tutte le tendenze del presente, le paure e i timori restituendoci la loro rappresentazione nell’ipotetico futuro. È il cinema di fantascienza che riprende il problema della congestione con le produzioni che mostrano le megalopoli super popolate con i grattacieli di centinaia di piani e il traffico su vari livelli. Le tendenze urbanistiche e il problema della congestione e della speculazione tipiche della categoria di CFR, del Gigantismo Informe, si sono rivelati particolarmente fertili con i già citati esempi di Blade Runner, Il Quinto Elemento, Dredd la legge sono io, Metropolis e tanti altri. Tutte queste visioni condividono una caratteristica comune: non si sono mai avverate. Queste città non sono mai esistite e non si intravede la possibilità della loro esistenza nel futuro. Al contrario, le visioni di utopiche Città Neotecniche e Biotecniche, le distopiche Megalopoli Decadute, e addirittura in parte le Insensate Città Industriali (le città industriali della Cina) trovano i loro corrispondenti reali. La bassa probabilità dell’esistenza di centri urbani del Gigantismo Informe nel futuro, sta forse nell’imminente disgregazione e crisi del centro urbano prima di raggiungere questo soffocante livello di ipertrofia.

Ciò che vale per Nuova York vale con opportune modifiche per altre metropoli e submetropoli. La fine della loro pazza espansione è vicina21.

Mumford ha teorizzato il degrado del centro della metropoli a seguito della congestione incontrollata, che in parte si è avverato con la crisi del centro e il processo di counterurbanization; ma nella maggior parte dei casi è stato un processo lento e graduale, al contrario del violento passaggio allo stadio di Necropoli teorizzato da Mumford.

Dalle analisi degli sviluppi urbani di varie città nel corso dei secoli precedenti, si può facilmente prevedere che una città come Shanghai, ormai vicina alla saturazione territoriale, cambierà meno nei prossimi 50 anni di quanto non abbia fatto negli ultimi 20 anni. Tutte le città attraversano le fasi di sviluppo, le quali a loro volta lasciano dei marchi e dei segni

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impossibili da rimuovere a meno che non subiscano un annientamento nucleare o una guerra totale. Queste fasi da me precedentemente descritte riflettono a grandi linee le visioni dello sviluppo urbano delle CFR. Le rappresentazioni cinematografiche continuano a mostrare l’espansione illimitata delle città secondo il modello di ‘copia e incolla all’infinito’ entrato in crisi già nel 1916 con l’adozione della Zoning Law. La Zonizzazione è stata avvertita come speranza di miglioramento reale della situazione, e in effetti le cose sono andate meglio del previsto. Una fetta sempre più consistente della società, diventando man mano ricca, ha preferito spostarsi in periferia (fenomeno di suburbia) invece di continuare a vivere nell’affollato centro. Manhattan (New York) ha ridotto diametralmente la sua popolazione, senza manifestare i segni del degrado, mentre i grattacieli sono cresciuti sempre più in verticale diventando più slanciati. Durante tutto il secolo scorso, fino ad oggi, la densità di abitanti per km2 è diminuita22, le infrastrutture sono state migliorate, la congestione è stata affrontata e significativamente e ridotta, diversamente da quanto veniva prognosticato all’inizio del secolo scorso. La Manhattan che nel secolo scorso era il prototipo della città del futuro, oggi sta diventando un esempio storico della city occidentale. Una città contemporanea australiana o svizzera non dovrebbe ormai subire molti cambiamenti, dato che si tratta di centri urbani saturi di popolazione e caratterizzati da un tessuto urbano ottimalizzato. L’atteggiamento di fronte all’esaurimento dell’evoluzione urbana è di panico, che ci spinge a immaginare dei mostri, come per esempio la futura San Francisco di Blade Runner. È difficile pensare che qualcuno dotato di buon senso possa costruire tali città in futuro.

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5.4 Centri urbani del presente, potenziali modelli per il futuro

Quali dunque sono gli stili urbani più influenti? Quali centri urbani diventano l’esempio da seguire? Ovviamente quelli più mediatizzati. In effetti sono le villette delle suburbia americane che sono diventate il sogno delle persone agiate di tutto il mondo. La maggior parte dei film di fantascienza più spettacolari (grazie all’uso di grandi capitali e all’accesso alle più recenti tecnologie) sono produzioni statunitensi, non sorprende allora che proprio i palazzi in cristallo e gli stili architettonici tipici del capitalismo americano, si siano diffusi in tutto il mondo accrescendo il prestigio delle città che li possedevano.

Come si è detto, sono proprio le città congestionate, con alto livello di speculazione edilizia, città che si ritrovano all’inizio della fase di sviluppo del Gigantismo Informe, che hanno la capacità e la possibilità di cambiare il corso dell’evoluzione e di diventare il modello della modernità. Molto dipende dalla situazione geopolitica, molto altro dalla congiuntura economica e altrettanto dalle scelte giuste o sbagliate della classe politica. Le città con una crescita dinamica sia dal punto di vista demografico che economico, hanno il potenziale di diventare centri globali, scatenando delle forze centrifughe. L’uscita dalla fase del Gigantismo Informe è possibile a condizione che le città in questione siano capaci di usare il loro enorme potenziale di sviluppo, incanalandolo in un corso più ordinato, regolarizzandolo man mano, espandendosi e permettendo di sviluppare i germogli della futura Città Neotecnica o Biotecnica. L’unica strada alternativa possibile sembra essere la Megalopoli Decaduta o addirittura la Necropoli. Abbiamo visto che non risulta possibile proseguire con la strada del Gigantismo Informe, Le forze motrici dell’espansione prima o poi si esauriscono, sempre più rapidamente, se il centro urbano non viene riformato. Un esempio di tale riforma è il caso di Londra, che prima della fine del XIX secolo si trasformò dall’Insensata Città Industriale in una metropoli neotecnica. Nello stesso modo, la New York, passò dall’essere un esempio eccellente della Megalopoli del Gigantismo Informe a diventare progressivamente sempre più una Città Neotecnica. Sono però le città di fondazione o quelle che devono essere ricostruite da un cataclisma o da una guerra, che sono più inclini ad accogliere i nuovi modelli urbanistici e di pianificazione, mentre come è stato rivelato in precedenza, i centri urbani con consistente stratificazione temporale come la New York o Buenos Aires, costruite e sature, mostrano quell’impaccio al movimento evolutivo e i segni dell’incapacità di riformarsi. Al giorno d’oggi il nostro sguardo si volge verso l’oriente, verso le affascinanti e dinamiche nuove metropoli della Cina orientale e pian piano verso quelle Indiane e dell’Africa. Ma esse

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sembrano ripetere gli stessi errori delle megalopoli occidentali. Bisogna riformare le metropoli, costruire Città Neotecniche e Biotecniche, non permettere alla speculazione di coprire l’intero pianeta con le ipertrofiche Megalopoli Informi. Alla riforma esiste una sola alternativa: il regresso.

Anche il cinema di fantascienza postmoderno ormai riflette il cambiamento epocale: i modelli per le città del futuro non sono più le città americane della New York o Los Angeles, ma le metropoli orientali. Le città dei film di fantascienza come l’astratta megalopoli del 2046 (Francia, Hong Kong, 2004), la città cyberpunk di Natural City (2003)[43] e la Colonia di Total Recall (2012), si ispirano chiaramente agli architetti e ai modelli urbani orientali. Persino la Los Angeles del futuro di Blade Runner (1982) viene influenzata dall’aspetto high-tech di Hong Kong. L’occidente in quanto modello per le visioni del futuro si è esaurito, sono le città orientali emergenti che sembrano molto più adatte a rappresentare la metropoli futura, e questo emergere dell’oriente sembra avvenire in parallelo con il tramonto dell’occidente. La crisi veniva avvertita già nel 1981 con 1997: Fuga da New York :

The Manhattan of the near future was a maximum-security prison. Inhabited and controlled by criminal gangs, this was a city of abandoned skyscrapers, garbage-strewn streets, and anarchy. The view of energized crowds of earlier cinematic New York disappeared from the silver screen23.

e in misura ancora maggiore nel film Looper, nella scena in cui Joe ha una breve conversazione con il suo superiore:

Abe: Why the fuck French? Joe: I'm going to France. Abe: You should go to China. Joe: I'm going to France.

Abe: I'm from the future. You should go to China.

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[Fig.43] Sopra: il panorama di Shanghai (2015)24; in basso: scena del film Natural City (Corea del Sud, 2003).

In Looper, la città Americana di Kansas City viene rappresentata in preda alla criminalità organizzata, Megalopoli Decaduta, mentre la Shanghai del futuro è una luccicante e dinamica Metropoli Neotecnica ibrida con forte connotazione del Gigantismo Informe. Sono

24

Immagine disponibile su

http://il1.picdn.net/shutterstock/videos/6480488/thumb/1.jpg?i10c=img.resize(height:160) consultato il 24/10/2015.

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passati i tempi di Metropolis (1927) e Just Imagine (1930)25. Forse l’ultima rappresentazione del glorioso periodo di New York è la sua apoteosi con Il Quinto Elemento (Francia, 1997).

(…) so massive changes in structure and construction of the cities in the beginnings of science fiction cinema could be explained by impressive changes in the urban space that happened in between XIX

and XX century demographic revolution, industrial revolution and new cities appeared in few decades, expectations for the future could be unexpected. If compared imagination to today’s

projections new movies are not so optimistic for changes as old ones26.

Sia lo stadio del Gigantismo Informe che quello di Insensata Città Industriale prevedono enormi flussi di capitale e forze centrifughe attrattrici che, sprigionatesi, stimolano l’espansione. Le forze iniziali, incanalate in modo ordinato e coerente, possono ‘scolpire’ innovative città del futuro partendo dalla massa informe. Al contrario, la stessa forza lasciata a se stessa, agisce in modo incontrollato, si esaurisce e provoca danni a lungo termine nella struttura urbana.

25

(cfr. cap. 2.3). 26

Cornea C., Science fiction cinema between fantasy and reality, Edinburgh University Press, Edinburgh, 2007. p.18.

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5.5 Il futuro quale figlio delle paure del presente

Ritornando al problema della crisi dell’occidente il critico inglese, Jefrey Richards sostiene che:

Contemporary cultural anxieties have been projected onto the future in science fiction cinema: the Cold War and fear of Soviet invasion, the destructive potential of super-weapons, concern about changes in gender relations, the ruthless onward march of corporate capitalism, fear of man-made

machines running out of control27.

Guardando i film di fantascienza si può avere l’impressione che la maggior parte di essi tendano a mettere in scena proprio le paure e timori del presente, piuttosto che immaginare un futuro di speranza, pace e felicità. Con tutte le minacce che incombono, con la sensazione di instabilità che ci viene trasmessa ogni giorno da televisione, giornali e ultimamente anche dai social network, ci risulta molto difficile credere in un futuro brillante.

(…) science fiction (…) film reflect world-wide anxieties, and they serve to allay them28

.

E ancora Christine Cornea:

(…) events of 11 September 2001 could influence entire genere of science fiction29

.

Qualsiasi rappresentazione utopica della città del futuro ci sembra falsa e poco credibile, tanto che spesso assume una connotazione pseudoutopica. In effetti, basta prendere come esempio un film in cui viene rappresentata la verde e pulita metropoli Biotecnica del futuro; le persone felici sulle strade, moderne strutture in acciaio e vetro: lo spettatore sin dai primi minuti del film comincia a interrogarsi sulla veridicità di questa realtà, aspettandosi il peggio; forse è un grande fratello a controllare tutto il funzionamento della metropoli all’insaputa dei cittadini, o forse la visione della vita futura in armonia e felicità è solo

27

Cull C.J., John N., Projecting Tomorrow: Science Fiction and Popular Cinema, I.B. Tauris, Londra, New York, 2013. Introduzione, p.13.

28

Susan Sontag, The imagination of Disaster, (New York: Farrar, Straus and Giroux, 1964), p.42. 29

Cornea C., Science fiction cinema between fantasy and reality, Edinburgh University Press, Edinburgh, 2007. p.11.

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un’illusione come la realtà di Matrix, oppure una minaccia imminente sta per sconvolgere quest’ordine delle cose.

Sono il persistente senso di minaccia e il sentimento di insicurezza che ci pervadono mentre guardiamo un film di fantascienza, la realtà futura ci sfugge, non la conosciamo e ci spaventa.

Il futuro è invenzione continua, scherzo e parodia del presente, progetto che non si può verificare e

che sfugge di mano ai suoi goffi ideatori, al massimo territorio di desideri, privo di qualunque certezza e razionalità. In fin dei conti, è questa la lezione che ritroviamo nelle opere dello scrittore di

fantascienza attualmente più celebrato, l’americano Philip K. Dick, morto nel 1982, in cui non cerchiamo certo alcuna autentica previsione scientifica, ma invece, appunto, il senso dello smarrimento derivante dalla incerta identità di individui sempre in balia degli eventi, anche quando

credono di poterli controllare o addirittura. predeterminare30.

Forse sono l’incertezza e lo smarrimento descritti da Carlo Pagetti che si esprimono in gran parte delle produzioni di fantascienza cinematografica. La nostra incapacità di affrontare il futuro è lo specchio della nostra incapacità di affrontare il presente. La rappresentazione filmica di ‘Day After’, così frequente negli ultimi anni, riflette l’attuale clima di instabilità climatica, politica ed economica.

L’uomo non riesce ad affrontare il presente, la città che è il simbolo di civiltà non è stata riformata, il Gigantismo Informe sembra diffondersi quale modello ortodosso, nel mondo ordinato secondo le esigenze del capitalismo corporativo.

Le grandi città sono destinate, se continuiamo nelle direttive attuali, a diventare fornaci e crematori: necropoli nel senso più lugubre. Fin tanto che la nostra civiltà prosegue per la strada odierna, su ogni

possibile uscita, a grandi lettere, è scritto Morte31

.

L’Oriente emergente sembra ripetere gli stessi errori dell’occidente. Come nel passato; ci sono stati prototipi e tentativi di costruire delle città giardino, come le satellitari Garden City attorno London (Letchworth Garden City e Welwyn); esse furono soffocate dalle crescenti megalopoli. Allo stesso modo, oggi giorno, le città verdi si riducono a soli quartieri sperimentali, confinati alla periferia delle crescenti megalopoli ipertrofiche di nuova generazione. Il bisogno di istituire l’equilibrio metropolitano è cancellato dall’ammassamento di popolazione tradotto in crescita economica.

30

Monteleone F., Martino C., Pagetti C., Science fiction, Bulzoni Editore, Roma, 2003. p.84. 31 Mumford L., La cultura delle città, Edizioni di Comunità, Milano, 1954. p.291.

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Anche se ci ritroviamo incapaci di agire e cambiare le cose, avvisiamo la crisi e le minacce che di giorno in giorno si moltiplicano. È con il cinema che la società postmoderna esprime il proprio disagio; non è un caso infatti, che Interstellar (Stati Uniti, 2014), uno dei recenti film di fantascienza che mostra il mondo sconvolto dalle tempeste di sabbia e da crescenti difficoltà di approvvigionamento alimentare, sia diventato un film di grande successo commerciale. Interstellar, come anche il film di animazione Wall-E (Stati Uniti, 2008) e come tanti altri, racconta la storia dell’uomo colpevole della distruzione dell’ecosistema terrestre, e la conseguente impossibilità di vita al suo interno.

L’era dell’insensibile pioniere che riduceva a deserto una zona particolare, scheggiava le sue risorse naturali e poi proseguiva, è finita; non ci è rimasto un posto dove andare32.

Lo stesso avviene per la protagonista del film Divide (Canada, Germania, Stati Uniti, 2011) che, dopo essere sopravissuta a un conflitto nucleare rifugiandosi dentro un seminterrato, una volta uscita alla superficie deve affrontare la triste realtà: non ci è rimasto un posto dove andare, come per i due protagonisti del film The Road (Stati Uniti, 2009) che attraversano con speranza la realtà postatomica del grigio deserto freddo senza fine.

Queste rappresentazioni regressive delle città Necropoli e delle metropoli del Gigantismo Informe, grazie all’evoluzione delle tecnologie e alle immagini di sintesi, diventano sempre più sofisticate; possiamo quasi toccare i polverosi arredi delle case abbandonate, immergerci nell’ambiente urbano svuotato, guscio dove l’uomo non c’è quasi più o è spinto ai margini dell’esistenza.

Tuttavia esiste quasi sempre una nota di speranza nell’umanità dell’uomo, come nel finale di The Road. Esiste la speranza di un’oasi dove poter trovare rifugio, come nel postatomico The Book of Eli (Stati Uniti, 2010) o nella serie Mad Max (Australia, Stati Uniti, 1979-2015). Esiste la speranza nella scienza come in Wall-E dove a ritrovare la piccola pianta, preziosissimo segno della vita sulla terra, è un robot, o in Interstellar, dove una mitica formula scientifica permette all’uomo ‘sopravvivere alla terra’. Il segno di speranza viene rappresentato in diverse forme, anche attraverso le già menzionate33 panoramiche romanti-cizzate delle megalopoli ipertrofiche.

32

Ivi, p.291. 33 (cfr. cap. 2.3.7).

(18)

132

Le città mostrano i fenomeni di sviluppo interrotto, di morte parziale, e di rigenerazione spontanea. Città e culture cittadine possono avere inizi improvvisi dopo gestazioni lunghe: e sono capaci di

prolungarsi quali organizzazioni materiali attraverso i periodi vitali di più di una cultura34.

Malgrado tutte le rappresentazioni distopiche del cinema di fantascienza, c’è sempre una luce di speranza. Veramente poche distopie urbane prodotte durante l’ultimo secolo si sono avverate, mentre quasi tutte le rappresentazioni utopiche o progressive hanno trovato i loro corrispettivi nella realtà35. L’uomo è stato sempre capace di adattarsi alle circostanze sfavorevoli uscendone sempre più forte. Lo ha confermato riformando all’inizio del XX secolo le marce strutture dell’insensata Città Industriale e sostituendole con la nuova Città Neotecnica. Oggi con i nuovi prototipi delle città biotecniche, forse sta emergendo un nuovo tipo di economia globale, lo circular economy36.

Il fiorente cinema di fantascienza si rivela particolarmente adatto a esprimere quel carattere ibrido e frammentario della società postmoderna caratterizzata dal persistente senso di malessere. Al contrario, il genere, accogliendo facilmente le nuove tecnologie, ha contribuito allo sviluppo della società postmoderna per essere in seguito da essa divorato. Col montaggio cinematografico degli frammenti del presente, si costruisce un futuro incerto, viene restituita la confusione del mondo stravolto dai contrasti regionali e locali, scatenati al livello globale in un moto vorticoso sospinto dal mito della crescita economica. I cicli di sviluppo della città invece, analizzati da Lewis Mumford e adottati nel presente lavoro per descrivere le visioni delle città di fantascienza cinematografica, sembrano coincidere con la ciclicità dello sviluppo di intere società, imperi e di conseguenza la fatale ripetitività dei conflitti militari. Di fronte ad un possibile conflitto globale, l’umanità ha soltanto due strade: il rinnovamento totale o la Necropoli.

Nello scorso secolo, nel cinema di fantascienza, erano state le minacce esterne: gli alieni e i mostri mettere a repentaglio l’umanità, oggi ineluttabilmente l’uomo stesso.

34

Mumford L., La cultura delle città, Edizioni di Comunità, Milano, 1954. p.304. 35

(cfr. cap. 2.2).

36

Dzierżek A., Gospodarka okrężna – to może byd największa rewolucja od 250 lat, (in Forsal, forsal.pl, consultato il 28/09/2015)

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