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Posso rifiutarmi di lavorare in un giorno festivo?

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Posso rifiutarmi di lavorare in un giorno festivo?

Autore: Maria Monteleone | 20/10/2016

Legittimo astenersi dal lavoro durante le festività: il datore di lavoro è comunque tenuto a pagare la retribuzione.

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Il lavoratore può legittimamente rifiutarsi di lavorare in un giorno festivo senza che ciò possa determinare il mancato pagamento o la riduzione della retribuzione.

Tale regola vale a prescindere dal fatto che il lavoratore abbia dato o meno una valida giustificazione del rifiuto e comunque indipendentemente dalle disposizioni contrattuali. Prevale infatti la legge che prevede il diritto del lavoratore alla retribuzione anche per i giorni festivi non lavorati.

È quanto ricordato da una recente sentenza della Cassazione [1].

Il diritto del lavoratore di astenersi dall’attività lavorativa in caso di festività non può essere mai sacrificato e ha carattere generale; di conseguenza non rilevano le ragioni che hanno determinato l’assenza di prestazione.

Il trattamento economico deriva direttamente dalla legge e non possono avere alcun rilievo le disposizioni del contratto individuale o del contratto collettivo che prevedono il mancato pagamento della giornata non lavorata. Tali disposizioni possono prevedere al massimo delle sanzioni disciplinari qualora il rifiuto di svolgere l’attività lavorativa sia effettivamente ingiustificato.

Secondo li giudici, dunque, il rifiuto di lavorare durante i giorni festivi non può incidere sulla busta paga dato che è la legge a prevedere la retribuzione della festività non lavorata.

Il datore di lavoro non può omettere il versamento della retribuzione neppure nell’ipotesi in cui il contratto collettivo di riferimento presuppone un valido motivo del rifiuto e quest’ultimo non viene fornito dal lavoratore.

La Cassazione ha spesso affermato il principio secondo cui nei giorni festivi non esiste un obbligo del lavoratore di prestare la propria attività lavorativa: «Il

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lavoratore può prestare servizio nelle festività infrasettimanali celebrative di ricorrenze religiose o civili soltanto su accordo con il datore di lavoro; mentre non può essere obbligato in via unilaterale da parte del datore di lavoro» [2].

Quali sono i giorni festivi?

Si ricorda che i giorni festivi nei quali non è obbligatorio lavorare sono [3]:

primo giorno dell’anno;

il giorno dell’Epifania (6 gennaio);

il 25 aprile: anniversario della liberazione;

il giorno di lunedì dopo Pasqua;

il 1 maggio: festa del lavoro;

il giorno della festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo (solo a Roma);

il 2 giugno;

1 novembre (il giorno di Ognissanti);

8 dicembre (il giorno della festa dell’Immacolata Concezione);

25 dicembre (il giorno di Natale);

il giorno 26 dicembre.

Note

[1] Cass. sent. n. 21209 del 19.10.16. [2] Cass. sent. n. 16634/2005. [3] Art. 2 L.

260/1949.

Sentenza

Corte di Cassazione, sez. Lavoro, sentenza 12 luglio – 19 ottobre 2016, n.

21209 Presidente Amoroso – Relatore Bronzini Svolgimento del processo

Il Tribunale di Bergamo con sentenza n. 613/09 accoglieva la domanda proposta da un gruppo di dipendenti della Dalmine spa di condanna della società datrice di

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lavoro a retribuire la festività dell'8.12.2005. La Corte di appello di Brescia con sentenza dei 11.10.2010 rigettava l'appello della Dalmine; la Corte territoriale ricordava che la giornata dell’8 dicembre rientrava ai sensi dell'art. 2 L. n. 260/49

(nel testo sostituito dalla legge n. 90/1954) tra le festività per le quali spettava il diritto ad astenersi dal lavoro o, in caso di effettuazione della prestazione, anche

un compenso aggiuntivo; tali disposizione non può essere modificata in senso peggiorativo dalla contrattazione collettiva. Per la Corte territoriale non poteva

condividersi, alla stregua della giurisprudenza di legittimità, la tesi della parte appellante secondo la quale il lavoratore che non abbia svolto l'attività lavorativa durante la detta festività come nel caso in esame potrebbe rivendicare la normale

retribuzione solo se la sua assenza sia dipesa da uno dei motivi indicati dalla disposizione, posto il carattere generale delle regola di diritto alla festività normalmente retribuita. Tale diritto non risultava inciso dall'art. 8 CCNL comma 14 parte speciale del CCNL per cui " nessun lavoratore può rifiutarsi. Salvo giustificato motivo, dì compiere lavoro straordinario, notturno e festivo": il detto rifiuto non fa

infatti perdere il diritto alla normale retribuzione attribuito direttamente dalla legge, ma semmai poteva dar luogo ad una sanzione disciplinare. Per la cassazione

dl tale decisione propone ricorso la Dalmine con un motivo corredato da memoria;

resistono le parti intimate con controricorso.

Motivi della decisione

Con il motivo proposto si allega la violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 5 della legge n. 260/49; della legge 31 marzo 1954, n. 90; degli artt. 1362 , 1363, 1368, 1371 c.c. con riferimento all'art. 5 parte speciale sezione III co. 14 del CCNL del 7.5.2003 per l'industria metalmeccanica. Non spettava la richiesta retribuzione in quanto non vi era stata prestazione lavorativa avendo Indebitamente I lavoratori

Intimati rifiutato di lavorare nonostante la previsione di cui all'art. 12 CCNL. Si trattava di un indebito rifiuto che paralizzava la pretesa ai pagamento della prestazione lavorativa; il CCNL prevedeva la possibilità di richiedere la prestazione

anche in caso di festività in cambio di numerosi trattamenti di miglior favore. La giurisprudenza di legittimità non aveva adeguatamente valutato il caso del lavoratore che non presta la propria attività lavorativa per sua espressa volontà, per giunta contraria alle previsioni della contrattazione collettiva. Il motivo appare

infondato; la sentenza impugnata ha deciso la controversia alla luce, come ammette la stessa parte ricorrente, della ormai consolidata giurisprudenza della Corte di legittimità ( ( Cass. n. 91761997; Cass/2004), che si condivide pienamente e cui si intende dare continuità secondo la quale il diritto dei lavoratore di astenersi dall'attività lavorativa in caso di festività è pieno ed ha carattere generale e quindi

non rilevano le ragioni che hanno determinato l'assenza di prestazione, peraltro stabilita per legge. Il trattamento economico ordinario deriva, come ha correttamente specificato già la Corte di appello, direttamente dalla legge e non

possono su questo piano aver alcun rilievo le disposizioni contrattuali, la cui

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legittimità non rientra nel thema decidendum della presente controversia, che potrebbero avere, al più, un rilievo disciplinare. Non devono affrontarsi le considerazioni svolte sui ricorso circa lo "scambio" che sarebbe stato effettuato in

sede contrattuale tra obbligo di svolgere il lavoro straordinario e trattamento di miglior favore in ordine a numerosi istituti sia perché il CCNL non è stato prodotto,

né si è indicato l'incartamento processuale ove lo stesso sarebbe reperibile, sia perché non si ricostruisce come tali difese siano state introdotte nei precedenti gradì dei giudizio. Si deve quindi rigettare il proposto ricorso: le spese di lite-

liquidate come ai dispositivo seguono la soccombenza in favore delle parti costituite, nulle nei confronti delle residue parti intimate.

P.Q.M.

La Corte: rigetta il ricorso. Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che si liquidano in curo 4100,00 di cui curo 4.000,00 per

compensi, oltre spese generali al 15% ed accessori come per legge. Nulla nei confronti delle residue parti intimate

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