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PROPOSTE DELLA CGIL LODI PER LA SANITA. Marzo 2021

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PROPOSTE DELLA CGIL LODI PER LA SANITA’

Marzo 2021

Premessa

Il Servizio Sanitario Regionale durante la pandemia da Covid ha mostrato e mostra tuttora gravi inefficienze ed una sostanziale inefficacia nell’affrontare adeguatamente la pandemia e nell’offrire risposte all’ordinaria domanda di salute.

Il punto di maggior debolezza si è riscontrato nella Medicina del Territorio, con gravi conseguenze sulla tenuta del sistema ospedaliero e in definitiva con un prezzo di vite umane, che, almeno in parte, si poteva evitare.

Il lodigiano non ha fatto eccezione, al netto dell’enorme impegno profuso dagli operatori, medici, infermieri e il restante personale sanitario, sia negli ospedali, sia da quelli che hanno agito sul territorio, ad iniziare dai MMG.

Le carenze del SSR erano presenti e ben conosciute da tutti anche prima del Covid e la pandemia le ha fatte esplodere in tutta la loro drammaticità.

La sanità lombarda, fin dalle leggi sulla sanità di Formigoni, nella seconda metà degli anni ’90, ha privilegiato il sistema ospedaliero, mettendo in concorrenza le strutture pubbliche con quelle private, ed ha investito sempre meno nella sanità sul territorio e nella prevenzione. Questo approccio ospedalocentrico della politica regionale, negli anni ha desertificato il sistema dei servizi territoriali, riducendo ai minimi termini il personale dedicato alla prevenzione e a servizi come l’assistenza domiciliare integrata, servizi psichiatrici, SerD, servizio minori, portando alla sostanziale privatizzazione di molti di questi servizi.

La Legge Regionale 23/2015 (c.d. Riforma Maroni della Sanità Lombarda), che sulla carta doveva invertire la rotta, restituendo strutture e personale al territorio, in realtà, nella sua fase applicativa, ha dato il colpo di grazia proprio alla medicina sul territorio. La trasformazione delle Aziende Ospedaliere in ASST, con l’acquisizione da parte di quest’ultime dei servizi territoriali ancora gestiti dalle ex ASL, ha determinato che le ASST hanno ulteriormente drenato infermieri dai neo acquisiti servizi territoriali, per coprire le carenze di organico dei reparti, lasciando così il territorio ancora più povero di risorse.

Le strutture di raccordo con il territorio, previste dalla Legge 23/15, cioè i POT (Presidi Ospedalieri Territoriali) e i PRESST (Presidi Socio Sanitari Territoriali) sono state realizzate solo sulla carta o non sono mai state implementate: nel Lodigiano abbiamo il POT di Sant’Angelo, un perfetto sconosciuto per i cittadini, e il PRESST non è mai stato costituito. I PRESST per definizione, sono i luoghi in cui si dovrebbe realizzare l’integrazione tra ospedale e territorio, cioè tra i servizi della ASST, le professioni sanitarie, i MMG/PLS, i servizi comunali, i servizi sociali e gli infermieri di comunità/famiglia; quindi il luogo dove si sviluppa e dove si gestisce la sanità sul territorio. Nel lodigiano questa struttura non è mai stata realizzata e i vari soggetti (MMG, ADI, etc.) che operano sul territorio, non agiscono in un sistema di rete, operano scollegati fra loro, in modo disorganico ed inefficace.

Con l’arrivo della pandemia una sanità territoriale come quella descritta, non è riuscita ad arginare l’ondata di contagi e i malati di Covid si sono concentrati negli ospedali, mettendo fortemente in crisi tutto il sistema.

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Una breve fotografia degli ospedali e del territorio del lodigiano durante le prime due fasi della pandemia

Il sistema ospedaliero lodigiano è costituito di 4 Ospedali: quelli di Lodi e Codogno sono ospedali per acuti e sono dotati del Sistema Emergenza Urgenza, ovvero hanno al loro interno il pronto soccorso e la terapia intensiva. L’ospedale di Casalpusterlengo ha una vocazione oncologica e riabilitativa. Quello di Sant’Angelo è un polo riabilitativo ed ha un reparto di malattie infettive.

Nelle prime ore della pandemia il pronto soccorso e la terapia intensiva dell’ospedale di Codogno sono stati chiusi ed il personale è stato trasferito all’ospedale di Lodi, dove è stato organizzato con fatica, per problemi di spazio, un pronto soccorso a doppio binario: “Covid” e “No Covid”. Questa riorganizzazione è stata mantenuta fino agli inizi di giugno, quindi per tutta la durata della prima fase pandemica.

Nelle settimane successive al 20 febbraio 2020, gradualmente, l’Ospedale di Lodi è stato completamente riorganizzato in funzione della gestione dei malati Covid, con chiusure ed accorpamenti di reparti. Quasi subito è stata sospesa tutta l’attività chirurgica programmata ed anche l’attività ambulatoriale: sono state sospese, nella prima fase della pandemia circa 90 mila prestazioni sanitarie, di cui molte migliaia non sono ancora state recuperate.

L’ospedale di Casalpusterlengo è stato sostanzialmente svuotato, lasciando solo l’hospice oncologico, MAC oncologiche e radioterapia ed accorpando gli altri reparti (cure intermedie, riabilitazioni specialistica, geriatria e posti letto oncologici) con la medicina dell’ospedale di Codogno, spostando in questo presidio parte del personale.

Successivamente, a maggio, è stato accreditato e aperto a Casalpusterlengo un reparto Covid per pazienti a bassa intensità assistenziale, di 60 posti letto, di cui ne sono stati utilizzati al massimo 15 contemporaneamente.

Anche l’ospedale di S. Angelo è stato riorganizzato in funzione del Covid, mettendo tutti i reparti, tranne quello di riabilitazione specialistica, a disposizione dei pazienti Covid non gravi.

Il 9 marzo 2020, il Governo emanava il D.L. Rilancio che, fra le altre cose, prevedeva che le Regioni, entro 10 giorni, costituissero le USCA (Unità Speciali di Continuità Assistenziale), cioè sostanzialmente delle squadre di medici al servizio della gestione domiciliare dei pazienti affetti da Covid, che non necessitano di ricovero ospedaliero. Queste unità erano state immaginate allo scopo di evitare il più possibile gli accessi evitabili ai pronto soccorso e ai reparti ospedalieri. Il Decreto prevedeva l’implementazione di 1 USCA ogni 50 mila abitanti, cioè 4 nel Lodigiano. Sul nostro territorio è stata costituita 1 sola USCA, a metà aprile, che ha funzionato solo fino a giugno 2020.

Lo stesso D.L. prevedeva l’immissione sul territorio di infermieri di comunità/famiglia (38 per il Lodigiano), che dovevano coadiuvare l’attività dei MMG e delle USCA, per la gestione domiciliare dei pazienti Covid: questi infermieri non sono mai stati operativi sul territorio né nella prima, né nella seconda ondata della pandemia.

Quindi possiamo affermare che nella prima fase della pandemia non vi è stato quasi nessun argine sul territorio, in grado di limitare i ricoveri in ospedale dei malati di Covid.

Peraltro, i posti letto in terapia intensiva, che negli ospedali lodigiani prima del Covid erano 7 a Lodi e 4 a Codogno, pur incrementati di qualche unità dopo lo scoppio della pandemia, sono risultati, per quasi tutta la prima fase pandemica, assolutamente insufficienti per fronteggiare le necessità del territorio e i malati Covid venivano trasportati negli ospedali di Pavia, Milano ed altri territori.

Inoltre, durante la prima fase della pandemia, il personale degli ospedali lodigiani è risultato gravemente insufficiente ed il sistema non è collassato solo grazie ad un’iniezione massiccia di personale libero professionista, che fortunatamente si è reso disponibile a venire a lavorare a Lodi, e per l’aiuto di Medici ed infermieri dell’Esercito e di Emergency.

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Quindi, se la medicina del territorio era, ed è, assolutamente inadeguata ad affrontare la pandemia, anche gli ospedali erano assolutamente impreparati e dobbiamo solo ringraziare medici ed infermieri se il sistema non è sprofondato!

Un ulteriore grave problema per la salute dei cittadini lodigiani, sorto durante la prima fase del Covid e che perdura tutt’oggi, è la sospensione in molti casi o comunque l’allentamento delle cure per i malati no Covid, anche con patologie severe, da quelle oncologiche a quelle dell’apparato cardiovascolare:

purtroppo le statistiche confermano, anche nel nostro territorio, un aumento della mortalità per infarto e tumori e questo è il segno drammaticamente tangibile della grave perdita di opportunità di cura subite anche dai pazienti no Covid, dovuta alla riorganizzazione della sanità causa Covid e dall’impreparazione ad affrontare la pandemia.

Nel periodo estivo, quando la pandemia è regredita, l’assetto degli ospedali lodigiani è parzialmente tornato quello pre-Covid, ma troppo lentamente e senza un piano organico, peraltro previsto dalla normativa nazionale e dalle delibere regionali, tale da rendere impossibile il recupero totale delle prestazioni sospese in primavera. Peraltro, mentre ancora si operava per ripristinare l’assetto pre Covid degli Ospedali, ad ottobre 2020, è iniziata la seconda ondata di contagi e quindi l’ASST ha nuovamente riorganizzato gli Ospedali in funzione del Covid, non totalmente come in primavera e senza sospendere nuovamente tutte le prestazioni no Covid, ma comunque mantenendo il sistema al minimo e senza riuscire a recuperare le prestazioni sospese. La seconda ondata è stata affrontata dal sistema quasi con la stessa impreparazione della prima, come se non fosse stata ampiamente prevista.

A pagare maggiormente la sospensione dell’attività sanitaria ordinaria, sono state soprattutto le persone appartenenti ai ceti più deboli, quelle che non hanno avuto e non hanno la possibilità economica di rivolgersi alla sanità privata per eseguire esami e visite non erogate dal servizio pubblico. Su questo tema si dovrà porre la massima attenzione, perché se il problema dell’accesso alle cure per le persone economicamente più fragili c’era anche prima del Covid, oggi è aumentato esponenzialmente.

Ma, la più grave inadempienza del Sistema sanitario locale, nel periodo di tregua estiva del Covid, è stata quella di non riorganizzare la sanità sul territorio, in vista di un probabile, poi avvenuto, ritorno della pandemia in autunno.

Ancora oggi che siamo alla fine di marzo 2021, gli Infermieri Professionali di Famiglia/Comunità, previsti dal DL emergenziale del marzo 2020, che avrebbero dovuto essere operativi da settembre 2020, ai sensi della Delibera Regionale del 5.8.2020, sono in formazione (dovrebbe concludersi ad ottobre), non sono operativi sul territorio per gli scopi previsti e solo alcuni di loro hanno iniziato in queste settimane ad operare nella campagna vaccinale a domicilio per le persone non autosufficienti.

Le USCA, stante le dichiarazioni dell’ASST, oggi sarebbero diventate 2 (comunque non 4 come previsto dalla norma), ma quella prevista a Casalpusterlengo per ora non ci risulta attivata e l’unica in funzione per tutto il territorio è ancora quella di S. Angelo costituita in primavera 2020.

I MMG continuano ad operare con le stesse forze e gli stessi numeri pre Covid.

Inoltre, manca completamente un piano di coordinamento delle attività territoriali, che pure è previsto dalla Legge e dalla Delibera Regionale di agosto scorso, che prevedeva per l’appunto, un Coordinamento per la Rete Territoriale, addirittura per ogni Distretto (quindi più di uno nel lodigiano), in ciascuno dei quali dovrebbero essere rappresentati i MMG/PLS, i Comuni, i Piani di Zona e che dovrebbero elaborare piani territoriali per la gestione della pandemia.

Tutto ciò ad oggi, è inesistente nel Lodigiano!

Inoltre, non vi è stato nessun potenziamento del sistema dei mezzi di soccorso (ambulanze ed auto mediche), sistema che nella prima ondata pandemica non è stato in grado di rispondere adeguatamente al fabbisogno nonostante l’aiuto, in termini di mezzi e personale, di associazioni di primo soccorso del mantovano. Anzi una recente riorganizzazione del servizio, annunciata da AREU, prevede che gli operatori di ambulanza, che ora sono 3 per equipaggio, diventino 2, con grave pregiudizio per la sicurezza di operatori e pazienti.

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Per concludere, si può affermare che, nonostante la dura lezione impartita dal Covid, a distanza di un anno, la sanità sul territorio lodigiano, ad oggi, è rimasta sostanzialmente quella pre-Covid, quindi assolutamente inadeguata a fronteggiare questa ed eventuali future pandemie.

La rete ospedaliera ha quantomeno fatto esperienza nella prima fase della pandemia ed ora è sicuramente più preparata ad affrontare l’emergenza sanitaria Covid, più per l’abnegazione degli operatori sanitari che non per una razionale organizzazione del sistema.

Ora si apre una nuova fase con l’arrivo dei vaccini. Anche la campagna vaccinale è partita per gli operatori sanitari ad inizio gennaio nella completa disorganizzazione del sistema e anche la vaccinazione degli over 80 ha registrato gravi criticità dal punto di vista organizzativo. Anche per quanto riguarda i non autosufficienti, non solo anziani, che vivono al loro domicilio, si registrano gravi ritardi e una sostanziale mancanza di presa in carico del problema da parte delle istituzioni sanitarie e dei Comuni; vi sono persone non in grado di prenotare in modo autonomo la vaccinazione e con un supporto famigliare assente o carente, che risultano sostanzialmente invisibili al sistema e vengono annoverati fra coloro che non intendono vaccinarsi: per queste persone, non poche, va pensata una soluzione, che potrebbe essere quella di un contatto da parte del MMG per verificare la volontà della persona a vaccinarsi e la relativa presa in carico per la prenotazione.

Però i vaccini non risolvono immediatamente tutti i problemi sopra decritti; essi vanno risolti, potenziando la medicina del territorio e l’efficienza degli ospedali lodigiani.

Le proposte di riorganizzazione della sanità lodigiana: completa funzionalità degli ospedali;

potenziamento del polo territoriale e del polo ospedaliero.

La riorganizzazione della sanità lodigiana deve muoversi lungo due direttrici, strettamente intrecciate fra loro: il ritorno alla piena funzionalità degli ospedali, anche quelli periferici e l’utilizzo pieno e ben speso delle risorse aggiuntive stanziate nell’ultimo anno, per il potenziamento della medicina territoriale ed il riordino della rete ospedaliera.

Il Fondo Sanitario Nazionale nel 2020, rispetto al 2019, risulta incrementato di circa 6 miliardi:

• 2 miliardi dalla Legge di Bilancio;

• 1,4 miliardi dal DL Cura Italia;

• più di 3 miliardi dal DL Rilancio.

• Il recente Decreto Sostegni ha stanziato altre risorse per la campagna vaccinale.

Le risorse aggiuntive apportate al Fondo sanitario per fronteggiare l’emergenza Covid19, debbono essere pienamente utilizzate e costituiscono una opportunità per migliorare stabilmente servizi, apporto di personale e ammodernamento tecnologico.

È necessaria la ripresa dell’attività ordinaria in tutti gli ospedali, appena le condizioni della pandemia lo renderanno possibile. Nel frattempo occorre garantire comunque un livello adeguato di attività ambulatoriale e chirurgica. Sarà indispensabile ripristinare la piena e completa funzionalità degli ospedali nel post covid.

Ospedale di Lodi: in riferimento alle dichiarazioni apparse sulla stampa della dirigenza Asst che narrava di un presidio di secondo livello, riteniamo sia necessario e sufficiente che a Lodi sia ripristinato un buon presidio ospedaliero di I livello, dotato di tutte le specialità e le UU.OO. previste dalla normativa vigente (Ostetricia e Ginecologia, Pediatria, Cardiologia con Unità di Terapia Intensiva Cardiologica (U.T.I.C.), Neurologia, Psichiatria, Oncologia, Oculistica, Otorinolaringoiatria, Urologia, oltre alle specialità previste per i Presidi di Base, ovvero Pronto Soccorso, Medicina interna, Chirurgia generale, Ortopedia, Anestesia e servizi di supporto in rete di guardia attiva e/o in regime di pronta disponibilità sulle 24 ore

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(h.24) di Radiologia, Laboratorio, Emoteca, oltre che di posti letto di “Osservazione Breve Intensiva”), con la copertura di tutte le posizioni dirigenziali (Primari) ancora vacanti.

Ospedale di Codogno: riaffermiamo la necessità di un ospedale per acuti (Presidio Ospedaliero di Base) in grado di servire il territorio della bassa lodigiana, il che non può prescindere dalla presenza del pronto soccorso e della terapia intensiva; rivendichiamo un potenziamento dell’attività chirurgica, la riapertura del Punto nascita/ostetricia/ginecologia/pronto soccorso pediatrico e della riabilitazione cardiologica;

Ospedale di Casalpusterlengo: riaffermiamo la necessità di un polo oncologico/ riabilitativo, con il mantenimento delle MAC oncologiche (macroattività ambulatoriali complesse), della radioterapia ed il ritorno completo dei reparti spostati a Codogno (degenze oncologiche, riabilitazione specialistica, geriatrica, reparto sub acuti), ad oggi o non riaperti o riaperti con riduzione dei posti letto;

Ospedale di Sant’Angelo: riaffermiamo la necessità del mantenimento della vocazione riabilitativa del presidio e dell’U.O. Infettivi.

Si potrebbero invece valorizzare sia l’Ospedale di Casalpusterlengo che quello di Sant’Angelo, sul modello Casa della Salute (da ultimo previsto anche dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza), con le possibilità date dalla legislazione lombarda, cioè realizzare le strutture di integrazione ospedale-territorio previste dalla L.R. del 2015 e non realizzate o rimaste al palo, sviluppando per esempio tutte le potenzialità del Pot (Presidio ospedaliero territoriale) di S.Angelo ed aprendo un PreSST (Presidio socio sanitario territoriale) a Casalpusterlengo.

Riteniamo uno spreco di risorse pubbliche l’ultimo Piano di ristrutturazione annunciato, dei 4 Presidi Lodigiani, per un costo complessivo di oltre 102 milioni di euro; la ristrutturazione prevista, infatti,

“rimescola” sui 4 Presidi attività e Unità Operative già esistenti: si vuole portare l’U.O. Infettivi da Sant’Angelo a Lodi, spostare la radioterapia da Casalpusterlengo a Codogno, spostare l’Hospice Oncologico da Casalpusterlengo a Sant’Angelo.

Potenziamento e riorganizzazione rete di assistenza territoriale

L’art. 1 del DL Rilancio del 2020, “Disposizioni urgenti in materia di Assistenza Territoriale” ha messo a disposizione risorse che ammontano a 1.256.634.000 € a livello nazionale e per la Regione Lombardia ad € 202.810.909; queste risorse dovevano servire per:

• implementare le USCA (Unita speciali di Continuità assistenziale), con un finanziamento di 61 milioni (per Lombardia circa 13 milioni di €) anche con l’assunzione di assistenti sociali (con spesa dedicata di circa 2,3 milioni x Lombardia per il 2020);

• assumere gli infermieri di comunità/famiglia (prevista l’assunzione di 8 IP ogni 50 mila abitanti, per il lodigiano 38 IP), con uno stanziamento dedicato per Lombardia di circa 71.675.000 € per il 2020, che diventeranno a regime 79.862.287 a valere sul finanziamento standard del SSN;

• l’assunzione di personale per il servizio ADI, con un riparto regionale di circa 28 milioni di € (662.000 € per ASST di Lodi per il 2020);

• il potenziamento della rete territoriale dei MMG, con una spesa dedicata, a livello nazionale di 10 milioni di euro per l’indennità di personale infermieristico dei MMG (per Lombardia potrebbero essere 1.650.000 €).

Rivendichiamo che queste risorse siano tutte utilizzate per gli scopi prefissi. Finora non è stato realizzato quasi nulla.

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A quanto sopra va aggiunto un rafforzamento dei Dipartimenti di Prevenzione, impoveriti di risorse umane e strutturali e le cui funzioni oggi sono frammentate tra ATS e ASST. Rivendichiamo una massiccia immissione di personale (Tecnici della Prevenzione, Assistenti Sanitarie) ed una riunificazione delle funzioni in un’unica Struttura. Particolarmente rilevante è la questione della Prevenzione nei Luoghi di Lavoro alla quale riteniamo debba essere prestata maggiore attenzione, anche attraverso l’implementazione di un presidio specifico per la prevenzione e la diagnosi del disagio psicologico dei lavoratori nei luoghi di lavoro.

Va inoltre riaffermata la centralità del Distretto sociosanitario e la sua funzione programmatoria, attraverso la definizione di Piani per la Salute Distrettuali, con la partecipazione dei Comuni del Territorio. Nel territorio dovrebbero essere previsti 4 Distretti, in corrispondenza ai 4 Presidi Ospedalieri (Lodi, Codogno, Casalpusterlengo, Sant’Angelo).

Deve essere previsto un coinvolgimento dei Piani di Zona nella promozione della salute collettiva ed individuale.

Interventi previsti dalla delibera della regione lombardia n° xi/3264 del 16.06.2020 applicativa del art. 2 dl rilancio “riordino della rete ospedaliera in emergenza covid19”

La delibera regionale, avente all’oggetto “Piano di riordino della rete ospedaliera: attuazione dell’art. 2 del D.L. 34/2020 (c.d. Decreto Rilancio)”, ha previsto i seguenti interventi, utilizzando le risorse allo scopo stanziate dal Decreto, che ammontano, per Regione Lombardia ad € 225.345.817:

1) Adeguamento delle strutture sanitarie per il potenziamento delle aree intensive (terapia intensiva e semi intensiva); per il lodigiano sono previste:

• la realizzazione di 6 posti letto di terapia intensiva nel Presidio di Lodi (che si aggiungono ai 7 esistenti): ciò necessita di un intervento di adeguamento strutturale ed impiantistico (spesa prevista di € 1.165.000)

• nel Presidio di Codogno non sono previsti posti letto aggiuntivi di terapia intensiva, ma per l’adeguamento dei 4 esistenti è prevista una spesa di € 854.000.

• nel Presidio di Lodi la realizzazione di 9 posti letto di semi intensiva: per la loro realizzazione è previsto un intervento di conversione del blocco operatorio, previa realizzazione di 2 sale operatorie sostitutive; prevista spesa di 2.415.600 €.

Pertanto, alla fine dei lavori dovrebbero essere disponibili 22 posti letto totali di terapia intensiva: nel presidio di Lodi 18 (7 esistenti + 6 da realizzare + 5 di semi intensiva, che alla bisogna devono poter essere immediatamente riconvertibili in p.l. di TS, come prevede il DL 34/2020); 4 posti letto nel presidio di Codogno.

Ad oggi, nella cosiddetta fase 4A della pandemia, nel lodigiano sono implementati 9 posti letto di terapia intensiva nel presidio di Lodi e 2 nel presidio di Codogno (quindi nessun posto letto in più rispetto al pre-covid, quando erano 7 + 4).

2) Interventi di potenziamento dei P.S. (Pronto Soccorso), per adeguamento strutturale, ampliamento, separazione dei percorsi dei pazienti Covid/no-Covid: per Lodi è previsto presso il Presidio di Lodi l’allestimento del secondo Pronto Soccorso mediante conversione di parte della radiologia, con spesa prevista di € 2.135.000.

3) Implementazione dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti secondari per pazienti Covid, per le dimissioni protette e per trasporti interospedalieri.

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4) Interventi relativi ad altri aspetti delle Strutture ospedaliere (potenziamento impianti aeraulici e gas medicali; sicurezza antincendio, sicurezza sismica etc.)

Inoltre, il DL Rilancio prevede risorse dedicate per l’assunzione di medici ed infermieri (oltre ai 225 milioni dedicati al riordino della rete ospedaliera), che per la Regione Lombardia ammontano ad € 31.500.000 per il 2020, che diventano 43.900.000 nel 2021.

Più ulteriori 8.650.000 per il 2020, che diventano 13.841.000 nel 2021, per l’assunzione di medici, IP e operatori tecnici, per l’operatività dei mezzi di trasporto dedicati ai trasferimenti di pazienti Covid, per dimissioni protette e trasporti interospedalieri.

Rivendichiamo che queste risorse siano tutte utilizzate per gli scopi prefissi. Finora non è stato realizzato nulla. Solo a fine marzo ASST ha annunciato sulla stampa l’avvio dei cantieri per alcune di queste ristrutturazioni.

RSA

Per le RSA, anche in relazione ai gravissimi problemi registrati durante la prima fase della pandemia, oltre ai problemi storici ed irrisolti (carenza di personale, carente investimento nella formazione del personale, finanziamento insufficiente delle Strutture, etc.) andrebbe dedicata una piattaforma specifica.

Qui ci limitiamo per ora a rivendicare la necessità di promuovere il rinnovamento del sistema delle RSA (in Lombardia nelle RSA risiedono circa 63 mila over 65, nelle 17 RSA del Lodigiano circa 1.400), che dopo le drammatiche vicende della scorsa primavera, oggi rischiano nuovamente di passare in secondo piano. Occorre sviluppare forme di residenzialità “aperta” o “leggera”, con nuove forme di interventi a sostegno della famiglia e dei suoi componenti fragili con integrazione delle RSA nella rete dei servizi socio sanitari territoriali, con una valutazione di appropriatezza all’ingresso da parte di ATS.

Sono misure che comportano una presa in carico integrata della persona, in una logica di multiservizi, con interventi di sostegno alla domiciliarità, erogabili sia all’interno della struttura (RSA) sia presso l’abitazione della persona in un’ottica di mantenimento e miglioramento del benessere di persone con disabilità o anziane fragili, affette da demenza/Alzheimer o altre patologie di natura psicogeriatrica.

Lodi, 12 aprile 2021

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