• Non ci sono risultati.

Il Parco dei Principi tra natura, storia e sogno

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "Il Parco dei Principi tra natura, storia e sogno"

Copied!
7
0
0

Testo completo

(1)

royalgroup.it

Il Parco dei Principi tra natura, storia e sogno

Parco dei Principi among nature, history and dreams

CENNI STORICI

HISTORICAL NOTES

(2)

A

B L’area, a cavaliere tra i comuni di Sant’Agnello e Sorrento, era in origine proprietà dell’Ordine dei Gesuiti; quando nel XVIII secolo i religiosi caddero in disgrazia presso le principali nazioni cattoliche, l’allora Re di Napoli, Ferdinando I, acquisì l’intera proprietà al fine di suddividerla in tre parti uguali. La prima, che si sviluppa intorno alla piccola chiesa del Cocumella, venne donata all’ordine dei Francescani che eressero un convento; la restante parte venne suddivisa tra il conte Luigi d’Aquila ed il fratello Paolo Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa (A), che fece edificare l’omonima villa.

In tal modo il sovrano riuscì ad ingraziarsi il favore dei Francescani ed, al tempo, allontanò i due bizzarri cugini che turbavano, con scandali continui, la vita di Corte. La realizzazione di Villa Poggio Siracusa (B), ascrivibile al 1792, subì, sensibilmente, l’influenza di quella corrente di gusto generata dal rinvenimento dei resti di Ercolano e Pompei che determinò il diffondersi del Neoclassicismo.

La nobile semplicità e la pacata grandiosità del suo impianto architettonico, le consentirono di inserirsi in un perfetto equilibrio di linee, tese al raggiungimento di un entropico rapporto tra natura ed architettura. Lo stesso imponente parco (circa 27.000 metri quadri), sembra rispondere appieno alla tradizione dei giardini borbonici che vedevano l’osmotica alternanza di rari esemplari arborei, con episodi evocanti architetture classiche come, per esempio, il Tempio di Venere (C). Storia e leggenda si fondono, a tal proposito, per dar luogo a fantasiosi racconti che vorrebbero la realizzazione del tempio dedicato alla dea dell’Amore, nello stesso punto dove il gesuita padre Zaccaria, aveva piantato una preziosa pianticella portata con sé dalla missione delle Ande peruviane.

I magici effetti provocati dall’Eros, suggerirono a Leopoldo di Borbone di erigere un tempio che divenisse un monumento evocativo a quella straordinaria pianta del “perenne amore”.

Il giovane conte, insofferente al clima d’ipocrisia della Famiglia Reale ed accompagnato da quanti, come lui, bramavano all’idea di respirare aria di “libertà e piacere”, raggiungeva, con sempre maggior frequenza, il Poggio di Siracusa.

La villa divenne così l’ideale rifugio di una ristretta corte di dame e baroni, desiderosi di svagarsi in quell’Eden gioioso. Fu in tale straordinario contesto che nacque e si consumò uno struggente e sfortunato idillio che vide protagonsti lo stesso Paolo Leopoldo e Tania Zoratrovich, dei Marchesi di Szeged. Tuttavia la tragica scomparsa di quest’ultima, trasformò un simil luogo di delizie in un insopportabile registro di memorie che, in ogni angolo della villa, in ogni luogo del parco, non facevano altro che restituire alla mente del conte quegli eterni attimi vissuti con Tania, rendendo insopportabile il dolore. La morte del conte segnò un periodo di declino per la villa, dal quale sembrò rinascere solo sul finire del 1885 quando si apprese che in data 12 ottobre 1885, l’intera proprietà era stata venduta alla principessa Maria Sturdza ed al principe Costantino Cortchacow, cugino dei Romanoff.

Erano gli anni d’oro dell’aristocrazia russa che, disertate le fredde steppe natie, inseguiva il caldo abbraccio del sole mediterraneo. La dimora conobbe da quel momento una rinnovata e crescente grandezza. Quando dalla lancia, proveniente da Napoli, sbarcarono il principe Costantino, la consorte Maria, la figlia Elena ed i principini Michele ed Alessandro, la servitù, accorsa a riverire la nobile famiglia, sembrò assistere all’ideale e definitiva mutazione culturale della borbonica Villa di Poggio Siracusa nella europeo–orientale Villa Cortchacow. L’unità familiare e la loro assoluta devozione allo zar (loro cugino), spinse i nuovi proprietari ad avviare, oltre alle dovute riparazioni e modifiche della villa, anche l’ambiziosa e suggestiva realizzazione di una dacia (D) da destinare ad una futura visita dell’illustre parente. Fu per volontà di Costantino Cortchacow, che la villa si arricchì di quello straordina- rio pavimento (E) ideato dall’insigne pittore Filippo Palizzi che, nella camera da letto padronale col suo disperdersi di petali di rosa, doveva simboleggiare il fugace passaggio della gioventù.

La villa venne ufficialmente inaugurata il 1° aprile 1893 con un sontuoso ricevimento che vide la partecipazione di insigni ospiti tra i quali: la Principessa d’Assia (che l’anno successivo avrebbe

sposato lo zar Nicola II per divenire l’imperatrice di tutte le Russie), la principessa Maud (futura regina di Norvegia), re Giorgio V (allora duca di York), la regina Sofia e la principessa di Svezia.

Le iniziative mondane iniziarono così a diffondersi sempre più, annoverando eventi di grande rilievo quali, ad esempio, l’esibizione della grande prima ballerina alla Corte di San Pietroburgo, Giulia Sedowa, le cui minuscole impronte dei piedi vennero grafite nel pavimento marmoreo del terrazzo (F).

Quando la villa venne acquistata dall’ingegnere napoletano Roberto Fernandes, la sua considerevole eredità storica, la straordinaria ubicazione e la naturale vocazione del sito ad accogliere ed affascinare, sembrarono ispirare al nuovo proprietario l’intento di trasformare tale luogo in un albergo. L’impegnativo inserimento di una struttura che doveva coniugare la praticità fondamentale dei tempi moderni con l’incanto della tradizione antica, spinse il Fernandes ad affidare il delicato incarico ad uno dei più illuminati esponenti dell’architettura contempora- nea: Gio Ponti. L’albergo nacque sui resti della (mai completata) dacia (G) ed il suo straordinario adattamento alla morfologia e la sua originale relazione dinamica tra i corpi aggettanti e la struttura stessa, ne resero unico l’inserimento (H). All’architetto–artista milanese, incline al capriccio ed alla torsione modernista, va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare influenze locali (la maiolica di Salerno), con artistici inserimenti di altrui culture (le placche maiolicate di Melotti), muovendosi sempre in scelte cromatiche rispettose dell’ambiente e dei suoi naturali cromatismi. L’albergo, oggi più che mai celebrato come opera paradigmatica dell’architettura contemporanea, venne inaugurato l’11 aprile del 1962, e da quel giorno sembra testimoniare l’assoluta e felicissima intuizione dell’ingegnere Roberto Fernandes, che (come scriveva Ponti sulle pagine di “Domus”) “aveva il genio di scoprire le qualità di ciò che tutti conoscevano e di cui nessuno si accorgeva”, un uomo grazie al quale tutti possono continuare a sognare e a godere di tale unicità. Fabrizio Mautone

(3)

C L’area, a cavaliere tra i comuni di Sant’Agnello e Sorrento, era in

origine proprietà dell’Ordine dei Gesuiti; quando nel XVIII secolo i religiosi caddero in disgrazia presso le principali nazioni cattoliche, l’allora Re di Napoli, Ferdinando I, acquisì l’intera proprietà al fine di suddividerla in tre parti uguali. La prima, che si sviluppa intorno alla piccola chiesa del Cocumella, venne donata all’ordine dei Francescani che eressero un convento; la restante parte venne suddivisa tra il conte Luigi d’Aquila ed il fratello Paolo Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa (A), che fece edificare l’omonima villa.

In tal modo il sovrano riuscì ad ingraziarsi il favore dei Francescani ed, al tempo, allontanò i due bizzarri cugini che turbavano, con scandali continui, la vita di Corte. La realizzazione di Villa Poggio Siracusa (B), ascrivibile al 1792, subì, sensibilmente, l’influenza di quella corrente di gusto generata dal rinvenimento dei resti di Ercolano e Pompei che determinò il diffondersi del Neoclassicismo.

La nobile semplicità e la pacata grandiosità del suo impianto architettonico, le consentirono di inserirsi in un perfetto equilibrio di linee, tese al raggiungimento di un entropico rapporto tra natura ed architettura. Lo stesso imponente parco (circa 27.000 metri quadri), sembra rispondere appieno alla tradizione dei giardini borbonici che vedevano l’osmotica alternanza di rari esemplari arborei, con episodi evocanti architetture classiche come, per esempio, il Tempio di Venere (C). Storia e leggenda si fondono, a tal proposito, per dar luogo a fantasiosi racconti che vorrebbero la realizzazione del tempio dedicato alla dea dell’Amore, nello stesso punto dove il gesuita padre Zaccaria, aveva piantato una preziosa pianticella portata con sé dalla missione delle Ande peruviane.

I magici effetti provocati dall’Eros, suggerirono a Leopoldo di Borbone di erigere un tempio che divenisse un monumento evocativo a quella straordinaria pianta del “perenne amore”.

Il giovane conte, insofferente al clima d’ipocrisia della Famiglia Reale ed accompagnato da quanti, come lui, bramavano all’idea di respirare aria di “libertà e piacere”, raggiungeva, con sempre maggior frequenza, il Poggio di Siracusa.

La villa divenne così l’ideale rifugio di una ristretta corte di dame e baroni, desiderosi di svagarsi in quell’Eden gioioso. Fu in tale straordinario contesto che nacque e si consumò uno struggente e sfortunato idillio che vide protagonsti lo stesso Paolo Leopoldo e Tania Zoratrovich, dei Marchesi di Szeged. Tuttavia la tragica scomparsa di quest’ultima, trasformò un simil luogo di delizie in un insopportabile registro di memorie che, in ogni angolo della villa, in ogni luogo del parco, non facevano altro che restituire alla mente del conte quegli eterni attimi vissuti con Tania, rendendo insopportabile il dolore. La morte del conte segnò un periodo di declino per la villa, dal quale sembrò rinascere solo sul finire del 1885 quando si apprese che in data 12 ottobre 1885, l’intera proprietà era stata venduta alla principessa Maria Sturdza ed al principe Costantino Cortchacow, cugino dei Romanoff.

Erano gli anni d’oro dell’aristocrazia russa che, disertate le fredde steppe natie, inseguiva il caldo abbraccio del sole mediterraneo.

La dimora conobbe da quel momento una rinnovata e crescente grandezza. Quando dalla lancia, proveniente da Napoli, sbarcarono il principe Costantino, la consorte Maria, la figlia Elena ed i principini Michele ed Alessandro, la servitù, accorsa a riverire la nobile famiglia, sembrò assistere all’ideale e definitiva mutazione culturale della borbonica Villa di Poggio Siracusa nella europeo–orientale Villa Cortchacow. L’unità familiare e la loro assoluta devozione allo zar (loro cugino), spinse i nuovi proprietari ad avviare, oltre alle dovute riparazioni e modifiche della villa, anche l’ambiziosa e suggestiva realizzazione di una dacia (D) da destinare ad una futura visita dell’illustre parente. Fu per volontà di Costantino Cortchacow, che la villa si arricchì di quello straordina- rio pavimento (E) ideato dall’insigne pittore Filippo Palizzi che, nella camera da letto padronale col suo disperdersi di petali di rosa, doveva simboleggiare il fugace passaggio della gioventù.

La villa venne ufficialmente inaugurata il 1° aprile 1893 con un sontuoso ricevimento che vide la partecipazione di insigni ospiti tra i quali: la Principessa d’Assia (che l’anno successivo avrebbe The area, straddled between the towns of Sant’Agnello and Sorren-

to, belonged originally to the Order of the Jesuits, when in the XVIII century the religious members fell into disgrace among the major catholic countries. In those days, the king of Naples Ferdinand I, acquired the entire proprierty for the purpose of splitting it into three equal parts. The first, which expanded around the small Church of Cocumella, was donated to the Franciscan order who later erected a convent. The remaining portion was divided between Count Louis of Aquila and his brother Paolo Leopoldo of Bourbon, count of Siracusa (A) who built the villa in the same name.

In this manner the sovereign succeeded in winning the favour of the Franciscans while, at the same time, sending off his two bizarre cousins who disturbed life at Court with their continuous scandals.

The realisation of Villa Poggio Siracusa (B), attributes to the year 1792, significantly endured the influence of that trend of style generated by the unearthing of the rests of Herculaneum and Pompeii that determined the spreading of Neo–classicism.

The noble simplicity and the peaceful magnificence of its architec- tural system allowed it to fit into a perfect balance of lines aimed at reaching relational entropy between nature and architecture.

The same impressive park (approx. 27.000 sq.m.), seems to fully respond to that tradition of Bourbon gardens that witnessed the spasmodic alternation of rare tree specimens with episodes evoking classical architecture - as the Temple of Venus (C). History and legend merge, in regards to this, to give rise to fantastic tales that would like to have the realisation of the temple dedicated to the goddess of Love, in the same place where the Jesuit father Zacaria had planted a precious plant brought over from the mission in the Peruvian Andes. The magical effects provoked on the Eros moved Leopoldo of Bourbon to erect a temple that would become a monu- ment, evoking the extraordinary plant of “eternal love”.

The young count, followed by those as himself who bearne to breathe the air of “freedom and pleasure”, reached, with ever

greater frequancy, the Hillock of Siracusa. The villa thus become the ideal refuge of a small court of dames and barons who wanted to enjoy themselves in that joyful Eden. It was in that extraordinary setting that an absorbing love was born and consumed between the same Paolo Leopoldo with Tania Zoratrovich of the marquises of Szeged. However, the tragic disappearance of the latter transfor- med such a land of delights into an unbearable diary of memories where, in every corner of the villa, in every place of the park, did nothing but keep bringing to the count’s mind those everlasting moments lived with Tania, making the pain unbearable.

The death of the count marked a period of decline for the villa, from which it seemed to rise again only on 12 October of 1885 when the entire property was sold to princess Maria Sturdza and prince Constantine Cortchacow, cousin of the Romanoffs.

It was the golden years of the Russian aristocracy which, having abandoned the barren Russian steppe, pursued the warm embrace of the Mediterranean sun. The residence experienced a renewed and accrued grandeur. When prince Constantine, his wife Maria, daughter Helen and princes Michael and Alexander landed with their boat, the domestic staff, scrambling to revere the noble family seemed to fitness the ideal and definitive cultural mutation of the Bourbon Villa of Poggio Siracusa into the European–oriental Villa Cortchacow. Family unity, or the absolute devotion to the Tsar (their cousin), moved the new owner to start, in addition to necessary repairs and changes to the villa, even the ambitious and enchanting realisation of a dacha (D) to set aside for the possible future visit of the imminent relative. Thanks to Constantine Cortchacow, the villa was enriched with that extraordinary pavement (E) created by the distinguished painter Filippo Palizzi who, in the master bedroom depicted the blowing of rose petals symbolising the fleeting of youth. The villa was officially inaugurated in 1 April 1893 with a sumptuosus reception that saw the participation of distinguished guests such as: the Princes of Assia (who was to marry the Tsar

sposato lo zar Nicola II per divenire l’imperatrice di tutte le Russie), la principessa Maud (futura regina di Norvegia), re Giorgio V (allora duca di York), la regina Sofia e la principessa di Svezia.

Le iniziative mondane iniziarono così a diffondersi sempre più, annoverando eventi di grande rilievo quali, ad esempio, l’esibizione della grande prima ballerina alla Corte di San Pietroburgo, Giulia Sedowa, le cui minuscole impronte dei piedi vennero grafite nel pavimento marmoreo del terrazzo (F).

Quando la villa venne acquistata dall’ingegnere napoletano Roberto Fernandes, la sua considerevole eredità storica, la straordinaria ubicazione e la naturale vocazione del sito ad accogliere ed affascinare, sembrarono ispirare al nuovo proprietario l’intento di trasformare tale luogo in un albergo. L’impegnativo inserimento di una struttura che doveva coniugare la praticità fondamentale dei tempi moderni con l’incanto della tradizione antica, spinse il Fernandes ad affidare il delicato incarico ad uno dei più illuminati esponenti dell’architettura contempora- nea: Gio Ponti. L’albergo nacque sui resti della (mai completata) dacia (G) ed il suo straordinario adattamento alla morfologia e la sua originale relazione dinamica tra i corpi aggettanti e la struttura stessa, ne resero unico l’inserimento (H). All’architetto–artista milanese, incline al capriccio ed alla torsione modernista, va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare influenze locali (la maiolica di Salerno), con artistici inserimenti di altrui culture (le placche maiolicate di Melotti), muovendosi sempre in scelte cromatiche rispettose dell’ambiente e dei suoi naturali cromatismi. L’albergo, oggi più che mai celebrato come opera paradigmatica dell’architettura contemporanea, venne inaugurato l’11 aprile del 1962, e da quel giorno sembra testimoniare l’assoluta e felicissima intuizione dell’ingegnere Roberto Fernandes, che (come scriveva Ponti sulle pagine di “Domus”) “aveva il genio di scoprire le qualità di ciò che tutti conoscevano e di cui nessuno si accorgeva”, un uomo grazie al quale tutti possono continuare a sognare e a godere di tale unicità. Fabrizio Mautone

Nicholas II, becoming the Empress of all Russias), princess Maud (future queen of Norway), king George V (at the time Duke of York), queen Sophia and the princess of Sweden.

The mundane initiatives kept becoming more frequent, numbering at times events of great importance, for example the exhibition of the first great ballerina at the court of St. Petersburg, Julia Sedowa, whose minuscule footprints were graphed into the marble floor of the terrace (F). When the villa was bought by the Neapolitan engineer Roberto Fernandes, its remarkable historical heritage, the extraordinary site and its natural vocation to warm hospitality and enchantment, seemed to inspire the new landlord to transform the property into a hotel. The demanding fitting of a structure whose mission was that of conjugating the fundamental practically of modern times with the enchantment of ancient tradition, urged Fernandes to entrust the delicate job to one of the most enlighte- ned figures of contemporary architecture, Gio Ponti.

The hotel rose upon the ruins (never completed) of the Dacha (G), and its extraordinary adapting to the morphology and its original dynamic relation among the overhanging objects and the same structure made its fitting unique (H).

The Milanese architect–artist, renown for his eccentricity, deserves the merit of having joined local influences (the majolica of Salerno) with artistic settlings of other cultures (the majolica plates of Melotti), always moving in chromatic choices that respect the environment and natural colour scheme. The hotel today, more than ever, is celebrated as a paradigmatic work of contemporary architecture. It was inaugurated on 11 April 1962, and since that day seems to bear witness to the absolute and joyful intuition of the engineer Roberto Fernandes who (as Ponti wrote in the pages of Domus), “had the gift of discovering the qualities of what everyone took for granted, but of which no one was conscious of” a man thanks to whom everyone may continue to dream and enjoy that special uniqueness. Fabrizio Mautone

(4)

D

E L’area, a cavaliere tra i comuni di Sant’Agnello e Sorrento, era in

origine proprietà dell’Ordine dei Gesuiti; quando nel XVIII secolo i religiosi caddero in disgrazia presso le principali nazioni cattoliche, l’allora Re di Napoli, Ferdinando I, acquisì l’intera proprietà al fine di suddividerla in tre parti uguali. La prima, che si sviluppa intorno alla piccola chiesa del Cocumella, venne donata all’ordine dei Francescani che eressero un convento; la restante parte venne suddivisa tra il conte Luigi d’Aquila ed il fratello Paolo Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa (A), che fece edificare l’omonima villa.

In tal modo il sovrano riuscì ad ingraziarsi il favore dei Francescani ed, al tempo, allontanò i due bizzarri cugini che turbavano, con scandali continui, la vita di Corte. La realizzazione di Villa Poggio Siracusa (B), ascrivibile al 1792, subì, sensibilmente, l’influenza di quella corrente di gusto generata dal rinvenimento dei resti di Ercolano e Pompei che determinò il diffondersi del Neoclassicismo.

La nobile semplicità e la pacata grandiosità del suo impianto architettonico, le consentirono di inserirsi in un perfetto equilibrio di linee, tese al raggiungimento di un entropico rapporto tra natura ed architettura. Lo stesso imponente parco (circa 27.000 metri quadri), sembra rispondere appieno alla tradizione dei giardini borbonici che vedevano l’osmotica alternanza di rari esemplari arborei, con episodi evocanti architetture classiche come, per esempio, il Tempio di Venere (C). Storia e leggenda si fondono, a tal proposito, per dar luogo a fantasiosi racconti che vorrebbero la realizzazione del tempio dedicato alla dea dell’Amore, nello stesso punto dove il gesuita padre Zaccaria, aveva piantato una preziosa pianticella portata con sé dalla missione delle Ande peruviane.

I magici effetti provocati dall’Eros, suggerirono a Leopoldo di Borbone di erigere un tempio che divenisse un monumento evocativo a quella straordinaria pianta del “perenne amore”.

Il giovane conte, insofferente al clima d’ipocrisia della Famiglia Reale ed accompagnato da quanti, come lui, bramavano all’idea di respirare aria di “libertà e piacere”, raggiungeva, con sempre maggior frequenza, il Poggio di Siracusa.

La villa divenne così l’ideale rifugio di una ristretta corte di dame e baroni, desiderosi di svagarsi in quell’Eden gioioso. Fu in tale straordinario contesto che nacque e si consumò uno struggente e sfortunato idillio che vide protagonsti lo stesso Paolo Leopoldo e Tania Zoratrovich, dei Marchesi di Szeged. Tuttavia la tragica scomparsa di quest’ultima, trasformò un simil luogo di delizie in un insopportabile registro di memorie che, in ogni angolo della villa, in ogni luogo del parco, non facevano altro che restituire alla mente del conte quegli eterni attimi vissuti con Tania, rendendo insopportabile il dolore. La morte del conte segnò un periodo di declino per la villa, dal quale sembrò rinascere solo sul finire del 1885 quando si apprese che in data 12 ottobre 1885, l’intera proprietà era stata venduta alla principessa Maria Sturdza ed al principe Costantino Cortchacow, cugino dei Romanoff.

Erano gli anni d’oro dell’aristocrazia russa che, disertate le fredde steppe natie, inseguiva il caldo abbraccio del sole mediterraneo.

La dimora conobbe da quel momento una rinnovata e crescente grandezza. Quando dalla lancia, proveniente da Napoli, sbarcarono il principe Costantino, la consorte Maria, la figlia Elena ed i principini Michele ed Alessandro, la servitù, accorsa a riverire la nobile famiglia, sembrò assistere all’ideale e definitiva mutazione culturale della borbonica Villa di Poggio Siracusa nella europeo–orientale Villa Cortchacow. L’unità familiare e la loro assoluta devozione allo zar (loro cugino), spinse i nuovi proprietari ad avviare, oltre alle dovute riparazioni e modifiche della villa, anche l’ambiziosa e suggestiva realizzazione di una dacia (D) da destinare ad una futura visita dell’illustre parente. Fu per volontà di Costantino Cortchacow, che la villa si arricchì di quello straordina- rio pavimento (E) ideato dall’insigne pittore Filippo Palizzi che, nella camera da letto padronale col suo disperdersi di petali di rosa, doveva simboleggiare il fugace passaggio della gioventù.

La villa venne ufficialmente inaugurata il 1° aprile 1893 con un sontuoso ricevimento che vide la partecipazione di insigni ospiti tra i quali: la Principessa d’Assia (che l’anno successivo avrebbe The area, straddled between the towns of Sant’Agnello and Sorren-

to, belonged originally to the Order of the Jesuits, when in the XVIII century the religious members fell into disgrace among the major catholic countries. In those days, the king of Naples Ferdinand I, acquired the entire proprierty for the purpose of splitting it into three equal parts. The first, which expanded around the small Church of Cocumella, was donated to the Franciscan order who later erected a convent. The remaining portion was divided between Count Louis of Aquila and his brother Paolo Leopoldo of Bourbon, count of Siracusa (A) who built the villa in the same name.

In this manner the sovereign succeeded in winning the favour of the Franciscans while, at the same time, sending off his two bizarre cousins who disturbed life at Court with their continuous scandals.

The realisation of Villa Poggio Siracusa (B), attributes to the year 1792, significantly endured the influence of that trend of style generated by the unearthing of the rests of Herculaneum and Pompeii that determined the spreading of Neo–classicism.

The noble simplicity and the peaceful magnificence of its architec- tural system allowed it to fit into a perfect balance of lines aimed at reaching relational entropy between nature and architecture.

The same impressive park (approx. 27.000 sq.m.), seems to fully respond to that tradition of Bourbon gardens that witnessed the spasmodic alternation of rare tree specimens with episodes evoking classical architecture - as the Temple of Venus (C). History and legend merge, in regards to this, to give rise to fantastic tales that would like to have the realisation of the temple dedicated to the goddess of Love, in the same place where the Jesuit father Zacaria had planted a precious plant brought over from the mission in the Peruvian Andes. The magical effects provoked on the Eros moved Leopoldo of Bourbon to erect a temple that would become a monu- ment, evoking the extraordinary plant of “eternal love”.

The young count, followed by those as himself who bearne to breathe the air of “freedom and pleasure”, reached, with ever

greater frequancy, the Hillock of Siracusa. The villa thus become the ideal refuge of a small court of dames and barons who wanted to enjoy themselves in that joyful Eden. It was in that extraordinary setting that an absorbing love was born and consumed between the same Paolo Leopoldo with Tania Zoratrovich of the marquises of Szeged. However, the tragic disappearance of the latter transfor- med such a land of delights into an unbearable diary of memories where, in every corner of the villa, in every place of the park, did nothing but keep bringing to the count’s mind those everlasting moments lived with Tania, making the pain unbearable.

The death of the count marked a period of decline for the villa, from which it seemed to rise again only on 12 October of 1885 when the entire property was sold to princess Maria Sturdza and prince Constantine Cortchacow, cousin of the Romanoffs.

It was the golden years of the Russian aristocracy which, having abandoned the barren Russian steppe, pursued the warm embrace of the Mediterranean sun. The residence experienced a renewed and accrued grandeur. When prince Constantine, his wife Maria, daughter Helen and princes Michael and Alexander landed with their boat, the domestic staff, scrambling to revere the noble family seemed to fitness the ideal and definitive cultural mutation of the Bourbon Villa of Poggio Siracusa into the European–oriental Villa Cortchacow. Family unity, or the absolute devotion to the Tsar (their cousin), moved the new owner to start, in addition to necessary repairs and changes to the villa, even the ambitious and enchanting realisation of a dacha (D) to set aside for the possible future visit of the imminent relative. Thanks to Constantine Cortchacow, the villa was enriched with that extraordinary pavement (E) created by the distinguished painter Filippo Palizzi who, in the master bedroom depicted the blowing of rose petals symbolising the fleeting of youth. The villa was officially inaugurated in 1 April 1893 with a sumptuosus reception that saw the participation of distinguished guests such as: the Princes of Assia (who was to marry the Tsar

sposato lo zar Nicola II per divenire l’imperatrice di tutte le Russie), la principessa Maud (futura regina di Norvegia), re Giorgio V (allora duca di York), la regina Sofia e la principessa di Svezia.

Le iniziative mondane iniziarono così a diffondersi sempre più, annoverando eventi di grande rilievo quali, ad esempio, l’esibizione della grande prima ballerina alla Corte di San Pietroburgo, Giulia Sedowa, le cui minuscole impronte dei piedi vennero grafite nel pavimento marmoreo del terrazzo (F).

Quando la villa venne acquistata dall’ingegnere napoletano Roberto Fernandes, la sua considerevole eredità storica, la straordinaria ubicazione e la naturale vocazione del sito ad accogliere ed affascinare, sembrarono ispirare al nuovo proprietario l’intento di trasformare tale luogo in un albergo. L’impegnativo inserimento di una struttura che doveva coniugare la praticità fondamentale dei tempi moderni con l’incanto della tradizione antica, spinse il Fernandes ad affidare il delicato incarico ad uno dei più illuminati esponenti dell’architettura contempora- nea: Gio Ponti. L’albergo nacque sui resti della (mai completata) dacia (G) ed il suo straordinario adattamento alla morfologia e la sua originale relazione dinamica tra i corpi aggettanti e la struttura stessa, ne resero unico l’inserimento (H). All’architetto–artista milanese, incline al capriccio ed alla torsione modernista, va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare influenze locali (la maiolica di Salerno), con artistici inserimenti di altrui culture (le placche maiolicate di Melotti), muovendosi sempre in scelte cromatiche rispettose dell’ambiente e dei suoi naturali cromatismi. L’albergo, oggi più che mai celebrato come opera paradigmatica dell’architettura contemporanea, venne inaugurato l’11 aprile del 1962, e da quel giorno sembra testimoniare l’assoluta e felicissima intuizione dell’ingegnere Roberto Fernandes, che (come scriveva Ponti sulle pagine di “Domus”) “aveva il genio di scoprire le qualità di ciò che tutti conoscevano e di cui nessuno si accorgeva”, un uomo grazie al quale tutti possono continuare a sognare e a godere di tale unicità. Fabrizio Mautone

Nicholas II, becoming the Empress of all Russias), princess Maud (future queen of Norway), king George V (at the time Duke of York), queen Sophia and the princess of Sweden.

The mundane initiatives kept becoming more frequent, numbering at times events of great importance, for example the exhibition of the first great ballerina at the court of St. Petersburg, Julia Sedowa, whose minuscule footprints were graphed into the marble floor of the terrace (F). When the villa was bought by the Neapolitan engineer Roberto Fernandes, its remarkable historical heritage, the extraordinary site and its natural vocation to warm hospitality and enchantment, seemed to inspire the new landlord to transform the property into a hotel. The demanding fitting of a structure whose mission was that of conjugating the fundamental practically of modern times with the enchantment of ancient tradition, urged Fernandes to entrust the delicate job to one of the most enlighte- ned figures of contemporary architecture, Gio Ponti.

The hotel rose upon the ruins (never completed) of the Dacha (G), and its extraordinary adapting to the morphology and its original dynamic relation among the overhanging objects and the same structure made its fitting unique (H).

The Milanese architect–artist, renown for his eccentricity, deserves the merit of having joined local influences (the majolica of Salerno) with artistic settlings of other cultures (the majolica plates of Melotti), always moving in chromatic choices that respect the environment and natural colour scheme. The hotel today, more than ever, is celebrated as a paradigmatic work of contemporary architecture. It was inaugurated on 11 April 1962, and since that day seems to bear witness to the absolute and joyful intuition of the engineer Roberto Fernandes who (as Ponti wrote in the pages of Domus), “had the gift of discovering the qualities of what everyone took for granted, but of which no one was conscious of” a man thanks to whom everyone may continue to dream and enjoy that special uniqueness. Fabrizio Mautone

(5)

F L’area, a cavaliere tra i comuni di Sant’Agnello e Sorrento, era in

origine proprietà dell’Ordine dei Gesuiti; quando nel XVIII secolo i religiosi caddero in disgrazia presso le principali nazioni cattoliche, l’allora Re di Napoli, Ferdinando I, acquisì l’intera proprietà al fine di suddividerla in tre parti uguali. La prima, che si sviluppa intorno alla piccola chiesa del Cocumella, venne donata all’ordine dei Francescani che eressero un convento; la restante parte venne suddivisa tra il conte Luigi d’Aquila ed il fratello Paolo Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa (A), che fece edificare l’omonima villa.

In tal modo il sovrano riuscì ad ingraziarsi il favore dei Francescani ed, al tempo, allontanò i due bizzarri cugini che turbavano, con scandali continui, la vita di Corte. La realizzazione di Villa Poggio Siracusa (B), ascrivibile al 1792, subì, sensibilmente, l’influenza di quella corrente di gusto generata dal rinvenimento dei resti di Ercolano e Pompei che determinò il diffondersi del Neoclassicismo.

La nobile semplicità e la pacata grandiosità del suo impianto architettonico, le consentirono di inserirsi in un perfetto equilibrio di linee, tese al raggiungimento di un entropico rapporto tra natura ed architettura. Lo stesso imponente parco (circa 27.000 metri quadri), sembra rispondere appieno alla tradizione dei giardini borbonici che vedevano l’osmotica alternanza di rari esemplari arborei, con episodi evocanti architetture classiche come, per esempio, il Tempio di Venere (C). Storia e leggenda si fondono, a tal proposito, per dar luogo a fantasiosi racconti che vorrebbero la realizzazione del tempio dedicato alla dea dell’Amore, nello stesso punto dove il gesuita padre Zaccaria, aveva piantato una preziosa pianticella portata con sé dalla missione delle Ande peruviane.

I magici effetti provocati dall’Eros, suggerirono a Leopoldo di Borbone di erigere un tempio che divenisse un monumento evocativo a quella straordinaria pianta del “perenne amore”.

Il giovane conte, insofferente al clima d’ipocrisia della Famiglia Reale ed accompagnato da quanti, come lui, bramavano all’idea di respirare aria di “libertà e piacere”, raggiungeva, con sempre maggior frequenza, il Poggio di Siracusa.

La villa divenne così l’ideale rifugio di una ristretta corte di dame e baroni, desiderosi di svagarsi in quell’Eden gioioso. Fu in tale straordinario contesto che nacque e si consumò uno struggente e sfortunato idillio che vide protagonsti lo stesso Paolo Leopoldo e Tania Zoratrovich, dei Marchesi di Szeged. Tuttavia la tragica scomparsa di quest’ultima, trasformò un simil luogo di delizie in un insopportabile registro di memorie che, in ogni angolo della villa, in ogni luogo del parco, non facevano altro che restituire alla mente del conte quegli eterni attimi vissuti con Tania, rendendo insopportabile il dolore. La morte del conte segnò un periodo di declino per la villa, dal quale sembrò rinascere solo sul finire del 1885 quando si apprese che in data 12 ottobre 1885, l’intera proprietà era stata venduta alla principessa Maria Sturdza ed al principe Costantino Cortchacow, cugino dei Romanoff.

Erano gli anni d’oro dell’aristocrazia russa che, disertate le fredde steppe natie, inseguiva il caldo abbraccio del sole mediterraneo.

La dimora conobbe da quel momento una rinnovata e crescente grandezza. Quando dalla lancia, proveniente da Napoli, sbarcarono il principe Costantino, la consorte Maria, la figlia Elena ed i principini Michele ed Alessandro, la servitù, accorsa a riverire la nobile famiglia, sembrò assistere all’ideale e definitiva mutazione culturale della borbonica Villa di Poggio Siracusa nella europeo–orientale Villa Cortchacow. L’unità familiare e la loro assoluta devozione allo zar (loro cugino), spinse i nuovi proprietari ad avviare, oltre alle dovute riparazioni e modifiche della villa, anche l’ambiziosa e suggestiva realizzazione di una dacia (D) da destinare ad una futura visita dell’illustre parente. Fu per volontà di Costantino Cortchacow, che la villa si arricchì di quello straordina- rio pavimento (E) ideato dall’insigne pittore Filippo Palizzi che, nella camera da letto padronale col suo disperdersi di petali di rosa, doveva simboleggiare il fugace passaggio della gioventù.

La villa venne ufficialmente inaugurata il 1° aprile 1893 con un sontuoso ricevimento che vide la partecipazione di insigni ospiti tra i quali: la Principessa d’Assia (che l’anno successivo avrebbe The area, straddled between the towns of Sant’Agnello and Sorren-

to, belonged originally to the Order of the Jesuits, when in the XVIII century the religious members fell into disgrace among the major catholic countries. In those days, the king of Naples Ferdinand I, acquired the entire proprierty for the purpose of splitting it into three equal parts. The first, which expanded around the small Church of Cocumella, was donated to the Franciscan order who later erected a convent. The remaining portion was divided between Count Louis of Aquila and his brother Paolo Leopoldo of Bourbon, count of Siracusa (A) who built the villa in the same name.

In this manner the sovereign succeeded in winning the favour of the Franciscans while, at the same time, sending off his two bizarre cousins who disturbed life at Court with their continuous scandals.

The realisation of Villa Poggio Siracusa (B), attributes to the year 1792, significantly endured the influence of that trend of style generated by the unearthing of the rests of Herculaneum and Pompeii that determined the spreading of Neo–classicism.

The noble simplicity and the peaceful magnificence of its architec- tural system allowed it to fit into a perfect balance of lines aimed at reaching relational entropy between nature and architecture.

The same impressive park (approx. 27.000 sq.m.), seems to fully respond to that tradition of Bourbon gardens that witnessed the spasmodic alternation of rare tree specimens with episodes evoking classical architecture - as the Temple of Venus (C). History and legend merge, in regards to this, to give rise to fantastic tales that would like to have the realisation of the temple dedicated to the goddess of Love, in the same place where the Jesuit father Zacaria had planted a precious plant brought over from the mission in the Peruvian Andes. The magical effects provoked on the Eros moved Leopoldo of Bourbon to erect a temple that would become a monu- ment, evoking the extraordinary plant of “eternal love”.

The young count, followed by those as himself who bearne to breathe the air of “freedom and pleasure”, reached, with ever

greater frequancy, the Hillock of Siracusa. The villa thus become the ideal refuge of a small court of dames and barons who wanted to enjoy themselves in that joyful Eden. It was in that extraordinary setting that an absorbing love was born and consumed between the same Paolo Leopoldo with Tania Zoratrovich of the marquises of Szeged. However, the tragic disappearance of the latter transfor- med such a land of delights into an unbearable diary of memories where, in every corner of the villa, in every place of the park, did nothing but keep bringing to the count’s mind those everlasting moments lived with Tania, making the pain unbearable.

The death of the count marked a period of decline for the villa, from which it seemed to rise again only on 12 October of 1885 when the entire property was sold to princess Maria Sturdza and prince Constantine Cortchacow, cousin of the Romanoffs.

It was the golden years of the Russian aristocracy which, having abandoned the barren Russian steppe, pursued the warm embrace of the Mediterranean sun. The residence experienced a renewed and accrued grandeur. When prince Constantine, his wife Maria, daughter Helen and princes Michael and Alexander landed with their boat, the domestic staff, scrambling to revere the noble family seemed to fitness the ideal and definitive cultural mutation of the Bourbon Villa of Poggio Siracusa into the European–oriental Villa Cortchacow. Family unity, or the absolute devotion to the Tsar (their cousin), moved the new owner to start, in addition to necessary repairs and changes to the villa, even the ambitious and enchanting realisation of a dacha (D) to set aside for the possible future visit of the imminent relative. Thanks to Constantine Cortchacow, the villa was enriched with that extraordinary pavement (E) created by the distinguished painter Filippo Palizzi who, in the master bedroom depicted the blowing of rose petals symbolising the fleeting of youth. The villa was officially inaugurated in 1 April 1893 with a sumptuosus reception that saw the participation of distinguished guests such as: the Princes of Assia (who was to marry the Tsar

sposato lo zar Nicola II per divenire l’imperatrice di tutte le Russie), la principessa Maud (futura regina di Norvegia), re Giorgio V (allora duca di York), la regina Sofia e la principessa di Svezia.

Le iniziative mondane iniziarono così a diffondersi sempre più, annoverando eventi di grande rilievo quali, ad esempio, l’esibizione della grande prima ballerina alla Corte di San Pietroburgo, Giulia Sedowa, le cui minuscole impronte dei piedi vennero grafite nel pavimento marmoreo del terrazzo (F).

Quando la villa venne acquistata dall’ingegnere napoletano Roberto Fernandes, la sua considerevole eredità storica, la straordinaria ubicazione e la naturale vocazione del sito ad accogliere ed affascinare, sembrarono ispirare al nuovo proprietario l’intento di trasformare tale luogo in un albergo.

L’impegnativo inserimento di una struttura che doveva coniugare la praticità fondamentale dei tempi moderni con l’incanto della tradizione antica, spinse il Fernandes ad affidare il delicato incarico ad uno dei più illuminati esponenti dell’architettura contempora- nea: Gio Ponti. L’albergo nacque sui resti della (mai completata) dacia (G) ed il suo straordinario adattamento alla morfologia e la sua originale relazione dinamica tra i corpi aggettanti e la struttura stessa, ne resero unico l’inserimento (H). All’architetto–artista milanese, incline al capriccio ed alla torsione modernista, va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare influenze locali (la maiolica di Salerno), con artistici inserimenti di altrui culture (le placche maiolicate di Melotti), muovendosi sempre in scelte cromatiche rispettose dell’ambiente e dei suoi naturali cromatismi.

L’albergo, oggi più che mai celebrato come opera paradigmatica dell’architettura contemporanea, venne inaugurato l’11 aprile del 1962, e da quel giorno sembra testimoniare l’assoluta e felicissima intuizione dell’ingegnere Roberto Fernandes, che (come scriveva Ponti sulle pagine di “Domus”) “aveva il genio di scoprire le qualità di ciò che tutti conoscevano e di cui nessuno si accorgeva”, un uomo grazie al quale tutti possono continuare a sognare e a godere di tale unicità. Fabrizio Mautone

Nicholas II, becoming the Empress of all Russias), princess Maud (future queen of Norway), king George V (at the time Duke of York), queen Sophia and the princess of Sweden.

The mundane initiatives kept becoming more frequent, numbering at times events of great importance, for example the exhibition of the first great ballerina at the court of St. Petersburg, Julia Sedowa, whose minuscule footprints were graphed into the marble floor of the terrace (F). When the villa was bought by the Neapolitan engineer Roberto Fernandes, its remarkable historical heritage, the extraordinary site and its natural vocation to warm hospitality and enchantment, seemed to inspire the new landlord to transform the property into a hotel. The demanding fitting of a structure whose mission was that of conjugating the fundamental practically of modern times with the enchantment of ancient tradition, urged Fernandes to entrust the delicate job to one of the most enlighte- ned figures of contemporary architecture, Gio Ponti.

The hotel rose upon the ruins (never completed) of the Dacha (G), and its extraordinary adapting to the morphology and its original dynamic relation among the overhanging objects and the same structure made its fitting unique (H).

The Milanese architect–artist, renown for his eccentricity, deserves the merit of having joined local influences (the majolica of Salerno) with artistic settlings of other cultures (the majolica plates of Melotti), always moving in chromatic choices that respect the environment and natural colour scheme. The hotel today, more than ever, is celebrated as a paradigmatic work of contemporary architecture. It was inaugurated on 11 April 1962, and since that day seems to bear witness to the absolute and joyful intuition of the engineer Roberto Fernandes who (as Ponti wrote in the pages of Domus), “had the gift of discovering the qualities of what everyone took for granted, but of which no one was conscious of” a man thanks to whom everyone may continue to dream and enjoy that special uniqueness. Fabrizio Mautone

(6)

G

H L’area, a cavaliere tra i comuni di Sant’Agnello e Sorrento, era in

origine proprietà dell’Ordine dei Gesuiti; quando nel XVIII secolo i religiosi caddero in disgrazia presso le principali nazioni cattoliche, l’allora Re di Napoli, Ferdinando I, acquisì l’intera proprietà al fine di suddividerla in tre parti uguali. La prima, che si sviluppa intorno alla piccola chiesa del Cocumella, venne donata all’ordine dei Francescani che eressero un convento; la restante parte venne suddivisa tra il conte Luigi d’Aquila ed il fratello Paolo Leopoldo di Borbone, conte di Siracusa (A), che fece edificare l’omonima villa.

In tal modo il sovrano riuscì ad ingraziarsi il favore dei Francescani ed, al tempo, allontanò i due bizzarri cugini che turbavano, con scandali continui, la vita di Corte. La realizzazione di Villa Poggio Siracusa (B), ascrivibile al 1792, subì, sensibilmente, l’influenza di quella corrente di gusto generata dal rinvenimento dei resti di Ercolano e Pompei che determinò il diffondersi del Neoclassicismo.

La nobile semplicità e la pacata grandiosità del suo impianto architettonico, le consentirono di inserirsi in un perfetto equilibrio di linee, tese al raggiungimento di un entropico rapporto tra natura ed architettura. Lo stesso imponente parco (circa 27.000 metri quadri), sembra rispondere appieno alla tradizione dei giardini borbonici che vedevano l’osmotica alternanza di rari esemplari arborei, con episodi evocanti architetture classiche come, per esempio, il Tempio di Venere (C). Storia e leggenda si fondono, a tal proposito, per dar luogo a fantasiosi racconti che vorrebbero la realizzazione del tempio dedicato alla dea dell’Amore, nello stesso punto dove il gesuita padre Zaccaria, aveva piantato una preziosa pianticella portata con sé dalla missione delle Ande peruviane.

I magici effetti provocati dall’Eros, suggerirono a Leopoldo di Borbone di erigere un tempio che divenisse un monumento evocativo a quella straordinaria pianta del “perenne amore”.

Il giovane conte, insofferente al clima d’ipocrisia della Famiglia Reale ed accompagnato da quanti, come lui, bramavano all’idea di respirare aria di “libertà e piacere”, raggiungeva, con sempre maggior frequenza, il Poggio di Siracusa.

La villa divenne così l’ideale rifugio di una ristretta corte di dame e baroni, desiderosi di svagarsi in quell’Eden gioioso. Fu in tale straordinario contesto che nacque e si consumò uno struggente e sfortunato idillio che vide protagonsti lo stesso Paolo Leopoldo e Tania Zoratrovich, dei Marchesi di Szeged. Tuttavia la tragica scomparsa di quest’ultima, trasformò un simil luogo di delizie in un insopportabile registro di memorie che, in ogni angolo della villa, in ogni luogo del parco, non facevano altro che restituire alla mente del conte quegli eterni attimi vissuti con Tania, rendendo insopportabile il dolore. La morte del conte segnò un periodo di declino per la villa, dal quale sembrò rinascere solo sul finire del 1885 quando si apprese che in data 12 ottobre 1885, l’intera proprietà era stata venduta alla principessa Maria Sturdza ed al principe Costantino Cortchacow, cugino dei Romanoff.

Erano gli anni d’oro dell’aristocrazia russa che, disertate le fredde steppe natie, inseguiva il caldo abbraccio del sole mediterraneo.

La dimora conobbe da quel momento una rinnovata e crescente grandezza. Quando dalla lancia, proveniente da Napoli, sbarcarono il principe Costantino, la consorte Maria, la figlia Elena ed i principini Michele ed Alessandro, la servitù, accorsa a riverire la nobile famiglia, sembrò assistere all’ideale e definitiva mutazione culturale della borbonica Villa di Poggio Siracusa nella europeo–orientale Villa Cortchacow. L’unità familiare e la loro assoluta devozione allo zar (loro cugino), spinse i nuovi proprietari ad avviare, oltre alle dovute riparazioni e modifiche della villa, anche l’ambiziosa e suggestiva realizzazione di una dacia (D) da destinare ad una futura visita dell’illustre parente. Fu per volontà di Costantino Cortchacow, che la villa si arricchì di quello straordina- rio pavimento (E) ideato dall’insigne pittore Filippo Palizzi che, nella camera da letto padronale col suo disperdersi di petali di rosa, doveva simboleggiare il fugace passaggio della gioventù.

La villa venne ufficialmente inaugurata il 1° aprile 1893 con un sontuoso ricevimento che vide la partecipazione di insigni ospiti tra i quali: la Principessa d’Assia (che l’anno successivo avrebbe The area, straddled between the towns of Sant’Agnello and Sorren-

to, belonged originally to the Order of the Jesuits, when in the XVIII century the religious members fell into disgrace among the major catholic countries. In those days, the king of Naples Ferdinand I, acquired the entire proprierty for the purpose of splitting it into three equal parts. The first, which expanded around the small Church of Cocumella, was donated to the Franciscan order who later erected a convent. The remaining portion was divided between Count Louis of Aquila and his brother Paolo Leopoldo of Bourbon, count of Siracusa (A) who built the villa in the same name.

In this manner the sovereign succeeded in winning the favour of the Franciscans while, at the same time, sending off his two bizarre cousins who disturbed life at Court with their continuous scandals.

The realisation of Villa Poggio Siracusa (B), attributes to the year 1792, significantly endured the influence of that trend of style generated by the unearthing of the rests of Herculaneum and Pompeii that determined the spreading of Neo–classicism.

The noble simplicity and the peaceful magnificence of its architec- tural system allowed it to fit into a perfect balance of lines aimed at reaching relational entropy between nature and architecture.

The same impressive park (approx. 27.000 sq.m.), seems to fully respond to that tradition of Bourbon gardens that witnessed the spasmodic alternation of rare tree specimens with episodes evoking classical architecture - as the Temple of Venus (C). History and legend merge, in regards to this, to give rise to fantastic tales that would like to have the realisation of the temple dedicated to the goddess of Love, in the same place where the Jesuit father Zacaria had planted a precious plant brought over from the mission in the Peruvian Andes. The magical effects provoked on the Eros moved Leopoldo of Bourbon to erect a temple that would become a monu- ment, evoking the extraordinary plant of “eternal love”.

The young count, followed by those as himself who bearne to breathe the air of “freedom and pleasure”, reached, with ever

greater frequancy, the Hillock of Siracusa. The villa thus become the ideal refuge of a small court of dames and barons who wanted to enjoy themselves in that joyful Eden. It was in that extraordinary setting that an absorbing love was born and consumed between the same Paolo Leopoldo with Tania Zoratrovich of the marquises of Szeged. However, the tragic disappearance of the latter transfor- med such a land of delights into an unbearable diary of memories where, in every corner of the villa, in every place of the park, did nothing but keep bringing to the count’s mind those everlasting moments lived with Tania, making the pain unbearable.

The death of the count marked a period of decline for the villa, from which it seemed to rise again only on 12 October of 1885 when the entire property was sold to princess Maria Sturdza and prince Constantine Cortchacow, cousin of the Romanoffs.

It was the golden years of the Russian aristocracy which, having abandoned the barren Russian steppe, pursued the warm embrace of the Mediterranean sun. The residence experienced a renewed and accrued grandeur. When prince Constantine, his wife Maria, daughter Helen and princes Michael and Alexander landed with their boat, the domestic staff, scrambling to revere the noble family seemed to fitness the ideal and definitive cultural mutation of the Bourbon Villa of Poggio Siracusa into the European–oriental Villa Cortchacow. Family unity, or the absolute devotion to the Tsar (their cousin), moved the new owner to start, in addition to necessary repairs and changes to the villa, even the ambitious and enchanting realisation of a dacha (D) to set aside for the possible future visit of the imminent relative. Thanks to Constantine Cortchacow, the villa was enriched with that extraordinary pavement (E) created by the distinguished painter Filippo Palizzi who, in the master bedroom depicted the blowing of rose petals symbolising the fleeting of youth. The villa was officially inaugurated in 1 April 1893 with a sumptuosus reception that saw the participation of distinguished guests such as: the Princes of Assia (who was to marry the Tsar

sposato lo zar Nicola II per divenire l’imperatrice di tutte le Russie), la principessa Maud (futura regina di Norvegia), re Giorgio V (allora duca di York), la regina Sofia e la principessa di Svezia.

Le iniziative mondane iniziarono così a diffondersi sempre più, annoverando eventi di grande rilievo quali, ad esempio, l’esibizione della grande prima ballerina alla Corte di San Pietroburgo, Giulia Sedowa, le cui minuscole impronte dei piedi vennero grafite nel pavimento marmoreo del terrazzo (F).

Quando la villa venne acquistata dall’ingegnere napoletano Roberto Fernandes, la sua considerevole eredità storica, la straordinaria ubicazione e la naturale vocazione del sito ad accogliere ed affascinare, sembrarono ispirare al nuovo proprietario l’intento di trasformare tale luogo in un albergo.

L’impegnativo inserimento di una struttura che doveva coniugare la praticità fondamentale dei tempi moderni con l’incanto della tradizione antica, spinse il Fernandes ad affidare il delicato incarico ad uno dei più illuminati esponenti dell’architettura contempora- nea: Gio Ponti. L’albergo nacque sui resti della (mai completata) dacia (G) ed il suo straordinario adattamento alla morfologia e la sua originale relazione dinamica tra i corpi aggettanti e la struttura stessa, ne resero unico l’inserimento (H). All’architetto–artista milanese, incline al capriccio ed alla torsione modernista, va riconosciuto il merito di aver saputo coniugare influenze locali (la maiolica di Salerno), con artistici inserimenti di altrui culture (le placche maiolicate di Melotti), muovendosi sempre in scelte cromatiche rispettose dell’ambiente e dei suoi naturali cromatismi.

L’albergo, oggi più che mai celebrato come opera paradigmatica dell’architettura contemporanea, venne inaugurato l’11 aprile del 1962, e da quel giorno sembra testimoniare l’assoluta e felicissima intuizione dell’ingegnere Roberto Fernandes, che (come scriveva Ponti sulle pagine di “Domus”) “aveva il genio di scoprire le qualità di ciò che tutti conoscevano e di cui nessuno si accorgeva”, un uomo grazie al quale tutti possono continuare a sognare e a godere di tale unicità. Fabrizio Mautone

Nicholas II, becoming the Empress of all Russias), princess Maud (future queen of Norway), king George V (at the time Duke of York), queen Sophia and the princess of Sweden.

The mundane initiatives kept becoming more frequent, numbering at times events of great importance, for example the exhibition of the first great ballerina at the court of St. Petersburg, Julia Sedowa, whose minuscule footprints were graphed into the marble floor of the terrace (F). When the villa was bought by the Neapolitan engineer Roberto Fernandes, its remarkable historical heritage, the extraordinary site and its natural vocation to warm hospitality and enchantment, seemed to inspire the new landlord to transform the property into a hotel. The demanding fitting of a structure whose mission was that of conjugating the fundamental practically of modern times with the enchantment of ancient tradition, urged Fernandes to entrust the delicate job to one of the most enlighte- ned figures of contemporary architecture, Gio Ponti.

The hotel rose upon the ruins (never completed) of the Dacha (G), and its extraordinary adapting to the morphology and its original dynamic relation among the overhanging objects and the same structure made its fitting unique (H).

The Milanese architect–artist, renown for his eccentricity, deserves the merit of having joined local influences (the majolica of Salerno) with artistic settlings of other cultures (the majolica plates of Melotti), always moving in chromatic choices that respect the environment and natural colour scheme. The hotel today, more than ever, is celebrated as a paradigmatic work of contemporary architecture. It was inaugurated on 11 April 1962, and since that day seems to bear witness to the absolute and joyful intuition of the engineer Roberto Fernandes who (as Ponti wrote in the pages of Domus), “had the gift of discovering the qualities of what everyone took for granted, but of which no one was conscious of” a man thanks to whom everyone may continue to dream and enjoy that special uniqueness. Fabrizio Mautone

(7)

The area, straddled between the towns of Sant’Agnello and Sorren- to, belonged originally to the Order of the Jesuits, when in the XVIII century the religious members fell into disgrace among the major catholic countries. In those days, the king of Naples Ferdinand I, acquired the entire proprierty for the purpose of splitting it into three equal parts. The first, which expanded around the small Church of Cocumella, was donated to the Franciscan order who later erected a convent. The remaining portion was divided between Count Louis of Aquila and his brother Paolo Leopoldo of Bourbon, count of Siracusa (A) who built the villa in the same name.

In this manner the sovereign succeeded in winning the favour of the Franciscans while, at the same time, sending off his two bizarre cousins who disturbed life at Court with their continuous scandals.

The realisation of Villa Poggio Siracusa (B), attributes to the year 1792, significantly endured the influence of that trend of style generated by the unearthing of the rests of Herculaneum and Pompeii that determined the spreading of Neo–classicism.

The noble simplicity and the peaceful magnificence of its architec- tural system allowed it to fit into a perfect balance of lines aimed at reaching relational entropy between nature and architecture.

The same impressive park (approx. 27.000 sq.m.), seems to fully respond to that tradition of Bourbon gardens that witnessed the spasmodic alternation of rare tree specimens with episodes evoking classical architecture - as the Temple of Venus (C). History and legend merge, in regards to this, to give rise to fantastic tales that would like to have the realisation of the temple dedicated to the goddess of Love, in the same place where the Jesuit father Zacaria had planted a precious plant brought over from the mission in the Peruvian Andes. The magical effects provoked on the Eros moved Leopoldo of Bourbon to erect a temple that would become a monu- ment, evoking the extraordinary plant of “eternal love”.

The young count, followed by those as himself who bearne to breathe the air of “freedom and pleasure”, reached, with ever

greater frequancy, the Hillock of Siracusa. The villa thus become the ideal refuge of a small court of dames and barons who wanted to enjoy themselves in that joyful Eden. It was in that extraordinary setting that an absorbing love was born and consumed between the same Paolo Leopoldo with Tania Zoratrovich of the marquises of Szeged. However, the tragic disappearance of the latter transfor- med such a land of delights into an unbearable diary of memories where, in every corner of the villa, in every place of the park, did nothing but keep bringing to the count’s mind those everlasting moments lived with Tania, making the pain unbearable.

The death of the count marked a period of decline for the villa, from which it seemed to rise again only on 12 October of 1885 when the entire property was sold to princess Maria Sturdza and prince Constantine Cortchacow, cousin of the Romanoffs.

It was the golden years of the Russian aristocracy which, having abandoned the barren Russian steppe, pursued the warm embrace of the Mediterranean sun. The residence experienced a renewed and accrued grandeur. When prince Constantine, his wife Maria, daughter Helen and princes Michael and Alexander landed with their boat, the domestic staff, scrambling to revere the noble family seemed to fitness the ideal and definitive cultural mutation of the Bourbon Villa of Poggio Siracusa into the European–oriental Villa Cortchacow. Family unity, or the absolute devotion to the Tsar (their cousin), moved the new owner to start, in addition to necessary repairs and changes to the villa, even the ambitious and enchanting realisation of a dacha (D) to set aside for the possible future visit of the imminent relative. Thanks to Constantine Cortchacow, the villa was enriched with that extraordinary pavement (E) created by the distinguished painter Filippo Palizzi who, in the master bedroom depicted the blowing of rose petals symbolising the fleeting of youth. The villa was officially inaugurated in 1 April 1893 with a sumptuosus reception that saw the participation of distinguished guests such as: the Princes of Assia (who was to marry the Tsar

Nicholas II, becoming the Empress of all Russias), princess Maud (future queen of Norway), king George V (at the time Duke of York), queen Sophia and the princess of Sweden.

The mundane initiatives kept becoming more frequent, numbering at times events of great importance, for example the exhibition of the first great ballerina at the court of St. Petersburg, Julia Sedowa, whose minuscule footprints were graphed into the marble floor of the terrace (F). When the villa was bought by the Neapolitan engineer Roberto Fernandes, its remarkable historical heritage, the extraordinary site and its natural vocation to warm hospitality and enchantment, seemed to inspire the new landlord to transform the property into a hotel. The demanding fitting of a structure whose mission was that of conjugating the fundamental practically of modern times with the enchantment of ancient tradition, urged Fernandes to entrust the delicate job to one of the most enlighte- ned figures of contemporary architecture, Gio Ponti.

The hotel rose upon the ruins (never completed) of the Dacha (G), and its extraordinary adapting to the morphology and its original dynamic relation among the overhanging objects and the same structure made its fitting unique (H).

The Milanese architect–artist, renown for his eccentricity, deserves the merit of having joined local influences (the majolica of Salerno) with artistic settlings of other cultures (the majolica plates of Melotti), always moving in chromatic choices that respect the environment and natural colour scheme. The hotel today, more than ever, is celebrated as a paradigmatic work of contemporary architecture. It was inaugurated on 11 April 1962, and since that day seems to bear witness to the absolute and joyful intuition of the engineer Roberto Fernandes who (as Ponti wrote in the pages of Domus), “had the gift of discovering the qualities of what everyone took for granted, but of which no one was conscious of” a man thanks to whom everyone may continue to dream and enjoy that special uniqueness. Fabrizio Mautone

Riferimenti

Documenti correlati

Il lavoro con i ragazzi disabili, altrimenti segregati in casa dalle famiglie per la vergogna, il LEC, la scuola di cucito, il sostegno anche materiale alle fasce più povere

A novembre 2020 Luca Attanasio, allora Ambasciatore italiano nella Repubblica Democratica del Congo, inizia la sua collaborazione con le associazioni operative in Congo

I familiari presenti sono istruiti circa l’approccio al paziente, qualora a domicilio si verificasse una delle condizioni circa le quali il /la paziente ha espresso la sua volontà.

Non solo il progressivo ritrarsi della sfera pubblica da questi ambiti di normazione di senso è sotto gli occhi di tutti: ma, ben oltre, la stessa derubricazione di una

Massimo Luciani, autorevole costituzionalista, ha sottoposto ad uno studio ana- litico la «catena normativa» 21 che ha il suo anello finale nella Dichiarazione dello stato

ISPRA effettua il controllo documentale su tutti gli impianti autorizzati, mentre le visite ispettive ordinarie sono eseguite secondo una frequenza di programmazione stabilita

così è stato anche quando abbiamo sottolineato a tutti i referenti istituzionali e sindacali le difficoltà operative comprese nel decreto istitutivo della figura dell’Assisten- te

Erano tre bambini vivacissimi, sempre in movimento, sempre in giro a fare qualcosa, e talvolta ne combinavano delle grosse, che facevano arrabbiare persino il loro