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Tossicodipendenza: è reato?

Autore: Mariano Acquaviva | 22/08/2018

Tossicodipendenza: cosa dice la legge? Capacità di intendere e di volere, affidamento in prova, reato continuato.

La tossicodipendenza è una piaga che affligge tantissime persone: iniziata semmai come trasgressione o per gioco, l’assunzione di droghe (leggere o pesanti che siano) può diventare ben presto una schiavitù vera e propria, dalla quale è difficile uscirne. Nonostante le tante leggi presenti nel nostro ordinamento, la lotta contro

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la diffusione della droga pare essere persa, tanto che da più parti è stata proposta l’idea di legalizzare almeno l’utilizzo di quelle cosiddette leggere per arginare il fenomeno del narcotraffico. Al di là di ciò, va detto che lo stato di tossicodipendenza non è irrilevante per la legge italiana: colui che è dipendente dalle sostanze stupefacenti può infatti, in alcune occasioni, accedere ad un trattamento particolare. Cosa significa? Per chiarire questo argomento bisogna procedere con ordine e spiegare innanzitutto alcune cose importanti: prima tra tutte, se la tossicodipendenza è reato. Se questo argomento ti interessa, prosegui nella lettura.

È legale drogarsi?

Secondo la legge [1], chi fa uso di droghe non commette, di per sé, alcun reato, salvo il ricorrere di alcune circostanze (ad esempio, guida di un’autovettura) e salvo la possibilità di incorrere in sanzioni amministrative, come ad esempio la sospensione o la revoca della patente, la revoca del porto d’armi, ecc. Al contrario, rischia pene molto dure colui che spaccia droga.

Nello specifico, la legge sanziona severamente (fino a venti anni di detenzione) tutta una serie di condotte che riguardano le sostanze stupefacenti: si va dalla coltivazione alla produzione, dalla fabbricazione all’estrazione passando per la cessione, l’offerta, la distribuzione, il commercio e il trasporto di sostanze stupefacenti [1].

Quindi, secondo il legislatore italiano, solo lo spacciatore incorre in reato; il tossicodipendente, dal punto di vista della legge penale, può stare tranquillo. Il punto è che, concretamente, non è sempre facile capire se la droga trovata addosso ad una persona sia destinata all’uso personale (perfettamente legale) oppure allo spaccio (che, invece, è reato). Normalmente, per capire se le sostanze rinvenute siano cedute oppure tenute per sé le autorità fanno attenzione ad alcune circostanze, quali:

il quantitativo (una grossa dose difficilmente sarà destinata esclusivamente all’uso personale);

la presenza di accessori, quali coltellini, carta stagnola, bilancini e altri strumenti che, di solito, sono utilizzati per preparare la droga per la vendita;

la presenza di grosse somme di denaro, introiti dello spaccio.

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Tossicodipendenza: cosa dice la legge?

Dal punto di vista penale, se la tossicodipendenza non costituisce reato è anche vero che essa non è del tutto irrilevante sotto il profilo giuridico. In particolare, colui che sia tossicodipendente potrebbe addirittura non essere imputabile penalmente oppure, nel caso di condanna, chiedere di proseguire il percorso di disintossicazione o di applicargli un regime sanzionatorio più benevolo (reato continuato). Il rovescio della medaglia, però, è che la tossicodipendenza potrebbe addirittura essere valutata come un aggravante del crimine commesso.

Affrontiamo con ordine le singole ipotesi.

Tossicodipendenza e imputabilità del reato

Secondo la legge, nessuno può essere punito per un fatto previsto come reato se, al momento in cui l’ha commesso, non era capace di intendere e di volere [2]. Ora, ci sono delle ipotesi in cui il codice penale ritiene che l’autore del crimine non sia imputabile, cioè sia privo della capacità di intendere e di volere: è il caso del minore di quattordici anni, dell’infermo di mente e di colui che, a causa della cronica assunzione di alcool o di sostanze stupefacenti, sia dimostrato fosse affetto da un vizio di mente tale, appunto, da renderlo incapace [3]. In buona sostanza, quindi, il tossicodipendente che provi che, al momento in cui ha commesso il crimine, fosse del tutto fuori di sé a causa proprio dell’assunzione cronica di droghe, potrebbe addirittura risultare inimputabile e, quindi, evitare la pena.

Ora, non si pensi che la tossicodipendenza possa essere accampata come scusa così facilmente: la casistica giurisprudenziale a riguardo è piuttosto scarsa e comunque sarebbe onere dell’imputato dimostrare che la sua tossicodipendenza sia equiparabile ad una malattia mentale vera e propria. Si considerino, poi, altri due aspetti:

la persona non imputabile può comunque essere condannata ad una misura di sicurezza;

la tossicodipendenza, quando non influisce sull’imputabilità, cioè sulla capacità di intendere e di volere, può essere addirittura considerata come un’aggravante ogni volta che l’assunzione di droghe sia abituale [4]

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oppure sia fatta proprio in vista della commissione del reato [5].

Tossicodipendenza e affidamento in prova

La legge, per evitare che si possa finire in carcere per condanne non elevate, ha previsto alcune misure alternative alla detenzione: tra queste c’è l’affidamento in prova [6], che consiste nella possibilità, per colui che debba scontare una pena (o un residuo di pena) non superiore a tre anni di reclusione, di chiedere di essere affidato ai servizi sociali. L’esito positivo del periodo di prova, la cui durata coincide con quella della pena da scontare, estingue la pena ed ogni altro effetto penale.

La legge [7] ha previsto un affidamento in prova in casi particolari, e tra questi rientra anche quello rivolto ai condannati tossicodipendenti e alcooldipendenti.

Questa misura alternativa può essere richiesta dal condannato tossicodipendente o alcoldipendente che:

abbia una pena detentiva inflitta, o un residuo pena, non superiore a sei anni;

abbia in corso o intenda sottoporsi ad un programma di recupero;

abbia concordato il programma terapeutico con la A.S.L. o con altri enti, pubblici o privati, espressamente indicati dalla legge;

possieda una certificazione, rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o privata autorizzata, sullo stato di tossicodipendenza o alcooldipendenza e sull’idoneità, ai fini del recupero, del programma terapeutico.

Si tratta, quindi, di uno strumento volto ad evitare il carcere a colui che decide concretamente di voler uscire dal proprio stato di tossicodipendenza, stato che difficilmente riuscirebbe a superare se scontasse la sua pena dietro le sbarre.

Tossicodipendenza: reato continuato

A queste ipotesi tutto sommato favorevoli a chi fa uso di sostanze stupefacenti se ne aggiunge un’altra: quella relativa all’applicazione della disciplina del concorso formale e del reato continuato per chi versi in uno stato di tossicodipendenza.

Cosa significa? Come sappiamo, la legge punisce ogni reato con una sanzione: ad esempio, chi ruba è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni; chi calunnia un’altra persona con il carcere fino a sei anni; e così via. Tuttavia, ci sono delle ipotesi in cui sarebbe ingiusto applicare una sanzione per ogni crimine commesso:

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ad esempio, chi investe per sbaglio due pedoni non risponderà di una pena che corrisponde alla somma di due omicidi stradali colposi, bensì ad una pena che è quella prevista per un unico omicidio stradale colposo, aumentata sino al triplo secondo la valutazione del giudice. Questo perché l’autista ha sì violato la legge, ma ha posto in essere un’unica condotta; sarebbe pertanto ingiusto punirlo come se avesse investito due persone in due circostanze diverse.

Allo stesso modo, chi realizza più crimini in vista della realizzazione di un unico obiettivo viene punito dalla legge come se avesse commesso un unico delitto, anche se la pena gli verrà aumentata: così, a colui che ruba una pistola e poi si serve immediatamente della stessa per ferire una persona si applicherà la sola sanzione prevista per le lesioni personali, aumentata fino al triplo. Nel caso sopra esemplificato (autista che investe i pedoni) si parla di concorso formale di reati; in quest’ultimo, di reato continuato.

Ebbene, secondo la legge, lo stato di tossicodipendenza rileva proprio ai fini dell’applicazione di questo più benevolo regime giuridico. In particolare, nel caso di più sentenze o decreti penali irrevocabili pronunciati in procedimenti distinti contro la stessa persona, il condannato o il pubblico ministero possono chiedere l’applicazione della disciplina del concorso formale o del reato continuato, sempre che la stessa non sia stata già esclusa dal giudice. Fra gli elementi che incidono sull’applicazione della disciplina del reato continuato vi è la consumazione di più reati in relazione allo stato di tossicodipendenza. In pratica, colui che è tossicodipendente, dimostrando questo suo stato, può ottenere un regime sanzionatorio più favorevole se prova che i reati da lui commessi sono stati realizzati proprio in ragione della sua dipendenza da sostanze stupefacenti.

Esempio: Tizio, aduso all’assunzione di droghe, per trovare i soldi necessari all’acquisto delle sostanze commette una serie di furti in supermercato. Ebbene, anche dopo le condanne avute per ciascun furto commesso, se egli (o meglio, il suo avvocato) riesce a dimostrare che i crimini sono tutti legati dallo stesso filo rosso, cioè dal bisogno di denaro dettato dallo stato di tossicodipendenza, allora potrà ottenere un’unica pena (aumentata fino al triplo) per i reati commessi in preda al suo stato di dipendenza.

Note

[1] d.P.R. n. 309/90. [2] Art. 85 cod. pen. [3] Art. 95 cod. pen. [4] Art. 94 cod.

pen. [5] Art. 92 cod. pen. [6] Art. 47 della legge 26 luglio 1975, n. 354. [7] Art. 94,

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d.P.R. n. 309/90. Autore immagine: Pixabay.com

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