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Separazione consensuale e giudiziale: differenza

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Separazione consensuale e giudiziale: differenza

written by Redazione | 02/04/2018

Come funziona la separazione, la causa davanti al giudice, la separazione al Comune o quella tramite la negoziazione assistita dagli avvocati: così termina il matrimonio.

Hai deciso di separarti. Non riesci più a convivere con tuo marito o tua moglie. In gergo tecnico si dice che «la convivenza è diventata intollerabile». È questa la condizione per chiedere la separazione, anche se non ci sono colpe o recriminazioni. Basta infatti non volersi più bene, non amarsi. Ora però arriva la parte difficile: la divisione di tutto ciò che, sino ad oggi, avete costruito, fatto e realizzato insieme. Non ci sono solo i figli, ma anche la casa, i risparmi e – perché no – la progressione in carriera del coniuge a cui anche l’altro, con l’assistenza materiale casalinga, ha contribuito. Insomma, è inutile girarci intorno: il problema di ogni separazione è quasi sempre i soldi. Soldi che, in questo caso, si chiamano mantenimento. A questo punto tu e il tuo coniuge avete due scelte per dirvi addio: la separazione consensuale o la separazione giudiziale. Te ne ha parlato il tuo avvocato, ma in modo frettoloso e dando per scontato che tu

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comprendessi tutto di legge. Invece non è così. Pertanto vorresti sapere meglio cosa significa tutto ciò, a quali conseguenze vai incontro, quali sono i tuoi diritti e, in particolare qual è la differenza tra separazione consensuale e separazione giudiziale.

In questo articolo ti forniremo un’ampia panoramica delle procedure possibili per separarsi. Con un importante avvertimento: la separazione non è che il primo step per arrivare al definitivo distacco: dopo c’è da fare il divorzio, il che richiede un’autonoma procedura. E il termine minimo da rispettare prima di poter presentare domanda di divorzio dipende proprio dal tipo di separazione che avrete prescelto, se cioè consensuale o giudiziale. Ma procediamo con ordine.

Cos’è la separazione?

Se il matrimonio diventa intollerabile i coniugi hanno diritto di separarsi. La separazione è un periodo di passaggio e fino al momento del divorzio è sempre possibile riconciliarsi.

A poter chiedere la separazione può essere anche uno solo dei coniugi. Non c’è bisogno del consenso di entrambi. Spesso si sente dire che il marito o la moglie

«non ha voluto dare all’altro la separazione», ma le cose non stanno così: chi vuol separarsi può procedere autonomamente anche senza bisogno della collaborazione dell’altro. In questo caso, però, non ci sono possibilità di procedere con una separazione consensuale: bisognerà per forza avviare la separazione giudiziale, secondo quanto diremo a breve.

La separazione non pone fine al matrimonio ma incide solo su alcuni suoi effetti.

Innanzitutto si scioglie la comunione legale dei beni, per cui tutto ciò che è comune andrà diviso e laddove non sia possibile da dividere in natura andrà venduto e il ricavato ripartito tra i due. Si può dividere un conto corrente, ma molto più difficilmente una casa o un’auto. Questo problema però non sussiste se i coniugi erano in regime di «separazione dei beni» per cui ciascuno resta proprietario dei beni acquistati coi propri soldi.

Inoltre con la separazione terminano gli obblighi di fedeltà e coabitazione.

Questo significa che ciascun coniuge è libero di frequentare altre persone, anche convivervi e iniziare una relazione (con instaurazione di una convivenza more uxorio). Per mandare via di casa il coniuge bisogna attendere comunque l’avvio

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del procedimento di separazione e la prima udienza presidenziale con il tentativo di conciliazione.

Con la separazione scatta inoltre l’obbligo di versare il mantenimento al coniuge con il reddito più basso, a condizione che questi non abbia subito l’addebito, ossia non sia stato dichiarato responsabile per la cessazione del matrimonio (non deve aver tradito l’altro, non deve aver lasciato la casa, non deve aver maltrattato l’altro, ecc.). Il mantenimento conseguente alla separazione deve mirare a garantire all’ex lo stesso tenore di vita che aveva quando ancora i due erano uniti. Il che significa – in modo molto approssimativo – sommare i due redditi e poi dividerli per metà, tenendo conto delle spese che ciascuno dei due dovrà sostenere.

Oltre a ciò si inserisce l’ineliminabile mantenimento dei figli che dovrà permanere fino alla loro indipendenza economica.

Separazione di fatto e separazione legale

La separazione può essere di due tipi:

la separazione di fatto, cioè la situazione in cui i due coniugi decidono di vivere separati ma senza intervento di un giudice. Questa non ha alcun rilievo legale e, pertanto, il periodo in cui si vive lontani non serve per poter poi passare al divorzio. La separazione di fatto non dà neanche diritto al mantenimento sebbene un coniuge non possa comunque disinteressarsi dell’altro, tanto più se, ancora, non è intervenuta una sentenza di separazione;

la separazione legale che può essere a sua volta una separazione consensuale o una separazione giudiziale. Essa può avvenire con l’intervento del giudice oppure ricorrendo alla negoziazione assistita da un avvocato o tramite dichiarazione davanti al sindaco (in questo ultimo caso non vi devono essere figli minori e spostamenti di proprietà di beni).

Qual è la differenza tra separazione

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consensuale e giudiziale

La differenza tra separazione consensuale e giudiziale è molto semplice. Salvo quanto più diffusamente diremo più avanti nel corso di questa guida, possiamo così sintetizzare la questione:

la separazione consensuale è quella che avviene di comune accordo tra i coniugi; questi assumono un’intesa su tutti gli effetti – personali e patrimoniali – della separazione (dal mantenimento all’assegnazione della casa, dalle visite dei figli alla divisione dei beni) e poi la fanno ratificare o al giudice (con un procedimento in tribunale che si risolve in una sola udienza), o agli avvocati (con la negoziazione assistita) oppure al sindaco.

Dopo la separazione consensuale devono passare solo sei mesi per poter divorziare;

la separazione giudiziale è invece quella che si fa in causa, davanti necessariamente al giudice, quando marito e moglie non sono riusciti a trovare un accordo sui termini dell’addio. In questo giudizio si può anche decidere non solo del mantenimento, dell’assegnazione dei figli e della casa, della divisione dei beni, ma anche sull’addebito ossia sulle responsabilità da attribuire a uno o a entrambi i coniugi relative alla fine della convivenza. Dopo la separazione giudiziale deve passare un anno per poter chiedere il divorzio.

Cos’è la separazione consensuale e come funziona

La separazione consensuale è un accordo sulle condizioni riguardanti i rapporti patrimoniali e determina il regime di affidamento dei coniugi. I procedimenti di separazione previsti dalla legge sono:

quello davanti al tribunale;

quello davanti all’ufficiale dello stato civile del Comune;

la negoziazione assistita dall’avvocato.

Separazione consensuale davanti al tribunale

Il procedimento davanti al tribunale è quello attraverso il quale marito e moglie,

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dopo aver trovato d’accordo sugli aspetti patrimoniali, sull’affidamento dei figli e sull’abitazione familiare, possono procedere al deposito congiunto del ricorso di separazione. Il ricorso, contenente i termini della separazione, dovrà essere depositato in carta semplice presso la cancelleria del tribunale del luogo di residenza o di domicilio di uno dei ricorrenti. Il presidente del tribunale, se ritiene infatti che quanto concordato è conforme alla legge, concederà la separazione. La valutazione di solito è formale e difficilmente si entra nel merito delle scelte fatte dai coniugi.

Ci vuole sempre l’avvocato che può anche essere uno solo per entrambi i coniugi.

Ciò farà risparmiare loro sui costi.

Separazione in Comune

Il procedimento davanti all’ufficiale dello stato civile è possibile se:

non vi sono figli minori, figli maggiorenni non autonomi o incapaci o portatori di handicap grave;

i patti non prevedono trasferimenti di beni (è consentita invece la previsione di un assegno di mantenimento).

I coniugi che hanno già trovato un accordo su tutte le condizioni della separazione possono concludere una convenzione di separazione davanti all’ufficiale dello stato civile del Comune di residenza di uno di loro o del Comune presso cui è iscritto o trascritto l’atto di matrimonio. La convenzione produrrà gli stessi effetti di un provvedimento di separazione emesso dal giudice. La presenza dell’avvocato è facoltativa.

Separazione con negoziazione assistita dagli avvocati

La negoziazione assistita si pone come alternativa al procedimento in tribunale;

essa è infatti possibile anche quando ci sono figli e sono previsti accordi di trasferimento di beni.

Il coniuge che vuole procedere con la separazione può, tramite il proprio avvocato, invitare l’altro a cercare un accordo. La convenzione che così viene stipulata tra i due (molto simile a un normale contratto) può contenere patti di trasferimento

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patrimoniale. Dopo la stipula della convenzione, sono necessari:

se non vi sono figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti o maggiorenni incapaci o portatori di handicap grave, il nulla osta del Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, previa verifica dell’assenza di irregolarità;

se vi sono figli minori o maggiorenni economicamente non autosufficienti, maggiorenni incapaci portatori di handicap grave, l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica presso il tribunale competente, previa verifica della rispondenza dell’accordo all’interesse dei figli.

La convenzione produrrà gli stessi effetti di un provvedimento di separazione emesso dal giudice.

Se l’accordo per una separazione consensuale non viene raggiunto, il giudice deve instaurare un procedimento di separazione giudiziale: in questo caso le condizioni della separazione vengono stabilite dal tribunale.

Condizioni della separazione consensuale

Nella separazione consensuale non è necessario – e di solito non avviene mai – dimostrare la colpa di uno o di entrambi i coniugi perché il presupposto indispensabile è costituito dalla intollerabilità della convivenza, cioè da una situazione che non dipende necessariamente dal comportamento del marito o della moglie. Per esempio ci può essere intollerabilità quando sia venuta meno da entrambe le parti o anche da una sola la volontà di vivere assieme, l’amore, l’attrazione.

Cos’è la separazione giudiziale e come funziona

Come anticipato si ricorre alla separazione giudiziale quando non c’è intesa. In questo caso è necessario fare una apposita causa con due avvocati, l’uno per ciascuna delle due parti. Chiaramente la causa verrà avviata da chi dei due intende agire prima. La causa è unica: non è possibile infatti instaurare un procedimento avviato dalla moglie contro il marito e un altro dal marito contro la moglie. Nel momento in cui uno dei due coniugi agisce cita l’altro che si dovrà

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costituire nella stessa causa. È assolutamente indifferente chi agisce per primo visto che, nel processo, le posizioni di ricorrente e resistente sono uguali e hanno gli stessi poteri.

Il procedimento per la separazione giudiziale è diviso in due fasi.

La prima si svolge davanti al presidente del tribunale che è tenuto a porre in essere un tentativo di conciliazione (è necessaria la presenza personale dei coniugi assistiti dal proprio legale). Se la conciliazione non ha esito positivo, il presidente dispone i provvedimenti urgenti e provvisori, ossia i provvedimenti che hanno per oggetto l’autorizzazione a cessare la convivenza, la fissazione di un eventuale assegno di mantenimento, l’affidamento dei figli minori. A seguito della pronuncia dei provvedimenti presidenziali, le parti sono rimandate davanti al giudice competente per la fase istruttoria della causa cioè per l’acquisizione di tutte le prove necessarie a giudizio. È questa la seconda fase del procedimento di separazione giudiziale.

La fissazione del mantenimento alla fine della separazione giudiziale retroagisce al momento del deposito del ricorso, sicché il coniuge tenuto a versare l’assegno dovrà far fronte agli arretrati delle mensilità precedenti.

Se ne ricorrono le circostanze, su domanda di un coniuge, il giudice può addebitare la separazione al coniuge che ha violato i doveri del matrimonio:

maltrattamenti, commissione dell’assistenza morale o materiale, infedeltà, abbandono del tetto coniugale.

Il giudice in ogni caso prima di procedere all’addebito deve effettuare un giudizio comparativo circa le condotte di entrambi i coniugi.

Chi subisce l’addebito non può:

pretendere il mantenimento anche se disoccupato;

vantare diritti successori sull’altro coniuge se questi muore dopo la separazione e prima del divorzio (dopo il divorzio non spettano mai diritti successori).

Al coniuge cui è addebitata la separazione con sentenza definitiva spetta solo un assegno vitalizio se, al momento dell’apertura della successione, godeva degli alimenti a carico del coniuge deceduto.

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Il procedimento di separazione si conclude con una sentenza che, comunque, può essere sempre rivista in futuro se sorgono circostanze ulteriori modificative delle condizioni economiche dei coniugi. È possibile comunque dichiarare la separazione già alla prima udienza con sentenza non definitiva, lasciando per dopo la discussione degli aspetti controversi. Così la richiesta di divorzio potrà avvenire in tempi rapidi.

Se si inizia una separazione giudiziale, in qualunque momento questa può essere trasformata in separazione consensuale. Non vale invece l’inverso: una separazione consensuale non si può trasformare in giudiziale, salvo il diritto di chiedere la modifica delle condizioni di separazione in un momento successivo.

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