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Note sul coacervo delle donazioni pregresse ai fini dell imposta sulle successioni e donazioni nella giurisprudenza della Corte di Cassazione

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1. L’istituto del coacervo

Il coacervo, anche detto cumulo, è un istituto giuridico che qualifica l’arricchimento di un soggetto mediante un contratto di donazione (art. 769 c.c.), differenziando coloro che abbiano già ricevuto una quota del patrimonio del trasferente per sue liberalità, da coloro che ricevano dallo stesso, una volta defunto, mediante la successione.

Rispetto al trasferimento di ricchezza, ancora, con la donazione i donatari conseguono, in assenza di controprestazioni, una parte del patrimonio del donante, mosso da spirito di liberalità1, subendo egli un depauperamento2. Diversamente, con l’eredità o il legato, il patrimonio dei beneficiari si incrementa, ma ciò non ha riflessi sul dante causa3.

In ogni caso, con il processo logico-giuridico-matematico di riunione del relictum con il donatum4 si individuavano le aliquote da applicare al valore imponibile dell’imposta di suc-

1 Si ricorda che l’art. 770, comma 1, c.c., prevede le donazioni c.d. rimuneratorie, rispetto alle quali il donante non è animato da un puro animus donandi, ma dona “per riconoscenza o in considerazione dei meriti del donatario o per speciale rimune- razione”.

2 SS.UU., sentenze nn. 1308/2015, 5068/2016 e 18725/2017.

3 Sulla nozione e struttura del contratto di donazione, cfr. A. CataDuella, «Successioni e donazioni. La donazione», Torino, 2005, p. 57 ss. Per le devoluzioni mortis causa, g. Bonilini (a cura di), «La successione ereditaria», in Trattato sulle succes- sioni e donazioni, vol. I, Milano, 2009, p. 22 ss. Per i profili tributari, oltre agli Autori indicati nelle note che seguono, si rinvia a G. GaFFuRi, «Successione: VI) Imposta sulle successioni», in Enc. giur. Treccani, Roma, 1993; iD., (voce) «Successioni e Donazioni (Imposta sulle»), in Dig. disc. priv., sez. comm., XVI, Torino, 1998, p. 302 ss., nonché «L’imposta sulle successioni e donazioni», Padova, 1993; «L’imposta sulle successioni e donazioni. Trust e patti di famiglia», Milano, 2008; c. Sacchetto,

«La donazione nel diritto tributario», in G. bonilini (a cura di), in Trattato sulle successioni e donazioni, vol. II, Torino, 2001, p. 1265 ss.; aa.vv., L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, Milano, 2001; F. boSello, «L’imposta sulle successioni e donazioni», in a. aMatucci (diretto da), Trattato di diritto tributario. I tributi in Italia, vol. IV, Padova, 2001, p.

191 ss.; a. FeDele, «Il regime fiscale di successioni e liberalità», in P. ReScigno (diretto da) - M. ieva (coordinato da), Trattato breve delle successioni e donazioni, vol. II, Padova, 2010.

4 A.F. uRicchio, «Commento all’art. 8», in N. D’aMati (a cura di), Commento al Testo unico delle imposte sulle successioni e donazioni, Padova, 1996, p. 79.

La giurisprudenza consolidata della sezione tributaria della Corte di Cassazione ha affermato la tacita abrogazione del coa- cervo sul valore donatum-relictum ai fini dell’imposta sulle successioni, essendosi conclusa la finalità antielusiva connessa al previgente sistema impositivo. Per converso, ai fini dell’im- posta sulle donazione ne sostiene la durevole applicazione sul valore del donatum, finanche nel quinquennio di soppressione del tributo. Da ultimo, tuttavia, con l’ordinanza del 19 gennaio 2021, n. 727, pur confermando l’operatività dell’istituto, il

Giudice di legittimità ha statuito che dal calcolo di liquida- zione dell’imposta vadano escluse tanto le liberalità inter

vivos anteriori alla sua re-istituzione, quanto quelle esenti. A tal fine, rilevano sia le esenzioni indicate dalla legge all’atto della stipula della donazione, sia quelle indicate al momento in cui si effettua il coacervo. Diversamente, si determinerebbe un maggiore prelievo fiscale per l’erosione della franchigia su fattispecie di frazionamento patrimoniale compiute dal contribuente in assenza di propositi elusivi.

di Laura Letizia

Note sul coacervo delle donazioni pregresse ai fini dell’imposta sulle successioni e

donazioni nella giurisprudenza della Corte

di Cassazione

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cessione e lo stesso “compito” tutt’ora assolve il coacervo del donatum ai fini dell’imposta sulle donazioni per verificare possibili disponibilità di franchigia.

Sicché, i beni ricevuti dal donatario prima della morte del de cuius si incorporano fiscal- mente nel “valore globale netto” della successione, incrementandone il quantum e, tale importo – prima degli interventi della Corte di Cassazione, a partire dal 2016, anticipati da una parte della dottrina5 – riguardava sia il valore complessivo di ogni quota ereditaria/

legato ricevuta da ciascun erede/legatario, sia quello di ogni donazione conseguita dagli stessi beneficiari prima del decesso del dante causa.

Quanto alla disciplina dell’istituto, considerando solo gli interventi normativi più recenti6, il riferimento è il TUS, di cui al D.Lgs. 346/1990, che introdusse aliquote progressive per le imposte in commento, applicate a scaglioni crescenti di valore tassabile, riferiti anche a singole attribuzioni. Se l’atto traslativo dell’incremento patrimoniale si correlava a legami familiari, i soggetti passivi, fino a una definita soglia, non versavano né il tributo successorio, né il tributo donativo.

Ciò, però, poteva eludere la progressività se il defunto, quando ancora in vita, poneva in essere strumentalmente più donazioni ai futuri eredi/legatari, ciascuna delle quali con un valore rientrante in franchigia o tassate da aliquote di imposta minori7.

Si previde, pertanto, “ai soli fini delle aliquote applicabili”, di sottoporre a maggiore imposizione eventuali donazioni pregresse compiute da uno stesso trasferente a favore di uguali be- neficiari, attualizzandone il valore all’atto del suo decesso o nel momento in cui compiva un’ulteriore trasferimento liberale inter vivos. Non si trattava, dunque, di tassare nuovamen- te l’ultima donazione, circostanza che avrebbe determinato un’illegittima duplicazione di imposta, ma più intensamente quella successiva.

Da qui, fittiziamente, il relictum con il donatum o il solo donatum andavano riuniti ai fini fiscali per contrastare ipotetiche manovre elusive, sebbene questa interpretazione sia stata repu- tata non corretta trattandosi, piuttosto: “di una tecnica per l’applicazione, in via ordinaria e generale, della progressività sul presupposto, da sempre accolto dal legislatore tributario, che le liberalità in vita sono mere anticipazioni dell’attribuzione successoria, nell’ottica dell’unitario tributo sulle attribuzioni liberali”8. Il coacervo è attualmente disciplinato, per le devoluzioni liberali, dall’art. 57, comma 1, TUS, nella versione vigente al 24 ottobre 2001. Per le devoluzioni ereditarie, invece, in- terveniva l’art. 8, comma 4, TUS.

2. I plurimi interventi del legislatore: cenni

Per comprendere l’operatività del cumulo sull’imposta di donazione e non più sull’imposta di successione occorre considerare, sia pur brevemente, i plurimi interventi del legislatore

5 v. MaStRoiacovo, «Il cumulo del donatum con il relictum nella nuova imposta successoria», in Corr. trib., n. 21/2007, p.

1719 ss. Cfr., anche, u. FRieDMann - S. ghinaSSi - v. MaStRoiacovo - g. PetteRuti, «Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni», Studio del Consiglio nazionale del notariato, n. 168-2006/T, par. 2.3; S. ghinaSSi,

«L’istituto del coacervo nella nuova imposta sulle successioni e donazioni», in Rass. trib., n. 3/2007, p. 737 ss.

6 Il più lontano antecedente del cumulo del relictum con il valore delle donazioni in vita del de cuius si rintraccia nell’art. 4, L.

25/1902, allorquando l’imposta sulle successioni diventò progressiva a scaglioni e non fu più proporzionale. Per specificazioni, F. SeRRano, «Le imposte sulle successioni», in a.D. giannini (a cura di), Trattato di diritto tributario, III, Torino, 1968, p. 308 ss.

7 Invero, ciò andava inteso esclusivamente per determinare le aliquote da applicare per il calcolo dell’imposta sul relitto, non nel senso che la maggiorazione si traduceva in un coacervo includendo nella base imponibile e nella tassazione pure il donato.

In questo senso, ex pluribus, Cass., sentenze nn. 8489/1997, 5972/2007, 29739/2008.

8 Così a FeDele, «Ha ancora un senso il “coacervo” delle donazioni? La difficile conciliazione di dati testuali ed esigenze sistema- tiche», in Riv. trim. dir. trib., n. 1/2017, p. 235. L’Autore aggiunge: “La progressività del tributo non si ottiene esclusivamente mediante la previsione di aliquote progressive: si può realizzare una moderata progressività disponendo un abbattimento alla base, anche se combinato con un’aliquota proporzionale, e tale è la franchigia. Quindi l’imposta sulle successioni e donazioni mantiene la caratteristica di imposizione progressiva quando opera la franchigia stessa”.

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a partire dalla L. 342/20009. Questa, infatti, mutava il precedente assetto del prelievo in esame eliminando l’imposta “sull’asse globale” di beni e diritti e prevedendo l’imposta sulla “quota” di eredità/legato. Si riprendeva, dunque, un’imposizione a carattere propor- zionale ad aliquote fisse e indipendenti, il cui valore imponibile incideva anche sugli atti di liberalità ante devoluzione successoria.

Le dette aliquote, inoltre, erano rimodulate, al netto di una franchigia comune, unica, per entrambi i tributi, non usufruibile reiteratamente da uno stesso soggetto.

Ancora, si consideravano i rapporti parentali de cuius/donate ed erede/donatario, nonché si eliminava l’inciso in base al quale il coacervo valeva “ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 56” (art. 69, comma 1, lett. q), non intaccando quello ope- rante sulle donazioni anteriori.

Di lì a poco, però, la L. 383/2001 soppresse l’imposta sulle successioni e donazioni (art. 13, comma 1)10, lasciando ferme le norme del D.Lgs. 346/1990.

Nel contempo, alcuni presupposti del tributo donativo rientrarono nel perimetro dell’im- posta di registro, mentre per i beni immobili compresi nell’asse ereditario, la tassazione si realizzava mediante le impose ipotecarie e catastali. Quanto agli altri trasferimenti, con le imposte “ordinariamente applicabili alle operazioni a titolo oneroso”, se il valore della quota spet- tante a ogni beneficiario – purché non il coniuge, i parenti in linea retta o fino al quarto grado del disponente – oltrepassava i 350 milioni di lire. Ricorrendo l’ipotesi, sulla parte di valore della quota al di là di tale importo, si applicavano le aliquote del corrispondente atto di trasferimento (art. 13, comma 2).

Venendo alla cornice normativa del presente11, il primo riferimento è l’art. 2, comma 47, D.L. 262/2006, poi emendato dalla L. 286 di conversione dello stesso anno.

Con la norma i tributi sono (re)-istituiti in una versione innovata, ulteriormente rivisitata dalla “finanziaria 2007”12.

La franchigia generalizzata applicata alle imposte è abolita, si introducono specifiche esenzioni a favore di determinati soggetti13, si interviene sul TUS, da richiamare, come detto, nella versione vigente all’ottobre 2001, in quanto “compatibile” o se le sue norme non siano state “abrogate” (salvaguardando l’art. 2, commi 48-54, D.L. 262).

Segnatamente, l’art. 57, comma 1, sul coacervo del solo donato pregresso ai fini della franchigia dal prelievo sulla donazione continua a essere previsto, mentre l’art. 7, comma 2-quater che, dal 2000 al 2001, regolamentava la franchigia applicabile al tributo successorio quanto al cumulo tra relitto e donato, viene espunto. A sua volta, l’art. 2, comma 52, come modificato dalla L. 286, abroga l’art. 69, comma 1, lett. c), L. 342, che negava la franchigia qualora già usufruita per atti di liberalità tra vivi.

9 Su questo intervento legislativo, cfr. g. MaRongiu, «La riforma dell’imposta sulle successioni e donazioni», in Dir. prat. trib., n. 5/2000, I, p. 1284 ss.; a. FeDele, «Le innovazioni nella legge n. 342 del 2000, le definizioni della ratio del tributo, i rapporti con l’imposta di registro», in L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, cit., p. 77 ss. Per pervenire alla riforma, R. luPi, «Successioni e donazioni. Ipotesi di riforma», in Rass. trib., 1998, p. 903 ss.

10 Tra coloro che espressero rilievi critici sull’abrogazione, e. De Mita, «Per le successioni scelta troppo emotiva», in Il Sole- 24Ore, 30 giugno 2001, p. 15. Per i riflessi delle innovazioni sulle donazioni, a. Stevanato, «Le liberalità tra vivi nella riforma del tributo successorio», in L’imposta sulle successioni e donazioni tra crisi e riforme, cit., p. 272 ss.

11 Per approfondimenti si rinvia a D. Stevanato - R. luPi, «Imposta sulle successioni e donazioni: dove eravamo rimasti?», in Dialoghi dir. trib., n. 12/2006, p. 1657 ss.; conSiglio nazionaleDel notaRiato, «Prime note a commento della nuova imposta sulle successioni e donazioni. Studio n. 168- 2006/T»,; a. buSani, «Ritorna in vigore l’imposta sulle successioni e donazioni», in Corr. trib., n. 2/2007, p. 91 ss.; g. gaFuRRi, «Note riguardanti la novellata imposta sulle successioni e donazioni», in Rass.

trib., n. 2/2007, p. 441 ss.

12 Sul punto, D. Stevanato, «La reintroduzione dell’imposta sulle successioni e donazioni: prime riflessioni critiche», in Corr.

trib., n. 3/2007, p. 247. Sui profili di incostituzionalità della ripristinata imposta, in particolare, g. MaRongiu, «Ancora dubbi di incostituzionalità sulla cosiddetta ‘tassa sul morto’», in Dir. prat. trib., n. 1/2007, II, p. 39 ss.

13 Ad es., ex art. 2, comma 48, D.L. 262 cit., l’aliquota da applicare sul valore complessivo netto, eccedente per ciascun beneficiario, la quota di 1 milione di euro, è del 4 per cento se si tratta di trasferimenti a favore del coniuge o dei parenti in linea retta.

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Il coacervo donatum - relictum – ai soli fini delle aliquote applicabili – continua, tuttavia, a essere presente nell’art. 8, comma 4, TUS14: la riforma, infatti, non se ne occupa poiché l’imposta sulle successioni e donazioni è ora proporzionale ad aliquote fisse.

3. Gli orientamenti della Corte di Cassazione sul coacervo ai fini dell’imposta sulle successioni

La Corte di Cassazione nelle sentenze nn. 24940 e 26050/2016, seguite da molte altre conformi, di cui a breve si accenna, sostiene l’abrogazione tacita del cumulo tra donato e relitto, quanto alla determinazione delle aliquote del tributo successorio, “per incompatibilità applicativa” a partire da quando il legislatore ha previsto che le stesse non fossero più a carattere progressivo15.

L’art. 8, ultimo comma, TUS, infatti, interveniva solo per determinare queste ultime, come indicate nella tariffa allegata allo stesso D.Lgs., che – dapprima, sostituite e, poi, divenute proporzionali – implicano l’abrogazione formale dell’art. 7, comma 1 e 2-quater, presupposto per l’applicazione della prima norma disciplinante per un anno il cumulo sull’esenzione da applicare all’imposta.

In sostanza, la Suprema Corte afferma che il coacervo era: “un mero criterio contabile, funzionale esclusivamente all’individuazione della aliquota progressiva incidente sul solo relitto”.

Dunque, l’art. 8, comma cit., è: “norma superata e svuotata di ogni contenuto e residua sfera di possibile applicabilità”, prevedendo aliquote riferite a una disposizione “inoperante” in seguito alle modifiche apportate dalla L. 342/2000.

Rispetto ai suoi arresti antecedenti16, il Giudice di legittimità chiarisce, altresì, che la nuo- va disciplina, pur richiamando le norme del TUS, evidenzia le “incompatibilità del cumulo”, confermate dalla reintrodotta imposta successoria.

Il meccanismo, del resto, non può ritenersi valido al fine residuale di individuare la base imponibile al netto della franchigia esente, poiché – per un verso – la lettera e la ratio della disposizione “erano inequivoche nel limitarne la rilevanza ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili, e non altrimenti” – per un altro – con la L. 286/2006, la franchigia sul tributo succes- sorio e donativo è stata rimodulata anche “per l’abrogazione della disposizione che ne precludeva la fruizione sulla prima imposta, se già fatta valere, e fino a concorrenza del valore di fruizione, sulla seconda”17. Non si tratta, quindi, di apprezzamenti che involgono il principio di irretroattività della norma impositiva, ma di un’ipotesi “di abrogazione implicita per incompatibilità applicativa di una disposizione per effetto della formale modificazione, a seguito della quale non ha più ragione, né modo, di operare”18.

L’orientamento brevemente esposto è ribadito nell’ordinanza n. 12779/2018 (conforme la n.

748/2019), ove, tra l’altro, si riafferma che la diversa tesi dell’Amministrazione finanziaria19

14 «Il valore globale netto dell’asse ereditario è maggiorato, ai soli fini della determinazione delle aliquote applicabili a norma dell’art. 7, di un importo pari al valore attuale complessivo di tutte le donazioni fatte dal defunto agli eredi e ai legatari […]», nonché «il valore delle singole quote ereditarie o dei singoli legati è maggiorato, agli stessi fini, di un importo pari al valore attuale delle donazioni fatte a ciascun erede o legatario […]».

15 u. FRieDMann - g. PetRelli, «Primi commenti alla modifica del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta sulle successioni e donazioni. Studio del Consiglio nazionale del Notariato, n. 113-2000/T», in CNN notizie, 27 dicembre 2000, avevano anticipato l’individuazione di questo momento temporale per sostenere la sudetta abrogazione.

16 Sent. nn. 8489/1997, 29739/2008 e 5972/2007.

17 Sent. n. 26050/2016.

18 Sent. n. 24940/2016.

19 Cfr. Circ. AE n. 3/E del 22 gennaio 2008. Ivi, si è sostenuta la permanenza dell’istituto per verificare la capienza di franchigia, ricomprendendo le liberalità inter vivos effettuate negli anni in cui l’imposta non vigeva sulla base della norma di rinvio (art. 2, comma 47, cit.). L’interpretazione è stata (ed è) nel senso che l’art. 8, comma 4, TUS, sebbene riguardi il sistema impositivo precedente vada ritenuto vigente in quanto richiamato dal decreto di ripristino delle imposte laddove prevede che, ai fini della determinazione delle aliquote, occorre tener conto del cumulo. Nonostante la disposizione sia mutata, la ragione della

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va respinta “sul piano meramente interpretativo”. Essa, infatti, “propugna la conservazione, nel tempo, di un istituto giuridico in forza di un processo puramente ermeneutico volto a supplire la lacuna legislativa creatasi nel susseguirsi delle discipline che hanno riguardato l’imposta sulle successioni”.

In aggiunta, la Corte avverte che possibili manovre elusive sull’imposta di successione (ma anche sull’imposta di donazione) potrebbero essere contestate dall’Agenzia delle En- trate invocando la clausola antiabuso ex art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente.

E, ancora, nell’ordinanza n. 32819/2018, il Giudice di legittimità, richiamando le convinzioni reiteratamente espresse – che riprende anche nelle decisioni nn. 32818, 32822, 32830/2018, 758/2019, 10255 e 22738/2020 – specifica che il conformarsi all’idea della prassi impliche- rebbe un maggior prelievo fiscale “all’esito di un’erosione di franchigia indotta da donazioni poste in essere allorquando l’imposta di successione non esisteva (‘più’ e ‘ancora’)”.

3.1. Ai fini dell’imposta di donazione

Nella decisione n. 1167/2017, fino al gennaio u.s. l’unica esclusivamente rivolta alla re-isti- tuita imposta sulle donazioni, la Cassazione conferma il coacervo sul donatum quanto alla fruizione della franchigia per una precedente liberalità ricevuta da uno stesso benefici- rio20.

Si conforma, quindi, all’Amministrazione finanziaria che così ritiene anche nelle ipotesi di trasferimenti liberali avvenuti al tempo in cui il tributo donativo era soppresso. Pertanto, ogni donazione pregressa va considerata agli effetti dell’art. 57, comma 1, TUS, essendo analogo, ab origine, all’art. 8, comma 4, TUS.

Nella sentenza la Corte privilegia, perciò, la lettera della norma21 che si rivolge a tutte le donazioni stipulate in passato da intendere in senso civilistico quali “atti di liberalità a favore del donante”, reputando ciò corretto anche in un’ottica costituzionalmente orientata.

Un’interpretazione differente, infatti, reintrodurrebbe “un’esenzione che, oltre a non essere previ- sta, non è sorretta da un’autonoma ratio legis”.

Inoltre, quando il legislatore ha previsto il coacervo intendeva determinare l’imposta sulle donazioni in proporzione alla capacità contributiva, affermando che il beneficiario che riceva donazioni di valore superiore a 1 milione di euro non possa ragionevolmente usu- fruire della franchigia. Ne consegue che il contribuente, prima di compiere un’ulteriore liberalità, deve verificare se la franchigia sia già esaurita, totalmente o parzialmente, in ragione di atti liberali antecedenti.

Di recente, tuttavia, la Cassazione è ritornata sul cumulo del donatum e, pur confermando di nuovo l’operatività dell’istituto, giunge a nuovi convincimenti: i) le donazioni pregresse si calcolano, al detto fine, solo se non rientranti nel periodo 25 ottobre 2001 - 28 novembre 2006; ii) le franchigie pregresse rilevano solo se previste al tempo in cui la donazione era stata stipulata o quando il cumulo va in concreto calcolato.

Per poter inquadrare la questione, confluita nell’ordinanza n. 727 del 19 gennaio u.s., ap- paiono necessarie succinte precisazioni preliminari.

In primo luogo, la Suprema Corte è chiamata a decidere su un ricorso proposto dall’A- genzia delle Entrate che lamenta violazione e falsa applicazione degli artt. 2, commi 47-49,

riunione fittizia permarrebbe dato che l’istituto, comunque, si pone a tutela della franchigia con una funzione sostanzialmente analoga a quella delle aliquote progressive. Quindi, l’espressione “ai fini della determinazione delle aliquote” va intesa “ai fini della determinazione della franchigia”, definendo la base imponibile. Questa lettura, in definitiva, intenderebbe proteggere la ratio unitaria dell’imposta di successione e donazione, nonché la sistematicità e coerenza della riferibile cornice normativa.

Criticamente su questa interpretazione, v. MaStRoiacovo, «Circolare n. 3/E-2008: nuovi chiarimenti in materia di imposta di successione e donazione», in CNN Notizie, 4 febbraio 2008.

20 Sulla decisione, P. PuRi, «Riflessioni sulla sopravvivenza del coacervo», in Notariato, n. 1/2017, p. 77 ss.

21 Aspetto segnalato da a. FeDele, «Ha ancora un senso il “coacervo” delle donazioni?», cit.

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D.L. 262/2006, e 57-59, D.Lgs. 346/1990. Tanto, a seguito di una sentenza della Commis- sione Tributaria Regionale della Lombardia22 che reputava illegittimo il diniego opposto a un’istanza con cui una contribuente chiedeva il rimborso di una somma corrisposta a titolo di imposta proporzionale per una donazione a favore della figlia.

Inoltre, il caso di specie riguardava due atti di donazione susseguitisi nel tempo: nel febbraio 1996, la contribuente aveva donato alla figlia titoli di Stato per un controvalore di 2 miliardi di lire e, nel febbraio 2009, alla stessa beneficiaria, una somma di danaro rientrante nel limite della franchigia esente (1 milione di euro).

Sulla prima liberalità, la tassazione era intervenuta in misura fissa in quanto la disci- plina al momento vigente esentava i beni dall’imposta di donazione. Sull’altro atto di trasferimento, invece, era stata applicata l’aliquota del 4 per cento. L’Amministrazione finanziaria aveva ritenuto, infatti, che per esso la franchigia fosse integralmente erosa in base all’attuale disciplina.

Il giudice tributario di secondo grado, diversamente, rilevava che l’imposizione sui titoli del debito pubblico era avvenuta in misura fissa poiché esentati dal tributo donativo e, dunque, il controvalore della donazione pregressa non andava cumulato con quello della donazione successiva, conseguendo che dalla re-istituzione dell’imposta l’ultima liberalità non esondava il limite dell’esenzione.

L’Agenzia delle Entrate ricorre, pertanto, in Cassazione con un unico motivo, ritenendo che, per individuare il regime applicabile effettivamente all’imposta in commento, occorra aver riguardo alla normativa vigente all’atto del trasferimento più recente sì da verificare se l’antecedente rientrasse o meno nella franchigia.

Compiuta l’indagine, l’Amministrazione deduce che dal ripristino del tributo successorio i titoli di Stato ne erano esentati non concorrendo a formare l’attivo ereditario, mentre non lo erano in base al ripristino del tributo donativo23. In sostanza, l’imposta deve applicarsi in misura fissa per ogni bene e diritto esente a norma di legge, ma non sulle fattispecie di cui alle lett. i) e h), dell’art. 12, TUS, l’una delle quali si riferisce proprio ai detti beni.

Da qui, se la donazione è anteriore al giugno 1996, va sottoposta a imposizione, se è suc- cessiva, no. Ciò si desume interpretando in modo corretto l’art. 57, comma 1, TUS, che disciplina, per l’appunto, il cumulo delle donazioni pregresse escludendo le liberalità tassate in misura fissa.

Per cui, “la pregressa donazione concorreva al coacervo, erodendo interamente la franchigia”, con imposizione proporzionale dell’ultima donazione, dovendosi negare il rimborso chiesto dalla contribuente.

La Corte, però, ritiene infondato il motivo con cui l’Agenzia delle Entrate ricorre, argo- mentando in primis sulla permanenza del coacervo delle donazioni pregresse ai fini del calcolo della franchigia, in ciò conformandosi alla sua pronuncia del 2017, oltre a ribadire il consolidato orientamento della tacita abrogazione del cumulo donazioni/devoluzione ereditaria24.

Dalla sentenza n. 1167, tuttavia, il Giudice di legittimità si allontana rispetto all’individua- zione delle donazioni oggetto di coacervo, laddove afferma: “[…] se è vero che includere nel cumulo le donazioni pregresse fiscalmente irrilevanti non costituirebbe propriamente un’ipotesi di illegittima applicazione retroattiva dell’imposta di donazione, dal momento che non vi è dubbio che la nuova disciplina impositiva verrebbe comunque applicata a un presupposto (donazione successiva) realizzatosi successivamen-

22 Sent. n. 111/11/13 del 21 giugno 2013.

23 Art. 59, TUS.

24 Sulla questione, per tutti, v. MaStRoiacovo, «Abrogazione tacita del coacervo ai fini dell’imposta sulle successioni», in Riv.

dir. trib., n. 1/2017, p. 90 ss.

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te alla sua introduzione, e con riguardo a un istituto (franchigia) tuttora operante”, altrettanto evidente è che, al fine di individuare la base imponibile delle donazioni pregresse, si determinerebbe

“pur sempre un’applicazione distorta dell’imposta”.

Ciò in quanto si tasserebbe a posteriori un atto che il legislatore fiscale ha già ritenuto

“indifferente” e che il contribuente aveva così “percepito”25.

Da tanto consegue che: “[…] includere nel coacervo le donazioni anteriori, anche se poste in essere in esenzione da imposta […], implica un maggior prelievo fiscale per effetto dell’erosione di franchigia da parte di donazioni che non potevano essere state poste in essere con scopo elusivo”.

Il tutto risulta evidente per le donazioni poste nel periodo di non vigenza dell’imposta, alle quali si attribuirebbe “una rilevanza fiscale postuma in forma di erosione di una franchigia prevista su un’imposta che allora non c’era, e la cui re-istituzione ex novo non appariva prevedibile; dunque, un’imposta la cui elusione mediante preordinato frazionamento patrimoniale in vita […] non poteva neppure concepirsi”.

Infine, sul “quando” ritenere fiscalmente irrilevanti atti di liberalità inter vivos ai fini dell’o- peratività del cumulo, la Cassazione afferma che non vi rientrano quelli “che per quanto ordinariamente tassati al momento in cui l’istituto operava per il calcolo della liquidazione dell’imposta, non lo erano più al momento della loro realizzazione”, nonché quelli esentati al momento della stipula del negozio di trasferimento.

4. Conclusioni

Il disarmonico avvicendarsi degli interventi normativi sull’imposta di successione e do- nazione e, conseguentemente, sull’operatività del coacervo, ha dato vita alle segnalate interpretazioni giurisprudenziali, da cui risulta – come la dottrina ha espresso – una duplice franchigia per ciascuna di esse, l’una indipendente dall’altra26.

Tale profilo denota una lampante asistematicità dell’assetto in relazione a eventi che, sul versante civilistico, sono correlati e, quindi, non dovrebbero mancare di coordinamenti.

Del resto, la visione unitaria dei due tributi emerge in modo evidente, guardando alle donazioni, dall’essere tratteggiate da un regime in larga parte corrispondente a quello delle successioni, soprattutto per finalità antielusive27.

I comuni ambiti applicativi di questi atti traslativi di ricchezza, avulsi da corrispettività e assunti a indici di capacità contributiva28 tendono, infatti, a evitare che i beneficiari siano indotti a prescegliere l’uno o l’altro “strumento”29.

Ciononostante, non si può fare a meno di segnalare come il diritto tributario spesso si discosti dalle corrispondenti norme civilistiche per il diverso fine verso cui volge e per il principio di capacità contributiva che lo pervade. Nondimeno, è proprio quest’ultimo a essere messo in discussione poiché, a parità di capacità contributiva, si è finito “con il favorire chi mantenga fino alla morte la proprietà del patrimonio (o ne disponga nei limiti della franchigia sulle donazioni), a discapito di chi se ne liberi finché in vita, pianificando la propria successione”30.

25 Le considerazioni riprendono le ordinanze nn. 12779/2018 e 10225/2020.

26 v. MaStRoiacovo, «Il cumulo di donatum e relictum nella nuova imposta successoria», cit. Cfr., altresì, P. aRginelli - F. MaiSto,

«Regole sul coacervo: eredità e donazioni con destini separati», in Il Sole24Ore, 5 gennaio 2017; b. DenoRa, «Imposta sulle successioni: il coacervo del donatum con il relictum non serve più?», in Riv. dir. trib. on line, 11 gennaio 2017.

27 “Le donazioni sono della medesima indole delle successioni per morte. Onde le imposte sulle donazioni sono il necessario correlato delle imposte sulle successioni per causa di morte”. In questo senso, e. MoRSelli, «Le imposte in Italia. Scienza delle finanze e diritto finanziario, legislazione corrente e giurisprudenza notevole», V ed., Padova, 1956, p. 288.

28 Il trasferimento è “il mezzo, cui consegue il risultato economico dato dall’incremento patrimoniale goduto dal beneficiario.

Dunque, l’arricchimento è l’oggetto specifico del prelievo e il vantaggio economico del destinatario la materia imponibile”.

Così, g. GaFFuRi, «Commento all’art. 1, D.Lgs. 346/1990», in g. FalSitta - a. Fantozzi - g. MaRongiu - F. MoSchetti (a cura di), Commentario breve alle leggi tributarie, tomo IV, p. 1149.

29 Cfr. F. teSauRo, «Istituzioni di diritto tributario. Parte speciale», 11^ ed., Milano, 2018, p. 297 ss.

30 P. PuRi, «Le donazioni, il coacervo e il tentativo di dare un senso a ciò che un senso non ha», in G.T.- Riv. giur. trib., n.

8/2017, p. 650, il quale aggiunge che modulando sapientemente gli atti di liberalità in vita nei limiti della (o delle) franchigie

(8)

www.strumentifinanziariefiscalità/COACERVO DELLE DONAZIONI PREGRESSE A FINI DI SUCCESSIONI E DONAZIONI

Sulle persistenti problematiche interpretative, correlate a incertezze normative della cornice di riferimento, con conseguente diverso operare del cumulo sui due tributi,

“sconfinante nell’incostituzionalità”31, l’ultima sentenza della Suprema Corte apre un varco per renderlo irrilevante, quanto meno sulle donazioni stipulate nel periodo in cui l’imposta di successione e donazione era stata espunta dall’ordinamento, oltre che su quelle esenti.

Si tratta, pur sempre, di una prima pronuncia, di cui si auspicano proseguimenti nella stes- sa direzione. Nell’attesa, un intervento chiarificatore del legislatore, da tempo invocato, appare indispensabile. Infatti, “dal corretto tentativo di espungere dal quadro normativo ‘frammenti’

di disposizioni orami privi del loro originario significato”si è arrivati, mediante una minuziosa e rigorosa attività interpretativa, “a ricomporre un sistema irragionevole”32.

sulle donazioni si consegue “il risultato di sfruttare al meglio le due franchigie, salvaguardando il limite di quella sulle suc- cessioni”.

31 P. PuRi, ult. cit.

32 v. MaStRoiacovo, ult. cit.

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