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FINNIAN IL MONACO E L ESORCISMO DI CAMELOT

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Academic year: 2022

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FINNIAN IL MONACO E

L’ESORCISMO DI CAMELOT

Mese di Equos, detto dei cavalli 15° anno del regno di Artù 1260 A.U.C.

Giugno dell’anno del Signore 507 d.C.

Terre di Camelot

“Solo il cuore puro, può sterminare lo spirito più malvagio.

Certo, anche la preghiera giusta per l’esorcismo aiuta!”

da “I detti di Merlino”, in relazione ai fatti collegati all’esorcismo dell’Abate Finnian

re monaci stavano percorrendo uno stretto sentiero che si inerpicava per le ripide colline nei pressi del castello di Camelot. Procedevano in fila, uno dietro l'altro, faticando non poco su quel terreno infido e scivoloso.

“Abate Finnian, non mi è ancora chiaro perché avete accettato l’invito di Artù!”

Il più vecchio dei tre, l’Abate Finnian, si fermò per tirare il fiato: ''Cadoc, invece di tormentarmi con le tue domande inutili e fastidiose, cerca qualche ruscello e riempi questo otre, che ho sete''.

Non appena il giovane monaco si fu allontanato, il secondo discepolo prese le difese del suo pari:

“Maestro, perché trattate così Cadoc?”

“Carissimo Gildas Badonicus, perché voi due discepoli vi bilanciate tra di voi. Lui è molto irruento e poco riflessivo, quindi ha bisogno di essere guidato verso la via della saggezza, tu al contrario, sei un uomo di spirito e di preghiera, ma poco propenso alle decisioni gravi. Siete la coppia di discepoli perfetti. Adesso muoviamoci Camelot ci attende”.

Cadoc arrivò con l’otre pieno d'acqua. L’abate lo ringraziò con un sorriso e bevve avidamente, dopodiché ripartirono: “Una mezza giornata di cammino ci attende - disse l’abate - e poi arriveremo finalmente al cospetto del grande re Artù e del suo fidato consigliere, il mago Merlino”.

“Ma per quale motivo - domandò Cadoc - dobbiamo andare al cospetto di un uomo senza Dio come Merlino?”

“Ecco quello che dicevo sull’irruenza”, commentò Finnian all’indirizzo di Gildas.

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Poi rimproverò con lo sguardo Cadoc: “Devi fare attenzione a come parli al cospetto del grande mago, perché potrebbe incenerirti con un solo sguardo!”

erso l’ora del vespro giunsero a Camelot. Furono ricevuti con tutti gli onori nella sala del trono da Artù in persona, accompagnato dal suo fidato consigliere Merlino: “Siate i benvenuti – disse il re – è un onore ospitare nel mio castello il famoso abate Finnian da Myshall, della contea di Carlow, nel Leinster”.

“Sire, è per noi un privilegio essere oggi qui”, lo salutò Finnian.

“Come vi ho già detto nella mia lettera - disse poi Artù - vi ringrazio che abbiate accettato di venire a celebrare il matrimonio tra me e la mia dama Ginevra: possa essere di aiuto per unificare le terre di Camelot con le grandi con terre d’Irlanda!”

“Mio signore, ho risposto con piacere alla vostra richiesta, inoltre - ed estrasse da una bisaccia una pergamena arrotolata - vi porto la benedizione di papa Simmaco per queste nozze”. Merlino ebbe un leggero moto di pizza stizza.

Artù sorrise all’atteggiamento indispettito del mago e riprese: “Bene, vi ho fatto preparare le tre stanze più vicine alla chiesa, in modo che possiate assolvere ai vostri obblighi di preghiera molto liberamente. Vi affido alle cure di Ladmael, un mio prezioso servo”.

“Grazie, mio signore, allora saremo a vostra disposizione per esaminare il rito nuziale, visto che abbiamo ancora un paio di giorni prima della cerimonia”.

A quel punto, sia Artù che Merlino diedero segni di disagio.

“Se per voi non è di troppo disturbo, io vi ospiterò volentieri per tutta questa settimana, perché purtroppo siamo stati costretti a posticipare le nozze”.

I tre monaci si misero a parlottare tra di loro in modo concitato. Artù continuò: “Vi abbiamo inviato una missiva, che evidentemente non vi è arrivata!”

“Grazie mio signore – rispose Finnian - non è responsabilità vostra se la missiva non è giunta, infatti siamo partiti due settimane prima del tempo dovuto, perché abbiamo approfittato del viaggio dall'Irlanda per far visita a qualche vescovo di queste terre”.

“Sarete ospiti del mio castello. Come indennizzo per questo spiacevole inconveniente, oltre all'offerta che già avevo pensato, donerò diversi territori al vostro ordine, affinché possiate fondare un nuovo monastero. I terreni sono in Irlanda, presso il fiume Boyne nella contea di Meath in un luogo chiamato Cluain Eraird”.

“Il prato di Eraird in gallese, un nome suggestivo per un nuovo monastero. Grazie mio signore”, gli rispose Finnian facendo un leggero inchino.

Artù li congedo con un gesto della mano: “Andate pure nei vostri alloggiamenti: avremo occasione di rivederci nei prossimi giorni”.

I monaci si ritirarono nelle loro stanze, accompagnati dal servo. Non appena sistemato il loro semplice bagaglio, si ritrovarono nella stanza dell'abate.

“Secondo voi - domandò Cadoc - che cosa è accaduto?”

“Spero nulla di grave”, commentò Finnian poi decisero di andare a pregare e di non partecipare al banchetto insieme al re.

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l mattino successivo furono convocati da Artù. Merlino era in un angolo della sala del trono, con uno sguardo torvo. Artù li salutò e domandò come avessero trascorso la notte poi: “Vi ho convocati qui, perché desidero raccontarvi che cosa accade, anche se il mio fido consigliere Merlino è contrario”.

Per la prima volta il mago parlò: “Siete degli stolti, i demoni si sconfiggono solo con la magia!”

“O con la preghiera”, affermò l’abate, sfidandolo con lo sguardo.

Il mago sorrise ironico e si sedette su uno scranno, offeso.

Artù riprese: “Vi avevo invitati per celebrare il mio matrimonio, prima di sapere della maledizione, quindi, a questo punto, sono contento di aver pensato a voi come celebrante e che siate giunto in tempo. Il fatto che la mia missiva non sia arrivata, l’ho letto come un segno del destino!”

“O della provvidenza”, lo corresse l’abate. Merlino ridacchiò.

“Raccontatemi tutto!”, ingiunse Finnian.

“La mi amata Ginevra, figlia del Re Leodegrance di Cameliard , è una donna speciale. Purtroppo però, i miei nemici hanno scagliato su di lei un maleficio: uno spirito malvagio la tormenta e le impedisce di presentarsi al mio cospetto. Tutte le volte che siamo insieme, viene presa da uno strano malessere”.

“Da quanto accade questo?”

“Soltanto da pochi giorni. Ho conosciuto la mia futura sposa l’anno scorso, quando ho fatto visita a suo padre. In quell’occasione, più di una volta, io e lei abbiamo trascorso intere giornate a chiacchierare nelle sale del castello o nella biblioteca. Mi sono innamorato di lei e ho chiesto a suo padre la sua mano. Ginevra sembrava aver accettato di buon grado. Il mese scorso poi, Re Leodegrance e Ginevra stessa sono venuti a farmi visita per celebrare le nozze. Per i primi giorni mi sembrava di rivivere i sentimenti dell’anno scorso poi, una sera all’improvviso, la mi amata non si è sentita bene e da allora se mi avvicino sembra impazzita!”

“E come fate a dire che è posseduta?”

“L’inverno scorso venne Re Talantig a farmi visita, proponendomi sua figlia Aouregan come sposa, ma io non accettai: lanciò su di me e sulla mia futura sposa una maledizione nella sua antica lingua. Sulla mia persona non ha avuto effetto, perché il mio consigliere Merlino ha pronunciato su di me un incantesimo di protezione generale, però la futura regina era troppo lontana e credo che alla fine la maledizione di Talantig abbia sortito gli effetti desiderati”.

“Mio re, se volete posso provare a capire che cosa è accaduto!”

“Certamente, anche perché neanche Merlino è riuscito a debellare questo male. Re Leodegrance incomincia ad essere impaziente e sta pensando di ritirare il suo consenso alle nozze. È rimasto vedovo da poco tempo e sua figlia è l’unico ricordo che ha della sua defunta moglie”.

“A volte solo la preghiera ha effetto”, concluse Finnian.

Il re fece accompagnare l’abate nelle stanze di Ginevra e di suo padre.

Dopo poco tempo, Finnian si fece annunciare al re. Questi era occupato in un’assemblea con i suoi cavalieri della tavola rotonda, ma occorse subito al cospetto dell’abate.

“Avete fatto presto!”, affermò il re sorpreso.

“Si, mio signore”.

“Il responso?”

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“Purtroppo avevate ragione: la vostra amata è perseguitata da un demone della famiglia degli Sluagh”.

Artù si mosse nervosamente sul suo trono: “Di che cosa si tratta?”

“Sono anime di persone vissute nella dissolutezza e che non sono state ammesse in paradiso, ma si sono rifiutate di scendere negli inferi. Se evocate, ritornano dal regno degli spiriti, per tormentare i cristiani ferventi”.

“C’è rimedio?”

“Sì, ma non sarà facile!”

“Avrete tutte le risorse che vorrete”.

L’abate si mise a passeggiare per la sala del trono, pensieroso: “Avete detto che Merlino non è stato in grado di identificarlo e tantomeno di scacciarlo, vero?”

“Sì”.

“Di grazia, vorrei parlare con il mago”.

Artù fece convocare Merlino. Il mago arrivò trafelato e alquanto infastidito.

Finnian lo interrogò: “Che cosa sapete degli Sluagh?”

“Ora capisco perché non sono riuscito a comprendere che cos’avesse Ginevra – commentò il mago abbassando lo sguardo – gli Sluagh sanno nascondersi alla magia Pulcher, la magia buona che io pratico!”

Poi si rivolse al suo re: “Mio signore, come sai la magia ha dei limiti. Gli spiriti Sluagh non sono figli della magia Nequiter, ma sono protetti da Lucifero in persona, perché questi ama vedere i cristiani soffrire! Io non sono in grado di scacciare questo tipo di demoni”.

Il sovrano e il mago fissarono l’abate. Questi fece un cenno di assenso con il capo e uscì dalla stanza.

opo una notte di preghiera insieme ai suoi discepoli, il monaco si presentò al cospetto del sovrano: “Mio re, so come fare. Vorrei che faceste condurre la vostra amata nella cattedrale di Camelot. Io parlerò con lei brevemente, poi quando vi farò un segnale, voi entrerete in chiesa travestito da monaco, accompagnato da Cadoc e da Gildas, in modo che Ginevra non vi riconosca, poi vedremo che cosa accadrà!”

Così fecero.

Finnian era seduto al primo banco nella cattedrale, quando arrivò Ginevra. L’abate capì perché il re se n’era innamorato: era una donna splendida. Si sedette accanto a lui.

“Sapete perché siete qui?”, le domandò il monaco.

“Sì”.

“Quando ieri vi ho interrogato, ho intravisto in voi qualcosa che vi odia”.

“Lo avverto in me tutte le volte che il mio amato si avvicina!”

“Prende possesso di voi, vero?”

“Sì. Lo sento agitarsi in me, come se avessi un corpo estraneo nel mio stomaco, che poi mi risale fino al cervello e distrugge tutti i miei pensieri e il mio amore per Artù”.

“Lo so, conosco quel demone!”

La donna scoppiò a piangere: “E io che cosa posso fare?”

“Voi nulla, ma io posso fare molto”.

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Ginevra singhiozzava.

Il monaco riprese: “Per prima cosa vi confesserete, cercherete nei vostri ricordi tutti i peccati che avete commesso in questa vita e li confesserete”.

“Anche quelli che ho già confessato?”

“Sì, anche quelli”.

“E poi?”

“E poi fidatevi di me”.

La donna si mise in ginocchio davanti al monaco e confessò tutti i suoi peccati, tutti quelli che ricordava, dalla fanciullezza all’età adulta. La donna piangeva mentre parlava. Dopo un’ora ricevette l’assoluzione.

“Adesso entreranno i miei tre discepoli e pregheremo insieme”.

La donna fece un cenno del capo e si sedette accanto all’abate, fissando il pavimento. I due monaci e Artù travestito entrarono in chiesa. Quando giunsero a poco meno di dieci passi da loro, la donna raddrizzo di colpo la schiena, il suo corpo divenne teso e l’espressione del viso si fece dura.

“Sei furbo, prete!”, disse Ginevra. La sua voce era roca e sembrava provenire più dallo stomaco della donna che non dalla sua bocca.

“Benvenuto nella casa del Signore”, commentò Finnian.

“Mentre interrogavi e confessavi la donna, mi chiedevo che cosa avresti fatto. Non mi immaginavo per nulla quello che adesso accade: sei molto furbo!”

“Se ti avessi invocato, non ti saresti mai palesato in una terra consacrata, ma sapevo che se Artù si fosse mostrato tu non avresti resistito!”

“Soprattutto se fosse arrivato di nascosto!”, disse lo Sluagh alzandosi in piedi.

Il demone fece per fuggire, ma dopo aver fatto solo pochi passi, cadde a terra gridando: “Che cosa mi hai fatto?”

“Non te ne puoi andare, perché le porte sono chiuse e la benedizione che ho pronunciato durante l’assoluzione ti ha legato a me”.

“Bastardo: ti ucciderò!”

“Sei in terra consacrata: i tuoi poteri sono molto limitati qui dentro!”

Artù e i discepoli di Finnian assistevano terrorizzati a quel dialogo.

L’abate si avvicinò alla donna e la prese per mano. Il demone gridò: “Mi fai male: lasciami!”

Il semplice contatto con la mano del monaco, aveva provocato un’ustione sulle dita della donna.

Una volta che si furono seduti, Ginevra incominciò a respirare rumorosamente, con lo sguardo perso nel vuoto.

“Chi sei?”, domandò Finnian.

Non ottenne altro che il silenzio come risposta.

“Nel nome del Salvatore io ti ordino di rispondermi: chi sei?”, gridò l’abate.

Lo Sluagh gettò Ginevra a terra e la donna fu presa dalla convulsioni. In mezzo ai rantoli gridò un nome: “Sono Edern, discepolo del grande maestro Morgan!”

Finnian rimase un momento pensieroso, quindi Cadoc si avvicinò e gli chiese: “Chi è?”

“Morgan è il nome latinizzato dell’eretico Pelagio. Edern era il suo discepolo prediletto”.

“E che cosa c’entra con i britanni?”

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“Pelagio è nato in Britannia 200 anni fa!”

In quel momento il demone rise in maniera sguaiata, poi incominciò ad agitarsi e a scagliare Ginevra in tutte le direzioni, in modo da ferirla.

Finnian gridò: “Non ha il potere di fuggire, ma quello di ucciderla sì!”

Quindi chiese l’aiuto dei suoi discepoli per bloccarla, facendo cenno ad Artù di non muoversi. Il demone aveva dotato la donna di una forza sovraumana. I due giovani discepoli facevano una gran fatica e tenerla immobile a terra. Finnian si avvicinò e incominciò a pronunciare la formula dell’esorcismo e il demone si calmò. Poi improvvisamente si mise a parlare con la voce di un bimbo, rivolgendosi a Cadoc: “Perché mi fai questo?”

Il discepolo lasciò la presa di colpo e gridò per lo spavento.

“Chi è?”, gli domandò Finnian.

Il discepolo non gli rispose nulla.

Allora Finnian lo incalzò: “Chi è?”

Cadoc rispose con un filo di voce: “È mio fratello, morto a 7 anni di peste!”

“Non è lui. Il demone sfrutta la tue paure per fuggire”.

Cadoc si fece forza, si avvicinò a Givevra e la prese di nuovo per un braccio.

Il demone ricominciò ad agitarsi poi, con voce da uomo, attaccò Gildas: “Sei un’incapace. Io ti ho sempre detestato. Tu e quella puttana di tua madre”. Il demone continuò ad attaccare verbalmente il giovane per qualche minuto, finché questi gli gridò piangendo: “E io, padre, ti ho sempre odiato per quello che hai fatto a me e a mia madre!”

Lo Sluagh sorrise: “Tocca a te, Finnian. So che il tarlo della lussuria ti perseguita e avresti sempre voluto avere una famiglia, ma il senso del dovere verso Dio ti ha sempre fermato. Se mi lascerai stare, ti giuro che ti invierò una bellissima e buona donna che ti darà dei figli!”

Finnian ebbe un fremito e poi gridò più volte una formula di esorcismo: “Crux sacra sit mihi lux, non draco sit mihi dux, vade retro, satana! Numquam suade mihi vana, sunt mala quae libas, ipse venena bibas!”

Il demone si contorse e gridò, come se lo stessero squartando, poi emise un forte rantolo e abbandonò il corpo della donna.

Finnias si sedette stanco su una panca della cattedrale e invitò Artù a prendersi cura della sua amata. Il re svegliò Ginevra che, appena ripresasi, lo abbracciò e lo baciò appassionatamente.

I discepoli si avvicinarono a Finnian. Gildas gli domandò: “Che cosa avete usato per scacciarlo?”

“È un esorcismo per tenere lontano i demoni che il giovane monaco Benedetto da Norcia ha formulato nelle sue lunghe notti di eremitaggio. Recita: La Santa Croce sia la mia luce, non sia il demonio il mio condottiero, allontanati, satana! Non mi attirare alle vanità, sono mali le tue bevande, bevi tu stesso i tuoi veleni”.

“Adesso il demone è sconfitto?”, chiese Cadoc.

“Speriamo - rispose Finnian – spesso questi demoni lasciano delle ferite nel cuore delle persone”.

“Cioè?”, domandò Gildas.

“Chi sopravvive a queste possessioni, fa difficoltà ad amare! Speriamo che il demone non abbia seminato il germe dell’infedeltà nel cuore di Ginevra!”

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