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Questi è il Figlio mio, l amato: ascoltatelo!

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Academic year: 2022

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Anche per chi parteciperà alla messa, il foglietto è l’occasione per leggere e meditare le letture prima della celebrazione o per continuare la preghiera personale a casa dopo la messa, nel corso della settimana.

Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!

II Domenica di Quaresima - Preghiera a casa Possiamo pregare mettendo nell’angolo della nostra preghiera una Bibbia o un Vangelo e qualche sasso o pianta grassa, segno del deserto quaresimale, e una candela accesa, segno della luce della trasfigurazione.

Quando tutto è pronto, uno della famiglia inizia la preghiera col segno di croce.

G. Siamo riuniti insieme nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Tutti: Amen.

G. Se la prima domenica di quaresima ci ha condotto con Gesù nel deserto, oggi il vangelo ci guida su un alto monte e ci invita ad entrare nel dialogo intimo tra il Figlio e il Padre. Un dialogo che trasforma il cuore di Gesù e lo avvolge di luce.

Chiediamo al Signore la forza per salire sul monte e per metterci in ascolto della sua Parola.

Breve silenzio G. Preghiamo.

Padre buono, tu vuoi condurci dal dubbio alla fede, dall’indifferenza all’amore:

accompagnaci in questo tempo di Quaresima

sii accanto a noi nella tentazione, avvolgici nella luce della trasfigurazione vinci la nostra ipocrisia, sostieni la nostra poca fede

e accompagnaci alla gioia del mistero pasquale.

Benedetto nei secoli dei secoli.

Tutti: Amen.

Momento celebrativo

Il vangelo ci invita ad ascoltare Gesù: “Questo è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!”. Come desiderio di ascoltare la Parola del Signore, con il pollice, facciamo tre segni di croce: uno sulla fronte, uno sulle labbra e uno sul cuore, mentre diciamo:

Gesù, la tua Parola sia nella mia mente, la tua Parola sia sulle mie labbra, la tua Parola sia nel mio cuore.

Sono riportate tutte le letture della messa domenicale. Nel caso in cui siano presenti alla preghiera dei bambini, potete scegliere se leggerle tutte o solo quelle che ritenete più opportune.

Dal libro della Gènesi (22,1-2.9.10-13.15-18)

In quei giorni, Dio mise alla prova Abramo e gli disse: «Abramo!». Rispose: «Eccomi!». Riprese: «Prendi tuo figlio, il tuo unigenito che ami, Isacco, va’ nel territorio di Mòria e offrilo in olocausto su di un monte che io ti indicherò». Così arrivarono al luogo che Dio gli aveva indicato; qui Abramo costruì l’altare, collocò la legna. Poi Abramo stese la mano e prese il coltello per immolare suo figlio. Ma l’angelo del Signore lo chiamò dal cielo e gli disse: «Abramo, Abramo!». Rispose: «Eccomi!». L’angelo disse: «Non stendere la mano contro il ragazzo e non fargli niente! Ora so che tu temi Dio e non mi hai rifiutato tuo figlio, il tuo

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unigenito». Allora Abramo alzò gli occhi e vide un ariete, impigliato con le corna in un cespuglio. Abramo andò a prendere l’ariete e lo offrì in olocausto invece del figlio.

L’angelo del Signore chiamò dal cielo Abramo per la seconda volta e disse: «Giuro per me stesso, oracolo del Signore: perché tu hai fatto questo e non hai risparmiato tuo figlio, il tuo unigenito, io ti colmerò di benedizioni e renderò molto numerosa la tua discendenza, come le stelle del cielo e come la sabbia che è sul lido del mare; la tua discendenza si impadronirà delle città dei nemici. Si diranno benedette nella tua discendenza tutte le nazioni della terra, perché tu hai obbedito alla mia voce».

Parola di Dio

Rendiamo grazie a Dio Dal salmo 115

Rit: Camminerò alla presenza del Signore nella terra dei viventi.

Ho creduto anche quando dicevo: «Sono troppo infelice».

Agli occhi del Signore è preziosa la morte dei suoi fedeli. Rit.

Ti prego, Signore, perché sono tuo servo;

io sono tuo servo, figlio della tua schiava: tu hai spezzato le mie catene.

A te offrirò un sacrificio di ringraziamento e invocherò il nome del Signore. Rit.

Adempirò i miei voti al Signore davanti a tutto il suo popolo, negli atri della casa del Signore, in mezzo a te, Gerusalemme. Rit.

Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Romani (8,31-34)

Fratelli, sorelle, se Dio è per noi, chi sarà contro di noi? Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha consegnato per tutti noi, non ci donerà forse ogni cosa insieme a lui? Chi muoverà accuse contro coloro che Dio ha scelto? Dio è colui che giustifica! Chi condannerà? Cristo Gesù è morto, anzi è risorto, sta alla destra di Dio e intercede per noi!

Parola di Dio

Rendiamo grazie a Dio Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Dalla nube luminosa, si udì la voce del Padre: «Questi è il mio Figlio, l’amato: ascoltatelo!».

Lode a te, o Cristo, re di eterna gloria!

Dal Vangelo secondo Marco (9,2-10)

Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte, in disparte, loro soli. Fu trasfigurato davanti a loro e le sue vesti divennero splendenti, bianchissime: nessun lavandaio sulla terra potrebbe renderle così bianche. E apparve loro Elia con Mosè e conversavano con Gesù.

Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: «Rabbì, è bello per noi essere qui; facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia». Non sapeva infatti che cosa dire, perché erano spaventati. Venne una nube che li coprì con la sua ombra e dalla nube uscì una voce: «Questi è il Figlio mio, l’amato: ascoltatelo!». E improvvisamente, guardandosi attorno, non videro più nessuno, se non Gesù solo, con loro. Mentre scendevano dal monte, ordinò loro di non raccontare ad alcuno ciò che avevano visto, se non dopo che il Figlio dell’uomo fosse risorto dai morti. Ed essi tennero fra loro la cosa, chiedendosi che cosa volesse dire risorgere dai morti.

Parola del Signore Lode a Te o Cristo

Riflessione

(chi guida la preghiera può commentare il vangelo con sue parole oppure può leggere la riflessione che segue)

Quando desideri che qualcuno per cui nutri affetto comprenda a fondo una cosa particolarmente importante, lo prendi da parte e gli confidi quanto vuoi consegnargli. Probabilmente è questo il senso di quel “prese Pietro Giacomo e Giovanni e li condusse su un alto monte” compiuto da Gesù. Se prende proprio questi tre discepoli non è per un loro merito ma, verrebbe da dire, per la loro fatica a comprendere.

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Pietro, prima di questo evento della trasfigurazione aveva “preso in disparte Gesù” e lo aveva rimproverato perché aveva espresso la sua intenzione di andare a Gerusalemme sapendo che sarebbe stato condannato ed ucciso per mano dei sacerdoti del Tempio. Giovanni e Giacomo si erano rivelati due fratelli piuttosto

“fumantini”…, tanto da essere chiamati “figli del tuono”…

Proprio per loro Gesù manifesta la sua gloria. Fa vedere quale è la meta del suo cammino verso Gerusalemme. La resurrezione. Essa, però, passa attraverso la morte, il dono di sé. Cosa paradossale e difficile da accettare per i discepoli. Anche noi, forse, lo diamo per scontato, ma la scelta di Gesù ci coinvolge. Non è facile accettare che la gloria, cioè la vita piena, passi attraverso la morte. Non nel senso che occorre sempre sacrificarsi, quanto che vivere in pienezza la propria capacità di amare passa attraverso la decisone di donarsi totalmente.

Proprio perché accettare questo “scandalo” non è immediato, interviene la voce di Dio che dice

“Ascoltatelo”. Ascoltare non significa semplicemente prestare orecchio e attenzione alle parole dell’altro, ma comprenderne fino in fondo le scelte, accettare le sue prese di posizione, fidarsi dei passi che compie.

Ascoltare è un atto complesso e per nulla banale. Sappiamo anche che ascoltare significa riconoscere e lasciare cadere i nostri pregiudizi, le nostre attese e pretese sull’altro. Pietro ha dovuto fare i conti con i propri limiti, la propria opposizione a Gesù, prima di potersi mettere profondamente in ascolto delle parole del Maestro e farle sue.

Spesso anche noi dobbiamo scontrarci con i nostri limiti e prendere consapevolezza della opposizione che il nostro cuore fa al vangelo.

Occorre tempo per affinare il proprio ascolto, per nutrire la pazienza di accogliere la Parola di Dio, soprattutto quando ci risuona scomoda.

Occorre anche silenzio, come quello “imposto” da Gesù ai suoi discepoli, perché l’esperienza vissuta non evapori velocemente e non lasci tracce in loro.

Del resto, proviamo ad immaginare cosa passava per la testa e per il cuore di questi tre amici di Gesù:

travolti tra il fascino del momento e il timore di quanto stanno vedendo e sentendo. Non a caso Pietro se ne esce con una espressione strana: “è bello stare qui…”; eppure – aggiunge l’evangelista – non sapeva bene cosa stesse dicendo…

Molte cose le comprendiamo successivamente, trascorso un po’ di tempo, accettando il silenzio e l’attesa di una parola di altri, una Parola diversa dalla nostra. Una parola di Dio.

Tante vicende della nostra vita, non ultima questa pandemia che ci mette profondamente in crisi, non sono immediatamente comprensibili e lasciano un misto di stupore e di paura. Ci sembra tutto confuso. Anche Abramo, come abbiamo letto nella prima lettura, non ha compreso il senso di quella domanda – apparentemente assurda – di Dio. Eppure, si è fidato, ha confidato che una risposta chiara sarebbe giunta.

Non dobbiamo temere, perché, come Gesù, anche noi siamo figli amati da Dio; un Dio che non elimina le contraddizioni della vita, un Dio che però rischiara il nostro buio con la luce della sua vicinanza e del suo amore, un amore che si è rivelato più forte di tutto, anche del buio della morte.

La logica della Pasqua, anticipata in questa vicenda della Trasfigurazione, permette quindi di gettare una luce particolare su molte nostre esperienze. Occorre mettersi costantemente in ascolto della Parola, l’unica capace di svelare il significato profondo delle nostre vite.

Silenzio

Richiesta di perdono

Memori dell’amore del Signore, presentiamo con fiducia il nostro peccato a Dio, Padre misericordioso e compassionevole, lento all'ira, grande nell'amore e nella fedeltà.

Si prega in silenzio

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Martedì 2 marzo Ore 20:00 in cappellina

Preghiera

sul Vangelo della domenica

Giovedì 4 marzo In cappellina

ore 18:00 Preghiera sulla Passione ore 18:30 Messa

Nella domenica del mutuo sono stati raccolti € 896,00 Grazie di cuore a tutti!

In questo momento, in cui molte persone sono senza lavoro, le mafie ne approfittano per prestare denaro a usura o per ricattare chi vive difficoltà economiche.

Signore, quando non aiutiamo chi ha bisogno e quando non abbiamo il coraggio di denunciare l’illegalità, abbi misericordia di noi.

Signore, perdonaci!

Il venerdì della prima settimana di Quaresima si è celebrata nella Chiesa cattolica la Giornata mondiale di preghiera per le vittime di abusi.

Cristo Signore, lo scandalo più grande è insabbiare la verità: donaci il coraggio di smascherare i colpevoli di violenze, di dare voce alle vittime e abbi misericordia di noi.

Cristo, perdonaci!

Signore, a te affidiamo i 90 migranti dispersi nel naufragio di lunedì nel Canale di Sicilia. Ci ricordiamo delle centinaia di migranti che ogni settimana salpano dalle coste africane e vengono riportati nei campi di prigionia libici. Ci ricordiamo delle migliaia di profughi che non trovano accoglienza in Europa e che sono bloccati al freddo della Bosnia lungo la rotta balcanica.

Signore, i nostri occhi scrutano il tuo volto e cercano la tua bellezza, quando sono abbagliati dai nostri interessi e non vedono il dolore degli altri, abbi misericordia di noi.

Signore, perdonaci!

Padre nostro…

G. Il Signore ci accompagna nel nostro cammino e ci sostiene con il suo Spirito.

Amen.

L’articolo della settimana

In Quaresima san Benedetto consegnava ai suoi monaci un libro da leggere, perché considerava il cammino verso la Pasqua un tempo in cui era necessario anche pensare la fede. Nel tempo quaresimale desideriamo approfondire la lettura di alcuni passaggi della Lettera enciclica sulla fraternità e l'amicizia sociale “Fratelli tutti” di Papa Francesco

PENSARE E GENERARE UN MONDO APERTO

Da “Fratelli tutti” - Capitolo terzo - seconda parte

Amore universale che promuove le persone. C’è un riconoscimento basilare, essenziale da compiere per camminare verso l’amicizia sociale e la fraternità universale: rendersi conto di quanto vale un essere umano, quanto vale una persona, sempre e in qualunque circostanza.

Ogni essere umano ha diritto a vivere con dignità e a svilupparsi integralmente e quando questo principio elementare non è

salvaguardato, non c’è futuro né per la fraternità né per la sopravvivenza dell’umanità.

Vi sono società che accettano che ci siano opportunità per tutti, però sostengono che, posto questo, tutto dipende da ciascuno. Secondo tale prospettiva parziale non avrebbe senso «investire affinché quelli che rimangono indietro, i deboli o i meno dotati possano farsi strada nella vita».

Una società umana e fraterna invece si adopera per assicurare in modo efficiente e stabile che tutti siano accompagnati nel percorso della loro vita, non solo per provvedere ai bisogni primari, ma perché possano dare il meglio di sé, anche se il loro rendimento non sarà il migliore, anche se andranno lentamente, anche se lo loro efficienza sarà poco rilevante.

Promuovere il bene morale. Non possiamo tralasciare di dire che il desiderio e la ricerca del bene degli altri e di tutta l’umanità implicano anche di adoperarsi per una maturazione delle persone e delle società nei

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diversi valori morali che conducono ad uno sviluppo umano integrale. Nel Nuovo Testamento si menziona un frutto dello Spirito Santo (cfr Gal 5,22) definito con il termine greco agathosyne. Indica l’attaccamento al bene, la ricerca del bene. Più ancora, è procurare ciò che vale di più, il meglio per gli altri: la loro maturazione, la loro crescita in una vita sana, l’esercizio dei valori e non solo il benessere materiale.

Volgiamoci a promuovere il bene, per noi stessi e per tutta l’umanità, e così cammineremo insieme verso una crescita genuina e integrale. Ogni società ha bisogno di assicurare la trasmissione dei valori, perché se questo non succede si trasmettono l’egoismo, la violenza, la corruzione nelle sue varie forme, l’indifferenza e, in definitiva, una vita chiusa ad ogni trascendenza e trincerata negli interessi individuali.

Il valore della solidarietà. In questi momenti, nei quali tutto sembra dissolversi e perdere consistenza, ci fa bene appellarci alla solidità che deriva dal saperci responsabili della fragilità degli altri cercando un destino comune. La solidarietà si esprime concretamente nel servizio, che può assumere forme molto diverse nel modo di farsi carico degli altri. Il servizio è «in gran parte, avere cura della fragilità. Servire significa avere cura di coloro che sono fragili nelle nostre famiglie, nella nostra società, nel nostro popolo». In questo impegno ognuno è capace di «mettere da parte le sue esigenze, aspettative, i suoi desideri di onnipotenza davanti allo sguardo concreto dei più fragili. […] Il servizio guarda sempre il volto del fratello, tocca la sua carne, sente la sua prossimità fino in alcuni casi a “soffrirla”, e cerca la promozione del fratello. Per tale ragione il servizio non è mai ideologico, dal momento che non serve idee, ma persone».

Solidarietà è pensare e agire in termini di comunità, di priorità della vita di tutti sull’appropriazione dei beni da parte di alcuni. È anche lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, della terra e della casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi. È far fronte agli effetti distruttori dell’Impero del denaro

Riproporre la funzione sociale della proprietà. Il mondo esiste per tutti, perché tutti noi esseri umani nasciamo su questa terra con la stessa dignità. Le differenze di colore, religione, capacità, luogo di origine, luogo di residenza e tante altre non si possono anteporre o utilizzare per giustificare i privilegi di alcuni a scapito dei diritti di tutti. Nei primi secoli della fede cristiana, diversi sapienti hanno sviluppato un senso universale nella loro riflessione sulla destinazione comune dei beni creati. Ciò conduceva a pensare che, se qualcuno non ha il necessario per vivere con dignità, è perché un altro se ne sta appropriando. Lo riassume San Giovanni Crisostomo dicendo che «non dare ai poveri parte dei propri beni è rubare ai poveri, è privarli della loro stessa vita; e quanto possediamo non è nostro, ma loro». Come pure queste parole di San Gregorio Magno: «Quando distribuiamo agli indigenti qualunque cosa, non elargiamo roba nostra ma restituiamo loro ciò che ad essi appartiene».

Diritti senza frontiere. Nessuno dunque può rimanere escluso, a prescindere da dove sia nato, e tanto meno a causa dei privilegi che altri possiedono per esser nati in luoghi con maggiori opportunità. I confini e le frontiere degli Stati non possono impedire che questo si realizzi. Così come è inaccettabile che una persona abbia meno diritti per il fatto di essere donna, è altrettanto inaccettabile che il luogo di nascita o di residenza già di per sé determini minori opportunità di vita degna e di sviluppo.

Lo sviluppo non dev’essere orientato all’accumulazione crescente di pochi, bensì deve assicurare «i diritti umani, personali e sociali, economici e politici, inclusi i diritti delle Nazioni e dei popoli».

L’attività degli imprenditori effettivamente «è una nobile vocazione orientata a produrre ricchezza e a migliorare il mondo per tutti» Dio ci promuove, si aspetta da noi che sviluppiamo le capacità che ci ha dato e ha riempito l’universo di potenzialità. Nei suoi disegni ogni persona è chiamata a promuovere il proprio sviluppo e questo comprende l’attuazione delle capacità economiche e tecnologiche per far crescere i beni e aumentare la ricchezza. Tuttavia, in ogni caso, queste capacità degli imprenditori, che sono un dono di Dio, dovrebbero essere orientate chiaramente al progresso delle altre persone e al superamento della miseria, specialmente attraverso la creazione di opportunità di lavoro diversificate. Sempre, insieme al diritto di proprietà privata, c’è il prioritario e precedente diritto della subordinazione di ogni proprietà privata alla destinazione universale dei beni della terra e, pertanto, il diritto di tutti al loro uso.

Diritti dei popoli. La certezza della destinazione comune dei beni della terra richiede oggi che essa sia applicata anche ai Paesi, ai loro territori e alle loro risorse. Se lo guardiamo non solo a partire dalla legittimità della proprietà privata e dei diritti dei cittadini di una determinata nazione, ma anche a partire dal primo principio della destinazione comune dei beni, allora possiamo dire che ogni Paese è anche dello straniero, in quanto i beni di un territorio non devono essere negati a una persona bisognosa che provenga

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da un altro luogo. Infatti, come hanno insegnato i Vescovi degli Stati Uniti, vi sono diritti fondamentali che

«precedono qualunque società perché derivano dalla dignità conferita ad ogni persona in quanto creata da Dio». Ciò inoltre presuppone un altro modo di intendere le relazioni e l’interscambio tra i Paesi. Se ogni persona ha una dignità inalienabile, se ogni essere umano è mio fratello o mia sorella, e se veramente il mondo è di tutti, non importa se qualcuno è nato qui o se vive fuori dai confini del proprio Paese. Anche la mia Nazione è corresponsabile del suo sviluppo, benché possa adempiere questa responsabilità in diversi modi: accogliendolo generosamente quando ne abbia un bisogno inderogabile, promuovendolo nella sua stessa terra, non usufruendo né svuotando di risorse naturali Paesi interi favorendo sistemi corrotti che impediscono lo sviluppo degno dei popoli. Questo, che vale per le nazioni, si applica alle diverse regioni di ogni Paese, tra le quali si verificano spesso gravi sperequazioni.

Ma l’incapacità di riconoscere l’uguale dignità umana a volte fa sì che le regioni più sviluppate di certi Paesi aspirino a liberarsi della “zavorra” delle regioni più povere per aumentare ancora di più il loro livello di consumo. Parliamo di una nuova rete nelle relazioni internazionali, perché non c’è modo di risolvere i gravi problemi del mondo ragionando solo in termini di aiuto reciproco tra individui o piccoli gruppi.

Ricordiamo che «l’inequità non colpisce solo gli individui, ma Paesi interi, e obbliga a pensare ad un’etica delle relazioni internazionali». E la giustizia esige di riconoscere e rispettare non solo i diritti individuali, ma anche i diritti sociali e i diritti dei popoli. Quanto stiamo affermando implica che si assicuri il «fondamentale diritto dei popoli alla sussistenza ed al progresso», che a volte risulta fortemente ostacolato dalla pressione derivante dal debito estero. Il pagamento del debito in molti casi non solo non favorisce lo sviluppo bensì lo limita e lo condiziona fortemente. Benché si mantenga il principio che ogni debito legittimamente contratto dev’essere saldato, il modo di adempiere questo dovere, che molti Paesi poveri hanno nei confronti dei Paesi ricchi, non deve portare a compromettere la loro sussistenza e la loro crescita.

Senza dubbio, si tratta di un’altra logica. Se non ci si sforza di entrare in questa logica, le mie parole suoneranno come fantasie. Ma se si accetta il grande principio dei diritti che promanano dal solo fatto di possedere l’inalienabile dignità umana, è possibile accettare la sfida di sognare e pensare ad un’altra umanità. È possibile desiderare un pianeta che assicuri terra, casa e lavoro a tutti. Questa è la vera via della pace, e non la strategia stolta e miope di seminare timore e diffidenza nei confronti di minacce esterne.

Perché la pace reale e duratura è possibile solo «a partire da un’etica globale di solidarietà e cooperazione al servizio di un futuro modellato dall’interdipendenza e dalla corresponsabilità nell’intera famiglia umana».

Davanti ad un quadro….

L’impero delle luci è un’opera di René Magritte del 1953-54. Magritte ha commentato la sua opera con queste parole: “Nell’Impero delle luci ho rappresentato due idee diverse, vale a dire un paesaggio notturno e un cielo come lo vediamo di giorno. Il paesaggio fa pensare alla notte e il cielo al giorno. Trovo che questa contemporaneità di giorno e notte abbia la forza di sorprendere e di incantare”. Magritte raffigura un paesaggio costituito da pochi elementi: un piccolo specchio d’acqua in primo piano e una casa con un grande albero a dominare la scena, cielo e vegetazione a fare da sfondo. Magritte divise il quadro in due scenari opposti: dipinse nella parte alta del quadro un cielo azzurro e limpido, attraversato da numerose nuvole bianche, mentre nella parte inferiore la casa e il lago sono immersi nel buio cupo della notte. Gli unici elementi che attenuano questo buio profondo, sono le luci provenienti da due finestre della villetta e da un lampioncino che rischiara sia il giardino esterno, che il laghetto antistante.

Guardando il quadro, vengono subito alla mente le parole di Silvano Fausti che commentando il testo della trasfigurazione scrive: “Un uomo, smarrito nel bosco, si trova a percorrere un sentiero ignorando dove porta. Nel frattempo, cala la sera e viene la notte. Mentre l’uomo percorre il sentiero e viene assalito dalla paura, intravede lontano le luci di casa: tra poco siederà a tavola con i suoi”.

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Proprio di buio e di luce, di notte e di giorno ci parla il vangelo della trasfigurazione. È notte nel cuore di Gesù, un cuore smarrito di fronte all’ostilità di scribi e farisei, pronti ad ucciderlo pur di spegnere il suo messaggio ritenuto troppo sovversivo. C’è buio anche nei cuori smarriti dei discepoli: vanno in crisi, hanno paura e non capiscono il loro maestro, troppo arrendevole e remissivo.

È in questo momento che Gesù sceglie di salire sul monte con i discepoli a cui era maggiormente legato, Pietro, Giacomo e Giovanni. Va sul monte per guardarsi dentro e cercare luce nel dialogo intimo con il Padre. È nel silenzio e nella preghiera, nell’ascolto della parola (Elia e Mosè rappresentano i libri della Bibbia: i profeti e la legge) che Gesù intravede le luci di casa, sperimenta la vicinanza del Padre e comprende che la strada da percorrere è quella di seguire la propria coscienza e la giustizia fino alle estreme conseguenze. È nella preghiera che si fa luce anche nel cuore dei discepoli che sentono risuonare nel loro cuore la voce del Padre che li conferma: “Non temete! Questi è il mio figlio amato: ascoltatelo, seguitelo, fidatevi di lui!”.

Esistono momenti della vita in cui la nostra fede viene messa a dura prova. Esistono per tutti momenti di buio e di tenebra. Proprio in questi momenti, se ci raccogliamo in noi stessi e ci mettiamo in ascolto del vangelo e della nostra coscienza, possiamo trovare luci, che ci rassicurano e ci riportano a casa. Il vangelo ancora una volta ci invita a non temere, a seguire Gesù, a fidarci di lui e della sua parola, anche quando ci appare umanamente illogica e tenebrosa. Non dobbiamo temere, perché oltre il buio della notte splende sempre la luce vera, che le tenebre non possono vincere. Oltre la notte più buia splende sempre un cielo azzurro e limpido!

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