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Sicilia, inchiesta su appalti nella sanità Dieci arresti per gare pilotate coinvolto il commissario regionale Covid 19

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Sicilia, inchiesta su appalti nella sanità Dieci arresti per gare pilotate coinvolto il commissario regionale Covid 19

ladige.it/cronaca/2020/05/21/sicilia-inchiesta-su-appalti-nella-sanita-dieci-arresti-per-gare-pilotate-coinvolto-il- commissario-regionale-covid-19-1.2543563

Una maxi operazione della Guardia di Finanza ha svelato un intreccio perverso su un sistema che avrebbe consentito di pilotare appalti milionari della sanità in Sicilia.

L'indagine, che coinvolge imprenditori e funzionari pubblici, ha portato all'arresto di dieci persone accusate, a vario titolo, di corruzione. Gli investigatori avrebbero accertato un giro di mazzette che ruotava intorno alle gare indette dalla Centrale Unica di

Committenza della Regione Siciliana e dall'Asp 6 di Palermo per un valore di quasi 600 milioni di euro. Tra gli arrestati ci sono anche Antonio Candela, 55 anni, attuale

Coordinatore della struttura regionale per l'emergenza Covid-19 in Sicilia, e l'attuale direttore dell'Asp di Trapani Fabio Damiani, anche lui di 55 anni. Candela, che è ai domiciliari, è stato Commissario Straordinario e Direttore generale dell'Asp di Palermo. Durante il periodo in cui rivestiva la carica di direttore generale dell'Asp di Palermo, la più grande della Sicilia, Antonio Candela era stato protagonista di numerose iniziative per la trasparenza e la legalità.

Tanto da ricevere i complimenti dell'allora presidente della Regione Rosario Crocetta e dell'assessore alla Sanità del tempo, Lucia Borsellino, per i risparmi ottenuti dalla sua gestione. In particolare Candela aveva revocato diverse gare d'appalto con risparmi per circa 54 milioni di euro: 10 per la base d'asta della fornitura di pannoloni, 6 per la base d'asta dei sistemi informativi dell'azienda, 18 per l'appalto dei sistemi di vigilanza e circa 20 milioni il servizio di gestione e manutenzione degli impianti tecnologici. "Un record raggiunto - aveva spiegato Antonio Candela - con una serie di aggiustamenti che tengono conto anche di alcuni fattori prima non inclusi nelle ex basi d'asta delle gare". Contro queste revoche erano stati presentati diversi ricorsi al Tar, al Cga e al Consiglio di Stato,

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quasi sempre i giudici avevano dato ragione all'ex manager. Il quadro che emerge dalle intercettazioni dell'inchiesta nei confronti dell'ex manager dell'Asp di Palermo non è tuttavia quello di una paladino della legalità ma di una "pessima personalità", come scrive il Gip nella sua ordinanza. "Ricordati che la sanità è un condominio, io sempre capo condominio rimango", dice Candela senza sapere di essere intercettato.

L'operazione, denominata "Sorella Sanità", è stata condotta dai militari del comando provinciale di Palermo della Guardia di Finanza. Gli indagati colpiti dall'ordinanza di misure cautelari firmata dal Gip del tribunale di Palermo sono complessivamente 12, dieci dei quali sono stati arrestati. Sono finiti in carcere Fabio Damiani, 55 anni, attuale

direttore generale dell'Asp di Trapani, e Salvatore Manganaro, 44 anni di Agrigento un faccendiere indicato dagli investigatori come referente di Damiani. Ai domiciliari Antonio Candela, 55 anni, attuale coordinatore della struttura regionale per l'emergenza Covid-19, già commissario straordinario e direttore generale dell'Asp 6 di Palermo; Giuseppe

Taibbi, 47 anni di Palermo, ritenuto il faccendiere di riferimento di Candela; Francesco Zanzi, 56 anni, di Roma, amministratore delegato della Tecnologie Sanitarie Spa; Roberto Satta, 50 anni di Cagliari, responsabile operativo della Tecnologie Sanitarie Spa; Angelo Montisanti, 51 anni di Palermo, responsabile operativo per la Sicilia di Siram Spa e amministratore delegato di Sei Energia scarl; Crescenzo De Stasio, 49 anni di Napoli, direttore unità business centro sud di Siram Spa; Ivan Turola, 40 anni, di Milano,

referente occulto di Fer.Co. srl; Salvatore Navarra, 47 anni di Caltanissetta, Presidente del consiglio di amministrazione di PFE Spa.

E' stata invece applicata la misura del divieto temporaneo di esercitare attività

professionali, imprenditoriale e pubblici uffici nei confronti di Giovanni Tranquillo, 61 anni, di Catania referente occulto di Euro&promos Spa e di PFE Spa, e di Giuseppe Di Martino, 63 anni, originario di Polizzi Generosa, ingegnere e membro di commissione di gara. Sono tutti a vario titolo indagati per corruzione per atto contrario ai doveri di ufficio, induzione indebita a dare o promettere utilità, istigazione alla corruzione, rivelazione di segreto di ufficio e turbata libertà degli incanti. Con lo stesso provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo di 7 società, con sede in Sicilia e Lombardia, nonché di disponibilità finanziarie per 160.000 euro, quale ammontare allo stato accertato delle tangenti già versate: le tangenti promesse ai pubblici ufficiali raggiungerebbe tuttavia una cifra pari ad almeno 1.800.000 euro, su gare per un importo complessivo di quasi 600 milioni di euro.

Le indagini sugli appalti della Sanità in Sicilia che sarebbero stati pilotati sono state condotte dai militari del Nucleo di Polizia Economico - Finanziaria delle fiamme gialle di Palermo con intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti,

videoriprese, esami documentali e dei flussi finanziari. In particolare gli investigatori hanno analizzato 4 procedure ad evidenza pubblica interessate da condotte di turbativa, aggiudicate a partire dal 2016, il cui valore complessivo sfiora i 600 milioni di euro. Nel mirino degli inquirenti sono finiti: la gestione e manutenzione apparecchiature

elettromedicali - gara bandita dall' Asp 6 del valore di 17 milioni e 635mila euro; i servizi

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impianti tecnologici - bandita dal Asp 6 del valore di 126 milioni e 490mila euro. E infine i servizi di pulizia per gli enti del servizio sanitario regionale - bandita dalla CUC del valore di 227 milioni e 686mila euro.

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di Simone Olivelli 18 marzo 2021

Sicilia, la pulizia negli ospedali alla società dell’imprenditore a giudizio per corruzione

ilfattoquotidiano.it/2021/03/18/sicilia-la-pulizia-negli-ospedali-alla-societa-dellimprenditore-a-giudizio-per- corruzione/6134627

In Sicilia c’è un’impresa che, da un anno a questa parte, fattura i servizi di pulizia resi negli ospedali di mezza isola nonostante il suo proprietario sia accusato di avere

contribuito a truccare una gara d’appalto da oltre 227 milioni di euro. Protagonista di questo paradosso, che rappresenta soltanto la punta di un iceberg, è la Pfe di

Salvatore Navarra. L’anno scorso la società è finita al centro dell’inchiesta che ha portato in carcere, tra gli altri, Antonio Candela. Manager, paladino di quell’antimafia che in Sicilia serba spesso sorprese e primo commissario Covid del governo guidato da Nello Musumeci, Candela è imputato (insieme a Navarra) del processo sullo scandalo corruzione nella sanità siciliana. Con loro c’è anche Fabio Damiani, il dirigente accusato di essersi prestato ad assecondare i desiderata di Navarra in cambio della promessa di ricevere 750mila euro.

La presunta tangente, che stando alle indagini della guardia di finanza sarebbe stata rateizzata in tre anni, era il prezzo che secondo le accuse Navarra doveva pagare per

ricevere un trattamento di favore dalla commissione guidata da Damiani. Sempre secondo gli inquirenti l’imprenditore era interessato ad accaparrarsi i lotti più remunerativi tra i dieci messi a gara. E al contempo si sarebbe speso per promuovere, nell’ottica di uno scambio di favori, anche le sorti della Euro&Promos, ditta riconducibile a Sergio Bini, l’assessore al Turismo della Regione Friuli Venezia Giulia (non indagato ed estraneo all’inchiesta). Inconsapevoli di essere intercettati, Damiani e Salvatore Manganaro, un faccendiere che in autunno ha iniziato a collaborare con i magistrati, ragionavano sulla

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L’imprenditore, però, in una prima fase aveva mostrato qualche tentennamento, per timore, secondo Damiani e Manganaro, di essere coinvolto in un’altra indagine che in quei mesi – siamo a fine 2018 – aveva scosso la Sicilia: l’arresto di Antonello

Montante, l’ex presidente degli industriali siciliani e, manco a dirlo, paladino

dell’antimafia di facciata, poi condannato a 14 anni per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione.

Ad accertare questi fatti sarà il gup Fabio Pilato. Damiani e Navarra (ma anche Candela) hanno scelto di essere processati con il rito abbreviato. Fuori dal tribunale, invece, l’attività della Pfe va avanti come sempre. La società di Navarra ogni mese si occupa delle pulizie in giro per la Sicilia. E si fa pagare. Solo per fare alcuni esempi: a Catania il Policlnico versa circa 150mila euro; a Messina, la somma pagata dal Papardo si aggira sui 240mila; supera i 300mila la spesa mensile del Policlinico della città dello Stretto. Ma la Pfe lavora anche nelle strutture sanitarie pubbliche in provincia di Trapani, Agrigento, Palermo e nell’entroterra dell’isola.

Naturale chiedersi come sia possibile che, a fronte di queste pesanti accuse, la Pfe continui a operare in quasi tutte le province dell’isola senza che la pubblica

amministrazione abbia adottato scelte che, al netto della necessità di attendere i verdetti dei tribunali, possano salvaguardare la propria immagine. La risposta è una e

incontrovertibile: la società di Navarra è legittimata a lavorare dal fatto che opera in virtù di proroghe concesse dalle singole aziende sanitarie provinciali in relazione a contratti stipulati, in alcuni casi, anche più di dieci anni fa.

Ma la Pfe è solo una delle imprese che si trovano in questa condizione: da Palermo a Catania, da Messina a Ragusa, il settore delle pulizie nelle strutture ospedaliere da tempo vive una fase di stallo che, specialmente per chi la osserva da fuori, sembra interminabile.

“Neanche gli scandali più eclatanti sembrano bastare per spingere a cambiare le cose.

Non è da paese civile tenere un mercato bloccato alla concorrenza con rendite di posizione inaccettabili”, dichiara a ilfattoquotidiano.it un imprenditore del settore. Il motivo del costante ricorso alle proroghe deriva dal fatto che la Regione Siciliana da almeno un lustro non è in grado di aggiudicare una gara d’appalto centralizzata. Prima di quella finita nell’inchiesta della procura di Palermo, era stato, nel 2017, il Consiglio di giustizia amministrativa a stoppare l’iter di una gara di oltre trecento milioni,

accogliendo il ricorso di una serie di piccole e medie imprese che lamentavano un bando troppo favorevole ai colossi delle pulizie. Ciò non significa che non si potrebbe fare un terzo tentativo. Al momento, però, la Regione ha deciso di aspettare: “Per il momento l’Avvocatura ci ha suggerito di limitarci a sospendere e non annullare la procedura finita al centro dell’inchiesta”, dichiara Antonio Lo Presti, il dirigente della Centrale unica di committenza regionale. Tuttavia pian piano qualcosa sembra iniziare a muoversi all’orizzonte. Alcune aziende sanitarie provinciali – per esempio Siracusa e Trapani, a cui potrebbe aggiungersi anche l’Arnas Garibaldi di Catania – dopo avere ottenuto l’ok dall’assessorato, hanno deciso di indire delle procedure ponte in attesa che la Regione riprenda le fila del discorso e decida cosa fare dei risultati della gara scandalo.

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