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RGn, 1473/201 £ Reperì, n. 937/2016 del 17/08/201 f

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Sentenza n. 960/2016 pubbl. il 17/08/2016 RG n. 1473/2016 Reperì, n. 937/2016 del 17/08/2016 Registrato il: 26/08/2016 n.5745/2016 importo 200,0C

REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE DI APPELLO DI ANCONA, seconda sezione civile, composta dai seguenti Magistrati:

dott. Bruno Castagnoli PRESIDENTE rei.

dott. Stefano Formiconi CONSIGLIERE

dott Maria Ida Ercoli CONSIGLIERE

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

nel procedimento civile in grado di appello iscritto al n, 1473 /2015 R.G.A.C,, promosso con atto di citazione da;

MINISTERO DELL’INTERNO, rappr. e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Ancona;

nei confronti di.

. rappr. e difeso dall’avv.

comparsa di costituzione e risposta in appello:

per delega in calce alla

Causa trattenuta a sentenza all’udienza del 11 maggio 2016;

Conclusioni delle parti: come da verbale dì udienza del 11 maggio 2016.

Ragioni di fatto e di diritto della decisione

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La presente motivazione,

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£É3 sintetica avuto riguardo ai disposto dell'alt. 132 c.p.c come modificato dall'art. 45

della legge n. 69 del 2009.

Si danno pertanto per conosciuti i fatti di causa quali emergono dal provvedimento impugnato e dall'atto di appello.

Con ordinanza del 19-22 ottobre 2015 il Tribunale di Ancona, definitivamente pronunciando nel giudizio iscritto al n. R.G. 3020/2015, accoglieva parzialmente il ricorso presentato da . ' i, concedendogli la protezione sussidiaria ex art 14 lett. C) del d.lgs. 251/2007 e disponendo la compensazione integrale delle spese di lite.

Propone appello avverso l'anzidetta ordinanza il Ministero dell'Interno - Commissione Territoriale Riconoscimento Protezione Internazionale di Roma 2, sez.

di Ancona - lamentando, in primo luogo, la violazione e falsa applicazione dell'art. 14 del d.igs. 251/2007 e la mancanza dei presupposti di fatto e di diritto per l'accoglimento della domanda avanzata dall'odierno appellato, ribadendo la correttezza dell'operato della Commissione che aveva respinto detta domanda, alle cui motivazioni espressamente si riporta. In particoiar modo, rimarca come non siano emersi, nel caso di specie, motivi idonei a far ritenere che il ritorno in patria avrebbe potuto esporre il ricorrente alia minaccia di un danno grave alia vita o alia persona, derivante dalla violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno e internazionale, in quanto l'episodio che, secondo quanto asserito

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Sentenza n, 980/2016 pubbl. ii 17/08/2018 RGn, 1473/2015 Reperì, n. 937/2016 dei 17/08/2018

dall'odierno

„ Registrato il: 2,6/08/2016, n.5745/2016 importo,200,00

appellato, avrebbe costituito la causa del suo allontanamento dal Gambia, non ha nulla a che vedere con situazioni di conflitto, ma scaturirebbe da un atto di ribellione personale del ricorrente nei confronti del dittatore Jammeh, consistente nell'esibizione, in occasione di una partita di calcio, di una maglietta con un messaggio irrispettoso nei confronti di quest'ultimo. La situazione descritta dall'odierno appellato non rientra, ad avviso dell'appellante, evidentemente tra i presupposti di applicabilità deil'art. 14 lett. C} del d.lgs. 251/2007, atteso che la norma in questione ha lo scopo di fornire protezione dai rischi gravi che incombono su persone o comunità di persone derivanti da una situazione di carattere generale e non da rischi che interessano un individuo per motivi di natura privata, per cui, al più, in relazione a tale episodio sarebbe stato corretto il richiamo alla lettera B del citato articolo, nel cui ambito, comunque, attesa l'assenza di elementi probatori, la vicenda non può essere inquadrata.

In secondo luogo, l'appellante evidenzia come l'ordinanza oggetto della presente impugnazione sia censurabile anche dal punto di vista procedurale, atteso che l'elemento determinante ai fini della formazione del convincimento del primo giudice parrebbe rappresentato dall'acquisizione di un documento, ossia l'ordine di cattura della Polizia del Gambia, datato 18.1.2014, che, però, non è stato presentato in occasione dell'esame del caso davanti alia Commissione territoriale e a cui, peraltro, l'odierno appellato non ha neppure fatto cenno, impedendo alla

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Commissione dì procedere a qualsiasi valutazione sn proposito.

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RGn. 1473/2015 Reperì n. 937/2016 del 17/08/2016

Inoltre, ad avviso deìi'appefìanryfanclie i^ev^tua/Zacquisiz^ne cSeT^ocumefvtolia parte della Commissione sarebbe stato in contrasto con quanto disposto dall'art, 25 dei d.lgs, 25/2008 che vieta l'acquisizione di informazioni dai presunti responsabili della persecuzione ai danni del richiedente.

Pertanto, l'appellante ribadisce l'inammissibilità della produzione del documento in questione, evidenziando come il contegno omissivo de! ricorrente sia ulteriore indice deil'inattendibilità del quadro fattuale esposto in sede giudiziale.

Quanto al contenuto del documento, l'appellante rileva l'incomprensibilità delia firma che rende impossibile identificare il funzionario che lo ha rilasciato e la doppia indicazione della data, elementi idonei a far sorgere seri dubbi sull'autenticità del documento.

Da ultimo, ribadisce la mancanza di validità legale del documento in questione, atteso che lo stesso manca della legalizzazione diplomatico-consolare, procedura imprescindibile per comprovare la legittimità di un documento formato all'estero e di conseguenza l'impossibilità di prendere in considerazione certificati prodotti in semplice fotocopia, specificando che peraltro anche i certificati prodotti in originale devono essere legalizzati dalle autorità diplomatiche o consolari italiane all'estero, sulla base delle previsioni di cui all'art. 33 dei D.P.R. 445/2000 che, nel caso di specie, non hanno fornito alcun riscontro alla richiesta avanzata in tal senso da!

ricorrente, circostanza che, ad avviso dell'appellante, non può essere utilizzata per

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asseverare indirettamente [autenticità del documento, come erroneamente sostenuto dal primo giudice nell'ordinanza oggetto dei presente gravame.

Si costituisce in giudizio . ' . eccependo, preliminarmente, l'inammissibilità dell'appello per carenza di specificità dei motivi in quanto, a suo avviso, l'appellante si sarebbe limitato ad una sintesi dei punti contestati, senza fare uno specifico riferimento alle parti della sentenza impugnate e senza alcuna precisa indicazione delle modifiche richieste alia ricostruzione dei fatto compiuta dal giudice di primo grado.

Nei merito, evidenzia l'erroneità dell'interpretazione dell'art. 14 lett. C) del d.ìgs.

251/2007 fornita dal Ministero in sede di gravame, ribadendo come il Gambia, paese di provenienza dell'odierno appellato, sebbene non sia interessato da un conflitto armato, come, peraltro, specificato anche dai giudice di prime cure, appaia, però, interessato da una diffusa violenza, da frequenti episodi di tortura e repressione, perpetrati dalla dittatura, al fine di impedire la libera espressione del pensiero, con applicazione di leggi assurde e conseguente mancanza di ogni possibile tutela per la persona. Pertanto, l'atto posto in essere dall'appellato non può essere interpretato, come erroneamente sostenuto da! Ministero, come un atto di ribellione personale, trattandosi, invece, di una effettiva ribellione al sistema politico dittatoriale e repressivo del Presidente jammeh, tanto che l'odierno appellato, in seguito a! suo gesto, veniva immediatamente raggiunto da un mandato di arresto e convocazione in giudizio con una motivazione palesemente inventata

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Gambia. Non a caso, quindi, i! giudice di prime cure, ad avviso dell'appellato, ha ritenuto fondato i! ricorso anche relativamente alia lettera B) de! citato art. 14, evidenziando come apparisse certa la possibilità per ["appellato di subire un grave danno alla persona in caso di rimpatrio.

L'odierno appellato ribadisce, quindi, l'analiticità ed accuratezza della valutazione compiuta dal giudice di prime cure che ha, addirittura, voluto ascoltare personalmente il richiedente al fine di comprendere con maggiore precisione alcuni aspetti della sua vicenda personale, arrivando così a capire come il problema del richiedente sia di matrice politica e religiosa, essendo egli oltretutto figlio illegittimo di una donna adultera.

L'appellato sottolinea, inoltre, come non sia assolutamente veritiero quanto sostenuto dal Ministero circa le omissioni perpetrate dal richiedente in quanto egli ha sempre ripetuto e precisato la sua storia con dovizia di particolari e riferimenti geo-politici, esplicitamente riferendo dei mandato di arresto, della cui copia è riuscito però ad entrare in possesso solo in un momento successivo.

Da ultimo, rileva come Kart. 33 del D.P.R. n. 445/2000, contrariamente a quanto sostenuto dai Ministero, non possa essere ritenuto applicabile al caso di specie, in quanto attinente ad atti la cui utilizzazione appare necessaria in Italia, con conseguente imprescindibilità del procedimento di legalizzazione. Nel caso di specie, però, i documenti in questione non devono produrre efficacia nel territorio italiano,

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Sentenza n. 960/2016 pubbl. ii 17/08/2016 RG n. 1473/2015 Reperì, n. 937/2016 del 17/08/2016

avendo solo lo scopo di 2°°’00

asilo, incombendo sui giudice a tal proposito un preciso obbligo di cooperazione istruttoria.

Il Procuratore Generale interviene in giudizio chiedendo l'accoglimento del ricorso proposto dall'Avvocatura dello Stato.

All'udienza del 11 maggio 2016 la causa viene ritenuta per la decisione, con termine alle parti per il deposito degli scritti difensivi finali.

L'appello è infondato.

L'eccezione di inammissibilità dell'appello per difetto di specificità dei motivi è inammissibile.

Infatti le censure evidenziate nell'atto di citazione in appello consentono di cogliere con immediatezza il contenuto esatto delle doglianze relative a specifici passaggi della sentenza impugnata ed appaiono, inoltre, idonee a contrapporsi dialetticamente al tessuto motivazionale dell'impugnata sentenza, pertanto, non sono tali da giustificare una declaratoria di inammissibilità ex art. 342 c.p.c,,

Nel merito appare opportuno ripercorrere brevemente la vicenda personale dell'odierno appellato, quale da lui narrata.

. ha riferito dinanzi alla Commissione Territoriale di essere nato nel villaggio di Jarren in Senegai, ma di essere cresciuto in Gambia, dove la madre, ripudiata dal padre Imam perché rimasta incinta fuori dal matrimonio, era stata costretta a fuggire; ha raccontato, quindi, di aver frequentato per nove anni la

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scuoia coranica dove, in conseguenza del suo status

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continue vessazioni, fino alla decisione di lasciare la scuola e dedicarsi al calcio militando nella squadra di Basse; proprio in occasione di una partita di calcio, dopo aver segnato, aveva esibito una maglietta con su scritto " Dittatore Jammeh, noi abbiamo solo paura di te, ma non ti amiamo", era stato informato dalla madre che era stato emesso un mandato di cattura nei suoi confronti e, quindi, era stato costretto alia fuga che, dopo lunghe peregrinazioni, era terminata con l'arrivo in Italia nel 2014.

I rilievi mossi da parte appellante risultano condivisibili in ordine alla mancanza dei presupposti previsti dall'art. 14 lett. C) del decreto legislativo n. 251 dei 2007 in quanto, sulla base di un'attenta valutazione delle condizioni del Gambia, paese di provenienza deli'odierno appellato, è evidente come non ricorrano le nozioni di violenza indiscriminata e conflitto armato interno elaborate dalla Corte di Giustizia Europea con le sentenza Elgafaji v. Staatsecretaris van Justitie dei 17 febbraio 2009 e Diakitè del 30 gennaio 2014.

infatti, i rapporti internazionaii più aggiornati (UCDP Confiict Encyclopedia Dipartimento di Stato U.S.A. } sono concordi nel negare che tale soglia sia stata anche solo lontanamente raggiunta in Gambia.

Tuttavia, violazioni dei diritti umani siano state rilevate da diversi rapporti, (Report of thè Special Rapporteur on extrajudicial, summary or arbitrar/ executions, Gambia; UN Human Rights Council: -omissis-) e la situazione si presenta

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Sentenza n. 960/2016 pubbl, il 17/08/2016 RG n. 1473/2015 Reperì, n. 937/2016 del 17/08/2016 , Registrato il: 26/08/2016 ji.5745/2016 importo. 200,00

particolarmente critica con riferimento agli oppositori del regime o soggetti percepiti come tali quali attivisti politici, giornalisti, minoranze etniche, religiose e persone LGBT.

Nel caso di specie, quindi, pur non ravvisandosi le condizioni previste dal citato art.

14 le. C) del d.lgs. 251/2007, tuttavia, sussistono i presupposti per il riconoscimento della protezione sussidiaria sulla base della lettera B) del citato articolo, i cui presupposti sono stati del resto invocati dai richiedente.

Infatti, il racconto dell'odierno appellato appare chiaro, preciso e dettagliato e, soprattutto, supportato da ogni ragionevole sforzo volto a circostanziare la domanda, non essendo affatto vero quanto sostenuto dal Ministero circa l'omessa menzione da parte del richiedente del mandato di arresto e dell'ordine di cattura nei suoi confronti.

Infatti egli ha riportato con estrema precisione le vicende intercorse, specificando che la madre lo aveva informato del mandato di arresto nei suoi confronti, che peraltro riporta una data (18.01.2014) coincidente sia con quella indicata da!

richiedente in relazione alla partita sia con quella della fuga dal Gambia, a ulteriore conferma della veridicità delle affermazioni rese dall'odierno appellato.

Quanto al merito della vicenda che avrebbe indotto il richiedente alla fuga, emerge con estrema chiarezza come l'atto di ribellione compiuto dai richiedente non possa essere semplicisticamente indicato quale vicenda personale, in tal modo omettendo

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RG n, 1473/2015 Reperì, n. 937/2018 del 17/08/2016 , , Registrato, ij; 26/08/2016 n.5745/2.016 importo 200,00

ogni riferimento al contesto Socio politico in cui tale proposito ai ribellione era maturato.

Il richiedente, infatti, era stato vittima per tutta la vita di continue vessazioni legate al suo status di figlio illegittimo e come tale ripudiato dalia Scuola Coranica e dalla religione islamica, senza mai poter trovare tutela o poter esprimere liberamente la propria opinione, essendo presente in Gambia un regime dittatoriale particolarmente repressivo soprattutto nei confronti delie minoranze, come dimostrato anche dalle politiche persecutorie nei confronti degii omosessuali, da ritenersi verosimilmente utilizzate, nel caso di specie, per giustificare un arresto che, attesa l'eterosessuaiità dell'odierno appellato, aveva ragioni esclusivamente politiche, e cioè di repressione di una forma di dissenso, ancorché pacifica.

Appare evidente, dunque, come in caso dì rientro in patria il richiedente sarebbe esposto ad un grave danno, che sulla base delie lettera B) dell'art. 14 del d,lgs.

251/2007 può essere identificato con una forma di pena o trattamento inumano o degradante, considerata anche la politica particolarmente repressiva nei confronti degli omosessuali e la severità del trattamento sanzionatorio ei loro confronti in Gambia, attraverso la quale verrebbe legittimato l'arresto dell'odierno appellato, con lo scopo pretestuoso di nascondere la vera ragione delia persecuzione nei suoi confronti.

Vanno tenuti presenti al riguardo i principi relativi all'onere probatorio nelle controversie in materia di protezione internazionale incentrati sui fatto che le

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dichiarazioni del richiedente, non sostenute da altre prove, debbono essere ritenute veritiere una volta accertato da parte delTautorità competente a decidere sulla domanda che: a) il richiedente ha compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda; b) tutti gli elementi pertinenti In suo possesso sono stati prodotti ed è stata fornita una idonea motivazione in ordine alla mancanza di ulteriori elementi significativi; c) le dichiarazioni del ricorrente siano coerenti e plausibili e non in contraddizione con le informazioni generali e specifiche pertinenti al suo caso, di cui si disponga; d) il richiedente abbia presentato la domanda di protezione internazionale il prima possibile, a meno che non dimostri l'esistenza di un giustificato motivo per ritardarla; e) dai riscontri fattuali il richiedente risulti attendibile, dovendosi rilevare che il racconto del ricorrente appare scevro da effettive contraddizioni e coerente rispetto alla situazione del Paese di origine, oltre che confermato dalla copia del mandato di arresto

in riferimento alla censura mossa dall'appellante aH'ammissibilità della produzione della copia dei mandato di arresto in questione, giova ricordare che la giurisprudenza di legittimità ha precisato che, ai fini dell'accertamento della fondatezza di una domanda di protezione internazionale, non è possibile limitarsi ad una valutazione basata esclusivamente sulla credibilità soggettiva del richiedente, essendo il giudice tenuto ad un dovere di cooperazione, mediante l'esercizio di poteri-doveri officiosi d'indagine e di acquisizione documentale, in modo che

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RG n. 1473/2015 Reperì, n. 937/2016 del 17/08/2016 . , , Registrato il; 26/0872016 n.5745/2016 importo 200,00

ciascuna domanda venga esaminata alla luce di informazioni aggiornate sul paese di origine del richiedente asilo ( cfr, ex pi. Cass. 10 luglio 2014 n. 15783).

Di conseguenza, nei caso di specie, il giudice di prime cure ha correttamente acquisito il documento relativo ai mandato di arresto in questione, estremamente rilevante ai fini deila decisione, senza che ciò si presti alle censure dell'appellante.

Infatti, la procedura di cui all'art, 33 del D.P.R, 445 dei 2000 è rivolta esclusivamente ad atti che debbano essere fatti valere in Italia, mentre nel caso di specie il documento in questione acquisisce esclusivamente valenza probatoria, a riprova della veridicità del racconto del richiedente, che, come risultante dalla documentazione prodotta nel presente grado, ha mostrato di avere operato, attraverso il suo legale, ogni ragionevole sforzo per ottenere la legalizzazione dell'atto che, siccome si evince dalla corrispondenza intercorsa con la Cancelleria Consolare dell'Ambasciata Italiana a Dakar, sembra non intervenuta per ragioni di opportunità politica., come testimoniato dalla risposta del console italiano alla richiesta, che sembra oltretutto avvalorare, sia pure indirettamente, l'esistenza di una situazione di forte repressione in Gambia.

Del resto ritenere aprioristicamente l'inammissibilità delia produzione documentale sui presupposto della mancata iegalizzazione sarebbe in totale contrasto con la normativa in materia di protezione internazionale e con il costante indirizzo giurisprudenziale, fermo nel ribadire la sussistenza in materia di un onere probatorio

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Sulla base delle considerazioni svolte, sussistono i presupposti per ilnconosarriento della protezione sussidiaria ex art. 14 lett. B) del d.lgs. 241/2007 nei confronti di _ in tal modo correggendosi la motivazione dell'ordinanza appellata, che merita comunque conferma.

Considerata la particolarità della materia e delle questioni affrontate, sussistono giusti motivi per la compensazione integrale delle spese di lite del presente grado.

Non sussistono i presupposti per il versamento da parte deil’appeilante deÌPulteriore importo a titolo di contributo unificato previsto dal D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13 comma 1 quater inserito dalla legge n. 228 dei 2012, art. 1, comma 17 in quanto la disposizione in esame non può trovare applicazione nell'ipotesi d'impugnazione deH'amministrazione pubblica, stante la non debenza del versamento del contributo unificato {cfr. Cass. S.U. n. 9938/2014; Cass. 22 giugno 2016 n. 2900}

P. Q. M.

La Corte respinge il ricorso proposto dal Ministero dell'Interno avverso l'ordinanza del Tribunale di Ancona del 19 ottobre 2015, resa nel procedimento n. 3020/2015 R.G., conferma per l'effetto l'impugnato provvedimento e compensa integralmente tra le partì le spese di lite del presente grado.

Ancona, così deciso nella Camera di Consiglio del 13 luglio 2016.

Il Presidente est.

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RG n. 1473/2015 Reperì n. 937/2016 del 17/08/2016 Registrato il: 26/08/2016 n.5745/2016 importo 200,00

Provvedimento redatto con la collaborazione della dott.ssa Francesca Piergallini, tirocinante ai sensi dell'art.73 del D.L. 69/2013 convertito in legge 98/2013.

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