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Mineralogia e costituenti delle rocce con laboratorio

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Academic year: 2021

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(1)

Guida al Corso di

Mineralogia e costituenti delle rocce con laboratorio

(Lezioni dettate dal Prof. Antonino Lo Giudice)

1

Anno Accademico 2009-10

(2)
(3)

Indice

Prefazione al corso. Pag. 2

I costituenti delle rocce " 3

Caratteri strutturali e morfologici dei minerali " 5

Considerazioni sui reticoli cristallini " 10

Introduzione strutturale alla cristallografia morfologica " 11

Cristallografia morfologica " 15

Cristallografia strutturale " 23

Richiami sui caratteri generali delle onde luminose " 24

La cristallografia X " 33

Applicazioni della cristallografia X " 42

Ottica Cristallografica " 46

Caratteristiche ottiche generali dei minerali " 46

Birifrangenza e segno ottico dei minerali " 52

Le indicatrici ottiche " 54

Definizione e costruzione delle indicatrici ottiche " 54 Forme e geometria delle indicatrici ottiche " 56 Orientazione delle Indicatrici Ottiche nei minerali " 59

Osservazioni ottiche sui minerali " 65

Il Microscopio da mineralogia " 66

I diversi tipi di osservazione al microscopio " 68 Osservazioni a luce parallela (ortoscopica) e ad un solo polaroide " 68 Osservazioni a luce parallela e a due polaroidi (Nicol’s incrociati) " 77

Riflessioni sull’equazione del ritardo e informazioni deducibili

dall’osservazione dei colori d’interferenza " 82

Riflessioni sulle posizioni d’estinzione " 85

I compensatori " 90

Osservazioni a luce convergente (conoscopica) e a due polaroidi (Nicol’s

incrociati) " 95

Figure d’interferenza dei minerali birifrangenti uniassici (dimetrici) " 96 Figure d’interferenza dei minerali birifrangenti biassici (trimetrici) " 100 Determinazione del segno ottico nei minerali uniassici e biassici " 104 Riconoscimento al microscopio delle principali fasi minerali costituenti le rocce " 108

Cristallochimica dei minerali " 128

I minerali e le loro strutture cristalline " 128

Le regole di Pauling " 131

Isomorfismo " 137

I tipi di isomorfismo " 141

Caratteristiche generali della cristallizzazione delle miscele isomorfe " 144

Polimorfismo " 157

I tipi di polimorfismo " 160

Rassegna dei principali minerali costituenti le rocce " 165

I silicati " 165

Nesosilicati " 170

Sorosilicati " 173

Inosilicati " 174

Fillosilicati " 182

Tectosilicati " 190

Carbonati, solfati, fosfati, alogenuri, solfuri, ossidi e idrossidi, elementi

nativi " 200

Appendice " 206

Peso specifico, Densità, Durezza, Suscettività magnetica, Piezoelettricità " 206

(4)
(5)

Cristallochimica dei minerali

I minerali e le loro strutture cristalline

Parlando dello stato solido (stato d’aggregazione della materia in cui si trovano i minerali), abbiamo avuto modo di dire che esso è caratterizzato dall’esistenza di reticoli cristallini dati dalla distribuzione omogenea, periodica, discontinua, tridimensionale della materia che costituisce i minerali. Dal momento che ciascun minerale è caratterizzato da una propria composizione (rappresentata dalla sua formula chimica) appare evidente che la “materia” che si ripete in seno al reticolo cristallino di ciascun minerale è costituita dalle diverse specie di elementi che lo caratterizzano (ad es. per il salgemma – NaCl – il Sodio ed il Cloro).

Appare evidente che perché una impalcatura siffatta non “crolli” collassando su se stessa occorre che i vari elementi che costituiscono il minerale ed il suo reticolo siano vicendevolmente legati.

Tale legame è di natura chimica e dipende dai tipi di elementi che vengono ad interagire fra loro in seno al reticolo cristallino.

Senza voler invadere il campo della “chimica” che studia in dettaglio i diversi tipi di legame, la loro natura e le loro peculiarità

120

, per la comprensione degli argomenti che ci accingiamo a trattare, sarà utile effettuare qualche breve e semplificato richiamo.

La struttura dell’atomo: per i nostri fini sarà sufficiente ricordare che l’atomo, così chiamato perché inizialmente considerato l'unità più piccola ed indivisibile della materia, è la più piccola parte di ogni elemento esistente in natura che ne conserva le caratteristiche chimiche.

In particolare, l'atomo è composto da un nucleo carico positivamente e da un numero di elettroni, carichi negativamente, che gli ruotano attorno nei cosiddetti "gusci elettronici". Il nucleo è composto da protoni, che sono particelle cariche positivamente e da neutroni, che sono particelle prive di carica: protoni e neutroni sono detti nucleoni

121

.

Per identificare un atomo si definiscono due quantità:

1.

Il Numero di Massa (A) eguale alla somma del numero di neutroni e protoni

2.

Il Numero Atomico (Z) eguale al numero dei protoni, che, allo stato neutro, corrisponde al suo numero di elettroni.

Se ad un elettrone viene fornita una adeguata quantità di energia esso passa su un guscio elettronico libero più energetico – l’atomo passa ad uno stato eccitato.

Se ad un elettrone viene fornita una quantità di energia adeguata per allontanarlo dal suo guscio elettronico più esterno, l’atomo, privato di un suo elettrone assumerà una carica elettrostatica positiva e diverrà uno ione positivo (catione). L’energia necessaria per estrarre un elettrone dal guscio elettronico più esterno di un atomo si definisce come energia di ionizzazione di quell’atomo.

Se un elettrone viene acquisito da un atomo e collocato nel suo guscio elettronico più esterno, esso si lega all’atomo con una energia che viene chiamata affinità elettronica di quell’atomo. L’atomo, a cui è stato aggiunto un elettrone assumerà una carica elettrostatica negativa e diverrà uno ione negativo (anione).

Le forze che legano vicendevolmente gli atomi in una struttura cristallina sono di due tipi: forze elettrostatiche e forze di scambio.

Le forze elettrostatiche si realizzano quando due atomi diversi (A e B) caratterizzati l’uno da bassa energia di ionizzazione e da bassa affinità elettronica e l’altro da alta energia di ionizzazione e da

120 Lo studente è invitato a rivedere quanto appreso in proposito nel corso di chimica.

121 In proporzione, se il nucleo atomico fosse grande quanto una mela, gli elettroni gli ruoterebbero attorno ad una distanza pari a circa un chilometro; un nucleone ha massa quasi 1800 volte superiore a quella di un elettrone.

(6)

alta affinità elettronica interagendo fra loro si legano l’un l’altro attraverso un legame che viene detto legame ionico.

Il legame ionico ha natura elettrostatica e si correla alla forza d’attrazione che esiste fra uno ione positivo ed uno ione negativo

122

.

Le forze di scambio si realizzano quando due atomi eguali o diversi, caratterizzati da una parziale occupazione del livello energetico più elevato da parte degli elettroni, condividendo uno o più di detti elettroni danno luogo ad una configurazione stabile a minore energia. Questo tipo di legame viene detto legame covalente se interessa elementi non metallici, metallico se interessa elementi metallici.

Non esiste un limite netto fra legame covalente e legame ionico in quanto anche in quest’ultimo caso si ha una parziale condivisione di elettroni. Pauling nel 1932 introduce il concetto di elettronegatività

123

degli elementi e li colloca in una apposita scala che porta il suo nome.

Il legame prevalentemente ionico si realizza quando vi è una grande differenza di elettronegatività tra i componenti (il legame ionico è un legame tra ioni di segno opposto, esso si forma in presenza di atomi aventi differenza di elettronegatività superiore al limite convenzionale di 1,9: in queste condizioni, l'atomo più elettronegativo priva l'altro di un elettrone, il primo atomo diventa uno ione con carica negativa, il secondo uno ione con carica positiva).

Il legame covalente si realizza quando si ha la condivisione di una coppia di elettroni (detti coppia di legame) in un orbitale esterno che abbraccia due atomi con una differenza di elettronegatività inferiore o pari a 1,9. Ciò avviene perché gli atomi tendono ad assumere il livello energetico minore possibile per mantenere la stabilità della loro configurazione elettronica. Fra elementi non metallici e della stessa specie si realizza sempre un legame covalente che ha carattere direzionale.

Raggio Atomico: Se assimiliamo la forma geometrica dell’atomo ad una sfera, il raggio atomico è convenzionalmente la metà della distanza internucleare tra due atomi dello stesso elemento, legati in modo covalente. Esso si misura in picometri (pm: 1 pm = 1x10

−12

metri – il diametro di un atomo è compreso circa tra 30 e 600 pm) oppure in Angstrom (1 Å = 1x10

-10

metri).

Allorché un atomo, perdendo o assumendo uno o più elettroni diviene uno ione, rispettivamente positivo o negativo, esso muta la proprie dimensioni: assimilando ancora la sua forma geometrica ad una sfera, il raggio di detta sfera prende il nome di raggio ionico.

Figura 149

Possiamo intuire che per tutti i cationi (ioni positivi) avremo un numero di protoni maggiore del numero di elettroni e che pertanto detti elettroni saranno attratti maggiormente verso il nucleo di quanto non avvenga per l’atomo: ne consegue che tutti i cationi hanno raggio ionico inferiore al corrispondente raggio atomico. Al contrario per tutti gli anioni (ioni negativi) avremo un numero di protoni minore del numero di elettroni: questi ultimi saranno pertanto attratti verso il nucleo in misura minore di quanto avviene

122 La forza di attrazione (o di repulsione) fra coppie di ioni isolati è espressa dalla legge di Coulomb:

in cui, q1 e q2 sono le cariche degli ioni, r è la distanza fra di loro ed ε è una costante, detta costante dielettrica del mezzo. Nel vuoto, il termine 4πε vale circa 10-10 C2 N-1 m-2 (C, Coulomb; N, Newton). Se q1 e q2 sono di segno opposto F (di segno negativo) sarà una forza attrattiva; se q1 e q2 sono dello stesso segno F (di segno positivo) sarà una forza repulsiva.

123 L'elettronegatività è una misura relativa della capacità di un atomo di attrarre elettroni quando prende parte ad un legame chimico.

(7)

per l’atomo: ne consegue che tutti gli anioni hanno raggio ionico maggiore del corrispondente raggio atomico

124

(Figura 149).

Se, come detto, assimiliamo la forma di uno ione ad una sfera è importante a questo punto chiedersi cosa “fisicamente” può rappresentare detta sfera tenuto conto anche della struttura dell’atomo e delle proporzioni esistenti fra nucleo e nuvole elettroniche (cfr. nota n. 122).

Proviamo a rispondere al quesito che ci siamo posti.

Qualsiasi ione, essendo una particella elettrostaticamente carica, definisce un proprio intorno spaziale (campo) entro il quale è capace di far risentire le forze coulombiane che derivano dalla propria carica

125

. Se due ioni A

+

e B

, di segno opposto, si trovano collocati vicendevolmente in modo che i loro campi si intersechino essi si attrarranno reciprocamente (cfr. nota 124); tale attrazione, che produce l’avvicinamento reciproco dei due ioni, tuttavia, non si esplicherà indefinitamente sino a produrre la loro “sovrapposizione” reciproca, bensì produrrà il loro avvicinamento sino ad una distanza “D” alla quale la forza d’attrazione coulombiana legata alle cariche di segno opposto degli ioni considerati sarà bilanciata dalla forza di repulsione coulombiana che si genera dall’avvicinamento reciproco delle nuvole elettroniche (per entrambi gli ioni cariche negativamente) e dei rispettivi nuclei (per entrambi gli ioni carichi positivamente).

Figura 150

Tale distanza D è una distanza d’equilibrio attrattivo – repulsivo. Se assimiliamo la forma degli ioni (e dei relativi campi) a delle sfere, diremo che la distanza d’equilibrio attrattivo – repulsivo fra A

+

e B

è la somma dei raggi ionici di A

+

e di B

. Cioè: D = r

A

+ r

B

(dove r

A

= raggio ionico dello ione A

+

ed r

B

= raggio ionico dello ione B

– Figura 150).

Se pertanto fra due ioni A

+

e B

si instaura un legame (di tipo ionico) essi vengono fra loro a contatto in modo che le sfere che li rappresentano sono fra loro tangenti.

Per raggio ionico di uno ione pertanto intenderemo il raggio della superficie sferica su cui si equilibrano le forze attrattivo - repulsive operate dallo ione rispetto ad un altro di segno opposto.

Come raggio ionico di riferimento è stato assunto quello dello ione O

2–

eguale a 140 pm.

Mediante l’uso delle tecniche diffrattometriche a raggi X è possibile, risalendo alle strutture cristalline dei minerali, misurare con riferimento all’ossigeno i raggi ionici di tutti gli elementi.

Il raggio ionico di un elemento non cambia quando lo ione si lega ad anioni diversi

126

. Con riferimento al sistema periodico di Mendeleev si osserva che:

- gli elementi appartenenti allo stesso gruppo danno luogo a ioni il cui raggio ionico aumenta al crescere del numero atomico (Li

+

< Na

+

< K

+

< Rb

+

< Cs

+

);

- gli elementi appartenenti allo stesso periodo danno luogo a cationi il cui raggio ionico diminuisce al crescere del numero atomico (Na

+

< Mg

2+

< Al

3+

< Si

4+

);

124 I cationi approssimano la struttura elettronica del gas nobile che li precede nel sistema periodico di Mendeleev; gli anioni approssimano la struttura elettronica del gas nobile che li segue nel sistema periodico di Mendeleev.

125 Il campo elettrico generato da uno ione si diffonde uniformemente nello spazio attorno ad esso e pertanto ha forma sferica.

126 Questa affermazione porta a considerare gli ioni come delle sfere rigide. Ciò non è vero in relazione alle seguenti considerazioni:

1) il legame ionico puro non esiste;

2) la diversa elettronegatività degli elementi che si legano con legame prevalentemente ionico genera una deformazione nella geometria dei campi elettrostatici complessivamente generati dalla coppia di ioni che si legano:

tale geometria si discosterà dalla geometria delle sfere a contatto tanto più quanto più diminuisce la differenza di elettronegatività degli elementi coinvolti nel legame.

(8)

- gli ioni a diversa valenza che fanno riferimento allo stesso elemento (diverso stato di ossidazione) presentano raggi ionici decrescenti al crescere della loro valenza (stato di ossidazione) – Fe

2+

> Fe

3+

Le regole di Pauling.

L’assunzione teorica della geometria sferica invariante dei campi elettrostatici generati dagli ioni e la constatazione che nella stragrande maggioranza dei minerali il legame chimico intercorrente fra le diverse specie di elementi che lo costituiscono è un legame che può essere assunto quale prevalentemente ionico, sono strumenti estremamente utili per la comprensione delle modalità con cui i diversi costituenti si distribuiscono in modo ordinato, omogeneo, periodico e discontinuo nelle strutture cristalline.

In tale assunzione possiamo dire che alle strutture cristalline a legame ionico (prevalentemente ionico) si applicano le regole di Pauling che di seguito riportiamo e commentiamo.

Prima regola di Pauling:

In una struttura cristallina ionica stabile attorno ad ogni catione si forma un poliedro di coordinazione di anioni. Le distanze catione-anione sono dettate dalla somma dei raggi ionici mentre il numero di coordinazione dipende (è funzione) dal loro rapporto. La prima regola di Pauling sintetizza le relazioni geometriche che tendono a stabilirsi tra cationi e anioni in una struttura stabile, introducendo il concetto di raggio ionico

127

e di numero di coordinazione. Dato che del raggio ionico abbiamo già discusso vediamo cosa si intende per numero di coordinazione (N) di uno ione rispetto ad un altro di segno opposto.

Se consideriamo un catione inserito in un insieme infinito di anioni fra loro eguali, le forze elettrostatiche generate dal catione faranno si che esso tenderà a farsi circondare dal più alto numero possibile di anioni: potremo avere diverse possibilità:

1. il raggio ionico del catione è molto minore di quello dell’anione: il catione nel circondarsi di anioni non viene a contatto con alcuno di essi (Figura 151a);

2. il raggio ionico del catione è minore di quello dell’anione: il catione nel circondarsi di anioni viene a contatto con ognuno di essi e contemporaneamente gli anioni sono vicendevolmente a contatto (Figura 151b);

3. il raggio ionico del catione è minore di quello dell’anione: il catione nel circondarsi di anioni viene a contatto con ognuno di essi ma contemporaneamente gli anioni non sono vicendevolmente a contatto (Figura 151c)

128

a b c

127 Come si potrà facilmente ricavare dalle discussioni che seguiranno, nella prassi corrente si parla di coordinazione dei cationi con riferito all’anione O2– che è quello più comune nei minerali costituenti le rocce. È chiaro che se l’anione ha un raggio ionico significativamente diverso rispetto a quello dell’ O2– il suo numero di coordinazione sarà diverso.

Il numero di coordinazione viene di solito indicato fra parentesi quadre: es [6] = numero di coordinazione 6.

128 Non viene presa in considerazione la possibilità che il raggio ionico del catione sia maggiore di quello dell’anione in quanto non si realizza.

(9)

Figura 151c: schematizzazione su due dimensioni delle modalità che presenta un catione di disporsi in seno a degli anioni. Cerchio pieno = catione. Cerchio vuoto = anione.

Con riferimento alla figura 151, che esemplifica una distribuzione planare, se definiamo come numero di coordinazione il numero N di anioni che circonda il catione potremo dire che il catione ha, in tutti i casi esemplificati, numero di coordinazione eguale a 4. Poiché tuttavia la configurazione ottenibile è tanto più stabile quanto più essa approssima la condizione riportata al punto 2 sopra visto (Figura 151b), diremo che per numero di coordinazione di un catione A rispetto ad un anione B intenderemo il numero N di anioni B che circonda il catione in modo che la distanza fra il catione e l’anione sia eguale alla somma dei loro raggi ionici (D

1

= 2*(r

A

+ r

B

) ) e che la distanza fra due anioni contigui coordinanti il catione sia eguale al doppio del raggio ionico dell’anione (D

2

= 2*r

B

). Tale configurazione idealizzata è possibile per un numero limitato e definito di numeri di coordinazione che si realizzano per definiti e determinabili rapporti fra i raggi ionici del catione e dell’anione. I possibili numeri di coordinazione ed i valori dei rapporti fra i raggi ionici del catione e dell’anione che li determinano sono di seguito riportati.

N Tipo di coordinazione R = r

catione

/ r

anione

Schema della coordinazione

3 Triangolare

130

0,155

4 Tetraedrica 0,225

6 Ottaedrica

130

0,414

8 Antiprisma

129

quadrato 0,645

129 Un antiprisma è un poliedro le cui basi sono due poligoni regolari della stessa grandezza e con n lati, dette basi sono connesse da 2n triangoli equilateri. Ciascun triangolo connette due vertici di uno dei poligoni regolari con un vertice dell'altro.

I due poligoni regolari si collocano nella stessa posizione delle basi di un prisma retto. Nel nostro caso n = 4.

(10)

8 Esaedrica (cubica)

130

0,732

12 Cubo-ottaedrica

131

1,000

12 Prismatico – esagonale

centrato

132

1,236

Quelli sopra riportati sono i numeri di coordinazione più comuni che danno luogo, tranne per la coordinazione ad Antiprisma e Prismatico-esagonale, a poliedri di tipo regolare. Esistono tuttavia altri numeri di coordinazione (5, 7, 9, 10, 11) per i quali non si hanno poliedri di coordinazione di tipo regolare: la loro esistenza trova spiegazione nella non rigorosa natura ionica del legame e nella

“elasticità” di cui godono tutti i reticoli cristallini.

130 I valori di R possono essere ottenuti da più o meno semplici considerazioni geometriche. Si riportano di seguito quelle che conducono alla definizione di R per la coordinazione Triangolare, Ottaedrica e Esaedrica.

a

b

c

Figura 152. Nelle trattazioni che seguono Rc = raggio ionico del catione; Ra = raggio ionico dell’anione.

a) Coordinazione triangolare: Il catione si trova al centro di un triangolo equilatero che ha i lati eguali a 2Ra. Dal triangolo OBH si ricava BH = OB*cosOBH e sostituendo:

Ra = (Rc+Ra)*cos30° da cui Ra = (Rc+Ra)*√3/2; dividendo per Ra si ottiene:

1 = (Rc/Ra+1)*√3/2 da cui: Rc/Ra = (2-√3)/ √3 = 0,155.

b) Coordinazione ottaedrica: Il catione si trova al centro di un ottaedro che ha gli spigoli eguali a 2Ra e di cui una qualsiasi sezione equatoriale passante per il centro è un quadrato (ABCD), di lato eguale a 2Ra, al cui centro O è collocato il catione. Dal triangolo OBH si ricava BH = OB*cosOBH e sostituendo: Ra = (Rc+Ra)*cos45° da cui Ra = (Rc+Ra)*√2/2; dividendo per Ra si ottiene: 1 = (Rc/Ra+1)*1/√2 da cui:

Rc/Ra =√2 – 1 = 0,414.

c) Coordinazione esaedrica: Il catione si trova al centro di un cubo che ha gli spigoli eguali a 2Ra e di cui una qualsiasi sezione equatoriale passante per il centro è un rettangolo (ABCD), il cui lato minore è eguale allo spigolo del cubo (= 2Ra), il lato maggiore è uguale alla diagonale della faccia del cubo (=2Ra*√2) e la cui diagonale è eguale alla diagonale del cubo (= 2Ra*√3). Poiché la diagonale del cubo BD = 2(Rc+Ra) si ha: 2(Rc+Ra) = 2Ra*√3 da cui dividendo per 2Ra si ha Rc/Ra =√3 – 1 = 0,732.

131 Gli anioni si dispongono al centro degli spigoli di un cubo ed il catione al centro del cubo.

132 Il Prisma esagonale che definisce la coordinazione 12 è un prisma equilatero (tutti i suoi spigoli sono eguali a 2Ra.

(11)

Figura 153

Se consideriamo adesso un insieme infinito di cationi tutti eguali inserito in un insieme infinito di anioni anche essi tutti eguali, se per tutti i cationi si realizza quanto sopra descritto si ottiene una struttura stabile in cui ogni catione coordina lo stesso numero di anioni (Figura 153). È opportuno ricordare che stante la struttura intima degli ioni ed il significato fisico che abbiamo attribuito alle sfere che li rappresentano, dette sfere non vanno in alcun caso intese come “corpi pieni”: la materia risiede esclusivamente nei nuclei e negli elettroni. Questa considerazione consente di rappresentare in modo non compatto l’associazione degli ioni che si coordinano fra loro: rappresentando cioè gli ioni come dei punti materiali distanti fra loro di una lunghezza (lunghezza di legame) inversamente proporzionale alla forza colombiana che li lega. Tale modo di rappresentare le strutture le rende più facilmente ispezionabili e comprensibili e pertanto sarà di seguito adottato.

Seconda regola di Pauling. In una struttura ionica stabile la forza totale dei legami di valenza che raggiunge un catione da parte di tutti gli anioni coordinati è uguale alla carica del catione; ed analogamente: in una struttura ionica stabile la forza totale dei legami di valenza che raggiunge un anione da parte di tutti gli cationi coordinati è uguale alla carica dell’anione. Con questa regola viene analizzato il bilancio elettrostatico che si realizza in una struttura stabile. Dalla seconda legge di Pauling si desume che ogni catione ripartisce la propria carica elettrostatica (eguale al proprio stato di valenza) fra tutti gli anioni che lo coordinano: se il poliedro di coordinazione è un poliedro regolare tale ripartizione avviene in modo eguale fra tutti gli anioni che lo coordinano. In modo analogo ogni anione ripartirà le proprie cariche fra tutti i cationi che coordina: tale ripartizione avverrà in parti eguali fra i diversi cationi coordinati se essi posseggono lo stesso numero di coordinazione, in parti diverse se presentano numero di coordinazione diverso.

Quanto detto viene esemplificato nella Figura 154 in cui viene rappresentata la cella elementare del salgemma (NaCl) – cfr Fig. 7. Stante le dimensioni dei raggi ionici Na

+

assume numero di coordinazione 6 rispetto a Cl

e parimenti Cl

rispetto a Na

+

. Nella figura 154 per lo ione Na

+

indicato con il numero 1 è indicato il poliedro di coordinazione ottaedrica che gli compete.

Figura 154

Lo ione Na

+

ripartirà la sua unica carica ai 6 anioni Cl

che lo circondano in ragione di 1/6 per ciascuno di loro (6*1/6 = 1). In modo analogo ogni anione Cl

coordinerà 6 cationi Na

+

(1, 2, 3, 4, 5, 6 in figura 154) e ripartirà fra essi la sua unica carica in ragione di 1/6 ciascuno (6*1/6 = 1). Ne consegue che ogni vertice di ciascun poliedro di coordinazione è comune a 6 poliedri di coordinazione dello stesso tipo (ad es. il vertice indicato con la lettera A in figura 154 è comune ai due poliedri disegnati relativi ai cationi 1 e 6 ed a quelli, non disegnati, relativi ai cationi 2, 3, 4, 5.

Quanto detto ci rende conto della necessaria estensione infinita di una struttura cristallina ideale. Ciò può essere sempre assunto se consideriamo le dimensioni degli ioni in rapporto alle dimensioni di un cristallo ancorché molto piccolo (se ricordiamo che il raggio ionico di uno ione è dell’ordine del pm – 1 pm = 10

–12

m – in uno spazio lineare di 1 µ ( 1 µ = 10

–6

m) si susseguono circa 10

6

ioni).

In modo analogo quanto detto ci rende conto del fatto che sulle superfici fisiche che delimitano i

minerali risiedono le cariche elettrostatiche non saturate a causa della sua dimensione finita. Alla

presenza di queste cariche è legata la maggiore o minore alterabilità dei minerali.

(12)

Una ulteriore considerazione da fare attiene al concetto di molecola: in qualsiasi sostanza allo stato solido cristallino la molecola esprime esclusivamente i rapporti stechiometrici che intercorrono fra i diversi elementi che la compongono e conseguentemente ne è esclusiva rappresentazione della composizione. Pertanto in qualsiasi sostanza allo stato solido cristallino alla molecola non corrisponde alcuna entità che abbia realtà fisica – in seno al minerale la molecola non esiste in quanto in seno al reticolo cristallino non esiste alcuna realtà fisica ad essa corrispondente.

Terza regola di Pauling. In una struttura ionica stabile la condivisione di spigoli e di facce tra poliedri di coordinazione dello stesso tipo ne diminuisce la stabilità. Questo effetto si accentua per cationi ad alta valenza (carica elettrostatica) e basso numero di coordinazione. Con questa regola vengono analizzate, da un punto di vista qualitativo, le relazioni che, in una struttura stabile, possono realizzarsi fra i diversi poliedri di coordinazione.

Possiamo facilmente comprendere che in una struttura cristallina, infinitamente estesa, i poliedri di coordinazione si giustappongono l’un l’altro all’infinito condividendo fra loro alcuni elementi:

vertici, spigoli o facce. Così come, definendo il raggio ionico abbiamo parlato di distanze d’equilibrio elettrostatico fra ioni di segno opposto, in modo analogo possiamo porci la domanda di quale sarà il modo di vicendevolmente disporsi dei poliedri in modo che l’intera struttura risulti in equilibrio elettrostatico.

È evidente che la massima distanza fra gli elementi omologhi di due poliedri si realizza allorché essi condividono due dei loro vertici: tale distanza diminuisce se essi condividono due dei loro spigoli e diviene minima allorché condividono due delle loro facce.

a b c

Figura 155. esempio di condivisione di elementi fra poliedri tetraedrici.

a) la condivisione di un vertice pone alla massima distanza gli elementi omologhi (cfr. distanza fra i cationi).

b) la condivisione di uno spigolo diminuisce la distanza fra elementi omologhi (cfr. distanza fra i cationi).

c) la condivisione di una faccia rende minima la distanza fra elementi omologhi (cfr. distanza fra i cationi).

La Figura 155 rende evidente quanto detto con riferimento a poliedri di tipo tetraedrico (numero di coordinazione N = 4).

Il progressivo avvicinarsi dei cationi al procedere della condivisione da parte di due poliedri di coordinazione di un vertice, uno spigolo o una faccia fa sì che crescano le forze repulsive fra i suddetti cationi: ciò, a parità di altre condizioni, rende vieppiù instabile la struttura.

Quarta regola di Pauling. In una struttura ionica stabile contenente differenti cationi, quelli con alta valenza e basso numero di coordinazione tendono a non condividere fra loro alcun elemento.

Quanto espresso è un ovvio corollario della terza regola di Pauling. Riconsiderando infatti la Figura 155 e quanto riportato nella nota 123, possiamo osservare che al crescere della valenza cresce, ovviamente, la carica elettrostatica q dello ione e conseguentemente la forza di repulsione verso uno ione eguale il cui campo interagisce col proprio.

Un esempio emblematico di quanto detto viene offerto dai carbonati e dai silicati.

(13)

Nei carbonati il catione C

4+

coordina 3 anioni O

2–

(coordinazione triangolare): tali poliedri

133

non condividono mai fra loro alcuno dei loro elementi.

Nei silicati il catione Si

4+

coordina 4 anioni O

2–

(coordinazione tetraedrica): tali poliedri tendono a non condividere alcun loro elemento e in relazione all’eccesso di Si

4+

nell’ambiente in cui si formano i silicati la condivisione di elementi fra due tetraedri contigui è limitata esclusivamente ad un vertice (di ciò avremo modo di parlare in seguito a proposito della classificazione strutturale dei silicati.

Quinta regola di Pauling. In una struttura ionica stabile contenente differenti cationi il numero di quelli essenzialmente differenti tende a essere piccolo. Questa regola è anche nota come “principio della parsimonia”. Per comprendere la portata della quinta regola di Pauling occorre acquisire correttamente il concetto di “ioni essenzialmente differenti”: due ioni si dicono essenzialmente differenti quando essi occupano posizioni strutturali non equivalenti cioè quando o hanno numero di coordinazione diverso oppure quando, a parità di numero di coordinazione, hanno poliedri di coordinazione diversi.

La quinta regola di Pauling pertanto ci dice che se si considera la struttura cristallina di un qualsiasi minerale in essa, in relazione al modo di disporsi degli anioni in presenza dei cationi, si determinano una serie di “siti strutturali cationici a diverso numero di coordinazione”: il numero complessivo di detti siti è infinito, il numero dei loro tipi è limitato a poche unità. Un esempio valga per tutti: se prendiamo in considerazione la Muscovite, di cui si è già detto, essa ha la seguente composizione KAl

2

(OH)

2

[AlSi

3

O

10

]

134

. La disposizione degli anioni O

2–

e (OH)

in presenza dei cationi K

+

, Al

3+

, Si

4+

, individua esclusivamente i seguenti 3 tipi di siti strutturali:

- sito W a coordinazione [12] (coordinazione prismatico-esagonale centrata), - sito Y a coordinazione [6] (coordinazione ottaedrica),

- sito Z a coordinazione [4] (coordinazione tetraedrica).

133 Per la coordinazione triangolare il termine “poliedro” è usato impropriamente dal momento che il “triangolo” è una figura piana e non un solido.

134 Vedremo in seguito il significato dell’uso delle parentesi quadre nelle formule dei minerali.

(14)

Isomorfismo

Quanto detto a proposito

- del legame prevalentemente ionico caratterizzante la stragrande maggioranza dei minerali, - dei raggi ionici,

- del numero e dei poliedri di coordinazione, - delle regole di Pauling,

ci consente di visualizzare le strutture dei minerali come un impacchettamento di sfere anioniche che determinano nei loro interstizi, più o meno ampi, dei “siti strutturali cationici a diverso numero di coordinazione”. Entro tali siti troveranno collocazione “ioni non essenzialmente differenti” cioè capaci di allocarsi in essi mantenendo stabile la struttura cristallina. In una tale visione la struttura cristallina sarà stabile:

a) se le cariche anioniche vengono completamente saturate dalle cariche cationiche in accordo con quanto sancito dalla seconda regola di Pauling;

b) se i cationi che occupano i diversi siti strutturali obbediscono alla prima regola di Pauling, c) se le tipologie di cationi che occupano i diversi siti strutturali hanno carica e numero di

coordinazione coerenti con quanto sancito dalla terza e quarta regola di Pauling.

Le condizioni a), b) e c) devono essere soddisfatte contemporaneamente.

Quanto sopra introduce i fondamenti del concetto basilare della cristallochimica dei minerali: “la vicarianza fra gli ioni”

Due o più cationi

135

si dicono fra loro vicarianti quando hanno lo stesso numero di coordinazione [N] e raggio ionico “simile”

136

. Allorché due o più ioni sono fra loro vicarianti possono dar luogo al fenomeno della vicarianza.

La vicarianza è quel fenomeno per cui, due o più ioni, fra loro vicarianti, si possono sostituire l’un l’altro in seno ad una struttura cristallina, senza che questa subisca modificazioni che ne compromettano la stabilità. La vicarianza fra due ioni in un determinato sito strutturale, a parità di tolleranza dei loro raggi ionici, è tanto più facile quanto più sono prossime fra loro le rispettive valenze (cariche elettrostatiche).

Nella tabella 3, con riferimento all’anione O

2–

, che rappresenta l’anione presente nella stragrande maggioranza dei minerali costituenti le rocce, vengono elencati, per i numeri di coordinazione più comuni, i cationi che più frequentemente possono vicariarsi nei rispettivi siti strutturali cationici;

per detti cationi viene anche indicato il relativo raggio ionico

137

.

Considerato quanto sinora discusso possiamo dire che una struttura cristallina (data da una distribuzione omogenea periodica e discontinua di anioni che, in relazione alla tipologia della distribuzione, individua dei siti strutturali cationici, pur essi distribuiti in modo omogeneo periodico e discontinuo) sarà stabile indipendentemente dalle specie cationiche che si collocano nei siti

135 La vicarianza fra gli ioni benché si manifesti in larghissima misura fra i cationi, ha luogo anche fra gli anioni ad esempio fra: O2–, (OH), Cl, F; tale vicarianza si esplica se i due anioni hanno raggio ionico molto simile e carica eguale o diversa per non più di una unità.

136 I raggi ionici di ioni fra loro vicarianti sono “simili” se essi non eccedono, di norma, il 15 – 20% del valore del raggio ionico dello ione tipo compatibile per quella coordinazione (Rc = Rt ± (0,15 – 0,20)*Rt). Il raggio ionico dello ione tipo compatibile per una data coordinazione si ottiene moltiplicando il raggio ionico dell’anione per il rapporto dei raggi ionici che caratterizza quella coordinazione: ad esempio per la coordinazione ottaedrica – [6] – rispetto all’anione O2– il raggio ionico dello ione tipo è: Rt = RO2 * 0,414 = 1.40 * 0,414 = 0.580 (il valore di 0.414 caratterizza il rapporto dei raggi ionici fra catione ed anione per la coordinazione ottaedrica – cfr pag. 132).

137 Raggi ionici da Ahrens (1952)

(15)

cationici, purché detti cationi siano, per ciascun sito, fra loro vicarianti e venga rispettato l’equilibrio elettrostatico della struttura (seconda regola di Pauling).

Possiamo ancora dire che la struttura cristallina di qualsivoglia sostanza allo stato solido può essere descritta da una formula (formula strutturale) che, con riferimento all’anione (o agli anioni) che la determina, mette in evidenza la natura dei siti strutturali in essa presenti, ed i loro rapporti.

Se, analogamente a quanto sopra detto per la Muscovite ( KAl

2

(OH)

2

[AlSi

3

O

10

] ), consideriamo la forsterite (Mg

2

[SiO

4

]) potremo osservare che la sua struttura cristallina, determinata dalla distribuzione degli anioni O

2–

, prevede l’esistenza di siti cationici ottaedrici (siti Y a numero di coordinazione [6] ) e tetraedrici (siti Z a numero di coordinazione [4] ) con rapporto reciproco del tipo Y : Z = 2 : 1. La sua formula strutturale può essere così scritta: Y

2

ZO

4

. Tale ragionamento può essere svolto per qualsivoglia minerale e in generale per qualsivoglia sostanza allo stato solido cristallino caratterizzata da legami prevalentemente ionici.

Tabella 3

[N] Coordinazione Raggio ionico del catione tipo Catione Raggio ionico

[3] Triangolare 1.400*0,155 = 0,217 C

4+

0,16

Si

4+

0,42

P

5+

0,35

P

3+

0,44

[4] Tetraedrica 1.400*0,225 = 0,315

Al

3+

0,51

Al

3+

0,51

Fe

2+

0,74

Fe

3+

0,64

Mg

2+

0,66

Ti

4+

0,68

[6] Ottaedrica 1.400*0,414 = 0,580

Mn

2+

0,80

Mn

2+

0,80

Na

+

0,97

[8]

Antiprisma Esaedrica

1.400*0,645 = 0,90

1.400*0,732 = 1,025 Ca

2+

0,99

K

+

1,33

Ba

2+

1,34

Rb

+

1,48

K

+

1,33

[12]

Cubo-ottaedrica Prismatico-esagonale

1.400*1.000 = 1,400 1.400*1,236= 1,734

Cs

+

1,69

Quanto detto è il presupposto di base per comprendere i fondamenti della miscibilità allo stato solido, dell’esistenza delle miscele isomorfe e pertanto l’isomorfismo.

Per ben comprendere i concetti di miscibilità allo stato solido e di miscela isomorfa è utile richiamare il concetto di miscela.

Diciamo che due o più sostanze (composti o elementi) danno luogo ad una “miscela” quanto

ciascuna di esse è intimamente connessa all’altra in modo tale che non è immaginabile di potere

(16)

individuare delle superfici fisiche idonee a separarle; viceversa se tali superfici esistono diremo che siamo in presenza di un miscuglio. I seguenti esempi sono utili a chiarire il concetto: acqua ed alcool sono due sostanze (liquidi) che se intimamente connesse danno luogo ad una terza sostanza (liquida) a composizione intermedia

138

fra le due e tale che in nessuna sua parte è più possibile distinguere fisicamente l’acqua dall’alcool: siamo in presenza di una miscela fra liquidi. Ossigeno ed azoto sono due sostanze (gassose) che se intimamente connesse danno luogo ad una terza sostanza (gassosa) tale che in nessuna sua parte è più possibile fisicamente distinguere

139

l’ossigeno dall’azoto: siamo in presenza di una miscela fra sostanze gassose. Olio ed acqua sono due sostanze che ancorché intimamente connesse danno luogo ad un sistema costituito da goccioline di acqua mescolate a goccioline di olio (emulsione): in tale sistema l’olio è sempre distinguibile e separabile attraverso superfici fisiche (le superfici delle goccioline) dall’acqua: siamo in presenza di un miscuglio fra liquidi.

Sono elementi notevoli per una miscela il suo stato d’aggregazione ed i suoi componenti.

Le miscele comuni con cui quotidianamente ci confrontiamo sono allo stato liquido o allo stato gassoso e coinvolgono vicendevolmente componenti che in condizioni ambientali si trovano sia allo stato liquido che allo stato gassoso. Come stiamo per vedere esistono in natura anche miscele allo stato solido.

Riprendendo adesso quanto già affermato in merito alla stabilità delle struttura cristalline indipendentemente dalle specie cationiche che si collocano nei loro siti cationici, possiamo osservare che data una struttura cristallina, che prevede l’esistenza di determinati siti cationici, nel rispetto delle regole di Pauling, potranno esistere allo stato cristallino tutte quelle sostanze in cui i siti cationici sono occupati da specifici cationi compatibili con quel sito.

Se riconsideriamo a questo punto la forsterite (Mg

2

[SiO

4

]) e la sua formula strutturale Y

2

ZO

4

(dove Z rappresenta un sito cationico a numero di coordinazione [4] e Y un sito cationico a numero di coordinazione [6]), visto che il catione Fe

2+

presenta anch’esso coordinazione ottaedrica (numero di coordinazione [6] – cfr. Tabella 3), potremo pensare che, allo stato solido cristallino, possa esistere anche un termine la cui composizione sia Fe

2

[SiO

4

] e che tale termine presenti la medesima struttura della forsterite salvo che nei siti ottaedrici invece del catione Mg

2+

è presente il catione Fe

2+

(tale termine esiste ed è la fayalite).

Se proseguiamo in questo ragionamento possiamo ancora pensare che possano esistere allo stato cristallino anche altre sostanze, la cui formula strutturale sia ancora Y

2

ZO

4

, in cui la posizione strutturale Y (a coordinazione ottaedrica) risulti occupata in parte dal catione Mg

2+

e per la restante parte

140

dal catione Fe

2+

(ad esempio per il 90% dal catione Mg

2+

e per il restante 10% dal catione Fe

2+

)

141

. Se guardiamo con attenzione alle conseguenze di quanto appena detto possiamo rilevare che una siffatta sostanza allo stato solido cristallino è caratterizzata da:

- una distribuzione ordinata e costante degli anioni,

- una distribuzione ordinata e costante dei cationi Si

4+

nei siti cationici Z (posizioni tetraedriche a numero di coordinazione [4]),

138 La composizione della miscela è funzione delle rispettive quantità dei componenti miscelati.

139 Considerata la natura gassosa dei componenti la miscela quest’ultima sarà data da una distribuzione statisticamente omogenea dei suoi componenti.

140 Lo studente noti che una tale sostanza può esistere allo stato cristallino in quanto rispetta le regole di Pauling.

141 Tali sostanze esistono in natura e danno luogo ai minerali noti sotto la denominazione generica di Olivine.

(17)

- una distribuzione ordinata, costante e statisticamente omogenea dei cationi Mg

2+

e Fe

2+

nei siti cationici Y (posizioni ottaedriche a numero di coordinazione [6]).

In una siffatta situazione, nel solido cristallino ottenuto non esiste alcuna porzione in cui sia possibile isolare, mediante superfici fisiche, parti a specifica composizione forsteritica o fayalitica

142

. Tale distribuzione della materia è identica a quella che si realizza nelle miscele allo stato liquido o allo stato gassoso fra due componenti fra loro miscibili.

In considerazione di quanto detto potremo affermare che il comportamento delle due sostanze allo stato solido (nell’esempio trattato Forsterite – Mg

2

[SiO

4

] – e – Fayalite Fe

2

[SiO

4

] –) ricalca quello di sostanze allo stato liquido (acqua ed alcool) o allo stato gassoso (ossigeno ed azoto) che, completamente miscibili fra loro, danno luogo a miscele di liquidi o a miscele di gas.

Concludiamo quindi che le due sostanze (Forsterite – Mg

2

[SiO

4

] – e Fayalite – Fe

2

[SiO

4

] – nell’esempio trattato) sono miscibili allo stato solido e, come tali, rappresentano due componenti

143

che possono dare luogo ad un numero infinito di sostanze che, allo stato solido, presentano composizioni intermedie fra quelle proprie dei componenti che le generano. Tali miscele sono dette soluzioni solide o miscele isomorfe

144

.

La formula generica di una miscela isomorfa viene scritta indicando, per ciascun sito cationico strutturale, fra parentesi tonda e separati da una virgola gli elementi che con la loro vicarianza determinano l’esistenza della miscela stessa : es. (Mg, Fe)

2

[SiO

4

].

Definizione: due o più sostanze possono, allo stato solido, dar luogo a miscele isomorfe

145

quando esse presentano contemporaneamente le seguenti caratteristiche:

- analogia di struttura cristallina – descrivibile dalla stessa formula strutturale;

- cationi fra loro vicarianti nei siti cationici eguali;

Se, a seguito del contemporaneo verificarsi delle sopra viste condizioni, le due o più sostanze danno realmente luogo a miscele allo stato solido, diremo che esse sono fra loro miscibili allo stato solido e potranno produrre miscele isomorfe (cristalli misti).

Definizione: l’isomorfismo è quel fenomeno per cui due o più sostanze, caratterizzate, allo stato solido da analogia di struttura cristallina e, dal punto di vista compositivo, dalla presenza di ioni fra loro vicarianti

146

, possono dar luogo a miscele allo stato solido (miscele isomorfe – cristalli misti).

L’isomorfismo (miscibilità allo stato solido) fra due o più sostanze può realizzarsi sia in tutti i possibili rapporti reciproci fra i componenti che in rapporti reciproci limitati: nel primo caso parleremo di miscibilità totale (o in tutti i rapporti) nel secondo caso di miscibilità parziale ( o

142 Ciò è dovuto alla distribuzione statisticamente omogenea dei cationi Mg2+

e Fe2+

nei siti cationici Y.

143 I componenti che danno luogo alle miscele isomorfe vengono chiamati termini estremi delle miscele o componenti puri.

144 Lo studente non faccia confusione fra miscele isomorfe e sali doppi. Nelle miscele isomorfe due (o più) ioni diversi e fra loro vicarianti occupano in modo statisticamente omogeneo posizioni strutturali eguali (es.: (Mg, Fe)2[SiO4]);

nei sali doppi due ioni diversi e fra loro non vicarianti occupano in modo fisicamente omogeneo posizioni strutturali non equivalenti (es.: CaMg[CO3] 2 .

145 Le espressioni Miscele isomorfe, Soluzioni solide, Cristalli misti sono fra loro equivalenti in quanto descrittive del medesimo fenomeno.

146 Gli elementi che danno luogo a ioni fra loro vicarianti vengono anche detti “elementi isomorfogeni”.

(18)

limitata – in rapporti limitati)

147

. In quest’ultimo caso diremo che la miscibilità fra i componenti le diverse miscele isomorfe presenta una lacuna detta “lacuna di miscibilità”.

Tutte le miscele isomorfe fra due o più componenti hanno composizione compresa fra quelle relative ai propri componenti: tale composizione può essere espressa dalle percentuali con cui ciascun componente concorre alla miscela. Ad esempio se la sostanza M è data dalla miscela dei componenti A, B e C che concorrono ad essa A per il 20%, B per il 50% e C per il 30%, potremo esprimere quanto detto mediante la scrittura M = A

0,2

B

0,5

C

0,3

. (Si noti che la somma delle percentuali con cui ciascun componente concorre alla composizione della miscela deve essere eguale a 100).

Se è nota la composizione di una miscela isomorfa espressa in termine dei propri componenti essa può essere anche espressa mediante una formula che metta in evidenza i rapporti reciproci (le percentuali) con cui ciascun catione vicariante concorre al riempimento dei corrispondenti siti cationici: es. (Mg

0,8

, Fe

0,2

)

2

[SiO

4

] indicherà la composizione di una olivina in cui la componente forsteritica è presente per l’80% mentre quella fayalitica lo è per il restante 20% – lo studente noti che 0,2 + 0,8 = 1)

148

.

A ciascuna delle infinite miscele isomorfe ottenibili fra due o più componenti, corrispondono proprietà fisiche intermedie fra quelle caratterizzanti i termini estremi che generano la miscela. La variazione di tali proprietà è di tipo continuo. Fra queste proprietà fisiche, il comportamento alla cristallizzazione (o alla fusione), mostrato dalle miscele isomorfe, assume particolare importanza, anche per le implicazioni di tipo petrologico ad esso connesse.

La miscibilità allo stato solido è un fenomeno ampiamente diffuso nel mondo dei minerali – potremmo dire che raramente si incontrano minerali che non siano il prodotto della miscibilità fra due o più componenti fra loro isomorfi e che pertanto non siano delle miscele isomorfe.

I tipi di isomorfismo.

Acquisito il concetto di isomorfismo, possiamo rilevare che la vicarianza, indispensabile perché il fenomeno abbia luogo, può avvenire coinvolgendo diverse tipologie di ioni (ioni a valenza diversa) e diverse tipologie di siti strutturali (posizioni cationiche a diverso numero di coordinazione). In relazione a ciò vengono distinti quattro specie di isomorfismo.

Isomorfismo di 1

a

specie.

Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 1

a

specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con eguale valenza nel medesimo sito strutturale. Il caso delle Olivine già visto in precedenza è un esempio emblematico.

Nelle Olivine infatti abbiamo:

Componenti Formula strutturale

149

Composizione Ioni vicarianti Siti strutturali di vicarianza

Forsterite Y

2

ZO

4

Mg

2

[SiO

4

] Mg

2+

Y

147 Lo studente faccia caso al fatto che sia nel caso che la miscibilità fra due o più componenti sia totale o che essa sia parziale il numero delle possibili miscele è infinito.

148 Se non diversamente specificato, i pedici sotto l’indicazione dei cationi vicarianti, fanno normalmente riferimento alle frazioni molari del corrispondente termine puro (componente).

149 Viene di seguito adottato il seguente simbolismo:

- Z = sito cationico a numero di coordinazione 4 (coordinazione tetraedrica);

- Y = sito cationico a numero di coordinazione 6 (coordinazione ottaedrica);

- X = sito cationico a numero di coordinazione 8 (esaedrica o ad antiprisma quadrato);

- W = sito cationico a numero di coordinazione 12 (cubo-ottaedrica o prismatico esagonale);

(19)

Fayalite Y

2

ZO

4

Fe

2

[SiO

4

] Fe

2+

Y

Si noti come, ovviamente, la vicarianza Mg

2+

↔ Fe

2+

assicuri la neutralità elettrostatica della miscela isomorfa. La composizione di una generica Olivina sarà: (Mg, Fe)

2

[SiO

4

].

Isomorfismo di 2

a

specie.

Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 2

a

specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con differente valenza nel medesimo sito strutturale; tale vicarianza impone, per garantire la neutralità elettrostatica della miscela una ulteriore vicarianza dello stesso tipo in un differente sito strutturale.

Un esempio di isomorfismo di 2

a

specie ci viene offerto dai Plagioclasi (miscele isomorfe fra i componenti Albite ed Anortite).

Nei Plagioclasi infatti abbiamo:

Componenti Formula strutturale Composizione Ioni vicarianti Siti strutturali di vicarianza

Albite W[Z

4

O

8

] Na[AlSi

3

O

8

] Na

+

, Si

4+

W e Z

Anortite W[Z

4

O

8

] Ca[Al

2

Si

2

O

8

] Ca

2+

, Al

3+

W e Z

Si noti che Na

+

e Ca

2+

sono fra loro vicarianti in quanto hanno raggio ionico molto simile (cfr.

Tabella 3) e parimenti che se tale vicarianza avvenisse in modo esclusivo la struttura della miscela non sarebbe elettrostaticamente neutra (per ogni frazione di Na

+

vicariata da Ca

2+

si ha una eguale frazione di carica positiva non saturata; viceversa per ogni frazione di Ca

2+

vicariata da Na

+

si ha una eguale frazione di carica negativa non saturata). Ciò impone che per garantire la neutralità elettrostatica della struttura si abbia, in altro sito, una vicarianza che, coinvolgendo ancora una volta cationi a diversa valenza (carica), riesca a neutralizzare elettrostaticamente la struttura.

Possiamo notare che nei siti strutturali Z nell’albite trovano allocazione ioni Al

3+

e Si

4+

in rapporto 1 : 3, mentre nell’anortite nei siti strutturali Z trovano allocazione ioni Al

3+

e Si

4+

in rapporto 2 : 2.

Per bilanciare il disequilibrio elettrostatico che si realizza con la vicarianza Na

+

↔ Ca

2+

nel sito strutturale W, occorre che in uno dei siti strutturali Z si realizzi la vicarianza Si

4+

↔ Al

3+

. In altre parole il processo di vicarianza coinvolgerà contemporaneamente due distinti siti strutturali (W e Z) e due coppie di ioni (Na

+

e Si

4+

da una parte e Ca

2+

e Al

3+

dall’altra). Si noti come la doppia vicarianza (Na

+

e Si

4+

) ↔ (Ca

2+

e Al

3+

), che avviene per eguali frazioni, garantisca la neutralità elettrostatica della struttura.

La composizione di un generico Plagioclasio sarà: (Na

x

, Ca

1-x

)[Al(Si

x

, Al

1-x

)Si

2

O

8

].

Isomorfismo di 3

a

specie.

Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 3

a

specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con differente valenza nel medesimo sito strutturale e, per garantire la neutralità elettrostatica della miscela, si realizza una parallela vicarianza anionica fra anioni a valenza diversa.

Un esempio di isomorfismo di 3

a

specie ci viene offerto dalle miscele isomorfe fra orneblende e orneblende ossidate (ossi-orneblende).

Semplificando la composizione di tali minerali si ha:

Componenti Formula strutturale Composizione

150

Ioni

vicarianti

Siti strutturali di

150 Il simbolo □ indica che la corrispondente posizione strutturale (in questo caso la posizione W) è vuota.

(20)

vicarianza orneblende WX

2

Y

5

(OH)

2

[Z

8

O

22

] □Ca

2

(Mg, Fe

2+

)

5

(OH)

2

[Si

8

O

22

] Fe

2+

Y e (OH)

Ossi-

orneblenda WX

2

Y

5

(OH)

2

[Z

8

O

22

] □Ca

2

(Mg, Fe

2+

)

4

Fe

3+

(OH)O

[Si

8

O

22

] Fe

3+

Y e O

2–

Si noti che il processo di ossidazione del Ferro trasforma lo ione Fe

2+

in Fe

3+

mediante la “perdita”

di un elettrone nel suo orbitale di valenza: tale processo provoca un disequilibrio elettrostatico nel reticolo cristallino che difetta di una carica negativa. Di converso la “perdita” di un protone trasforma (OH)

in O

2–

, generando un disequilibrio elettrostatico nel reticolo cristallino che denuncia l’eccesso di una carica negativa. La coniugazione bilanciata dei due fenomeni (ossidazione del ferro e riduzione dell’(OH) ) mantiene neutro il reticolo cristallino. In quest’ottica i processi di ossidazione più o meno estesi osservabili nelle orneblende, ed in generale nei minerali ossidrilati, possono essere visti quali il risultato della miscibilità fra termini estremi non ossidati o massimamente ossidati

151

. Si noti come la doppia vicarianza (Fe

2+

e (OH)

) ↔ (Fe

3+

e O

2–

), che avviene per eguali frazioni, garantisca la neutralità elettrostatica della struttura.

La composizione di una generica orneblenda ossidata sarà:

□Ca

2

(Mg, Fe

2+

)

5-x

Fe

3+x

(OH)

2-x

[Si

8

O

22+x

] con 0 ≤ x ≤ 2

Isomorfismo di 4

a

specie.

Diremo che siamo in presenza di isomorfismo di 4

a

specie quando esso si realizza con la miscibilità fra componenti che presentano vicarianza di cationi con differente valenza nel medesimo sito strutturale e, per garantire la neutralità elettrostatica della miscela, prevedono il parallelo riempimento (svuotamento) di altre posizioni strutturali (per questo motivo l’isomorfismo di 4

°

specie viene anche detto “interstiziale”).

Le orneblende ci offrono ancora esempi di tale tipo di isomorfismo e semplificandone ancora la composizione si ha:

Componenti Formula strutturale Composizione

152

Ioni

vicarianti

Siti di vicarianza orneblende WX

2

Y

5

(OH)

2

[Z

8

O

22

] □Ca

2

(Mg, Fe

2+

)

5

(OH)

2

[Si

8

O

22

] Ca

2+

□ Y e W

Na-

orneblenda WX

2

Y

5

(OH)

2

[Z

8

O

22

] NaNaCa(Mg, Fe

2+

)

5

(OH)

2

[Si

8

O

22

] Na

+

Na

+

Y e W Si noti come nell’orneblenda i due siti strutturali X siano occupati entrambi da Ca

2+

, mentre il sito strutturale W è vuoto; nella Na–orneblenda invece i due siti strutturali X sono occupati da Ca

2+

e da Na

+

, e anche il sito strutturale W è occupato da Na

+

. Le vicarianze che si realizzano possono essere pertanto schematizzate nel modo seguente: Na

+

Na

+

↔ □ Ca

2+

. Si noti come la doppia vicarianza (Na

+

e Na

+

) ↔ (□ e Ca

2+

), che avviene per eguali frazioni, garantisca la neutralità elettrostatica della struttura.

La composizione di una generica miscela fra i suddetti termini sarà:

151 Si noti che il massimo grado di ossidazione possibile comporta la totale trasformazioni in O degli (OH): nel caso delle orneblende non potranno ossidarsi più di due ioni Fe2+ per unità di formula. Processi di ossidazione più spinta provocano l’instabilità del reticolo cristallino ed il suo collasso con formazione di prodotti di trasformazione.

152 Il simbolo □ indica che la corrispondente posizione strutturale (in questo caso la posizione W) è vuota.

(21)

Na

x

Na

x

Ca

2-x

(Mg, Fe

2+

)

5

(OH)

2

[Si

8

O

22

]

Quanto detto sinora ci fa rendere conto di come il giuoco delle vicarianze può rendere anche notevolmente complessa la composizione di un minerale, ma ci fa parimenti rendere conto del fatto che se conosciamo la natura dei siti strutturali presenti nella sua struttura cristallina e l’insieme degli ioni che in detti siti possono vicariarsi (elementi isomorfogeni), potremo sempre prevedere tutte le possibili composizioni che una data specie minerale può assumere.

Caratteristiche generali della cristallizzazione delle miscele isomorfe.

Per iniziare a trattare delle caratteristiche generali della cristallizzazione delle miscele isomorfe ritengo utile richiamare alcuni concetti basilari.

Il processo di cristallizzazione di una sostanza è una trasformazione fisica

153

che coinvolge il cambiamento di stato (stato d’aggregazione della materia) della sostanza che passa dallo stato liquido allo stato solido. Il cambiamento inverso è detto processo di fusione.

Come ogni cambiamento di stato esso è governato dalle leggi che regolano gli equilibri nei sistemi eterogenei.

Si definisce sistema un certo insieme di materia di cui vogliamo esaminare il comportamento fisico, chimico o chimico–fisico. Il resto della materia circostante và sotto la denominazione di ambiente.

Viene definita fase una porzione di materia, delimitabile da superfici definibili, che possiede in ogni punto le medesime caratteristiche.

Un sistema in cui sia presente una sola fase costituisce un sistema omogeneo.

Un sistema in cui siano presenti più fasi omogenee costituisce un sistema eterogeneo.

Un sistema, omogeneo o eterogeneo, può essere costituito da una sola sostanza o da più sostanze e i parametri principali che lo definiscono sono: temperatura, pressione, volume e concentrazione.

Sono esempi di sistemi omogenei:

a) l’acqua che riempie completamente un recipiente: un solo componente, una sola fase (liquida);

b) cristalli di quarzo (SiO

2

): un solo componente (SiO

2

), una sola fase solida (il quarzo).

c) Miscela di acqua e alcool che riempie completamente un recipiente: due componenti (acqua e alcool), una sola fase (liquida).

d) Aria in un palloncino: molti componenti (azoto, ossigeno, biossido di carbonio, vapore d’acqua, ecc.), una sola fase (gassosa).

Sono esempi di sistemi eterogenei

a) Acqua in un recipiente chiuso non completamente riempito e privo di aria: un solo componente (acqua) e due fasi (liquida + vapore acqueo sovrastante).

b) Soluzione acquosa satura di zucchero (con cristalli di zucchero sul fondo), in un recipiente chiuso non completamente riempito e privo di aria: due componenti (acqua + zucchero) e tre fasi (solida – zucchero + liquida – acqua + gassosa – vapore d’acqua).

c) Una roccia (ad es. un granito): n componenti (quarzo, biotite, feldspato potassico, plagioclasio, n minerali accessori ) e n fasi (solide – quarzo, biotite, feldspato potassico, plagioclasio, n minerali accessori).

L’equilibrio nei sistemi eterogenei – la regola delle fasi.

153 Sono trasformazioni fisiche quelle che un materiale subisce senza che venga alterata la sua natura chimica. Ne è esempio il cambiamento di stato. Dopo una trasformazione fisica si può ripristinare la situazione di partenza sempre con una trasformazione fisica (reversibilità delle trasformazioni fisiche). Per esempio, da un liquido trasformato in solido si può per riscaldamento di quest'ultimo riottenere il liquido di partenza.

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