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Jessica Benjamin, L’ombra dell’altro. Intersoggettività e genere in psicoanalisi

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Academic year: 2021

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Jessica Benjamin, L’ombra dell’altro. Intersoggettività e genere in psicoanalisi

recensione di Giorgia Ricciotti

Jessica Benjamin, psicoanalista americana, rinarra la storia di Anna O./JBertha Pappenheim –

‘isterica’–, o almeno così dissero Joseph Breuer e Sigmund Freud che la ebbero in cura. Anna O.

inventò la talking cure come pratica della psicoanalisi, e, rendendo manifeste le conseguenze di transfert e contro-transfert della relazione tra analista e analizzando, non senza gettare nell’imbarazzo entrambi i suoi terapeuti (e la moglie di J. Breuer) per la loro incapacità di gestire questa inevitabilità, pose in questione l’autorità del medico e le modalità di relazione tra soggetti.

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Di questo inaugurale fallimento Jessica Benjamin fa la questione cruciale che la psicoanalisi ha, oggi, da elaborare. Ne ripercorre le contraddizioni, rilevabili negli scritti di Freud sull’enigma della femminilità, ripercorre le falle di una relazione gerarchica soggetto-oggetto che impronta la scena psicoanalitica – e, insieme lo schema attivo/passivo che caratterizza la comprensione della differenza sessuale – e ne ripensa le coordinate alla luce di una concezione di intersoggettività che ha come obiettivo primario il riconoscimento.

A partire già dai testi precedenti, Legami d’amore. I rapporti di potere nelle relazioni amorose e Soggetti d’amore. Genere, identificazione, sviluppo emotivo, Jessica Benjamin ha collocato la propria teoria nel quadro della psicoanalisi relazionale, sviluppando un dialogo con il pensiero femminista di orientamento lacaniano (J. Mitchell e J. Rose), con le teorie delle relazioni oggettuali (N. Chodorow) e con le teoriche femministe post-moderne (J. Butler), e nel crocevia di questo ampio confronto ritaglia lo spazio per la propria originale posizione.

Nonostante il linguaggio precipuamente psicoanalitico dell’argomentazione, l’obiettivo si arricchisce di una prospettiva etica e politica che dello spazio terapeutico intersoggettivo fa il paradigma di una nuova comprensione della soggettività. È proprio questo spazio “terzo”, lo spazio del riconoscimento, che può garantire la costituzione di soggettività differenti, l’una di fronte all’altra, evitando le cadute in complementarità scisse che si prospettano come difesa dalla minaccia dell’altro.

Il non riconoscimento dell’alterità esterna nega la relazione con l’altro che verrebbe ad essere così incorporato, o espulso nell’abiezione. Cruciale, eppure problematica, è la distinzione tra altro esterno e altro interno, quest’ultimo concepito come risultato dei meccanismi introiettivi-proiettivi che, nella mancata negoziazione di un impulso alla distruttività, non permettono la sopravvivenza dell’altro esterno.

Rispondendo alle critiche che le sono state rivolte, e rielaborando la concezione di distruttività in Winnicott, Benjamin integra nella dialettica del riconoscimento la negatività come aspetto fondamentale nel mantenere la differenza. L’impulso a negare l’esterno, ad assimilare l’altro al Sé, il rifiuto psichico dell’alterità, sono funzionali alla sopravvivenza dell’altro come non controllabile e non minaccioso allo stesso tempo.

E su questa alterità radicale, esterna, reale, Jessica Benjamin insiste per distinguersi da altre prospettive psicoanalitiche che, a suo dire, misconoscono questo aspetto. Naturalmente, se differenza deve essere riconosciuta, si tratta di differenza sessuale, prima di tutto. Ma oltre il principio della complementarità edipica, piuttosto secondo un principio multiforme che tollera uno stato di tensione e di non esclusività, in cui l’inclusione quanto l’esclusione sono indispensabili alla psiche.

Superare la scissione, meccanismo proprio della psiche, senza che venga reificata in leggi immutabili, è una sfida teorica certamente necessaria, e richiederebbe però una più radicale critica che non una teoria riconciliatrice che la postula ma allentata, che ammette l’inclusione, ma senza incorporazione, che include un po’ del femminile nel maschile e viceversa.

Un punto di vista di critica sociale gioverebbe forse ad individuare la complicità di specifici meccanismi normativi con gli stessi meccanismi psichici, e la sfida teorica sarebbe, a tutti gli effetti, davvero politica.

Benjamin, Jessica, L’ombra del’altro, Bollati Boringhieri, Torino 2005, pp. 155, € 21 Sito dell’editore

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