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L’ Esposizione ad alta quotae malattie cardiovascolari

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26 M.D. Medicinae Doctor - Anno XXV numero 1 - febbraio 2018

A ggiornAmenti

L’

esposizione ad alta quota, definita come una quota maggiore di 2500 metri sul livello del mare, comporta uno sforzo da parte dell’organismo per adattarsi. Ciò dipende dalla serie di modificazioni ambientali, di intensi- tà progressiva, che si osservano all’aumentare dell’altitudine.

Dopo un periodo di tempo variabi- le in base alle condizioni di parten- za del soggetto (età, sesso, indice di massa corporea, eventuali pato- logie, terapia farmacologica in cor- so ecc.) e alla quota a cui ci si espone, l’organismo raggiunge un nuovo punto di equilibrio, in cui si è “adattato” alla quota in cui si trova, tale processo viene definito

“acclimatamento”.

Nel caso di soggetti con pregresse patologie cardiache, vascolari o polmonari, l’esposizione ad alta quota può essere pericolosa, per- ché all’organismo, già indebolito dalla patologia di base, viene ri- chiesto uno sforzo importante di adattamento.

Ma quali sono le indicazioni che il medico può fornire ai pazienti? Una risposta ufficiale e documentata arriva ora dal gruppo di ricerca di Gianfranco Parati, Prof. di Medici- na cardiovascolare all’Università di

Milano-Bicocca e direttore dell’UO di Cardiologia dell’Auxologico San Luca di Milano, che studia questa problematica dal 2004 con spedi- zioni in quota in varie parti del mon- do, compreso l’Everest. È stato in- fatti recentemente pubblicato il consensus document “Clinical re- commendations for high altitude exposure of individuals with pre- existing cardiovascular conditions”.

¼

¼ Personalizzare le raccomandazioni

“Si tratta di raccomandazioni estrat- te da numerosi studi - spiega Gian- franco Parati - che abbiamo analiz- zato grazie ad una estesa ricerca nella letteratura, per dare racco- mandazioni basate su evidenze scientifiche, incluse quelle ricavate dai nostri progetti “HighCare” sul campo in alta quota.

Ne emerge un ventaglio di racco- mandazioni che tengono in consi- derazione da un alto aspetti am- bientali come velocità di salita, quo- ta raggiunta, temperatura o il fatto di dormire in quota, e dall’altro aspetti personali come allenamen- to, storia clinica, stabilità dei proble- mi CV, terapia in corso, esami dia- gnostici recenti, training preceden-

te, preparazione fisica e clinica”.

Dallo studio pubblicato si evidenzia quindi la necessità di personalizza- re quanto più e meglio possibile le raccomandazioni e gli accorgimenti per il paziente cardiopatico amante dell’alta montagna. Tuttavia vi sono delle indicazioni generalizzabili.

“Occorre prepararsi fisicamente - chiarisce Parati - e valutare con il medico la propria condizione, per individualizzare il consiglio. Biso- gna effettuare una precisa stima del livello di rischio CV individuale prima di avventurarsi, anche per- ché alcuni problemi possono esse- re subclinici. Occorre inoltre preve- dere un adeguamento della terapia nei soggetti più a rischio. In altre parole, vi sono raccomandazioni generali sulle procedure e sulla prudenza da esercitare, ma poi i consigli debbono essere individua- li, basati sulle condizioni del singo- lo, e devono prevedere un’intera- zione con il medico e con lo specia- lista esperto di medicina di monta- gna. Il paziente cardiologico non deve necessariamente privarsi del piacere della montagna, ma la deve affrontare con serietà, consapevo- lezza, prudenza e preparazione, ba- sandosi su dati scientifici e sulla propria storia personale”.

Esposizione ad alta quota e malattie cardiovascolari

n M

ediCina di Montagna

• Parati G, Agostoni P, Basnyat B et al.

Clinical recommendations for high altitude exposure of individuals with pre-existing cardiovascular conditions. Eur Heart J 2018; Jan 11.

doi: 10.1093/eurheartj/ehx720.

Bibliografia Bibliografia

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