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per prevenire le violazioni dei diritti umani nel mondo

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Academic year: 2022

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Realizzato con il contributo del Ministero degli Affari Esteri, Direzione Generale per la Cooperazione allo Sviluppo, nell'ambito del progetto

"Campagna Nazionale Target 2015: un serio impegno contro la mortalità infantile ". I punti di vista esposti in questo sussidio non rappresentano quelli ufficiali dell'ente finanziatore.

COOPERAZIONE I T A L I A N A

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INDICE

Introduzione . . . .3 Sergio Marelli

PRIMO PIANO

Appello: “2008 con le Nazioni Unite per un’impresa umana” . . . .7 Azione di mobilitazione FOCSIV

Appello ai cristiani impegnati in politica . . . .9

DOSSIER

Imprese e diritti umani, raccomandazioni per prevenire le violazioni

dei diritti umani nel mondo . . . 15 CIDSE/FOCSIV

L’agenda politica dei diritti umani . . . 77 Marco Mascia e Antonio Papisca, Tavola della Pace

Diritti Umani e Obiettivi di Sviluppo del Millennio - obiettivi 3 e 4 . . . .91 Anna Maria Donnarumma

CONTRIBUTI DAL SUD

Exporting processing zones in Kenya: l’economia dello sfruttamento . . . .127 Luca Piazzi

DOCUMENTI

Diritti Umani e Obiettivi di Sviluppo del Millennio . . . .133 A cura di Campagna del Millennio delle Nazioni Unite

Diritti umani, compagnie multinazionali e altre imprese di mercato . . . 148 Risoluzione ONU 2005/69

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Il 10 dicembre 1948 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite proclamò la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani.

Oggi si celebrano i 60 anni della nascita di questa Carta che ha unito insieme gli esseri umani e i loro diritti, in una visione nuova dei rapporti tra gli uomini e gli Stati, ma che ancora oggi deve essere concretizzata pienamente.

In 30 articoli si espresse l’urgenza di garantire ad ogni uomo di vivere in piena dignità, dichiarando che libertà, giustizia e pace devono fondarsi sul riconoscimento della dignità a tutti i membri della famiglia umana. La novità di questa dichiarazione fu di internazionalizzare i diritti umani che fino ad allora veni- vano intesi all’interno dei confini dei singoli stati; da allora si stabiliva indiscutibilmente che ogni uomo, in quanto tale, godeva di diritti a prescindere dallo Stato di appartenenza.

Nella Dichiarazione Universale vengono sanciti i diritti civi- li e politici, i diritti sociali economici e culturali, ma trovano spazio anche i cosiddetti diritti di terza generazione che ancora stentano a trovare riconoscimento: il diritto alla pace, allo svi- luppo, ad un ambiente sano. Il diritto allo sviluppo con la Riso- luzione del 1986 è consacrato a livello universale come diritto dell’uomo e dei popoli; sviluppo, pace e diritti si sostanziano quindi e si collegano indissolubilmente. Lo sviluppo, e quindi la salvaguardia dei diritti umani, non può essere garantito senza assicurare un sistema di governance mondiale in cui venga sov- vertito l’attuale rapporto di subordinazione tra Nord e Sud, in cui l’economia è al servizio dell’uomo.

Le ong - organizzazioni non governative di cooperazione allo sviluppo - dalla loro nascita hanno coniugato i diritti fonda- mentali dell’uomo alla necessità di combattere la povertà, le cause dell’ingiustizia sociale, anticipando con il loro operato nei paesi dei sud del mondo la formulazione e la sistematizzazione degli Otto Obiettivi di Sviluppo del Millennio, sottoscritti da tutti i Governi delle Nazioni Unite nel 2000 per conseguire entro il 2015 risultati concreti nella riduzione della povertà estrema.

Introduzione

* Direttore Generale Volontari nel mondo - FOCSIV

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Ma 40 anni fa un’altra voce si era levata per richiamare gli Stati e gli uomini ai loro doveri e per portare l’attenzione del mondo ricco e divenuto sazio sullo scandalo della povertà e della fame: Papa Paolo VI con la Populorum Progressio, l’enci- clica che mise al centro della riflessione politica e internaziona- le l’urgenza di denunciare e affrontare la drammatica realtà in versavano le popolazioni lasciate indietro da un modello di cre- scita economica iniqua. Nel 1967 venivano messe a nudo quelle che sarebbero state le cause nefaste di uno sviluppo distorto e a senso unico, che calpesta la dignità della vita umana “Si è malauguratamente instaurato un sistema che considera il profitto come motore essenziale del progresso economico, la concorrenza come legge suprema dell’economia, la proprietà privata dei mezzi di produzione come un diritto assoluto, senza limiti né obblighi sociali corrispondenti”. (Populorum Progressio 26)

Oggi siamo chiamati a rendere attuali e vivi i principi della Dottrina Sociale della Chiesa, consapevoli che il nostro ruolo non può più limitarsi all’intervento puntuale e competente nei paesi impoveriti, ma che è diventata sempre più fondamentale l’attività di pressione e lobbying delle Ong verso le istituzioni, nazionali e internazionali, perché la coerenza delle politiche degli stati è fondamentale per il raggiungimento dello sviluppo dei popoli; le politiche economiche commerciali insieme all’a- vanzamento democratico e dei diritti umani.

Come sancito dalla Dichiarazione delle Nazioni Unite sui Difensori dei diritti umani nel 1990

“Ogni Stato ha la responsabilità primaria ed il dovere di pro- teggere, promuovere ed attuare tutti i diritti umani e le libertà fondamentali...”, la nostra attenzione negli anni si è soffermata sulle scelte e le decisioni assunte in ambito di diritti umani dei Governi e dei singoli stati, ma lo scenario economico mondiale modificato dalle nuove interconnessioni create dal mercato glo- bale ha portato alla ribalta, spesso negativa, le grandi imprese multinazionali che operano a livello trasnazionale, oltrepassan- do i confini degli Stati e dei continenti.

La Focsiv, nell’ambito della Cidse - la rete delle agenzie di sviluppo cattoliche di Europa e Nordamerica – ha sottoposto ad un’analisi attenta l’operato di alcune imprese a partire dalle testimonianze e dalle inchieste svolte da partner del sud in Paesi dove è più forte e preoccupante l’impatto ambientale, lavorativo, sociale riscontrato attraverso la presenza e la colla- borazione dei nostri volontari con le popolazioni locali.

Nell’ambito delle Nazioni Unite nel 2005 è stato nominato John Ruggie Rappresentante Speciale per le Imprese e Diritti Umani, con il mandato di analizzare gli standard esistenti sulla responsabilità sociale e di lavorare sul ruolo degli Stati nel garantire da parte delle imprese l’applicazione effettiva delle norme a tutela dei diritti umani. Lo studio del Rappresentante Speciale verrà presentato nella sessione di giugno 2008 del

Sergio Marelli

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Consiglio dei Diritti Umani e conterrà delle raccomandazioni per gli Stati e le imprese.

Il Dossier “Imprese e Diritti Umani, raccomandazioni per prevenire le violazioni dei diritti umani nel mondo” pubblicato in questo numero di Volontari e terzo mondo è stato consegna- to a John Ruggie in queste settimane e rappresenta un momen- to di dialogo e di pressione verso le Nazioni Unite, una consul- tazione avviata che vede la società civile proporre una serie di raccomandazioni, norme e figure di controllo, come il difensore civico globale indipendente, che mirano a segnalare le realtà negative verificate e a ridurre il rischio di violazioni dei diritti umani e a promuovere l’accesso alla giustizia.

L’Italia è stata eletta il 17 maggio 2007 membro del Consi- glio dei Diritti Umani e lo rimarrà fino al 2010, avendo l’oppor- tunità di offrire così il proprio contributo all’ambiziosa e impor- tante operazione rappresentata dall’istituzione e dal funziona- mento dell’organo delle Nazioni Unite. In virtù di tali norme, secondo il principio ribadito dall’ONU, gli Stati hanno la responsabilità sancita dal diritto internazionale di regolamenta- re e giudicare le attività del settore privato poiché potrebbe vio- lare i diritti dei cittadini sul territorio, e prevenire le violazioni dei diritti umani in altri paesi anche da parte delle imprese.

Lo Stato italiano ha già registrato episodi di violazioni dei diritti umani da parte di aziende che operano nel Sud del mondo. La FIAT, l’ENI, l’ENEL – società nelle quali permane un forte partecipazione statale - sono state spesso oggetto di aspra critica per aver prodotto o per aver concorso a produrre espropriazioni, privazioni, inquinamento nei paesi del Sud dove operano. Su ogni governo incombe quindi la responsabilità di attuare le misure necessarie per garantire il rispetto dei diritti umani fondamentali, ma ogni individuo è allo stesso tempo pro- tagonista attivo e beneficiario di tali diritti, è quindi indispensa- bile prendere coscienza delle proprie responsabilità.

L’Italia, in quanto membro del Consiglio dei Diritti Umani dell’ONU, non può sentirsi estranea a questi temi, ma deve anzi attivarsi per seguire e sostenere il lavoro del Rappresentante Speciale delle Nazioni Unite per le Imprese e Diritti Umani, recepire a livello nazionale le raccomandazioni e tradurle in norme.

Perché lo sviluppo economico imposto, più che proposto, dalle imprese multinazionali ai paesi poveri del sud non sia sfruttamento e devastazione ambientale, ma si trasformi in svi- luppo umano, a 360° gradi, perché la povertà resta ancora oggi la più grave violazione dei diritti umani.

In questo numero vengono inoltre raccolte le riflessioni e i contributi di coloro che in questi anni hanno legato stretta- mente i Diritti Umani con i diversi ambiti di intervento, sia politico, sociale, teorico e religioso: a partire da Monsignor

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Toso, che indaga la connessione tra Dottrina Sociale della Chiesa e i diritti fondamentali dell’uomo, allo studio di Marco Mascia e Antonio Papisca sulle ripercussioni che dovrebbe e potrebbe l’elaborazione dei Diritti Umani sulla politica, al lavo- ro parlamentare in sede europea svolto da Vittorio Agnoletto per far avanzare la legislazione dell’Unione Europea in materia di salvaguardia e tutela dei Diritti Umani anche, e soprattutto, nei paesi che entrano in rapporti politici-commerciali con gli stati europei; fino all’indagine delle interrelazioni tra Obiettivi di Sviluppo del Millennio e Diritti Umani, che Anna Maria Donnarumma illustra nei casi concreti della tematica dei diritti delle donne e della lotta alla mortalità infantile; insieme alla testimonianza che arriva dal Kenya di Luca Piazzi che ci mostra come le violazioni dei Diritti Umani siano strettamente conse- guenze di scelte economiche e commerciali imposte ai paesi del sud e che creano realtà di sfruttamento e sofferenza.

Sergio Marelli Direttore Generale

Volontari nel mondo - FOCSIV

Sergio Marelli

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“Uomini di stato, su voi incombe l’obbligo di mobilitare le vostre comunità ai fini di una solidarietà mondiale più effica- ce, e anzitutto di far loro accettare i necessari prelevamenti sul loro lusso e i loro sprechi per promuovere lo sviluppo e sal- vare la pace. Delegati presso le organizzazioni internazionali, da voi dipende che il pericoloso e sterile fronteggiarsi delle forze ceda il posto alla collaborazione amichevole, pacifica e disinteressata per uno sviluppo solidale dell’umanità: un’u- manità nella quale sia dato a tutti gli uomini di raggiungere la loro piena fioritura”(PP, 84).

Oggi quando la comunità internazionale si appresta a cele- brare il 60° Anniversario della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, sentiamo ancora più imperativo il monito lan- ciato 40 anni fa da Papa Paolo VI con la Populorum Progressio.

Per questo ci rivolgiamo a tutti voi a cui abbiamo affidato l’impegno e la responsabilità di realizzare nella politica i valori del Vangelo e della Dottrina Sociale della Chiesa convinti che, come affermava Paolo VI, “la politica è la forma più alta ed esigente della carità”.

Lo facciamo consapevoli che questo impegno non è privo di difficoltà.

Esso richiede coraggio per tradurre i valori della pace, della giustizia e dell’equità nelle scelte concrete che quotidianamente la politica impone.

Essa richiede di agire dentro quello spazio di faticosa media- zione che intercorre tra l’enunciazione dei principi e la loro applicazione, valutando secondo la libertà delle coscienze se le

Appello ai cristiani impegnati in politica

Roma – 5 dicembre 2007 Giornata Mondiale del Volontariato

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scelte di volta in volta in discussione corrispondono alle ragioni etiche e spirituali dell’insegnamento evangelico.

Ma lo facciamo anche perché restiamo preoccupati della distanza che persiste tra la politica e le istanze raccolte in 35 anni di impegno con i poveri dei Sud del mondo delle quali tenacemente ci facciamo portavoce.

L’opzione preferenziale per i poveri che permea e caratterizza l’intero insegnamento sociale della Chiesa, non può prescindere dal “fatto di maggior rilievo, del quale ognuno deve prendere coscien- za … che la questione sociale ha acquistato dimensione mondiale.

Giovanni XXIII l’ha affermato nettamente, e il concilio gli ha fatto eco con la sua Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo con- temporaneo. Si tratta di un insegnamento di particolare gravità che esige un’applicazione urgente. I popoli della fame interpellano oggi in maniera drammatica i popoli dell’opulenza. La chiesa trasale davanti a questo grido d’angoscia e chiama ognuno a rispondere con amore al proprio fratello” (PP, 3).

“Una cosa va ribadita di nuovo: il superfluo dei paesi ricchi deve servire ai paesi poveri. La regola che valeva un tempo in favore dei più vicini deve essere applicata oggi alla totalità dei bisognosi del mondo. I ricchi saranno del resto i primi ad esserne avvantaggiati.

Diversamente, ostinandosi nella loro avarizia, non potranno che suscitare il giudizio di Dio e la collera dei poveri, con conseguenze imprevedibili” (PP, 49).

Dal canto nostro non ci sottraiamo alle nostre responsabi- lità.

Riconosciamo che mentre chiediamo a voi di svolgere la vostra missione in spirito di servizio alla vita e non secondo logiche di potere, l’impegno posto nell’educazione delle coscienze non ha ancora raggiunto quell’efficacia necessaria per far sì che i cittadini supportino adeguatamente la vostra azione.

La nostra azione per la formazione, la sensibilizzazione e l’educa- zione alla cittadinanza attiva e responsabile, ancora richiesta al Convegno Ecclesiale di Verona ed alle Settimane Sociali recen- temente concluse, deve costantemente affiancare l’opera della carità e trovare nuove forme di coscientizzazione e di promozio- ne della solidarietà, della legalità e di una pedagogia del bene comune.

Insieme abbiamo il compito, ciascuno secondo le respon- sabilità affidatigli, di trovare modalità, ambiti e strumenti per lavorare al raggiungimento del Bene Comune.

“Dio ha destinato la terra e tutto ciò che contiene all’uso di tutti gli uomini e di tutti i popoli, di modo che i beni della creazione devono equamente affluire nelle mani di tutti, secondo la regola della giusti- zia, che è inseparabile dalla carità” (PP, 22; Gaudium et Spes, 69).

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“Tutti gli altri diritti, di qualunque genere, ivi compresi quelli della proprietà e del libero commercio, sono subordinati ad essa; non devono quindi intralciarne, bensì, al contrario, facilitarne la realizza- zione, ed è un dovere sociale grave e urgente restituirli alla loro fina- lità originaria” (PP, 22).

Ciò richiede di agire non solo secondo logiche di conteg- gio, ma piuttosto di contagio con il coraggio e la coerenza di una visione politica lungimirante nella quale la ricerca del consenso di oggi non sia mai disgiunto dalla responsabilità di perseguire la giustizia di domani.

“Ove intervenga un conflitto tra diritti privati acquisiti ed esigen- ze comunitarie primordiali spetta ai poteri pubblici adoperarsi a risol- verlo, con l’attiva partecipazione delle persone e dei gruppi sociali”

(PP, 23).

Richiede la ferma convinzione che la testimonianza e l’e- sempio sono le condizioni per rendere credibile la nostra azio- ne, per instaurare un dialogo proficuo e una unità di azione con tutti gli uomini di buona volontà.

“…La situazione presente dev’essere affrontata coraggiosamente e le ingiustizie, che essa comporta, combattute e vinte. Lo sviluppo esige trasformazioni audaci, profondamente innovatrici. Riforme urgenti devono essere intraprese senza indugio. A ciascuno l’assu- mersi generosamente la sua parte, soprattutto a quelli che per la loro educazione, la loro situazione, il loro potere si trovano ad avere grandi possibilità d’azione. Pagando esemplarmente di persona, essi non esitino a incidere su quello che è loro, come hanno fatto diversi dei Nostri fratelli nell’episcopato. Risponderanno così all’attesa degli uomini e saranno fedeli allo Spirito di Dio” (PP, 32).

Richiede di agire alla luce del principio per cui lo sviluppo passa attraverso le persone. Il destino e la dignità di ogni uomo e di ogni donna sono il centro di ogni azione di sviluppo.

“Lo sviluppo non si riduce alla semplice crescita economica. Per essere sviluppo autentico, dev’essere integrale, il che vuol dire volto alla promozione di ogni uomo e di tutto l’uomo. Com’è stato giusta- mente sottolineato da un eminente esperto: «noi non accettiamo di separare l’economico dall’umano, lo sviluppo dalla civiltà dove si inserisce. Ciò che conta per noi è l’uomo, ogni uomo, ogni gruppo d’uomini, fino a comprendere l’umanità intera” (PP, 14).

Il nostro servizio ai poveri è imperniato sul porre la persona umana al centro dello sviluppo. Uomini e donne sono il centro di ogni nostra azione per il protagonismo che ogni persona ha ricevuto con la grazia dell’amore di Cristo e perché degna, indi- vidualmente, di essere destinataria dell’azione di salvezza.

“Nel disegno di Dio, ogni uomo è chiamato a uno sviluppo, per- ché ogni vita è vocazione” (PP, 15).

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In questi 40 anni di servizio al fianco delle popolazioni povere della terra abbiamo appreso come la promozione della pace, il perseguimento della giustizia, la tutela della vita sono valori che accomunano tutti gli uomini di buona volontà.

Essi sono il fondamento di ogni dialogo e i pilastri della con- vivenza e dell’azione per il bene comune. Con Paolo VI ripetia- mo oggi che il nostro programma rimane lo stesso di quello voluto all’instaurazione 40 anni orsono della Pontificia Com- missione per la Giustizia e la Pace:

Giustizia e pace» è il suo nome e il suo programma. Noi pensia- mo che su tale programma possano e debbano convenire, assieme ai Nostri figli cattolici e ai fratelli cristiani, gli uomini di buona volontà.

È dunque a tutti che Noi oggi rivolgiamo questo appello solenne a un’azione concertata per lo sviluppo integrale dell’uomo e lo sviluppo solidale dell’umanità” (PP, 5).

Allora come oggi, noi crediamo, come affermato nel docu- mento costitutivo della FOCSIV, che la storia attuale dell’u- manità è fortemente caratterizzata dal divario esistente tra i diversi Paesi, divario che aumenta progressivamente in modo drammatico.

Questa situazione è causata sostanzialmente dal fatto che i rapporti internazionali tra i popoli sono praticamente costituiti da relazioni di dipendenza tra dominatori che opprimono e dominati che sono oppressi, nonostante si proclami la fine del- l’epoca coloniale. I Paesi poveri, infatti, sono praticamente costretti a subire la politica, l’economia, la tecnica, la cultura dei Paesi ricchi.

Allora come oggi crediamo che le responsabilità della poli- tica abbiano un peso enorme nel mantenere o nell’auspicabil- mente modificare tale ordine delle cose.

“Ma ormai le iniziative locali e individuali non bastano più. La situazione attuale del mondo esige un’azione d’insieme sulla base di una visione chiara di tutti gli aspetti economici, sociali, culturali e spirituali” (PP, 13).

Allora come oggi crediamo in una politica di maggior giu- stizia sociale, che bandisca ogni forma di discriminazione materiale e spirituale, che consideri l’umanità come un’unica famiglia composta di uomini e donne con pari dignità e pari diritti.

Una politica che tutela e promuove i “valori non negoziabi- li” sempre, in ogni contesto e per tutte le persone. Una politica che per questo non tollera che la vita difesa alla nascita e al suo termine venga calpestata e straziata quando decorre nelle terre della miseria e della fame; che la famiglia fondamento delle società, venga dilaniata dalle guerre, svilita nel sovraffollamen-

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to delle baraccopoli, divisa dalla fuga delle migrazioni coatte;

che la dignità della persona sia violentata nei campi profughi, trafficata tra le frontiere, evaporata con le inalazioni del mastice per scarpe.

Una politica che di fronte a tutto ciò non applichi due pesi e due misure; che senta come un dovere non negoziabile la sua responsabilità per l’insieme del genere umano.

Una politica che abbia nella Populorum Progressio la sua magna carta.

«Le nazioni sviluppate hanno l’urgentissimo dovere di aiutare le nazioni in via di sviluppo… Bisogna mettere in pratica questo inse- gnamento conciliare. Se è normale che una popolazione sia la prima beneficiaria dei doni che le ha fatto la Provvidenza come dei frutti del suo lavoro, nessun popolo può, per questo, pretendere di riservare a suo esclusivo uso le ricchezze di cui dispone. Ciascun popolo deve produrre di più e meglio, onde dare da un lato a tutti i suoi componenti un livello di vita veramente umano, e contribuire nel contempo, dall’altro, allo sviluppo solidale dell’umanità. Di fronte alla crescente indigenza dei paesi in via di sviluppo, si deve considerare come normale che un paese evoluto consacri una parte della sua produzione al soddisfacimento dei loro bisogni; normale altresì che si preoccupi di formare educatori, ingegneri, tecnici, scienziati, che poi metteranno scienza e competenza al loro servizio” (PP, 42).

“I paesi in via di sviluppo non correranno più in tal modo il rischio di vedersi sopraffatti da debiti, il cui soddisfacimento finisce con l’assorbire il meglio dei loro guadagni. Tassi di interesse e durata dei prestiti potranno essere distribuiti in maniera sopportabile per gli uni e per gli altri, equilibrando i doni gratuiti, i prestiti senza interesse o a interesse minimo, e la durata degli ammortamenti…. E i destina- tari potranno a loro volta esigere che non vi siano ingerenze nella loro politica, né che si provochino sconvolgimenti nelle strutture sociali del paese. Stati sovrani, a loro solo spetta di condurre in maniera auto- noma le loro faccende, di determinare la loro politica, di orientarsi liberamente verso il tipo di società preferito. È dunque una collabora- zione volontaria che occorre instaurare, una compartecipazione effi- cace degli uni con gli altri, in un clima di eguale dignità, per la costruzione di un mondo più umano” (PP, 54).

“Ciò che era vero rispetto al giusto salario individuale lo è anche rispetto ai contratti internazionali: un’economia di scambio non può più poggiare esclusivamente sulla legge della libera concorrenza, anch’essa troppo spesso generatrice di dittatura economica. La libertà degli scambi non è equa se non subordinatamente alle esigenze della giustizia sociale” (PP, 59).

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“Nel commercio tra economie sviluppate e in via di sviluppo, le situazioni di partenza sono troppo squilibrate e le libertà reali troppo inegualmente distribuite. La giustizia sociale impone che il commercio internazionale, se ha da essere cosa umana e morale, ristabilisca tra le parti almeno una relativa uguaglianza di possibilità. Quest’ultima non può essere che un traguardo a lungo termine. Ma per raggiun- gerlo occorre fin d’ora creare una reale uguaglianza nelle discussioni e nelle trattative” (PP, 61).

“Noi non insisteremo mai abbastanza sul dovere dell’accoglienza - dovere di solidarietà umana e di carità cristiana che incombe sia alle famiglie, sia alle organizzazioni culturali dei paesi ospitanti. Occorre, soprattutto per i giovani, moltiplicare le famiglie e i luoghi atti ad accoglierli. Ciò innanzitutto allo scopo di proteggerli contro la solitu- dine, il sentimento d’abbandono, la disperazione, che minano ogni capacita di risorsa morale, ma anche per difenderli contro la situazio- ne malsana in cui si trovano, che li forza a paragonare l’estrema povertà della loro patria col lusso e lo spreco donde sono circondati.

B ancora: per salvaguardarli dal contagio delle dottrine eversive e dalle tentazioni aggressive cui li espone il ricordo di tanta «miseria immeritata». Infine soprattutto per dare a loro, insieme con il calore d’una accoglienza fraterna, l’esempio d’una vita sana, il gusto della carità cristiana autentica e fattiva, lo stimolo ad apprezzare i valori spirituali” (PP, 67).

È alla luce di questo insegnamento magisteriale e della coerenza con la Dottrina Sociale della Chiesa che ci appellia- mo alla vostra coerenza affinché la politica sia orientata da questi imperativi etici connaturati con la radicalità del mes- saggio evangelico.

Abbiamo la responsabilità di impedire che le generazioni future guardino a noi e alla storia di oggi con lo stesso atteg- giamento scandalizzato che proviamo nei confronti delle società che ammettevano la schiavitù.

Abbiamo le risorse, le conoscenze e i mezzi per mettere al bando la povertà e la miseria. Sta alla nostra volontà far sì che quel monito di Paolo VI diventi oggi il fondamento della convivenza della famiglia umana.

Prima che sia troppo tardi.

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La proposta di CIDSE al Rappresentante speciale del Segre- tario Generale delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani.

Raccomandazioni per ridurre il rischio di violazioni dei dirit- ti umani e per promuovere l’accesso alla giustizia.

Febbraio 2008

Una proposta delle agenzie membri di CIDSE:

Questo documento è stato prodotto dal Gruppo del settore privato di CIDSE per proporlo alla considerazione del Prof.

John Ruggie, Rappresentante speciale del Segretario Generale dell’ONU, nella sua revisione della questione dei diritti umani, multinazionali e altre imprese.

L’analisi e le proposte presentate in questo documento non riflettono necessariamente le opinioni di tutti i membri di CIDSE.

Pubblicato nel 2008 da CIDSE, Rue Stévin 16, 1000 Brussels, Belgio

CIDSE è una coalizione di 15 agenzie per lo sviluppo cattoli- che d’Europa e Nord America, che condividono una visione comune in merito allo sradicamento della povertà e alla giustizia sociale, nonché una strategia comune relativa ai programmi per lo sviluppo, all’educazione allo sviluppo e ai gruppi di pressione.

L’opera di pressione esercitata da CIDSE comprende i temi della sicurezza commerciale e alimentare, delle risorse per lo sviluppo, della governance globale e della politica allo sviluppo dell’UE.

Imprese e Diritti Umani, raccomandazioni

per prevenire le violazioni dei diritti umani nel mondo

Volontari nel mondo - FOCSIV ha realizzato il presente documento nell’ambito della CIDSE, la rete delle Organizzazioni di Sviluppo della Chiesa di Europa e Nord America.

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SOMMARIO

Riepilogo del progetto

Sommario delle raccomandazioni Introduzione

Sezione 1: L’azioni delle compagnie

Studio su un’azienda: le condizioni di lavoro nell’industria dei giocattoli in Cina

Sezione 2: L’azione degli Stati a livello nazionale

Raccomandazione 1: Il ruolo dei governi dei paesi ospitanti a livello nazionale

Raccomandazione 2: Il ruolo dei governi dei paesi d’origine a livello nazionale

Studio su un’azienda: la Cargill e la produzione di soia in Brasile Studio su un’azienda: Entre Mare / Goldcorp e l’estrazione dell’oro in Honduras

Sezione 3: L’azione degli Stati a livello internazionale Raccomandazione 3: Uno strumento internazionale vincolante

per i diritti umani

Raccomandazione 4: Un centro consultivo internazionale Studio su un’azienda: Le miniere di rame Konkola

nello Zambia

Raccomandazione 5: Un difensore civico internazionale Studio su un’azienda: l’industria dell’elettronica

in Messico

Studio su un’azienda: Il progetto dell’oleodotto tra Ciad e Camerun

Raccomandazione 6: Un consenso libero, preventivo e informato

Studio su un’azienda: L’industria mineraria nelle Filippine

Conclusioni

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LISTA DEGLI ACRONIMI

ACFTU All-China Federation of Trade Unions (official Chi- nese trade union federation)

Federazione dei sindacati di tutta la Cina (federazione ufficiale cinese dei sindacati)

CIDSE International Co-operation for Development and Solidarity

Cooperazione internazionale per lo sviluppo e la solida- rietà

CEDAW Convention on the Elimination of All Forms of Discrimination against Women

Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne

CEREAL Centre for Reflection and Action on Labour Issues Centro per la riflessione e l’azione sui temi del lavoro (trad. lett., NdT)

CERD Committee on the Elimination Racial Discrimina- tion

Comitato per l’eliminazione della discriminazione razzia- le

CRC Convention on the Rights of the Child Convenzione sui diritti del fanciullo COTCO Cameroon Oil Transportation Company

Società camerunense per il trasporto del petrolio (trad.

lett., NdT)

CSO Civil Society Organisation(s) Organizzazione(i) della società civile ECLAC Economic Commission for Latin America

Commissione economica per l’America Latina e i Caraibi ECSR-net International Network for Economic, Social and

Cultural Rights

Rete internazionale per i diritti economici, sociali e cultu- rali (trad. lett., NdT)

ECZ Environmental Council of Zambia

Consiglio ambientale dello Zambia (trad. lett., NdT) EITI Extractive Industries Transparency Initiative

Iniziativa per la trasparenza dell’industria estrattiva FPIC Free, Prior and Informed Consent

Consenso libero, preventivo e informato GRI Global Reporting Initiative

Iniziativa per la segnalazione globale

IBRD International Bank for Reconstruction and Development BIRS - Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo ICCPR International Covenant on Civil and Political Rights

Patto internazionale sui diritti civili e politici

ICESCR International Covenant on Economic, Social and Cultural Rights

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Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali ICTI International Council of Toy Industries

Consiglio internazionale delle industrie del giocattolo IFC International Finance Corporation

Società finanziaria internazionale ILO International Labour Organisation

Organizzazione internazionale del lavoro IPRA Indigenous Peoples Rights Act

Atto sui diritti delle popolazioni indigene KCM Konkola Copper Mines

Miniere di rame Konkola (trad. lett., NdT) MUZ Mineworker’s Union Zambia

Unione dei minatori dello Zambia

NASSA National Secretariat for Social Action Justice and Peace Segretariato nazionale per l’azione sociale, la giustizia e la pace (trad. lett., NdT)

NCP National Contact Point Punto di contatto nazionale

NCIP National Commission on Indigenous Peoples Commissione nazionale per le popolazioni indigene NGO Non-Governmental Organisation

ONG - Organizzazioni non governative

NUMAW National Union of Miners and Allied Workers Unione nazionale dei minatori e dei lavoratori alleati (trad. lett., NdT)

OECD Organisation for Economic Cooperation and Deve- lopment

OCSE - Organizzazione per la cooperazione e lo svilup- po economico

PMP Philippines Misereor Partnership

Partenariato Misereor delle Filippine (trad. lett., NdT) SACOM Students and Scholars Against Corporate Misbehaviour

Studenti e studiosi contro la cattiva condotta delle impre- se (trad. lett., NdT)

TOTCO Tchad Oil Transportation Company Società del Ciad per il trasporto del petrolio TNC Transnational Corporation

(si usa anche in italiano, NdT)

UDHR Universal Declaration of Human Rights Dichiarazione universale dei diritti umani UNDP United Nations Development Programme

Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo UNEP United Nations Environmental Programme Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente WHO World Health Organisation

OMS – Organizzazione mondiale della sanità

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RIEPILOGO DEL PROGETTO

INTRODUZIONE

CIDSE (Cooperazione Internazionale per lo Sviluppo e la Solidarietà) è una lega di 15 organizzazioni cattoliche per lo svi- luppo d’Europa e Nord America. CIDSE e le agenzie ad essa affiliate si ispirano e sono guidate dall’insegnamento sociale della Chiesa, nonché dall’opera condotta a stretto contatto con le organizzazioni del Sud, al fine di creare “un’opzione per i poveri” e di valutare politiche, strutture e azioni nei termini del loro impatto sui più vulnerabili.

Questa proposta fornisce delle raccomandazioni relative alle prime due parti del mandato di John Ruggie, il Rappresentante speciale del Segretario Generale ONU sulle questioni dei diritti umani, delle transnational corporation e altre imprese;

a) Identificare e chiarire gli standard di responsabilità delle transnational corporation e delle altre imprese riguardo ai dirit- ti umani.

b) Approfondire il ruolo degli Stati nel regolare efficacemente e nel giudicare il ruolo delle transnational corporation e delle altre imprese riguardo ai diritti umani, anche attraverso la cooperazione internazionale.

Il documento attinge al ricco nucleo dell’insegnamento sociale cattolico (CST). Il CST ritiene che i diritti umani siano di portata universale e che la loro difesa e la loro promozione riguardino tutti noi. Questa analisi si combina ad alcuni studi su aziende tratti da regioni specifiche in cui le agenzie di CIDSE e, in particolare le loro organizzazioni partner locali, hanno espe- rienze di comunità direttamente influenzate dalle azioni delle imprese. Le agenzie di CIDSE hanno una lunga esperienza di lavoro sulle questioni della responsabilità aziendale in paesi diversi come lo Zambia, il Messico, il Brasile e le Filippine, nonché in settori che vanno dall’agri-business, all’elettronica, all’industria estrattiva. Come dimostrano gli studi sulle aziende, i gruppi locali si stanno rivolgendo a organizzazioni o a reti internazionali per ottenere assistenza e sostegno nel fare fronte all’impatto delle transnational corporation (TNC), a causa della difficoltà di reperire una risoluzione rapida ed efficace a livello nazionale.

La struttura della proposta

Il documento, suddiviso in tre parti, impiega alcuni studi su aziende per sottolineare i seguenti aspetti:

(21)

Sezione 1 - Le azioni delle compagnie

• Le opportunità e le limitazioni inerenti agli standard o ai codici etici redatti volontariamente e l’esigenza di provve- dimenti che attribuirebbero una responsabilità maggiore e globale a tutte le imprese.

Sezione 2 - Le azioni degli Stati a livello nazionale

• L’esigenza di sviluppare governi nazionali, di ospitare le TNC, di ritenere responsabili le compagnie per le loro attività.

• L’esigenza critica di una regolamentazione efficace nei paesi d’origine delle TNC, considerate le difficoltà spesso incontrate dai governi ospiti delle TNC nel far assumere a quest’ultime le loro responsabilità.

Sezione 3 - Le azioni degli Stati a livello internazionale

• L’esigenza di una gamma di azioni a livello internazionale, sia a lungo termine sia più immediate, volte a fornire una difesa aggiuntiva concordata a livello internazionale, non- ché la correzione dei meccanismi per le vittime di viola- zioni dei diritti umani.

Sommario delle raccomandazioni Sezione 1- Le azioni delle compagnie

Negli ultimi decenni si è avuto tutto un fiorire di codici volontari per multinazionali e imprese, nonché di iniziative relative alla responsabilità sociale d’impresa. Tuttavia, allo stes- so tempo, tutta una serie di imprese continua a essere associata agli abusi dei diritti umani. Questa proposta attinge a esperienze relative alle condizioni di lavoro della catena di fornitura nel- l’industria del giocattolo in Cina. Essa sottolinea le opportunità e le difficoltà inerenti ai codici ispirati dalle industrie e sostiene la necessità di un effettivo meccanismo di monitoraggio ad opera della forza lavoro. CIDSE richiede che il continuo aumento di iniziative in merito alla responsabilità sociale d’im- presa sia integrato da provvedimenti più energici, volti a creare una responsabilità maggiore e globale per tutte le imprese. Tra questi, dei provvedimenti vincolanti volti a raggiungere le com- pagnie “pigre”, nonché dei modi per migliorare la capacità degli Stati di rafforzare più efficacemente i regolamenti vigenti.

Sezione 2 - Le azioni degli Stati a livello nazionale

Sugli Stati ricade la responsabilità primaria di promuovere e assicurare il rispetto dei diritti umani riconosciuti dal diritto

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internazionale. Attingendo alle raccomandazioni di un raggrup- pamento internazionale di 80 organizzazioni partner, al World Social Forum di Nairobi del gennaio 2007, CIDSE ha richiesto ai governi dei Paesi in via di Sviluppo innanzitutto di fare il massi- mo per assicurare la trasparenza, la responsabilità e la supervisio- ne delle azioni delle TNC nell’ambito dei loro confini nazionali.

Comunque, come illustrano gli studi su aziende contenuti in questo rapporto, i cittadini lesi nei loro diritti umani potrebbero scoprire che i loro stessi governi non sanno, o non vogliono, difendere e sostenerne i diritti. Gli studi sull’azienda produttrice di soia in Brasile e sulle miniere d’oro in Honduras sottolineano l’incapacità dei paesi ospitanti di regolamentare efficacemente le azioni delle TNC. Questa proposta porta pertanto un’argomen- tazione forte in favore di una regolamentazione complementare da parte dei paesi d’origine, così come in favore di meccanismi internazionali che saranno trattati nella Sezione 3. Essi sono:

I doveri dei dirigenti:

Introdurre per i dirigenti d’azienda il requisito legale di agire al fine di minimizzare l’impatto sociale e ambientale negativo prodotto dall’azienda.

Trasparenza:

Introdurre una legislazione che preveda la rivelazione obbli- gatoria con cadenza annuale dell’impatto sociale e ambientale dell’azienda, ivi compresa la rivelazione dei rischi per i diritti umani inerenti alla catena di fornitura. Allo scopo di assicurar- ne la coerenza, questa rivelazione dovrebbe attenersi agli stan- dard della Global Reporting Initiative.

I governi dovrebbero inoltre introdurre una legislazione per imporre alle industrie estrattive di rivelare tutti i contratti sti- pulati con i governi ospitanti, nonché ogni tipo di trasferimento di entrate effettuato a favore dei governi (per esempio, diritti minerari, dividendi, imposta sulle società). Questo dovrebbe divenire un requisito essenziale per poter essere quotati nelle borse nazionali e, successivamente, andrebbe ampliato fino a includere le compagnie private.

Meccanismi di correzione:

Un Punto nazionale di contatto (NCP) dell’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) modello, che vada oltre gli NCP attuali, dovrebbe essere istitui- to in tutta l’OCSE e in tutti i paesi aderenti. Il Punto nazionale di contatto modello (MNCP) dovrebbe essere indipendente, informato, autorevole e ispirerebbe la fiducia di tutte le parti.

Dovrebbe disporre di personale e risorse adeguati ed essere in grado di risolvere questioni di fatto, compresi l’espletamento della raccolta di informazioni e di sopralluoghi di inchiesta.

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Promozione delle attività delle compagnie all’estero:

I crediti export e le garanzie sugli investimenti dovrebbero essere rifiutati a quelle compagnie che non fanno fronte ai più alti standard accettati internazionalmente, tra cui le linee guida dell’OCSE per le imprese multinazionali, gli standard essenziali del lavoro dell’ILO e, nel caso delle industrie estrattive, i criteri di rapporto dell’EITII. Il consenso libero, preventivo e informa- to delle popolazioni indigene e delle comunità locali dovrebbe costituire un prerequisito per la concessione di qualunque credi- to export e di qualunque garanzia su investimenti per i progetti che si ripercuotono sulle comunità stesse.

Sezione 3 - Le azioni degli Stati a livello internazionale In vista della nascita graduale di un diritto internazionale rela- tivo alle corporation, i membri di CIDSE ritengono che, essenzial- mente, il modo migliore per chiarire le responsabilità legali delle compagnie sia quello di concordare un quadro di riferimento internazionale vincolante relativamente ai diritti umani. Ci vorrà tempo per sviluppare e istituire un tale meccanismo, tuttavia esso si rivelerebbe prezioso in numerosi esempi in cui l’attività azienda- le determini un impatto significativo sui diritti degli individui e sulle comunità, compresi gli studi su aziende descritti in questo rapporto. Inoltre, i membri di CIDSE desiderano suggerire iniziati- ve a breve e medio termine che gli Stati possono proporre a livello internazionale e che potrebbero servire da soluzioni provvisorie, con vantaggi pratici immediati per le vittime di abusi dei diritti umani. In particolare, ci concentriamo su due suggerimenti:

Un centro consultivo internazionale

Il caso delle miniere del CopperbeltIInello Zambia evidenzia le sfide affrontate dai governi dei Paesi in via di Sviluppo che cerca- no di salvaguardare i diritti umani delle loro popolazioni. I Paesi in via di Sviluppo costituiscono spesso il partner più debole nei negoziati con le TNC, poiché possono non disporre dell’expertise tecnica o dello spazio politico per massimizzare la loro posizione negoziale. CIDSE richiede un centro legale (simile a quello propo- sto sotto l’ex Centro per le Transnational Corporation dell’ONU), da istituire attraverso l’ONU, per fornire una consulenza legale economicamente conveniente e indipendente, nella fase di nego- ziazione dei contratti con le compagnie multinazionali.

Un difensore civico globale indipendente

Molti abusi relativi ai diritti umani sono caratterizzati dalla

iExtractive Industries Transparency Initiative, NdT.

iiLetteralmente “Cintura di rame”, NdT.

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mancanza di un sistema legale nazionale capace non solo di for- nire accesso alla giustizia per le vittime del passato e del presen- te, ma anche di agire da deterrente per impedire ulteriori abusi dei diritti umani in futuro. Tutto ciò è vero non soltanto nei due studi su aziende qui presentati relativi all’industria elettro- nica in Messico e all’oleodotto tra Ciad e Camerun, ma può essere osservato nella maggioranza, se non in tutti gli altri studi su aziende presenti in questo rapporto. Gli studi sulle aziende dimostrano l’esigenza di un difensore civico internazionale indi- pendente, dotato di un mandato per esaminare le rimostranze di presunte prevaricazioni da parte delle TNC, che verrebbero passate a un comitato internazionale di esperti. Questi ultimi provvederebbero a una determinazione vincolante del caso, che genererebbe a sua volta appropriate azioni di follow up. Per esempio, tali azioni potrebbero includere delle multe.

Un consenso libero, preventivo e informato (FPIC)

Lo studio sull’industria mineraria delle Filippine e sul suo impatto devastante sulle popolazioni indigene evidenzia non solo ancora una volta l’esigenza di un difensore civico interna- zionale, ma anche gli ulteriori sforzi volti a promuovere il FPIC, tra i quali dei provvedimenti orientati ai governi nazionali, al sistema dell’ONU e, in particolare, alla Banca Mondiale, che ancora opera su uno standard che prevede la “consultazione”

piuttosto che il “consenso”.

Conclusioni

Guidata dall’Insegnamento sociale cattolico e dalle esperien- ze delineate nei diversi studi sulle aziende, questa proposta evi- denzia l’esigenza di soluzioni fondamentali a lungo termine, sotto forma di un quadro di riferimento vincolante sui diritti umani. Allo stesso tempo vengono proposti una serie di provve- dimenti a breve e medio termine, connotati da diverse sfumatu- re e da realismo, la maggior parte dei quali appaiono realizzabili nel breve periodo.

(25)

RACCOMANDAZIONI PER RIDURRE

IL RISCHIO DI VIOLAZIONI DEI DIRITTI UMANI E PER MIGLIORARE L’ACCESSO ALLA GIUSTIZIA

La proposta di CIDSE al Rappresentante speciale del Segre- tario Generale delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani

Introduzione

CIDSE (Cooperazione Internazionale per lo Sviluppo e la Solidarietà) è una lega di 15 organizzazioni cattoliche per lo svi- luppo d’Europa e Nord America. CIDSE e le agenzie a essa affi- liate si ispirano e sono guidate dall’insegnamento sociale della Chiesa – così come dal lavoro compiuto a stretto contatto le organizzazioni del Sud – al fine di creare una “opzione preferen- ziale per i poveri”, nonché di valutare le politiche, le strutture e le azioni nel Nord e nel Sud, nei termini del loro impatto sui più vulnerabili. Facendo parte integrante di questo impegno, le agenzie di CIDSE dispongono di una lunga tradizione di lavoro sui temi della responsabilità d’impresa in paesi diversi come lo Zambia, il Messico, il Brasile e le Filippine, nonché in settori che spaziano dall’agri-business, all’elettronica, all’estrattivo.

Pertanto noi abbiamo seguito il mandato e il lavoro di John Ruggie, Rappresentante speciale del Segretario Generale delle Nazioni Unite sui temi dei diritti umani e delle transnational corporation e altre imprese1 con grande interesse e abbiamo notato, dando la nostra approvazione, la sua recente conferma che la fase raccomandatoria del mandato sarà portata avanti in

“maniera inclusiva e trasparente”. Con questo spirito, vorrem- mo avanzare alcune proposte in relazione alle parti a) e b) del mandato2.

Il nostro punto di partenza per questa proposta, in linea con una lunga tradizione di pensiero sociale cattolico (quello che chiamiamo “Insegnamento sociale cattolico” o CST), è che i diritti umani sono di portata universale e interdipendenti. Cia- scuno Stato ha il dovere di rispettare, difendere e soddisfare i diritti umani dei suoi cittadini, delle altre persone e degli altri gruppi soggetti alla sua autorità. Anche se sullo stato grava la responsabilità primaria, la Dichiarazione universale dei diritti umani nel preambolo fa appello a “tutti gli individui” e a “tutti gli organi della società”, affinché sostengano e promuovano tali diritti. In queste categorie rientrano anche le imprese. Come ha notato, per esempio, la Conferenza statunitense dei vescovi cat-

1D’ora in poi: Rappresentante speciale.

2Vedi Riepilogo del progetto, p. 4.

Insegnamento

sociale cattolico

(26)

tolici, “i governi, le istituzioni finanziarie internazionali e le multinazionali private coinvolte nell’esplorazione, nello svilup- po, nella produzione e nella vendita di risorse naturali […]

hanno tutti la responsabilità morale di assicurare che lo svilup- po altrimenti legittimo di queste risorse non contribuisca, diret- tamente o indirettamente, alla corruzione, alla guerra e alla repressione3”.

Pertanto la difesa e la promozione dei diritti umani riguarda- no tutti noi. La Conferenza canadese dei vescovi cattolici ha inoltre sottolineato che i diritti umani dovrebbero essere obbli- gatori per natura e che non sono limitati a un particolare terri- torio: “È, come sapete, un principio fondamentale del diritto internazionale che i diritti umani non sono in alcun senso volontari; la difesa dei diritti umani non è, in alcun senso, opzionale. La natura obbligatoria dei diritti umani deve conti- nuare a costituire una pietra angolare della presenza canadese nel mondo e deve governare le azioni delle corporation canadesi in tutto il mondo, particolarmente di quelle impegnate nell’e- strazione di risorse”4.

Il CST esamina le attività economiche delle imprese nel più ampio contesto del loro impatto sulla creazione e sullo sviluppo umano. Come nota il Cardinale dell’Honduras Andres Rodri- guez, “I trattati commerciali devono accompagnarsi ad accordi e codici etici per risolvere le attuali contraddizioni, che si verifi- cano allorquando, da una parte, i vertici mondiali o regionali adottano politiche di difesa e conservazione ambientale… men- tre, allo stesso tempo… le industrie, approfittando delle deboli legislazioni dei nostri paesi, si comportano in maniera immorale e irresponsabile, alimentando la corruzione, il degrado ambien- tale, l’inquinamento delle nostre risorse naturali e le divisioni sociali all’interno delle nostre comunità”5.

Un punto fermo importante del CST è costituito dall’idea che il settore privato, una definizione che comprende imprese di piccole e medie dimensioni così come le compagnie multina- zionali, possa spesso rappresentare una forza positiva nei Paesi in via di Sviluppo. La chiave di tutto è nel garantire che tali investimenti abbiano luogo nel contesto di standard e di regola- menti efficacemente attuati, in modo tale che per il paese e per le comunità ospitanti maturino vantaggi equi e ragionevoli.

3A Call to Solidarity with Africa (Appello alla solidarietà per l’Africa - trad.

lett., NdT), Conferenza statunitense dei vescovi cattolici, 14 novembre 2001.

4 Lettera all’ Honourable (titolo intraducibile spettante, tra gli altri, ai mem- bri del governo) Peter G. MacKay, Ministro degli Affari Esteri, 12 febbraio 2007.

5Cardinale Oscar Andres Rodriguez dell’Honduras, lettera aperta al gover- no del Canada sulle tavole rotonde nazionali sul tema della responsabilità sociale d’impresa, novembre 2006.

Natura obbligatoria dei diritti umani

Settore privato

e CST

(27)

Come afferma il catechismo della Chiesa Cattolica, “i responsa- bili di imprese sono responsabili verso la società per gli effetti economici ed ecologici delle loro operazioni. Essi hanno l’obbli- go di considerare il bene delle persone e non soltanto l’aumento dei profitti”6.

La struttura della proposta

Elaborando una struttura originariamente suggerita da ESCR-net e basata sul lavoro compiuto con le organizzazioni della società civile del Sud, CIDSE ha raccolto un insieme di studi su aziende al fine di elaborare queste intuizioni chiave.

Gli studi su aziende illustrano le implicazioni che le attività delle imprese possono avere sui diritti umani, garantiti dalla Dichiarazione universale dei diritti umani (UDHR) e dalle Convenzioni dell’ONU, in particolare il Patto internazionale sui diritti economici, sociali e culturali (ICESCR). Operare tali collegamenti non significa muovere l’accusa che una determi- nata compagnia sia direttamente responsabile di violazione dei diritti umani. Piuttosto noi intendiamo usare esempi concreti delle implicazioni dirette e indirette che le attività d’impresa possono avere su determinati diritti umani, al fine di discutere dei provvedimenti per ridurre il rischio che si verifichino impatti negativi.

Specificamente, gli studi su aziende:

• forniscono esempi di casi in cui i Paesi in via di Sviluppo non sono stati in grado, o non hanno voluto, regolamentare effi- cacemente le multinazionali e illustrano le implicazioni che tutto questo ha avuto sui diritti umani e sui loro cittadini.

• Evidenziano i motivi chiave di questa situazione: dai governi che cedono per iscritto la loro capacità di aggiornare la legi- slazione, fino agli inefficaci sistemi giuridici.

• Dimostrano che le compagnie non sono attori passivi, ma cercano di influenzare il modo in cui i governi regolamenta- no e giudicano il ruolo delle imprese riguardo ai diritti umani.

• Puntano a tutta una gamma di soluzioni da presentare alla considerazione del Rappresentante speciale.

La Sezione 1 della presente proposta fornisce un breve conte- sto che si rivolge alla varietà di azioni che le compagnie intra- prendono per garantire che le operazioni relative alle loro atti- vità primarie non concorrano agli abusi dei diritti umani. La Sezione 2 si concentra sulle azioni che i governi possono intra-

6Catechismo della Chiesa cattolica, n° 2432.

Implicazioni

attività imprese

sui diritti umani

(28)

prendere a livello nazionale, mentre la Sezione 3 si rivolge alle azioni che i governi possono intraprendere a livello internazio- nale. Dato che ci stiamo dedicando specificamente sulle parti a) e b) del mandato di John Ruggie, qui ci concentreremo preva- lentemente sulle raccomandazioni per l’azione da parte del governo e non delle singole compagnie.

Nel formulare queste raccomandazioni, riteniamo importan- te che il Rappresentante speciale consideri sia i provvedimenti a breve sia quelli a lungo termine, a livello sia nazionale sia internazionale. Mentre i provvedimenti a breve termine costi- tuiranno un aiuto immediato alle vittime di abusi dei diritti umani, non sostituiscono comunque le soluzioni più a lungo ter- mine – in particolare la creazione di un efficace quadro di riferi- mento relativo ai diritti umani –, che si rivelerà indispensabile se bisognerà trovare una soluzione fondamentale al problema ricorrente e strutturale rappresentato dagli abusi dei diritti umani.

Sezione 1: le azioni delle compagnie

Costituisce chiaramente un grande vantaggio trovarsi di fronte a compagnie che comprendono e affrontano proattiva- mente qualsiasi impatto negativo che le loro operazioni possono determinare sulla società e sull’ambiente. CIDSE ritiene che, al fine di ottenere il massimo impatto, tali azioni dovrebbero attingere agli strumenti internazionali dell’ONU per i diritti umani, tra cui la Dichiarazione universale dei diritti umani, le convenzioni fondamentali dell’ONU e gli standard essenziali del lavoro dell’ILO. Uno scarso numero di transnational corpora- tion, per esempio, ha scelto di mettere alla prova in pratica le

“Norme ONU” al fine costituire un punto di riferimento e di sviluppare politiche e sistemi di gestione propri relativi ai diritti umani. Nel 2003 la Sottocommissione ONU sulla promozione e la difesa dei diritti umani ha adottato all’unanimità le “Norme sulle responsabilità delle transnational corporation e di altre imprese riguardo ai diritti umani”, che tuttora rappresentano la guida più completa e dettagliata attenendosi alla quale le imprese possono garantire che le loro attività non contribuiran- no a violazioni dei diritti umani. La Commissione ONU sui diritti umani non le ha però sostenute. Comunque, le compa- gnie che vi ricorrono come punto di riferimento, a quanto pare, le hanno trovate utili7.

I membri di CIDSE hanno maturato anche esperienze di

7 Cfr. rapporti della Business Leaders Initiative on Human Rights (www.blihr.org)

Raccomandazioni per azioni di governo

Una guida contro

le violazioni

delle imprese

(29)

lavoro con le imprese, attraverso tutta una serie di iniziative di multi-stakeholder nazionali e internazionali. Development and Peace ha partecipato alle recenti Tavole rotonde nazionali canadesi sui processi di responsabilità sociale d’impresa, il Fondo cattolico per lo sviluppo d’oltremare (CAFOD) è stato coinvolto attivamente sia nell’Iniziativa per il commercio etico (ETI) sia nell’Iniziativa per la trasparenza dell’industria estratti- va (EITI), fin dalla loro origine. MISEREOR ha partecipato alla Tavola rotonda tedesca sui codici etici. Secondo la nostra esperienza, tali iniziative multi-stakeholder possono fornire un insegnamento utile, contribuendo all’innalzamento degli stan- dard. L’autoselezione, che fa parte integrante della maggior parte degli approcci multi-stakeholder, non significa comunque che tali approcci abbiano una copertura limitata. Negli ultimi due anni si è avuto prova che vi sono temi “difficili da affronta- re” - i cui progressi per mezzo di iniziative multi-stakeholder sono stati molto più irregolari –, così come vi sono vuoti di responsa- bilità. I nostri esempi comprendono la salvaguardia dei diritti dei lavoratori temporanei nelle catene di fornitura8e la difesa dei partecipanti della società civile impegnati nei temi della corruzione.9

Negli ultimi decenni sono fioriti codici datisi volontariamen- te dalle imprese e dalle industrie, nonché iniziative di RSI. Tut- tavia, allo stesso tempo, le imprese continuano a essere collega- te agli abusi dei diritti umani, in particolare, come ha evidenzia- to lo stesso John Ruggie, in paesi con bassi indicatori di gover- nance e alti indicatori di corruzione10.

È importante essere realistici in merito ai punti di forza e ai punti deboli dei provvedimenti volontari. Grazie all’unione delle compagnie, gli approcci collettivi riescono a ridurre le ripetizioni, ottenendo così una portata globalmente molto mag- giore. I limiti delle iniziative di RSI sono riconducibili al fatto che queste ultime non dispongono di efficaci meccanismi di responsabilità e spesso operano per gradi. In molti casi, gli

8 Vedi per esempio l’Institute of Development Studies (Istituto per gli studi sullo sviluppo – trad. lett., NdT), il codice della pratica del lavoro dell’ETI: Do workers really benefit? (I lavoratori ne traggono davvero vantaggio? – trad. lett., NdT), rapporto dell’ETI sulla valutazione dell’impatto 2006.

9Per esempio, l’arresto e il processo nella Repubblica del Congo di Brice Mackosso della Commissione Giustizia e Pace della Chiesa cattolica e Chri- stian Mounzeo, presidente di Rencontre pour la Paix et les Droits de l’Homme e membro della commissione EITI. Vedi la Dichiarazione del presidente della Banca Mondiale Paul Wolfowitz sull’arresto dei rappresentanti dell’organizza- zione della società civile del Congo (Brazzaville) dell’aprile 2006 e del novem- bre 2006.

10Appello alla sessione pubblica di Montreal delle Tavole rotonde nazionali sulla responsabilità sociale d’impresa, John Ruggie, Montreal, Canada, novem- bre 2006.

Multi-stakeholder nazionali e internazionali

Progressi irregolari per la salvaguardia dei diritti

Punti di forza e debolezza dei provvedimenti

volontari

(30)

approcci volontari costituiscono una reazione all’attivismo pub- blico da parte di consumatori sempre più informati. Mentre tutto questo crea una pressione utile ai fini del cambiamento, l’attenzione si concentra su un numero limitato di compagnie ad alto profilo. In effetti, le prassi sui diritti umani delle transna- tional corporation che non costituiscono marchi riconosciuti pos- sono essere oggetto di analisi limitate.

La difesa dei diritti umani universali esige un’attuazione coe- rente. Gli approcci industriali costituiscono generalmente un’extra accolto favorevolmente ma è chiaro che non possono sostituirsi a tale attuazione. In alcuni casi, la dipendenza da codici etici volontari può indebolire la difesa internazionale dei diritti umani, laddove tali codici si dimostrino, in realtà, più deboli dello standard internazionale obbligatorio ratificato da uno Stato. Per esempio, anche se il Codice etico dell’industria elettronica (EICC) fa riferimento agli standard di lavoro dell’I- LO, le sue clausole però non fanno fronte ai citati standard in merito alla libertà di associazione e al diritto alla contrattazione collettiva11. Le compagnie che controllano i contenuti dei codi- ci industriali finora si sono dimostrate indifferenti agli appelli degli investitori socialmente responsabili e delle ONG dedite ai diritti del lavoro, appelli finalizzati ad allineare pienamente il codice industriale agli standard essenziali dell’ILO, anche se è stato riconosciuto che la mancanza di libertà delle associazioni costituisce un problema grave per i lavoratori industriali in Messico, in Tailandia, in Malaysia e in India. Il Codice etico del Consiglio internazionale delle industrie del giocattolo (ICTI), anche se affronta i problemi principali che sorgono nell’ambito della produzione di giocattoli in Asia e, in particolare, in Cina – come orari di lavoro lunghi, le questioni della salute e della sicurezza e contratti insicuri per i lavoratori – si rifà soltanto alle leggi sul lavoro locali e non alle convenzioni essenziali sul lavoro dell’ILO. Audit a controllo incrociato hanno mostrato un gran numero di errori e perfino di frodi negli audit iniziali delle società di fornitura cinesi. L’ICTI ha iniziato ad affrontare questi temi.

Studio su un’azienda: le condizioni di lavoro nell’industria del giocattolo in Cina

La Cina è il più importante fornitore del prodotto “giocatto- lo” a livello mondiale e fornisce dal 75 all’80% di tutti i giocat- toli commerciati. Secondo le statistiche cinesi, nel 2006 il paese ha esportato giocattoli “classici” per un valore di circa

11Codice Etico dell’industria elettronica, versione 2.0, ottobre 2005

I codici etici volontari indeboliscono la difesa dei diritti

umani

(31)

US$ 9,5 miliardi, che arrivano a US$ 17,7 miliardi includendo i videogame. I maggiori importatori nel 2006 sono stati: gli USA (US$ 6,5 miliardi), la Germania (US$ 1,5 miliardi), i Paesi Bassi (US$ 1,1 miliardi) e il Regno Unito (US$ 1,1 miliardi). Secondo l’Associazione cinese dei giocattoli, più di 8.500 aziende della zona costiera della Cina meridionale produ- cono giocattoli per il mercato mondiale. Circa 5.000 di queste sono situate soltanto nella provincia di Guangdong. La maggior parte delle grandi aziende di giocattoli in Europa e negli USA hanno fornitori in Cina, alcuni dei quali procacciano fino al 100% del materiale.

La maggioranza dei due, tre milioni di persone impiegate nel- l’industria del giocattolo cinese sono giovani donne che emigra- no nella regione industrializzata della Cina meridionale, ora in forte espansione. Provengono da regioni rurali povere situate a centinaia di chilometri di distanza. Gli emigranti in Cina sono titolari solo di diritti civili limitati (per esempio, non hanno diritto all’istruzione primaria gratuita per i figli)12. I dieci anni di esperienza della coalizione di ONG “Aktion fair spielt”

dimostrano che gli sforzi condotti per garantire e promuovere condizioni di lavoro in sicurezza in tutta la catena di fornitura possono variare da un’azienda all’altra.

Le condizioni di lavoro nell’industria del giocattolo sono simili a quelle dell’industria tessile o elettronica. Sono comuni gli orari di lavoro lunghi (fino a 14 ore al giorno e a volte anche di più) e il lavoro obbligatorio sette giorni alla settimana, parti- colarmente nei momenti di picco, concentrati da maggio a set- tembre, allorché si attiva la produzione di giocattoli per il mer- cato pre-natalizio di Europa, USA e Giappone. Gli standard di salute e sicurezza risultano spesso scarsi, a causa di vernici e sol- venti nocivi, del caldo estremo e della polvere presenti negli stabilimenti di produzione, nonché a causa di macchinari difet- tosi e di attrezzature elettriche non sicure. Le malattie della pelle e dell’apparato respiratorio sono comuni tra i lavoratori dell’industria del giocattolo. Spesso le spese per vitto e alloggio sono detratte da salari già di per sé bassi e gli straordinari non vengono adeguatamente retribuiti o non vengono pagati affat- to. I contratti di lavoro sono spesso a breve termine; i contributi e le clausole previdenziali sono spesso molto limitati, se non del tutto inesistenti. Può capitare che i lavoratori debbano dividere una stanza con altri quattro colleghi – ma sono segnalati casi in cui si arriva fino a dieci persone in una stanza – e le strutture

12Cfr, tra gli altri, China Business Information, Ein Informationsportal des Deutsch-Chinesischen Zentrums, Lipsia e. V.; BB-Jahresberichte, W. Nostheide Verlag (ultima edizione: 2006/2007) e Report on the International Toy Fair (Spielwarenmesse – International Toy Fair, Norimberga, 01.02-06.02.2007).

Giocattoli: aziende USA e Europee,

fornitori cinesi

Giovani donne emigrate, l’operaio

tipo del giocattolo

Standard scarsi di salute e sicureeza

sul lavoro

(32)

sanitarie sono spesso estremamente carenti13.

Le leggi cinesi sul lavoro prevedono una serie di buone clau- sole a tutela dei diritti dei lavoratori. In effetti la legislazione cinese sul lavoro consente 40 ore settimanali di lavoro e un massimo di 36 ore mensili di straordinario. La legislazione cine- se sul lavoro, inoltre, prescrive un salario minimo – anche se con soglie differenti da provincia a provincia e, a volte, nell’am- bito della stessa provincia. Comunque troppo spesso questa legi- slazione non trova un’efficace attuazione14. Gli Uffici locali del lavoro ammettono grosse eccezioni a queste regole – e a farne le spese sono proprio i lavoratori dell’industria del giocattolo. Un problema importante è costituito dal fatto che la legislazione cinese non ammette sindacati indipendenti, né contrattazione collettiva15.

La nuova legislazione cinese sul lavoro, in vigore dal 1° gen- naio 2008, non punta a regolamentare i contratti a breve termi- ne e a migliorare la difesa dei diritti dei lavoratori, ma richiede contratti di lavoro per tutti, mira a restringere i periodi di prova e presenta una sezione nuova sui contratti collettivi negoziati al di sopra della soglia del salario minimo, con clausole sugli accordi dei dipendenti e sul ruolo del sindacato (l’ACFTU).

Questi emendamenti alla legislazione sul lavoro vanno a costi- tuire una difesa seppur modesta per i lavoratori cinesi, in un’e- conomia di mercato sempre più precaria; tuttavia alcune multi- nazionali globali, le imprese statunitensi e le lobby europee in Cina hanno tentato di attenuarne alcuni elementi chiave16.

13Cfr China Labour Watch (Osservatorio cinese sul lavoro, trad. lett., NdT), Investigations on Toy Suppliers in China – Workers are still suffering (Inda- gini sui fornitori di giocattoli in Cina – i lavoratori soffrono ancora, trad. lett.), New York, agosto 2007; SACOM, Wal-Mart’s Sweatshop Monitoring Fails To Catch Violations: The Story Of Toys Made in China for Wal-Mart (Il monitorag- gio dell’azienda che sfrutta i lavoratori di Wal-Mart non riesce ad acciuffare le violazioni: la storia dei giocattoli fabbricati in Cina per Wal-Mart, trad. lett., NdT), Kowloon (Hong Kong), giugno 2007; MISEREOR e al. (ed.), Alle sollen gewinnen (Tutti devono vincere, trad. lett., NdT), Aquisgrana 2003 (revisione 2006); National Labor Committee, Made in China: The Sweatshop Behind the Bratz. A Joint Report prepared in collaboration with China Labor Watch (“Made in China” lo sfruttamento dei lavoratori dietro le Bratz. Un rapporto congiunto preparato in collaborazione con l’Osservatorio cinese sul lavoro, trad. lett., NdT), New York, dicembre 2006. I riferimenti qui menzionati si basano in parte (o comprendono) interviste con i lavoratori.

14Vedi nota 13 per i riferimenti essenziali.

15 Sulla nuova legislazione cinese sul lavoro e i diritti sindacali, cfr per esem- pio: Chris White, China’s new labour law –The challenge of regulating employment contracts (La nuova legislazione cinese sul lavoro – La sfida della regolamenta- zione dei contratti di assunzione, trad. lett., NdT), una pubblicazione della Fondazione Evatt, Università del New South Wales, Sydney, 21 aprile 2007.

Vedere anche: www.fair-spielt.de

16 Ibid.

Le clausole a tutela dei lavoratori cinesi

Nuova legislazione

cinese sul lavoro

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