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PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ DI IMPIANTOIN RIMBOSCHIMENTI DI PINO D’ALEPPOE DI PINO LARICIO: ANALISI E PRIMI RISULTATI (1)

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(1)

VITTORIO GARFÌ (*) - FRANCESCO IOVINO (**) GIULIANO MENGUZZATO (*) - ANTONINO NICOLACI (*)

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ DI IMPIANTO IN RIMBOSCHIMENTI DI PINO D’ALEPPO

E DI PINO LARICIO: ANALISI E PRIMI RISULTATI (1)

FDC 232.216 : 228.11 : 233 : 174.7 Pinus halepensis : 174.7 Pinus laricio

La degradazione dei suoli per effetto di cause naturali e antropiche rappresenta uno dei processi di maggiore preoccupazione nei paesi del bacino del Mediterraneo.

Un valido strumento di lotta alla degradazione del suolo è costituito dal rimboschi- mento. Tuttavia le difficili condizioni climatiche e la notevole variabilità pedologica richie- dono l’applicazione di tecniche idonee per assicurare la riuscita degli interventi.

Nel presente lavoro vengono esposti i risultati ottenuti in rimboschimenti eseguiti in differenti contesti pedoclimatici. In particolare è stata analizzata l’influenza delle diffe- renti tecniche di impianto sui principali parametri biometrici. I risultati mostrano diffe- renze significative tra l’impianto a buche e l’impianto a gradoni in termini di attecchi- mento, ma non di accrescimento. In considerazione di ciò, l’impianto a gradoni può consi- derarsi una scelta più appropriata soprattutto nei pendii più scoscesi, in quanto contribui- sce a contrastare l’erosione superficiale dei versanti.

1. I

NTRODUZIONE

La degradazione dei suoli per effetto di cause naturali e antropiche rappresenta uno dei processi di maggiore preoccupazione nei paesi del bacino del Mediterraneo. Il ruolo dei rimboschimenti diventa pertanto fon- damentale anche per contrastare la desertificazione e per ottimizzare l’uso delle risorse naturali.

– I.F.M. n. 4 anno 2002

(*) Dipartimento di Agrochimica e Agrobiologia, Università degli Studi Mediterranea di Reggio Calabria.

(**) Dipartimento di Difesa del Suolo, Università degli Studi della Calabria.

(1) Lavoro svolto dagli Autori in parti uguali nell’ambito del progetto MIUR cofin2000 «Stu- dio dell’influenza e del ruolo di frangivento, alberature e rimboschimenti nella lotta alla desertificazio- ne in ambiente mediterraneo» (coordinatore scientifico: O. Ciancio).

(2)

In ambiente mediterraneo le difficili condizioni climatiche e la notevo- le variabilità pedologica richiedono l’applicazione di tecniche idonee per assicurare la riuscita degli interventi. La scelta del metodo e dell’intensità di lavorazione del terreno è connessa alle specifiche caratteristiche pedoclima- tiche, al precedente uso del suolo ed alle finalità del rimboschimento (S

USMEL

, 1984; O

SWALD

, 1990; I

OVINO

e M

ENGUZZATO

, 2002a).

L’insufficiente sperimentazione nel campo delle tecniche colturali e la limitata conoscenza di parte delle specie impiegate, hanno portato ad una generalizzazione delle tecniche di lavorazione in suoli e ambienti differenti senza necessari controlli.

Sulle diverse tecniche e modalità di lavorazione esiste disparità di vedute a proposito dei risultati ottenuti con diverse profondità di lavorazio- ne e con l’impiego o meno di metodi intensivi quali, ad esempio, lo scasso con aratro o con ripper (L

UCCI

, 1985; B

AGNARESI

et al., 1990).

Le tecniche di rimboschimento hanno, del resto, subito una evoluzio- ne sia per quanto attiene la preparazione del suolo e le cure colturali, le caratteristiche del postime, le densità di impianto, sia per i criteri che con- ducono alla scelta delle specie.

In Italia meridionale esiste un’ampia gamma di situazioni che differendo per le tecniche adottate, rappresentano una base di partenza per valutare la loro validità e proporre eventuali modificazioni per accrescerne l’efficacia.

A tal fine sono state prese in esame due aree rappresentative di situa- zioni molto diffuse nelle quali, pur se con presupposti diversi, si è procedu- to al recupero di terreni degradati. In un caso per la totale distruzione dei boschi o per eccessive e irrazionali utilizzazioni, nell’altro per il pascolo ed il ripetuto passaggio del fuoco in aree marginali all’agricoltura.

La prima ricade in uno dei contesti territoriali in cui sono stati eseguiti i rimboschimenti a partire dalla seconda metà degli anni cinquanta in attua- zione della I Legge Speciale Calabria (n. 1177 del 26.11.1955). Tale legge prevedeva la realizzazione in un periodo di 12 anni, di un piano organico di opere straordinarie di sistemazione idraulico-forestale, tra le quali un ruolo importante ebbero i rimboschimenti. Tali interventi, che costituiscono il primo esempio di intervento programmato su scala regionale (I

OVINO

e M

ENGUZZATO

, 2002a), furono realizzati dal 1957 al 1970 ed interessando complessivamente 120.000 ettari, rappresentano il 30% della superficie rimboschita in Italia nello stesso periodo (C

IANCIO

, 1971a). Si è trattato di una vasta opera di ricostituzione boschiva, spesso indicata in modo ridutti- vo come rimboschimenti di protezione (I

OVINO

e M

ENGUZZATO

, 2002a).

In quest’area sono state scelte due situazioni rappresentative degli

interventi eseguiti sul versante occidentale e settentrionale del massiccio

silano. Una nel bacino dell’Arente, sul versante occidentale della Sila

(3)

321

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

Grande, l’altra nei settori montani dei bacini Cino, Colognati e Coserie in Sila Greca.

La seconda area ricade nella valle del fiume Alento in Campania ed è rappresentativa degli interventi eseguiti nell’ambito del Progetto Speciale 24 della Cassa per il Mezzogiorno. Si trattava di aree da tempo abbandona- te dall’agricoltura, ricoperte da vegetazione erbacea e/o arbustiva spesso percorse da incendi.

Nel presente lavoro vengono esposti i risultati di uno studio che, par- tendo da una puntuale analisi dei rimboschimenti eseguiti nei due diversi contesti pedoclimatici e vegetazionali, valuta in quale misura le differenti tecniche utilizzate hanno influenzato gli elementi selvicolturali e i principali parametri biometrici.

2. A

REE DI STUDIO

2.1. Sila Grande e Sila Greca

In questi territori sono state scelte due aree ricadenti rispettivamente nel bacino del Fiume Arente (Sila Grande), affluente di destra del Fiume Crati e nei bacini dei torrenti Cino, Colognati e Coserie (Sila Greca), che sfociano direttamente nello Ionio. La prima si sviluppa altimetricamente tra 1000 e 1350 m di quota, su versanti a tratti molto ripidi con macroesposi- zione ad ovest. La seconda, tra 1000 e 1300 m di quota, con versanti molto ripidi e macroesposizione a nord.

In entrambe il tipo litologico è caratterizzato prevalentemente da gra- niti alternati a scisti, sui quali si sono formati suoli bruni mediterranei, ridotti, per l’intensa erosione, a litosuoli dove il bosco è stato distrutto per intervento antico dell’uomo. Sono suoli in genere poco profondi o sottili, caratterizzati da tessiture grossolane, drenaggio rapido, reazione da mode- ratamente a fortemente acida, bassa capacità di scambio cationico e ridotta capacità di ritenuta idrica; suoli, nel complesso poveri e con limitazioni di natura fisico-chimica che insieme a quelle stazionali (pendenze dei versanti e rischio di erosione) caratterizzavano situazioni di estremo degrado, tipi- che dei processi di desertificazione.

Dal punto di vista climatico il contesto è tipicamente mediterraneo. La

temperatura media annua in entrambe le aree è compresa tra 11,5 °C a

circa 1000 m di quota e 8,3 a 1400 m; quella del mese più freddo varia da

2,6 a –0,5 °C, con minimi assoluti che alle quote più elevate possono rag-

giungere anche i –16 °C. La temperatura media del mese più caldo è com-

presa tra 20,4 e 17,7 °C con massimi assoluti che alle quote inferiori supera-

no anche i 37 °C (C

IANCIO

, 1971b).

(4)

Per quanto riguarda le precipitazioni, secondo la carta delle isoiete ela- borata da C

IANCIO

(1971b) per la Calabria, le aree ricadono tra 1100 e 1300 mm annui. La distribuzione delle piogge nel corso dell’anno segue l’andamento tipico del regime mediterraneo. Analizzando i dati registrati in alcune stazioni che si ritiene possano ben rappresentare le diverse condizio- ni, risulta che entrambe le aree da ottobre a marzo compreso, sono caratte- rizzate da piogge superiori a 100 mm mensili (Tab. 1). A partire da aprile le precipitazioni diminuiscono rapidamente e in modo più significativo in Sila Greca, raggiungendo il minimo in luglio. Quindi aumentano dapprima len- tamente in agosto, e poi significativamente in settembre quando superano i 70 mm mensili.

Tipiche del clima mediterraneo sono anche le grandi differenze da un anno all’altro, come evidenziato dal rapporto tra la precipitazione media annua e quella massima oppure quella minima. In genere le differenze sono più evidenti nel caso delle piogge più elevate.

Durante la stagione invernale grande importanza assumono anche le precipitazioni nevose. Si verificano generalmente dalla fine di dicembre a tutto marzo e la permanenza della neve al suolo, peraltro di breve durata, interessa soprattutto le esposizioni più fredde. Spesso, in concomitanza di perturbazioni che provengono da oriente, la neve pesante se associata a vento, può arrecare gravi danni alle piante per stroncamenti e/o sradica- menti. Purtroppo non si hanno informazioni di dettaglio sulle condizioni di umidità dell’aria nel corso dell’anno.

Secondo la classificazione fitoclimatica di P

AVARI

le aree sono ascrivibi- li alla sottozona fredda del Castanetum II tipo alle quote inferiori ed a quel- la calda del Fagetum a quelle superiori.

Entrambe le aree erano state interessate da disboscamenti, attuati a partire dalla metà del 1800, che avevano innescato diffusi ed intensi feno- meni di erosione superficiale cui è stato posto rimedio solo nell’immediato secondo dopoguerra. Al momento dell’intervento di rimboschimento le zone con pendenze contenute venivano utilizzate a seminativi, gran parte invece dei versanti erano in preda ad intensa erosione a seguito della distru- zione del bosco, ridotto a poche piante sparse.

La preparazione del suolo è stata effettuata mediante lavorazione loca- lizzata a buche ed a gradoni.

La prima è stata limitata alle aree più favorevoli, con pendenze non

particolarmente elevate e suoli ben conservati. Seguendo quelle che erano

le indicazioni di carattere generale, valevoli in quei tempi per tutti gli

ambienti e nelle differenti situazioni, venivano aperte buche di 40 cm di

lato e di profondità. Il sesto adottato era quello quadrato con una distan-

za di 2 m.

(5)

StazioneQuota (m)Anni oss.GFMAMGLASONDAnno mm154130967560281625551051381691051 Rose43359 g.p.1211109742359101395 mm1541261017560281424531081441661053 S. Pietro in Guarano 64058 g.p.1311108742359111396 mm1631281167862221418551361571911140 S. Giacomo d’Acri72460 g.p.1210108632359101290 mm1961611508863341727651641922031360 Longobucco77060 g.p.14111186423510111398 mm158132978544251721731331171651067 Difesella98017 g.p.12121210633368101297 mm1661381098267362027671301581781178 Pinutello100560 g.p.1311109743359111398 mm1761531127466332323581281491731168 Cecita118057 g.p.1411119443369111398 mm155128948543232120751371131691063 Staggi120417 g.p.1312121064336991299 mm141112896961361321761081481741048 Casalvelino22549 g.p.11987631158101280 mm129978371533626198890149158999 Castelnuovo Cilento30015 g.p.111088543267111186 mm1541281159581532832941271771861270 Gioi Cilento68550 g.p.111098752368111294

Tabella 1– Precipitazioni mensili e giorni piovosi.

Sila Greca Cilento

Sila Grande

(6)

I gradoni erano scavati a mano lungo le curve di livello con una lar- ghezza di 80 cm ed il terreno lavorato fino ad una profondità di 40 cm. Le distanze fra i gradoni variavano da 2 a 3 a 4 m mentre sul gradone le pianti- ne venivano collocate ad una distanza di 1 m. Complessivamente si avevano densità da 2500 a 5000 piante ad ettaro.

La piantagione veniva eseguita nel periodo autunno-invernale utilizzan- do postime a radice nuda, di 2 (1S + 1T), più raramente 3 anni (2S + 1T) allevate in vivai posti nelle immediate vicinanze degli stessi cantieri di rimbo- schimento. Negli anni successivi alla messa a dimora sono stati eseguiti risar- cimenti e cure colturali (zappettature e ripuliture) per assicurare un più ele- vato attecchimento delle piantine.

2.2. Cilento

L’area ricade nel bacino del fiume Alento che ha foce nel mar Tirreno.

Si sviluppa su una serie di piccoli rilievi che si elevano immediatamente a ridosso di alcuni tratti pianeggianti in corrispondenza dei corsi d’acqua principali, a quote comprese tra 150 e 350 m s.l.m.. Le pendenze non sono particolarmente accentuate e la macroesposizione è sud-ovest. Il paesaggio che ne deriva ha una morfologia dolce e profilo continuo.

I tipi litologici sono rappresentati da flysch del Cilento, riferibili in particolare alla Formazione di Ascea, su cui si sono originati suoli bruni mediterranei e litosuoli.

I suoli sono a tessitura di tipo franco e franco argilloso sabbioso; il contenuto di sabbia è compreso tra il 33 e il 46%, l’argilla tra il 31 e il 25%, il limo tra il 36 e il 29% (C

IANCIO

et al., 1992b). La loro ridotta per- meabilità è stata migliorata con la tecnica di preparazione del suolo adotta- ta (G

UIDA

et al., 1980).

Il contesto climatico è tipicamente mediterraneo. Informazioni sulle condizioni di temperatura nell’area di studio sono state ricavate dai dati registrati nella stazione di Casalvelino (225 m s.l.m.). La temperatura media delle minime del mese più freddo è 5,5 °C, con minimi assoluti anche di –5 °C. Le gelate, anche se in modo non frequente, si possono verificare da dicembre a tutto marzo. La media delle massime del mese più caldo è 30,5 °C, con valori assoluti anche di 39 °C.

Per la definizione del regime pluviometrico si è fatto riferimento oltre

alla stazione di Casalvelino, a quella di Gioi Cilento (685 m s.l.m.) e di

Castelnuovo Cilento (300 m s.l.m.). I dati registrati (Tab. 1) evidenziano un

andamento tipicamente mediterraneo con un massimo nella stagione inver-

nale e un minimo, abbastanza accentuato durante l’estate. Precipitazioni

superiori a 100 mm mensili si registrano da ottobre/novembre a

(7)

325

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

febbraio/marzo in funzione dell’altitudine. Inoltre, le variazioni di pioggia da un anno all’altro risultano sempre elevate.

Pur non essendoci dati disponibili, l’umidità dell’aria risulta comun- que alta per la vicinanza dell’area al mar Tirreno che, determinando la pre- senza di correnti umide, contribuisce in modo significativo a mitigare gli effetti della siccità estiva, anche per il formarsi di piogge occulte.

Il periodo arido a Casalvelino, secondo il diagramma ombrotermi- co di W

ALTER

& L

IETH

, è compreso tra giugno e agosto. A quote supe- riori a quella della stazione, l’aumento delle piogge e la diminuzione delle temperature, determinano una riduzione dell’intensità e durata di tale periodo.

L’indice di

DE

M

ARTONNE

è 39 a Casalvelino e 57 a Gioi Cilento e l’in- tera area è ascrivibile alla sottozona calda del Lauretum II tipo di P

AVARI

.

Le aree prima dell’intervento erano ricoperte da vegetazione preva- lentemente arbustiva, in particolare fillirea, corbezzolo e, nelle zone più degradate, ginestrone ed inula viscosa. Lungo i fossi erano ancora presenti piante di roverella e leccio insieme ad altre specie della macchia mediter- ranea.

Nei rimboschimenti studiati è stato adottato un modulo colturale tipi- co dell’aridocoltura, basata su uno scasso profondo fino a 1,20 m. Sono stati adottati due tipi di lavorazione: l’aratura andante e la rippatura.

Il primo tipo di lavorazione è stato eseguito con aratri, del peso di circa 6 tonnellate e azionati da trattrici di 100 ÷ 150 HP, costruiti in modo da non determinare il ribaltamento completo della zolla di terreno. Succes- sivamente all’aratura è stato eseguito lo spietramento, il pareggiamento della superficie e una frangizollatura.

Il secondo tipo di lavorazione è stato effettuato con un ripuntatore a tre denti. Non è stato effettuato il pareggiamento della superficie per cui dopo il passaggio con il ripper il terreno si presentava molto irregolare. Ciò ha impedito negli anni successivi alla piantagione l’esecuzione delle cure colturali con mezzi meccanici.

In entrambi i casi la piantagione è stata eseguita nella stagione autunno - invernale utilizzando materiale di 10 mesi allevato in fitocella.

Sono stati adottati sesti a settonce con distanza fra le piante di 2,8 m e a ret-

tangolo con distanza di 3 m fra le file e 1,5 m lungo le file. Nella prima sta-

gione vegetativa sono state seguite due cure colturali, una verso la fine della

primavera, la seconda alla fine dell’estate. Nei due anni successivi solo una

in primavera. In seguito non è stato eseguito più alcun intervento colturale

(C

IANCIO

et al., 1992a; 1992b).

(8)

3. M

ETODOLOGIA

In ciascuna delle aree si è proceduto ad individuare le zone in cui si sono adottate, a parità di specie, diverse tecniche di preparazione del suolo, sesti e densità di impianto. In particolare:

pino laricio,

– preparazione a buche; sesto quadrato con interdistanza di 2 m (densità di 2500 p. ha

-1

);

– preparazione a gradoni; distanza tra i gradoni di: 2, 3 e 4 m; distanza delle piante sui gradoni 1 m (densità di 5000, 3333 e 2500 p. ha

-1

);

pino d’Aleppo,

– lavorazione andante mediante aratura; sesto a rettangolo con distanza di 3 m tra le file e 1,5 m sulle file (densità di 2222 p. ha

-1

); sesto a settonce con distanza tra le piante di 2,8 m (densità 1473 p. ha

-1

);

– rippatura; sesto a rettangolo con distanza di 3 m tra le file e 1,5 m sulle file (densità di 2222 p. ha

-1

).

Per ciascuna tipologia sono stati condotti rilievi dendrometrici di detta- glio sia in aree di saggio sia mediante un campionamento sistematico a file.

4. A

NALISI DEI RISULTATI

4.1. Rimboschimenti di pino laricio

In entrambe le aree studiate sono stati analizzati popolamenti di circa 40 anni. Nel bacino dell’Arente (Sila Grande) sono stati confrontati i risul- tati ottenuti su terreno lavorato a gradoni, distanti 4 m, e su quello prepara- to a buche; in Sila Greca, invece, il confronto ha riguardato anche i risultati ottenuti con distanze fra i gradoni di 2 e 3 m.

Nell’area dell’Arente a parità di densità di impianto e di interventi col- turali eseguiti durante il ciclo, sono state riscontrate differenze fra i popola- menti.

La mortalità è risultata superiore nel caso dei gradoni, sensibilmente inferiore nelle zone preparate a buche; i valori sono rispettivamente del 37,5% e del 28,5% (Tab. 2). Tali differenze si possono attribuire alla mag- giore concorrenza che si è determinata fra le piante lungo il gradone, poste a 1 m una dall’altra, rispetto alla piantagione a buche, dove attualmente la densità supera di oltre il 14% quella dei gradoni.

La distribuzione delle piante in classi di diametro (Fig. 1) pur eviden-

ziando un andamento a campana sostanzialmente analogo, presenta diffe-

renze nelle singole classi. Si osserva, infatti, un maggior numero di piante

(9)

Tabella 2– Elementi dendrometrici. Densità PreparazioneMortalitàdmHmGV Sesto/Distanzainizialeattualeterreno (n.p./ha)(n.p./ha)(%)(cm)(m)(m2/ha)(m3/ha) SILA GRANDEBuche2x2 m2500178728,523,721,178,6796,7 P. LaricioGradoni4x1 m2500156337,524,921,776,1782,4 Buche2x2 m2500173530,623,418,674,4681,1 SILA GRECAGradoni4x1 m2500104458,223,218,544,1409,3 P. LaricioGradoni3x1 m3333153454,022,718,462,1634,8 Gradoni2x1 m5000186662,722,618,374,7686,1 Aratura*Sett. 2,8 m147313727,417,813,534,0200,6 CILENTOAratura*3x1,5 m222220667,617,413,448,9281,7 P. d’AleppoAratura**3x1,5 m2222191016,316,012,538,0190,4 Rippatura**3x1,5 m2222185419,915,713,035,8182,3 *Età 20 anni**Età 19 anni

(10)

Figura 1 – Sila Grande. Pino laricio. Distribuzione reale e teorica delle piante in classi di diametro.

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45

diametro (cm)

%

Buche Gradoni 4x1

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45 diametro (cm)

%

Buche Gradoni 4x1

(11)

nelle classi diametriche inferiori nelle aree lavorate a buche rispetto a quelle a gradoni.

Le diverse condizioni di densità sono espresse anche dalle caratteristi- che della pianta di dimensioni medie: il diametro medio risulta superiore nei popolamenti su gradoni rispetto a quelli a buche (24,9 e 23,7 cm) men- tre il valore dell’altezza media non differisce in modo significativo (21,7 e 21,1 m). In entrambi i casi, le piante presentano generalmente fusto slancia- to, chioma verde molto contenuta e raccolta in alto. I rami secchi non cado- no facilmente e interessano ancora gran parte del fusto.

L’area basimetrica, così come il volume, presentano valori leggermente superiori nei popolamenti più densi: 78,6 contro 76,1 m

2

ha

-1

e 796,7 con- tro 782,4 m

3

ha

-1

. I relativi incrementi medi annui (rispettivamente 19,4 e 19,1 m

3

ha

-1

anno

-1

) evidenziano l’elevata capacità produttiva di questi popolamenti e confermano come il pino laricio riesca ad utilizzare al meglio le poche risorse disponibili dei suoli degradati.

Attualmente i popolamenti presentano un grado di copertura general- mente elevato e continuo indipendentemente dalle modalità di preparazio- ne del terreno. Il suolo è ricoperto da uno strato non molto voluminoso di lettiera indecomposta, nonostante i processi di umificazione procedano len- tamente. Nelle zone dove per cause diverse il grado di copertura si è ridotto o si sono creati dei piccoli vuoti, si ha un pronto inserimento della vegeta- zione erbacea, generalmente graminacee, che contribuisce a coprire e a difendere il suolo dall’erosione.

Nei bacini del Cino, Colognati e Coserie le analisi hanno riguardato i risultati ottenuti con la preparazione a buche e quelli con gradoni distanti fra di loro 2, 3 e 4 metri.

I rilievi eseguiti hanno evidenziato che indipendentemente dalla diver- sa densità iniziale, da 5000 a 2500 piante a ettaro, in assenza di interventi di diradamento, questa si sia comunque notevolmente ridotta. Per tre delle tesi analizzate (buche, e gradoni distanti 2 e 3 m) i valori di densità attual- mente non differiscono di molto; sensibilmente inferiori sono risultati, inve- ce, i valori nelle aree lavorate a gradoni distanti 4 m.

La mortalità è stata comunque elevata, risultando del 58,2%, 54,0% e 62,7% rispettivamente per i gradoni con distanza di 4, 3 e 2 m (Tab. 2).

Nelle aree preparate a buche è risultata, invece, del 30,6%. Nel caso di gra- doni distanti 4 metri, a parità di densità iniziale rispetto alle buche (2500 piante a ettaro), i valori superiori rilevati sono da attribuire, analogamente a quanto riscontrato nel bacino dell’Arente, alla maggiore concorrenza che le piante hanno subito sui gradoni.

La densità attuale è compresa tra 1044 (gradoni 4x1 m) e 1866 piante ad ettaro (gradoni 2x1 m).

329

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

(12)

La distribuzione delle piante in classi di diametro presenta un anda- mento sostanzialmente uguale nei rimboschimenti su gradoni, indipenden- temente dalla distanza tra questi, mentre è leggermente differente per quanto riguarda le buche (Fig. 2).

Non si riscontrano differenze nelle caratteristiche della pianta di dimensioni medie: il diametro medio misura 23,4 cm nel caso delle buche, mentre oscilla tra 22,6 e 23,2 cm nei gradoni; l’altezza media è di poco superiore a 18,3 metri (Tab. 2).

Sensibili variazioni, legate però alle diverse densità, si registrano per l’area basimetrica e il volume medio a ettaro. Valori praticamente identici, oltre 74 m

2

di area basimetrica e più di 680 m

3

a ettaro di volume, si riscon- trano nelle buche e sui gradoni distanti 2 m, mentre sui gradoni distanti 3 m essi si riducono sensibilmente: 62,1 m

2

e 634,8 m

3

ad ettaro. Dove i gradoni sono posti a 4 m uno dall’altro si hanno i valori più bassi, appena 44,1 m

2

di area basimetrica ad ettaro e 409,3 m

3

di volume, che rappresen- tano, rispettivamente, il 59% e il 60% di quelli più elevati.

I popolamenti attualmente, indipendentemente dalla densità iniziale di impianto, determinano una copertura uniforme su ampie superfici che aumenta con la densità. La chioma verde è contenuta e raccolta in alto e i rami secchi permangono per molti anni attaccati al tronco. La lettiera non presenta mai uno spessore particolarmente sviluppato a conferma che i processi di umificazione procedono abbastanza rapidamente, contribuendo così a migliorare in modo significativo le caratteristiche dei suoli.

Il sottobosco è assente e solo in corrispondenza di interruzioni nella copertura o in aree con suolo particolarmente superficiale, dove anche le piante presentano un accrescimento stentato e non infrequenti sono state le fallanze, si riscontra una vegetazione di graminacee con felci e, più rara- mente, rovi. Nelle condizioni di minore densità ci sono esempi di insedia- mento ed affermazione di novellame di latifoglie indigene (cerro, castagno, faggio, aceri).

4.2. Pino d’Aleppo

I popolamenti analizzati hanno età di 19 e 20 anni e rientrano in un un vasto territorio del bacino del Cilento in Campania. In un’area sono stati confrontati i risultati ottenuti, a parità di sesto d’impianto (3x1,5 m;

2222 p. ha

-1

), con la lavorazione andante a 1,20 metri di profondità e con

la rippatura alla stessa profondità. Nell’altra, a parità di tecnica di lavora-

zione (aratura andante profonda) due differenti sesti di impianto: a set-

tonce, con distanza fra le piante di 2,8 metri e densità di 1473 p. ha

-1

e a

rettangolo, con distanza delle piante di 3 m tra le file e 1,5 m sulle file e

densità di 2222 p. ha

-1

.

(13)

Figura 2 – Sila Greca. Pino laricio. Distribuzione reale e teorica delle piante in classi di diametro.

331

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45

diametro (cm)

%

Buche Gradoni 2x1 Gradoni 3x1 Gradoni 4x1

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45 diametro (cm)

%

Buche Gradoni 2x1 Gradoni 3x1 Gradoni 4x1

(14)

Nella prima area i parametri selvicolturali e dendro-auxometrici pre- sentano, complessivamente, una sostanziale omogeneità fra le due situazio- ni esaminate.

La densità è risultata leggermente superiore dove è stata eseguita l’ara- tura andante; mediamente nel primo caso si hanno 1910 p. ha

-1

, nel secon- do (rippatura) 1854 p. ha

-1

. La mortalità quindi è risultata di poco superio- re nelle seconde rispetto a quelle arate: 19,9% contro il 16,3%. La distribu- zione delle piante in classi di diametro presenta un andamento perfetta- mente uguale (Fig. 3).

I parametri della pianta di dimensioni medie non evidenziano differen- ze significative: il diametro è lievemente maggiore dove è stata eseguita l’a- ratura andante (16,0 cm contro 15,7); l’altezza, invece, è di poco superiore nel caso della rippatura (13,0 m contro 12,5) (Tab. 2).

L’area basimetrica nella aree con aratura andante è di 38 m

2

ha

-1

; in quelle dove è stata eseguita la rippatura è di 35,8 m

2

ha

-1

. Anche le differen- ze in termini di massa e dei relativi incrementi medi annui sono molto con- tenute: 190,4 m

3

ha

-1

contro 182,3 m

3

ha

-1

e 9,5 m

3

ha

-1

anno

-1

contro 9,1 m

3

rispettivamente nelle zone sottoposte ad aratura andante e a rippatura.

Nella seconda area non ci sono differenze per quanto riguarda la mor- talità e le caratteristiche della pianta di dimensioni medie. La prima è stata infatti del 7,4% dove è stato adottato il sesto a settonce e del 7,6% per il sesto a rettangolo. Cosi come il diametro medio e l’altezza media sono risul- tati, rispettivamente, 17,8 cm contro 17,4 e 13,5 m contro 13,4 (Tab. 2).

La distribuzione delle piante in classi di diametro evidenzia un anda- mento quasi uguale nelle due situazioni (Fig. 4).

Differiscono, invece, in modo significativo i valori di area basimetrica e di volume ad ettaro che, con il sesto a settonce e a rettangolo, sono risultati rispettivamente 34,0 m

2

contro 48,9 m

2

e 200,6 m

3

contro 281,7 m

3

. Di con- seguenza l’incremento medio annuo nelle aree a densità minore (10,0 m

3

ha

-1

anno

-1

) è inferiore del 29% rispetto al valore riscontrato nelle zone con un maggior numero di piante (14,1 m

3

ha

-1

anno

-1

) alle quali è da attribuire la maggiore produzione riscontrata.

Indipendentemente dalla densità attuale, il grado di copertura è sem- pre elevato e uniforme. Eventuali riduzioni o interruzioni non appaiono legate tanto al sesto di impianto bensì o ad un ridotto accrescimento delle piante, oppure, a piccoli vuoti creatisi a seguito della morte di alcuni sog- getti avvenuta per le difficili condizioni microstazionali.

Differenze si sono notate anche per quanto riguarda il sottobosco che,

soprattutto nei primi anni dopo la piantagione, era più abbondante e mani-

festava maggior sviluppo nelle aree a minore densità (sesto a settonce). Tale

situazione si è protratta per un numero di anni superiore nelle aree con

(15)

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45

diametro (cm)

%

Aratura Rippatura 0

5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45 diametro (cm)

%

Aratura Rippatura

Figura 3 – Cilento. Pino d’Aleppo: sesto 3x1,5 m, età 19 anni. Distribuzione reale e teorica delle pian- te in classi di diametro.

333

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

(16)

Figura 4 – Cilento. Pino d’Aleppo: aratura andante, età 20 anni. Distribuzione reale e teorica delle piante in classi di diametro.

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45 diametro (cm)

%

Settonce 2,8 Rettangolo 3x1,5

0 5 10 15 20 25 30 35

0 3 6 9 12 15 18 21 24 27 30 33 36 39 42 45 diametro (cm)

%

Settonce 2,8 Rettangolo 3x1,5

(17)

335

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

sesto a rettangolo rispetto a quelle con sesto a settonce. Un certo grado di diversità si nota anche per quanto riguarda la forma e l’ampiezza delle chio- me. Più regolare e omogenea nel caso degli impianti a settonce, più etero- genea nel caso del sesto a rettangolo.

5. C

ONCLUSIONI

In ambiente mediterraneo la disponibilità idrica nei suoli durante il periodo estivo, rappresenta un fattore limitante che può condizionare signi- ficativamente l’attecchimento prima e l’accrescimento dopo delle piante, specialmente nei primi anni di vita.

La scelta della tecnica di preparazione del suolo, la densità e la distri- buzione spaziale delle piante assumono pertanto particolare valenza.

Nelle due aree studiate (Sila e Cilento) sono state applicate tecniche differenti sia per il contesto ambientale e il momento storico-sociale in cui sono stati realizzati i rimboschimenti, sia per le motivazioni per le quali essi sono stati eseguiti.

Nella prima area i rimboschimenti risalgono alla metà degli anni cin- quanta e si inseriscono nell’ambito degli interventi di conservazione del suolo; nella seconda sono più recenti e la finalità era di recupero di terreni marginali all’agricoltura.

Per il pino laricio la preparazione del suolo prevalentemente a gradoni, e solo in alcune condizioni morfologiche a buche, è quella tradizionalmente adottata nell’ambito delle sistemazioni dei bacini montani con versanti molto acclivi.

Per il pino d’Aleppo l’aratura andante e la rippatura rappresentano modalità tipiche di lavorazione nel campo dell’arboricoltura da legno.

L’analisi dei dati acquisiti pur non essendo confrontabili tra loro per- ché riferiti a contesti pedoclimatici, specie e tecniche di rimboschimento differenti, ha consentito di evidenziare le peculiarità di ciascuna delle tecni- che adottate.

Per il pino laricio dal confronto tra i risultati ottenuti con la prepara-

zione a buche distanti 2,0 m tra loro (2500 piante ha

-1

) e con i gradoni posti

a distanze di 2 m (5000 piante ha

-1

), 3 m (3333 piante ha

-1

) e 4 m (2500

piante ha

-1

) è emerso che con quest’ultima tecnica la mortalità è maggiore

rispetto alle buche e che nelle situazioni più difficili raggiunge valori supe-

riori al doppio, anche dove le distanze tra i gradoni avevano determinato

una densità iniziale uguale a quella delle buche. Quest’ultimo aspetto con-

ferma come a parità di densità un ruolo importante svolge il tipo di distri-

buzione spaziale delle piante: più uniforme con le buche, meno con i gra-

(18)

doni, lungo i quali si manifesta una marcata concorrenza. Concorrenza che, invece, è risultata indipendente dalla distanza tra i gradoni visto che la dif- ferenza tra i valori di mortalità è compresa tra il 5 e il 9%.

La diversa distribuzione spaziale determina inoltre effetti differenti sul- l’accrescimento delle singole piante in relazione alla fertilità della stazione.

Infatti, nel bacino dell’Arente, rispetto alla Sila Greca, a parità di età dei popolamenti, l’altezza media è nettamente superiore e la distribuzione delle piante in classi diametriche nel caso dei gradoni è spostata verso i diametri maggiori. In Sila Greca, invece, i diametri maggiori si hanno con la prepara- zione a buche.

La distribuzione delle piante in classi di diametro è abbastanza simile tra loro nei popolamenti su gradoni e i differenti valori attuali di densità influenzano gli elementi biometrici dei popolamenti.

Per il pino laricio i risultati, in sintesi, confermano come la priorità nell’utilizzo della tecnica del gradonamento era dovuta alla necessità di interrompere la continuità dei versanti per contrastare l’erosione superficia- le e non alla loro maggiore idoneità colturale rispetto alle buche.

Per il pino d’Aleppo i risultati, a 19/20 anni dall’impianto, mettono in luce come a parità di densità iniziale la mortalità e gli elementi biometrici siano indipendenti dalla tecnica di lavorazione adottata (lavorazione andan- te, rippatura), mentre le diverse densità iniziali, conseguenti a differenti sesti d’impianto (a rettangolo, a settonce), non influenzano la mortalità bensì la produzione complessiva del popolamento, dipendente dal maggior numero di piante ad ettaro.

In entrambi gli ambienti studiati gli elevati valori degli incrementi medi annui confermano che il pino laricio e il pino d’Aleppo si comportano come specie a rapido accrescimento e gli interventi, pur essendo stati realiz- zati con presupposti e tecniche differenti, hanno prodotto effetti positivi in termini di conservazione del suolo e di miglioramento del paesaggio.

SUMMARY

Soil preparation and planting density in Aleppo and Calabrian pine reafforestations: analysis and first results

The degradation of soils due to natural and anthropic factors is a crucial problem in the Mediterranean area. In order to contrast it, reafforestation can be an efficient action to prevent or reduce soil erosion and/or impoverishment. However, the hard climatic conditions and the remarkable pedological variability require the application of proper techniques that can assure the success of the interventions.

In this paper we present the results of reafforestations carried out in different

(19)

337

PREPARAZIONE DEL SUOLO E DENSITÀ D

IMPIANTO

pedoclimatic situations. Special emphasis was put on the influence of various planting techniques on the main biometric parameters. The results generally showed some significant differences between pit and terrace planting in terms of global rooting, but not in the growth rate of trees. Considering that, in most of the investigated cases the terracing technique can be considered a better choice, as it provided the additional advantage to notably reduce the surface erosion in the steepest slopes.

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