1 Lo spazio proiettivo
Definizione 1.1. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo K. Lo spazio proiettivo P(V ) associato a V `e lo spazio quoziente
P(V ) := (V r {0})/ ∼
dove ∼ ` e la relazione di equivalenza su V cos`ı definita: u ∼ v in V se esiste λ ∈ K
∗(K
∗= K \ {0}) tale che u = λv. La dimensione di P(V )
dim P(V ) = dim V − 1.
Chiameremo P(V ) retta proiettiva se dim P(V ) = 1, piano proiettivo se dim P(V ) = 2. Indicheremo con [u] il punto di P(V ) costituito dalla classe di equivalenza del vettore u ∈ V .
Se V = K
n+1allora useremo la notazione P
n(K) al posto di P(V ) e P
nse K = R.
Chiameremo P
n(K) lo spazio proiettivo strandard. In tal caso useremo le notazioni v = (x
0, . . . , x
n) ∈ K
n+1e
[v] = [x
0, . . . , x
n].
Definizione 1.2. Sia W un sottospazio vettoriale di V , W 6= {0}. Lo spazio proiettivo P(W ) si immerge in modo naturale in P(V ), infatti se u ∈ W e v ∈ V tale che v ∼ u allora v ∈ W . In altre parole
[u] ∈ P(W ) ⇐⇒ u ∈ W.
Diremo che S ⊂ P(V ) `e un sottospazio lineare di P(V ) (o semplicemente sot- tospazio di P(V )) se esiste un sottospazio vettoriale W di V tale che S = P(W ).
E immediato vedere che se S = P(W `
1) = P(W
2) allora W
1= W
2. Definiamo dim S := dim W − 1.
Se W = {0} allora poniamo P(W ) = ∅ e dim(∅) = −1. Chiameremo retta, piano, iperpiano (proiettivi) di P(V ) i sottospazi di dimensione 1, 2, n − 1, dove n = dim P(V ). I punti sono i sottospazi di dimensione 0.
Osservazione 1.3. Siano W
1e W
2due sottospazi vettoriali di V . Allora P(W
1∩ W
2) = P(W
1) ∩ P(W
2).
In generale, se {W
i}
i∈I` e una famiglia di sottospazi vettoriali di V , allora
P
\
i∈I
W
i!
= \
i∈I
P(W
i).
Definizione 1.4. Sia Y ⊂ P(V ), Y 6= ∅. Il sottospazio generato da Y `e l’insieme J(Y ) cos`ı definito
J(Y ) = \
S∈SY
S
dove S
Y` e l’insieme dei sottospazi di P(V ) che contengono Y . In altre parole J(Y ) = P(W )
dove W ` e il sottospazio vettoriale generato da {u ∈ V : [u] ∈ Y }. In particolare se S
i= P(W
i), i = 1, . . . , m, sono sottospazi allora
J
m
[
i=1
S
i!
= P(hW
1, . . . , W
mi) = P(W
1+ · · · + W
m),
dove hW
1, . . . , W
mi `e il sottospazio vettoriale generato dai sottospazi W
1, . . . , W
m. Se Y
1, . . . , Y
msono sottoinsiemi di P(V ) scriveremo anche J(Y
1, . . . , Y
m) al posto di J(Y
1∪· · ·∪Y
m). Chiameremo J(Y
1, . . . , Y
m) anche il congiungente di Y
1, . . . , Y
m. Se Y
i= P
i∈ P(V ) sono punti, i = 1, . . . , m, allora
J(Y
1, . . . , Y
m) = P(hv
1, . . . , v
mi)
dove [v
i] = P
i, i = 1, . . . , m, e hv
1, . . . , v
mi) `e il sottospazio generato dai vettori v
1, . . . , v
m.
• Siano V uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo K, W
1e W
2due suoi sottospazi, allora
W
1+ W
2= dim W
1+ dim W
2− dim(W
1∩ W
2). (1.1) Teorema 1.5 (Formula di Grassmann proiettiva). Siano S e T due sottospazi di P(V ). Allora
dim J(S, T ) = dim S + dim T − dim(S ∩ T ). (1.2) Dimostrazione. Poich` e S = P(W
1) e T = P(W
2) con dim S = dim W
1− 1 e dim T = dim W
2− 1 ed essendo, per l’ Osservazione 1.3, S ∩ T = P(W
1∩ W
2), per la (1.1), avremo
dim J(S, T ) = dim(W
1+ W
2) − 1
= dim W
1+ dim W
2− dim(W
1∩ W
2) − 1
= dim S + 1 + dim T + 1 − (dim(S ∩ T ) + 1) − 1
= dim S + dim T − dim(S ∩ T ).
La tesi ` e cos`ı provata.
Definizione 1.6. Due sottospazi S e T di P(V ) sono detti sghembi se S ∩ T = ∅, incidenti se S ∩ T 6= ∅.
2 rette distinte in P
2(K) si incontrano in un punto.
2 piani distinti in P
3(K) si incontrano in una retta.
1 retta e 1 piano che non la contiene in P
3(K) si incontrano in un punto.
In P
3(K) esistono rette sghembe.
Definizione 1.7. Sia dim V = n + 1. Siano dati i punti P
i= [u
i] ∈ P(V ), u
i∈ V , i = 1, . . . , m. Diremo che i punti P
1, . . . , P
msono indipendenti (dipendenti) se i vettori u
1, . . . , u
msono linearmente indipendenti (linearmente dipendenti). Os- serviamo subito che la definizione ` e ben posta, infatti se P
i= [v
i], i = 1, . . . , m, allora, essendo v
i= λ
iu
i, λ
i6= 0, i = 1, . . . , m, i vettori v
1, . . . , v
msono linear- mente indipendenti. Infatti
m
X
i=1
µ
iv
i= 0 =⇒
m
X
i=1
µ
iλ
iu
i= 0 =⇒ µ
iλ
i= 0, i = 1, . . . , m
ma, essendo λ
i6= 0, i = 1, . . . , m, ci` o implica che µ
i= 0, i = 1, . . . , m. In altre parole m punti P
1, . . . , P
m∈ P(V ) sono indipendenti se dim J(P
1, . . . , P
m) = m − 1, sono dipendenti se dim J(P
1, . . . , P
m) < m − 1.
Pi` u in generale diremo che m sottospazi S
r1, . . . , S
rm, r
j= dim S
rjper j = 1, . . . , m, sono indipendenti se
dim J(S
r1, . . . , S
rm) + 1 =
m
X
j=1
(r
j+ 1) =
m
X
j=1
r
j+ m.
Ci` o equivale a dire che, se S
rj= P(W
rj) si ha
W
r1+ · · · + W
rm= W
r1⊕ · · · ⊕ W
rm.
Siano S
me S
tdue due sottospazi di P(V ) di dimensione m e t rispettivamente.
Sia S
c= J(S
m, S
t) lo spazio congiungente di dimensione c e S
i= S
m∩ S
t, di dimensione i. La (1.2) diviene quindi
c = m + t − i.
Essendo c ≤ n si ha
i ≥ m + t − n. (1.3)
• Se m + t ≥ n, i sottospazi S
me S
tsono necessariamente incidenti.
• Se m + t < n allora i sottospazi S
me S
tpossono essere sghembi.
E immediato vedere che m sottospazi S `
r1, . . . , S
rmsono indipendenti se e solo se il congiungente di un numero qualsiasi di essi ` e sghembo con il congiungente dei restanti.
• Diremo che i sottospazi S
me S
tsono in posizione generale se i ` e il pi` u piccolo possibile, cio` e se
i =
( −1 m + t < n m + t − n m + t ≥ n.
Diremo che k punti P
1, . . . , P
k∈ P(V ) sono in posizione generale se k ≤ n + 1 e P
1, . . . , P
ksono indipendenti, oppure se k > n + 1 e n + 1 punti comunque scelti tra essi sono indipendenti.
• Diremo che i sottospazi S
me S
tsono complementari se sono sghembi e m + t = n − 1 cio` e se J(S
m, S
t) = P(V ).
In P
1(K) i soli insiemi di spazi indipendenti sono: 2 punti distinti.
In P
2(K) i soli insiemi di spazi indipendenti sono: 2 punti distinti, 3 punti non allineati, una retta e un punto che non sta sulla retta.
In P
3(K) i soli insiemi di spazi indipendenti sono: 2 punti, 3 punti non allineati, 4 punti non complanari, 2 rette sghembe, una retta e un punto che non sta sulla retta, un piano e un punto che non sta sul piano.
2 rette sghembe di P
3(K) sono complementari.
Sono in posizione generale:
m punti distinti in P
1(K);
m punti distinti, a 3 a 3 non allineati in P
2(K);
m punti distinti, a 4 a 4 non complanari e a 3 a 3 non allineati in P
3(K).
Definizione 1.8 (Sistema di riferimento proiettivo). Sia V un K-spazio vettoriale di dimensione n + 1. Fissiamo una base ordinata E = {e
0, . . . , e
n} di V . Allora ad ogni v ∈ V possiamo associare biunivocamente la (n + 1)-upla (x
0, . . . , x
n) ∈ K
n+1in modo che
v = x
0e
0+ · · · + x
ne
n. (1.4)
e quindi scrivere v = (x
0, . . . , x
n)
E. La scelta della base ordinata E di V definisce
in P(V ) un sistema di coordinate omogenee o anche un riferimento proiettivo, che
indicheremo con S(e
0, . . . , e
n): se P ∈ P(V ), P = [v] e v = (x
0, . . . , x
n)
E, diremo che x
0, . . . , x
nsono le coordinate omogenee di P rispetto a E e porremo
P = [x
0, . . . , x
n]
S(e0,...,en).
Se P = [w] e w = (y
0, . . . , y
n)
Eallora x
i= λy
i, i = 0, . . . , n, λ ∈ K
∗e viceversa.
Le coordinate omogenee di P sono quindi definite a meno di un fattore di pro- porzionalit` a in K
∗. Pertanto se F = {f
0, . . . , f
n} `e un’altra base ordinata di V allora
S(e
0, . . . , e
n) = S(f
0, . . . , f
n) ⇐⇒ e
i= λf
i, i = 0, . . . , n,
con λ ∈ K
∗. Fissare un sistema di coordinate omogenee su P(V ) equivale pertanto a scegliere una base ordinata di V a meno di un fattore di proporzionalit` a.
Osserviamo ancora che fissare un sistema di coordinate omogenee su P(V ) induce l’“identificazione” di P(V ) con P
n(K) data da
P ←→ [x
0, . . . , x
n] = [x
0, . . . , x
n]
S(e0,...,en)e quindi realizza lo spazio proiettivo P(V ) con il “modello” P
n(K).
Se V = K
n+1e la base E ` e quella canonica, il sistema di riferimento ad essa associato in P
n(K) si dir` a sistema di riferimento proiettivo canonico.
E comodo introdurre la nozione di “combinazione lineare di punti in P(V )”, ` di cui faremo uso nel seguito.
Definizione 1.9 (Combinazione lineare di punti in P(V )). Siano P
i= [v
i], v
i∈ V , i = 1, . . . , t, t punti di P(V ). Se λ
1, . . . , λ
t∈ K sono costanti non tutte nulle consideriamo il punto P combinazione lineare dei punti P
i` e definito mediante
P =
t
X
i=1
λ
iP
i:=
"
tX
i=1
λ
iv
i# .
Osserviamo che se P
i= [w
i], i = 1, . . . , t, allora w
i= µ
iv
i, µ
i∈ K
∗, i = 1, . . . , t, quindi, in generale, non esiste k ∈ K
∗tale che
t
X
i=1
λ
iw
i= k
t
X
i=1
λ
iv
i.
Pertanto la combinazione lineare dei punti P
idipende, in generale, dalla scelta dei vettori v
irappresentanti i punti P
i. In ogni caso comunque si ha che
t
X
i=1
λ
iP
i∈ J(P
1, . . . , P
t).
Osservazione 1.10. Un sistema di riferimento proiettivo S(e
0, . . . , e
n) di P(V ) determina gli n + 1 punti fondamentali A
0= [e
0],. . . , A
n= [e
n], e il punto unit` a U = [e
0+ · · · + e
n]. Si vede immediatamente che i punti A
0, . . . , A
n, U sono in posizione generale. Diremo anche che i punti A
0, . . . , A
n, U sono i punti base del sistema di riferimento S(e
0, . . . , e
n) e scriveremo (cfr. Definizione 1.9) U = A
0+ · · · + A
n.
Viceversa una (n + 2)-pla di punti P
0, . . . , P
n, M in posizione generale deter- mina un unico sistema di riferimento di cui essi sono i punti fondamentali e il punto unit` a. Consideriamo infatti n + 1 vettori v
0, . . . , v
n∈ V tali che [v
i] = P
i, i = 0, . . . , n. Poich´ e P
0, . . . , P
nsono indipendenti, v
0, . . . , v
ncostituiscono una base di V . Quindi, se u ` e un vettore di V tale che [u] = M , risulta
u = λ
0v
0+ · · · + λ
nv
nper opportuni λ
0, . . . , λ
n∈ K tutti non nulli perch`e u 6= 0. Il sistema di rifer- imento S(λ
0v
0, . . . , λ
nv
n) ha le propriet` a richieste. Per quanto riguarda la sua unicit` a, si osservi che i coefficienti λ
0, . . . , λ
ndipendono in effetti dalla scelta del vettore u tale che [u] = M , ma sono unici a meno di una costante moltiplicativa e quindi il sistema di riferimento ` e unico.
In altre parole a scelta del punto unit` a equivale alla scelta della base di V a meno di una costante moltiplicativa non nulla.
Esempio 1.11. In P
4(R) siano dati i punti
A
0= [1, 2, 3, 4, 5], A
1= [0, 1, 0, 1, 0], A
2= [0, 0, 0, 0, 1], A
3= [1, 0, 0, 0, 1], A
4= [2, 1, 2, 1, 0], U = [−1, −1, 2, 3, 7]
Si verifica subito che A
0, A
1, A
2, A
3, A
4, U sono in posizione generale. Dobbiamo determinare λ
0, λ
1, λ
2, λ
3, λ
4, tutti non nulli, in modo che
λ
0A
0+ λ
1A
1+ λ
2A
2+ λ
3A
3+ λ
4A
4= U, cio` e
λ
0+ λ
3+ 2λ
4= −1 2λ
0+ λ
1+ λ
4= −1 3λ
0+ 2λ
4= 2 4λ
0+ λ
1+ λ
4= 3 5λ
0+ λ
2+ λ
3= 7.
Avremo
λ
0= 2, λ
1= −3, λ
2= −4, λ
3= 1, λ
4= −2.
Si ` e pertanto scelto la base E di R
5cos`ı costituita
e
0= (2, 4, 6, 8, 10), e
1= (0, −3, 0, −3, 0), e
2= (0, 0, 0, 0, −4), e
3= (1, 0, 0, 0, 1), e
4= (−4, −2, −4, −2, 0).
Le vecchie coordinate [x
0, x
1, x
2, x
3, x
4] sono espresse in funzione delle nuove co- ordinate [y
0, y
1, y
2, y
3, y
4] da
%x
0= 2y
0+ y
3− 4y
4%x
1= 4y
0− 3y
1− 2y
4%x
2= 6y
0− 4y
4%x
3= 8y
0− 3y
1− 2y
4%x
4= 10y
0− 4y
2+ y
3,
% 6= 0,
o, in forma matriciale,
%x
0%x
1%x
2%x
3%x
4
=
2 0 0 1 −4
4 −3 0 0 −2
6 0 0 0 −4
8 −3 0 0 −2
10 0 −4 1 0
y
0y
1y
2y
3y
4
.
Le nuove coordinate [y
0, y
1, y
2, y
3, y
4] sono espresse in funzione delle vecchie coor- dinate [x
0, x
1, x
2, x
3, x
4] da
%y
0%y
1%y
2%y
3%y
4
=
2 0 0 1 −4
4 −3 0 0 −2
6 0 0 0 −4
8 −3 0 0 −2
10 0 −4 1 0
−1
x
0x
1x
2x
3x
4
.
NB. La presenza di % sta a significare che queste sono coordinate omogenee, quindi definite a meno di una costante moltiplicativa non nulla.
Definizione 1.12 (Equazioni parametriche e cartesiane di un sottospazio).
Sia dim V = n + 1. Siano dati, in P(V ), m + 1 punti P
0, . . . , P
mindipendenti con m ≤ n − 1 aventi coordinate
P
i= [p
i0, . . . , p
in], i = 0, . . . , m,
rispetto ad un sistema di riferimento proiettivo fissato S = S(e
0, . . . , e
n). Il sot- tospazio S
m= J(P
0, . . . , P
m) da essi generato ha equazioni parametriche (rispetto ad S)
%x
0= λ
0p
00+ · · · + λ
mp
m0.. . .. . .. .
%x
n= λ
0p
0n+ · · · + λ
mp
mn.
(1.5)
NB. La presenza di % sta a significare che queste sono coordinate omogenee, quindi definite a meno di una costante moltiplicativa non nulla.
Siano [x
0, . . . , x
n] le coordinate di un generico punto di P(V ) (rispetto ad S) e
M =
x
0· · · x
np
00· · · p
0n.. . .. . .. . p
m0· · · p
mn
.
Imponendo che
rk(M ) = m + 1,
dove rk(M ) ` e il rango della matrice M , diamo origine ad un sistema lineare di n − m equazioni ottenute annullando gli n − m determinanti m + 2 × m + 2 che orlano un minore non nullo m + 1 × m + 1 della matrice (di caratteristica m + 1)
p
00· · · p
0n.. . .. . .. . p
m0· · · p
mn
. Tali equazioni sono le equazioni cartesiane di S
m.
• L’iperpiano S
n−1= J(P
0, . . . , P
n−1) ha equazione
x
0· · · x
np
00· · · p
0n.. . .. . .. . p
n−1 0· · · p
n−1 n= 0,
che ` e, sviluppando il determinante secondo la prima riga, della forma α
0x
0+ · · · + α
nx
n= 0
dove
α
j= (−1)
jp
00. . . p c
0j. . . p
0n.. . .. . .. .
p
n−1 0. . . p [
n−1 j. . . p
n−1 n, j = 0, . . . , n,
dove il simbolo b sugli elementi della colonna j-esima indica che la stessa ` e eliminata. Pertanto
- la retta di P
2(K) passante per i punti (distinti)
P
0= [p
00, p
01, p
02], P
1= [p
10, p
11, p
12], ha equazione
x
0x
1x
2p
00p
01p
02p
10p
11p
12= 0;
- il piano di P
3(K) passante per i punti (non allineati)
P
0= [p
00, p
01, p
02, p
03], P
1= [p
10, p
11, p
12, p
13], P
2= [p
20, p
21, p
22, p
23] ha equazione
x
0x
1x
2x
3p
00p
01p
02p
03p
10p
11p
12p
13p
20p
21p
22p
23= 0.
• La retta S
1= J(P
0, P
1) di P
n(K) ha n−1 equazioni che si possono pi` u facilmente ottenere dalle equazioni parametriche
%x
0= λ
0p
00+ λ
1p
10.. . .. . .. .
%x
n= λ
0p
0n+ λ
1p
1n. eliminando i parametri λ
0e λ
1.
Osservazione 1.13. Si consideri in K
n+1il sistema lineare omogeneo
a
00x
0+ · · · + a
0nx
n= 0 .. . .. . .. . a
m0x
0+ · · · + a
mnx
n= 0.
Sia r il rango della matrice
M =
a
00· · · a
on.. . . .. .. . a
m0· · · a
mn
.
Il sottospazio vettoriale W di K
n+1delle soluzioni ha dimensione n + 1 − r; ad esso corrisponde il sottospazio lineare di P
n(K)
S
n−r= P(W ) = J(P
1, . . . , P
n+1−r)
con P
j= [v
j], j = 1, . . . , n + 1 − r, dove {v
1, . . . , v
n+1−r} `e una base di W . Esempio 1.14. Nel Esempio 1.11 l’iperpiano di P
4(R) di equazione 2x
0− 3x
2− x
3+ 5x
4= 0 nelle vecchie coordinate ha, nelle nuove coordinate, equazione
2(2y
0+ y
3− 4y
4) − 3(6y
0− 4y
4) − (8y
0− 3y
1− 2y
4) + 5(10y
0− 4y
2+ y
3) = 0 cio` e 28y
0+ 3y
1− 20y
2+ 7y
3+ 6y
4= 0.
Osservazione 1.15 (Sistema di riferimento su un sottospazio). Dalle equazioni parametriche (1.5) del sottospazio S
m= J(P
0, . . . , P
m) della Definizione 1.12 otteniamo subito il riferimento proiettivo per S
mdato dalle coordinate omogenee [λ
0, . . . , λ
m]. I punti base di questo riferimento sono P
0, . . . , P
me U = P
0+ · · · + P
m. Possiamo scegliere un altro punto unit` a Q = [q
0, . . . , q
n] ∈ S
m. In questo caso, se P
i= [p
i0, . . . , p
in], i = 0, . . . , m, dobbiamo determinare una m + 1-upla omogenea (a
0, . . . , a
m) tale che
m
X
i=0
a
ip
ik= q
k, k = 0, . . . , n.
Siffatta m-upla omogenea ` e unica. Per il sottospazio S
msi ha quindi la rappre- sentazione parametrica
ρx
0= λ
0a
0p
00+ λ
1a
1p
10+ · · · λ
ma
mp
m0.. . .. . .. . .. . .. . ρx
n= λ
0a
0p
0n+ λ
1a
1p
1n+ · · · λ
ma
mp
mn.
In tal modo [λ
0, . . . , λ
m] sono per S
mil sistema di coordinate proiettive rispetto al quale P
0, . . . , P
me Q sono i punti [1, 0, . . . , 0], . . . , [0, 0, . . . , 1] e [1, 1, . . . , 1].
1) Consideriamo la retta di equazione cartesiana 2x
0+ x
1− x
2= 0 in P
2(R) e su di essa i tre punti distinti P
0= [1, 1, 3], P
1= [1, 0, 2], Q = [−1, 2, 0]. Vogliamo mettere su r un riferimento proiettivo in modo che P
0e P
1siano i punti fonda- mentali e Q sia il punto unit` a. Dobbiamo quindi determinare la coppia omogenea (a, b) tale che
a(1, 1, 3) + b(1, 0, 2) = (−1, 2, 0).
Dobbiamo risolvere il sistema
a + b = −1
a = 2
3a + 2b = 0,
che d` a a = 2, b = −3. Quindi P
1= [2, 2, 6] e P
2= [−3, 0, −6] Per la retta r si ha quindi la rappresentazione parametrica
ρx
0= 2λ
0− 3λ
1ρx
1= 2λ
0ρx
2= 6λ
0− 6λ
1.
Si ha in tal modo per r il sistema di coordinate proiettive [λ
0, λ
1] rispetto al quale P
1, P
2e Q sono i punti [1, 0], [0, 1] e [1, 1].
2) In P
3sia dato il piano π di equazione x
0− 2x
1+ x
3= 0. Mettiamo su di esso un sistema di coordinate, S, e scriviamo l’equazione in π, rispetto al sistema S, della retta r di P
3di equazioni x
0− 2x
1+ x
3= x
0+ x
2= 0.
Scegliamo su π i punti P
0= [1, 0, 2, −1], P
1= [2, 1, 1, 0], P
2= [0, 1, 0, 2], Q = [−3, 0, 1, 3]. Determiniamo la terna (a
0, a
1, a
2) in modo che
(−3, 0, 1, 3) = a
0(1, 0, 2, −1) + a
1(2, 1, 1, 0) + a
2(0, 1, 0, 2).
Otteniamo a
0= 5
3 , a
1= − 7
3 , a
2= 7 3 e P
0= [ 5
3 , 0, 10 3 , − 5
3 ], P
1= [− 14 3 , − 7
3 , − 7
3 , 0], P
2= [0, 7 3 , 0, 14
3 ].
Per il piano π si ha quindi la rappresentazione parametrica (avendo assorbito il denominatore 3 in %)
ρx
0= 5λ
0− 14λ
1ρx
1= −7λ
1+ 7λ
2ρx
2= 10λ
0− 7λ
1ρx
3= −5λ
0+ 14λ
2.
e λ
0, λ
1, λ
2sono coordinate proiettive omogenee su π nel sistema di riferimento
avente P
0, P
1, P
2come punti fondamentali e Q come punto unit` a. Sostituendo
nell’equazione di r si trova 15λ
0− 21λ
1= 0. Dunque in π, rispetto al sistema
S
[λ0,λ1,λ2], la retta r ha equazione 5λ
0− 7λ
1= 0.
Lemma 1.16. Sia S
kun sottospazio di P(V ), con dim V = n, di dimensione k, allora esiste un riferimento proiettivo di P(V ) tale che le equazioni di S sono
y
0= · · · = y
n−k−1= 0.
Ci` o equivale a supporre che S = J(A
n−k, . . . , A
n) dove A
j= [0, . . . , 0, 1
|{z}
j−esimo posto
, 0 . . . , 0].
Inoltre [y
n−k, . . . , y
n] sono coordinate proiettive per il sottospazio S.
Dimostrazione. Siano
a
00x
0+ . . . + a
0nx
n= 0
.. . .. .
a
n−k−1 0x
0+ . . . + a
n−k−1 nx
n= 0
(1.6)
le equazioni di S (rispetto a un riferimento proiettivo di P(V )) con
D =
a
00a
01· · · a
0 n−k−1.. . .. . .. . .. . a
n−k−1 0a
n−k−1 1· · · a
n−k−1 n−k−16= 0.
Allora
%y
0= a
00x
0+ . . . + a
0nx
n.. . .. .
%y
n−k−1= a
n−k−1 0x
0+ . . . + a
n−k−1 nx
n%y
n−k= x
n−k.. . .. .
%y
n= x
n`
e un cambiamento di coordinate rispetto al quale le equazioni di S sono y
0= · · · = y
n−k−1= 0.
Infatti la matrice
a
00a
01· · · a
0 n−k−1a
0 n−k· · · a
0n.. . .. . . .. .. . .. . . .. .. .
a
n−k−1 0a
n−k−1 1· · · a
n−k−1 n−k−1a
n−k−1 n−k· · · a
n−k−1 n0 0 · · · 0 1 · · · 0
.. . .. . . .. .. . .. . . .. .. .
0 0 · · · 0 0 · · · 1
ha determinante D 6= 0.
Osservazione 1.17. In riferimento al Lemma 1.16 possiamo ovviamente scegliere un altro riferimento proiettivo in modo che le equazioni di S siano
y
k+1= · · · = y
n= 0.
In riferimento alla (1.6) avremo il cambiamento di coordinate
%y
0= x
0.. . .. .
%y
k= x
k%y
k+1= a
00x
0+ . . . + a
0nx
n.. . .. .
%y
n= a
n−k−1 0x
0+ . . . + a
n−k−1 nx
n. Ci` o equivale a supporre che S = J(A
0, . . . , A
k) dove
A
j= [0, . . . , 0, 1
|{z}
j−esimo posto
, 0 . . . , 0].
Inoltre [y
0, . . . , y
k] sono coordinate proiettive per il sottospazio S.
Esercizio 1.18. Siano r
1, r
2, r
3tre rette di P
n, sghembe a due a due. Sia R l’insieme delle rette di P
nche si appoggiano a r
1, r
2, r
3e S
clo spazio che congiunge le tre rette. Allora
i) se c = 3, R `e una quadrica di S
3;
ii) se c = 4, R `e costituito da una sola retta;
iii) se c = 5, R = ∅.
Sol. Ciascuna delle tre rette ` e individuata da una coppia di punti. Sia r
1= r
A1A2, r
2= r
B1B2, r
3= r
C1C2. Sia S
c= J(A
1, A
2, B
1, B
2, C
1, C
2) lo spazio congiungente dei 6 punti dati. Consideriamo i casi possibili a seconda della di- mensione di S
c. Poich´ e le tre rette r
1, r
2, r
3sono sghembe si ha intanto 3 ≤ c ≤ 5.
• Se c = 3, le rette cercate sono infinite e costituiscono una quadrica di S
3= P
3. Svolgeremo questo punto pi` u avanti.
• Sia c = 4. Si ha dim J(r
1, r
2) = 3 e, per l’ipotesi,
J(J(r
1, r
2), r
3) = J(A
1, A
2, B
1, B
2, C
1, C
2) = S
4.
Dunque r
3incontra J(r
1, r
2) in un punto, P . Il problema ` e quindi equivalente a
quello di determinare il numero delle rette r di un S
3(= J(r
1, r
2)) che si appog-
giano a due rette date, r
1, r
2, e passanti per un punto assegnato P . Esiste una
e una sola di tali rette r ottenuta come intersezione dei piani J(r
1, P ) e J(r
2, P ), r = J(r
1, P ) ∩ J(r
2, P ).
• Sia c = 5, cio`e i 6 punti dati sono linearmente indipendenti. In questo caso non esiste alcuna retta che si appoggia a r
1, r
2, r
3. Ragionando per assurdo, supponiamo che tale retta esista. I sei punti apparterrebbero all’S
4che congiunge questa retta con tre punti non appartenenti ad essa e scelti uno su r
1, uno su r
2, uno su r
3.
Esercizio 1.19. Siano α, β, γ tre piani di P
nsghembi a due a due. Sia F l’insieme delle rette di P
nche li incontrano tutti e tre e S
c= J (α, β, γ). Allora
i) se c = 5, F `e costituito da ∞
2rette;
ii) se c = 6, F `e una quadrica di S
3;
iii) se c = 7, F `e costituito da una sola retta;
iv) se c = 8, F = ∅.
Sol. Sia S
c= J (α, β, γ). Risulta 5 ≤ c ≤ 8. Analizziamo i quattro casi possibili.
i) I tre piani stanno in un S
5, cio` e c = 5. Sia P ∈ α. Allora l’S
3= J(P, β) e l’S
3= J (P, γ) si intersecano lungo una retta passante per P e che incontra α (in P ), β e γ. Per ogni punto P ∈ α troviamo dunque una delle rette richieste: tali rette sono pertanto ∞
2.
ii) I tre piani stanno in un S
6(ma non in un S
5), cio` e c = 6. L’S
5= J(α, β) che congiunge α e β e l’S
5che congiunge α e γ si intersecano (in S
6) in un S
4che passa per il piano α. Le rette richieste stanno in questo S
4. Questo S
4interseca β in una retta b e γ in una retta g. Le rette richieste incontrano b e g e quindi stanno nell’S
3che congiunge b e g. Questo S
3(in S
4) taglia α in una retta a. Le rette richieste sono dunque le rette di un S
3appoggiate a tre rette sghembe a due a due. Come detto sopra costituiscono una quadrica dell’S
3.
iii) I tre piani stanno in un S
7(ma non in un S
6), cio` e c = 7. Si trova in questo caso una sola retta r. L’S
5= J (α, β) incontra γ in un punto, P . Allora r ` e l’intersezione, in S
5, dei due S
3che congiungono α con P e β con P rispettiva- mente. Cio` e r = J (α, P ) ∩ J (β, P ).
iv) Nel caso c = 8 non si trova alcuna retta.
2 Dualit` a nello spazio proiettivo
Definizione 2.1. Sia V un K-spazio vettoriale (con dim V = n + 1) e sia V
∗= Hom(V, K) = {f : V → K : f lineare}
il suo duale. Gli elementi di V
∗si dicono funzionali lineari su V . Ad ogni base B di V `e associata biunivocamente la base duale B
∗di B; se B = {e
0, e
1, . . . , e
n} allora B
∗= {e
∗0, e
∗1, . . . , e
∗n} dove
e
∗j(e
i) =
( 1 i = j 0 i 6= j.
Proposizione 2.2. La base duale B
∗` e una base di V
∗, pertanto dim V
∗= dim V . Dimostrazione. Supponiamo si abbia
n
X
i=0
λ
ie
∗i= 0 ∈ V
∗.
Allora per j = 0, . . . , n si ha 0 =
n
X
i=0
λ
ie
∗i(e
j) = λ
j. Quindi B
∗` e un insieme libero.
Sia f ∈ V
∗. Allora se
g =
n
X
i=0
f (e
i)e
∗i∈ V
∗si ha g(e
j) = f (e
j), j = 0, . . . , n, quindi g = f . Allora B
∗genera V
∗. Definizione 2.3 (Isomorfismi canonici). Gli spazi V e V
∗hanno la stessa dimensione (finita) e quindi sono isomorfi ma non canonicamente isomorfi, cio` e per definire un isomorfismo f : V → V
∗` e necessario fissare le immagini una base B = {e
0, e
1, . . . , e
n} in V . Se per` o V ` e dotato di un prodotto scalare (u, v) → u·v, per u, v ∈ V , allora si ha l’isomorfismo canonico
V → V
∗, u → f
u, f
u(v) = u · v, ∀ v ∈ V.
In particolare se V = K
n+1(o, equivalentemente si ` e fissata una base B = {e
0, e
1, . . . , e
n} in V ), il prodotto scalare su V
(x
0, . . . , x
n) · (y
0, . . . , y
n) = x
0y
0+ · · · + x
ny
n, permette di identificare V con V
∗mediante l’isomorfismo canonico
a ∈ V ←→ f
a∈ V
∗(2.1)
dove a = (a
0, . . . a
n) e
f
a(x
0, . . . , x
n) = (a
0, . . . , a
n) · (x
0, . . . , x
n) = a
0x
0+ . . . + a
nx
n.
• Indichiamo con V
∗∗il duale secondo di V cio` e (V
∗)
∗. Esiste un isomorfismo naturale α : V → V
∗∗definito da
(α(v))(f ) = f (v), f ∈ V
∗, v ∈ V. (2.2) Chiameremo spazio proiettivo duale di P(V ) lo spazio proiettivo P(V
∗). Se V = K
n+1allora P(V
∗) sar` a indicato con P
n(K)
∗. Grazie all’isomorfismo canonico α : V → V
∗∗possiamo identificare P(V ) con P(V
∗∗), [v] ←→ [α(v)].
Definizione 2.4. Sia W un sottospazio di V . Chiameremo l’annullatore di W il sottospazio di V
∗A(W ) = {f ∈ V
∗| f (u) = 0, ∀ u ∈ W }.
Proposizione 2.5. Siano W , W
1e W
2sottospazi di V . Allora:
i) A(V ) = {0}; A({0}) = V
∗. ii) dim A(W ) = dim V − dim W .
iii) W
1⊂ W
2⇐⇒ A(W
1) ⊃ A(W
2), quindi W
1= W
2⇐⇒ A(W
1) = A(W
2).
iv) A(W
1+ W
2) = A(W
1) ∩ A(W
2).
v) A(W
1∩ W
2) = A(W
1) + A(W
2).
vi) Mediante l’identificazione canonica (2.2) si ha A(A(W )) = W . Dimostrazione. i) Immediato.
ii) Sia r = dim W . Prendiamo una base {v
0, . . . , v
n} di V in modo che v
0, . . . , v
r−1∈ W . Sia {v
∗0, . . . , v
n∗} la base duale. ` E immediato verificare che un generico ele- mento di V
∗u
∗=
n
X
i=0
a
iv
i∗sta in A(W ) se e solo se a
0= a
1= · · · = a
r−1= 0. Infatti se w ∈ W si ha
w =
r−1
X
j=0
λ
jv
j,
e
u
∗(w) =
n
X
i=0
a
iv
i∗r−1
X
j=0
λ
jv
j!
=
n
X
i=0 r−1
X
j=0
a
iλ
jv
i∗v
j=
n
X
i=0 r−1
X
j=0
a
iλ
jδ
ij=
r−1
X
i=0
a
iλ
i,
quindi u
∗(w) = 0 se e solo se a
0= a
1= · · · = a
r−1= 0, per l’arbitrariet` a dei λ
j. Pertanto A(W ) `e generato da v
∗r, . . . , v
n∗e dim A(W ) = n − (r − 1) = n + 1 − r, cio` e la tesi.
iii) L’implicazione =⇒ ` e immediata. Supponiamo che A(W
1) ⊃ A(W
2) e che esista w ∈ W
1tale che w / ∈ W
2. Presa una base {v
0, . . . , v
k} di W
2l’insieme {v
0, . . . , v
k, w} ` e libero e si pu` o completare ad una base B di V . Allora il fun- zionale f : V → K che ` e nullo sulla base {v
0, . . . , v
k} di W
2e tale che f (w) 6= 0 ed ` e definito arbitrariamente sui restanti vettori della base B sta in A(W
2) ma non in A(W
1) contro l’ipotesi.
iv) L’inclusione A(W
1+ W
2) ⊂ A(W
1) ∩ A(W
2) segue subito da iii). D’altronde se v
∗∈ A(W
1) ∩ A(W
2) allora v
∗` e nullo su W
1e su W
2e quindi ` e nullo su W
1+ W
2. v) L’inclusione A(W
1) + A(W
2) ⊂ A(W
1∩ W
2) segue subito da iii). D’altronde, per la formula di Grassmann, si ha
dim A(W
1∩ W
2) = dim V − dim(W
1∩ W
2)
= dim V + dim(W
1+ W
2) − dim W
1− dim W
2≤ dim V + dim V − dim W
1− dim W
2= dim A(W
1) + dim A(W
2) da cui la tesi.
vi) Sia v ∈ W , per ogni w
∗∈ A(W ) si ha v(w
∗) = w
∗(v) = 0, quindi W ⊂ A(A(W )). Poich`e
A(A(W )) = dim V − dim A(W ) = dim V − (dim V − dim W ) = dim W
i due sottospazi coincidono.
Definizione 2.6. Sia S
r= P(W ) un sottospazio lineare di dimensione r di P(V ).
Il duale di S
r` e il sottospazio S
r∗di dimensione n − r − 1 di P(V
∗) definito da S
r∗= P(A(W )).
Poich` e P({0}) = ∅ il duale di tutto lo spazio P(V ) `e il vuoto. Non si confonda lo spazio proiettivo duale P(V
∗) con il duale di P(V ) che, per evitare equivoci, indicheremo con S
n∗; si ha quindi S
n∗= ∅. Inoltre, indicando con S
−1il sottospazio P({0}) = ∅ abbiamo
S
−1∗= P(A({0})) = P(V
∗).
Osservazione 2.7. Sia S
run sottospazio di P
n(K) di dimensione r < n e siano dati r + 1 punti indipendenti P
0, . . . , P
rtali che S
r= J (P
0, . . . , P
r). Sia P
i= [p
i0, . . . , p
in], i = 0, . . . , r. Grazie all’identificazione (2.1) possiamo identificare il sottospazio S
r∗di P
n(K)
∗con il sottospazio di P
n(K)
Σ
n−r−1:
n
X
j=0