• Non ci sono risultati.

Definizione 1.1. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo K. Lo spazio proiettivo P(V ) associato a V `e lo spazio quoziente

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Definizione 1.1. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo K. Lo spazio proiettivo P(V ) associato a V `e lo spazio quoziente"

Copied!
85
0
0

Testo completo

(1)

1 Lo spazio proiettivo

Definizione 1.1. Sia V uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo K. Lo spazio proiettivo P(V ) associato a V `e lo spazio quoziente

P(V ) := (V r {0})/ ∼

dove ∼ ` e la relazione di equivalenza su V cos`ı definita: u ∼ v in V se esiste λ ∈ K

(K

= K \ {0}) tale che u = λv. La dimensione di P(V )

dim P(V ) = dim V − 1.

Chiameremo P(V ) retta proiettiva se dim P(V ) = 1, piano proiettivo se dim P(V ) = 2. Indicheremo con [u] il punto di P(V ) costituito dalla classe di equivalenza del vettore u ∈ V .

Se V = K

n+1

allora useremo la notazione P

n

(K) al posto di P(V ) e P

n

se K = R.

Chiameremo P

n

(K) lo spazio proiettivo strandard. In tal caso useremo le notazioni v = (x

0

, . . . , x

n

) ∈ K

n+1

e

[v] = [x

0

, . . . , x

n

].

Definizione 1.2. Sia W un sottospazio vettoriale di V , W 6= {0}. Lo spazio proiettivo P(W ) si immerge in modo naturale in P(V ), infatti se u ∈ W e v ∈ V tale che v ∼ u allora v ∈ W . In altre parole

[u] ∈ P(W ) ⇐⇒ u ∈ W.

Diremo che S ⊂ P(V ) `e un sottospazio lineare di P(V ) (o semplicemente sot- tospazio di P(V )) se esiste un sottospazio vettoriale W di V tale che S = P(W ).

E immediato vedere che se S = P(W `

1

) = P(W

2

) allora W

1

= W

2

. Definiamo dim S := dim W − 1.

Se W = {0} allora poniamo P(W ) = ∅ e dim(∅) = −1. Chiameremo retta, piano, iperpiano (proiettivi) di P(V ) i sottospazi di dimensione 1, 2, n − 1, dove n = dim P(V ). I punti sono i sottospazi di dimensione 0.

Osservazione 1.3. Siano W

1

e W

2

due sottospazi vettoriali di V . Allora P(W

1

∩ W

2

) = P(W

1

) ∩ P(W

2

).

In generale, se {W

i

}

i∈I

` e una famiglia di sottospazi vettoriali di V , allora

P

\

i∈I

W

i

!

= \

i∈I

P(W

i

).

(2)

Definizione 1.4. Sia Y ⊂ P(V ), Y 6= ∅. Il sottospazio generato da Y `e l’insieme J(Y ) cos`ı definito

J(Y ) = \

S∈SY

S

dove S

Y

` e l’insieme dei sottospazi di P(V ) che contengono Y . In altre parole J(Y ) = P(W )

dove W ` e il sottospazio vettoriale generato da {u ∈ V : [u] ∈ Y }. In particolare se S

i

= P(W

i

), i = 1, . . . , m, sono sottospazi allora

J

m

[

i=1

S

i

!

= P(hW

1

, . . . , W

m

i) = P(W

1

+ · · · + W

m

),

dove hW

1

, . . . , W

m

i `e il sottospazio vettoriale generato dai sottospazi W

1

, . . . , W

m

. Se Y

1

, . . . , Y

m

sono sottoinsiemi di P(V ) scriveremo anche J(Y

1

, . . . , Y

m

) al posto di J(Y

1

∪· · ·∪Y

m

). Chiameremo J(Y

1

, . . . , Y

m

) anche il congiungente di Y

1

, . . . , Y

m

. Se Y

i

= P

i

∈ P(V ) sono punti, i = 1, . . . , m, allora

J(Y

1

, . . . , Y

m

) = P(hv

1

, . . . , v

m

i)

dove [v

i

] = P

i

, i = 1, . . . , m, e hv

1

, . . . , v

m

i) `e il sottospazio generato dai vettori v

1

, . . . , v

m

.

• Siano V uno spazio vettoriale di dimensione finita su un campo K, W

1

e W

2

due suoi sottospazi, allora

W

1

+ W

2

= dim W

1

+ dim W

2

− dim(W

1

∩ W

2

). (1.1) Teorema 1.5 (Formula di Grassmann proiettiva). Siano S e T due sottospazi di P(V ). Allora

dim J(S, T ) = dim S + dim T − dim(S ∩ T ). (1.2) Dimostrazione. Poich` e S = P(W

1

) e T = P(W

2

) con dim S = dim W

1

− 1 e dim T = dim W

2

− 1 ed essendo, per l’ Osservazione 1.3, S ∩ T = P(W

1

∩ W

2

), per la (1.1), avremo

dim J(S, T ) = dim(W

1

+ W

2

) − 1

= dim W

1

+ dim W

2

− dim(W

1

∩ W

2

) − 1

= dim S + 1 + dim T + 1 − (dim(S ∩ T ) + 1) − 1

= dim S + dim T − dim(S ∩ T ).

La tesi ` e cos`ı provata. 

(3)

Definizione 1.6. Due sottospazi S e T di P(V ) sono detti sghembi se S ∩ T = ∅, incidenti se S ∩ T 6= ∅.

2 rette distinte in P

2

(K) si incontrano in un punto.

2 piani distinti in P

3

(K) si incontrano in una retta.

1 retta e 1 piano che non la contiene in P

3

(K) si incontrano in un punto.

In P

3

(K) esistono rette sghembe.

Definizione 1.7. Sia dim V = n + 1. Siano dati i punti P

i

= [u

i

] ∈ P(V ), u

i

∈ V , i = 1, . . . , m. Diremo che i punti P

1

, . . . , P

m

sono indipendenti (dipendenti) se i vettori u

1

, . . . , u

m

sono linearmente indipendenti (linearmente dipendenti). Os- serviamo subito che la definizione ` e ben posta, infatti se P

i

= [v

i

], i = 1, . . . , m, allora, essendo v

i

= λ

i

u

i

, λ

i

6= 0, i = 1, . . . , m, i vettori v

1

, . . . , v

m

sono linear- mente indipendenti. Infatti

m

X

i=1

µ

i

v

i

= 0 =⇒

m

X

i=1

µ

i

λ

i

u

i

= 0 =⇒ µ

i

λ

i

= 0, i = 1, . . . , m

ma, essendo λ

i

6= 0, i = 1, . . . , m, ci` o implica che µ

i

= 0, i = 1, . . . , m. In altre parole m punti P

1

, . . . , P

m

∈ P(V ) sono indipendenti se dim J(P

1

, . . . , P

m

) = m − 1, sono dipendenti se dim J(P

1

, . . . , P

m

) < m − 1.

Pi` u in generale diremo che m sottospazi S

r1

, . . . , S

rm

, r

j

= dim S

rj

per j = 1, . . . , m, sono indipendenti se

dim J(S

r1

, . . . , S

rm

) + 1 =

m

X

j=1

(r

j

+ 1) =

m

X

j=1

r

j

+ m.

Ci` o equivale a dire che, se S

rj

= P(W

rj

) si ha

W

r1

+ · · · + W

rm

= W

r1

⊕ · · · ⊕ W

rm

.

Siano S

m

e S

t

due due sottospazi di P(V ) di dimensione m e t rispettivamente.

Sia S

c

= J(S

m

, S

t

) lo spazio congiungente di dimensione c e S

i

= S

m

∩ S

t

, di dimensione i. La (1.2) diviene quindi

c = m + t − i.

Essendo c ≤ n si ha

i ≥ m + t − n. (1.3)

(4)

• Se m + t ≥ n, i sottospazi S

m

e S

t

sono necessariamente incidenti.

• Se m + t < n allora i sottospazi S

m

e S

t

possono essere sghembi.

E immediato vedere che m sottospazi S `

r1

, . . . , S

rm

sono indipendenti se e solo se il congiungente di un numero qualsiasi di essi ` e sghembo con il congiungente dei restanti.

• Diremo che i sottospazi S

m

e S

t

sono in posizione generale se i ` e il pi` u piccolo possibile, cio` e se

i =

( −1 m + t < n m + t − n m + t ≥ n.

Diremo che k punti P

1

, . . . , P

k

∈ P(V ) sono in posizione generale se k ≤ n + 1 e P

1

, . . . , P

k

sono indipendenti, oppure se k > n + 1 e n + 1 punti comunque scelti tra essi sono indipendenti.

• Diremo che i sottospazi S

m

e S

t

sono complementari se sono sghembi e m + t = n − 1 cio` e se J(S

m

, S

t

) = P(V ).

In P

1

(K) i soli insiemi di spazi indipendenti sono: 2 punti distinti.

In P

2

(K) i soli insiemi di spazi indipendenti sono: 2 punti distinti, 3 punti non allineati, una retta e un punto che non sta sulla retta.

In P

3

(K) i soli insiemi di spazi indipendenti sono: 2 punti, 3 punti non allineati, 4 punti non complanari, 2 rette sghembe, una retta e un punto che non sta sulla retta, un piano e un punto che non sta sul piano.

2 rette sghembe di P

3

(K) sono complementari.

Sono in posizione generale:

m punti distinti in P

1

(K);

m punti distinti, a 3 a 3 non allineati in P

2

(K);

m punti distinti, a 4 a 4 non complanari e a 3 a 3 non allineati in P

3

(K).

Definizione 1.8 (Sistema di riferimento proiettivo). Sia V un K-spazio vettoriale di dimensione n + 1. Fissiamo una base ordinata E = {e

0

, . . . , e

n

} di V . Allora ad ogni v ∈ V possiamo associare biunivocamente la (n + 1)-upla (x

0

, . . . , x

n

) ∈ K

n+1

in modo che

v = x

0

e

0

+ · · · + x

n

e

n

. (1.4)

e quindi scrivere v = (x

0

, . . . , x

n

)

E

. La scelta della base ordinata E di V definisce

in P(V ) un sistema di coordinate omogenee o anche un riferimento proiettivo, che

(5)

indicheremo con S(e

0

, . . . , e

n

): se P ∈ P(V ), P = [v] e v = (x

0

, . . . , x

n

)

E

, diremo che x

0

, . . . , x

n

sono le coordinate omogenee di P rispetto a E e porremo

P = [x

0

, . . . , x

n

]

S(e0,...,en)

.

Se P = [w] e w = (y

0

, . . . , y

n

)

E

allora x

i

= λy

i

, i = 0, . . . , n, λ ∈ K

e viceversa.

Le coordinate omogenee di P sono quindi definite a meno di un fattore di pro- porzionalit` a in K

. Pertanto se F = {f

0

, . . . , f

n

} `e un’altra base ordinata di V allora

S(e

0

, . . . , e

n

) = S(f

0

, . . . , f

n

) ⇐⇒ e

i

= λf

i

, i = 0, . . . , n,

con λ ∈ K

. Fissare un sistema di coordinate omogenee su P(V ) equivale pertanto a scegliere una base ordinata di V a meno di un fattore di proporzionalit` a.

Osserviamo ancora che fissare un sistema di coordinate omogenee su P(V ) induce l’“identificazione” di P(V ) con P

n

(K) data da

P ←→ [x

0

, . . . , x

n

] = [x

0

, . . . , x

n

]

S(e0,...,en)

e quindi realizza lo spazio proiettivo P(V ) con il “modello” P

n

(K).

Se V = K

n+1

e la base E ` e quella canonica, il sistema di riferimento ad essa associato in P

n

(K) si dir` a sistema di riferimento proiettivo canonico.

E comodo introdurre la nozione di “combinazione lineare di punti in P(V )”, ` di cui faremo uso nel seguito.

Definizione 1.9 (Combinazione lineare di punti in P(V )). Siano P

i

= [v

i

], v

i

∈ V , i = 1, . . . , t, t punti di P(V ). Se λ

1

, . . . , λ

t

∈ K sono costanti non tutte nulle consideriamo il punto P combinazione lineare dei punti P

i

` e definito mediante

P =

t

X

i=1

λ

i

P

i

:=

"

t

X

i=1

λ

i

v

i

# .

Osserviamo che se P

i

= [w

i

], i = 1, . . . , t, allora w

i

= µ

i

v

i

, µ

i

∈ K

, i = 1, . . . , t, quindi, in generale, non esiste k ∈ K

tale che

t

X

i=1

λ

i

w

i

= k

t

X

i=1

λ

i

v

i

.

Pertanto la combinazione lineare dei punti P

i

dipende, in generale, dalla scelta dei vettori v

i

rappresentanti i punti P

i

. In ogni caso comunque si ha che

t

X

i=1

λ

i

P

i

∈ J(P

1

, . . . , P

t

).

(6)

Osservazione 1.10. Un sistema di riferimento proiettivo S(e

0

, . . . , e

n

) di P(V ) determina gli n + 1 punti fondamentali A

0

= [e

0

],. . . , A

n

= [e

n

], e il punto unit` a U = [e

0

+ · · · + e

n

]. Si vede immediatamente che i punti A

0

, . . . , A

n

, U sono in posizione generale. Diremo anche che i punti A

0

, . . . , A

n

, U sono i punti base del sistema di riferimento S(e

0

, . . . , e

n

) e scriveremo (cfr. Definizione 1.9) U = A

0

+ · · · + A

n

.

Viceversa una (n + 2)-pla di punti P

0

, . . . , P

n

, M in posizione generale deter- mina un unico sistema di riferimento di cui essi sono i punti fondamentali e il punto unit` a. Consideriamo infatti n + 1 vettori v

0

, . . . , v

n

∈ V tali che [v

i

] = P

i

, i = 0, . . . , n. Poich´ e P

0

, . . . , P

n

sono indipendenti, v

0

, . . . , v

n

costituiscono una base di V . Quindi, se u ` e un vettore di V tale che [u] = M , risulta

u = λ

0

v

0

+ · · · + λ

n

v

n

per opportuni λ

0

, . . . , λ

n

∈ K tutti non nulli perch`e u 6= 0. Il sistema di rifer- imento S(λ

0

v

0

, . . . , λ

n

v

n

) ha le propriet` a richieste. Per quanto riguarda la sua unicit` a, si osservi che i coefficienti λ

0

, . . . , λ

n

dipendono in effetti dalla scelta del vettore u tale che [u] = M , ma sono unici a meno di una costante moltiplicativa e quindi il sistema di riferimento ` e unico.

In altre parole a scelta del punto unit` a equivale alla scelta della base di V a meno di una costante moltiplicativa non nulla.

Esempio 1.11. In P

4

(R) siano dati i punti

A

0

= [1, 2, 3, 4, 5], A

1

= [0, 1, 0, 1, 0], A

2

= [0, 0, 0, 0, 1], A

3

= [1, 0, 0, 0, 1], A

4

= [2, 1, 2, 1, 0], U = [−1, −1, 2, 3, 7]

Si verifica subito che A

0

, A

1

, A

2

, A

3

, A

4

, U sono in posizione generale. Dobbiamo determinare λ

0

, λ

1

, λ

2

, λ

3

, λ

4

, tutti non nulli, in modo che

λ

0

A

0

+ λ

1

A

1

+ λ

2

A

2

+ λ

3

A

3

+ λ

4

A

4

= U, cio` e

 

 

 

 

 

 

λ

0

+ λ

3

+ 2λ

4

= −1 2λ

0

+ λ

1

+ λ

4

= −1 3λ

0

+ 2λ

4

= 2 4λ

0

+ λ

1

+ λ

4

= 3 5λ

0

+ λ

2

+ λ

3

= 7.

Avremo

λ

0

= 2, λ

1

= −3, λ

2

= −4, λ

3

= 1, λ

4

= −2.

(7)

Si ` e pertanto scelto la base E di R

5

cos`ı costituita

e

0

= (2, 4, 6, 8, 10), e

1

= (0, −3, 0, −3, 0), e

2

= (0, 0, 0, 0, −4), e

3

= (1, 0, 0, 0, 1), e

4

= (−4, −2, −4, −2, 0).

Le vecchie coordinate [x

0

, x

1

, x

2

, x

3

, x

4

] sono espresse in funzione delle nuove co- ordinate [y

0

, y

1

, y

2

, y

3

, y

4

] da

 

 

 

 

 

 

%x

0

= 2y

0

+ y

3

− 4y

4

%x

1

= 4y

0

− 3y

1

− 2y

4

%x

2

= 6y

0

− 4y

4

%x

3

= 8y

0

− 3y

1

− 2y

4

%x

4

= 10y

0

− 4y

2

+ y

3

,

% 6= 0,

o, in forma matriciale,

%x

0

%x

1

%x

2

%x

3

%x

4

=

2 0 0 1 −4

4 −3 0 0 −2

6 0 0 0 −4

8 −3 0 0 −2

10 0 −4 1 0

 y

0

y

1

y

2

y

3

y

4

 .

Le nuove coordinate [y

0

, y

1

, y

2

, y

3

, y

4

] sono espresse in funzione delle vecchie coor- dinate [x

0

, x

1

, x

2

, x

3

, x

4

] da

%y

0

%y

1

%y

2

%y

3

%y

4

=

2 0 0 1 −4

4 −3 0 0 −2

6 0 0 0 −4

8 −3 0 0 −2

10 0 −4 1 0

−1

 x

0

x

1

x

2

x

3

x

4

 .

NB. La presenza di % sta a significare che queste sono coordinate omogenee, quindi definite a meno di una costante moltiplicativa non nulla.

Definizione 1.12 (Equazioni parametriche e cartesiane di un sottospazio).

Sia dim V = n + 1. Siano dati, in P(V ), m + 1 punti P

0

, . . . , P

m

indipendenti con m ≤ n − 1 aventi coordinate

P

i

= [p

i0

, . . . , p

in

], i = 0, . . . , m,

(8)

rispetto ad un sistema di riferimento proiettivo fissato S = S(e

0

, . . . , e

n

). Il sot- tospazio S

m

= J(P

0

, . . . , P

m

) da essi generato ha equazioni parametriche (rispetto ad S)

 

 

%x

0

= λ

0

p

00

+ · · · + λ

m

p

m0

.. . .. . .. .

%x

n

= λ

0

p

0n

+ · · · + λ

m

p

mn

.

(1.5)

NB. La presenza di % sta a significare che queste sono coordinate omogenee, quindi definite a meno di una costante moltiplicativa non nulla.

Siano [x

0

, . . . , x

n

] le coordinate di un generico punto di P(V ) (rispetto ad S) e

M =

x

0

· · · x

n

p

00

· · · p

0n

.. . .. . .. . p

m0

· · · p

mn

 .

Imponendo che

rk(M ) = m + 1,

dove rk(M ) ` e il rango della matrice M , diamo origine ad un sistema lineare di n − m equazioni ottenute annullando gli n − m determinanti m + 2 × m + 2 che orlano un minore non nullo m + 1 × m + 1 della matrice (di caratteristica m + 1)

p

00

· · · p

0n

.. . .. . .. . p

m0

· · · p

mn

 . Tali equazioni sono le equazioni cartesiane di S

m

.

• L’iperpiano S

n−1

= J(P

0

, . . . , P

n−1

) ha equazione

x

0

· · · x

n

p

00

· · · p

0n

.. . .. . .. . p

n−1 0

· · · p

n−1 n

= 0,

che ` e, sviluppando il determinante secondo la prima riga, della forma α

0

x

0

+ · · · + α

n

x

n

= 0

dove

α

j

= (−1)

j

p

00

. . . p c

0j

. . . p

0n

.. . .. . .. .

p

n−1 0

. . . p [

n−1 j

. . . p

n−1 n

, j = 0, . . . , n,

(9)

dove il simbolo b sugli elementi della colonna j-esima indica che la stessa ` e eliminata. Pertanto

- la retta di P

2

(K) passante per i punti (distinti)

P

0

= [p

00

, p

01

, p

02

], P

1

= [p

10

, p

11

, p

12

], ha equazione

x

0

x

1

x

2

p

00

p

01

p

02

p

10

p

11

p

12

= 0;

- il piano di P

3

(K) passante per i punti (non allineati)

P

0

= [p

00

, p

01

, p

02

, p

03

], P

1

= [p

10

, p

11

, p

12

, p

13

], P

2

= [p

20

, p

21

, p

22

, p

23

] ha equazione

x

0

x

1

x

2

x

3

p

00

p

01

p

02

p

03

p

10

p

11

p

12

p

13

p

20

p

21

p

22

p

23

= 0.

• La retta S

1

= J(P

0

, P

1

) di P

n

(K) ha n−1 equazioni che si possono pi` u facilmente ottenere dalle equazioni parametriche

 

 

%x

0

= λ

0

p

00

+ λ

1

p

10

.. . .. . .. .

%x

n

= λ

0

p

0n

+ λ

1

p

1n

. eliminando i parametri λ

0

e λ

1

.

Osservazione 1.13. Si consideri in K

n+1

il sistema lineare omogeneo

 

 

a

00

x

0

+ · · · + a

0n

x

n

= 0 .. . .. . .. . a

m0

x

0

+ · · · + a

mn

x

n

= 0.

Sia r il rango della matrice

M =

a

00

· · · a

on

.. . . .. .. . a

m0

· · · a

mn

 .

(10)

Il sottospazio vettoriale W di K

n+1

delle soluzioni ha dimensione n + 1 − r; ad esso corrisponde il sottospazio lineare di P

n

(K)

S

n−r

= P(W ) = J(P

1

, . . . , P

n+1−r

)

con P

j

= [v

j

], j = 1, . . . , n + 1 − r, dove {v

1

, . . . , v

n+1−r

} `e una base di W . Esempio 1.14. Nel Esempio 1.11 l’iperpiano di P

4

(R) di equazione 2x

0

− 3x

2

− x

3

+ 5x

4

= 0 nelle vecchie coordinate ha, nelle nuove coordinate, equazione

2(2y

0

+ y

3

− 4y

4

) − 3(6y

0

− 4y

4

) − (8y

0

− 3y

1

− 2y

4

) + 5(10y

0

− 4y

2

+ y

3

) = 0 cio` e 28y

0

+ 3y

1

− 20y

2

+ 7y

3

+ 6y

4

= 0.

Osservazione 1.15 (Sistema di riferimento su un sottospazio). Dalle equazioni parametriche (1.5) del sottospazio S

m

= J(P

0

, . . . , P

m

) della Definizione 1.12 otteniamo subito il riferimento proiettivo per S

m

dato dalle coordinate omogenee [λ

0

, . . . , λ

m

]. I punti base di questo riferimento sono P

0

, . . . , P

m

e U = P

0

+ · · · + P

m

. Possiamo scegliere un altro punto unit` a Q = [q

0

, . . . , q

n

] ∈ S

m

. In questo caso, se P

i

= [p

i0

, . . . , p

in

], i = 0, . . . , m, dobbiamo determinare una m + 1-upla omogenea (a

0

, . . . , a

m

) tale che

m

X

i=0

a

i

p

ik

= q

k

, k = 0, . . . , n.

Siffatta m-upla omogenea ` e unica. Per il sottospazio S

m

si ha quindi la rappre- sentazione parametrica

 

 

ρx

0

= λ

0

a

0

p

00

+ λ

1

a

1

p

10

+ · · · λ

m

a

m

p

m0

.. . .. . .. . .. . .. . ρx

n

= λ

0

a

0

p

0n

+ λ

1

a

1

p

1n

+ · · · λ

m

a

m

p

mn

.

In tal modo [λ

0

, . . . , λ

m

] sono per S

m

il sistema di coordinate proiettive rispetto al quale P

0

, . . . , P

m

e Q sono i punti [1, 0, . . . , 0], . . . , [0, 0, . . . , 1] e [1, 1, . . . , 1].

1) Consideriamo la retta di equazione cartesiana 2x

0

+ x

1

− x

2

= 0 in P

2

(R) e su di essa i tre punti distinti P

0

= [1, 1, 3], P

1

= [1, 0, 2], Q = [−1, 2, 0]. Vogliamo mettere su r un riferimento proiettivo in modo che P

0

e P

1

siano i punti fonda- mentali e Q sia il punto unit` a. Dobbiamo quindi determinare la coppia omogenea (a, b) tale che

a(1, 1, 3) + b(1, 0, 2) = (−1, 2, 0).

(11)

Dobbiamo risolvere il sistema

 

 

a + b = −1

a = 2

3a + 2b = 0,

che d` a a = 2, b = −3. Quindi P

1

= [2, 2, 6] e P

2

= [−3, 0, −6] Per la retta r si ha quindi la rappresentazione parametrica

 

 

ρx

0

= 2λ

0

− 3λ

1

ρx

1

= 2λ

0

ρx

2

= 6λ

0

− 6λ

1

.

Si ha in tal modo per r il sistema di coordinate proiettive [λ

0

, λ

1

] rispetto al quale P

1

, P

2

e Q sono i punti [1, 0], [0, 1] e [1, 1].

2) In P

3

sia dato il piano π di equazione x

0

− 2x

1

+ x

3

= 0. Mettiamo su di esso un sistema di coordinate, S, e scriviamo l’equazione in π, rispetto al sistema S, della retta r di P

3

di equazioni x

0

− 2x

1

+ x

3

= x

0

+ x

2

= 0.

Scegliamo su π i punti P

0

= [1, 0, 2, −1], P

1

= [2, 1, 1, 0], P

2

= [0, 1, 0, 2], Q = [−3, 0, 1, 3]. Determiniamo la terna (a

0

, a

1

, a

2

) in modo che

(−3, 0, 1, 3) = a

0

(1, 0, 2, −1) + a

1

(2, 1, 1, 0) + a

2

(0, 1, 0, 2).

Otteniamo a

0

= 5

3 , a

1

= − 7

3 , a

2

= 7 3 e P

0

= [ 5

3 , 0, 10 3 , − 5

3 ], P

1

= [− 14 3 , − 7

3 , − 7

3 , 0], P

2

= [0, 7 3 , 0, 14

3 ].

Per il piano π si ha quindi la rappresentazione parametrica (avendo assorbito il denominatore 3 in %)

 

 

 

 

ρx

0

= 5λ

0

− 14λ

1

ρx

1

= −7λ

1

+ 7λ

2

ρx

2

= 10λ

0

− 7λ

1

ρx

3

= −5λ

0

+ 14λ

2

.

e λ

0

, λ

1

, λ

2

sono coordinate proiettive omogenee su π nel sistema di riferimento

avente P

0

, P

1

, P

2

come punti fondamentali e Q come punto unit` a. Sostituendo

nell’equazione di r si trova 15λ

0

− 21λ

1

= 0. Dunque in π, rispetto al sistema

S

012]

, la retta r ha equazione 5λ

0

− 7λ

1

= 0.

(12)

Lemma 1.16. Sia S

k

un sottospazio di P(V ), con dim V = n, di dimensione k, allora esiste un riferimento proiettivo di P(V ) tale che le equazioni di S sono

y

0

= · · · = y

n−k−1

= 0.

Ci` o equivale a supporre che S = J(A

n−k

, . . . , A

n

) dove A

j

= [0, . . . , 0, 1

|{z}

j−esimo posto

, 0 . . . , 0].

Inoltre [y

n−k

, . . . , y

n

] sono coordinate proiettive per il sottospazio S.

Dimostrazione. Siano

 

 

a

00

x

0

+ . . . + a

0n

x

n

= 0

.. . .. .

a

n−k−1 0

x

0

+ . . . + a

n−k−1 n

x

n

= 0

(1.6)

le equazioni di S (rispetto a un riferimento proiettivo di P(V )) con

D =

a

00

a

01

· · · a

0 n−k−1

.. . .. . .. . .. . a

n−k−1 0

a

n−k−1 1

· · · a

n−k−1 n−k−1

6= 0.

Allora

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

%y

0

= a

00

x

0

+ . . . + a

0n

x

n

.. . .. .

%y

n−k−1

= a

n−k−1 0

x

0

+ . . . + a

n−k−1 n

x

n

%y

n−k

= x

n−k

.. . .. .

%y

n

= x

n

`

e un cambiamento di coordinate rispetto al quale le equazioni di S sono y

0

= · · · = y

n−k−1

= 0.

Infatti la matrice

a

00

a

01

· · · a

0 n−k−1

a

0 n−k

· · · a

0n

.. . .. . . .. .. . .. . . .. .. .

a

n−k−1 0

a

n−k−1 1

· · · a

n−k−1 n−k−1

a

n−k−1 n−k

· · · a

n−k−1 n

0 0 · · · 0 1 · · · 0

.. . .. . . .. .. . .. . . .. .. .

0 0 · · · 0 0 · · · 1

ha determinante D 6= 0. 

(13)

Osservazione 1.17. In riferimento al Lemma 1.16 possiamo ovviamente scegliere un altro riferimento proiettivo in modo che le equazioni di S siano

y

k+1

= · · · = y

n

= 0.

In riferimento alla (1.6) avremo il cambiamento di coordinate

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

%y

0

= x

0

.. . .. .

%y

k

= x

k

%y

k+1

= a

00

x

0

+ . . . + a

0n

x

n

.. . .. .

%y

n

= a

n−k−1 0

x

0

+ . . . + a

n−k−1 n

x

n

. Ci` o equivale a supporre che S = J(A

0

, . . . , A

k

) dove

A

j

= [0, . . . , 0, 1

|{z}

j−esimo posto

, 0 . . . , 0].

Inoltre [y

0

, . . . , y

k

] sono coordinate proiettive per il sottospazio S.

Esercizio 1.18. Siano r

1

, r

2

, r

3

tre rette di P

n

, sghembe a due a due. Sia R l’insieme delle rette di P

n

che si appoggiano a r

1

, r

2

, r

3

e S

c

lo spazio che congiunge le tre rette. Allora

i) se c = 3, R `e una quadrica di S

3

;

ii) se c = 4, R `e costituito da una sola retta;

iii) se c = 5, R = ∅.

Sol. Ciascuna delle tre rette ` e individuata da una coppia di punti. Sia r

1

= r

A1A2

, r

2

= r

B1B2

, r

3

= r

C1C2

. Sia S

c

= J(A

1

, A

2

, B

1

, B

2

, C

1

, C

2

) lo spazio congiungente dei 6 punti dati. Consideriamo i casi possibili a seconda della di- mensione di S

c

. Poich´ e le tre rette r

1

, r

2

, r

3

sono sghembe si ha intanto 3 ≤ c ≤ 5.

• Se c = 3, le rette cercate sono infinite e costituiscono una quadrica di S

3

= P

3

. Svolgeremo questo punto pi` u avanti.

• Sia c = 4. Si ha dim J(r

1

, r

2

) = 3 e, per l’ipotesi,

J(J(r

1

, r

2

), r

3

) = J(A

1

, A

2

, B

1

, B

2

, C

1

, C

2

) = S

4

.

Dunque r

3

incontra J(r

1

, r

2

) in un punto, P . Il problema ` e quindi equivalente a

quello di determinare il numero delle rette r di un S

3

(= J(r

1

, r

2

)) che si appog-

giano a due rette date, r

1

, r

2

, e passanti per un punto assegnato P . Esiste una

(14)

e una sola di tali rette r ottenuta come intersezione dei piani J(r

1

, P ) e J(r

2

, P ), r = J(r

1

, P ) ∩ J(r

2

, P ).

• Sia c = 5, cio`e i 6 punti dati sono linearmente indipendenti. In questo caso non esiste alcuna retta che si appoggia a r

1

, r

2

, r

3

. Ragionando per assurdo, supponiamo che tale retta esista. I sei punti apparterrebbero all’S

4

che congiunge questa retta con tre punti non appartenenti ad essa e scelti uno su r

1

, uno su r

2

, uno su r

3

.

Esercizio 1.19. Siano α, β, γ tre piani di P

n

sghembi a due a due. Sia F l’insieme delle rette di P

n

che li incontrano tutti e tre e S

c

= J (α, β, γ). Allora

i) se c = 5, F `e costituito da ∞

2

rette;

ii) se c = 6, F `e una quadrica di S

3

;

iii) se c = 7, F `e costituito da una sola retta;

iv) se c = 8, F = ∅.

Sol. Sia S

c

= J (α, β, γ). Risulta 5 ≤ c ≤ 8. Analizziamo i quattro casi possibili.

i) I tre piani stanno in un S

5

, cio` e c = 5. Sia P ∈ α. Allora l’S

3

= J(P, β) e l’S

3

= J (P, γ) si intersecano lungo una retta passante per P e che incontra α (in P ), β e γ. Per ogni punto P ∈ α troviamo dunque una delle rette richieste: tali rette sono pertanto ∞

2

.

ii) I tre piani stanno in un S

6

(ma non in un S

5

), cio` e c = 6. L’S

5

= J(α, β) che congiunge α e β e l’S

5

che congiunge α e γ si intersecano (in S

6

) in un S

4

che passa per il piano α. Le rette richieste stanno in questo S

4

. Questo S

4

interseca β in una retta b e γ in una retta g. Le rette richieste incontrano b e g e quindi stanno nell’S

3

che congiunge b e g. Questo S

3

(in S

4

) taglia α in una retta a. Le rette richieste sono dunque le rette di un S

3

appoggiate a tre rette sghembe a due a due. Come detto sopra costituiscono una quadrica dell’S

3

.

iii) I tre piani stanno in un S

7

(ma non in un S

6

), cio` e c = 7. Si trova in questo caso una sola retta r. L’S

5

= J (α, β) incontra γ in un punto, P . Allora r ` e l’intersezione, in S

5

, dei due S

3

che congiungono α con P e β con P rispettiva- mente. Cio` e r = J (α, P ) ∩ J (β, P ).

iv) Nel caso c = 8 non si trova alcuna retta.

(15)

2 Dualit` a nello spazio proiettivo

Definizione 2.1. Sia V un K-spazio vettoriale (con dim V = n + 1) e sia V

= Hom(V, K) = {f : V → K : f lineare}

il suo duale. Gli elementi di V

si dicono funzionali lineari su V . Ad ogni base B di V `e associata biunivocamente la base duale B

di B; se B = {e

0

, e

1

, . . . , e

n

} allora B

= {e

0

, e

1

, . . . , e

n

} dove

e

j

(e

i

) =

( 1 i = j 0 i 6= j.

Proposizione 2.2. La base duale B

` e una base di V

, pertanto dim V

= dim V . Dimostrazione. Supponiamo si abbia

n

X

i=0

λ

i

e

i

= 0 ∈ V

.

Allora per j = 0, . . . , n si ha 0 =

n

X

i=0

λ

i

e

i

(e

j

) = λ

j

. Quindi B

` e un insieme libero.

Sia f ∈ V

. Allora se

g =

n

X

i=0

f (e

i

)e

i

∈ V

si ha g(e

j

) = f (e

j

), j = 0, . . . , n, quindi g = f . Allora B

genera V

.  Definizione 2.3 (Isomorfismi canonici). Gli spazi V e V

hanno la stessa dimensione (finita) e quindi sono isomorfi ma non canonicamente isomorfi, cio` e per definire un isomorfismo f : V → V

` e necessario fissare le immagini una base B = {e

0

, e

1

, . . . , e

n

} in V . Se per` o V ` e dotato di un prodotto scalare (u, v) → u·v, per u, v ∈ V , allora si ha l’isomorfismo canonico

V → V

, u → f

u

, f

u

(v) = u · v, ∀ v ∈ V.

In particolare se V = K

n+1

(o, equivalentemente si ` e fissata una base B = {e

0

, e

1

, . . . , e

n

} in V ), il prodotto scalare su V

(x

0

, . . . , x

n

) · (y

0

, . . . , y

n

) = x

0

y

0

+ · · · + x

n

y

n

, permette di identificare V con V

mediante l’isomorfismo canonico

a ∈ V ←→ f

a

∈ V

(2.1)

(16)

dove a = (a

0

, . . . a

n

) e

f

a

(x

0

, . . . , x

n

) = (a

0

, . . . , a

n

) · (x

0

, . . . , x

n

) = a

0

x

0

+ . . . + a

n

x

n

.

• Indichiamo con V

∗∗

il duale secondo di V cio` e (V

)

. Esiste un isomorfismo naturale α : V → V

∗∗

definito da

(α(v))(f ) = f (v), f ∈ V

, v ∈ V. (2.2) Chiameremo spazio proiettivo duale di P(V ) lo spazio proiettivo P(V

). Se V = K

n+1

allora P(V

) sar` a indicato con P

n

(K)

. Grazie all’isomorfismo canonico α : V → V

∗∗

possiamo identificare P(V ) con P(V

∗∗

), [v] ←→ [α(v)].

Definizione 2.4. Sia W un sottospazio di V . Chiameremo l’annullatore di W il sottospazio di V

A(W ) = {f ∈ V

| f (u) = 0, ∀ u ∈ W }.

Proposizione 2.5. Siano W , W

1

e W

2

sottospazi di V . Allora:

i) A(V ) = {0}; A({0}) = V

. ii) dim A(W ) = dim V − dim W .

iii) W

1

⊂ W

2

⇐⇒ A(W

1

) ⊃ A(W

2

), quindi W

1

= W

2

⇐⇒ A(W

1

) = A(W

2

).

iv) A(W

1

+ W

2

) = A(W

1

) ∩ A(W

2

).

v) A(W

1

∩ W

2

) = A(W

1

) + A(W

2

).

vi) Mediante l’identificazione canonica (2.2) si ha A(A(W )) = W . Dimostrazione. i) Immediato.

ii) Sia r = dim W . Prendiamo una base {v

0

, . . . , v

n

} di V in modo che v

0

, . . . , v

r−1

∈ W . Sia {v

0

, . . . , v

n

} la base duale. ` E immediato verificare che un generico ele- mento di V

u

=

n

X

i=0

a

i

v

i

sta in A(W ) se e solo se a

0

= a

1

= · · · = a

r−1

= 0. Infatti se w ∈ W si ha

w =

r−1

X

j=0

λ

j

v

j

,

(17)

e

u

(w) =

n

X

i=0

a

i

v

i

r−1

X

j=0

λ

j

v

j

!

=

n

X

i=0 r−1

X

j=0

a

i

λ

j

v

i

v

j

=

n

X

i=0 r−1

X

j=0

a

i

λ

j

δ

ij

=

r−1

X

i=0

a

i

λ

i

,

quindi u

(w) = 0 se e solo se a

0

= a

1

= · · · = a

r−1

= 0, per l’arbitrariet` a dei λ

j

. Pertanto A(W ) `e generato da v

r

, . . . , v

n

e dim A(W ) = n − (r − 1) = n + 1 − r, cio` e la tesi.

iii) L’implicazione =⇒ ` e immediata. Supponiamo che A(W

1

) ⊃ A(W

2

) e che esista w ∈ W

1

tale che w / ∈ W

2

. Presa una base {v

0

, . . . , v

k

} di W

2

l’insieme {v

0

, . . . , v

k

, w} ` e libero e si pu` o completare ad una base B di V . Allora il fun- zionale f : V → K che ` e nullo sulla base {v

0

, . . . , v

k

} di W

2

e tale che f (w) 6= 0 ed ` e definito arbitrariamente sui restanti vettori della base B sta in A(W

2

) ma non in A(W

1

) contro l’ipotesi.

iv) L’inclusione A(W

1

+ W

2

) ⊂ A(W

1

) ∩ A(W

2

) segue subito da iii). D’altronde se v

∈ A(W

1

) ∩ A(W

2

) allora v

` e nullo su W

1

e su W

2

e quindi ` e nullo su W

1

+ W

2

. v) L’inclusione A(W

1

) + A(W

2

) ⊂ A(W

1

∩ W

2

) segue subito da iii). D’altronde, per la formula di Grassmann, si ha

dim A(W

1

∩ W

2

) = dim V − dim(W

1

∩ W

2

)

= dim V + dim(W

1

+ W

2

) − dim W

1

− dim W

2

≤ dim V + dim V − dim W

1

− dim W

2

= dim A(W

1

) + dim A(W

2

) da cui la tesi.

vi) Sia v ∈ W , per ogni w

∈ A(W ) si ha v(w

) = w

(v) = 0, quindi W ⊂ A(A(W )). Poich`e

A(A(W )) = dim V − dim A(W ) = dim V − (dim V − dim W ) = dim W

i due sottospazi coincidono. 

Definizione 2.6. Sia S

r

= P(W ) un sottospazio lineare di dimensione r di P(V ).

Il duale di S

r

` e il sottospazio S

r

di dimensione n − r − 1 di P(V

) definito da S

r

= P(A(W )).

Poich` e P({0}) = ∅ il duale di tutto lo spazio P(V ) `e il vuoto. Non si confonda lo spazio proiettivo duale P(V

) con il duale di P(V ) che, per evitare equivoci, indicheremo con S

n

; si ha quindi S

n

= ∅. Inoltre, indicando con S

−1

il sottospazio P({0}) = ∅ abbiamo

S

−1

= P(A({0})) = P(V

).

(18)

Osservazione 2.7. Sia S

r

un sottospazio di P

n

(K) di dimensione r < n e siano dati r + 1 punti indipendenti P

0

, . . . , P

r

tali che S

r

= J (P

0

, . . . , P

r

). Sia P

i

= [p

i0

, . . . , p

in

], i = 0, . . . , r. Grazie all’identificazione (2.1) possiamo identificare il sottospazio S

r

di P

n

(K)

con il sottospazio di P

n

(K)

Σ

n−r−1

:

n

X

j=0

p

ij

x

j

= 0, i = 0, . . . , r. (2.3)

Infatti se S

r

= P(W ) dove W = hv

0

, . . . , v

r

i e

P

i

= [v

i

] = [(p

i0

, . . . , p

in

)], i = 0, . . . , r,

allora posto x = (x

0

, . . . , x

n

) e indicato con u · v il prodotto scalare di u, v ∈ K

n+1

avremo

A(W ) = x ∈ K

n+1

: x · v

i

= 0, i = 0, . . . , r che` e la (2.3). La forma matriciale di (2.3) ` e

p

00

p

01

. . . p

0n

.. . .. . . .. .. . p

r0

p

r1

. . . p

rn

 x

0

.. . x

n

 =

 0

.. . 0

 .

E immediato notare che il sottospazio Σ `

n−r−1

non dipende dalla scelta dei punti P

0

, . . . , P

r

ma solo da S

r

. D’ora in poi per indicare il duale di S

r

⊂ P

n

(K) come sottospazio di P

n

(K) useremo S

r

o Σ

n−r−1

indifferentemente.

Esempio 2.8. Sia S

n−1

un iperpiano di P(V ) e siano dati n punti indipen- denti P

0

, . . . , P

n−1

tali che S

n−1

= J (P

0

, . . . , P

n−1

). Sia P

i

= [p

i0

, . . . , p

in

], i = 0, . . . , n − 1. Il sistema (2.3) diventa un sistema a n equazioni e n + 1 incognite di caratteristica n, quindi

x

j

= (−1)

j

k

p

00

. . . p c

0j

. . . p

0n

.. . .. . .. .

p

n−1 0

. . . p [

n−1 j

. . . p

n−1 n

= kα

j

, j = 0, . . . , n, k ∈ K,

dove il simbolo b sugli elementi della colonna j-esima indica che la stessa ` e eliminata. Pertanto si ha

S

n−1

≡ Σ

0

= [α

0

, . . . , α

n

]

e, per quanto visto nella Definizione 1.12, α

0

x

0

+ · · · + α

n

x

n

= 0 ` e l’equazione

dell’ iperpiano S

n−1

.

Riferimenti

Documenti correlati

Determinare tutti i punti di tipo ellittico, parabolico, iperbolico di

Per fare sì che r sia l’unica retta affine invariante, possiamo prendere come g una qualsiasi rototraslazione con

Consegnate solo la bella e il foglio con gli esercizi e motivate sempre le vostre risposte.. Sar` a valutata anche l’esposizione e non saranno corretti

Qui procederemo in modo diverso usando il fatto che siamo sullo spazio dei polinomi per svolgerei conti in

Istruzioni: I fogli per svolgere gli esercizi vi saranno forniti. Consegnate solo la bella e il foglio con gli esercizi e motivate sempre le vostre risposte. Sar` a valutata

• Verificare che R[X] `e uno spazio vettoriale reale con la somma tra polinomi e con il prodotto per scalari dato dal prodotto tra polinomi, ove i numeri reali sono identificati con

Supponiamo invece che sia soddisfatta la (iii) e deducia- mone la (ii) ragionando per assurdo... Segue dalla definizione che la derivata di un polinomio costante `

Proiezione ortogonale di una retta su