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Geotermia a bassa entalpiaProf. Ing. L. Mazzarella

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Geotermia a bassa entalpia

Prof. Ing. L. Mazzarella (Dipartimento di Energia, Politecnico di Milano)

1 – Introduzione

L'energia geotermica è l'energia termica generata e immagazzinata nella Terra, che nasce in parte dalla formazione originaria del pianeta (20%) e in parte dal decadimento radioattivo dei minerali costituenti il nucleo (80%), [1]. Il nucleo della terra, in stato magmatico, si trova a una temperatura di circa 6000 °C, mentre il mantello superiore di circa 1200 °C. Tale differenza di temperatura costituisce il gradiente geotermico, che sostiene una conduzione continua di energia termica sotto forma di calore dal nucleo alla superficie. Il gradiente termico medio nel mantello, cioè nella crosta terrestre, è di circa 30 °C per km (positivo diretto verso il centro della Terra). Tale gradiente induce un flusso termico areico verso la superficie di circa 0.1 W/m2. La presenza di fenditure nella crosta terrestre consente al magma di risalire verso la superficie surriscaldando le rocce sotterranee, che costituiscono in tali zone singolarità del flusso geotermico disponibile (≥ 0.1 W/m2). La geotermia consiste quindi nello sfruttamento di tali sorgenti termiche principalmente attraverso l'estrazione di vapori surriscaldati o acque calde termali, naturalmente disponibili o artificialmente prodotte tramite l'iniezione su rocce calde di acque superficiali. Si distingue tra geotermia a bassa, media e altra entalpia in funzione della temperatura e dello stato di aggregazione dell'acqua estratta: bassa per temperatura del liquido inferiore a 90 °C, media se fluido bifase compreso tra 90 °C e 150 °C, alta se vapore surriscaldato a temperatura maggiore di 150 °C. La geotermia a bassa entalpia corrisponde quindi allo sfruttamento diretto dell'energia termica di acque calde termali con temperature inferiori ai 90 °C.

Con la locuzione "geotermia a bassa entalpia" si indica però anche il generico sfruttamento dell'energia termica (calore) immagazzinata negli strati superficiali della crosta terrestre. Tale definizione è, a rigore, impropria perché la temperatura media degli strati superficiali della crosta terrestre, e quindi l'energia termica in essi accumulata, è determinata dal bilanciamento dei flussi termici scambiati da una parte con gli strati più profondi (flusso termico geotermico), dall'altra con l'atmosfera (scambi termici sia convettivi che radiativi nell'infrarosso) e quello dovuto alla radiazione solare assorbita (il cui valore è mediamente sempre superiore ai 200 W/m2). È quindi evidente che l'energia termica accumulata negli strati superficiali è prevalentemente di origine solare diretta (radiazione assorbita) e indiretta (la temperatura dell'atmosfera è principalmente governata dalla radiazione solare da essa assorbita), e non di origine propriamente geotermica. In alcuni paesi, tutta l'energia immagazzinata sotto forma di calore sotto la crosta terrestre è comunque per definizione percepita come energia geotermica [2], [3], indipendentemente dalla sua reale origine, e viene ridefinita come "risorsa geotermica superficiale" [4]: energia termica disponibile nel sottosuolo tra la superficie e 400 metri di profondità.

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Fig. 1 - Distribuzione della temperatura in un mezzo semi-infinito in funzione dei mesi dell'anno (suolo argilloso).

Si può comunque osservare che in pratica sotto i 15 metri di profondità l'influenza delle variazioni stagionali del valore medio giornaliero della radiazione solare e della temperatura dell'aria è del tutto trascurabile (Figura 1) e quindi sotto tale profondità l'energia termica presente è principalmente sostenuta dal solo flusso geotermico. Si può quindi suddividere convenzionalmente il sottosuolo in due stati, quello superficiale (tra 0 e 15 metri) e quello profondo (tra 15 e 400 metri), che costituiscono rispettivamente la risorsa mista e la risorsa geotermica superficiale vera e propria (Figura 2). La geotermia a bassa entalpia nel seguito trattata fa esclusivamente riferimento allo sfruttamento di entrambe queste risorse.

Fig. 2 - Energia geotermica superficiale: risorse geotermiche vere e proprie e risorse miste negli strati superficiali della crosta terrestre.

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Occorre comunque evidenziare che la bassissima densità del flusso geotermico naturale (circa 0.1 W/m2) pone un serio limite allo sfruttamento della risorsa geotermica superficiale (sotto i 15 metri). La potenza estraibile senza sottoraffreddare significativamente è limitata, se non interviene in qualche modo una significativa rigenerazione naturale. Ad esempio, per consentire il funzionamento di una pompa di calore che fornisce 3 kW termici con COP 3, senza sottoraffreddare la risorsa geotermica, occorrerebbe intercettare il flusso geotermico su una sezione di sottosuolo pari a circa 20.000 m2.

2 – Definizioni

Termini generali e acronimi ricorrenti correlati allo sfruttamento della risorsa geotermica superficiale e della risorsa mista con la pompa di calore:

• Pompa di calore che impiega come sorgente il sottosuolo (Ground-Source Heat Pumps, GSHP): termine utilizzato dai tecnici e dagli ingegneri e dall'International Ground Source Heat Pump Association (IGSHPA);

• Pompa di calore geotermica (Geothermal Heat Pumps, GHP): termine impiegato nel settore commerciale e a livello governativo, spesso confuso con l'impiego diretto della geotermia;

• Pompa di calore a geoscambio (Geoexchange Heat Pump, GHP) termine utilizzato dal Geothermal Heat Pump Consortium;

• Sistemi geotermici (Geothermal Systems, GS): termine ricorrente in molti paesi, ma che essendo troppo generico ingenera confusione;

• Pompa di calore accoppiata al terreno (Ground-Coupled, GCHP, o Earth-Coupled, ECHP), spesso chiamata anche in italiano infelice pompa di calore a terreno;

• Pompa di calore ad acqua di falda o, genericamente, ad acqua (Groundwater Heat Pump, GWHP, o Water-Source Heat Pump, WSHP)

• Pompa di calore ad acqua superficiale (Surface Water Heat Pump, SWHP)

Inoltre la Direttiva 2009/28/CE [5] introduce "ope legis" le seguenti definizioni di fonti energetiche rinnovabili:

• energia aerotermica: l'energia accumulata nell'aria ambiente sotto forma di calore;

• energia geotermica: l'energia immagazzinata sotto forma di calore sotto la crosta terrestre;

• energia idrotermica: l'energia immagazzinata nelle acque superficiali sotto forma di calore;

Per fare chiarezza e comprendere come tali termini siano tutti intercorrelati, adottiamo nel seguito le seguenti definizioni:

• Energia rinnovabile geotermica: l'energia di origine propriamente geotermica e solare immagazzinata nella risorsa geotermica superficiale e/o mista; questa comprende sia l'energia contenuta nel suolo e nelle rocce che nelle acque sotterranee e superficiali, cioè l'insieme dell'energia geotermica e idrotermica così come definite in [5];

• Pompa di calore geotermica (GHP): sistema termodinamico costituito da una pompa di calore e da un sistema di collegamento alla risorsa geotermica superficiale e/o mista che consente l'estrazione di energia termica;

• Pompa di calore che impiega come sorgente il sottosuolo (GSHP): sistema termodinamico costituito da una pompa di calore e da un sistema di collegamento al sottosuolo che consente sia di estrarre energia (modalità riscaldamento, sia di scaricarvi energia (modalità inversa di raffreddamento); in questo caso, soprattutto se il sistema è bilanciato tra le due modalità, non si utilizza la risorsa geotermica ma si utilizza il sottosuolo come accumulatore termico interstagionale.

Le ulteriori terminologie indicanti pompe di calore geotermiche non sono altro che specificazioni del sistema di interconnessione alla risorsa geotermica e verranno esaminate nel seguito.

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3 – Principi di base

3.1 – Acque termali

L'impiego della fonte geotermica a bassa entalpia vera e propria prevede l'uso diretto di acque termali per il riscaldamento di edifici, processi industriali, serre, l'acquicoltura e quant'altro richieda calore a bassa temperatura, in genere tra i 30 °C e i 90 °C. Per il suo sfruttamento occorre avere a un pozzo di estrazione, uno scambiatore di calore adeguato all'aggressività chimica dell'acqua termale impiegata, un pozzo di reimmissione o un sistema di trattamento (desolforazione) prima dello smaltimento in rogge o sistemi fognari.

3.2 – Pompe di calore "geotermiche"

L'impiego dell'energia termica accumulata negli strati superficiali della crosta terrestre tramite estrazione con pompa di calore può avvenire in due modi distinti: per conduzione o per convezione.

L'estrazione per conduzione avviene sottoraffreddando il sottosuolo fino quasi alla temperatura di congelamento, giacché nei periodi di usuale funzionamento del sistema (inverno) la potenza termica netta scambiata dal suolo con l'atmosfera e il sole è solitamente negativa mentre è del tutto trascurabile quella legata al flusso geotermico vero e proprio. Di fatto quello che si fa è di scaricare un accumulatore termico rappresentato da un certo volume di sottosuolo, che, perché il processo possa svolgersi con continuità, deve essere in qualche modo successivamente ricaricato al livello termico iniziale. Tale ricarica prende il nome di "rigenerazione". È evidente che, perché si possa parlare propriamente di fonte rinnovabile, tale processo di rigenerazione deve avvenire naturalmente e a spese di un'altra fonte rinnovabile, quale, ad esempio, la radiazione solare. Se la rigenerazione avviene invece tramite, ad esempio, l'inversione di funzionamento della pompa di calore, cioè usandola in estate come frigorifero e scaricando nel sottosuolo la potenza termica da smaltire al condensatore, in tal caso non si sta sfruttando alcuna fonte rinnovabile ma si sta solo utilizzando il sottosuolo come un accumulatore termico interstagionale, caricato d'estate e scaricato d'inverno. Per distinguere queste due modalità di funzionamento abbiamo definito la prima pompa di calore geotermica (GHP) e la seconda pompa di calore che usa come sorgente il sottosuolo (GSHP).

L'estrazione per convezione avviene estraendo acque sotterranee a circa 15 °C e, o reimmettendole nel sottosuolo a temperatura inferiore sottoraffreddandolo, o facendole confluire nelle acque superficiali (fiumi, laghi, mare) tramite rogge, canali, reti fognarie.

L'impiego dell'energia termica accumulata nelle acque superficiali può anch'esso avvenire in due modi diversi: per estrazione diretta o indiretta. Si ha l'estrazione diretta quando si estrae l'acqua, la si raffredda nella pompa di calore e la si reimmette nel fiume, lago o mare; indiretta quando si inserisce un sistema di scambio termico all'interno delle acque superficiali.

4 – Schemi d'impianto con pompa di calore

In funzione del tipo di sistema di interconnessione con la risorsa geotermica è possibile suddividere le pompe di calore geotermiche (cosi come le GSHP) (Figura 3) in:

• Pompe di calore accoppiate al terreno (GCHP):

• sistema di collegamento a circuito chiuso.

• Pompe di calore ad acqua di falda (GWHP):

• sistema di collegamento a circuito aperto.

• Pompa di calore ad acqua superficiale (SWHP):

Si presentano in due tipologie:

• sistema di collegamento a circuito aperto: acque superficiali prelevate tramite sistema di pompaggio da laghi, fiumi e mare;

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• sistema di collegamento a circuito chiuso: rete di tubazioni direttamente immersa nelle acque superficiali di stagni, laghi, fiumi e mare.

La preferenza di uno schema di interconnessione ad un altro è condizionata dalle specifiche caratteristiche del sito, quali le condizione climatiche, la tipologia del suolo, la disponibilità di terreno e dai costi di installazione.

Fig. 3 - Schema di classificazione dei sistemi geotermici a pompa di calore.

4.1 – Pompe di calore accoppiate al terreno (GCHP)

La pompa di calore estrae energia dal sottosuolo tramite un sistema di collegamento a circuito chiuso. Tale circuito è costituito da una rete di tubazioni direttamente sepolta nel terreno, generalmente di tubi di plastica termofusa (HDPE – polietilene ad alta densità) in cui circola acqua o una miscela anticongelante (20% ÷ 30% di glicole propilenico); la tubazione che rappresenta l'insieme degli scambiatori termici terreno-fluido termovettore può disposta in modi molo diversi tra loro, comunque raggruppabili in due grandi famiglie:

•• a sviluppo verticale;

•• a sviluppo orizzontale.

Una possibile alternativa è il sistema di collegamento a espansione diretta. In tal caso il sistema di tubazioni è in rame e in esso circola direttamente il fluido refrigerante della pompa di calore (sostituisce di fatto l'evaporatore). In questo caso le tubazioni sono normalmente a sviluppo orizzontale.

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4.1.1 – Disposizione verticale nel terreno Disposizione in pozzi

Il sistema con tubazioni disposte verticalmente nel terreno più adottato è quello dei pozzi scambiatori di calore (Borehole Heat Exchangers, BHE), spesso impropriamente indicati con il nome di sonde geotermiche (Figura 4).

Fig. 4 - Scambiatori di calori verticali: pozzi scambiatori di calore.

In questo caso si perforano uno o più pozzi nel terreno con profondità che variano dai 10 a 350 m (il 70% dei BHE realizzati sta però tra gli 80 e i 120 m) con un diametro di circa 10 ÷ 15 cm. All'interno di questi pozzi si inseriscono dei tubi o preformati ad U (1, 2 o anche 3) oppure tubi coassiali (Figura 5), che costituiscono lo scambiatore vero e proprio tra fluido termovettore (circolante internamente ai tubi) e terreno. I tubi che fuoriescono dai pozzi sono poi collegati tra loro con tubazioni orizzontali che confluiscono nel collettore di distribuzione collegato a sua volta all'evaporatore della pompa di calore. Per tenere in posizione i tubi verticali e favorire lo scambio termico lo spazio tra le tubazioni e la parete del pozzo viene riempito con materiali con una conduttività termica non inferiore a quella del terreno e con buona fluidità come le malte bentonitiche.

Fig. 5 - Tipologie tubazioni negli scambiatori di calori verticali.

L'installazione degli scambiatori verticali è in genere più costosa di altri tipi di sistemi di scambio termico terreno-fluido termovettore, ma richiede una minore estensione delle tubazioni rispetto ai sistemi orizzontali poiché la temperatura del sottosuolo oltre i 15 metri è molto più stabile che in prossimità della superficie. Un valore medio indicativo della potenza termica che si può estrarre con un sistema con un solo tubo ad U è di circa 40 W/m di profondità del pozzo, tenendo comunque ben presente che la potenza termica scambiabile è fortemente condizionata dalle caratteristiche del terreno (conduttività e capacità termica specifica volumica, il cui rapporto è la diffusività

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termica, grandezza termofisica che governa la conduzione termica in regime variabile) e dalla resistenza termica del materiale di riempimento del pozzo.

Un altro fattore che influenza la prestazione degli scambiatori verticali è la spaziatura tra pozzi adiacenti. Come regola generale è buona norma tenere una distanza non inferiore 5-6 metri per evitare interferenze termiche tra gli scambiatori, distanza che in funzione delle caratteristiche del terreno può raggiungere anche gli 8 metri.

Prestazioni tipiche (per tubo ad U singolo):

•• 35-50 metri di profondità del singolo per pozzo per kW termico scambiato;

•• 1-2 pozzi scambiatori da circa 100 metri ogni 3,5 kW termici scambiati;

• 15-30 m2 di area di terreno necessaria per kW termico.

Vantaggi:

•• richiede piccole estensioni di terreno, sviluppandosi in profondità;

•• buone efficienze dovute alla stabilità temporale delle temperature degli strati profondi di sottosuolo che vengono raggiunti con le perforazioni verticali;

•• possibilità di realizzazione in quasi tutti siti con adeguamento delle tecniche di perforazione.

Svantaggi:

•• possibili costi elevati in funzione delle caratteristiche morfologiche del sottosuolo;

•• non hanno buone prestazioni in alcuni suoli con particolari morfologie geologiche;

•• necessitano di installatori specializzati in scambiatori verticali con buona esperienza, che corrispondono quasi mai all'usuale perforatore di pozzi.

Disposizione nei pali di fondazione degli edifici

Un modo per ridurre i costi di installazione degli scambiatori verticali è quello di utilizzare perforazioni già presenti, necessaria ad altri scopi come quelle per iI pali di fondazione laddove la condizioni del terreno ne impongono l'uso (terreno cedevole) o per la presenza di elevati carichi strutturali. Tale tipo di disposizione prende usualmente il nome di "pali energetici" (Figura 6).

Fig. 6 - Pali energetici.

In questo caso le tubazioni che assolvono al compito di scambiatore di calore terreno-fluido termovettore sono disposte all'interno degli stessi pali di fondazione. Tale sistema può essere realizzato sia con pali prefabbricati sia con pali gettati in loco. I pali hanno un diametro di circa 0.4 ÷ 1.5 m (distanze minime anche meno di 1 m e lunghezza da pochi metri a 25 ÷ 30 m) e possono dare da 30 a 50 W/m di energia termica.

Vantaggi:

•• gli stessi dei pozzi scambiatori di calore;

•• costi d'investimento inferiori.

Svantaggi:

•• devono essere concepiti sin dalla prima fase progettuale;

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•• occorre prevedere l'esame delle caratteristiche geologiche e idrogeologiche del terreno assieme a quelle meccaniche, per contenere i costi;

•• occorre mantenere sempre temperature del fluido superiori a quelle di congelamento, per non compromettere la stabilità delle palificazioni nel terreno ad opera di ghiaccio superficiale;

•• occorre isolare adeguatamente i condotti, per evitare la formazione di condensa nelle cantine.

4.1.2 – Disposizione orizzontale nel terreno

Il sistema con tubazioni disposte orizzontalmente nel terreno è quello che presenta la più ampia gamma di tipologie.

Disposizione con tubi in trincea ad anello

Il sistema è realizzato scavando delle trincee profonde almeno un metro in cui vendono disposti i tubi scambiatori di calore. Lo scavo di trincee da uno a due metri di profondità è facilmente realizzabile in terreni non rocciosi con dei semplici scavafossi o delle ruspe dotate di retroescavatore. Tale sistema è in generale il più conveniente dal punto di vista dei costi di installazione, in particolare se si tratta di nuove edificazioni e se è disponibile una quantità relativamente estesa di terreno dedicabile allo scopo. Le realizzazioni più semplici sono costituite da un solo tubo disposto in anello in uno scavo (Figura 7), successivamente riempito con la terra escavata, che parte da e torna all'evaporatore della pompa di calore.

Fig. 7 - Scambiatore orizzontale: tubo singolo in trincea ad anello.

Un altro tipo di disposizione è quella a due tubi realizzata con due soli tubi nella stessa trincea o sovrapposti, uno sepolto a circa 2 metri di profondità e l'altro a circa 1 metro, oppure posti l'uno in fianco all'altro distanziati di un paio di metri.

Prestazioni tipiche (per sistema monotubo):

•• 30-50 metri di tubo per kW termico scambiato;

• 40-80 m2 di area di terreno necessaria per kW termico.

Vantaggi:

•• possono avere un minor costo iniziale rispetto agli scambiatori verticali;

•• richiedono minori competenze specialistiche per la loro installazione.;

•• minori incertezze sulle caratteristiche del sito, ma le condizioni del suolo possono variare in modo significativo durante le stagioni;

•• i sistemi a due tubi richiedono un estensione inferiore delle trincee.

Svantaggi:

•• richiede estensioni di terreno significative;

•• potenziale termico limitato dalla profondità della prima falda acquifera;

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•• l'efficienza del sistema risulta significativamente condizionata dall'ampiezza dell'escursione termica interstagionale degli strati di suolo superficiali: più è elevata la variazione di temperatura durante le stagioni, minore risulta essere l'efficienza;

•• i sistemi a due tubi possono richiedere da 15 a 30 metri in più di tubo per kW termico rispetto alla configurazione a tubo singolo, a causa della loro interferenza termica.

Disposizione più tubi in parallelo o serpentina in sbancamenti

In presenza di limiti sulla disponibilità di terreno in cui realizzare lo scambiatore orizzontale, si può ricorrere ad una configurazione a più alta densità realizzando degli sbancamenti poco profondi ma sufficientemente estesi sul cui fondo si può disporre la tubazione in serie o in parallelo (Figura 8).

Fig. 8 - Scambiatore orizzontale: più tubi parallelo o serpentina (serie).

Come per gli scambiatori verticali è possibile integrare lo scambiatore orizzontale nello stesso sistema edizio che si deve climatizzare. In questo caso i circuiti scambiatori vengono distribuiti nel magrone di sottofondazione. Tale sistema ha costi di installazione inferiori, ma, come per i pali energetici, occorre mantenere sempre temperature del fluido superiori a quelle di congelamento, per non compromettere la stabilità dell'edificio, e soprattutto occorre isolare termicamente il magrone di sottofondazione sulla faccia interna (superiore) per evitare il rischio di condensa sul pavimento del basamento. Tale configurazione gode di una maggiore stabilità della temperatura del terreno (essendo sotto l'edifico o sue pertinenze) che allo stesso tempo non viene però più "rigenerato" in modo diretto dalla radiazione solare e dall'aria atmosferica nei periodi caldi.

La prestazione dei sistemi a tubi orizzontali in parallelo o a serpentina dipende, oltre che dalle caratteristiche del terreno, anche dalla distanza tra i tubi in parallelo o tra le spire. Tubi eccessivamente vicini tra loro (pochi centimetri) si schermano termicamente tra di loro riducendo il flusso termico asportabile, così come, se sono troppo distanti, si ha, per superficie disponibile fissa, una riduzione della potenza scambiabile.

Disposizione di tipo spiroidale in trincea orizzontale, verticale o in sbancamento

Un'alternativa è rappresentata dal metodo Slinky™ (™: molla spiroidale giocattolo), sviluppato dall'International Ground Source Heat Pump Association, che consiste in una tubazione avvolta in spire disposte in modo piano sul fondo di una trincea (Figura 9a). Tale sistema consente di disporre una maggiore quantità di tubo in trincee meno estese, riducendo i costi di installazione e rendendo possibile l'impiego dei sistemi con scambiatore termico orizzontale in aree dove non lo sarebbe possibile con i sistemi orizzontali convenzionali. La configurazione caratteristica a spirale se da una parte consente di avere una maggiore quantità di tubo per metro quadro di terreno, dall'altra a causa della parziale sovrapposizione delle spire, ne riduce l'efficienza di scambio termico. In generale comunque la lunghezza della trincea decresce al crescere del grado di sovrapposizione delle spire. Il riempimento della trincea dopo aver posizionato la tubazione richiede una certa attenzione per sia assicurare che la spaziatura tra le spire sia quella voluta, sia garantire un buon contatto termico con il materiale di riempimento e il terreno. A tale scopo a volte può risultare conveniente se non necessario ricoprire la spire con uno strato di sabbia sottile.

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Un'alternativa al metodo "Slinky" è il metodo "Svec", sviluppato dal National Research Council of Canada, che consiste nell'inserire la tubazione a spirale verticalmente nel terreno invece che orizzontalmente (Figura 9b).

Infine la disposizione a spire può essere impiegata in sistemi di tubi in parallelo posizionati sul fondo di uno sbancamento, sia sotto il piano di campagna (Figura 10), sia sotto l'edificio o sue pertinenze.

Fig. 9 - Scambiatore orizzontale: a) a spirale orizzontale in trincea; b) a spirale verticale in trincea.

Fig. 10 - Scambiatore orizzontale: a spirale orizzontale in sbancamento.

Prestazioni tipiche:

•• dipendono dal grado di sovrapposizione delle spire.

Vantaggi:

•• gli stessi del sistema con scambiatore orizzontale;

•• ma coinvolgendo un'area di terreno minore;

•• tecnologia di scavo eseguibile con una vasta gamma di machine da scavo/costruzione..

Svantaggi:

•• grande quantità di tubo e di energia di pompaggio (tubazione singola);

•• come per gli altri scambiatori orizzontali, l'efficienza del sistema risulta significativamente condizionata dall'ampiezza dell'escursione termica interstagionale degli strati di suolo superficiali.

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Disposizione a collettore verticale in trincea

Il "Trench Collector" è un'altra disposizione dei tubi, classificabile come orizzontale, nata per ridurre l'area superficiale interessata dallo scambiatore. È costituito da una trincea profonda a capo della quale si dispone un collettore di distribuzione da cui si dipartono, a profondità diverse, un certo numero di circuiti in parallelo costituiti da tubi di piccolo diametro (Figura 11). Presentano gli stessi vantaggi e svantaggi dei circuiti a spirale in trincea.

Fig. 11 - Scambiatore orizzontale: a collettore verticale in trincea.

Prestazioni tipiche:

•• dipendono sia dalla spaziatura che dal numero dei circuiti in parallelo, sia dalla distanza tra il ramo di mandata e quello di ritorno.

Vantaggi:

•• gli stessi dei sistemi con tubo spiralato di tipo verticale;

•• minore energia di pompaggio a pari potenza termica scambiata.

Svantaggi:

•• gli stessi dei sistemi con tubo spiralato di tipo verticale;

•• maggiore complessità di installazione, maggiori costi di impianto.

4.1.3 – Sistemi ad espansione diretta

I sistemi ad espansione diretta, a differenza degli altri sistemi a circuito chiuso, che impiegano acqua o una miscela di acqua e anticongelante quale fluido termovettore che traferisce energia tra il terreno e l'evaporatore della pompa di calore, non fanno uso di tale scambiatore di calore (l'evaporatore) ma inviano direttamente il refrigerante nei tubi inseriti nel terreno. Di conseguenza le tubazioni impiegate devono essere adatte al contenimento dei fluidi refrigeranti e pertanto sono normalmente in rame. Eliminando lo scambiatore intermedio e consentendo al refrigerante di scambiare direttamente con il terreno, la sua temperatura è più vicina a quella del terreno. In tal modo si riduce il rapporto di compressione richiesto al compressore, riducendone la dimensione e il suo consumo energetico, cioè si ha una migliore efficienza della pompa di calore. Inoltre per effetto della migliore conducibilità termica del rame, circa 400 W/m K, rispetto a quella dei tubi in polietilene impiegati negli altri casi, 0.46-0.52 W/m K, è possibile ridurre l'estensione delle tubazioni.

I sistemi ad espansione diretta possono essere installati sia in configurazione orizzontale che orizzontale. Nella configurazione orizzontale le prestazioni tipiche sono di circa 30 m di tubazione per kW di potenza termica estratta, rispetto ai 40-45 m per kW dei tubi in polietilene. Per i sistemi con configurazione verticale (principalmente tubi a d U) di norma richiede pozzi da 7-8 centimetri di diametro con una prestazione di 10 m per kW termico estratto, contro pozzi da 10-15 centimetri di diametro e prestazioni di 17-26 m per kW estratto per sistemi con tubi ad U in polietilene.

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4.2 – Pompe di calore ad acqua di falda (GWHP)

La pompa di calore estrae energia dal sottosuolo emungendo l'acqua di falda e facendola circolare in uno scambiatore di calore che può essere anche direttamente l'evaporatore della pompa di calore. Il sistema di collegamento è a circuito aperto: acqua di falda è prelevata da un pozzo di estrazione ed è poi o reimmessa in falda tramite un pozzo di reimmissione o lo stesso pozzo di estrazione (pozzo statico), oppure viene scaricata in rogge o canali e fatta confluire nella acque superficiali (fiumi, laghi, mare). Si possono avere due tipologie di sistema:

•• sistema diretto: l'acqua prelevata circola direttamente nell'evaporatore della pompa di calore;

•• sistema indiretto: viene interposto uno scambiatore di calore tra il circuito dell'acqua di falda e quello di adduzione all'evaporatore.

Due sono gli aspetti comuni a questi sistemi: la possibilità di poter disporre di una opportuna quantità di acqua relativamente pulita e i vincoli posti da leggi e regolamenti sullo smaltimento delle acque che hanno avuto un impiego tecnologico. La qualità dell'acqua è un problema da non sottovalutare in quanto, a causa della sua durezza (carbonato di calcio) e dei batteri del ferro, può condurre alla formazione di incrostazioni sia localizzate che distribuite all'interno dello scambiatore di calore, diminuendone l'efficienza ed aumentando l'energia di pompaggio e richiedendo continue e costose operazioni di pulizia.

4.2.1 – Sistemi con pozzo di reimmissione in altro pozzo o in acque di superficie

Il sistema è caratterizzato dall'avere uno o più pozzi di estrazione e diverse possibilità per lo smaltimento dell'acqua utilizzata:

•• uno o più pozzi di reimmissione diversi da quelli di estrazione (Figura 12);

•• immissione in sistemi di acque superficiali: rogge, canali, fiumi, laghi, mare (Figura 12);

•• impiego inverso di tubi o sistemi di drenaggio utilizzati in questo caso per disperdere l'acqua nel sottosuolo.

Fig. 12 - Circuito aperto con pozzo di estrazione e di reimmissione in pozzo o in acque superficiali.

Ognuno di questi sistemi è soggetto al rispetto di legge norme sull'impatto ambientale e lo sfruttamento e smaltimento delle acque, e potrebbe quindi non essere applicabile al caso e nel sito di interesse, anche se di fatto l'unica alterazione prodotta sull'acqua impiegata è un suo leggero sottoraffreddamento.

Il danno potenziale legato a una possibile rottura dell'evaporatore con conseguente miscelazione di refrigerante con l'acqua reimmessa in falda o scaricata nelle acque superficiali può comunque essere evitato inserendo uno scambiatore di calore tra la pompa di calore e il circuito d'acqua di pozzo. Vengono un po' penalizzate le prestazioni ma si garantisce che il danno causato dalla rottura dell'evaporatore resti limitato al sistema impiantistico.

Caratteristiche progettuali:

• per ottenere uno scambio termico efficiente occorre estrarre 10-15 m3/h d'acqua di falda per kW termico;

•• per evitare un eccessiva variazione della temperatura della falda nella zona di estrazione, la distanza tra questa e la zona di reimmissione è tipicamente compresa tra 60 e 180 m, in funzione delle caratteristiche di permeabilità e flusso naturale nell'acquifero e della portata estratta e reimmessa.

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Vantaggi:

•• può avere un costo di investimento molto basso, specialmente per carichi termici elevati;

•• temperatura della sorgente stabile, si ha quindi un'elevata efficienza

•• è il sistema più antico, si ha grande esperienza (un grande quantità dei primi sistemi hanno avuto dei problemi, la maggior parte dei quali sarebbe stata risolta introducendo uno scambiatore di calore intermedio che isolasse l'acqua di falda).

Svantaggi:

•• le richieste di salvaguardia ambientale potrebbero essere molto vincolanti;

•• la possibilità d'impiego è specifica del sito;

•• acqua di bassa qualità può causare problemi, per cui spesso è necessario isolare l'acqua di falda dalla pompa di calore.

4.2.2 – Sistema con pozzo statico (standing column well)

Questo sistema è concettualmente un incrocio tra un sistema con scambiatore di calore verticale e un sistema ad acqua di falda a circuito aperto. Infatti consiste in un pozzo profondo che raggiunge la falda acquifera in cui si preleva dal fondo l'acqua in estrazione e si reimmette subito sotto il livello della falda l'acqua di ritorno dalla pompa di calore (Figura 13).

Fig. 13 - Circuito aperto con pozzo di estrazione e di reimmissione in pozzo o in acque superficiali.

In questo modo, se non vi fossero delle filtrazioni d'acqua attraverso la parete del pozzo da e per la formazione geologica circostante, il sistema corrisponderebbe ad un pozzo di scambio termico dove la parete stessa del pozzo funge da superficie di scambio termico e l'acqua contenuta nel pozzo diventa parte del fluido termovettore del circuito chiuso. Come pozzo di scambio termico avrebbe però la controindicazione che riesce a scambiare solo dal livello della falda in giù e vi potrebbero essere delle perdite nello scambio potenziale dovute a stratificazione e cattiva miscelazione. In realtà la parete del pozzo è permeabile e vi è sempre uno scambio di massa con la formazione circostante. L'altro estremo, la corrispondenza con un sistema a circuito aperto, è legato alla necessità che si può avere di spurgare dal circuito parte dell'acqua estratta dal pozzo. Ciò avviene quando la temperatura del acqua nel pozzo raggiunge livelli troppo bassi. In tal caso si spurga un certo volume d'acqua dal sistema creando un cono di depressione idrica intorno al pozzo e consentendo in tal modo alle acque sotterranee provenienti dalla formazione circostante di ripristinare il livello della temperatura nel pozzo al valore originario. Se si arrivasse a

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spurgare il 100% della portata estratta si avrebbe di fatto un sistema a circuito aperto.

Perché il sistema funzioni efficientemente occorre disporre di elevate quantità di acqua di falda, e se è installato in siti in cui si trova a livelli troppo profondi i costi di pompaggio possono diventare proibitivi.

Prestazioni tipiche:

•• occorrono mediamente 4-5 m di pozzo per kW di potenza termica estratta;

•• diametro tipico circa 15 cm (6 pollici).

Vantaggi:

•• Rappresenta un'alternativa nelle aree con elevate costi di perforazione e formazioni geologiche che consentono una bassa produttività di acqua.

Svantaggi:

•• uno scambio termico con il terreno limitato;

•• la possibilità d'impiego è specifica del sito, e potrebbe richiedere più pozzi profondi;

•• acqua di bassa qualità può causare problemi;

•• lo smaltimento delle acque di spurgo potrebbe essere problematico;

•• costi di pompaggio elevati per elevate portate di spurgo;

•• criteri di progettazione attualmente inadeguati.

4.3 – Pompe di calore ad acque superficiali (SWHP)

Questa tipologia di sistema utilizza quale sorgente termica per la pompa di calore un corpo d'acqua superficiale (stagni, fiumi, laghi mare). Si possono avere due tipologie di sistema (Figura 14):

•• sistema a circuito aperto: l'acqua prelevata circola direttamente nell'evaporatore della pompa di calore;

•• sistema a circuito chiuso: vengono utilizzati dei tubi scambiatori di calore normalmente completamente immersi nel corpo d'acqua utilizzato.

Fig. 14 - Sistemi ad acque di superficie a circuito aperto e a circuito chiuso.

Anche per questi sistemi permangono le limitazioni comuni dei sistemi ad acqua di falda, cioè la possibilità di poter disporre di una opportuna quantità di acqua relativamente pulita e i vincoli posti da leggi e regolamenti sull'impiego e lo smaltimento delle acque.

Sistemi con circuito aperto

Nei sistemi a circuito aperto l'acqua prelevata dal corpo d'acqua superficiale viene inviata direttamente all'evaporatore della pompa di calore, e una volta raffreddata, è riscaricata nello stesso corpo d'acqua. Ovviamente tale possibilità è attuabile solo se si ha a disposizione un'acqua relativamente pulita e se leggi e regolamenti, seppure con qualche limitazione, lo consentano. In particolare la qualità dell'acqua, rispetto alla sua durezza e alla presenza di sali vari, rappresenta un elemento importante per la formazione o meno di incrostazioni negli scambiatori di calore.

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Sistemi con circuito chiuso

I sistemi con circuito chiuso sono invece realizzati immergendo nel corpo d'acqua superficiale dei tubi scambiatori di calore, generalmente disposti nella configurazione spiroidale o a serpentina. In generale i corpi d'acqua candidati sono, per assenza di correnti significative, gli stagni e i laghi, ma è possibile avere applicazioni anche in fiumi o in mare (immersione di tubazioni in baie riparate). È inoltre possibile ricorrere all'impego di stagni artificiali, realizzati molto spesso per scopi estetici e che potrebbero avere un'adeguata area superficiale e profondità per l'immersione dei tubi scambiatori. La regola fondamentale è che il corpo d'acqua prescelto rispetti i criteri di minimo volume necessario per la potenza che si vuole installare, profondità minima e qualità dell'acqua.

I tubi scambiatori, in genere di polietilene (HDPE), possono essere disposti in vario modo (a serpentina, in spire, ecc.) pur di rispettare alcune regole fondamentali per il loro corretto funzionamento. Siccome in inverno la superficie libera del corpo d'acqua potrebbe congelarsi e ghiacciare occorre disporre le tubazioni almeno un paio di metri sotto il pelo libero, condizione comunque da rispettare se si vuole avere a disposizione una capacità termica (massa d'acqua) significativa da cui estrarre energia durante i picchi di potenza e se si vuole essere sicuri che per variazioni del livelli delle acque non risultino scoperte. L'ideale, se si dispone di superfici opportune, è quello di disporli sul fondo in modo che lo scambio termico avvenga non solo con l'acqua più profonda (più calda quando si ha formazione di ghiaccio superficiale) ma anche con la superficie solida del fondo. Questa indicazione contrasta però con la prassi di disporre i tubi scambiatori tra i 20 e 40 centimetri sopra la superficie del fondo del corpo d'acqua, tramite ancoraggi in cemento, per consentire una convezione naturale tutt'attorno la tubazione e quindi migliorare lo scambio termico tra acqua e tubo.

Tali sistemi, sempre di poter disporre di un corpo d'acqua adeguato, potrebbero esser quelli con costi minori.

Prestazioni tipiche e caratteristiche:

•• circa 26 m di tubazione per kW estratto;

• 13-75 W/m2 (120-750 kW/ettaro) di potenza specifica estraibile in funzione della massa d'acqua coinvolta, cioè dalla profondità di immersione dei tubi scambiatori;

• 13-80 m2 per kW di potenza estraibile;

•• profondità minima del corpo d'acqua 3 metri.

Vantaggi:

•• bassi costi di investimento;

Svantaggi:

•• i pescatori possono danneggiare il sistema;

•• elevate variazioni delle temperature stagionali del corpo d'acqua, causano un elevato sbilanciamento nelle prestazioni;

•• sistemi su scala commerciale richiedono corpi d'acqua di rilevanti dimensioni.

4.4 – Sistemi ibridi

I sistemi ibridi sono sistemi che impiegano la pompa di calore non solo per sfruttare la risorsa geotermica superficiale e la mista, ma anche per utilizzare direttamente altre fonti rinnovabile come quella aerotermica e la solare diretta. In particolare si possono avere combinazioni del tipo:

•• più sistemi di scambio "geotermico" in parallelo;

•• in parallelo con scambiatore aria-fluido refrigerante (si sfrutta anche la risorsa aerotermica);

•• l'evaporatore della pompa di calore viene alimentato anche da fluido termovettore proveniente da un capo di collettori solari.

Se si considerano le due seconde tipologie, l'alimentazione dell'evaporatore con fluido termovettore proveniente da altri sistemi operanti su fonti energiche rinnovabili diverse può portare ad un ridimensionamento (riduzione) dell'estensione dello scambiatore di calore impiegato per l'estrazione della risorsa geotermica. In particolare

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l'impiego di collettori solari incrementa l'efficienza della pompa di calore alimentandola a temperature più alte di quanto non sia possibile con i sistemi a circuito chiuso nel terreno. Inoltre, cosa particolarmente vera per i sistemi con scambiatori verticali nel terreno, i collettori solari possono servire d'estate per rigenerare termicamente il sottosuolo, che altrimenti, per effetto della sua bassa diffusività termica, potrebbe nel lungo termine sottoraffreddarsi in modo tale da non consentire più la sfruttabilità.

Nel caso di impiego di collettori solari è bene prevedere uno scambiatore liquido/liquido che isoli il circuito dei collettori da quello dello scambiatore "geotermico", sia per maggiore sicurezza e gestibilità del sistema, sia perché le miscele acqua-anticongelante che possono essere richieste nei due sottosistemi possono essere diverse.

5 – Calcolo della quota di energia rinnovabile sfruttata dai sistemi a pompa di calore

Lo sfruttamento di una fonte di energia rinnovabile tramite una pompa di calore è quantificabile in modo diretto attraverso la definizione del coefficiente di prestazione medio stagionale del sistema a pompa di calore. Tale coefficiente, indicato con l'acronimo SPF (Seasonal Performance Factor), è infatti definito come:

Di conseguenza se si estrae energia da una fonte rinnovabile e si conosce il coefficiente SPF del sistema (non dipende solo dalle caratteristiche nominale della pompa di calore, identificate dal coefficiente di prestazione, COP, ma anche dalle caratteristiche della sorgente e del sistema di scambio termico, oltre che dai profili di richiesta dell'utenza), la quota di energia estratta e utilmente impiegata è pari a:

Per completezza occorre ricordare che si possono avere, in funzione della tipologia dell'energia di azionamento del sistema a pompa di calore, E, valori e definizioni diverse del coefficiente SPF, cioe:

• SPFE = Qh/(Ee + Ee,aux) se azionata elettricamente;

• SPFT = Qh/(QT + Ee,aux) se azionata termicamente;

• SPFF = Qh/(Efuel + Ee,aux) se azionata direttamente da combustibile.

Per ottenere un SPF omogeneo nei vari casi, e quindi poter comparare soluzioni impiantistiche diverse, occorre moltiplicare per il fattore di conversione in energia primaria, fp, che può tenere conto anche del fatto che il vettore energetico utilizzato può utilizzare completamente o parzialmente una o più fondi di energia rinnovabili.

Operativamente, introducendo un coefficiente di prestazione medio stagionale riferito all'energia primaria, SPFP, si ottiene:

• SPFP = SFPE/fp,el= Qh/(Ee fp,el + Ee,aux fp,el) se azionata elettricamente;

• SPFP = Qh/(QT fp,th + Ee,aux fp,el) se azionata termicamente;

• SPFP = Qh/(Efuel fp,fuel + Ee,aux fp,fuel) se azionata direttamente da combustibile.

dove i vari fattori di conversione in energia primaria sono specifici al vettore energetico impiegato.

6 – Criteri generali di progettazione per i sistemi con scambiatori nel terreno

Il dimensionamento dei sistemi di scambio termico con il terreno, sia che siano di tipo orizzontale che verticale, è l'aspetto più importante per un buon funzionamento della pompa di calore geotermica. Il problema che si ha di fronte è un problema di tipo dinamico su base stagionale che è governato dalla capacità che ha il terreno di scambiare energia termica, la cui disponibilità non è infinita (a causa dei livelli termici) ma è condizionata dalla storia pregressa di sfruttamento e rigenerazione (ripristino naturale dei livelli termici preesistenti) sia in termini di intensità che di durata temporale. Sempre per lo stesso motivo e come già accennato è estremamente importante ridurre l'interferenza termica tra i tubi di scambio termico, sia in termini di spaziatura tra i pozzi scambiatori di calore (BHE) che di sovrapposizione delle spire o di interasse tra tubi di mandata e ritorno o nelle serpentine o nella loro sovrapposizione

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in più strati orizzontali.

La base comune di partenza per una corretta progettazione è la conoscenza del profilo temporale dei carichi termici che il sistema deve coprire e il suo valore di picco, cioè la potenza termica massima richiesta. Inoltre occorre che lo strumento di progettazione sia in grado di considerare in modo appropriato la caratteristica dinamica del problema per modellare accuratamente lo scambio termico nel terreno in funzione dei profili di carico richiesti.

Le informazioni necessarie per la progettazione dei sistemi di scambio termico nel terreno sinteticamente possono riassumersi nelle seguenti:

•• profilo temporale dei carichi termici, compreso l'eventuale produzione di acqua calda sanitaria;

•• proprietà termiche del terreno;

•• profilo verticale della temperatura indisturbata del sottosuolo;

•• geologia del sito e suo impatto sulla perforazione dei pozzi o sulla escavazione di trincee o sbancamenti;

•• prestazioni nominali e a carico variabile della pompa di calore che si vuole adottare;

•• uno schema preliminare del possibile metodo di accoppiamento di tubi scambiatori con il terreno, consistente con le caratteristiche del sito;

•• una prima pianificazione del posizionamento e modalità di realizzazione dello scambiatore con il terreno; ad esempio per gli scambiatori verticali, la possibile distribuzione spaziale, un dimensionamento preliminare, i materiale le modalità di riempimento dei pozzi, ecc.

Elementi critici per la buona riuscita del progetto, di cui il primo specifico per i sistemi con scambiatori verticali, sono in particolare, la corretta scelta del materiale di riempimento e sigillatura dei pozzi, la scelta del fluido termovettore e la vita utile del sistema di tubazioni.

La scelta del materiale di riempimento e sigillatura dei pozzi, che consenta una efficace interazione termica tra i tubi e il terreno, rappresenta spesso il collo di bottiglia del sistema. Il parametro fondamentale è la resistenza termica specifica all'unità di lunghezza tra il fluido termovettore circolante nei tubi e il terreno in prossimità del pozzo. Tale resistenza è composta in serie dalla resistenza convettiva fluido-parete, dalla resistenza conduttiva del tubo, dalla eventuale resistenza di contatto tra tubo e materiale di riempimento, dalla resistenza del materiale di riempimento, dalla eventuale resistenza di una possibile camicia del pozzo e sue resistenze di contatto con il materiale di riempimento e il terreno. Definite le caratteristiche degli scambiatori e la tecnica di perforazione (con o senza incamiciamento), l'elemento che governa tale resistenza è quello relativo al materiale di riempimento: una cattiva scelta può a accrescere in modo significativo tale resistenza. La scelta è ovviamente condizionata dalle caratteristiche geologiche del sito in considerazione. In particolare:

•• se il livello dell'acqua di falda è stabilmente prossimo alla superficie del terreno, il pozzo, che risulta esser allagato, può essere convenientemente riempito con ghiaia, che consente una circolazione dell'acqua attorno alle tubazioni eliminano qualsiasi possibile resistenza di contatto e aggiungendo allo scambio termico conduttivo anche quello convettivo;

•• se il sottosuolo è secco o se vi sono ampie escursioni nel livello della falda acquifera, è preferibile utilizzare un materiale di riempimento solido o semisolido che migliori lo scambio termico conduttivo e elimini possibili resistenze di contatto (ad esempio malte bentonitiche);

•• lo scambio termico può essere incrementato con l'adozione di distanziatori tra i tubi posti a circa 1,5 metri di l'uno dall'altro lungo la lunghezza, che mantengono il più possibile a contatto i fianchi dei tubi ad U contro le pareti del pozzo.

La scelta del fluido termovettore è condizionata dal problema della possibilità/necessità di operare con temperature inferiori a quella di congelamento dell'acqua (0 °C), che di fatto è il fluido ideale in quanto non costituisce particolari pericolosità dal punto di vista del rischio ambientale in caso di perdite. La convenienza o necessità di operare con temperature sotto lo 0 °C è dettata dalle caratteristiche geografiche del sito e in particolare del suolo, dalla tipologia di scambiatore scelto (verticale o orizzontale),dalla profondità di posizionamento degli scambiatori. Nel caso si possa/debba utilizzare un fluido termovettore che operi sotto lo 0 °C, vi sono due possibili soluzioni: miscele di

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acqua con glicole propilenico o con alcool metilico. La percentuale di miscela è poi dettate delle specifiche condizioni del clima e del suolo.

Un sistema di tubi scambiatori seppelliti nel terreno non è qualcosa che si possa manutenere; di conseguenza la vita utile di tale sistema assume una grande importanza nell'analisi di redditività dell'investimento. Normalmente i tubi in polietilene ad alta densità impiegati in tali scambiatori hanno una garanzia di 50 anni e verifiche indipendenti dai costruttori hanno mostrato vite utili tendenziali di oltre 200 anni. Il problema si riconduce quindi alle giunzioni. I soli metodi di giunzione accettabili sono, in tal senso, la termofusione e i manicotti. Le connessioni termofuse sia a bicchiere o di testa costituiscono una giunzione che è più resistente del tubo originale. L'impiego di raccordi spinati, morsetti e giunti incollati è ritenuto inaccettabile giacché accresce la possibilità di perdite.

Un altro aspetto importante, comune a tutte le tipologie di scambiatori nel terreno, è la scelta e il dimensionamento del sistema di pompaggio, una sua bassa efficienza può accrescere notevolmente i consumi energetici, vanificando le prestazioni globali del sistema [7].

Per sistemi di grandi dimensioni e con scambiatori di tipo verticale è consigliabile procedere, specialmente in assenza di informazioni geologiche dettagliate, alla misura in situ delle proprietà termofisiche del sottosuolo oltre che al rilievo per carotaggio della sua stratigrafia in modo da poter scegliere le tecniche di perforazione più adeguate e operare una corretta valutazione dei costi.

Per il dimensionamento degli scambiatori nel terreno si possono seguire metodi diversi con gradi di complessità e di accuratezza differenti. La regola generale è che, mentre per piccoli sistemi si può ricorrere a metodi semplificati, più è complesso e di maggiori dimensioni è il sistema più occorre utilizzare strumenti di calcolo più dettagliati. Dai più semplici ai più complessi i metodi utilizzabili si possono riassumere in:

•• tabelle o normogrammi (norme UNI EN 15450, VDI 4640 o SIA D0136);

• metodi di calcolo analitici (equazione sorgente lineare infinita di Eskilson [8], metodo ASHRAE [7], il metodo delle g-funcion [8], e relativi programmi di calcolo, quali EED – Earth Energy Designer [9], GchpCalc [10], GLHEPRO [11];

• metodi agli elementi finiti (FEFLOW – Finite Element subsurface FLOW system) [12] o differenze finite TRNSYS-DST [13].

6.1 – Criteri di dimensionamento degli scambiatori verticali

Per pompe di calore con potenza termica resa fino a 30 kW il valore della potenza media estraibile per unità di lunghezza dello scambiatore verticale, cioè del pozzo, può essere desunta dalla Tabella 1, in funzione della tipologia di terreno e delle ore di funzionamento annue. I valori riportati nella Tabella 1 fanno riferimento a periodi di funzionamento rispettivamente di 1800 e 2400 ore per anno, a una temperatura annuale media esterna tra 9 e 11 °C e a sistemi di riscaldamento con un massimo di cinque scambiatori. Se il sistema produce anche acqua calda sanitaria è possibile tenerne conto estendendo il periodo di funzionamento, aggiungendo un periodo di tempo addizionale corrispondente alla quantità di energia necessaria per il riscaldamento dell'acqua calda sanitaria. Se le caratteristiche del terreno variano lungo la profondità del pozzo, occorre tenerlo in considerazione nel calcolo della lunghezza dei pozzi o del loro numero in modo da essere in grado di scambiare la potenza richiesta.

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Tabella 1. Densità di potenza estraibile per scambiatori verticali in funzione

Tipologia di terreno Densità di potenza [W/m]

1800 ore per anno 2400 ore per anno Valori indicativi generici:

Terreno con sedimenti secchi e λ < 1,5 W/(m K) 25 20

Terreno normale con sedimenti saturi d'acqua e 1,5 < λ < 3,0 W/(m K) 60 50

Roccia consolidata con conduttività termica alta, λ > 3,0 W/(m K) 84 70

Tipi specifici di terreno:

Ghiaia o sabbia asciutti < 25 < 25

Ghiaia o sabbia saturi d'acqua 65 ÷ 80 55 ÷ 65

Ghiaia o sabbia saturi in presenza di forti correnti d'acqua di falda 80 ÷ 100 80 ÷ 100

Argilla umida 35 ÷ 50 30 ÷ 40

Calcare massiccio 55 ÷ 70 45 ÷ 60

Arenaria 65 ÷ 80 55 ÷ 65

Granito 65 ÷ 85 55 ÷ 70

Basalto 40 ÷ 65 35 ÷ 55

Diorite 70 ÷ 85 60 ÷ 70

Per periodi di funzionamento superiori alle 2400 ore/anno, per tenere in considerazioni gli effetti sul terreno di un'estrazione prolungata di energia, occorre verificare che l'energia estratta annualmente per metro di scambiatore risulti compresa tra 100 kWh/m e 150 kWh/m per anno. Se cosi non fosse occorre modificare il dimensionamento dello scambiatore fino a ricadere entro tali limiti.

Il salto termico tra la temperatura di ritorno dallo scambiatore e il terreno indisturbato (valore di temperatura a circa 10 m di profondità) deve essere tale da non causare problemi tecnici durante l'esercizio e mediamente è dell'ordine degli 11 °C.

Per sistemi di maggiore potenza occorre ricorrere a soluzioni più complesse, analitiche o numeriche. Un metodo analitico approssimato che può essere impiegato per dimensionare un sistema con maggiori potenze e un numero maggiore di scambiatori è quello proposto in [7]. Secondo tale metodo la lunghezza complessiva degli scambiatori si determina con la seguente relazione:

dove:

• : potenza termica media che occorre scambiare nell'arco della stagione per soddisfare le esigenze di riscaldamento [W];

• : potenza termica di picco che occorre scambiare [W];

• : fattore di perdita termica dovuto all'interferenza tra tubo di mandata e di ritorno all'interno del singolo pozzo, [–];

• : fattore di carico parziale mensile, [–];

• : resistenza termica tra fluido termovettore circolante nello scambiatore e l'interfaccia pozzo-terreno per unità di lunghezza dello scambiatore, [m K/W];

• : resistenza termica efficace del terreno per unità di lunghezza dello scambiatore riferita all'impulso annuale, [m K/W];

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• : resistenza termica efficace del terreno per unità di lunghezza dello scambiatore riferita all'impulso giornaliero, [m K/W];

• : resistenza termica efficace del terreno per unità di lunghezza dello scambiatore riferita all'impulso mensile, [m K/W];

• : temperatura indisturbata del terreno, [˚C];

• : temperatura del fluido termovettore in ingresso all'evaporatore della pompa di calore, [˚C];

• : temperatura del fluido termovettore in uscita dall'evaporatore della pompa di calore, [˚C];

• : temperatura di penalizzazione per interferenze termiche tra scambiatori adiacenti, [˚C].

La potenza termica media che occorre scambiare nell'arco della stagione per soddisfare le esigenze di riscaldamento, , si calcola come:

dove:

• : energia richiesta durante il periodo di funzionamento al condensatore della pompa di calore [Wh];

• : durata del periodo di funzionamento (stagione/anno) della pompa di calore [h];

• : fattore di prestazione medio stagionale della pompa di calore [–].

La potenza termica di picco che occorre scambiare, , si calcola come:

dove:

• : potenza di picco richiesta al condensatore della pompa di calore [W];

• : coefficiente di prestazione della pompa di calore della pompa di calore, nelle condizioni di potenza richiesta [–].

Il fattore di carico parziale mensile, , si calcola come:

dove:

• : energia richiesta nel singolo mese al condensatore della pompa di calore [Wh];

• : potenza termica nominale della pompa di calore [W];

• : durata del periodo di funzionamento nel singolo mese della pompa di calore [h].

Il fattore di perdita termica dovuto all'interferenza tra tubo di mandata e di ritorno all'interno del singolo pozzo, Fsc, si desume dalla Tabella 2, in funzione nel numero di scambiatore posti in serie sullo stesso circuito di alimentazione e della portata specifica di fluido termovettore circolante.

Tabella 2. Fattore di perdita termica dovuto all'interferenza, F

sc

[7].

Numero scambiatori posti in serie nel circuito di alimentazione

Fattore di perdita termica dovuto all'interferenza, Fsc

Portata di 36 litri/s/kWh Portata di 54 litri/s/kWh

1 1,06 1,04

2 1,03 1,02

3 1,02 1,01

La temperatura del terreno indisturbato, θg, corrisponde al suo valore medio annuo sotto i 10 metri di profondità e può essere calcolata come la media annua della temperatura dell'aria esterna:

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dove:

• : temperatura media giornaliera media mensile dell'aria esterna ricavabile dalla norma UNI 10349, [°C].

La temperatura di penalizzazione per interferenze termiche tra scambiatori adiacenti, θp, è un parametro difficile da ricavare e che dipende sia dalla distanza tra i vari pozzi natura del terreno e dalle potenze specifiche estratte e dalla loro durata. Per un sistema di estrazione ben progettato si consiglia di mantenere distanze tra i pozzi non inferiori ai 6 metri, per le quali si può assumere un valore medio di temperatura di penalizzazione pari a 1,5 °C.

Le temperature del fluido termovettore in ingresso e in uscita all'evaporatore della pompa di calore, θwi e θwo, dipendono scelte progettuali fatte nel selezionare la pompa di calore in funzione anche delle condizioni climatiche specifiche (vedasi temperatura media annuale indisturbata del sottosuolo). Di massima si può assumere θwi = 6 °C e θwo = 0 °C.

La resistenza termica tra fluido termovettore circolante nello scambiatore e l'interfaccia pozzo-terreno per unità di lunghezza dello scambiatore, Rb, si possono desumere dalla Tabella 3, in funzione della conduttività termica del materiale di riempimento del pozzo (Tabella 4), del suo diametro e del diametro della tubazione ad U in esso disposta, per flusso turbolento in tubi di polietilene.

Tabella 3. Resistenza termica tra fluido termovettore circolante nello scambiatore e

Diametro del tubo ad U [mm] Conduttività termica materiale di riempimento del pozzo, W/(m K)

diametro pozzo 100 mm diametro pozzo 150 mm

0,86 1,73 2,60 0,86 1,73 2,60

20 0,33 0,16 0,10 0,40 0,19 0,14

25 0,29 0,14 0,10 0,35 0,17 0,12

30 0,26 0,14 0,08 0,31 0,16 0,10

Per flussi laminari (Re < 5000): per Re = 4000 occorre aggiungere +0,014 (m K/W); per Re = 1500 aggiungere +0,040 (m K/W) [15].

Tabella 4. Conduttività termica di alcuni materiali da riempimento [7].

Materiali da riempimento e sigillatura λ [W/(m K)]

Bentonite (20 a 30% solidi) 0,73 ÷ 0,75

Cemento puro (non consigliato) 0,69 ÷ 0,78

20% bentonite / 80% sabbia siliconica 1,47 ÷ 1,64

15% bentonite / 85% sabbia siliconica 1,00 ÷ 1,10

10% bentonite / 90% sabbia siliconica 2,08 ÷ 2,42

30% cemento / 70% sabbia siliconica 2,08 ÷ 2,42

Le resistenze termiche efficaci del terreno per unità di lunghezza dello scambiatore riferita all'impulso annuale, mensile e giornaliero, Rga, Rgm e Rgd, si calcolano come:

dove:

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• λg è la conduttività termica del terreno (valori indicativi nella Tabella 5), [W/(m K)];

• Gf, G1, G2 sono dei fattori che vengono determinati tramite la seguente funzione:

dove:

• Fo: numero di Fourier definito come:

• Fof = 4α · tf / db2

• Fo1 = 4α · (tf – t1) / db2

• Fo2 = 4α · (tf – t2) / db2

in cui:

• α è la diffusività termica del terreno (valori indicativi nella Tabella 5), [m2/s];

• db è il diametro esterno del tubo ad U, [m];

• t1 = 315.360.000 [s];

• t2 = 317.952.000 [s];

• tf = 317.973.600 [s].

Tabella 5. Proprietà termiche di alcuni tipi di suoli e rocce [7].

Tipo di sottosuolo Massa volumica a secco [kg/m3]

Conduttività termica

[W/(m K)] Diffusività termica

[106 m2/s]

Terreno

Argilla pesante, 15% acqua 1925 1,4 ÷ 1,9 0,486 ÷ 0,706

5% acqua 1925 1,0 ÷ 1,4 0,544 ÷ 0,706

Argilla leggera, 15% acqua 1285 0,7 ÷ 1,0 0,637 ÷ 0,544

5% acqua 1285 0,5 ÷ 0,9 0,648 ÷ 0,648

Sabbia pesante, 15% acqua 1925 2,8 ÷ 3,8 0,972 ÷ 1,273

5% acqua 1925 1,0 ÷ 2,1 1,076 ÷ 1,620

Sabbia leggera, 15% acqua 1285 1,0 ÷ 2,1 0,544 ÷ 1,076

5% acqua 1285 0,9 ÷ 1,9 0,637 ÷ 1,389

Roccia

Granito 2650 2,3 ÷ 3,7 0,972 ÷ 1,505

Calcare 2400 a 2800 2,4 ÷ 3,8 0,972 ÷ 1,505

Arenaria 2570 a 2730 2,1 ÷ 3,5 0,752 ÷ 1,273

Scisti umide 1,4 ÷ 2,4 0,752 ÷ 0,972

Scisti secche 1,0 ÷ 2,1 0,637 ÷ 0,856

6.2 – Criteri di dimensionamento degli scambiatori orizzontali

Per applicazioni semplici, come edifici monofamiliari, il dimensionamento dello scambiatore può essere effettuato ricorrendo a delle tabelle precalcolate che riportano la potenza termica estraibile per metro quadro di superficie dello scambiatore in funzione della tipologia di terreno e delle ore funzionamento/anno (si intende superficie la superficie di scambio termico interessata dallo scambiatore; ad esempio nel caso di sistemi a spirale in trincea inserita verticalmente sarà data dalla profondità per la lunghezza della trincea). Nella Tabella 6 sono riportate le densità di

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potenza estraibili per rispettivamente 1800 e 2400 ore di utilizzo annue del sistema. La tabella fa riferimento all'impiego del sistema per il solo riscaldamento, ma è possibile utilizzarla anche per sistemi che includono la produzione di acqua calda sanitaria estendendo il periodo di funzionamento, ottenendo quindi un periodo in ore equivalenti.

Per periodi di funzionamento superiori alle 2400 ore/anno, per tenere in considerazioni gli effetti sul terreno di un estrazione prolungata di energia, occorre verificare che l'energia estratta annualmente per metro quadro di scambiatore risulti compresa tra 50 e 70 kWh/m2 per anno. Se cosi non fosse occorre modificare il dimensionamento dello scambiatore fino a ricadere entro tali limiti.

Tabella 6. Densità di potenza estraibile per scambiatori orizzontali in funzione

Tipologia di terreno Densità di potenza [W/m2]

1800 ore per anno 2400 ore per anno

Terreno asciutto, non coeso 10 8

Terreno coeso e umido 20 ÷ 30 16 ÷ 24

Sabbia o ghiaia saturi d'acqua 40 32

Il salto termico tra la temperature di ritorno dallo scambiatore e il terreno indisturbato deve essere tale da non causare problemi tecnici durante l'esercizio e mediamente è dell'ordine dei 12 °C.

Per sistemi di taglia superiore si può impiegare il normogramma di Figura 15, che è ripreso dalla norma Svizzera SIA D0136, e che consente di determinare in funzione della potenza termica richiesta alla pompa di calore e del suo COP e in funzione della tipologia di terreno, sia l'area di superficie necessaria sia la lunghezza di tubo da impiegare.

Il normogramma di Figura 15 fa riferimento alla configurazione a tubo singolo in trincea.

Fig. 15 - Normogramma per il dimensionamento dei sistemi a pompa di calore con scambiatore orizzontale [16, 17].

Le condizioni climatiche di riferimento sono ovviamente quelle svizzere e quindi i risultati sono comunque conservativi rispetto a applicazioni sul territorio italiano. Le condizioni di riferimento impiegate per il terreno e codificate da 1 a 4 sono:

1) terreno sabbioso saturo d'acqua esposto alla radiazione solare; rapporto di estrazione 35 ÷ 40 W/m2; 2) terreno umido, sabbioso e molto esposto alla radiazione solare, circa 30 W/m2;

3) terreno umido, sabbioso e poco esposto alla radiazione solare, circa 20 W/m2;

(24)

4) terreno ghiaioso secco e ombreggiato; rapporto di estrazione 8 ÷ 12 W/m2. Per l'impiego del normogramma, si opera nel seguente modo:

1) in funzione della potenza termica di progetto richiesta alla pompa di calore e al relativo coefficiente di prestazione (COP) si entra nel quadrante di destra dall'ascisse (potenza termica del condensatore) e, in funzione della linea iso-COP, si determina la potenza richiesta all'evaporatore (ordinata);

2) nota la potenza termica all'evaporatore si entra con l'ordinata nel quadrante in alto a sinistra e, in funzione della tipologia di terreno considerata (linee 1, 2, 3, e 4) si determina la ascissa, cioè i metri quadri di superficie di terreno necessari;

3) si entra quindi nell'ultimo diagramma in basso a sinistra e in funzione dell'ascissa (i metri quadri), sempre per la tipologia di terreno scelta, si determina la lunghezza della tubazione che occorre impiegare (ordinata a destra).

Se si volessero considerare altre disposizioni, queste consentono di ridurre l'area interessata per unità di potenza estratta, in modo non lineare al crescere del numero di tubi impiegati nella stessa trincea a causa dell'interferenza termica tra i tubi. In modo indicativo, dall'analisi di diversi sistemi realizzati [15], si può assumere un fattore di riduzione della superficie calcolata dal normogramma, FR, riportato a titolo indicativo nella Tabella 7 per varie configurazioni dei tubi.

Tabella 7. Fattore di riduzione dell'area necessaria in funzione numero di tubi e della tipologia di scambiatore [15].

Tipologia di scambiatore orizzontale Fattore di riduzione

2 tubi nella stessa trincea 0,66

4 tubi nella stessa trincea 0,53

6 tubi nella stessa trincea 0,40

8 tubi nella stessa trincea 0,36

Spiroidale o a serpentina verticale, 1 trincea 0,48

Spiroidale o a serpentina verticale, 2 trincee 0,36

7 – Criteri generali di progettazione per i sistemi con acqua di falda

Il progetto dei sistemi a circuito aperto utilizzanti acqua di falda, dato che i costi d'impianto dipendo sostanzialmente dalla dimensione del sistema (in modo esponenzialmente decrescente) è sostanzialmente legato alla definizione della portata ottima economica di acqua che occorre estrarre (sempre che sia disponibile). In fatti portate maggiori producono un aumento dell'efficienza della pompa di calore, ma al contempo accrescono i consumi per il pompaggio: esiste quindi un punto di ottimo. Tale punto di ottimo dipende naturalmente dal livello statico dell'acqua di falda: più è meno profondo più l'ottimo si sposta verso portate maggiori e viceversa.

In generale una progettazione di una sistema a pompa di calore con acqua di falda (o anche superficiale) a circuito aperto deve tener conto dei seguenti punti:

• sito:

•• di verificare vincoli legislativi e normative specifici al sito;

•• effettuare preliminarmente la perforazione e i test di portata;

• edificio:

•• il progetto è economicamente sostenibile solo se i carichi termici da soddisfare sono significativi;

•• utilizzare circolatori ad alta efficienza;

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