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LA GESTIONE DEL PASSAGGIO GENERAZIONALE – L’ATTIVITA’ DEL TRUSTEE BERGAMO 20 OTTOBRE 2017 Il trustee: chi è, cosa fa e come lo dovrebbe fare – casi pratici

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LA GESTIONE DEL PASSAGGIO GENERAZIONALE – L’ATTIVITA’ DEL TRUSTEE BERGAMO 20 OTTOBRE 2017

Il trustee: chi è, cosa fa e come lo dovrebbe fare – casi pratici (Sabrina Numa)

Negli interventi che mi hanno preceduta a cura dell’Avv. Ferrajoli e del Dott. Divizia abbiamo visto gli strumenti a disposizione delle famiglie per il passaggio

generazionale e nel “dopo di noi” oltre che alcuni ambiti in cui lo strumento di trust può essere strategico o risolutivo in una serie di situazioni o di problematiche legate alla famiglia oppure all’impresa, cioè come il trust sia estremamente versatile ed elastico.

Con questa relazione desidero chiarire le caratteristiche della figura del trustee e gli aspetti salienti del suo lavoro, facendo riferimento anche alla più recente

giurisprudenza.

L’art. 2 della Convenzione dell’Aja dice che “per trust si intendono i rapporti giuridici istituiti da una persona, il disponente, con atto tra vivi o mortis causa, qualora dei beni siano stati posti sotto il controllo di un trustee, nell’interesse di un

beneficiario o per un fine determinato; il comma 1) stabilisce che i beni in trust costituiscono una massa distinta e non sono parte del patrimonio del trustee; il comma 2 lettera c) della Convenzione dell’Aja recita testualmente: “il trustee è investito del potere e onerato dell’obbligo, di cui deve rendere conto, di

amministrare, gestire o disporre dei beni in conformità alle disposizioni del trust e secondo le norme imposte dalla legge al trustee.”

Successivamente l’art. 8 rimanda la nomina, le dimissioni e la revoca del trustee, la capacità di esercitare l’ufficio di trustee e la trasmissione delle funzioni di trustee alla legge regolatrice prescelta per la regolamentazione dello strumento di trust;

definisce la possibilità che in un trust ci siano due o più trustee; il diritto del trustee di delegare, amministrare e disporre dei beni in trust, la possibilità per il trustee di effettuare investimenti con le risorse del fondo in trust; e ancora: riferisce dei rapporti tra il trustee ed i beneficiari, della distribuzione dei beni in trust,

dell’obbligo del trustee di rendicontare in merito alla gestione dei beni in trust.

Cos’altro stabilisce la Convenzione dell’Aja? All’art. 11 che i creditori personali del trustee non possono rivalersi sui beni in trust perché gli stessi sono segregati

rispetto al patrimonio personale del trustee e che tali beni non rientrano nel regime matrimoniale o successorio del trustee. All’art. 12, sempre la Convenzione definisce che il trustee che desidera registrare beni mobili o immobili o i titoli relativi a tali

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beni è abilitato a farlo nella qualità di trustee o in qualsiasi altro modo che evidenzi l’esistenza del trust. Infine, all’art. 19 si definisce che il trustee è sottoposto al regime fiscale dello stato in cui ha la residenza o la sede principale.

Dopo questo indispensabile riferimento alla Convenzione, in pratica il trustee, chi è?

Da anni svolgo questo incarico e sempre da anni frequento l’associazione Il trust in Italia, i master, i convegni, i simposi….. pensando a come strutturare questo

intervento ho ricordato i percorsi che mi hanno portato fino ad oggi senza trovare nulla di specificatamente pratico su questa figura professionale che, quando si parla di trust, non può non essere nominata eppure in dottrina così evanescente……..

Il trustee è il gestore fiduciario dello strumento di trust ed è una figura

fondamentale senza la quale uno strumento di trust non può essere istituito!

Accettando l’incarico, che nella maggioranza dei casi viene proposto dal disponente (perché ci possono essere incarichi proposti dal tribunale o, in corso di trust, dal guardiano o dai beneficiari), il trustee deve mettere in campo una serie di

competenze professionali, regole di buon senso e doti umane. Perché dovrà amministrare, con la diligenza del buon padre di famiglia, un patrimonio che gli è stato temporaneamente affidato per la realizzazione di un programma, per uno o più beneficiari.

Il buon trustee, cioè il trustee consapevole, accetta l’ufficio solo se ha:

• conosciuto personalmente il disponente;

• perfettamente compreso le disposizioni dell’atto istitutivo e verificato la sua validità;

• valutato attentamente di essere in grado di svolgere l’incarico, con

riferimento alla composizione del fondo in trust (beni eterogenei) o ai beni che presumibilmente entreranno a far parte del fondo;

• appurato di non essere in conflitto di interessi con alcuno dei soggetti del trust al momento dell’assunzione dell’incarico ed in futuro;

• verificato la validità della nomina;

• concordato il compenso e la corresponsione dello stesso.

Il trustee professionale, nella prassi internazionale ma anche in Italia, per accettare l’incarico segue una procedura di disamina più complessa: innanzitutto svolge

un’adeguata verifica identificando il disponente, gli richiede chiarimenti sulle finalità del trust e sull’origine dei beni che intende destinare nel fondo. Il trustee è anche tenuto ad indagare su eventuali garanzie che il disponente ha rilasciato a terzi in relazione al patrimonio residuo dopo l’istituzione e la dotazione del trust. Il trustee

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professionale deve appurare se il disponente ha procedimenti penali in corso e lo stato degli stessi, se e in che misura intrattiene rapporti con intermediari finanziari fuori dallo Stato ed acquisire, per quanto possibile, tutta la documentazione

probante le dichiarazioni raccolte.

Una volta verificato che il disponente è persona onorata e di buona reputazione e che ha piena consapevolezza delle caratteristiche dello strumento di trust, procede con la verifica sul guardiano indicato dal disponente, accertandosi che sia anch’essa persona onorata e di buona reputazione, che abbia consapevolezza dello strumento di trust e dell’incarico che si accinge ad assumere e le relazioni personali che

sussistono tra il guardiano e il disponente.

Successivamente il trustee professionale passa alla disamina dei beni che andranno a formare il fondo in trust, che in questa sede vediamo per sommi capi:

Valori immobiliari – L’immobile oggetto del conferimento va sottoposto ad adeguata verifica (due diligence) per accertare:

• la corretta titolarità del disponente o del terzo conferente;

• la provenienza del bene, anche ai fini antiriciclaggio, in particolare se l’immobile è stato oggetto di atti a titolo gratuito;

la regolarità tributaria, edilizia, catastale, urbanistica, etc.;

• vincoli o ipoteche o altre limitazioni dei diritti reali;

• contenziosi in essere riguardo al bene;

• correttezza della contrattualistica in caso di immobile locato.

Quote sociali – Le partecipazioni da accettare in trust devono essere oggetto di una valutazione (due diligence) volta a verificare:

• l’effettiva consistenza patrimoniale degli attivi e la sussistenza di passività limitate all’evidenza di bilancio;

• la redditività;

• l’esistenza di debiti per finanziamenti soci;

• l’esistenza di finanziamenti bancari;

• situazioni di contenzioso legale, amministrativo, tributario, urbanistico, edilizio, etc.

Non dovrebbe essere accettato il conferimento di partecipazioni in società che:

• siano sotto stress finanziario o in stato di insolvenza o pre-insolvenza;

• presentino situazioni di rischio patrimoniale e finanziario.

Potrebbe, invece, essere accettato il conferimento di partecipazioni in società che per redditività o situazione di liquidità presente o futura necessitino l’apporto di

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mezzi finanziari purché il disponente o terzi conferenti dotino il trust di adeguati mezzi liquidi o valori liquidabili per consentire al trust di fare fronte a tali impegni futuri, anche potenziali.

È richiesta anche la valutazione della governance della società che deve essere adeguata alla natura del business e delle operazioni specifiche. L’organo amministrativo deve essere adeguato (ad esempio collegiale) a tali situazioni.

I membri dell’organo amministrativo devono godere della necessaria rispettabilità ed onorabilità ed essere dotati delle necessarie competenze ed esperienza secondo la dimensione e la complessità del business.

È accettabile che i membri dell’organo amministrativo siano il/i disponente/i, mentre per il guardiano va di volta in volta valutata la particolarità della fattispecie.

È, altresì, accettabile che i membri dell’organo amministrativo siano anche beneficiari, purché non sorgano evidenti conflitti d’interesse o sostanziali disparità fra i beneficiari.

È necessario valutare l’opportunità di accettare partecipazioni in società operative riguardo ai rischi di business che la partecipazione comporta e, nel caso, di favorire la costituzione di una holding da interporre fra l’azionista e la società operativa, allo scopo di isolare le vicende del trust da quelle dell’azienda.

In ogni caso, in presenza di una holding, le verifiche (due diligence) vanno estese alle società operative controllate e collegate.

Valori mobiliari - Il conferimento deve riguardare valori quotati o agevolmente liquidabili sul mercato, il cui valore fiscale di carico deve essere documentato dal disponente o dal terzo conferente. Il conferimento di valori mobiliari non quotati o illiquidi (ad esempio quote di fondi chiusi, di private equity, etc.) deve essere oggetto di una valutazione (due diligence) per accertare l’effettiva consistenza patrimoniale e la coerenza dell’investimento con gli scopi del trust. Inoltre, in caso di fondi chiusi, l’eventuale debito per richiami successivi di capitale del fondo deve essere finanziabile attraverso l’apporto o l’esistenza di mezzi liquidi o di valori liquidabili per abilitare il trust a fare fronte a tali impegni futuri. La provenienza dei beni è oggetto di indagine ai fini antiriciclaggio.

Altri beni - l’accettazione in trust di altri beni, ad esempio veicoli, natanti, preziosi, opere d’arte, è soggetta alla valutazione ed accettazione dei rischi connessi e degli oneri di gestione. L’adeguata verifica (due diligence) è volta ad accertare:

• la corretta titolarità del disponente o del terzo conferente;

• la provenienza del bene, anche ai fini antiriciclaggio;

la regolarità tecnica, tributaria, etc.;

• vincoli o altre limitazioni dei diritti reali;

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• contenziosi in essere riguardo al bene;

• correttezza e completezza della documentazione.

Non devono essere accettati beni che siano oggetto di un vizio riguardo alle regolarità citate o altri requisiti d’uso. Gli oneri di gestione devono essere adeguatamente coperti da una dotazione di mezzi liquidi o prontamente liquidabili. Deve essere prevista la sottoscrizione di una polizza assicurativa a copertura dei principali rischi cui il bene è soggetto.

Accettato l’incarico, il trustee ha degli obblighi generalmente ben definiti nell’atto istitutivo, che sono:

la tenuta del libro degli eventi del trust – è un registro, abitualmente vidimato, dove il trustee, soprattutto se singolo, annota le “vicende del trust”. Oltre agli atti ufficiali, quindi l’atto istitutivo e gli atti di dotazione iniziali e successivi, il trustee tiene memoria di tutte le considerazioni che lo hanno guidato nel raggiungere una determinata decisione.

La tenuta delle scritture contabili – applicando le norme attinenti agli enti non commerciali, considerando che il trust è un soggetto passivo ai fini ires.

La predisposizione del rendiconto – la rendicontazione ai beneficiari è una delle obbligazioni fondamentali del trustee; il trustee tiene una registrazione cronologica degli eventi contabili il cui impianto dipende dalle esigenze di rendicontazione specifiche. La prassi redazionale nei trust per beneficiari prevede che il rendiconto sia composto da un semplice prospetto contabile di cassa e dall’inventario. Nel decidere la forma del rendiconto e la quantità e tipologia dei suoi allegati, il trustee deve tenere conto sia del patrimonio e dei redditi del fondo, delle regole espresse nell’atto istitutivo e anche, quando ne è a conoscenza, della cultura dei beneficiari e dell’assistenza di cui possono avvalersi; infatti il buon trustee si deve preoccupare non solo che il rendiconto sia tecnicamente corretto, ma anche che i beneficiari possano agevolmente comprenderlo.

In linea generale ma ancora di più nello specifico del “Dopo di noi” il principio su cui il Trustee deve basare lo svolgimento del proprio incarico è “impiegare il fondo a vantaggio del Beneficiario”: deve fare in modo che le utilità provenienti dal suo operato vengano indirizzate ad esclusivo vantaggio del Beneficiario da assistere. Per fare questo il buon Trustee non può limitarsi alla gestione patrimoniale del fondo in trust, ma deve entrare nella vita del Beneficiario. Il Trustee deve preoccuparsi che il Beneficiario riceva l’assistenza programmata nell’atto di trust, non solo che i fondi siano sufficienti per attuarla. In funzione di come è stato redatto l’atto, il Trustee ha quindi non solo obblighi di dare, ma anche di fare.

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L’art. 6, comma 3 sub. C della Legge 112 recita “l’atto istitutivo del trust (…) individui, rispettivamente, gli obblighi del trustee (…) con riguardo al progetto di vita e agli obiettivi di benessere che lo stesso deve promuovere in favore delle persone con disabilità grave, adottando ogni misura idonea a salvaguardarne i diritti; l’atto istitutivo (…) indichi inoltre gli obblighi e le modalità di rendicontazione a carico del trustee (…).

Oltre alle considerazioni già espresse, il Trustee deve quindi avere delle specifiche competenze multidisciplinari che si riconducono alle seguenti aree:

Competenze economico finanziarie e di gestione patrimoniale che il trustee deve comunque avere sempre, non solo in questo specifico tipo di trust, e che, comportando delle responsabilità non di poco conto, deve adeguare alla legge regolatrice dello strumento;

competenze tecnico giuridiche per potersi relazionare nel tempo con i vari soggetti coinvolti , con particolare riguardo al progetto di vita del beneficiario ed ai suoi obiettivi di benessere;

competenze nell’ambito dell’assistenza in genere e di relazione con il sistema pubblico in funzione dell’art. 6 comma 2 e comma 3 lettera b della legge 112 : il trustee deve essere in grado di interagire con tutti gli altri soggetti coinvolti e con le istituzioni e deve conoscere bene il sistema con il quale si interfaccia per poter prevedere e ricercare le migliori opportunità per il beneficiario che deve assistere;

competenze in ambito psico-relazionale per rapportarsi in primis con il beneficiario e poi con il suo contorno familiare e gli altri soggetti interessati.

Tutte queste caratteristiche sono sicuramente proprie dei genitori! Seguendo i requisiti dell’art. 6 comma 3 della legge, non ritengo si possa escludere l’istituzione del cd trust auto-dichiarato che si configura quando il disponente ed i trustee sono la stessa persona. Nel caso specifico il ricorso a questo genere di trust potrebbe, in alcuni casi, rivelarsi opportuno finchè i genitori sono in vita e perfettamente efficienti perché potranno continuare ad occuparsi direttamente dei propri figli e potranno continuare a gestire direttamente il patrimonio, limitandosi ad indicare chi, nel futuro, verrà chiamato a sostituirli.

Tutti gli atti di trust devono contenere la regolamentazione dei meccanismi di sostituzione del trustee che si attivano sia per dimissioni che per revoca del trustee in carica perché lo strumento deve avere il suo gestore fiduciario fino a che non giungerà il termine finale: i genitori potranno scegliere se puntualizzare solo il meccanismo di sostituzione oppure se designare fin dall’istituzione anche uno specifico soggetto che li sostituirà nel ruolo di trustee. Se decidono per la seconda opzione, avranno dinnanzi una scelta non facile.

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Potranno indirizzarsi verso una persona fisica, magari un familiare che è stato loro particolarmente vicino da lungo tempo, oppure potranno valutare un professionista di fiducia della famiglia come, per esempio, il commercialista o l’avvocato. Nulla da ridire in merito: occorre solo tenere presente che il ruolo di trustee, quando ricoperto da una persona fisica, è soggetto all’aleatorietà della sua vita, alle imponderabili vicende che potrebbero accadergli. La scelta di un trustee professionale persona giuridica assicura meglio ai genitori la continuità nel tempo e soprattutto i genitori possono verificare una serie di requisiti soggettivi e oggettivi.

Il trustee professionale potrà dimostrare esperienza specifica indicando quali altri incarichi sta seguendo ed in quali materie meglio esplica le sue competenze; potrà inoltre dimostrare di aver sottoscritto, come deve, adeguata polizza assicurativa specifica a copertura dei rischi nella gestione di patrimoni altrui, evidenziandone i massimali e le franchigie; potrà infine, attraverso vari colloqui che i genitori richiederanno, dimostrare le proprie qualità morali e le doti umane che lo contraddistinguono, completando il quadro di scelta. Il consiglio che mi sento di dare ai genitori che prendono in considerazione l’istituzione di un trust a salvaguardia del figlio affetto da disabilità grave è di non lasciare che un meccanismo, per quanto ben studiato e redatto, si sostituisca a loro quando non ci saranno più. Ritengo consigliabile e opportuno operare una scelta consapevole a priori, avendo a disposizione vari strumenti per poterlo fare.

Per esempio l’Associazione Il trust in Italia ha istituito il registro dei trustee professionali accreditati: in questo elenco sono individuati soggetti che abitualmente ricoprono incarichi di trustee ed i cui requisiti sono già stati valutati dall’apposita commissione dell’Associazione. I genitori potranno contattare coloro che ritengono in funzione dei dati pubblici, magari optando per quelli logisticamente più vicini (anche per facilitarne un domani l’operato e compiere una scelta consapevole), con più anni di esperienza o più strutturati per poi entrare nel merito delle doti morali e della sensibilità umana.

Tre casi pratici!

La Famiglia Bianchi

Paolo e Marta sono due coniugi anziani che hanno deciso di pianificare il passaggio generazionale in azienda per tempo e con serenità; hanno due figli, Franco e

Federico che, sebbene abbiano sempre condiviso le scelte dei genitori, hanno

attitudini diverse ed interessi diversi. Franco si è interessato e prodigato nell’azienda

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di famiglia insieme al padre (diremo Operativa srl), mentre Federico è un professionista che opera in modo indipendente, non ha mai avuto alcun

coinvolgimento nell’Operativa ma ha seguito con interesse l’Immobiliare di famiglia (società semplice). La famiglia poi ha una seconda società immobiliare (sas) che detiene il complesso di residenza di tutti i componenti.

Nel dettaglio: Paolo possiede il 90% delle quote della società Operativa (il 10% è di Franco), il 10% della A società semplice (45% di Franco e 45% di Federico) e il 30%, quale socio accomandante, della sas immobiliare (30% come accomandante di Marta, Franco e Federico accomandatari con il 20% ciascuno).

Marta possiede l’80% delle quote di Immobiliare ss (20% suddiviso equamente tra Franco e Federico) oltre al 30% della sas come accomandante.

Quando è stato valutato il passaggio generazionale, i valori delle società sono stati individuati di comune accordo tra genitori e figli per cui non è stato necessario effettuare alcuna perizia, sebbene lecita ed ammissibile.

Franco e Federico sono entrambi sposati con due figli ciascuno e tutti di minore età.

L’intenzione di Paolo e Marta è quella di procedere con una divisione e attribuzione delle società che tenga conto delle aspirazioni diverse dei Figli tenendoli indenni dalle imponderabili vicende personali, professionali e familiari.

Abbiamo deciso di procedere con la sottoscrizione di un patto di famiglia e di un trust.

Con il patto di famiglia abbiamo disciplinato i seguenti trasferimenti:

A Franco – il 90% della società Operativa srl con contestuale corresponsione del valore della quota nei confronti di Marta e Federico; il 10% di A ss con contestuale corresponsione del valore della quota nei confronti di Marta e Federico; il 30% della sas quale socio accomandante diventando debitore del corrispondente valore nei confronti del fratello Federico.

A Federico – l’80% delle quote della Immobiliare ss da parte di Marta con

contestuale corresponsione del valore della quota nei confronti di Paolo e Franco; il 30% della sas quale socio accomandante diventando debitore del corrispondente valore nei confronti del fratello Franco.

In forza delle acquisizioni che i Figli convengono di fare, si crea una situazione nella quale si impegnano a liquidare somme rilevanti ai genitori oltre che a soddisfare diritti di credito che reciprocamente vantano l’uno verso l’altro. I figli non hanno le somme disponibili; i genitori, pur avendo altre disponibilità di cui vivere, sono

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consapevoli che l’avanzare dell’età potrebbe vederli bisognosi di altre risorse per cure ed assistenza per cui non sono disposti a rinunciare ma si accontentano che l’obbligazione dei figli nei loro confronti sia vitalizia, a semplice richiesta ed in funzione delle disponibilità del momento.

I diritti di credito fra i due fratelli sono regolati da un’ulteriore divisione di comune accordo che vede Federico dare a Franco il suo 45% di A ss, mentre Franco dà a Federico il suo 10% di Immobiliare ss.

Rimane il diritto di credito dei genitori nei confronti dei figli che, per essere garantito da eventuali interferenze esterne relative ai rapporti personali dei figli, viene

disciplinato con un trust che ha nel fondo le componenti reddituali del patrimonio trasferito. I diritti di credito dei genitori vengono sostituiti dalle posizioni beneficiarie del trust a valere sui redditi che dovranno essere accumulati sino a concorrenza degli importi reciprocamente convenuti ed attribuiti ai beneficiari Paolo e Marta quale garanzia ed adempimento delle obbligazioni scaturenti dallo stesso patto di famiglia.

Il trust viene istituito nell’ambito del patto di famiglia come mero strumento di garanzia. I beneficiari garantiti sono Paolo e Marta mentre i Beneficiari finali sono i figli ognuno per il proprio sottofondo che all’interno ha destinati i beni suddivisi dal patto di famiglia. In questo modo è stata operata una netta distinzione tra chi sia il destinatario finale delle attività e chi sia il destinatario di parte delle utilità

economiche. L’interposizione del trustee garantisce la segregazione del fondo da eventuali aggressioni esterne fino al soddisfacimento delle obbligazioni assunte, opera una netta suddivisione con effetti reali tra controllo e gestione delle attività:

infatti i figli sono coinvolti direttamente nella gestione quotidiana ma il trustee deve comunque garantire che l’indirizzo decisionale delle società contemperi i diversi interessi beneficiari.

Il patto di famiglia e il trust per il passaggio generazionale, se singolarmente attuati, non sempre sono sufficienti ad evitare l’insorgere di future problematiche.

La famiglia di Carlo e Maria

I fatti di cui vi voglio rendere partecipi sono inerenti una vicenda che vede due anziani disponenti istituire un trust per tutelare prima di tutto se stessi e poi i loro discendenti. Gli eventi poi ci hanno portato alla liquidazione di posizione beneficiaria del trust, nel quale siamo trustee, che è stata particolarmente complessa e lunga. Ho scelto questo caso perché ha messo alla prova non solo le nostre competenze

professionali, ma anche il nostro equilibrio emotivo.

I fatti

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Nel 2004 un Notaio forlivese ci coinvolge nelle vicende della Famiglia Rossi: il Sig.

Carlo, allora novantatreenne, e la moglie Maria, anch’essa novantatreenne, hanno due figli Mario e Anna, entrambi coniugati. Mario ha una figlia, Francesca, di anni 35 e Anna ha tre figli: Agnese di anni 36, Alessandra di anni 31 e Luca di anni 29. Il Sig.

Carlo è preoccupato per le vicende imprenditoriali del figlio Mario, prossime ad una procedura concorsuale e, essendo in età avanzata, teme che la successione

ereditaria in favore del figlio possa essere destinata al soddisfacimento dei crediti vantati da Banche e fornitori ai quali il figlio Mario ha rilasciato fidejussioni

personali. Desidera quindi individuare uno strumento che possa salvaguardare il suo patrimonio dalle vicende personali degli eredi dopo la sua morte.

Insieme al Notaio decidiamo di istituire un trust trasparente regolato dal diritto inglese il cui termine iniziale è la data istitutiva ed il termine finale è il compimento di trent’anni dal termine iniziale: Carlo e Maria destinano a favore di Mario ed Anna beneficiari finali, tutto il loro patrimonio consistente in una discreta disponibilità liquida, investimenti azionari e numerose proprietà immobiliari. La nostra società viene nominata trustee dello strumento con un incarico assolutamente discrezionale.

Carlo e Maria, finché in vita, sono beneficiari principali e Carlo, come definito in atto istitutivo è anche il primo guardiano del trust.

Il fondo in trust, come premesso, è eterogeneo e composto da diverse proprietà che consentono un discreto reddito annuale, destinato integralmente al soddisfacimento delle esigenze di vita dei disponenti.

Nel corso del 2005 la situazione finanziaria di Mario si aggrava definitivamente e a settembre viene dichiarato il fallimento della sua società con conseguente richiesta di escussione fidejussoria da parte di tutti i creditori garantiti. In questa fase il

trustee non è coinvolto nelle vicende personali in quanto Carlo, con la disponibilità di reddito erogata periodicamente dal trust, riesce ad intervenire finanziariamente nelle necessità quotidiane di Mario.

Le condizioni di salute di Maria si compromettono alla fine del 2005, tanto da comportare il ricovero in una struttura di assistenza. Maria muore a settembre del 2006.

Carlo rimane nella casa coniugale, facente parte del fondo in trust, assistito da una badante che risiede con lui e continua a sostenere personalmente il figlio Mario in quanto, nonostante l’età, è lucidissimo ed attivo.

Dopo la morte della moglie Maria, Carlo ci convoca e ci racconta che, nell’arco degli ultimi anni prima dell’istituzione del trust, ha a più riprese dato somme considerevoli

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al figlio Mario ammontanti ad un totale di circa € 600.000,00 mentre non ha dato nulla alla figlia Anna, comunque consapevole degli aiuti economici del padre a Mario ma all’oscuro dell’importo esatto; Carlo vorrebbe equilibrare le elargizioni ai figli, ci fornisce i documenti che attestano quanto dato a Mario e ci chiede di tenere in conto le somme quando ci troveremo a distribuire il fondo ai beneficiari finali. Provvediamo a trascrivere la volontà nel libro degli eventi, conservando ovviamente tutti i

documenti a supporto.

Le condizioni di salute di Carlo si aggravano improvvisamente nel 2008 e Carlo vuole che nel ruolo di guardiano gli subentri la figlia Anna che accetta l’incarico. Carlo muore alla veneranda età di novantasette anni nel mese di luglio.

La morte di Carlo segna una svolta nello svolgimento del nostro incarico di trustee, perché Carlo, nonostante l’età avanzata, è rimasto fino all’ultimo un’autorevole presenza nella vita dei suoi figli consentendoci una gestione dello strumento del tutto serena, accollandosi le problematiche finanziarie del figlio in prima persona, lasciandocene pressoché indenni.

Poco tempo dopo il decesso del padre, Mario ci chiede i termini di amministrazione del reddito e, sapendo delle sue difficoltà economiche e sapendo che nel frattempo non è stato in grado di soddisfare alcuna garanzia ai creditori, decidiamo, sentito il parere favorevole del guardiano, di procedere ad un’equa distribuzione ai beneficiari finali con cadenza semestrale. In quel periodo la casa coniugale di Mario viene

messa all’asta dal Tribunale e lo stesso ci richiede di intervenire: anche in questo caso, sentito il parere favorevole della sorella Anna, avendone discrezionalmente la facoltà, decidiamo di intervenire in asta e riusciamo ad aggiudicarci la casa per la somma di € 290.000,00 che, non essendo nella disponibilità liquida immediata del fondo, ha comportato l’accensione di un mutuo ipotecario.

Nonostante il reddito del fondo consenta di riconoscere a ciascun beneficiario finale una somma annua di circa 40.000,00 euro, Mario si presenta spesso presso i nostri uffici facendoci presente che quanto eroghiamo non gli è sufficiente e ci fa continue pressioni per vendere beni del fondo in modo da poter disporre di una liquidità maggiore.

Circa un anno dopo la morte di Carlo, Mario richiede alla sorella Anna di terminare anticipatamente il trust in modo che gli vengano attribuiti direttamente i beni: Anna da un lato si sente moralmente impegnata a rispettare le volontà del padre e

dall’altro è consapevole che l’attribuzione del fondo al fratello comporterebbe l’aggressione del patrimonio da parte dei creditori, per cui con l’appoggio della sua famiglia rifiuta la proposta di Mario.

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È a questo punto che la situazione trascende e Mario diventa una scheggia

impazzita: innanzitutto comincia a fare pressioni ai funzionari del ramo private di un primario istituto bancario che detieni gli investimenti azionari del trust, cercando di ottenere ragione alle sue continue richieste di denaro, addirittura con minacce tanto che, come trustee, veniamo convocati e ci vengono richieste spiegazioni dettagliate sull’andamento delle vicende fra i due fratelli.

Poi Mario, seguendo una mattina la sorella Anna, la aggredisce per strada, la picchia e, spintonandola a terra, le causa la rottura di un braccio. Immediatamente dopo, reduce dall’aggressione, suona ai nostri uffici e minaccia di morte sia me che i miei figli in quanto Mario attribuisce a me, legale rappresentante della società trustee, i dinieghi alle sue continue richieste.

Questo episodio ha dato inizio ad un’annosa vicenda che si è conclusa solo di recente.

Accenno brevemente, e solo per obbligo di cronaca, al fatto che Mario è stato denunciato ai Carabinieri sia da me che dalla sig.ra Anna, che i Carabinieri, oltre a

“monitorarci” quotidianamente per settimane, hanno provveduto a sequestrare le numerose armi che Mario deteneva in casa, pur con regolare porto d’armi, che c’è stato un processo dove Mario ha patteggiato ed il tutto si è risolto con una

condanna a 10 mesi con sospensione condizionale.

Rimane a questo punto la definizione della posizione beneficiaria nell’ambito di rapporti umani definitivamente compromessi sia tra Mario ed Anna che tra Mario ed il trustee.

Decidiamo per tutelare i nostri interessi come trustee e quelli della sig.ra Anna, beneficiaria e guardiano del trust, di incaricare un Avvocato esperto in materia di trust, socio dell’Associazione Il trust in Italia, mentre Mario incarica uno studio bolognese.

L’obiettivo è quello di arrivare ad una definizione economica di liquidazione della posizione beneficiaria, tenendo in considerazione che:

per ragioni affettive e per rispettare le volontà del padre, Anna preferisce mantenere il più possibile unito il patrimonio immobiliare;

Mario necessita di disponibilità liquide in quanto la sua situazione debitoria nei confronti dei creditori vedrebbe eventuali proprietà immobiliari a lui intestate oggetto di pignoramento;

Mario richiede la rinuncia di Anna alle spese ed al risarcimento dei danni per la vicenda penale dell’aggressione e delle minacce;

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Mario vuole il diritto di abitazione vitalizia sull’immobile dove risiede;

Anna non vuole più nulla aver a che fare con il fratello Mario;

Il trustee ha incluso nelle evidenze del trust le somme già corrisposte a Mario dal disponente prima che il trust venisse istituito;

il trust non dispone di tutte le somme ipotizzate per liquidare la posizione beneficiaria e non ne dispone nemmeno Anna;

il trust ha provveduto ad acquistare in asta giudiziale l’immobile dove Mario e la sua famiglia risiedono non avendone la disponibilità finanziaria e

contraendo un mutuo.

Abbiamo proposto la transazione a mezzo di scrittura privata con proposta formulata in primis dal beneficiario Mario ed accettata, attraverso trascrizione integrale, dal trustee e dalla Sig.ra Anna come beneficiaria, come guardiano e come erede dei disponenti, in modo da escludere eventuale azione di riduzione.

Questa modalità ci ha consentito di evitare inutili spese ed anche, potendo proporre solo una corresponsione rateale, di contrastare le insistenti richieste di Mario per avere garanzie sui futuri pagamenti, in quanto tale atto è titolo esecutivo per i pagamenti in esso indicati qualora non eseguiti.

Abbiamo anche considerato di corredare l’accordo transattivo con:

atto formale di accettazione di eredità;

conseguente rinuncia all’azione di riduzione;

rinuncia alla posizione beneficiaria (con intervento anche della moglie e della figlia di Mario);

concessione del diritto di abitazione vitalizio sull’appartamento dove Mario risiede.

La difficile situazione economica degli ultimi anni di Mario ha compromesso i suoi rapporti familiari, tanto che né la moglie né la figlia si sono dimostrate disponibili a sottoscrivere con lui alcun accordo transattivo, per cui abbiamo deciso di includere nelle premesse dell’accordo di transazione e di rinuncia tutti quegli elementi che sarebbero potuti valere come rinuncia all’azione di riduzione e rinuncia alla posizione beneficiaria.

L’accordo è stato trovato nella corresponsione di una somma piuttosto consistente nell’arco temporale di tre anni a cadenze regolari prestabilite, senza alcuna

concessione di diritto d’abitazione vitalizio sull’immobile acquistato all’asta giudiziale.

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Con il pagamento dell’ultima rata si sono definitivamente consolidate le rinunce alle quali il beneficiario si è impegnato.

Il caso di Mario

Nel dicembre del 2015 ho incontrato a Roma i coniugi Elena e Andrea, rispettivamente mamma di Mario e papà adottivo di Mario nonché amministratore di sostegno dello stesso.

Ci eravamo già incontrati all’inizio di luglio e ci eravamo scambiati una serie di informazioni e considerazioni in merito all’istituzione di un trust a tutela di Mario che, a seguito di una grave sofferenza durante il parto, dalla nascita è tetraplegico (tetraparesi spastica definita come forma di paralisi cerebrale che colpisce sia gli arti superiori che quelli inferiori) e non è in grado di parlare e di muoversi autonomamente.

Dopo una lunga riflessione, sentiti anche i professionisti di fiducia, Elena e Andrea hanno deciso di cominciare un percorso (che è terminato proprio questo mese) per l’istituzione di uno strumento di trust finalizzato alla tutela di Mario e me ne hanno affidato la redazione.

Durante il nostro incontro di dicembre ho conosciuto Mario: mentre ero in viaggio pensavo a come si sarebbe svolto l’incontro ed ero anche abbastanza in ansia. Mario è stato fantastico, mi ha rivolto subito un sorriso disarmante ed abbiamo trovato immediatamente sintonia parlando di macchine che sono la sua grande passione. Il coinvolgimento emotivo che ho avvertito approcciandomi a questo incarico non trova precedenti nella mia esperienza.

Nella loro bellissima casa di Roma si respira un’aria di serenità che capti appena entri:

tutto è in ordine ed organizzato al minuto ogni giorno. Da come si muovono si capisce che Elena e Andrea sono abituati ad avere costantemente persone in casa perché la vita di Mario è scadenzata da assistenza 24 ore su 24 di persone che, a diverso titolo, affiancano i genitori nella sua assistenza: dai così detti “operatori” che lo aiutano durante il giorno, a Giorgia che pensa alla pulizia della casa ed alla cucina, agli amici della notte che dormono con Mario e non lo fanno mai sentire solo.

La prima regola imprescindibile che mi hanno fornito Elena e Andrea all’inizio del nostro colloquio è che non vogliono che Mario, quando loro non ci saranno più o non saranno più in grado di occuparsi di lui, sia inserito in un istituto ma desiderano che Mario mantenga una conduzione di vita autonoma.

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La seconda regola è che la capacità degli operatori venga opportunamente valutata in quanto devono avere una preparazione specialistica e, quando instaurano il rapporto con Mario, devono essere guidati.

La terza regola consiste nella cura della persona, intesa proprio come attenzione nella pulizia e nell’abbigliamento di Mario, oltre che nella cura dell’ambiente che lo circonda e nella sua alimentazione che, per ragioni di salute, deve essere ricondotta ad un’alimentazione salutare e genuina.

Mario è parzialmente autonomo nella sua casa, sa muoversi e sa comunicare le sue necessità primarie. Le sue giornate sono organizzate con una serie di attività di suo gradimento: durante la mattinata con orario scolastico frequenta il centro Don Orione di Roma – Elena mi ha mostrato il quaderno di Mario dove si evincono una serie di attività finalizzate al mantenimento costante del contatto con la realtà tramite un allenamento che abbina immagini e descrizioni (le foto dei componenti della classe con i nomi, le immagini dei cibi con le diciture, le immagini dei capi di abbigliamento e degli accessori per vestirsi con le relative diciture, ecc).

Nella restante parte della giornata Mario è affiancato a casa dagli operatori che si alternano con un meccanismo di alternanza preordinato.

Mario segue una riabilitazione motoria quotidiana a cui si abbina anche una terapia logopedica e psicomotoria che aiuta Mario ad orientarsi negli ambienti tramite una comunicazione alternativa (gestualità + conoscenza dello spazio) oltre ad una comunicazione aumentativa attraverso computer o linguaggio mirato con proposta di risposte possibili.

Una forte preoccupazione è rappresentata dalla solitudine a cui Mario potrebbe andare incontro se i genitori venissero a mancare, per cui Elena e Andrea hanno già ipotizzato delle possibili alternative all’istituto: una potrebbe essere il Co-housing o un progetto di casa famiglia, realizzato nella casa di Roma dove attualmente vivono, in cui gli ospiti sono 3 o al massimo 4, di cui uno grave che sarebbe Mario, dove Mario stesso sarebbe il padrone di casa, convivendo stabilmente con gli altri ospiti e con una coppia di badanti che si occuperebbero della pulizia della casa e della cucina; gli operatori, con la super visione di un ente o di una cooperativa sociale, continuerebbero a fare assistenza domiciliare e ad occuparsi delle attività proseguendo la medesima impostazione adottata fino ad ora.

Oggi l’atto di trust è stato istituito con espresso rimando alla Legge 112/2016 del

“Dopo di noi”, Elena è il trustee e Andrea il Guardiano.

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Vi ho raccontato questo caso per mettere in evidenza come la complessità delle esigenze del beneficiario da assistere e le conseguenti aspettative dei genitori possano trovare il giusto veicolo di programmazione nel tempo in uno strumento estremamente elastico e modellabile come è il trust.

Dialogando con i genitori ho potuto mettere a punto meccanismi che, indipendentemente dalla loro presenza fisica, possano perpetuare nel tempo l’amore profondo che provano verso Mario e la grande attenzione e la cura che riservano a questo ragazzo ogni giorno e che gli hanno consentito, nel dramma della sua condizione fisica, di rapportarsi con il mondo che lo circonda in modo incredibilmente dinamico.

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