La Sindone:
un’immagine impossibile.
La Sindone è un lenzuolo di lino tessuto a spina di pesce, con una tecnica raffinata in uso soprattutto in Siria nel I sec. d. C., lungo 4 metri e 26 cm e
largo 111 cm, color giallino, sul quale è visibile la figura di un uomo alto più o meno 176 cm, con
barba e capelli lunghi, muscoloso, visto di fronte e posteriormente.
Le due immagini sono poste testa contro testa, e
sono di colore più
scuro rispetto al
telo.
1.2 pieghe parallele per il lungo 3.4.5 pieghe per il largo
a. fori simmetrici prodotti da una goccia di metallo fuso b. bruciature
c. rattoppi d. aloni d’acqua
La sua origine è incerta e
l’immagine che riproduce, di natura ancora più incerta, stimola alla
ricerca di una spiegazione.
L’immagine è un po’ tenue, ma, quando la si guarda con più
attenzione, specialmente con l’aiuto della fotografia, mostra
chiaramente la figura di un uomo che è stato sottoposto al
supplizio della crocifissione, per
questo è morto e porta i segni di
alcune particolari torture.
Su questa metà del lenzuolo si
intravede appena
l’immagine del
corpo…
incredibile l’immagine in negativo
fotografico…
L’uomo della Sindone è un giovane di trenta - trentacinque anni, con barba e capelli lunghi divisi da
una riga in mezzo, la treccia dietro la nuca, muscoloso,
probabilmente abituato ai lavori manuali, ha camminato scalzo,
come si vede dal terriccio
presente sul tallone.
Si nota l’impronta del calcagno e delle dita del piede destro, mentre il sinistro è sollevato.
Anche il polpaccio
destro è più evidente.
Se ne deduce che la rigidità cadaverica sia sopraggiunta quando la gamba sinistra era in flessione, per cui appare più corta (da qui
l’iconografia che
raffigura Gesù zoppo).
Verosimilmente il piede destro appoggiava contro il legno della croce, mentre il sinistro era sopra il collo destro e furono
■
Dagli studi effettuati
sull’immagine emerge che l’uomo che vi era avvolto doveva essere alto 176 cm e pesare circa 80 kg.
■
Tutto, i lineamenti, la barba, i
capelli lunghi, altezza e peso,fa
pensare che si tratti di un ebreo
del I secolo.
L’uomo della Sindone non era un romano.
Sono state riscontrate le ferite di 120 colpi di flagello inferti da due diverse angolature.
Contro i cittadini romani era vietato usare il flagrum.
Probabilmente i carnefici erano due e
l’hanno colpito prima quando era in stazione eretta, poi chinato in avanti.
I carnefici erano romani: solo i romani usavano il flagrum.
Flagrum: strumento costituito da
due o tre strisce di corda o di cuoio che terminavano con pezzi di
metallo, legno o osso; questi
provocavano ferite e fuoriuscita di sangue.
Ha escoriazioni sulle spalle: il condannato avrebbe portato un
peso, il palo orizzontale della croce.
11. contusione dovuta al
trasporto di una trave (un patibulum)
4. ferite da flagello
Il patibolo si legava alle braccia …
… se c’erano più condannati si strattonavano
provocando cadute senza possibilità di appoggio sulle braccia;
il patibolo veniva poi issato sul palo
dell’esecuzione.
■
Ha escoriazioni profonde sul ginocchio: il condannato
sarebbe caduto.
■
Ha una ferita al costato, dovuta a una lancia, infertagli dopo la morte. Infatti ne è uscito
sangue e siero separatamente.
Caratteristiche di ferita da punta e taglio… l’abbondanza
del sangue è dovuta alla parete toracica “strappata”
Ferita del costato
Il colpo è stato inferto a un cadavere, poiché i caratteri dellacolatura indicano l'avvenuta separazione della parte cellulare
dalla componente seriosa.
Gli avambracci sono ben visibili e le mani sono incrociate sul pube, la sinistra sopra la destra.
Sul polso sinistro si vede una ferita compatibile con l’infissione di un chiodo fra gli ossicini del carpo.
La lesione del nervo mediano ha provocato
la deviazione dei pollici che sono coperti dalle altre dita.
Punto di Destrot: piccolo spazio tra le ossa del carpo in grado di reggere il peso del corpo. Dopo l’epoca
romana si è persa la conoscenza di questo
spazio: la sua esistenza è stata riscoperta nel
Novecento.
I rivoli di sangue fanno pensare ad un’agonia
lunga, a braccia distese.
Le macchie di sangue
evidenziano i movimenti dell’agonia dell’uomo della Sindone: per respirare si doveva sollevare
puntando i piedi.
Di norma il colpo di
grazia (crucifragium) era la rottura delle gambe;
mancando il punto di appoggio, la morte sopraggiungeva per asfissia.
L’uomo della Sindone non
ha segni di frattura agli
arti inferiori.
La testa appare chinata in avanti, come avviene nei cadaveri a causa del rigor mortis, il collo si vede bene nell’immagine
dorsale, ma non in quella frontale.
È stato coronato con un casco di spine.
È stato colpito sulla faccia e ha una ferita allo zigomo destro e al naso.
…due rivoletti di sangue fuoriescono da una ferita da punta che ha leso il ramo frontale dell'arteria
temporale superficiale. Il sangue infatti ha carattere nettamente arterioso.
…vediamo una breve colatura di sangue venoso a forma di 3 (dovuta al corrugarsi, sotto la spasmo del dolore,
del muscolo frontale). Essa è conseguente ad una lesione della vena frontale.
Le modalità di lesione sono da tutti riferite alla "incoronazione" del condannato mediante una "corona" o
meglio un "casco" di rami spinosi.
Sarebbero tali spine ad aver
determinato molteplici ferite da punta al cuoio capelluto, all'origine delle
emorragie in questione. Si tratta pertanto di lesioni vitali, che, come tali, presuppongono che l'Uomo della
Sindone, al momento in cui fu ferito dalle spine, fosse ancora in vita.
■
Ha avuto una sepoltura
individuale ed affrettata.
■
È stato deposto nel sudario senza essere lavato
■
Vi è rimasto meno di trentasei
ore perché non vi sono segni di
putrefazione.
Questi i dati risultanti dall’investigazione
scientifica.
Confrontiamoli con le fonti
bibliche: la narrazione dei
Vangeli.
30 d.C.
Dopo essere
state alla tomba di Gesù le donne dicono agli
apostoli che
l’hanno trovata vuota.
Pietro e Giovanni corrono a vedere.
Pietro raccoglie il lenzuolo di lino che aveva avvolto il corpo di Gesù e lo
porta via.
Per gli ebrei del tempo di Gesù la morte di croce era una pena alla
quale poteva essere condannato solo chi era colpevole di delitti molto
gravi o uno schiavo.
32
Quel telo di lino per ogni giudeo era il ricordo di un’enorme vergogna, ma per i discepoli di Cristo era prezioso! Per loro Gesù era il Maestro, il Figlio di
Dio! Decisero pertanto di nasconderlo
e lo portarono nelle grotte di Qumran,
vicino a Gerusalemme.
Rimane a Qumran sino a quando non lo trovano alcuni dei primi cristiani
scappati da Gerusalemme. La città infatti si è ribellata ai Romani, che dominano la Palestina, e i Romani fanno strage dei suoi abitanti;
qualcuno si rifugia allora nelle grotte di Qumran,
dove c’è la Sindone.
II secolo
Uno sconosciuto la porta poi ad Edessa, che oggi è la città di Urfa, in Turchia. Il telo che aveva avvolto Gesù non è più
visto come il segno di una condanna
vergognosa, ma è considerato miracoloso.
Quando nel 212, Edessa viene
conquistata dai Romani, che ormai considerano i cristiani come dei
nemici e li perseguitano, la Sindone viene nascosta in una nicchia nelle
mura della città e non se ne saprà più nulla per molto tempo.
Alla fine della guerra contro i Persiani (VI sec.), l’imperatore Giustiniano fa
costruire una chiesa dove conservare la Sindone.
Quattrocento anni
dopo, quando Edessa è
stata conquistata dai
musulmani, i bizantini
attaccano la città;
nelle trattative di pace l’imperatore Costantino VII chiede
che gli venga consegnata la Sindone, la ottiene e
la fa portare a Costantinopoli, dove rimane sino al 1205.
La Sindone, finisce poi nelle mani di Ottone De la Roche - primo Duca di Atene - che, con i suoi uomini, ha preso parte alla Quarta
Crociata e al saccheggio di Costantinopoli (!?)
Dipinto di Eugène Delacroix che raffigura
Da Costantinopoli la Sindone giunge in Grecia, dove lo
stesso Ottone De la Roche la “consegna” (forse la
vende) ai cavalieri
dell’ordine dei Templari (un ordine religioso e militare nello stesso tempo, che
aveva lo scopo di proteggere i pellegrini in Terrasanta)
perché la affidino alla sua famiglia: per questo si dirà che i templari venerano un volto barbuto.
Nella metà del XIV secolo
Geoffroy de Charny, valoroso
cavaliere e uomo di profonda fede, celebrato condottiero francese,
depone il lenzuolo nella chiesa da
lui fondata del 1353 nel suo feudo
di Lirey nella Champagne.
Nel 1453 una sua lontana
discendente, Marguerite, la cede, forse la vende, ai Savoia, che la
portano a Chambery, la capitale del
loro ducato.
Dopo aver subito un
incendio nel 1532, nel 1578 la Sindone è trasferita a Torino, dove il duca
Emanuele Filiberto ha spostato la capitale col pretesto di consentire a Carlo Borromeo, che
desiderava venerarla senza dover affrontare il faticoso viaggio oltre le Alpi.
Da allora la Sindone rimane definitivamente a Torino.
Nel 1694 è sistemata nell’apposita
cappella adiacente alla cattedrale,
progettata dall’architetto Guarino
Guarini.
Nel 1973 viene mostrata per la prima
volta in televisione.
Nel 1983 Umberto di Savoia la
lascia in eredità al papa, che l’affida
all’arcivescovo di Torino.
Nel 1997 la Sindone esce intatta
da un altro incendio e nel 2002
viene restaurata.
Dall’incendio del 1532 è stata portata in salvo con delle bruciature e bagnata: era
contenuta in due casse, una di legno e l’altra d’argento, ma persino la cassa d’argento si è in parte fusa e bucata, così anche l’acqua che è servita a spegnere le fiamme è entrata. Le suore clarisse l’hanno poi rammendata e
hanno cucito sul retro un telo di rinforzo.
Dall’incendio del 1997 è uscita
indenne. Il salvataggio è stato
mostrato in diretta televisiva.
Gli scienziati hanno poi suggerito di pulire la Sindone e di custodirla
distesa, non arrotolata.
Nel 2002 è stato perciò eseguito il restauro, che è consistito nello
scucire le toppe messe nel 1532 e
sostituire il telo di rinforzo. Questo
ha reso molto migliori le condizioni di
conservazione.
Gli scienziati hanno analizzato la Sindone e hanno scoperto che i pollini dei fiori e delle piante dei diversi luoghi in cui è stata
portata hanno lasciato delle
tracce sul telo. Così, con l’aiuto
della botanica, hanno ricostruito il percorso per cui è arrivata da
Gerusalemme a Torino.
Da secoli, ancora oggi si pone la domanda: cos’è questo misterioso
lenzuolo, da molti
considerato come una reliquia, anzi la più
significativa delle
reliquie?
Per alcuni è un oggetto il cui innegabile rimando alla Passione di Cristo ne fa una realtà unica dal punto di vista religioso, capace quindi di suscitare anche l’interesse degli studiosi di tante discipline. Per altri potrebbe essere un falso più o meno antico e quindi non meritevole di troppo interesse.
Al di là delle
posizioni estreme, è certo che la
Sindone, sin dal suo apparire ha
suscitato grandi emozioni per la
straordinaria figura
che racchiude, … … e la maggior parte degli studi compiuti, pur non avendone chiarito la modalità di
formazione, sono propensi ad
escluderne
l’origine manuale.
Sino alla fine
dell’Ottocento la ricerca sulla Sindone aveva
praticato soprattutto
percorsi storici e in parte teologici, ma tutto
sommato il problema
dell’autenticità rimaneva limitato a discussioni tra dotti, che difficilmente arrivavano ad interessare il vasto pubblico.
Dalle fotografie, si è visto che sul lenzuolo c’era l’immagine di fronte e di schiena del corpo di Gesù, ma proprio come siamo
abituati a vederlo rappresentato.
Poi nel 1898 un avvocato di
Torino, Secondo Pia, l’ha
fotografata.
lì succede il
contrario: sono più
scure, come sul negativo di una normale
Ma, a differenza di quello che succede nelle normali
fotografie, dove le parti scavate dei volti delle persone, come gli occhi e la bocca, sono più
chiare rispetto alle altre,
■ Il dibattito si fa più acceso, le domande più numerose e le risposte non sono facili da
trovare.
■ Quel lenzuolo viene davvero da Gerusalemme?
■ Ci sono dei punti in comune tra quanto emerge dalla
Sindone e il racconto della Passione che si legge nei Vangeli?
■ Come si è formata l’immagine?
■ Il telo risale al I secolo?
■ In sintesi: la Sindone è autentica?
■ È veramente il lenzuolo che ha avvolto il corpo di Gesù nel sepolcro?
• L’immagine sul lenzuolo non può essere un dipinto, è largamente condivisa la
conclusione che si tratti di una impronta lasciata da un corpo umano.
• Dalle caratteristiche di queste impronte si deduce che quell’uomo era morto, come
testimoniato sia dalla innaturale posizione del corpo spiegabile dalla rigidità
cadaverica, sia dalla forma e natura delle lesioni presenti su quel corpo, che sono – in particolare quella del costato – incompatibili con la vita.
• La morte dell’Uomo della Sindone è avvenuta certamente in seguito a una serie di torture e al supplizio della
croce, come dimostrano con evidenza le ferite lasciate dai chiodi nei polsi e nei piedi.
• L’insieme di questi segni rimanda in modo assai preciso alle modalità descritte nei Vangeli per l’esecuzione di Gesù Cristo.
• A livello delle impronte che appaiono essere state lasciate da coaguli di sangue, si è effettivamente potuta dimostrare la presenza di sangue umano del gruppo AB.
• La presenza del sangue è stata
dimostrata dalle ricerche parallele, ma indipendenti, di tre gruppi di
ricerca scientifica.
•
Sulla Sindone sono inoltre
state scoperte tracce di aloe e mirra e sono stai individuati dei granuli di polline che sono
compatibili con una provenienza
medio - orientale della Sindone.
• Nel 1978 si è dimostrato, con l’ausilio di un computer, che
l’immagine sulla Sindone contiene una informazione tridimensionale.
• Con studi successivi è stata
ricavata l’immagine del volto ripulita dalle ferite riuscendo a evidenziare particolari che potrebbero
ricondurre alla presenza di monete dell’epoca di Cristo.
La ricerca che più ha destato scalpore in questi ultimi anni è stata, nel 1988, la datazione radiocarbonica che avrebbe fatto risalire il tessuto della Sindone tra il 1260 ed il 1390.
Questo ha creato scompiglio tra gli studiosi, non tanto perché questo mette in dubbio la
compatibilità della Sindone di Torino con la tradizione che vuole che sia il lenzuolo di Cristo, quanto perché, da un punto di vista scientifico e logico, pone dei seri problemi in
contrasto con quanto la ricerca ha finora assodato.
Sono state anche sollevate delle obiezioni di carattere scientifico circa
l’effettivo valore da attribuire ai risultati dell’esame con il C14. Il
possibile “ringiovanimento”
radiocarbonico del tessuto della Sindone potrebbe anche avere delle spiegazioni dovute alle sue vicissitudini
e a un possibile inquinamento di natura
biologica.
La ricerca quindi rimane aperta, e oggi non vi sono elementi definitivi né per
giungere all’epoca di Cristo, né
tantomeno per considerare chiusa la questione con la datazione medioevale. È
certo comunque che da un punto di vista logico e probabilistico una collocazione
medioevale della sua origine pone più problemi di quanti ne presenti una
provenienza più antica.
• Fino ad oggi, nessuno è riuscito a spiegare in che modo si sia formata questa immagine.
• Si è pensato che fosse dovuta al
contatto del lino con i profumi che gli ebrei spargevano sui corpi dei morti quando li seppellivano.
• Si è pensato che fosse dovuta a
bruciature provocate da calore o da una luce molto forte.
•
Nessuna di queste spiegazioni, però, è stata dimostrata senza lasciare dubbi.
•
Bisogna accettare di essere
davanti a un fatto misterioso.
• Le immagini delle ferite sono
certamente dovute al decalco di
coaguli di sangue, l’impronta dl corpo ha una causa del tutto diversa.
• Si tratta infatti di una ossidazione delle fibrille superficiali dei fili di lino, ma sull’origine di tale fenomeno non si è ancora data una spiegazione del tutto accettabile.
• Il nuovo sistema di conservazione della Sindone tiene conto di tutte le
informazioni che si hanno ad oggi.
• Pertanto la Sindone è stata collocata dentro una teca ad avanzata tecnologia, in atmosfera di gas inerte, a temperatura ed umidità costanti, completamente
distesa in modo da evitare le pieghe e i danni derivanti dalla precedente
conservazione arrotolata in un cilindro di legno.
•
Il problema di conservazione della Sindone non è di poco conto.
•
Infatti esistono tecnologie
sperimentate per conservare
tessuti anche più antichi della
Sindone, ma è molto difficile
studiare un sistema ottimale di
conservazione di un’immagine la
cui origine ci è ignota.
Le Ostensioni della Sindone
avvengono ogni 25 anni e in
occasioni molto particolari.
Nella storia ce ne sono state
parecchie, a partire da quella del
XIV secolo di Lirey, poco dopo che
la Sindone era arrivata in Francia.
Nel Cinquecento si hanno poi diverse Ostensioni, due alla
presenza del cardinale di Milano Carlo Borromeo, le altre in
occasioni di Battesimi, matrimoni e funerali di vari componenti della
famiglia regnante dei Savoia.
Il secolo che ha visto più Ostensioni è stato l’Ottocento, da quella del 1804 in onore di papa Pio VII che passava da Torino per andare in Francia, a quelle del 1814 e 1815 in occasione della caduta di Napoleone e del
ritorno del papa dalla prigionia in Francia, a quelle legate ad
avvenimenti che riguardavano i Savoia.
Il 1898 è fondamentale, perché durante l’Ostensione di quell’anno
l’avvocato torinese Secondo Pia, dopo aver superato l’opposizione iniziale dei Savoia, riuscì a fotografare la
Sindone, scoprendo che l’immagine impressa è un negativo fotografico.
Nel Novecento ci sono state poche Ostensioni, ma significative: nel 1933 si festeggiano i 1900 anni della
passione e morte di Gesù Cristo.
Poi la guerra mette fine alle esposizioni e per rivedere la Sindone bisognerà
aspettare l’Ostensione del 1973,
importantissima perché televisiva. Le
successive avvennero nel 1978, nel 1980 in occasione della visita di papa Giovanni Paolo II a Torino, e nel 1998, dopo
l’incendio del 1997. L’ultima Ostensione è stata nel 2000, in occasione del Giubileo.
Dopo quella del 2010 ce ne sarà un’altra nel 2025.
La Sindone non può essere lasciata sempre alla
venerazione dei fedeli perché
l’esposizione alla luce provoca
l’ossidazione che fa scurire il
tessuto sbiadendo i contorni
dell’immagine.
■ La Chiesa cattolica non si è espressa ufficialmente
rispetto alla sua autenticità,
delegando questo
compito alla scienza,
■ ma lasciando liberi i fedeli di venerarla come icona della Passione di Nostro Signore.
Nessuno è mai riuscito a fornire
prove definitive e inconfutabili in
un senso o nell’altro, ma le probabilità che si
tratti veramente del lenzuolo che
ha avvolto il corpo di Cristo
sono altissime.
Non abbiamo prove dirette, ma gli scienziati hanno
analizzato la Sindone e hanno confrontato i risultati dei loro studi con il racconto
della passione, morte e resurrezione di Gesù che si
legge nei Vangeli.
■ Dall’immagine della Sindone si vedono i segni della corona di spine, della
flagellazione, dei chiodi nei polsi e nei piedi, della ferita del colpo di lancia al costato, così
come raccontano i Vangeli.
■ È quasi impossibile che tutte queste conferme possano valere per un altro condannato che non sia Gesù. 83
■ È quasi impossibile che tutte queste conferme possano valere per un altro condannato che non sia Gesù.
■ Secondo gli studiosi le probabilità che tutte queste coincidenze così puntuali si siano verificate per un altro crocifisso che non sia Gesù sono 1 su 200 miliardi.
■ Ci sono maggiori probabilità di vedere uscire per 116 volte consecutive alla
roulette lo steso numero di quante ce ne sono che l’Uomo della Sindone non sia
Gesù.
La Sindone di fatto non aggiunge nulla alla nostra fede, fondata
sull’annuncio apostolico
…
ma, come diceva Giovanni Paolo II, :”Nella Sindone si riflette l’immagine della sofferenza umana, come l’icona della sofferenza dell’innocente di tutti i tempi. Essa è un testimone muto ma sorprendentemente eloquente della Passione, morte e resurrezione di Cristo”.
E di questo dobbiamo tener conto.