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La responsabilità dei magistrati: qualche osservazione dopo che il Senato ha approvato la riforma - Judicium

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Academic year: 2022

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FRANCESCO P. LUISO

La responsabilità dei magistrati:

qualche osservazione dopo che il Senato ha approvato la riforma

§ 1. Il 20 novembre scorso il Senato ha approvato la proposta di legge di riforma della normativa sulla responsabilità dei magistrati. Spetterà ora alla Camera intervenire sull’argomento.

In attesa dell’esito definitivo dell’iter normativo, è opportuna qualche breve osservazione volta a chiarire alcuni profili relativi al problema della responsabilità dei magistrati: profili che, forse, non hanno avuto una sufficiente attenzione, ed in relazione ai quali si rischia che situazioni diverse siano erroneamente unificate in un unico calderone.

§ 2. I precedenti sono a tutti noti, e quindi è sufficiente richiamarli in sintesi.

Con la sentenza Köbler1 e la successiva sentenza Traghetti del Mediterraneo2 la Corte di giustizia ebbe ad enunciare due principi.

In base al primo di essi, la Corte dichiarò che <<il diritto comunitario osta ad una legislazione nazionale che escluda, in maniera generale, la responsabilità dello Stato membro per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto comunitario imputabile a un organo giurisdizionale di ultimo grado per il motivo che la violazione controversa risulta da un’interpretazione delle norme giuridiche o da una valutazione dei fatti e delle prove operate da tale organo giurisdizionale>>.

In base al secondo di essi, dichiarò che <<il diritto comunitario osta altresì ad una legislazione nazionale che limiti la sussistenza di tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave del giudice, ove una tale limitazione conducesse ad escludere la sussistenza della responsabilità dello Stato membro interessato in altri casi in cui sia stata commessa una violazione manifesta del diritto vigente, quale precisata ai punti 53-56 della sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, Köbler>>.

A seguito del ricorso della Commissione contro lo Stato italiano per non essersi adeguato ai principi enunciati nelle suddette sentenze, la Corte di giustizia3 ha dichiarato che <<La Repubblica italiana,

                                                                                                                         

1  Corte di giustizia 30 settembre 2003, causa C-224/01.

2 Corte di giustizia 13 giugno 2006, causa C-173/03.

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– escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell’Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall’organo giurisdizionale medesimo, e

– limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave,

ai sensi dell’art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati nell’esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell’Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado>>.

§ 3. È del tutto evidente che i principi enunciati dalla Corte di giustizia sono stati espressi dall’angolo visuale del diritto comunitario: ed infatti essi non si occupano ovviamente della responsabilità del magistrato, sibbene di quella dello Stato; ed inoltre circoscrivono tale responsabilità alla violazione del diritto comunitario da parte degli organi giurisdizionali di ultimo grado.

Il progetto di legge approvato trae spunto sicuramente dalla sentenza della Corte4, ma va oltre: anzitutto perché non si limita alla responsabilità dello Stato per la violazione del diritto comunitario da parte degli organi giurisdizionali di ultima istanza, ma si occupa della violazione del diritto in genere da parte di qualunque magistrato; in secondo luogo perché modifica anche in più punti la disciplina dell’azione di rivalsa.

In questa sede vogliamo limitare le nostre considerazioni alle novità relative all’art. 2, comma secondo, cioè alla c.d. clausola di salvaguardia: quella che nega ogni responsabilità per l’attività di interpretazione di norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove5. Il successivo comma terzo prevede che costituisce colpa grave, fra l’altro, la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile6.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                   

3 Corte di giustizia 24 novembre 2011, causa C – 379/10.

4 V. in tal senso la relazione tecnica del ministero della giustizia sulla responsabilità civile dei magistrati del 6 agosto 2014.

5 2. Nell'esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove.

6 3. Costituiscono colpa grave:

a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile;

b) l'affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento;

c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento;

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Ora, la sentenza della Corte di giustizia ha censurato queste disposizioni, proprio perché escludono ogni responsabilità per l’attività di interpretazione delle norme e di valutazione del fatto e delle prove. La Corte di Cassazione, infatti, afferma la <<completa esenzione da responsabilità - alla stregua del carattere fondamentalmente valutativo dell'attività giurisdizionale, caratterizzata da opzioni tra più interpretazioni possibili - della lettura della norma secondo uno dei significati possibili, sia pure il meno probabile e convincente, sempre che dell'opzione interpretativa accolta si fosse dato conto in motivazione e comunque l'applicazione della norma non fosse priva di supporti tali da rendere l'errore commesso comprensibile anche se non giustificato7>>.

È dunque evidente come vi sia incompatibilità fra la lettura che la Corte di cassazione dà della c.d. clausola di salvaguardia, e la necessità, affermata dalla Corte di giustizia, che vi sia una responsabilità per una <<violazione manifesta del diritto vigente>>. Da qui trae origine il dispositivo della sentenza della Corte di giustizia, riportato al termine del § 2. Anche l’attività di interpretazione delle norme e di valutazione del fatto e delle prove deve essere fonte di responsabilità, naturalmente nei limiti compatibili con la specificità della funzione giurisdizionale.

E difatti il nuovo comma terzo dell’art. 2 ha premesso, alla tre fattispecie di colpa grave previste dalle lettere b), c) e d) del vigente comma terzo, altre due fattispecie: la violazione manifesta della legge nonché del diritto dell'Unione europea, e il travisamento del fatto o delle prove, così sostituendo la <<grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile>>, prevista dalla vigente lettera a).

Non vi è dubbio, dunque, che l’adeguamento del diritto interno a quello comunitario, nei termini sopra riportati, sia necessario. Altro è il problema se le stesse regole debbano valere anche nell’azione di rivalsa dello Stato verso il magistrato: cosa di cui, ovviamente, la Corte di giustizia non si occupa; né, come si è detto, ci occuperemo noi in questa sede.

§ 4. Le riforme introdotte dal testo approvato in Senato rischiano tuttavia di avere un impatto modesto, se non si riesce ad eliminare una distorsione non imputabile alla normativa, sibbene alla lettura che di essa ne ha dato la Corte di cassazione.

La clausola di salvaguardia contiene una precisa delimitazione: essa si applica all’attività svolta nell’<<esercizio delle funzioni giudiziarie>>. E difatti è comune giustificare tale clausola richiamando la specificità della funzioni giudiziaria: così la stessa Corte di giustizia nella sentenza Traghetti del Mediterraneo8; così la Corte costituzionale9 così, da ultimo, anche l’ANM10.

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    d) l'emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione.  

7  Così Cass. 18 marzo 2008 n. 7272, in Foro it. 2009, I, 2496. Conf. Cass. 26 maggio 2011 n. 11593).  

8 Punto 34: <<l’interpretazione delle norme di diritto rientra nell’essenza vera e propria dell’attività giurisdizionale poiché, qualunque sia il settore di attività considerato, il giudice, posto di fronte a tesi divergenti o antinomiche, dovrà

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Ora, la funzione giudiziaria ha una sua specificità solo allorquando è finalizzata alla risoluzione della controversia: quando, cioè, svolge una funzione decisoria o cognitiva che dir si voglia. Solo questa attività – che, si noti, è l’unica che l’art. 102 Cost. riserva alla magistratura – presenta quelle caratteristiche che giustificano l’applicazione della clausola di salvaguardia.

Ma allorché all’apparato giurisdizionale sono attribuiti compiti diversi da quello decisorio- cognitivo, l’attività svolta dal magistrato non è diversa da quella svolta da altri soggetti dell’ordinamento. Così la tutela esecutiva può essere impartita anche dalla pubblica amministrazione, come avviene in talune procedure concorsuali; così le funzioni attribuite al giudice in sede di giurisdizione volontaria possono essere svolte anche da altri soggetti, ad. es. i notai. Ed allora non ha alcun senso che la responsabilità del giudice dell’esecuzione o del giudice delegato sia diversa da quella del commissario dell’amministrazione straordinaria; o che la responsabilità del giudice del registro delle imprese sia diversa da quella del notaio che avalla uno statuto societario.

Ma vi è di più: proprio per le ragioni sopra esposte, la clausola di salvaguardia vale solo per il merito della decisione giudiziaria, e quindi per l’interpretazione della normativa sostanziale e l’accertamento dei fatti per detta normativa rilevanti; non vale certo per la normativa processuale e per i fatti processualmente rilevanti.

Come già limpidamente ebbe ad evidenziare Calamandrei11, rispetto alle norme processuali il giudice si trova nella posizione di qualunque altro soggetto, essendo destinatario della norma processuale al pari degli avvocati, dei cancellieri, degli ufficiali giudiziari, etc. Non vi è dunque ragione per la quale la clausola di salvaguardia si debba applicare al giudice e non, ad es., all’avvocato.

Ad es.: se un avvocato interpreta malamente l'art. 348-ter, terzo comma, c.p.c., e propone ricorso per cassazione fuori termine, è soggetto alla responsabilità professionale dell'art. 2236 c.c.

Se un giudice interpreta malamente la stessa norma, perché tale interpretazione dovrebbe essere insindacabile?

Eppure, se esaminiamo la giurisprudenza della Corte di cassazione troviamo delle fattispecie eclatanti: ad es., si è affermato che rientra nella clausola di salvaguardia il comportamento di un Gip il quale, a fronte di un’imputazione relativa alla costruzione, asseritamente abusiva, di due discese a mare, aveva sottoposto a sequestro un’intera azienda agricola dell’estensione di quattrocento ettari

                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                                    normalmente interpretare le norme giuridiche pertinenti – nazionali e/o comunitarie – al fine di decidere la controversia che gli è sottoposta [corsivo nostro]>>.

9 Corte cost. 14 marzo 1968 n. 2; Corte cost. 3 febbraio 1987 n. 26.

10 Audizione dei rappresentanti ANM in commissione giustizia della Camera dei deputati, spec. § 5.2, ove si definisce l’attività interpretativa <<cuore stesso della giurisdizione>>.

11 La Cassazione civile, II, in Opere giuridiche, VII, Napoli 1976, 38.

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(animali compresi), affermando l’insindacabilità dell’interpretazione data dallo stesso Gip all’espressione “cose pertinenti al reato”, di cui all’art. 321 c.p.p.12.

Ma vi è di più: la Cassazione ha affermato <<con riferimento all'attività del P.M., che la c.d.

clausola di salvaguardia della L. n. 117 del 1988, art. 2 (a norma del quale "non può dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove") non tollera riduttive letture perché giustificata dal carattere fortemente valutativo della attività giudiziaria e, come precisato dalla Corte Costituzionale (nella sentenza 19 gennaio 1989 n.

18), attuativa della garanzia costituzionale della indipendenza del giudice (e del giudizio)13>>.

È evidente che non ha alcun senso attribuire all’attività del P.M. un carattere fortemente valutativo, ed ancor meno affermare che essa goda della garanzia costituzionale delle indipendenza del giudice e del giudizio. Il P. M. non è un giudice, non emette giudizi: perché dunque deve poter interpretare le norme che lo riguardano come meglio crede?

§ 5. Concludendo queste brevi osservazioni, è opportuno ribadire che il problema della responsabilità dei magistrati, così come è secondo il diritto vivente, presenta delle distorsioni assolutamente ingiustificabili.

Se si estende la clausola di salvaguardia anche alle norme processuali, cioè alle norme che vedono come destinatario il giudice né più né meno di come vedono destinatario l'avvocato; se si estende la clausola di salvaguardia anche all'attività giurisdizionale non dichiarativa, cioè a quell'attività che non presenta caratteristiche diverse da quella attribuita ad altri soggetti pubblici; se si estende la clausola di salvaguardia e si parla di indipendenza del giudice e del giudizio anche con riferimento al P.M.; ebbene, questo vuol dire che ciò che conta non è il tipo di attività svolta, ma il soggetto che la svolge: il magistrato, appunto, in quanto tale, novello princeps, legibus solutus.

                                                                                                                         

12 Cass. 18 marzo 2008 n. 7272.

13 Cass. 26 maggio 2011 n. 11593.

 

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