• Non ci sono risultati.

* * * Sezione centrale controllo gestione

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "* * * Sezione centrale controllo gestione"

Copied!
20
0
0

Testo completo

(1)

* * *

Sezione centrale controllo gestione 6 – Sezione centrale controllo gestione; deliberazio-

ne 25 maggio 2017; Pres. D’Auria, Rel. Milane- schi; Amministrazioni dello Stato.

Contratti pubblici – Amministrazioni dello Sta- to – Acquisto di beni e servizi – Global service di manutenzione immobiliare – Convenzioni Consip – Relazione al Parlamento.

L. 23 dicembre 1999 n. 488, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale del- lo Stato (legge finanziaria 2000), art. 26; d.l. luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dalla l. 7 agosto 2012 n. 135, disposizioni urgenti per la revi- sione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini.

Il global service di manutenzione immobiliare (comunemente detto facility management-Fm) è un contratto di esternalizzazione mediante il quale un committente affida a un assuntore, per un periodo di tempo definito, la gestione di un sistema integrato di servizi per la conservazione in efficienza di beni immobili e degli impianti in essi installati.

La relazione riferisce al Parlamento circa l’utiliz- zo del global service da parte delle amministrazioni dello Stato che aderiscono alle convenzioni-quadro stipulate da Consip s.p.a. (società di committenza a

(2)

totale partecipazione statale) con imprese fornitrici dei menzionati servizi, rilevando come esperienze complessivamente positive di alcune amministrazio- ni coesistono con bassi livelli di soddisfazione di al- tre amministrazioni, sia per la qualità dei servizi, sia per l’assenza di effettivi risparmi in termini di costi e di personale. Non poche sono anche le amministra- zioni che hanno abbandonato il modello del global service per ricorrere al mercato elettronico della pubblica amministrazione (Mepa), con il quale è possibile conseguire non solo risparmi comparativa- mente talvolta cospicui, specie per i servizi di pulizia e di igiene ambientale, ma anche notevoli benefici in termini di duttilità dei servizi resi.

La relazione richiama, altresì, l’importanza di evitare possibili intese anticoncorrenziali fra le im- prese candidate all’aggiudicazione delle gare per la stipula con Consip delle convenzioni-quadro di global service, ritenendo prioritaria la rivalutazione della dimensione dei “lotti” (intesi come quantità o valore massimo dei servizi complessivamente affidati a ciascuna impresa) che è, ad oggi, sovradimensio- nata rispetto all’esigenza di assicurare la concor- renza fra una sufficiente pluralità di imprese, oltre che irragionevolmente lesiva dell’interesse della stessa amministrazione a realizzare maggiori rispar- mi, attraverso la più ampia partecipazione possibile di operatori in competizione fra loro. In tal senso, la relazione suggerisce di dare spazio adeguato anche alle piccole e medie imprese, le quali, specie su am- biti territoriali circoscritti, possono offrire condizio- ni economiche senz’altro vantaggiose. (1)(1)

(1) I. - Il testo integrale della relazione si legge in Rivista web Corte conti, fasc. n. 17/Giugno 2017, <www.rivistacor- teconti.it>.

II. - Nel senso che è lesivo del principio di massima con- correnzialità il bando di gara per l’affidamento di contratti pubblici che prevede la suddivisione in lotti di dimensioni tal- mente rilevanti da richiedere quale requisito di partecipazione un fatturato specifico, in possesso solo di un numero limitato di imprese, con ciò determinando un’irragionevole limitazione della facoltà di presentazione individuale delle offerte, v. Cons.

Stato 6 marzo 2017, n. 1038, in questa Rivista, 2017, fasc. 1-2, 668, con nota di richiami.

III. - Sui casi nei quali le amministrazioni pubbliche sono legittimate ad acquistare autonomamente beni e servizi, sot- traendosi al meccanismo delle convenzioni Consip, v. Corte conti, Sez. contr. reg. Veneto, 29 maggio 2017, n. 348, in questo fascicolo, 207, con nota di richiami.

IV. - Sulla gestione finanziaria di Consip s.p.a. per l’eser- cizio 2015, v. Corte conti, Sez. contr. enti, 8 giugno 2017, n.

56, in questo fascicolo, 67, con nota di richiami.

Capitolo VII. Conclusioni e raccomandazioni Il ricorso al global service dovrebbe consentire alle amministrazioni non solo il mero funzionamen- to, ma anche la efficiente gestione degli immobili adibiti a uffici. In tal senso, i contratti attuativi delle convenzioni Consip intendono assolvere alla funzio- ne di soddisfare il fabbisogno complessivo di una pluralità di servizi di facility management necessari a garantire la funzionalità degli immobili e degli im- pianti installati, offrendo al contempo la possibilità di realizzare risparmi di spesa rispetto agli acquisti effettuabili attraverso il ricorso al libero mercato.

I possibili risparmi (dallo sviluppo dell’indagine e anche in sede di adunanza è emersa la difficoltà se non l’impossibilità di quantificare puntualmen- te tali risparmi), oltre che dal vantaggio derivabile dall’eventuale miglior prezzo di acquisto dei servizi, dovrebbero conseguire da una serie di benefici pre- senti nel sistema convenzionale, quali: il risparmio sui costi di gestione del contratto unico, grazie anche alla possibilità di liberare risorse umane altrimenti impiegate nelle operazioni di gara; la riduzione dei tempi, sia per la formazione del rapporto negoziale mediante l’ordinativo principale di fornitura, sia per gli adempimenti contabili relativi al pagamento del- le prestazioni rese da un unico fornitore, anziché da una pluralità. Altri benefici riguarderebbero la omo- geneità dei livelli quantitativi e qualitativi delle pre- stazioni, nonché dei prezzi delle medesime per effet- to dell’aggregazione in unico contratto dei servizi di facility per tutte le sedi interessate, omogeneità diffi- cilmente raggiungibile con contratti separati, data la diversità dei fornitori; la possibilità per le pubbliche amministrazioni di monitorare la corretta esecuzione delle attività contrattuali a mezzo di consultazione di appositi strumenti informatici; il controllo dei livelli prestazionali stabiliti anche mediante verifiche ispet- tive della Consip.

In realtà, si è potuta constatare una notevole diffi- coltà in ordine a un efficace controllo dell’esecuzio- ne dei contratti a causa, da un lato, della carenza o mancanza, all’interno delle amministrazioni, di per- sonale con specifiche competenze tecniche idonee allo scopo, dall’altro, di una insufficiente interlocu- zione tra amministrazioni e assuntori.

L’istituto del global service, quindi, dovrebbe rappresentare un modello gestionale rispondente alle esigenze connesse ad una efficiente conduzione del patrimonio immobiliare delle pubbliche amministra- zioni.

Le risultanze dell’indagine consentono di trac- ciare un quadro non omogeneo di situazioni, poiché,

(3)

se i riscontri sono stati tendenzialmente positivi, non poche sono le risposte che riportano bassi livelli di soddisfazione, assenza di effettivi risparmi nei costi e nella spendita di risorse umane. Non poche e non di piccola entità sono anche le occasioni in cui singo- li uffici, specie quelli più piccoli e periferici, hanno abbandonato il modello del global service per ricor- rere al Mepa, con il quale, non solo si conseguono comparativamente risparmi talvolta cospicui, specie per i servizi di pulizia e di igiene ambientale, ma si ottengono anche notevoli benefici in termini di dut- tilità dei servizi resi. Tali circostanze, del resto, sono emerse anche nel corso dell’adunanza di discussione della relazione. La differenza tra i prezzi dei servizi in global service e quelli del Mepa dovrebbe indurre a porre in essere misure capaci di contenere i costi del global service stesso, in primo luogo stimolan- do la concorrenza fra le imprese oppure ancora eli- minando eventuali ostacoli al pieno dispiegamento della stessa.

A tale riguardo, si ribadisce quanto già segnalato nel capitolo relativo alle convenzioni Consip ed evi- denziato nel capitolo VI, che riporta le criticità emer- se nella discussione in adunanza, circa la necessità di evitare possibili intese anticoncorrenziali, capaci di condizionare gli esiti delle gare per l’accesso alle convenzioni; assume infatti particolare rilievo una recente delibera (22 dicembre 2015) dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato, la quale ha stabilito che alcune imprese, partecipanti ad una gara per l’ammissione a una convenzione Consip per ser- vizi di pulizia delle scuole sul territorio nazionale, suddivisa in tredici lotti, hanno posto in essere una intesa anticoncorrenziale con la finalità di condizio- nare gli esiti della gara stessa attraverso l’elimina- zione del reciproco confronto concorrenziale e la spartizione dei lotti, al fine di aggiudicarsene i più appetibili, eludendo di fatto il limite massimo fissato dal bando di gara. Tali imprese infatti, attraverso il meccanismo dei raggruppamenti temporanei di im- presa (r.t.i.), avrebbero aggirato il divieto di superare un numero prefissato di lotti, concentrandosi solo su alcuni e aggiudicandosene il doppio del consentito dal bando di gara, metà con le capofila e l’altra metà con la raggruppata “più consistente”, salvo poi “ri- sarcire” le ditte fittiziamente estromesse con l’istitu- to del sub-appalto, con il risultato di garantire in ogni caso gli appalti cosiddetti “storici”.

Non a caso, una recente sentenza della V Sezio- ne del Consiglio di Stato (6 marzo 2017, n. 1038) ha avuto modo di affermare che “le dimensioni dei lotti, i requisiti di fatturato richiesti, la possibilità di

partecipare a più lotti e il cumulo di requisiti impo- sto [...] sono sproporzionate rispetto alle esigenze di massima concorrenzialità e irragionevolmente lesive dell’interesse della stessa amministrazione a favori- re la più ampia partecipazione di operatori privati al fine di conseguire i maggiori risparmi economici che solo un confronto competitivo ampio può assicura- re”.È ovvio che una condotta anticoncorrenziale nell’ambito di una procedura di gara può alterarne il risultato, soprattutto dal punto di vista economico, facilitando l’innalzamento del prezzo di aggiudica- zione dei servizi offerti.

In merito all’impiego del sub-appalto, giova os- servare, poi, quanto rappresentato da una delle am- ministrazioni interpellate, che ha voluto evidenziare come il ricorso al sub-appalto comporti un appesanti- mento degli adempimenti da parte delle amministra- zioni, quali per esempio il controllo della permanen- za, in capo ai sub-appaltatori, dei requisiti generali per poter stipulare con la pubblica amministrazione e una maggiore complessità nelle procedure di liqui- dazione e pagamento delle fatture.

Non è un caso se si riscontrano molteplici esempi di pubbliche amministrazioni le quali, piuttosto che ricorrere al global service, optano per l’utilizzo del Mepa, dove, specie per i servizi di pulizia, ottengo- no prezzi più convenienti. Così si può affermare per quanto riguarda il Mef, la Difesa (1)(28).

Per contrastare la tendenza al mantenimento dei c.d. “portafogli storici”, conseguito attraverso prati- che anticoncorrenziali, una via appare essere quella di aumentare il numero dei lotti, agevolando, attra- verso una adeguata e temperata parcellizzazione dei contratti, la partecipazione alle gare anche di imprese medio-piccole, riorientandole dal mercato parallelo del sub-appalto a quello dell’appalto diretto.

Si può constatare che tale linea ha cominciato ad emergere nei mutamenti intervenuti nella convenzio- ne Fm4 rispetto alla precedente Fm3. Dal confronto tra le ultime due convenzioni Fm uffici 3 e Fm4 ri- sulta, infatti, che è aumentato il numero dei lotti in cui sono state suddivise le gare, passato da dodici a diciotto, sebbene, peraltro, il valore totale della con- venzione Fm4 sia quasi triplicato rispetto alla prece- dente, da 1.036.000.000 a 2,7 miliardi di euro. Tra le misure segnalate dalla stessa Consip, atte a con- trobilanciare il rilevante aumento del valore, sono annoverate le seguenti:

(28) Cfr. altri casi riportati in all. 1.

(4)

- tetto ai lotti aggiudicabili: il numero massimo di lotti aggiudicabili per ciascun concorrente è stato fissato in tre ordinari e uno accessorio;

- requisiti tecnici cumulabili: in caso di parteci- pazione in forma associata, è data la possibilità di soddisfare il requisito tecnico relativo al possesso dell’iscrizione nel Registro delle imprese o all’Albo delle imprese artigiane anche attraverso la somma dei relativi singoli importi di fatturato;

- riduzione delle cauzioni: gli importi relativi alle cauzioni definitive e provvisorie a carico del concor- rente-fornitore sono stati dimezzati.

In ogni caso, l’attuale convenzione relativa all’af- fidamento dei servizi di facility management (Fm4) sembrerebbe non del tutto allineata rispetto alle in- tenzioni del legislatore nazionale ed europeo, rivolte a tutelare le piccole e medie imprese (statuto delle imprese, l. 11 novembre 2011, n. 180; d.l. 6 luglio 2012, n. 95; d.l. 21 giugno 2013, n. 69, meglio noto come decreto del fare; le nuove direttive europee sugli appalti pubblici) che si muovono nel senso di scorporare le gare in lotti accessibili alle Pmi, spesso ridotte, allo stato attuale, al ruolo di sub-appaltatori.

Emergono, quindi, nei riguardi del facility ma- nagement, due profili principali di criticità: uno è quello della qualità dei servizi, l’altro quello della effettiva economicità.

Per quanto concerne il primo aspetto, un miglio- ramento della soddisfazione può essere perseguito soprattutto attraverso un efficientamento dei rapporti tra committente e assuntore nella fase gestionale del rapporto, valorizzando il ruolo del responsabile dei rapporti con il fornitore (supervisore) che, dall’ana- lisi della documentazione pervenuta, sembra invece essere lasciato in ombra, almeno da quanto risulta dalle risposte pervenute dalle amministrazioni, nelle quali tale figura non sembra ricevere il rilievo che meriterebbe, anche in considerazione della circo- stanza, segnalata ripetutamente nell’adunanza di di- scussione, che le amministrazioni non dispongono o non dispongono più di personale tecnico dotato della professionalità necessaria.

A tale proposito, si ritiene utile raccomandare che le amministrazioni che fanno ricorso al global servi- ce considerino con la massima attenzione l’opportu- nità di coltivare e promuovere la formazione per il personale destinato al ruolo di supervisore.

Per quanto concerne poi l’aspetto della econo- micità, occorre introdurre misure che stimolino la concorrenzialità tra le imprese partecipanti alle gare, dando spazio adeguato anche alle Pmi che, specie su ambiti territoriali circoscritti, possono offrire condi-

zioni economiche vantaggiose. A tale riguardo si ri- badisce, a titolo di esempio, che potrebbe essere utile aumentare il numero dei lotti messi a gara per ogni convenzione, riducendo l’estensione territoriale dei lotti.

In ogni caso, va registrata come circostanza as- sai positiva la decisione adottata, nel maggio 2016, dal Mef, Anac e Consip di definire due protocolli di intesa in materia di acquisti pubblici e di vigilanza cooperativa. Il primo protocollo prevede che Mef, Anac e Consip collaborino in tema di razionalizza- zione degli acquisti della pubblica amministrazione in diversi ambiti operativi, tra cui in particolare lo svolgimento di attività dirette alla verifica del rispet- to dei parametri prezzo-qualità di cui all’art. 26, c.

3, l. n. 488/1999, anche in relazione all’art. 1, c. 510 (possibilità per le amministrazioni di procedere ad acquisti autonomi) della legge di stabilità 2016 (n.

208/2015).

Il secondo protocollo, sottoscritto da Anac e Con- sip, riguarda le attività di vigilanza collaborativa che l’Anac svolgerà su cinque procedure di affidamento di rilevante impatto economico, concernenti settori a particolare rischio di corruzione, tra le quali è com- presa la fornitura di servizi integrati per la gestione e la manutenzione degli immobili ad uso ufficio (Fm uffici). Sono attesi gli esiti applicativi dei due pro- tocolli.

La presente relazione verrà inviata, quale con- tributo conoscitivo sull’utilizzo delle convezioni di global service e per quanto di interesse, al procura- tore regionale della Corte dei conti per il Lazio, al procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma e all’Autorità nazionale anticorruzione.

7 – Sezione centrale controllo gestione; deliberazio- ne 20 giugno 2017; Pres. D’Auria, Rel. Lentini;

Agenzia delle entrate e altri.

Processo tributario – Controversie dinanzi alle commissioni tributarie – Anni 2011- 2016 – Dati quantitativi – Effetti sulle entra- te – Costi della giustizia tributaria – Relazione al Parlamento.

C.g.c., art. 5; d.lgs. 19 giugno 1997 n. 218, disposi- zioni in materia di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, artt. 4, 14; l. 11 marzo 2014 n. 23, delega al governo recante disposizioni per un sistema fiscale più equo, trasparente e orientato alla crescita, art. 10; d.l. 24 aprile 2017 n. 50, convertito con modificazioni dalla l. 21 giugno 2017 n. 96, di-

(5)

sposizioni urgenti in materia finanziaria, iniziative a favore degli enti territoriali, ulteriori interventi per le zone colpite da eventi sismici e misure per lo svilup- po, artt. 1, 10.

La relazione analizza l’andamento delle contro- versie tributarie instaurate, definite e pendenti al 31 dicembre 2016. Le liti pendenti (469.048 nel 2016) hanno registrato una riduzione dell’11,6 per cento rispetto al 2015, dovuta soprattutto al minor volu- me del nuovo contenzioso (-9,8 per cento), oltre che all’incidenza deflativa della mediazione tributaria.

Quanto al valore economico delle controversie, la relazione osserva che, nel 2016, il 67,21 per cento dei ricorsi-appelli pervenuti corrisponde soltanto al 2,1 per cento del valore complessivo delle liti, men- tre l’1,8 per cento delle liti copre il 73 per cento del- lo stesso valore (il 45,7 per cento dei ricorsi pendenti innanzi alle commissioni tributarie provinciali ha, peraltro, un valore inferiore ai 2.000 euro).

Di rilievo, altresì, i volumi della riscossione cor- relati al contenzioso, che registrano un progressivo incremento, attestandosi nel 2016 a 2 miliardi, pari al +5,18 per cento rispetto al 2015. Il miglior risul- tato è da ascrivere esclusivamente a un incremento delle riscossioni da versamenti diretti (+19,63 per cento rispetto al 2015). Decrescenti, invece, le ri- scossioni da ruolo, con una flessione nel 2016 del 9,61 per cento rispetto al 2015. Positivo il risultato complessivo del riscosso correlato alla mediazione tributaria e alla conciliazione giudiziale, in aumento del 14,5 per cento rispetto al 2015.

Il contenzioso tributario viene poi inquadrato all’interno dei complessivi esiti dell’attività imposi- tiva. Ne risulta che – a parte gli effetti (20 per cento della maggiore imposta accertata) dovuti a strumen- ti deflativi, alla conciliazione giudiziale e alla volun- tary disclosure – il 31,5 per cento degli atti di accer- tamento è oggetto di impugnativa mentre il 49 per cento è composto di atti per i quali il contribuente non ha utilizzato gli istituti definitori, né ha propo- sto ricorso, né ha pagato, se non in percentuale ir- risoria (risulta recuperato soltanto lo 0,06 per cento mediante versamenti diretti e lo 0,33 per cento con la riscossione da ruolo). Quasi la metà degli accer- tamenti non ha, quindi, effetti positivi per l’erario e si traduce in costi gestionali improduttivi o in quote inesigibili.

La relazione analizza, altresì, la vetustà dei ri- corsi-appelli, gli esiti del contenzioso, la produttività dei giudici e i costi della giustizia tributaria.

In esito alle problematiche rilevate, la relazio- ne formula una serie di raccomandazioni, segna-

lando, da un lato, la necessità di accrescere la tax compliance, anche mediante la reingegnerizzazione dei processi (come è avvenuto, ad esempio, con il pagamento del canone Rai e con lo split payment, recentemente esteso a fattispecie in precedenza non contemplate); dall’altro lato, di elevare la qualità delle iscrizioni a ruolo, considerato che, per quanto prevalgano le sentenze favorevoli all’amministrazio- ne, non è trascurabile (38 per cento) la percentuale delle sentenze in cui l’amministrazione è totalmente o parzialmente soccombente, soprattutto nei giudizi di valore inferiore a 20.000 euro. La relazione sug- gerisce, infine, il pieno utilizzo dell’istituto dell’au- totutela (del quale la mediazione non può essere considerato un surrogato). (1)(1)

Capitolo V. Conclusioni e raccomandazioni

1. L’andamento del contenzioso innanzi alle commissioni tributarie mostra, a partire dal 2011, un progressivo decremento delle liti pendenti, che scendono per la prima volta nel 2016 al di sotto delle 500.000 (esattamente 469.048), con una riduzione dell’11,64 per cento rispetto al 2015. Il risultato po- sitivo è l’effetto soprattutto della riduzione del volu- me del nuovo contenzioso (flusso in entrata), che, in diminuzione dal 2011 al 2014, registra un’inversione di tendenza nel 2015 (+5,9 per cento il 2014), per tornare a decrescere nel 2016 (-9,8 per cento), su- perando quello che era il miglior risultato del 2014.

Sono state recentemente approvate misure dirette a ridurre il problema dell’arretrato nel contenzioso tributario, compreso quello in Cassazione, con l’ap- provazione di una forma di definizione agevolata delle liti fiscali pendenti (art. 11 d.l. n. 50/2017).

2. Il volume delle controversie definite (flusso in uscita) si è ridotto, invece, nel 2016, dell’1,6 per cento. Tale contrazione è il risultato della flessione dell’attività definitoria delle Ctp (-4,8 per cento), il peggior risultato dal 1996, correlato a una riduzio- ne del numero dei giudici, che nel 2016 sono 2.256 rispetto ai 2.313 del 2015 (-2,46 per cento), con un livello di produttività sostanzialmente stabile (105 atti definiti per giudice nel 2015, 102,8 nel 2016).

Migliora, invece, la performance delle Ctr (+13 per

(1) I. - Il testo integrale della relazione si legge in Rivista web Corte conti, fasc. n. 18/Settembre 2017, <www.rivista- corteconti.it>.

II. - Su altre problematiche concernenti la riscossione dei tributi, v. Corte conti, Sez. centr. contr. gestione, 20 ottobre 2016, n. 11, Il sistema di riscossione dei tributi erariali al 2015, in questa Rivista, 2016, fasc. 5-6, 59, con nota di richiami.

(6)

cento) pur con una riduzione sensibile del numero dei giudici (-7,8 per cento), con un livello di pro- duttività crescente (56,4 atti definiti per giudice nel 2015, 68,80 nel 2016).

3. Di particolare interesse è l’analisi del flusso in entrata per valore economico.

Nel 2016 sono pervenuti complessivamente 231.713 ricorsi-appelli, di cui ben 155.723 (pari al 67,21 per cento) relativi a controversie di valore fino a 20.000 euro (72,07 per cento per le Ctp e 55,46 per le Ctr), per un valore di circa 669,59 milioni. Le con- troversie superiori a 20.000 euro sono state 69.451, pari al 29,97 per cento del totale. La percentuale ri- manente è di valore indeterminabile.

Le controversie pervenute superiori a 1 milione sono state 4.159 (pari all’1,79 per cento dei ricor- si-appelli pervenuti) per un valore di circa 23.251 milioni (pari al 73,09 per cento). In sintesi, il 67,21 per cento dei pervenuti corrisponde soltanto al 2,10 per cento del valore complessivo delle liti, mentre l’1,79 per cento delle liti copre ben il 73,09 dell’in- tero valore.

4. Rapporti percentuali sostanzialmente analo- ghi, con riferimento al valore, si riscontrano per le liti pendenti al 31 dicembre 2016.

Il 70,65 per cento dei giudizi pendenti innanzi alle commissioni tributarie ha un valore inferiore ai 20.000 euro (il 76,72 per cento innanzi alle Ctp e il 57,81 per cento innanzi alle Ctr). Un focus all’inter- no di tale ambito rivela un dato ancora più significa- tivo: il 28,66 per cento dei ricorsi pendenti innanzi alle commissioni tributarie ha un valore inferiore ai 2.000 euro (esattamente il 45,66 per cento innanzi alle Ctp e il 23,84 per cento innanzi alle Ctr).

5. Con riferimento al grado di vetustà dei ricor- si-appelli pendenti, misurato dal tempo intercorrente dalla presentazione del ricorso-appello al 31 dicem- bre 2016, emerge che il 40,63 per cento delle liti complessivamente pendenti riguarda ricorsi-appel- li presentati nello stesso anno; il 62,90 per cento è giacente da meno di due anni; il 27,37 per cento è giacente da tre a cinque anni; il 9,72 per cento risulta in giacenza da più di cinque anni.

Rilevanti sono le differenze tra le singole com- missioni, come evidenziato nelle tabelle allegate re- lative ai tempi medi del processo. Nel periodo con- siderato, sono passate da due a quattro le Ctr con i tempi migliori, mentre sono aumentate da due a cin- que le commissioni con i tempi peggiori (superiori a 1.095 giorni). Più significative le variazioni per le Ctp: nel periodo considerato, sono rimaste sostan-

zialmente stabili le commissioni con i tempi migliori (n. 38 nel 2011, n. 37 nel 2015), sono passate, invece, da sei a quattordici le Ctp con i tempi peggiori (supe- riori a 1.095 giorni).

6. La situazione del personale giudicante presen- te nelle commissioni tributarie registra una scopertu- ra del 32,48 per cento rispetto alle piante organiche, peraltro ormai risalenti, essendo state definite con d.m. 11 aprile 2008.

I giudici tributari in servizio, al 31 dicembre 2016, sono 3.146 (2.256 nelle Ctp e 890 nelle Ctr), in riduzione rispetto al 2015 del 3,88 per cento (-7,29 nelle Ctr e -2,46 nelle Ctp), di cui 1.528 magistrati, pari al 48,6 per cento (esattamente il 45,7 per cento nelle Ctp e il 55,8 per cento nelle Ctr) e 1.618 pro- venienti da altre professioni. L’andamento delle pre- senze dei giudici togati appare coerente, pur con uno scarto ancora da colmare, rispetto all’obiettivo posto dall’art. 39 d.l. n. 98/2011, di assicurare progressi- vamente la presenza nelle commissioni regionali di due terzi dei giudici selezionati tra i magistrati ordi- nari, amministrativi, militari e contabili, in servizio o a riposo, ovvero gli avvocati dello Stato a riposo (c.

2-bis dell’art. 9 d.lgs. n. 545/1992).

7. La distribuzione dei giudici sul territorio mo- stra sicuri margini di miglioramento. Le tabelle rap- presentative del carico teorico per giudice evidenzia alcune situazioni critiche: nell’ambito delle Ctr, il carico più alto è della Calabria con 576 giudizi per singolo giudice, segue la Sardegna con 527,55 e la Sicilia con 479,11 rispetto a un carico medio di 199,18 giudizi. Per le Ctp, in 23 casi il carico è su- periore alla media pari a 277,73, con punte massime nella Ctp di Siracusa con un carico di 1.373,94 giu- dizi per singolo giudice, seguita dalla Ctp di Crotone con 1.061,69 e dalla Ctp di Catania con 821,33.

8. L’analisi dei carichi di lavoro non va disgiunta da quella della produttività. I dati disaggregati per commissione, al momento disponibili, per l’anno 2015, evidenziano che, per le Ctr, in relazione a una media nazionale di appelli trattati per giudice di 72, risultano al di sopra della media otto Ctr. Le Ctr al di sotto della media registrano comunque differenze significative.

La Ctr Calabria, che si presenta come la commis- sione con il più alto indice di attività dei giudici asse- gnati, registra i più lunghi tempi del processo, con un progressivo peggioramento negli anni considerati.

Sulla stessa linea si collocano la Sicilia e il Molise, che, pur registrando un’attività dei giudici superiore alla media, rientrano nello scaglione con tempi pro-

(7)

cedimentali più alti: sono commissioni dove la pro- duttività, per quanto elevata, non riesce a far fronte a carichi di lavoro nettamente superiori alla media.

9. Di rilevante interesse i dati relativi alla tipologia degli atti impugnati correlati anche alla loro distribu- zione territoriale. Emerge che, a livello nazionale, il flusso dei ricorsi conseguenti ad accertamenti costi- tuisce negli anni considerati una quota inferiore alla metà del totale, per ridursi ulteriormente nel 2016, in cui rappresenta circa il 38,37 per cento, flessione probabilmente riconducibile anche alla riduzione del numero degli accertamenti nell’ultimo biennio. Ano- malo appare il numero dei ricorsi avverso gli atti di liquidazione e riscossione che, a livello nazionale, co- stituisce mediamente oltre 1/3 del totale e, nel 2016, rappresenta addirittura il 49,05 del totale.

A livello regionale, emerge un singolare apporto al contenzioso da liquidazione e riscossione di alcu- ne regioni (la Sicilia, la Campania, il Lazio e la Ca- labria), tenuto conto del relativo peso demografico di tali regioni rispetto ad altre (Lombardia, Veneto, Piemonte, Emilia-Romagna). La maggiore propen- sione al contenzioso nelle regioni meridionali proba- bilmente non è riconducibile ad una sola causa, ma piuttosto ad una serie di variabili. Possono ipotizzar- si: a) bassa qualità dell’assistenza fiscale di cui usu- fruiscono i contribuenti in sede dichiarativa; b) resi- stenza da parte degli uffici ad applicare l’autotutela in quelle regioni; c) induzione strumentale al ricorso da parte dei patrocinanti, interessati ad accrescere la propria attività professionale, come suggerirebbe anche il numero degli avvocati per abitanti in quelle regioni; d) maggiore litigiosità dei contribuenti per ragioni culturali.

10. Altro profilo di rilievo è costituito dai volumi della riscossione correlati al contenzioso.

Sulla base dei dati forniti dall’Agenzia delle entrate, l’importo delle riscossioni totali registra un progressivo incremento, attestandosi nel 2016 a 2.010 milioni (+5,18 per cento rispetto al 2015), con un aumento del 29,10 per cento rispetto al 2011 (1.557 mln).

Il miglior risultato è da ascrivere esclusivamente a un incremento delle riscossioni da versamenti di- retti, che confermano un trend nettamente positivo e un’incidenza crescente rispetto al riscosso totale, registrando nel 2016 un valore di 1.156,69 milioni, corrispondente al +19,63 per cento rispetto al 2015 e al +83,29 per cento rispetto al 2011.

Le riscossioni da ruolo, invece, nel rapporto con le riscossioni totali, registrano valori decrescenti ne-

gli anni considerati, salvo il picco del 2012, con un rapporto percentuale pari al 59,47 nel 2011; 71,53 nel 2012; 56,94 nel 2013; 54,45 nel 2014; 49,41 nel 2015; 42,46 nel 2016, che registra un -9,61 per cento rispetto al 2015.

Positivo, invece, il risultato complessivo del ri- scosso correlato alla mediazione tributaria e alla conciliazione giudiziale che cresce del 14,53 rispetto al 2015 (pur con una riduzione della mediazione del 18,03 più che compensato da un incremento della conciliazione del 20,88 per cento).

11. Il tema del contenzioso tributario è poi inqua- drato in una prospettiva più ampia, all’interno dei complessivi esiti degli atti impositivi (con riferimen- to agli accertamenti sostanziali), distinguendo atti impugnati-non impugnati e atti composti mediante gli istituti definitori e deflativi (adesione all’accer- tamento, acquiescenza, mediazione e conciliazione giudiziale). Il 20 per cento della maggiore imposta accertata è definito con strumenti deflativi, con la conciliazione giudiziale e con la voluntary disclosure (il 17,36 al netto della voluntary disclosure); il 31,47 per cento è oggetto di impugnativa e ben il 48,52 è collegato ad atti per i quali il contribuente non ha utilizzato gli istituti definitori previsti dal d.lgs. n.

218/1997 né ha proposto ricorso. In relazione a que- sti ultimi atti risulta che il debito tributario è recu- perato soltanto per lo 0,06 per cento con versamenti diretti e per lo 0,33 per cento con la riscossione da ruolo. Il fenomeno che integra, dunque, un non con- tenzioso “patologico” desta grande preoccupazione:

quasi la metà degli accertamenti sostanziali (oltre il 48 per cento) non ha effetti positivi per l’erario e si traduce in costi gestionali improduttivi e future quote inesigibili. È evidente la necessità di rivedere, con urgenza, la tenuta del sistema, come si dirà anche in seguito.

12. Quanto agli effetti dell’applicazione dell’isti- tuto della mediazione, la sua proficuità è stata colle- gata a un indice che pone in rapporto il numero com- plessivo dei reclami esaminati con quello dei reclami depositati in commissione tributaria provinciale che, non avendo avuto esito positivo, non hanno evitato la prosecuzione in sede contenziosa. Le percentuali di controversie evitate superano, nel periodo consi- derato, il 50 per cento, attestandosi nel 2016 al 51,6 per cento, con un decremento di circa un punto per- centuale rispetto al 2015, inferiore anche in termini assoluti alla performance di quell’anno, che segna il miglior risultato del periodo. La riduzione dei ri- corsi in primo grado è, dunque, da ricondursi anche agli effetti deflativi dell’istituto della mediazione. Va

(8)

valutata, pertanto, positivamente la recente elevazio- ne della soglia della mediazione da 20.000 a 50.000 euro (art. 10 d.l. 24 aprile 2017, n. 50).

13. È stata pure analizzata la spesa complessiva sostenuta per il funzionamento della giustizia tribu- taria (Gpgt, compensi ai giudici, garante, spese di funzionamento delle commissioni tributarie, tratta- mento economico al personale amministrativo, fisso e accessorio), per gli anni 2011-2016, con le relative variazioni percentuali.

Nel 2016 il volume dei pagamenti si è ridotto sen- sibilmente rispetto all’anno precedente (-17,46 per cento), a fronte di una notevole lievitazione dei resi- dui (+46,23 per cento) sostanzialmente ascrivibile ai compensi al personale giudicante. Si tratta, infatti, di spesa che non ha un andamento regolare, sia per la na- tura essenzialmente variabile dei compensi in quanto correlati alla produttività, salvo un’esigua quota fissa, sia per i tempi di erogazione delle quote relative al Cut, sensibilmente disallineati rispetto all’esercizio di riferimento. I dati rappresentativi di tutti i costi soste- nuti per il servizio di giustizia tributaria rappresentano uno dei necessari parametri di riferimento di cui dovrà tenersi conto per una verifica di fattibilità di eventuali ipotesi di riforma del sistema.

14. Sotto il profilo organizzativo, va segnalato il completamento, nell’anno in corso, dell’avvio del processo tributario telematico, già attivato in diver- se regioni. Si tratta di una innovazione importante diretta a favorire la semplificazione del rapporto fi- sco-cittadino e l’efficientamento del servizio. L’ac- cesso ai servizi del Sistema informativo della giusti- zia tributaria (Sigit) consente alle parti processuali la costituzione telematica e, dunque, di effettuare con modalità telematiche il deposito dei ricorsi e degli altri atti processuali presso le commissioni tributarie, nonché di accedere al fascicolo processuale informa- tico del processo e consultare tutti gli atti e i provve- dimenti emanati dal giudice.

15. In sintesi, le raccomandazioni che la Corte ritiene di formulare in relazione alle problematiche rilevate che, in alcuni casi, vanno affrontate e risolte normativamente, sono di seguito riportate.

Sul piano dell’iniziativa legislativa

Al fine di accelerare i tempi di trattazione e, co- munque, ridurre i costi complessivi del sistema:

- valutare l’opportunità di affidare, in primo gra- do, a un giudice monocratico la definizione delle liti pendenti di valore più contenuto, quali ad esempio quelle inferiori a 2.000 euro (pari al 45,66 per cento

delle liti pendenti innanzi alle Ctp), trovando i ne- cessari correttivi sul piano della retribuzione del giu- dice, come necessario complemento dell’intervento sicuramente proficuo per lo Stato: si tratterebbe di intervento, peraltro, in linea con i criteri direttivi del- la l. n. 23/2014 (art. 10, c. 1, lett. b.2);

- valutare l’opportunità di una razionalizzazione degli ambiti territoriali delle commissioni e sezioni staccate, con eventuali fusioni di sedi aventi ridotti carichi di lavoro, come risultanti dai dati dei flussi in entrata delle controversie, con quelle di province limitrofe, al fine di elevare il rapporto costi/benefici.

Sul piano normativo e amministrativo

Al fine del corretto funzionamento del nostro sistema fiscale incentrato sull’adempimento sponta- neo, con l’effetto anche di ridurre i volumi del con- tenzioso:

- intervenire con una reingegnerizzazione dei processi (come è accaduto per esempio con il paga- mento del canone Rai), in linea con misure che han- no registrato positivi risultati come lo split payment recentemente opportunamente esteso (art. 1 d.l. n.

50/2017). Potrebbe prevedersi, per esempio, per i soggetti Iva un obbligo di pagamento tracciato con ritenute alla fonte (come è attualmente per le ristrut- turazioni edilizie);

- rafforzare l’efficacia del sistema di riscossione coattiva (anche in termini di deterrenza), valorizzan- do le sinergie tecniche e operative tra i soggetti della fiscalità, aumentando il grado di condivisione e l’ag- giornamento delle informazioni, con il massimo al- lineamento tra le amministrazioni coinvolte, così da massimizzare l’efficacia dell’azione di riscossione e ridurre i costi correlati ad attività infruttuose.

Al fine di deflazionare il contenzioso:

- elevare la qualità delle iscrizioni a ruolo, con- siderato che, per quanto siano prevalenti le sentenze favorevoli all’amministrazione, non è trascurabile la percentuale delle sentenze in cui l’amministrazione è totalmente o parzialmente soccombente, soprattutto nelle controversie di valore inferiore a 20.000 euro (38 per cento).

- utilizzare appieno l’istituto dell’autotutela, che deve essere doverosamente attivato per ripristinare la legalità violata tutte le volte che l’amministrazione si avveda dell’illegittimità anche parziale della pre- tesa tributaria, in coerenza con il carattere vincolato dell’attività impositiva che deve essere diretta alla corretta applicazione dei tributi: la mediazione non può essere un surrogato dell’autotutela che l’ammi-

(9)

nistrazione talvolta sembra avere ritrosia ad adotta- re, forse per timore di responsabilità amministrativa.

Ciò determina, in molti casi, un onere aggiuntivo per il contribuente che, anziché ottenere senza formalità l’annullamento totale o parziale dell’accertamento, è costretto ad approntare un ricorso completo in tutti i suoi aspetti per ottenere lo stesso risultato che avreb- be dovuto ottenere con l’autotutela e a pagare una sanzione (35 per cento del minimo);

- identificare e valutare le fattispecie di conten- zioso più ricorrenti o di tipo seriale (come è stato per l’Irap dei professionisti, con riferimento al para- metro dell’autonoma organizzazione), per tentare di superarle (ad esempio, con una norma interpretativa se la regola fiscale non è chiara o con altro tipo di intervento).

In ogni caso, per deflazionare il contenzioso e ridurre il non contenzioso “patologico” (il 48,52 per cento di accertato non impugnato e in massima par- te non pagato, di cui si è detto) è essenziale l’attività di prevenzione. Occorre indurre comportamenti di massa più coerenti all’assolvimento degli obblighi tributari per ridurre drasticamente la platea degli ina- dempienti (attualmente oltre 20 mln), attivando tutti gli interventi legislativi e le misure amministrative in direzione di una crescita della tax compliance, con un impegno dell’amministrazione finanziaria per un miglioramento dei rapporti con i contribuenti e una crescita dell’adempimento spontaneo degli obblighi fiscali, attraverso la semplificazione degli adempi- menti (la facilità di adempiere gioca, infatti, un ruolo determinante nell’adempimento), la cooperazione e il dialogo con il contribuente sia nella fase dell’adempi- mento che successivamente in sede di autotutela.

Al fine di elevare la capacità definitoria delle commissioni tributarie:

- valutare l’opportunità di introdurre, anche in considerazione dell’avvio e attuazione del processo tributario telematico, criteri redazionali e limiti di- mensionali degli atti di parte nel processo tributario, secondo principi di sinteticità e chiarezza (espressa- mente previsti dal c.p.a. all’art. 3, c. 2, e dal c.g.c., all’art. 5, c. 2), in linea con quanto previsto dall’art.

7-bis d.l. 31 agosto 2016, n. 168 (che ha dato luogo al d.p.c.m. 22 dicembre 2016);

- ottimizzare la distribuzione dei giudici sul ter- ritorio, in relazione alle criticità rilevate in alcune commissioni dall’analisi dei carichi di lavoro per giudice, procedendo anche a una revisione delle piante organiche ormai risalenti, problematica di cui è già pienamente consapevole il Consiglio di presi- denza della giustizia tributaria.

8 – Sezione centrale controllo gestione; deliberazio- ne 3 luglio 2017; Pres. D’Auria, Rel. Polverino;

Fondo edifici di culto.

Amministrazione dello Stato e pubblica in gene- re – Fondo edifici di culto – Gestione ammini- strativa e finanziaria – Anni 2013-2015 – Rela- zione al Parlamento.

L. 20 maggio 1985 n. 222, disposizioni sugli enti e beni ecclesiastici in Italia e per il sostentamento del clero cattolico in servizio nelle diocesi, art. 50; d.l. 6 luglio 2012 n. 95, convertito con modificazioni dal- la l. 7 agosto 2012 n. 135, disposizioni urgenti per la revisione della spesa pubblica con invarianza dei servizi ai cittadini, art. 8; d.l. 24 aprile 2014 n. 66, convertito con modificazioni dalla l. 23 giugno 2014 n. 89, misure urgenti per la competitività e la giusti- zia sociale, art. 50.

La relazione riferisce al Parlamento in ordine alla gestione del Fondo edifici di culto (Fec) dal 2013 al 2015.

Il Fondo, ente-organo del Ministero dell'interno, è stato istituito dalla l. n. 222/1985, riunendo in un unico ente il Fondo per il culto e il Fondo di benefi- cienza e religione per la città di Roma. La stessa leg- ge ha aumentato considerevolmente il numero degli enti ecclesiastici legittimati ad ottenere il riconosci- mento della personalità giuridica (estendendo tale diritto ad ogni singola parrocchia e diocesi), con at- tribuzione ad essi dei beni ex conventuali.

La procedura finalizzata alla consegna in pro- prietà di tali beni fu sospesa nel 1995 a seguito delle reazioni che suscitò – anche sotto il profilo giuridi- co – la dismissione di immobili di grande rilevanza sotto l'aspetto storico, artistico e culturale. Succes- sivamente, il Ministero dell’interno avviò una forma di regolarizzazione dei rapporti con l’autorità ec- clesiastica, mediante atti di concessione in uso dei beni a titolo gratuito e a tempo indeterminato. Non- dimeno, resta il problema – ad oggi in attesa di una soluzione a livello di fonti convenzionali – per cui lo Stato assume su di sé, attraverso il Fondo edifici di culto, oneri finanziari per la conservazione di beni rispetto ai quali non appare definito il regime giuri- dico proprietario.

Il Fondo si autofinanzia mediante il rendimento del patrimonio fruttifero di sua proprietà, integrato da un contributo annuo statale, previsto dall’art. 50 l. n.

222/1985, poi ridotto per effetto di norme di conteni- mento della spesa pubblica (art. 8, c. 3, d.l. n. 95/2012).

La relazione raccomanda, da un lato, l’istituzio- ne di un organismo di controllo interno del Fondo

(10)

e, dall’altra, la massima prudenza nell’investimento dei proventi derivanti dalla gestione del patrimonio, ancorché finalizzati all’incremento della liquidità di- sponibile. (1(1))

Capitolo X

Conclusioni e raccomandazioni

1. La l. 20 maggio 1985, n. 222, ha istituito il Fondo edifici di culto, nel quale sono confluiti il Fon- do per il culto e il Fondo di beneficienza e religione per la città di Roma, ed ha aumentato considerevol- mente il numero degli enti a cui può essere ricono- sciuta la personalità giuridica, estendendo tale diritto ad ogni singola parrocchia e diocesi.

In considerazione di una prima interpretazio- ne espressa dal Consiglio di Stato (Sez. I, pareri n.

1263/1989 e n. 929/1992), l’amministrazione iniziò la procedura finalizzata alla consegna in proprietà di alcuni edifici sacri, che fu sospesa dal 1995 a segui- to delle reazioni che suscitò – anche sotto il profilo giuridico – la dismissione di immobili di così grande rilevanza sotto l’aspetto storico, artistico e cultura- le. Il Ministero dell’interno avviò successivamente la regolarizzazione dei rapporti con l’autorità eccle- siastica mediante atti di concessione in uso a titolo gratuito e a tempo indeterminato.

2. L’amministrazione, inoltre, chiese al Consiglio di Stato il riesame, in adunanza generale, dei pare- ri resi dalla Sezione I consultiva (n. 1263/1989 e n.

(1) I. - Il testo integrale della relazione si legge in Rivista web Corte conti, fasc. n. 18/Settembre 2017, <www.rivista- corteconti.it>.

II. - Sul Fondo edifici di culto, v., in generale, Corte conti, Sez. centr. contr. legittimità, 14 gennaio 2002, n. 2/P, in questa Rivista, 2002, fasc. 1, 2, secondo cui il Fondo edifici di culto (Fec), istituito con la l. n. 222/1985 e il regolamento n. 33/1987, è configurato come persona giuridica assimilabile non già a una corporazione a struttura associativa, ma a una fondazione per la gestione del patrimonio degli enti ecclesiastici soppressi affidata in esclusiva al Ministero dell’interno per il tramite delle prefetture; essendo allora l’attività gestionale del fondo riser- vata a un organo dello Stato, i provvedimenti di disposizione del patrimonio del Fec vanno sottoposti a controllo preventivo di legittimità della Corte dei conti ai sensi dell’art. 3, c. 1, l.

n. 20/1994.

III. Sul Fondo, in generale, v. M.F. Scandura, Il Fondo edifici di culto, una risorsa da valorizzare, in Amm. civ., 2002, fasc. 12, 58; id, Il Fondo edifici di culto, in Jus, 1995, 481; G.

Dalla Torre, voce Fondo edifici di culto, in Enc. giur. vol. XIV, Roma, Treccani, 1999; G. Bianco, Osservazioni sulla discipli- na del Fondo edifici di culto, in Dir. eccles., 1997, I, 833; F.

Finocchiaro, Appunti sulla natura giuridica e sul patrimonio del Fondo edifici di culto, ibidem, 297.

929/1992) in ordine al regime giuridico delle chiese ex conventuali parrocchiali per verificare se fosse corretta l’interpretazione secondo la quale, con l’at- tribuzione della personalità giuridica alla parrocchia, si verificasse, di diritto, il passaggio della proprietà dell’edificio sacro, con tutte le sue pertinenze, dal Fec all’ente-parrocchia, e ciò anche nell’eventuali- tà che si trattasse di beni culturali vincolati ai sensi dell’art. 23 l. n. 1089/1939.

L’Adunanza generale ritenne di dover acquisire l’avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, quale organo dello Stato deputato a mantenere i con- tatti con la controparte ecclesiastica.

Fu sospeso, quindi, l’esame dei quesiti in attesa che il Ministero dell’interno acquisisse le osserva- zioni della Presidenza del Consiglio, che avrebbe dovuto verificare quale fosse la posizione effettiva della controparte ecclesiastica (Sez. I, parere 6 mar- zo 1996, n. 1806/95).

3. Il Presidente del Consiglio pro tempore ritenne opportuno chiedere alla Commissione governativa per l’attuazione delle disposizioni dell’accordo tra Italia e la Santa Sede, firmato nel 1984, di pronun- ciarsi al riguardo.

La Commissione governativa, pronunciatasi nel luglio 1997, ritenne che l’ipotesi di una eventuale modifica dell’assetto normativo in vigore investisse la responsabilità politica del governo e non fosse di sua competenza.

Conclusivamente, non essendo intervenuti ele- menti di novità in argomento, il contenuto e i termini in cui si era pronunciato il Consiglio di Stato non sono mutati (Sez. I, parere n. 1806/95), ma la proble- matica è ancora aperta.

4. L’indagine ha constatato che il Ministero dell’interno provvede stabilmente alla manutenzione straordinaria di tutti i beni, anche attraverso il coor- dinamento con le competenti strutture del Mibact e del Mit.

5. Il Fondo si autofinanzia mediante il rendimen- to del patrimonio fruttifero di sua proprietà, integrato da un contributo annuo statale, che per la sua entità costituisce (dopo le rendite del patrimonio immobi- liare) la seconda fonte di finanziamento del bilancio, previsto dall’art. 50 l. n. 222/1985, nella misura di euro 1.807.599, decurtato a 1.679.723.

Con riferimento al rendimento del patrimonio fruttifero, l’amministrazione ha reso noto di aver provveduto, nel corso degli anni, a mettere a reddito capitali che, se tenuti sul conto corrente infruttifero di Tesoreria centrale dello Stato, sarebbero rimasti

(11)

improduttivi e non avrebbero contribuito a finanziare interventi di conservazione e restauro.

Con riguardo agli impieghi finanziari, l’Ucb ha ritenuto costantemente che il Fec potesse investire i proventi derivanti dall’alienazione di beni immobili di proprietà del fondo adibiti a uso di civile abitazio- ne, peraltro non necessariamente in valori mobiliari.

In merito, il Fondo ha costantemente sostenuto che i proventi del patrimonio e non il patrimonio sono utilizzati per le finalità istituzionali e che solo con la redditività dello stesso possono essere assicu- rati la conservazione, il restauro, la tutela e la valo- rizzazione degli edifici di culto, considerata anche la progressiva riduzione negli anni del contributo stata- le. Ha ricordato che dalla metà degli anni Novanta, previa autorizzazione del Ministro del tesoro del 28 novembre 1995, n. 189074, le risorse finanziarie del patrimonio disponibili sul conto di tesoreria sono state investite in titoli per ricavarne una rendita.

Sulla base del principio della tutela dell’integrità del bene, il Fondo ha ritenuto di investire tutte le risor- se affluite sul conto di tesoreria, nelle more della loro utilizzazione per finanziare i lavori, quantomeno per preservarne il potere di acquisto dal rischio inflattivo.

Ha sostenuto, quindi, che gli importi provenien- ti da capitali precedentemente investiti, riferendosi al reinvestimento in titoli di Stato di capitali prove- nienti da Btp giunti a scadenza il 15 aprile 2015, non costituiscono altro che parte del patrimonio che in- tende mettere a reddito, e che il legislatore, se aves- se voluto fissare un limite alla potenziale redditività del patrimonio del Fec, avrebbe stabilito un divieto generale all’investimento, escludendo i soli proven- ti derivanti dall’alienazione di beni immobili ad uso abitativo.

L’esito di un divieto generale di effettuare inve- stimenti, ad avviso del Fondo, sarebbe la progressiva perdita di parte del patrimonio e dei relativi proven- ti, e di ciò le parti in sede di accordo internazionale avrebbero dovuto, verosimilmente, tenere conto e prevedere un contributo più congruo a carico dello Stato.

Ha sottolineato che nell’ultimo triennio gli inve- stimenti in titoli hanno fruttato mediamente un im- porto di oltre euro 1.500.000 annui, pressoché equi- valente al contributo erogato dallo Stato, e impedito un inarrestabile depauperamento del patrimonio del Fondo.

Attesa la rilevanza e la delicatezza della questio- ne, l’amministrazione ha richiesto il parere del Con- siglio di Stato, ritenendo che per i profili internazio- nali fosse competente la Commissione paritetica.

La Sezione I del Consiglio di Stato, nel parere 30 dicembre 2015, n. 3721, ha affermato che il principio che emerge dal sistema è quello della redditività del patrimonio e che non sussistono ostacoli all’investi- mento finanziario anche nei casi in cui i proventi de- rivino dall’alienazione di immobili abitativi.

Il Consiglio di Stato ha osservato che, se la volontà del legislatore fosse stata quella di porre un limite ge- nerale alla possibilità di mettere a reddito le liquidità monetarie del Fondo, avrebbe espressamente disposto in tal senso, ipotizzando un meccanismo compensati- vo per ovviare alla minore redditività del patrimonio.

Per il Consiglio di Stato il vigente art. 97 Cost. e i correlati principi del buon andamento e della sana fi- nanza pubblica disincentivano interpretazioni tese a vietare all’amministrazione azioni virtuose dal punto di vista dell’efficienza economica.

In ciò, tuttavia, ha affermato essere anche il li- mite degli investimenti dei proventi derivanti dalla gestione del patrimonio che devono essere sempre ispirati a criteri di prudenza, ancorché finalizzati all’incremento della liquidità disponibile.

Considerando i rischi insiti in attività di tipo speculativo e nella detenzione di pacchetti azionari, essendo possibile che il rimborso dei titoli avvenga in base a un valore di mercato inferiore al valore no- minale dei medesimi, la Corte, nel prendere atto che il Fec ha provveduto a ridurre il profilo di rischio da alto a medio procedendo a nuovi investimenti in titoli governativi italiani ed Eurozona, ritiene che l’attivi- tà di valorizzazione del patrimonio mobiliare debba essere coerente con le finalità istituzionali e condotta in conformità all’autorizzazione all’acquisto di titoli, concessa all’amministrazione sin dal 1995, concer- nente i soli titoli di Stato e i buoni fruttiferi.

6. In esito alle risultanze dell’indagine, la sezione raccomanda al Ministero dell’interno:

- di proseguire nella vigilanza sugli uffici terri- toriali del governo relativamente all’attuazione delle disposizioni in materia di amministrazione e gestio- ne del patrimonio del Fec;

- riguardo alla gestione del Fec, di condurre ope- razioni finanziarie a rischio minimo, nonché di pro- seguire nella ricerca di modalità fruttifere di utilizzo del patrimonio mobiliare, in conformità alle indica- zioni di cui al parere del Consiglio di Stato del 30 dicembre 2015, n. 3721;

- di accelerare le procedure di censimento degli immobili e di catalogazione dei beni mobili;

- di costituire un ufficio o servizio di revisione e controllo interno di gestione del Fec.

(12)

Resta il problema, ad oggi non risolto in attesa di una sua definizione a livello di fonti convenzionali, per cui lo Stato assume su di sé, attraverso il Fondo edifici di culto, oneri finanziari per la conservazione di beni rispetto ai quali non appare imminente, con riguardo al loro regime giuridico, la composizione degli interessi tra le parti.

La sezione raccomanda, inoltre, al Ministero dell’economia e delle finanze, di attivare l’applica- tivo gestionale Sicoge per la gestione informatica delle entrate Fec.

9 – Sezione centrale controllo gestione; deliberazio- ne 11 luglio 2017; Pres. D’Auria, Rel. Guarany;

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e altri.

Opere pubbliche – Corridoio della rete centrale

“Scandinavia-Mediterraneo” – Quadruplica- mento della linea ferroviaria Verona-Fortez- za – Stato di realizzazione – Relazione al Par- lamento.

L. 21 dicembre 2001 n. 443, delega al governo in materia di infrastrutture e insediamenti produttivi strategici e altri interventi per il rilancio delle atti- vità produttive, art. 1; l. 23 dicembre 2009 n. 191, disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010), art.

2, c. 232; d.l. 31 maggio 2010 n. 78, convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010 n. 122, misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica, art. 47.

La relazione riferisce al Parlamento circa il permanere delle criticità, già in passato segnalate dalla Corte dei conti, nella realizzazione dell’opera di quadruplicamento della linea ferroviaria Vero- na-Fortezza, che appartiene al corridoio della rete centrale denominato “Scandinavia-Mediterraneo” e che, per questa ragione, è finanziata anche con ri- sorse dell’Unione europea.

Le criticità di cui si parla sono dovute princi- palmente alla dilatazione dei tempi di approvazione delle varie progettazioni, nonché alla difficoltà di utilizzare appieno le risorse finanziarie potenzial- mente disponibili; donde alcuni definanziamenti già avvenuti, sia a livello europeo che nazionale.

Gli interventi previsti sono articolati in quattro lotti principali, ma, a eccezione delle opere compre- se nel “sub-lotto 1”, peraltro al momento sospese, nessuno degli interventi è in fase di realizzazione.

La nomina, fin dal 2009, di un commissario stra- ordinario non ha prodotto, fino ad oggi, l’auspicata

accelerazione dei tempi e delle procedure di realiz- zazione dell’opera.

La relazione richiama i competenti soggetti istitu- zionali (Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, Rete ferroviaria italiana-Rfi s.p.a. e Presidenza del Consiglio dei ministri-Dipartimento per la program- mazione e il coordinamento della politica economi- ca-Dipe) all’adozione di tutte le iniziative e le misure necessarie a recuperare il ritardo accumulato, con particolare riferimento alla necessità di definire con la massima accuratezza gli studi e le indagini preli- minari, in quanto da essi dipende la sostenibilità e l’adeguatezza delle progettazioni; all’esigenza di un costante monitoraggio dell’avanzamento dei lavori, onde garantire il puntuale rispetto dei tempi indica- ti nel cronoprogramma e la piena attuazione degli obiettivi previsti; all’urgenza di porre in essere rac- cordi efficienti, sul piano organizzativo, fra i soggetti che, a diversi livelli, rivestono responsabilità nella realizzazione dell’opera. (1)(1)

Capitolo V. Conclusioni e raccomandazioni

La ricostruzione dello stato di realizzazione dell’opera sopra illustrata mette in luce il permane- re delle criticità che la sezione aveva segnalato nella delib. n. 18/2010 e che sono state confermate nella successiva delib. n. 17/2011.

In particolare, le criticità riguardano il rispetto dei tempi per l’approvazione delle varie progettazio- ni trasmesse da Rfi al Mit, per la realizzazione degli interventi e per l’utilizzo delle risorse finanziarie.

Per quanto riguarda gli interventi, per i quali è prevista la figura del commissario straordinario, arti- colati in quattro lotti prioritari, con l’individuazione di una maggiore priorità per i lotti 1 e 4 e compren- sivi di un sub-lotto relativo al lotto 1, a eccezione

(1) I. - Il testo integrale della relazione si legge in Rivista web Corte conti, fasc. n. 18/Settembre 2017, <www.rivista- corteconti.it>.

II. - Sulla realizzazione dell’opera di cui alla deliberazione in epigrafe, v. già Corte conti, Sez. centr. contr. gestione, 22 luglio 2010, n. 18, in questa Rivista, 2010, fasc. 4, 16; e 19 dicembre 2011, n. 17, ivi, 2012, fasc. 3-4, 50.

III. - In generale, sull’evoluzione del sistema ferroviario europeo e sull’istituzione di uno “spazio ferroviario europeo unico”, v. C. Cataldi, Il “quarto pacchetto ferroviario”: la pro- posta per uno spazio ferroviario europeo unico e liberalizzato, in Munus, 2016, 143; L. Lorenzoni, Il d.lgs. 15 luglio 2015, n. 12 di attuazione della direttiva Recast 2012/34/Ue che isti- tuisce uno spazio ferroviario europeo unico, in Rivista della regolazione dei mercati, fasc. 2/2015, 219, <www.rivistadel- laregolazionedeimercati.it>.

(13)

delle opere del sub-lotto 1, nessuno di essi è in fase di realizzazione.

La presenza della figura del commissario stra- ordinario, nominato fin dal 5 agosto 2009, non ha prodotto, nello svolgimento del primo incarico, l’au- spicata accelerazione delle fasi procedurali prelimi- nari per un tempestivo avvio dei lavori a partire dagli interventi del lotto 1.

Detto lotto, secondo quanto riferito dalla com- petente direzione generale, presenta al momento la completa disponibilità dei finanziamenti necessari.

Il costo della figura commissariale, soprattutto per il primo incarico, per il quale non sembrano es- sere stati previsti obiettivi come invece è avvenuto per il secondo, è stato di considerevole entità.

È opportuno che le competenti strutture organiz- zative procedano con immediatezza alle necessarie valutazioni e all’adozione delle conseguenti deter- minazioni, al fine di mettere in atto tutte le possibili iniziative tese ad accelerare le procedure per arrivare in tempi certi alla ripresa dei lavori del sub-lotto 1 e al loro completamento, alla fase di avvio dei lavori per gli interventi inclusi nel lotto 1 e alla definizione dei progetti da sottoporre al Cipe per i restanti lotti.

In particolare, per quanto riguarda il sub-lotto 1, data la sospensione dei lavori, è stata rilevata una consistente massa di risorse finanziarie non ancora erogate, sintomo evidente delle difficoltà che carat- terizzano la realizzazione dei lavori.

Le competenti strutture organizzative dovranno intensificare gli sforzi per accelerare la realizzazione dei lavori in corso e procedere in tempi rapidi ai ne- cessari pagamenti.

Appare altresì necessario che la competente Di- rezione generale per il trasporto e le infrastrutture ferroviarie proceda alla definizione degli obiettivi del commissario straordinario, già opportunamente assegnati nell’incarico scaduto (1)(47), con la previsione di nuovi e specifici obiettivi strettamente legati alla fase di avvio dell’esecuzione degli interventi per il lotto 1 e alla definizione dei progetti da sottoporre al Cipe per i restanti lotti, con l’indicazione di tempi certi per la effettiva realizzazione degli obiettivi stes- si, che dovrà essere valutata dalla stessa direzione generale ai fini della erogazione del compenso, come previsto dalla disciplina normativa vigente (2)(48).

(47) Cfr. tab. 5.

(48) L’art. 20, c. 9, d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito con modificazioni dalla l. 15 luglio 2011, n. 111, prevede, tra l’altro, che il compenso non è erogato qualora non siano rispettati i termini per l’esecuzione dell'intervento.

Tale valutazione dovrà essere operata anche con riferimento alla effettiva realizzazione degli obiettivi relativi all’incarico scaduto.

Deve essere in ogni caso evitato il protrarsi di una situazione di stallo che perdura ormai da diversi anni e che mette a serio rischio di un ulteriore de- finanziamento delle risorse finanziarie previste per l’opera, sia a livello nazionale sia a livello europeo.

Si evidenzia, al riguardo, che, come sopra illu- strato:

- 15 milioni a valere sul lotto 3 “Circonvallazio- ne di Trento” assegnati a Rfi con delibera Cipe n.

40/2013 sono stati integralmente definanziati, poiché non sono state rispettate le condizioni previste nella suddetta delibera; in particolare, “non è stato sotto- posto al Cipe il progetto preliminare o definitivo en- tro il 31 dicembre 2014”;

- un definanziamento di contributi europei di rilevante entità a valere sul programma Ten 2007- 2013 (3)(49) è stato attuato in quanto nelle verifiche di avanzamento del programma sono stati registrati ritardi nelle attività (4)(50). Al riguardo, si rileva che è stata registrata una ulteriore riduzione di 1 milione di euro che saranno coperti a carico del Fondo sal- vaguardia interventi cofinanziati da Ue e enti locali, già previsto e finanziato per 70 milioni nell’aggior- namento 2015 del CdP-I.

Si segnala, al riguardo, che ogni definanziamento di risorse derivanti da contributi europei comporta, oltre alla perdita definitiva dei relativi finanziamenti, un aggravio per il bilancio dello Stato, ove tale perdi- ta sia coperta a carico del suddetto fondo.

Si rileva, altresì, che le delibere Cipe che ap- provano il progetto definitivo e assegnano i relativi finanziamenti per interventi relativi a infrastrutture strategiche, usualmente prevedono che il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti provveda a svolge- re le attività di supporto intese a consentire al Cipe di espletare i compiti di vigilanza sulla realizzazione delle opere.

La Direzione generale per il trasporto e le infra- strutture ferroviarie, unitamente al commissario stra- ordinario, e la Direzione generale per lo sviluppo del territorio, dovranno assicurare maggiore incisività in tema di indirizzo e coordinamento di tutti i soggetti interessati, in particolare al fine di garantire da par- te del soggetto attuatore Rfi il puntuale rispetto dei tempi indicati nel cronoprogramma e la realizzazio-

(49) Assegnati con decisione C(2013)9374.

(50) Cfr. nota Mit n. 2941 del 25 maggio 2016.

(14)

ne degli obiettivi che lo stesso è tenuto a conseguire nell’ambito del contratto di programma sottoscritto.

Nelle relazioni dei commissari sono state se- gnalate, infatti, alcune carenze da parte del soggetto attuatore Rfi rilevando, in particolare, come la col- laborazione di Rfi, pur avendo la società stessa gli strumenti idonei allo sviluppo del progetto in esame, sia stata inadeguata e insufficiente, non avendo desti- nato risorse mirate alle attività necessarie e avendo comunque stentato a fornire risposte alle richieste di approfondimento progettuale attivate dal territorio che sono comunque arrivate oltre il termine atteso.

Su tale aspetto si era già soffermata la precedente delib. n. 18/2010 rilevando che “per quel che con- cerne Rfi non vi è dubbio che la società – come am- piamente specificato nella memoria presentata – non è interessata a strategie di investimento autonomo nelle costruende infrastrutture, bensì a percepire li- quidità direttamente dall’erario, azzerando il rischio di impresa, senza autonome iniziative di impulso per quel che riguarda la costruzione delle infrastrutture.

Ciò è particolarmente preoccupante dal momento che la pertinente delibera Cipe individua detta so- cietà quale soggetto attuatore della iniziativa”.

Rileva, al riguardo, l’impegno di Rfi, emerso nel corso dell’adunanza del 30 maggio 2017, di assicura- re la collaborazione richiesta dal commissario straor- dinario attraverso una apposita “struttura dedicata”.

L’esame degli atti ha evidenziato la presentazione di progettazioni che poi sono state oggetto di revisio- ne, con ripercussioni sui tempi programmati e sull’iter procedurale che hanno rallentato la definizione delle progettazioni stesse e la realizzazione degli interventi, anche in presenza di risorse ormai consolidate, come nel caso del sub-lotto 1 e del lotto 1.

In tale contesto, maggiore attenzione dovrà es- sere dedicata agli studi e alle indagini preliminari da definire con la massima accuratezza in quanto da essi dipende la sostenibilità e l’adeguatezza delle proget- tazioni, riducendo quanto più possibile il rischio di successive revisioni che comunque comportano ul- teriori costi, compromettono il rispetto dei tempi programmati e impediscono il sollecito utilizzo di risorse pur immediatamente disponibili.

La Direzione generale per il trasporto e le infra- strutture ferroviarie e la Direzione generale per lo sviluppo del territorio, in stretto raccordo con la Di- rezione generale per i sistemi informativi e statistici, nell’ambito delle funzioni di rispettiva competenza e delle connesse responsabilità, dovranno altresì at- tivare tutte le necessarie iniziative, anche attraverso l’utilizzo concreto di sistemi informativi e banche

dati esistenti, che dovranno essere costantemente ag- giornati, al fine di assicurare la vigilanza e il moni- toraggio sull’esecuzione degli interventi, per seguire l’evoluzione delle opere e l’andamento dei lavori, nonché per la definizione di eventuali cambiamenti del quadro economico e del cronoprogramma.

Al riguardo, si rileva l’esigenza di assicurare un effettivo coordinamento e una efficace razionalizza- zione delle diverse banche dati utilizzate nei sistemi di monitoraggio delle opere pubbliche, assicurando una maggiore accessibilità, un collegamento effetti- vo tra le stesse e il loro costante aggiornamento.

In tal modo l’utilizzo di tali banche dati, che ri- sultano attivate presso diverse strutture ministeriali e altri organismi pubblici, potrà essere concretamente proficuo.

Se tutte le iniziative intraprese non dovesse- ro avere l’auspicabile esito di pervenire in tempi ragionevolmente contenuti alla ripresa dei lavori del sub-lotto 1 e al loro completamento, all’avvio dei lavori per il primo lotto e alla definizione delle progettazioni per i restanti lotti, l’amministrazione dovrebbe valutare se sussistano le condizioni per avviare, nel rispetto delle modalità procedurali che prevedono l’intervento propositivo del commissario straordinario, il procedimento per destinare le risor- se allo stato disponibili e parzialmente o totalmente non prontamente utilizzate ad altri interventi imme- diatamente realizzabili e scongiurare in tal modo il rischio di ulteriori definanziamenti, in particolare dei contributi europei; definanziamenti che dovranno essere coperti attingendo a risorse nazionali, in un quadro generale caratterizzato da oggettive difficoltà a reperire risorse finanziarie da destinare a interventi infrastrutturali.

Al riguardo si osserva che la revoca dei finan- ziamenti può servire a non trattenere ingenti somme immobilizzate, ma deve essere avviata e conclusa in tempi relativamente brevi, onde consentirne un sol- lecito utilizzo.

Si segnala, infine, l’esigenza di una maggiore in- cisività in tema di indirizzo e coordinamento di tutti i soggetti interessati e di un costante monitoraggio degli interventi, in particolare al fine di garantire il puntuale rispetto degli obiettivi previsti nel contrat- to di programma sottoscritto e dei tempi indicati nel cronoprogramma per la realizzazione delle opere del sub-lotto 1 e del lotto 1, al momento gli unici che presentano una concreta possibilità di esecuzione.

Sotto questo profilo, il gabinetto del Ministro e le competenti strutture dipartimentali potranno imparti- re le necessarie linee di indirizzo e di coordinamento,

Riferimenti

Documenti correlati

CAPITOLO IV – Le principali cause di inquinamento marino e l’incidenza dei sinistri nel Mare Adriatico ... Le principali cause di inquinamento marino ... L’incidenza

La corte di cassazione ha così riaperto un processo a carico di una donna che prendendo le difese della figlia, aveva insultato una

Il Margine Operativo Lordo Adjusted 3 della filiera energia elettrica è calato sensibilmente a 182 milioni di euro da 287 milioni di euro nei primi nove mesi del

Il Margine Operativo Lordo Adjusted 3 della filiera energia elettrica è calato sensibilmente a 122 milioni di euro da 208 milioni di euro nel primo semestre 2015,

E' stata presentata dal Consigliere Sergio Vallero (Rifondazione Comunista) per capire la posizione politica della Giunta rispetto alla richiesta avanzata dal sindaco

I lavoratori con reddito fino a 28.000 € incrementeranno le loro buste paga di 100 € al mese (comprensivi del &#34;bonus 80 €&#34;) I lavoratori con reddito da 28.000 € a 35.000

Inoltre, si prescrive che il comune “si impegna, altresì, ad assicurare che la tratta Capodichino-Di Vittorio (stazione esclusa) venga realizzata in funzione dei tempi previsti per

1. La Regione Toscana è individuata quale ammini- strazione competente alla prosecuzione, in via ordinaria, dell’esercizio delle funzioni del Commissario delegato di cui all’art.