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I.P.S.S.E.O.A. A. Vespucci Roma, 8 febbraio2017 FUORI DAL BULLISMO DENTRO LE EMOZIONI. Prof.ssa Tommasa Sottile Psicologa e psicoterapeuta

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(1)

FUORI DAL BULLISMO…DENTRO LE EMOZIONI

I.P.S.S.E.O.A.

A. Vespucci

Roma, 8 febbraio2017

Prof.ssa Tommasa Sottile Psicologa e psicoterapeuta

(2)

COSA SAREBBE NECESSARIO FARE

Recuperare l’attenzione sulle manifestazioni di

disagio infantile/adolescenziale in un’ottica di

prevenzione e di promozione del benessere

personale e sociale.

(3)

GLI OBIETTIVI

• rivolgere maggiore attenzione non solo alle conseguenze del bullismo, ma anche alle numerose variabili che

aumentano la vulnerabilità del bambino (fattori di

rischio) ed alle risorse sulle quali far leva per prevenirne gli effetti negativi (fattori di protezione)

• dedicare sempre maggiori risorse alla prevenzione,

sensibilizzando e formando genitori e insegnanti ad una precoce presa in carico e ad un efficace intervento in situazioni di bullismo

• dedicare maggior spazio alla ricerca di strumenti

conoscitivi e di un confronto sulle possibili risposte ad un disagio che può manifestarsi in forme difficilmente riconoscibili.

(4)

Con il termine bullismo si definiscono le azioni aggressive o i comportamenti di manipolazione sociale tipici dei gruppi di pari, perpetrati in modo intenzionale e sistematico da uno o più persone ai danni di altre.

LA DEFINIZIONE DI BULLISMO

(5)

La prima riguarda l’intenzionalità, cioè il fatto che il bullo

mette in atto intenzionalmente dei comportamenti fisici, verbali o psicologici con lo scopo di offendere l’altro e di arrecargli

danno o disagio;

La seconda riguarda la persistenza: sebbene anche un singolo episodio possa essere considerato una forma di bullismo,

l’interazione bullo-vittima è caratterizzata dalla ripetitività di comportamenti di prepotenza protratti nel tempo;

La definizione più recente pone l‟accento su alcune caratteristiche

(6)

In terzo luogo, tale interazione è asimmetrica, fondata sul disequilibrio e sulla disuguaglianza di forza tra il bullo che agisce e la vittima che spesso non è in grado di difendersi;

 Infine, il comportamento di attacco può essere perpetrato con modalità fisiche o verbali di tipo diretto (botte, pugni, calci, offese e minacce) o con modalità di tipo psicologico e

indiretto, quali la diffamazione o l’esclusione.

(7)

A LIVELLO FISICO:

Punzecchiare, tirare i capelli, picchiare, dare calci, pugni, richiudere in una stanza, dare pizzicotti, spingere, graffiare, danneggiare le proprietà dell’altro o altre forme fisiche di attacco.

A LIVELLO VERBALE:

Linguaggio offensivo, telefonate offensive, estorsione di denaro o beni materiali, intimidazioni e minacce, prese in giro e offese per il colore della pelle, linguaggio molesto e allusivo, dicerie e bugie sul conto di qualcuno.

COMPORTAMENTI DI BULLISMO (sono ripetuti nel tempo )

(8)

A LIVELLO NON VERBALE:

Fare brutte facce o gesti rudi, manipolare o danneggiare i rapporti di amicizia, escludere sistematicamente e isolare socialmente,

inviare lettere scritte o frasi offensive.

ATTIVITÀ CRIMINALE E ANTISOCIALE:

Attacchi con armi, ferite fisiche gravi, minacce gravi con armi, furti seri, abusi sessuali.

(9)

Il bullismo è associato a forti emozioni primarie:

• collera e aggressività nel bullo

• paura, ansia, panico con angoscia di separazione nella vittima

BULLISMO E EMOZIONI

(10)

In ogni storia di bullismo non c’è mai un vincitore e nemmeno un vinto: c’è solo un

soggetto debole che se la prende con uno ancora più debole e approfitta dell’incompetenza e

dell‟analfabetismo emotivo che domina

l’ambiente in cui entrambi vivono e si muovono per affermare un potere fittizio.

NE’ VINCITORI NE’ VINTI

(11)

 I ruoli individuati sono sei: bullo, aiutante, sostenitore, difensore, esterno, vittima.

 Gli autori hanno trovato differenze significative nella

distribuzione dei ruoli, legate alle variabili del sesso: bulli, aiutanti e sostenitori sono soprattutto maschi, mentre alle

femmine si attribuiscono in prevalenza i ruoli di difensore ed esterno.

 Solo per il ruolo di vittima non ci sono differenze tra i due gruppi.

I PROTAGONISTI:

IL BULLO, LA VITTIMA, GLI SPETTATORI

(12)

Bullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare prepotenze ai compagni

Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma con una posizione, secondaria nel gruppo, di “seguace” del bullo

Sostenitore: chi agisce in modo da rinforzare il comportamento del bullo, ad es. ridendo, incitandolo o solo stando a guardare Difensore: chi prende le difese della vittima consolandola Esterno: chi non fa niente, cercando di rimanere fuori dalle situazioni di prepotenza

Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze.

(13)

• Per un bambino o un ragazzo la scelta drastica di corazzarsi contro la possibilità di provare ancora un certo dolore -per un amore non ricambiato, una perdita insopportabile o un

abbandono -è una misura estrema, un sistema di difesa di emergenza.

• Il dolore emotivo raggiunge un livello troppo alto e viene avvertito come una minaccia stessa alla sopravvivenza

PERCHE’ BULLO?

(14)

PERCHE’ BULLO?

Le due forme principali di difesa dai sentimenti di dolore sono:

1. La desensibilizzazione (una sorta di anestesia emotiva)

2. La rimozione (il dimenticare che si sia provato qualsiasi dolore nel passato)

Non appena la desensibilizzazione o la rimozione

iniziano a funzionare, il ragazzo può sinceramente

affermare di non sentirsi ferito e di non registrare

alcuna sofferenza emotiva.

(15)

LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DEL BULLO

Si distinguono tre tipologie principali di bulli:

1. Il bullo dominante

2. Il bullo gregario

3. Il bullo-vittima

(16)

È un ragazzo per lo più maschio, più forte fisicamente o psicologicamente rispetto ai compagni.

Presenta un’elevata autostima ed è caratterizzato da un atteggiamento favorevole verso la violenza.

Dal punto di vista delle credenze e della rappresentazione del problema, ritiene che l’aggressività possa essere positiva poiché aiuta a ottenere ciò che si vuole ed è sempre pronto a giustificare il proprio comportamento assumendo atteggiamenti di indifferenza e scarsa empatia verso la

vittima.

Si caratterizza per comportamenti aggressivi sia verso i compagni sia verso gli adulti.

Oltre a prendere l’iniziativa nell’aggredire la vittima è anche capace di istigare altri compagni a farlo.

1. Il bullo dominante

(17)

 È un ragazzo più ansioso del precedente, spesso con difficoltà a livello di rendimento scolastico, poco

popolare nel gruppo e insicuro.

 In genere tende a farsi trascinare nel ruolo di aiutante o sostenitore del bullo poiché questo comportamento può dargli un’identità e un’opportunità di affermazione

all’interno del gruppo.

2. Il bullo gregario

(18)

 È definito anche vittima aggressiva o provocatrice; pur subendo le prepotenze dei compagni, mostra uno stile di interazione di tipo reattivo e aggressivo

 Spesso è un bambino emotivo, irritabile e con difficoltà di

controllo delle emozioni; ha atteggiamenti provocatori ed iper- reattivi di fronte agli attacchi dei compagni

 Il suo comportamento agitato, accompagnato sovente da

difficoltà sul piano cognitivo e dell’attenzione e da modalità

provocatorie verso gli altri, innesca facilmente un circolo vizioso di elevata conflittualità

 È molto impopolare tra i compagni e proviene da contesti altamente conflittuali.

3. Il bullo-vittima

(19)

LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DELLA VITTIMA

Si distinguono due tipologie principali di vittime:

1. La vittima passiva

2. La vittima provocatrice

(20)

 È un ragazzo tendenzialmente passivo che non sembra provocare in alcun modo le prepotenze subite: è un

soggetto calmo, sensibile e contrario all’uso della violenza.

 È caratterizzato da un modello “reattivo ansioso o

sottomesso” che segnala ai bulli la sua insicurezza, la

passività e la difficoltà a reagire di fronte alle prepotenze subite

1. La vittima passiva

(21)

 È un ragazzo che con il suo comportamento irrequieto, iper-reattivo e irritante, provoca gli attacchi subiti e spesso contrattacca le azioni dell’altro.

 Questa categoria di vittime è sovrapponibile a quella dei “bulli-vittima”, oltre ad agire le

prepotenze, le subiscono.

2. La vittima provocatrice

(22)

I ragazzi disabili hanno una probabilità 2-3 volte superiore di essere vittimizzati

I ragazzi di altre etnie

I ragazzi con comportamento atipico rispetto l’identità di genere

Ragazze in età adolescenziale vittime di molestie sessuali

CATEGORIE A RISCHIO

(23)

 Le famiglie delle vittime sono molto coese, tanto da coinvolgere intensamente i figli nelle loro vita interna.

 Ciò favorisce l’instaurarsi di un legame di stretta dipendenza dalla famiglia, con conseguente difficoltà sul versante dei rapporti con i pari.

 In questi contesti risulta spesso rilevante il ruolo iperprotettivo della madre, mentre è assente o poco coinvolta la figura del padre.

 Il risultato è che questi bambini hanno difficoltà nel gestire le relazioni sociali con gli altri e non riescono ad affrontare

interazioni più complesse (Genta, 2002).

La struttura familiare della vittima

(24)

CONSEGUENZE PER LE VITTIME

A BREVE E LUNGO TERMINE

• Sintomi fisici: mal di pancia, mal di stomaco, mal di testa (soprattutto la mattina prima di andare a scuola)

• Sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia

• Problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico

• Riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche

• Svalutazione della propria identità, scarsa autostima

• Psicopatologie: Depressione, Comportamenti autodistruttivi/autolesivi

• Abbandono scolastico

• A livello personale: insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento socio-affettivo

• A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere

(25)

I SEGNALI CRITICI DELLA VITTIMA: DA PARTE DEI GENITORI

 mostra segni di ansia e sintomi fisici

 presenta una regressione a fenomeni tipici di età precedenti

 lamenta problemi nel sonno e nell’appetito

 compie strani percorsi per arrivare alla propria scuola

 torna a casa continuamente con oggetti rovinati o ferite

 perde il denaro e ne chiede in continuazione

 non partecipa mai ad alcuna situazione sociale

 presenta degli improvvisi ed ingiustificati scoppi di rabbia

 non riesce a concentrarsi sui compiti e evita di rispondere o diviene aggressivo

 compie atti per lui inconsueti

(26)

 viene di continuo schernito dai compagni

 rimane solo, soprattutto in situazioni sociali

 nessuno vuole con sé il soggetto

 non interviene mai in discussioni in classe

 peggiora il suo rendimento scolastico

 tende a rimanere vicino all’insegnante anche nei momenti di gioco o a ricreazione.

I SEGNALI CRITICI DELLA VITTIMA: DA PARTE DEI DOCENTI

(27)

CONSEGUENZE PER I BULLI

A BREVE E LUNGO TERMINE

• Basso rendimento scolastico

• Disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole

• Difficoltà relazionali

• Ripetute bocciature e abbandono scolastico

• Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di sostanze

• Violenza in famiglia e aggressività sul lavoro

(28)

Omertà appunto :

Nelle storie di bullismo mancano sempre le parole da dire.

Non ci sono le parole della “vittima” che

subisce in silenzio, si percepisce impotente e si arrende a quel facile potere che diventa

sopraffazione.

IL TEMA DELL ’OMERTA’:

L’OMERTA’ DELLA

VITTIMA

(29)

Non ci sono le parole del “bullo”, che utilizza la violenza verbale e fisica perché non sa

raccontare in altro modo la sua paura di vivere ai margini, la sua vulnerabilità che è spesso il risultato di storie di vita dall’avvio

problematico e dalle poche risorse educative ed emotive.

L’OMERTA’ DEI BULLI

(30)

• Non ci sono nemmeno le parole degli adulti, di coloro che dovrebbero presidiare il campo della crescita e

dell’educazione, osservando, promuovendo, monitorando, regolando.

• Gli adulti preferiscono non “immischiarsi” nelle storie di bullismo, considerandole sciocche questioni di poco conto, oppure necessari esercizi di sopravvivenza, per diventare un adulto “capace”.

L’OMERTA’ DEGLI ADULTI

(31)

Con il termine cyber-bullismo o bullismo

online si indicano quegli atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l'e-mail, le chat, i blog, i telefoni

cellulari, i siti web o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web che è arrivato a rappresentare circa un terzo del bullismo totale.

IL CYBER-BULLISMO

(32)

Rispetto al bullismo tradizionale nella vita reale, l'uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune

caratteristiche proprie:

Anonimato del “bullo”: in realtà, questo anonimato è

illusorio: ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce.

Indebolimento delle remore morali: la caratteristica precedente, abbinata con la possibilità di essere "un'altra

persona" online (vedi i giochi di ruolo), possono indebolire le remore morali: spesso la gente fa e dice online cose che non farebbe o direbbe nella vita reale.

Assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo

tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il cyber-bullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico

utilizzato dal cyber bullo

LE DIFFERENZE TRA CYBER-BULLISMO E BULLISMO

(33)

LA DISTANZA SOCIALE

Se da un lato il bullo si crede invisibile e quindi non accusabile e non scopribile, dall’altra parte la vittima appare al bullo non

come una persona vera e propria, bensì come un’entità semi- anonima, priva di emozioni e sentimenti.

Mancano cioè nel rapporto tra cyber bullo e cyber vittima, tutta quella serie di feedback che fanno capire al bullo che la vittima sta soffrendo. A tal riguardo gli studi di psicologia sociale hanno stabilito che la “distanza sociale” possa esser la causa di atti

violenti ed orribili. “Distanza sociale” che negli scambi

comunicativi eseguiti tramite computer viene amplificata. Infatti vengono a mancare il linguaggio del corpo, il suono della voce e tutti gli aspetti della comunicazione che sono presenti nel mondo reale e conseguentemente il bullo non capisce che il dolore, la frustrazione e l’umiliazione, generati nei confronti della vittima, sono tutti sentimenti reali.

(34)

IL BULLISMO AL FEMMINILE

Ada Fonzi sostiene che “il bullismo al femminile è diverso da quello maschile: la ragazze prediligono un‟aggressività

indiretta, non fisica, più sottile e spesso più dolorosa.

Emarginano le compagne più deboli, le calunniano, le ricattano, le isolano imprigionandole in un cordone di silenzio, le fanno sentire invisibili. Esattamente come i bulli anche le bulle soffrono di

irrequietezza, di aggressività indifferenziata e vivono in uno stato di disimpegno morale senza provare alcun senso di colpa. Con le loro vittime innescano un circolo vizioso: le colpiscono e le

feriscono credendo di essere nel giusto e spesso i loro bersagli si convincono di meritare davvero il trattamento che viene loro

riservato.”

(35)

IL BULLISMO AL FEMMINILE

Rimangono dunque, rispetto alla versione maschile, anche alcune costanti universali legate ai ruoli (una vittima e uno o più

seguaci), all’età (soprattutto adolescenti e preadolescenti) e al contesto (in genere la scuola). A cambiare sono però “armi” e strategie.

La vittima della bulla è tendenzialmente una coetanea che da

buona vittima subisce, e più subisce più rimane inchiodata al suo ruolo, incapace di reagire, di ribellarsi ed il più delle volte anche solo di raccontare. La vittima spesso perde la propria autostima e può trascinarsi anche altri disturbi, come quelli che riguardano il comportamento alimentare, la depressione o gli attacchi di

panico. In altri casi, nella ragazza oppressa scatta un processo di auto denigrazione accompagnato dalla bramosia di entrare a far parte del gruppo.

(36)
(37)

CONTRASTARE IL BULLISMO

All’interno delle scuole il bullismo riguarda tutti gli alunni, e non solo quelli coinvolti in maniera più evidente. Esso non è un

problema di singoli studenti, ma il risultato di una dinamica nella quale gli adulti educatori e gli spettatori svolgono un ruolo essenziale. Per questa ragione la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo nella scuola non si possono esaurire con l'intervento di qualche esperto esterno, ma devono attivare azioni educative espresse da tutte le componenti scolastiche e durature nel tempo

(38)

CONTRASTARE IL BULLISMO

• Rafforzare l’autostima

• Incrementare le life skills

• Promuovere l’assertività

• Educare allo sport

(39)

RAFFORZARE L’AUTOSTIMA:

UN FATTORE PROTETTIVO

• Evitare i giudizi e le generalizzazioni: si attaccano come etichette

• Non estremizzare i confronti tra i bambini/ragazzi

• Nell’esprimere una critica, indirizzatela maggiormente al comportamento che ritenete sbagliato e non alla persona

• Sforzatevi di comprendere il punto di vista del bambino/ragazzo

Una buona autostima è un fattore protettivo rispetto alla possibilità di diventare una vittima: bambini che valutano negativamente se stessi e le proprie capacità costituiscono i bersagli privilegiati dei bulli.

• Apprezzare i bambini per quello che sono: con messaggi verbali (es. “sei proprio un bravo bambino”); o con messaggi non verbali (es. sedendosi accanto a lui, sorridendogli e guardandolo negli occhi)

• Apprezzarli per ciò che fanno, gratificandoli ogni qual volta raggiungono degli obiettivi

(40)

Promuovere la salute dei giovanissimi e dei giovani mediante lo sviluppo delle life skills (abilità di vita) Promuovendo l’agio e rafforzando i fattori protettivi individuali, i ragazzi svilupperanno:

maggiore resistenza all’influenza negativa dei pari o dei modelli che provengono dalla società

maggiore consapevolezza di sé

maggiore tendenza all’autoprotezione

PROMUOVERE LE LIFE SKILLS

(41)

Da diversi anni l’OMS (1994) incoraggia l’adozione di modelli di promozione della salute basati sulle Life Skills, intese come competenze/abilità per affrontare i diversi problemi

quotidiani che si presentano sul piano personale, relazionale e sociale.

Le Life Skills sono le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni

Le Life Skills, possono essere insegnate ai giovani come abilità che si acquisiscono attraverso l‟apprendimento e

l‟allenamento

COSA SONO LE LIFE SKILLS

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LE 5 CATEGORIE DI LIFE SKILLS

Capacità decisionali

e problem solving

Pensiero creativo e

critico

Competenze comunicative e

relazionali

Consapevolezza di sé e empatia

Capacità di gestire emozioni le

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IL RUOLO DELLA COMUNITA’ SCOLASTICA

La comunità scolastica svolge un ruolo importante nello sviluppo delle life skills per più ragioni:

La presenza del gruppo dei pari che mobilita emozioni, favorisce lo sviluppo di competenze cognitive, emozionali e relazionali, favorendo un confronto simmetrico e il sostegno

L‟insegnante: un adulto che può favorire la crescita non solo cognitiva e promuove l’autonomia e il confronto con gli altri

La possibilità di sperimentarsi giornalmente e monitorare il livello di cambiamento

Un contesto che può favorire la prevenzione di eventi negativi, sollecitando le risorse del soggetto e sviluppando le sue competenze

(44)

INSEGNARE LE LIFE SKILLS

I programmi/progetti basati sulle „life skills‟ sono interattivi e basati sull‟esperienza concreta

Non insegnamento passivo e didattico, ma apprendimento attivo che coinvolge insegnanti e allievi in un processo dinamico

L’apprendimento attivo si basa principalmente sul lavoro di gruppo, in cui si condividono esperienze, opinioni, conoscenze e ci si fornisce una reciproca rassicurazione. Si promuove in tal modo la cooperazione, l‟ascolto e la comunicazione, la gestione dei propri sentimenti, la tolleranza e la comprensione nei confronti degli altri, incoraggia l‟innovazione e la creatività, aiuta a riconoscersi nelle proprie capacità e risorse

Il ruolo del «conduttore» è di facilitare l’apprendimento interattivo.

(45)

I VANTAGGI DELL’INSEGNAMENTO DELLE LIFE SKILLS A SCUOLA

Le ricerche dimostrano che i percorsi di apprendimento delle life skills a scuola permettono di:

Incrementare la qualità della relazione allievo insegnante

Limitare in classe i comportamenti conflittuali tra allievi

Incrementare le performance disciplinari

Maggiore frequenza e motivazione

Minori situazioni di bullismo

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LA PEER EDUCATION PER LA PREVENZIONE DEL BULLISMO

Un approccio innovativo che mette in crisi il ruolo tradizionale dell’esperto e valorizza le modalità di apprendimento

partecipative, interattive e spontanee tra pari.

La peculiarità della peer education è di essere “un‟esperienza di giovani tra i giovani”: il fatto importante è che non c’è una

relazione di potere come quella che c’è tra docente e studente, tra animatore e giovane.

“Condividere informazioni, atteggiamenti o comportamenti attraverso ragazzi che non hanno qualifiche professionali di

educatori ma il cui obiettivo è educare”. (Finn, P.,1981, Teaching Students to be lifelong peer educators, Health Education)

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OBIETTIVI

• favorire la partecipazione attiva dei giovani nelle azioni di prevenzione sul tema del progetto.

• formare i peer sui rischi connessi all’attuazione di

comportamenti rischiosi e favorire lo sviluppo delle abilità personali

• progettare e realizzare iniziative tra pari

• promuovere la partecipazione degli studenti nell’ambito scolastico e non

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RISULTATI ATTESI

• informare e formare gruppi di ragazzi affinché diventino peer educator

• ideare e produrre messaggi di promozione della salute

• promuovere interventi tra pari

• individuare le sinergie tra le figure coinvolte: ragazzi, insegnanti, direzione scolastica, personale non docente, operatori sanitari, etc.

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PROMUOVERE L’ASSERTIVITA’

Educare all’assertività significa far acquisire uno stile comunicativo adeguato ed efficace che

consente di relazionarsi agli altri in maniera positiva.

Per “assertività” s’intende la capacità di affermare la propria posizione, idea difendendola senza

aggressività e rispettando al contempo la

posizione altrui che può risultare anche diversa.

Affermare se stessi senza prevaricare gli altri

(50)

PROMUOVERE L’ASSERTIVITA’

Potenziare uno stile comunicativo assertivo significa aiutare a:

Riconoscere le proprie emozioni, sentimenti…

Essere in grado di saper esprimere liberamente la propria posizione in maniera chiara;

Avere senso di responsabilità delle proprie azioni, e delle loro conseguenze;

Mettersi nei panni degli altri cercando di capire i diversi punti di vista;

Essere disponibili verso gli altri

Saper ascoltare in maniera attenta e ricettiva.

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I TRE STILI DI COMUNICAZIONE

Aggressivo Assertivo Passivo

(52)

L’ASSERTIVITA’

L’assertività viene descritta da vari autori lungo un continuum

comportamentale che va dalla “passività” all’“aggressività”, estremi indicati come negativi e disfunzionali, che rappresentano l’assenza di assertività.

Nell’area intermedia viene individuata l’assertività quale comportamento sociale funzionale ed efficace . La differenza basilare sta nel fatto che l’assertività è fondata sul rispetto e sull’autoresponsabilità, mentre nella non-assertività questi due fattori sono assenti.

Il soggetto con un comportamento assertivo è colui che è capace di avere un atteggiamento positivo verso se stesso e verso gli altri e di riconoscere, rispettare ed esprimere i propri bisogni nel rispetto di quelli altrui.

Comportarsi in modo assertivo vuol dire bilanciare i bisogni degli altri coi propri.

(53)

AGGRESSIVO

Quando si antepongono i propri bisogni a quelli

altrui

PASSIVO

Quando si

antepongono i bisogni degli altri ai propri

STILI DI COMPORTAMENTO

ASSERTIVO

Quando si equilibrano i propri e gli altrui bisogni e si agisce

secondo le priorità che emergono.

(54)

EMOZIONI E MOVIMENTO

Ogni emozione si esprime con un movimento

L’inibizione del movimento associato all’emozione si

“scarica” sul corpo e impone un prezzo in salute fisica ed emotiva

La mancanza di movimento fisico impedisce lo scarico

naturale, motorio, delle emozioni di rabbia, collera, ansia e paura e le traduce in patologie comportamentali.

Educare al movimento e allo sport fin da bambini è una

scelta di salute fisica e psichica e un investimento sul futuro (Alessandra Graziottin)

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LO SPORT PREVIENE

Vantaggi formativi perché educa:

• all’autonomia e alla responsabilità

• alla disciplina

• al rispetto delle regole e degli altri

• a stili di vita più sani e al rispetto degli orari

• alla concentrazione e al principio di autorità

• al piacere di sentirsi vivi in modo sano

(56)

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