FUORI DAL BULLISMO…DENTRO LE EMOZIONI
I.P.S.S.E.O.A.
“
A. Vespucci”
Roma, 8 febbraio2017
Prof.ssa Tommasa Sottile Psicologa e psicoterapeuta
COSA SAREBBE NECESSARIO FARE
Recuperare l’attenzione sulle manifestazioni di
disagio infantile/adolescenziale in un’ottica di
prevenzione e di promozione del benessere
personale e sociale.
GLI OBIETTIVI
• rivolgere maggiore attenzione non solo alle conseguenze del bullismo, ma anche alle numerose variabili che
aumentano la vulnerabilità del bambino (fattori di
rischio) ed alle risorse sulle quali far leva per prevenirne gli effetti negativi (fattori di protezione)
• dedicare sempre maggiori risorse alla prevenzione,
sensibilizzando e formando genitori e insegnanti ad una precoce presa in carico e ad un efficace intervento in situazioni di bullismo
• dedicare maggior spazio alla ricerca di strumenti
conoscitivi e di un confronto sulle possibili risposte ad un disagio che può manifestarsi in forme difficilmente riconoscibili.
Con il termine bullismo si definiscono le azioni aggressive o i comportamenti di manipolazione sociale tipici dei gruppi di pari, perpetrati in modo intenzionale e sistematico da uno o più persone ai danni di altre.
LA DEFINIZIONE DI BULLISMO
La prima riguarda l’intenzionalità, cioè il fatto che il bullo
mette in atto intenzionalmente dei comportamenti fisici, verbali o psicologici con lo scopo di offendere l’altro e di arrecargli
danno o disagio;
La seconda riguarda la persistenza: sebbene anche un singolo episodio possa essere considerato una forma di bullismo,
l’interazione bullo-vittima è caratterizzata dalla ripetitività di comportamenti di prepotenza protratti nel tempo;
La definizione più recente pone l‟accento su alcune caratteristiche
In terzo luogo, tale interazione è asimmetrica, fondata sul disequilibrio e sulla disuguaglianza di forza tra il bullo che agisce e la vittima che spesso non è in grado di difendersi;
Infine, il comportamento di attacco può essere perpetrato con modalità fisiche o verbali di tipo diretto (botte, pugni, calci, offese e minacce) o con modalità di tipo psicologico e
indiretto, quali la diffamazione o l’esclusione.
A LIVELLO FISICO:
Punzecchiare, tirare i capelli, picchiare, dare calci, pugni, richiudere in una stanza, dare pizzicotti, spingere, graffiare, danneggiare le proprietà dell’altro o altre forme fisiche di attacco.
A LIVELLO VERBALE:
Linguaggio offensivo, telefonate offensive, estorsione di denaro o beni materiali, intimidazioni e minacce, prese in giro e offese per il colore della pelle, linguaggio molesto e allusivo, dicerie e bugie sul conto di qualcuno.
COMPORTAMENTI DI BULLISMO (sono ripetuti nel tempo )
A LIVELLO NON VERBALE:
Fare brutte facce o gesti rudi, manipolare o danneggiare i rapporti di amicizia, escludere sistematicamente e isolare socialmente,
inviare lettere scritte o frasi offensive.
ATTIVITÀ CRIMINALE E ANTISOCIALE:
Attacchi con armi, ferite fisiche gravi, minacce gravi con armi, furti seri, abusi sessuali.
Il bullismo è associato a forti emozioni primarie:
• collera e aggressività nel bullo
• paura, ansia, panico con angoscia di separazione nella vittima
BULLISMO E EMOZIONI
In ogni storia di bullismo non c’è mai un vincitore e nemmeno un vinto: c’è solo un
soggetto debole che se la prende con uno ancora più debole e approfitta dell’incompetenza e
dell‟analfabetismo emotivo che domina
l’ambiente in cui entrambi vivono e si muovono per affermare un potere fittizio.
NE’ VINCITORI NE’ VINTI
I ruoli individuati sono sei: bullo, aiutante, sostenitore, difensore, esterno, vittima.
Gli autori hanno trovato differenze significative nella
distribuzione dei ruoli, legate alle variabili del sesso: bulli, aiutanti e sostenitori sono soprattutto maschi, mentre alle
femmine si attribuiscono in prevalenza i ruoli di difensore ed esterno.
Solo per il ruolo di vittima non ci sono differenze tra i due gruppi.
I PROTAGONISTI:
IL BULLO, LA VITTIMA, GLI SPETTATORIBullo: chi prende attivamente l’iniziativa nel fare prepotenze ai compagni
Aiutante: chi agisce in modo prepotente ma con una posizione, secondaria nel gruppo, di “seguace” del bullo
Sostenitore: chi agisce in modo da rinforzare il comportamento del bullo, ad es. ridendo, incitandolo o solo stando a guardare Difensore: chi prende le difese della vittima consolandola Esterno: chi non fa niente, cercando di rimanere fuori dalle situazioni di prepotenza
Vittima: chi subisce più spesso le prepotenze.
• Per un bambino o un ragazzo la scelta drastica di corazzarsi contro la possibilità di provare ancora un certo dolore -per un amore non ricambiato, una perdita insopportabile o un
abbandono -è una misura estrema, un sistema di difesa di emergenza.
• Il dolore emotivo raggiunge un livello troppo alto e viene avvertito come una minaccia stessa alla sopravvivenza
PERCHE’ BULLO?
PERCHE’ BULLO?
Le due forme principali di difesa dai sentimenti di dolore sono:
1. La desensibilizzazione (una sorta di anestesia emotiva)
2. La rimozione (il dimenticare che si sia provato qualsiasi dolore nel passato)
Non appena la desensibilizzazione o la rimozione
iniziano a funzionare, il ragazzo può sinceramente
affermare di non sentirsi ferito e di non registrare
alcuna sofferenza emotiva.
LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DEL BULLO
Si distinguono tre tipologie principali di bulli:
1. Il bullo dominante
2. Il bullo gregario
3. Il bullo-vittima
È un ragazzo per lo più maschio, più forte fisicamente o psicologicamente rispetto ai compagni.
Presenta un’elevata autostima ed è caratterizzato da un atteggiamento favorevole verso la violenza.
Dal punto di vista delle credenze e della rappresentazione del problema, ritiene che l’aggressività possa essere positiva poiché aiuta a ottenere ciò che si vuole ed è sempre pronto a giustificare il proprio comportamento assumendo atteggiamenti di indifferenza e scarsa empatia verso la
vittima.
Si caratterizza per comportamenti aggressivi sia verso i compagni sia verso gli adulti.
Oltre a prendere l’iniziativa nell’aggredire la vittima è anche capace di istigare altri compagni a farlo.
1. Il bullo dominante
È un ragazzo più ansioso del precedente, spesso con difficoltà a livello di rendimento scolastico, poco
popolare nel gruppo e insicuro.
In genere tende a farsi trascinare nel ruolo di aiutante o sostenitore del bullo poiché questo comportamento può dargli un’identità e un’opportunità di affermazione
all’interno del gruppo.
2. Il bullo gregario
È definito anche vittima aggressiva o provocatrice; pur subendo le prepotenze dei compagni, mostra uno stile di interazione di tipo reattivo e aggressivo
Spesso è un bambino emotivo, irritabile e con difficoltà di
controllo delle emozioni; ha atteggiamenti provocatori ed iper- reattivi di fronte agli attacchi dei compagni
Il suo comportamento agitato, accompagnato sovente da
difficoltà sul piano cognitivo e dell’attenzione e da modalità
provocatorie verso gli altri, innesca facilmente un circolo vizioso di elevata conflittualità
È molto impopolare tra i compagni e proviene da contesti altamente conflittuali.
3. Il bullo-vittima
LE CARATTERISTICHE PSICOLOGICHE DELLA VITTIMA
Si distinguono due tipologie principali di vittime:
1. La vittima passiva
2. La vittima provocatrice
È un ragazzo tendenzialmente passivo che non sembra provocare in alcun modo le prepotenze subite: è un
soggetto calmo, sensibile e contrario all’uso della violenza.
È caratterizzato da un modello “reattivo ansioso o
sottomesso” che segnala ai bulli la sua insicurezza, la
passività e la difficoltà a reagire di fronte alle prepotenze subite
1. La vittima passiva
È un ragazzo che con il suo comportamento irrequieto, iper-reattivo e irritante, provoca gli attacchi subiti e spesso contrattacca le azioni dell’altro.
Questa categoria di vittime è sovrapponibile a quella dei “bulli-vittima”, oltre ad agire le
prepotenze, le subiscono.
2. La vittima provocatrice
I ragazzi disabili hanno una probabilità 2-3 volte superiore di essere vittimizzati
I ragazzi di altre etnie
I ragazzi con comportamento atipico rispetto l’identità di genere
Ragazze in età adolescenziale vittime di molestie sessuali
CATEGORIE A RISCHIO
Le famiglie delle vittime sono molto coese, tanto da coinvolgere intensamente i figli nelle loro vita interna.
Ciò favorisce l’instaurarsi di un legame di stretta dipendenza dalla famiglia, con conseguente difficoltà sul versante dei rapporti con i pari.
In questi contesti risulta spesso rilevante il ruolo iperprotettivo della madre, mentre è assente o poco coinvolta la figura del padre.
Il risultato è che questi bambini hanno difficoltà nel gestire le relazioni sociali con gli altri e non riescono ad affrontare
interazioni più complesse (Genta, 2002).
La struttura familiare della vittima
CONSEGUENZE PER LE VITTIME
A BREVE E LUNGO TERMINE
• Sintomi fisici: mal di pancia, mal di stomaco, mal di testa (soprattutto la mattina prima di andare a scuola)
• Sintomi psicologici: disturbi del sonno, incubi, attacchi d’ansia
• Problemi di concentrazione e di apprendimento, calo del rendimento scolastico
• Riluttanza nell’andare a scuola, disinvestimento nelle attività scolastiche
• Svalutazione della propria identità, scarsa autostima
• Psicopatologie: Depressione, Comportamenti autodistruttivi/autolesivi
• Abbandono scolastico
• A livello personale: insicurezza, ansia, bassa autostima, problemi nell’adattamento socio-affettivo
• A livello sociale: ritiro, solitudine, relazioni povere
I SEGNALI CRITICI DELLA VITTIMA: DA PARTE DEI GENITORI
mostra segni di ansia e sintomi fisici
presenta una regressione a fenomeni tipici di età precedenti
lamenta problemi nel sonno e nell’appetito
compie strani percorsi per arrivare alla propria scuola
torna a casa continuamente con oggetti rovinati o ferite
perde il denaro e ne chiede in continuazione
non partecipa mai ad alcuna situazione sociale
presenta degli improvvisi ed ingiustificati scoppi di rabbia
non riesce a concentrarsi sui compiti e evita di rispondere o diviene aggressivo
compie atti per lui inconsueti
viene di continuo schernito dai compagni
rimane solo, soprattutto in situazioni sociali
nessuno vuole con sé il soggetto
non interviene mai in discussioni in classe
peggiora il suo rendimento scolastico
tende a rimanere vicino all’insegnante anche nei momenti di gioco o a ricreazione.
I SEGNALI CRITICI DELLA VITTIMA: DA PARTE DEI DOCENTI
CONSEGUENZE PER I BULLI
A BREVE E LUNGO TERMINE
• Basso rendimento scolastico
• Disturbi della condotta per incapacità di rispettare le regole
• Difficoltà relazionali
• Ripetute bocciature e abbandono scolastico
• Comportamenti devianti e antisociali: crimini, furti, atti di vandalismo, abuso di sostanze
• Violenza in famiglia e aggressività sul lavoro
Omertà appunto :
Nelle storie di bullismo mancano sempre le parole da dire.
Non ci sono le parole della “vittima” che
subisce in silenzio, si percepisce impotente e si arrende a quel facile potere che diventa
sopraffazione.
IL TEMA DELL ’OMERTA’:
L’OMERTA’ DELLAVITTIMA
Non ci sono le parole del “bullo”, che utilizza la violenza verbale e fisica perché non sa
raccontare in altro modo la sua paura di vivere ai margini, la sua vulnerabilità che è spesso il risultato di storie di vita dall’avvio
problematico e dalle poche risorse educative ed emotive.
L’OMERTA’ DEI BULLI
• Non ci sono nemmeno le parole degli adulti, di coloro che dovrebbero presidiare il campo della crescita e
dell’educazione, osservando, promuovendo, monitorando, regolando.
• Gli adulti preferiscono non “immischiarsi” nelle storie di bullismo, considerandole sciocche questioni di poco conto, oppure necessari esercizi di sopravvivenza, per diventare un adulto “capace”.
L’OMERTA’ DEGLI ADULTI
Con il termine cyber-bullismo o bullismo
online si indicano quegli atti di bullismo e di molestia effettuati tramite mezzi elettronici come l'e-mail, le chat, i blog, i telefoni
cellulari, i siti web o qualsiasi altra forma di comunicazione riconducibile al web che è arrivato a rappresentare circa un terzo del bullismo totale.
IL CYBER-BULLISMO
Rispetto al bullismo tradizionale nella vita reale, l'uso dei mezzi elettronici conferisce al cyberbullismo alcune
caratteristiche proprie:
Anonimato del “bullo”: in realtà, questo anonimato è
illusorio: ogni comunicazione elettronica lascia delle tracce.
Indebolimento delle remore morali: la caratteristica precedente, abbinata con la possibilità di essere "un'altra
persona" online (vedi i giochi di ruolo), possono indebolire le remore morali: spesso la gente fa e dice online cose che non farebbe o direbbe nella vita reale.
Assenza di limiti spaziotemporali: mentre il bullismo
tradizionale avviene di solito in luoghi e momenti specifici (ad esempio in contesto scolastico), il cyber-bullismo investe la vittima ogni volta che si collega al mezzo elettronico
utilizzato dal cyber bullo
LE DIFFERENZE TRA CYBER-BULLISMO E BULLISMO
LA DISTANZA SOCIALE
Se da un lato il bullo si crede invisibile e quindi non accusabile e non scopribile, dall’altra parte la vittima appare al bullo non
come una persona vera e propria, bensì come un’entità semi- anonima, priva di emozioni e sentimenti.
Mancano cioè nel rapporto tra cyber bullo e cyber vittima, tutta quella serie di feedback che fanno capire al bullo che la vittima sta soffrendo. A tal riguardo gli studi di psicologia sociale hanno stabilito che la “distanza sociale” possa esser la causa di atti
violenti ed orribili. “Distanza sociale” che negli scambi
comunicativi eseguiti tramite computer viene amplificata. Infatti vengono a mancare il linguaggio del corpo, il suono della voce e tutti gli aspetti della comunicazione che sono presenti nel mondo reale e conseguentemente il bullo non capisce che il dolore, la frustrazione e l’umiliazione, generati nei confronti della vittima, sono tutti sentimenti reali.
IL BULLISMO AL FEMMINILE
Ada Fonzi sostiene che “il bullismo al femminile è diverso da quello maschile: la ragazze prediligono un‟aggressività
indiretta, non fisica, più sottile e spesso più dolorosa.
Emarginano le compagne più deboli, le calunniano, le ricattano, le isolano imprigionandole in un cordone di silenzio, le fanno sentire invisibili. Esattamente come i bulli anche le bulle soffrono di
irrequietezza, di aggressività indifferenziata e vivono in uno stato di disimpegno morale senza provare alcun senso di colpa. Con le loro vittime innescano un circolo vizioso: le colpiscono e le
feriscono credendo di essere nel giusto e spesso i loro bersagli si convincono di meritare davvero il trattamento che viene loro
riservato.”
IL BULLISMO AL FEMMINILE
Rimangono dunque, rispetto alla versione maschile, anche alcune costanti universali legate ai ruoli (una vittima e uno o più
seguaci), all’età (soprattutto adolescenti e preadolescenti) e al contesto (in genere la scuola). A cambiare sono però “armi” e strategie.
La vittima della bulla è tendenzialmente una coetanea che da
buona vittima subisce, e più subisce più rimane inchiodata al suo ruolo, incapace di reagire, di ribellarsi ed il più delle volte anche solo di raccontare. La vittima spesso perde la propria autostima e può trascinarsi anche altri disturbi, come quelli che riguardano il comportamento alimentare, la depressione o gli attacchi di
panico. In altri casi, nella ragazza oppressa scatta un processo di auto denigrazione accompagnato dalla bramosia di entrare a far parte del gruppo.
CONTRASTARE IL BULLISMO
All’interno delle scuole il bullismo riguarda tutti gli alunni, e non solo quelli coinvolti in maniera più evidente. Esso non è un
problema di singoli studenti, ma il risultato di una dinamica nella quale gli adulti educatori e gli spettatori svolgono un ruolo essenziale. Per questa ragione la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo nella scuola non si possono esaurire con l'intervento di qualche esperto esterno, ma devono attivare azioni educative espresse da tutte le componenti scolastiche e durature nel tempo
CONTRASTARE IL BULLISMO
• Rafforzare l’autostima
• Incrementare le life skills
• Promuovere l’assertività
• Educare allo sport
RAFFORZARE L’AUTOSTIMA:
UN FATTORE PROTETTIVO• Evitare i giudizi e le generalizzazioni: si attaccano come etichette
• Non estremizzare i confronti tra i bambini/ragazzi
• Nell’esprimere una critica, indirizzatela maggiormente al comportamento che ritenete sbagliato e non alla persona
• Sforzatevi di comprendere il punto di vista del bambino/ragazzo
Una buona autostima è un fattore protettivo rispetto alla possibilità di diventare una vittima: bambini che valutano negativamente se stessi e le proprie capacità costituiscono i bersagli privilegiati dei bulli.
• Apprezzare i bambini per quello che sono: con messaggi verbali (es. “sei proprio un bravo bambino”); o con messaggi non verbali (es. sedendosi accanto a lui, sorridendogli e guardandolo negli occhi)
• Apprezzarli per ciò che fanno, gratificandoli ogni qual volta raggiungono degli obiettivi
Promuovere la salute dei giovanissimi e dei giovani mediante lo sviluppo delle life skills (abilità di vita) Promuovendo l’agio e rafforzando i fattori protettivi individuali, i ragazzi svilupperanno:
maggiore resistenza all’influenza negativa dei pari o dei modelli che provengono dalla società
maggiore consapevolezza di sé
maggiore tendenza all’autoprotezione
PROMUOVERE LE LIFE SKILLS
Da diversi anni l’OMS (1994) incoraggia l’adozione di modelli di promozione della salute basati sulle Life Skills, intese come competenze/abilità per affrontare i diversi problemi
quotidiani che si presentano sul piano personale, relazionale e sociale.
Le Life Skills sono le competenze che portano a comportamenti positivi e di adattamento che rendono l’individuo capace di far fronte efficacemente alle richieste e alle sfide della vita di tutti i giorni
Le Life Skills, possono essere insegnate ai giovani come abilità che si acquisiscono attraverso l‟apprendimento e
l‟allenamento
COSA SONO LE LIFE SKILLS
LE 5 CATEGORIE DI LIFE SKILLS
Capacità decisionali
e problem solving
Pensiero creativo e
critico
Competenze comunicative e
relazionali
Consapevolezza di sé e empatia
Capacità di gestire emozioni le
IL RUOLO DELLA COMUNITA’ SCOLASTICA
La comunità scolastica svolge un ruolo importante nello sviluppo delle life skills per più ragioni:
La presenza del gruppo dei pari che mobilita emozioni, favorisce lo sviluppo di competenze cognitive, emozionali e relazionali, favorendo un confronto simmetrico e il sostegno
L‟insegnante: un adulto che può favorire la crescita non solo cognitiva e promuove l’autonomia e il confronto con gli altri
La possibilità di sperimentarsi giornalmente e monitorare il livello di cambiamento
Un contesto che può favorire la prevenzione di eventi negativi, sollecitando le risorse del soggetto e sviluppando le sue competenze
INSEGNARE LE LIFE SKILLS
I programmi/progetti basati sulle „life skills‟ sono interattivi e basati sull‟esperienza concreta
Non insegnamento passivo e didattico, ma apprendimento attivo che coinvolge insegnanti e allievi in un processo dinamico
L’apprendimento attivo si basa principalmente sul lavoro di gruppo, in cui si condividono esperienze, opinioni, conoscenze e ci si fornisce una reciproca rassicurazione. Si promuove in tal modo la cooperazione, l‟ascolto e la comunicazione, la gestione dei propri sentimenti, la tolleranza e la comprensione nei confronti degli altri, incoraggia l‟innovazione e la creatività, aiuta a riconoscersi nelle proprie capacità e risorse
Il ruolo del «conduttore» è di facilitare l’apprendimento interattivo.
I VANTAGGI DELL’INSEGNAMENTO DELLE LIFE SKILLS A SCUOLA
Le ricerche dimostrano che i percorsi di apprendimento delle life skills a scuola permettono di:
Incrementare la qualità della relazione allievo insegnante
Limitare in classe i comportamenti conflittuali tra allievi
Incrementare le performance disciplinari
Maggiore frequenza e motivazione
Minori situazioni di bullismo
LA PEER EDUCATION PER LA PREVENZIONE DEL BULLISMO
Un approccio innovativo che mette in crisi il ruolo tradizionale dell’esperto e valorizza le modalità di apprendimento
partecipative, interattive e spontanee tra pari.
La peculiarità della peer education è di essere “un‟esperienza di giovani tra i giovani”: il fatto importante è che non c’è una
relazione di potere come quella che c’è tra docente e studente, tra animatore e giovane.
“Condividere informazioni, atteggiamenti o comportamenti attraverso ragazzi che non hanno qualifiche professionali di
educatori ma il cui obiettivo è educare”. (Finn, P.,1981, Teaching Students to be lifelong peer educators, Health Education)
OBIETTIVI
• favorire la partecipazione attiva dei giovani nelle azioni di prevenzione sul tema del progetto.
• formare i peer sui rischi connessi all’attuazione di
comportamenti rischiosi e favorire lo sviluppo delle abilità personali
• progettare e realizzare iniziative tra pari
• promuovere la partecipazione degli studenti nell’ambito scolastico e non
RISULTATI ATTESI
• informare e formare gruppi di ragazzi affinché diventino peer educator
• ideare e produrre messaggi di promozione della salute
• promuovere interventi tra pari
• individuare le sinergie tra le figure coinvolte: ragazzi, insegnanti, direzione scolastica, personale non docente, operatori sanitari, etc.
PROMUOVERE L’ASSERTIVITA’
Educare all’assertività significa far acquisire uno stile comunicativo adeguato ed efficace che
consente di relazionarsi agli altri in maniera positiva.
Per “assertività” s’intende la capacità di affermare la propria posizione, idea difendendola senza
aggressività e rispettando al contempo la
posizione altrui che può risultare anche diversa.
Affermare se stessi senza prevaricare gli altri
PROMUOVERE L’ASSERTIVITA’
Potenziare uno stile comunicativo assertivo significa aiutare a:
Riconoscere le proprie emozioni, sentimenti…
Essere in grado di saper esprimere liberamente la propria posizione in maniera chiara;
Avere senso di responsabilità delle proprie azioni, e delle loro conseguenze;
Mettersi nei panni degli altri cercando di capire i diversi punti di vista;
Essere disponibili verso gli altri
Saper ascoltare in maniera attenta e ricettiva.
I TRE STILI DI COMUNICAZIONE
Aggressivo Assertivo Passivo
L’ASSERTIVITA’
L’assertività viene descritta da vari autori lungo un continuum
comportamentale che va dalla “passività” all’“aggressività”, estremi indicati come negativi e disfunzionali, che rappresentano l’assenza di assertività.
Nell’area intermedia viene individuata l’assertività quale comportamento sociale funzionale ed efficace . La differenza basilare sta nel fatto che l’assertività è fondata sul rispetto e sull’autoresponsabilità, mentre nella non-assertività questi due fattori sono assenti.
Il soggetto con un comportamento assertivo è colui che è capace di avere un atteggiamento positivo verso se stesso e verso gli altri e di riconoscere, rispettare ed esprimere i propri bisogni nel rispetto di quelli altrui.
Comportarsi in modo assertivo vuol dire bilanciare i bisogni degli altri coi propri.
AGGRESSIVO
Quando si antepongono i propri bisogni a quelli
altrui
PASSIVO
Quando si
antepongono i bisogni degli altri ai propri
STILI DI COMPORTAMENTO
ASSERTIVO
Quando si equilibrano i propri e gli altrui bisogni e si agisce
secondo le priorità che emergono.
EMOZIONI E MOVIMENTO
Ogni emozione si esprime con un movimento
L’inibizione del movimento associato all’emozione si
“scarica” sul corpo e impone un prezzo in salute fisica ed emotiva
La mancanza di movimento fisico impedisce lo scarico
naturale, motorio, delle emozioni di rabbia, collera, ansia e paura e le traduce in patologie comportamentali.
Educare al movimento e allo sport fin da bambini è una
scelta di salute fisica e psichica e un investimento sul futuro (Alessandra Graziottin)