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ADATTAMENTO POST GENETICO - ADATTAMENTO FISIOLOGICO e ADATTAMENTO FENOTIPICO (generalità)

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ADATTAMENTO POST GENETICO -

ADATTAMENTO FISIOLOGICO e ADATTAMENTO FENOTIPICO (generalità)

L’adattamento fisiologico e l’adattamento fenotipico sono adattamenti biologici di tipo post genetico, che consistono in una o più risposte immediate, che cessano non appena finisce lo stressor estemporaneo, oppure in una o più risposte a lungo termine (acclimatazione), che si verificano quando lo stressor persiste. In generale, l’acclimatazione si raggiunge attraverso molteplici meccanismi funzionali o mediante risposte “a più facce”: la risposta adattativa fisiologica, perciò, può essere analizzata a diversi livelli di complessità e di organizzazione (a livello molecolare, cellulare, degli organi e dei sistemi fino ad arrivare a livello dell’organismo nella sua globalità) e di capacità, con intensità e durata differenti in relazione all’intensità e alla durata degli stressor. Il livello di acclimatazione che il soggetto (cioè l’individuo) raggiunge in risposta a una condizione ambientale stressante (altitudine elevata, alto tasso di umidità, alte o basse temperature, carenze o eccessi alimentari, ecc.) può essere definito la sua “idoneità fisiologica”, che non ha riflessi sulla sua idoneità riproduttiva. Essa, infatti, riguarda gli “aggiustamenti” del fenotipo: se questi insorgono nell’individuo durante il suo ciclo di sviluppo diventano irreversibili, ma comunque non trasmissibili.

L’adattamento post genetico, così come gli altri adattamenti biologici e non biologici, concorre ad assicurare il corretto funzionamento dell’organismo e a mantenere i processi che ne garantiscono la sua omeostasi, condizione per cui le variabili dell’ambiente interno del corpo sono mantenute a livelli relativamente stabili, volti a consentire lo stato di “buona salute” dell’organismo. Se l’insieme dei meccanismi biologici e culturali non è in grado di mantenere l’omeostasi, si raggiunge uno stato critico che può, addirittura, portare alla morte dell’organismo.

A volte l’adattamento post genetico richiede un tempo piuttosto lungo per diventare operativo perché coinvolge un cambiamento nel funzionamento dell’organismo. Esso si verifica a seguito di uno stimolo esterno di una certa durata nel tempo. Di norma questo tipo di adattamento è reversibile e scompare nel momento in cui l’evento che ha provocato il cambiamento cessa di esistere. Se questi aggiustamenti fisiologici si hanno a seguito di stressor eccessivi e costanti possono diventare anche irreversibili specie se si verificano durante la crescita e lo sviluppo dell’individuo (aggiustamenti dello sviluppo), periodo durante il quale gli organismi sono capaci di plasmarsi alle condizioni ambientali prevalenti (plasticità genetica). Questo tipo di aggiustamenti ha scarsa rilevanza per gli adattamenti a breve termine, che, comunque, mostrano una maggiore flessibilità rispetto agli adattamenti genetici. Lo sviluppo flessibile di una popolazione umana fornisce meccanismi più rapidi per migliorare le probabilità di sopravvivenza e potenziare la riproduzione molto più dei cambiamenti genetici che si accumulano nel corso di parecchie generazioni. Se, invece, le risposte fisiologiche facilitano gli aggiustamenti degli individui dopo il periodo dello sviluppo e sono reversibili si parla di aggiustamenti di acclimatazione.

La dinamica del sistema omeostatico viene tradizionalmente descritta e spiegata attingendo al modo di funzionare di un modello fisico, quello della “molla”. In questa rappresentazione, i meccanismi di mantenimento dell’omeostasi vengono espressi da due molle collegate a un indicatore che segnala la condizione di neutralità. Le due molle non sono sotto tensione: di

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2 conseguenza l’indicatore si colloca sul punto 0 segnalando che il sistema si trova in condizione di equilibrio energetico. L’effetto di un impulso, che spinge l’indicatore fuori dal punto di neutralità, crea nel sistema una sollecitazione che si esprime in una tensione a livello delle molle, cioè del meccanismo omeostatico, che tende a riportare l’indicatore al punto di neutralità. Naturalmente, se la sollecitazione supera i limiti di flessibilità di una delle due molle (capacità adattativa), questa si spezza e il sistema cessa di funzionare. Nell’ambito di questa analogia, si dovrà intendere per adattamento “qualsiasi cambiamento capace di ridurre la sollecitazione o di migliorare la tolleranza del sistema alla tensione (capacità adattativa)”.

L’informazione che il sistema nervoso riceve dall’ambiente esterno ha origine o direttamente (attraverso le vie della sensibilità generale) o indirettamente (attraverso variazioni dell’ambiente interno indotte da fattori meccanici, biochimici e umorali, dipendenti generalmente dalle variazioni dell’ambiente esterno). Attraverso i telecettori, gli esterocettori e i propriocettori l’ambiente esterno viene recepito come informazione somestetica (tattile, termica e dolorifica), olfattiva, visiva, vestibolare, acustica e gustativa. Attraverso gli enterocettori viene recepito dal sistema nervoso l’ambiente esterno nel momento in cui esso determina variazioni dell’ambiente interno per quanto riguarda la pressione del sangue (barocettori situati nelle pareti di alcuni vasi sanguigni) o la quantità di ossigeno e di anidride carbonica presenti nel sangue (chemorecettori bulbari e arteriosi).

L’informazione che parte dai recettori segue la via dell’arco riflesso.

ARCO RIFLESSO SEMPLICE o COMPLESSO

L’arco riflesso è una via nervosa, presente nell’uomo e in altri animali, che collega specifici muscoli ad altri senza il coinvolgimento del cervello. Infatti, questo meccanismo controlla soprattutto i movimenti muscolari involontari, in particolare degli arti inferiori (o posteriori) e di quelli superiori (o anteriori), che avvengono in risposta a determinati stimoli. Nell’arco riflesso semplice, l’impulso nervoso viaggia a partire dal recettore periferico attraverso una via (nervo) afferente che giunge al sistema nervoso centrale dove si verifica la sinapsi e da qui, attraverso una via (nervo) efferente, raggiunge l’organo effettore. Si avrà, quindi, un’azione riflessa quando l’impulso percorre almeno due neuroni, uno che dalla periferia lo porta al centro (cioè al sistema nervoso centrale, che lo elabora, grazie all’attività intermediatrice di specifici neuroni, collocati nel midollo spinale, detti interneuroni) e l’altro che dal centro lo riporta alla periferia. Nell’arco riflesso complesso si ha il coinvolgimento del cervello, cioè di specifiche strutture di associazione o di integrazione alla quali giunge, attraverso la via afferente, l’informazione nervosa proveniente dal recettore sensibile alle variazioni ambientali a livello periferico. In questo caso, il cervello, dopo aver ricevuto il messaggio passato attraverso il midollo spinale, elabora e invia a sua volta, prima attraverso fibre discendenti, e poi attraverso la via efferente, un altro messaggio in risposta allo stimolo iniziale, che indica all’effettore (un organo o addirittura il corpo nel suo insieme) quale azione deve svolgere. Si può avere, quindi, a seguito dell’arco riflesso, oltre che una risposta di tipo motorio, anche una risposta di tipo comportamentale, che può essere più o meno complessa e che può coinvolgere la sfera emozionale e psichica, fino a raggiungere la speculazione intellettuale. Tutto questo si può verificare

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3 anche molto velocemente, ma non in modo automatico e inconscio come avviene, invece, nell’arco riflesso semplice.

L’arco riflesso è tipicamente costituito da cinque componenti: un recettore (1), posto alla fine di un neurone sensoriale, così chiamato in quanto specializzato a reagire a uno stimolo (p.e. i recettori degli occhi sono stimolati dalla luce); una via afferente o sensoriale (2) che porta l’impulso nervoso al sistema nervoso centrale; un centro di integrazione (3) dove avvengono una o più sinapsi nel SNC;

una via efferente o motoria (4) che, tramite gli interneuroni del sistema nervoso centrale, riceve l’impulso nervoso e lo trasmette all’effettore; e, infine, l’effettore (5) che risponde in modo opportuno all’impulso nervoso, contraendosi (se si tratta di fibra muscolare) o secernendo una specifica sostanza (se l’effettore è una ghiandola).

L’arco riflesso semplice è costituito da quattro di questi componenti: manca, infatti, il centro di integrazione (3) che coinvolge le strutture cerebrali, cioè l’interneurone che collega al cervello, che interviene nell’arco riflesso complesso. Per questo motivo l’arco riflesso semplice viene detto anche

“monosinaptico”.

Tra le strutture cerebrali che possono essere considerate “centri di integrazione”, l’ipotalamo riveste senza dubbio un ruolo particolarmente importante nelle relazioni tra l’individuo e l’ambiente, come sistema di controllo per il mantenimento dell’omeostasi. La sua stessa collocazione anatomica- superiormente all’ipofisi e adiacente al sistema limbico- fa sì che possa ricevere e mandare sia segnali endocrini che nervosi agli organi sensoriali, ai centri della memoria e ai circuiti autonomi. Le informazioni ricevute sono registrate, analizzate e integrate dai neuroni ipotalamici, che, se necessario, agiscono sulla secrezione ormonale, sul comportamento e sull’attività autonoma. Di fatto non c’è un controllo volontario sul sistema endocrino, ma le emozioni lo influenzano. L’ipotalamo è così in grado di monitorare l’ambiente interno ed esterno e di coordinare le opportune risposte adattative tra i vari sistemi interessati.

IPOTALAMO

Si tratta di una struttura anatomica (composta da cellule nervose o neuroni) del sistema nervoso centrale situata alla base del cranio; più precisamente costituisce la porzione basale del diencefalo.

È un’importante formazione che può dar luogo a processi di integrazione, regolando diverse funzioni.

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• Regola le funzioni neurovegetative (la motilità viscerale, i riflessi, il ritmo sonno-veglia, il bilancio idrosalino, il mantenimento della temperatura corporea, l’appetito e l’espressione degli stati emotivi), metaboliche ed endocrine (è collegato all’ipofisi mediante un peduncolo, e con essa forma il cosiddetto “asse ipotalamico-ipofisario”); in questo modo, infatti, il sistema ipotalamo- ipofisi (è da sottolineare che i rapporti tra le funzioni di ipotalamo e ipofisi sono uno dei punti di contatto più importanti tra i due sistemi di regolazione dell’organismo, quello nervoso e quello endocrino) è in grado di controllare in modo diretto l’accrescimento corporeo, l’allattamento dopo la gravidanza e l’introduzione di liquidi e, in modo indiretto, il metabolismo basale (agendo sulla tiroide), la risposta allo stress (agendo sulle ghiandole surrenali) e la funzione sessuale (agendo sulle gonadi).

• Tramite fibre afferenti e efferenti, gestisce i collegamenti tra la periferia e il sistema nervoso centrale, in particolare, con il mesencefalo, la corteccia cerebrale, il rinencefalo, il nervo ottico e il midollo spinale.

L’ipotalamo è influenzato da numerosi fattori psicologici e ambientali, da stimoli olfattivi, visivi e chimici. È la sede delle emozioni, dei sentimenti, delle paure, ed è anche in connessione continua con i profumi, la memoria, il gusto, i sapori. Per questi motivi ha un ruolo centrale nei meccanismi di adattamento e risente dell’influenza dell’ambiente sulla sfera psichica dell’uomo. Regolando il sistema neuro-endocrino può controllare, come detto precedentemente, l’accrescimento corporeo (tramite l’asse ipotalamo-ipofisi) sia in modo diretto, provocando, per esempio, ritardo nell’accrescimento dei bambini che vivono in ambiente sociale difficile, sia in modo indiretto, agendo sui testicoli e sulle ovaie (tramite l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi), causando, per esempio, nelle ragazze, amenorrea temporanea, in seguito a traumi psichici violenti o persistenti.

Uno dei più importanti processi di integrazione dell’ipotalamo è l’insieme dei meccanismi riflessi termoregolatori. Nell’ipotalamo anteriore esiste un centro termolitico, cioè un gruppo di neuroni sensibili ad aumenti di temperatura interna anche di 1-2°C, capace di reagire a questi aumenti con l’attivazione dei meccanismi di dispersione termica e/o con l’inibizione dei meccanismi di produzione di calore. Lesioni a livello dell’ipotalamo anteriore determinano ipertermia.

Nell’ipotalamo posteriore e laterale, al contrario, esiste un centro termogenico, costituito da neuroni sensibili alla diminuzione della temperatura interna dell’organismo, che reagisce attivando i meccanismi di conservazione e/o quelli di produzione del calore, che si oppongono, appunto, all’abbassamento della temperatura corporea. Si ritiene che l’attività di questo centro, che agirebbe modificando l’attività muscolare (aumentando cioè il tono muscolare e provocando il brivido), sia stimolata non soltanto dall’abbassamento della temperatura del sangue che lo irrora, ma anche, e soprattutto, con meccanismo riflesso, da impulsi che partono dai termocettori cutanei del freddo.

Quest’ultimo meccanismo è importante in quanto stimolerebbe l’attività del centro della termogenesi e la produzione di calore, prevenendo un abbassamento della temperatura centrale.

Al di sotto dei 34°C di temperatura corporea, le funzioni vitali sono compromesse e sotto i 30°C l’attività dei centri ipotalamici è praticamente soppressa e l’individuo si comporta come un peciloterma.

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5 In determinate circostanze il controllo ipotalamico della temperatura corporea risulta spostato a livello di valori di temperatura più elevati: ciò, in particolare, si osserva con la febbre, associata il più delle volte alla liberazione di tossine che agiscono sui centri termoregolatori dell’ipotalamo attraverso fattori “pirogeni” dei leucociti circolanti.

L’ipotalamo svolge un ruolo anche nella regolazione dell’equilibrio idro-salino dell’organismo.

Infatti, esso è sede degli osmocettori, cellule sensibili alle variazioni della pressione osmotica (aumento della osmolarità) del plasma, che attivano i nuclei sopraottico e paraventricolare dell’ipotalamo, che, a loro volta, stimolano la neuroipofisi a sintetizzare l’ormone antidiuretico (ADH, antidiuretic hormone, o vasopressina), che viene messo in circolo per svolgere importanti funzioni omeostatiche. La vasopressina potrebbe svolgere un ruolo attivo anche nei fenomeni di apprendimento e di memoria e nel controllo della temperatura corporea.

Nella parete laterale e preottica dell’ipotalamo sono localizzati i recettori che inducono una reidratazione volontaria tramite il meccanismo comportamentale della sete. Il comportamento dipsico è influenzato anche da stimoli esterni che “misurano” gli apporti idrici e minerali, senza bisogno dei recettori interni, dando origine a un’informazione nervosa innata (a livello dei centri integratori ipotalamici) e una acquisita (apprendimento).

ELABORAZIONE DELLE RISPOSTE

Il mantenimento dell’omeostasi dei parametri interni risulta fondamentale per l’esistenza dell’individuo, anche in caso di disturbi interni o esterni, ed è garantito da una rete di sistemi di controllo da parte del sistema nervoso e del sistema endocrino. Può avvenire, infatti, tramite la produzione di neurotrasmettitori (sostanze chimiche liberate dalle terminazioni delle fibre nervose che raggiungono i recettori postsinaptici) o di ormoni (la produzione e il controllo degli ormoni possono essere mediati dall’asse ipotalamico-ipofisario per mezzo di sostanze prodotte dall’ipotalamo, Releasing Factors).

1. Neurotrasmettitori

1.1. ad azione periferica

Si tratta di noradrenalina (o norepinefrina, NE) e adrenalina (prodotte dalla midollare del surrene) e di acetilcolina che sono collegate, rispettivamente, all’attività del sistema nervoso autonomo simpatico (o ortosimpatico) e parasimpatico e sono influenzate dallo stile di vita. La loro azione si manifesta sulla muscolatura liscia innervata dal simpatico e dal parasimpatico provocando la contrazione e la distensione dell’organo.

La noradrenalina, o norepinefrina (NE), e l’adrenalina (o epinefrina) sono neurotrasmettitori che vengono prodotti dall’organismo in risposta a momenti di particolare tensione che richiedono un'attenzione massima sia fisica che mentale. In realtà, essi sono normalmente presenti nel nostro sangue, ma è proprio quando dal cervello arrivano segnali di ‘allerta' che il loro livello sale notevolmente. Pertanto, la loro produzione è aumentata anche in funzione dello stile di vita (lavoro

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6 fisico, attività sportiva, stress, fumo, uso di caffè, ecc); inoltre, stimolano il cervello, regolando diverse funzioni cognitive, come la memoria, la vigilanza, l’apprendimento, l’attenzione, e agiscono sulla carica energetica, aumentando la motivazione e l’iniziativa. Soprattutto, senza noradrenalina nel cervello, ci si sente sempre stanchi.

L’acetilcolina (tra i neurotrasmettitori è stato il primo a essere individuato, nel 1924) è secreta dai neuroni ‘colinergici’ e svolge la funzione di trasferire gli impulsi nervosi, oltre che nel sistema nervoso periferico (parasimpatico), anche nel sistema nervoso centrale. A livello del sistema nervoso periferico, la sua azione si estrinseca nelle sinapsi attivando la comunicazione tra neuroni o tra neurone e cellula muscolare (per cui è coinvolta nella trasmissione muscolare). La sua azione sulle membrane muscolari può essere bloccata dal curaro, mentre l’atropina blocca la sua azione nelle fibre effettrici del sistema nervoso autonomo.

1.2 ad azione centrale

Il primo è la dopamina, neuromediatore prodotto dalla formazione reticolare grigia del mesencefalo e, in alcuni casi, anche dall’ipotalamo. È una sostanza importante per la produzione delle “sostanze chimiche del benessere”, le endorfine, così chiamate perché sono sostanze regolatrici del senso del dolore e del piacere. La dopamina stimola il cuore e attiva le sorgenti corporee di energia ed è implicata nelle attività di ideazione e nella corretta esecuzione dei movimenti corporei volontari:

pertanto la dopamina può essere considerata il neurotrasmettitore del piacere. Ma anche mangiare cioccolato fa scattare a livello cerebrale la stessa risposta chimica della dopamina e dei farmaci anti- ansietà. Infatti, quando si mangia cioccolato (fondente!) le papille gustative, che avvertono il dolce, inviano al cervello il segnale di produrre endorfine. I carboidrati e gli zuccheri contenuti nel cacao, pertanto, permettono la produzione di endorfine e oppioidi, prodotti naturalmente dal cervello, più velocemente di molti psicofarmaci. Il cioccolato, pertanto, può essere considerato un antidepressivo di origine alimentare. Il cacao, inoltre, è ricco di flavonoidi, potenti sostanze antiossidanti, di ferro, fosforo e potassio.

Il secondo è la serotonina, neurotrasmettitore prodotto dai nuclei della sostanza reticolare mediana del ponte e del mesencefalo. Ha un ampio spettro d’azione sul sistema nervoso centrale, su quello cardiovascolare, respiratorio e su quello gastrointestinale. È coinvolta nelle azioni di risveglio e sedazione: favorisce la distensione, il sonno, il benessere; regola il nostro orologio interno e la temperatura corporea; regola l’umore. La serotonina può essere considerata il neurotrasmettitore del buonumore; infatti, un suo squilibrio a livello neurologico può causare depressione. Ogni anno in Italia circa 5 milioni di persone soffrono di depressione, tanto che questa malattia è la seconda per diffusione dopo quelle cardiovascolari e solo 1/3 dei pazienti depressi si cura.

La disponibilità di tutti questi neurotrasmettitori è un chiaro esempio di “relazione tra la produzione di queste sostanze e i fattori ambientali”. Come detto precedentemente, la produzione di noradrenalina è condizionata dallo stile di vita (lavoro fisico, stress, fumo, caffè ecc) mentre la produzione di dopamina e serotonina è influenzata soprattutto dalla presenza nella dieta di maggiori o minori quantità di quegli aminoacidi che sono i loro precursori (tirosina per la dopamina, e triptofano per la serotonina).

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7 La tirosina è un amminoacido non essenziale contenuto nei cereali (frumento, farro, miglio), nelle verdure a foglia larga (spinaci e lattuga), nelle aringhe, nell’avocado, nelle banane, nei fagioli, nel formaggio, nel latte non scremato, nello yogurt, nelle mandorle, nelle nocciole, nei semi di zucca, nelle uova e nei dolci (p. e. nelle merendine confezionate ripiene di marmellata, crema di nocciole e cacao). Può essere utile in condizioni di stress, affaticamento, freddo, lavoro prolungato e anche nella cura della depressione, per aumentare la capacità di memoria e la prontezza mentale, e quindi, più in generale, per le prestazioni intellettuali e fisiche. La carenza di questo aminoacido è causa di carenza proteica totale.

Il triptofano è, invece, un amminoacido essenziale, e pertanto può essere assunto solamente attraverso i cibi, dato che l'organismo umano non è in grado di sintetizzarlo. È contenuto nelle banane, nella carne, nei datteri, nel latte, nei latticini, nelle arachidi, nel pesce, nel tacchino, nel cioccolato, nell’avena e nel riso. Può essere considerato un antidepressivo e ansiolitico, induttore del sonno (in quanto, appunto, precursore della serotonina) e quindi regolatore dell’umore, del sonno e dell’appetito; i suoi livelli si alzano o si abbassano in risposta allo stress, alla paura e ai cambi di umore. È in grado di attenuare il dolore cronico e può essere utilizzato nel trattamento dei comportamenti violenti, maniaci, compulsivi e ossessivi legati a nevrosi. La sua carenza è causa di carenza proteica totale (rara nei Paesi ad alto Indice di Sviluppo Umano, ISU).

2. Ormoni

Gli ormoni possono essere definiti come quelle sostanze, prodotte dall’organismo, che trasportano segnali capaci di indurre modificazioni nelle cellule bersaglio, cioè cellule dotate di strutture di riconoscimento, i recettori, che riconoscono per affinità e specificità l’ormone. I livelli degli ormoni sono regolati dal sistema nervoso centrale, che riceve segnali dai sensori interni ed esterni (sollecitati p.e. dai segnali di pericolo, dalle variazioni della composizione del sangue, della pressione sanguigna e della temperatura), e che, in risposta a questi segnali, stimola le ghiandole endocrine dell'organismo a sintetizzare gli ormoni appropriati. La struttura del cervello che regola i livelli degli ormoni è l'ipotalamo, che viene stimolato dai segnali provenienti dall'ambiente a produrre determinati prodotti, perlopiù di natura peptidica, detti “fattori di rilascio” (Releasing Factors, RF o Releasing Hormones, RH), che, raggiungendo l'ipofisi anteriore, stimolano quest'ultima a sintetizzare ormoni trofici (glicoproteici) specifici, le tropine1. Queste, a loro volta, attivano le rispettive ghiandole endocrine, stimolandole a produrre ormoni caratteristici e appropriati alla situazione.

1 In generale le tropine agiscono su altre ghiandole endocrine, che regolano alcune sintesi proteiche indispensabili per lo sviluppo del neonato o l’accrescimento dell’individuo e dei suoi organi. Si conoscono l’ormone tireotropo, o tirotropina, o TSH, Thyroid Stimulating Hormone (prodotto dall’ipofisi, agisce sulla tiroide); l’ormone adrenocorticotropo, o corticotropina, o ACTH, Adreno Cortico Tropic Hormone (prodotto dall’ipofisi, determina la sintesi e la secrezione degli ormoni della corteccia surrenale e stimola il metabolismo lipidico); le gonadotropine che agiscono sulle gonadi, e cioè l’ormone follicolo-stimolante (FSH, Follicle-Stimulating Hormone; è deputato alla formazione dei follicoli e alla secrezione di estrogeni nelle ovaie; attiva gli spermatozoi nei testicoli), e l’ormone luteinizzante (LH, Luteinizing Hormone; è coinvolto nella formazione del corpo luteo e nella secrezione di progesterone nelle ovaie;

promuove la spermatogenesi e la secrezione di testosterone nei testicoli).

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8 Gli ormoni sono classificati, in base alla loro struttura chimica, in: ormoni steroidei (derivati dal colesterolo); ormoni di natura protidica, suddivisi in peptidici e proteici (costituiti da catene più o meno lunghe di aminoacidi) e ormoni aminici, cioè derivati da un solo aminoacido (e cioè triptofano, tirosina o istidina); ormoni derivati da acidi grassi polinsaturi (prostaglandine); ormoni retinoidi (vitamina A). In base alla loro natura, invece, si distinguono in: ormoni liposolubili (ormoni steroidei e tiroidei), che superano la membrana plasmatica e si legano a recettori intracellulari citoplasmatici (ormoni steroidei) o recettori nucleari (ormoni tiroidei); ormoni idrosolubili (ormoni proteici e catecolamine), che non riescono a penetrare la barriera lipoproteica della membrana cellulare e necessitano di un recettore specifico transmembrana, che a sua volta attiva una serie di segnali intracellulari (i cosiddetti secondi messaggeri) che avviano la risposta biologica.

2.1. Ormoni steroidei

Si tratta di un gruppo di ormoni di natura lipidica (liposolubili) che presentano un precursore comune, il colesterolo, e che agiscono sul metabolismo, sulla crescita e sulla riproduzione. Fanno parte degli ormoni steroidei i corticosteroidi (o ormoni corticoidi o corticosurrenalici, in quanto sintetizzati dalla corteccia del surrene), che si possono suddividere in glucocorticoidi (es. cortisolo), coinvolti nel metabolismo dei carboidrati e mineralcorticoidi (es. aldosterone), che regolano la concentrazione degli elettroliti nel sangue, sodio e potassio in particolare; gli ormoni sessuali, che comprendono gli androgeni (il più noto è il testosterone, prodotto in maggior parte dal testicolo e dalla parte corticale delle ghiandole surrenali), gli estrogeni (tra i più importanti si ricorda l’estradiolo, prodotto dalle ovaie) e i progestinici (il più importante è il progesterone prodotto dalle ovaie e dalla placenta). Tra gli ormoni steroidei non bisogna dimenticare di annoverare il calcitriolo, cioè la forma attiva della vitamina D.

2.2. Ormoni di natura protidica 2.2.1. ormoni peptidici e proteici

Costituiscono la maggioranza degli ormoni e includono peptidi, polipeptidi e glicoproteine. Vengono sintetizzati sotto forma di preormoni e divengono attivi solo dopo modificazione. Sono generalmente prodotti dall’ipotalamo, dall’ipofisi, dalla paratiroide, dal pancreas, dalla placenta, dal sistema gastrointestinale. Tra di essi ricordiamo il paratormone, il TRH (Thyrotropin Releasing Hormone, che agisce sull’ipofisi per rilascio dell’ormone tirotropina, TSH, che a sua volta va ad agire sulla tiroide), e l’insulina, oltre alla calcitonina, ad alcuni fattori di crescita e ad alcuni oncogeni.

2.2.2 ormoni aminici derivati da un solo aminoacido

Si tratta di sostanze derivanti da un solo aminoacido, che possono essere distinte in tre tipi principali: le catecolamine (adrenalina e noradrenalina), la dopamina e gli ormoni tiroidei (cioè le iodotironine: tiroxina e triiodotironina) che hanno come precursore la tirosina; la melatonina e la serotonina, derivati dal triptofano; l’istamina, che si forma a partire dall’istidina. Alcune di loro (le catecolamine) sono degli importanti neurotrasmettitori prodotti anche a livello cerebrale: sono, cioè, neurormoni che si legano ai recettori di membrana come ormoni peptidici.

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9 2.3. Ormoni derivati da acidi grassi polinsaturi

Si tratta di sostanze presenti nel tratto gastro-intestinale ad azione ormone-simile, derivate principalmente dall’acido arachidonico, presente nei fosfolipidi di membrana, note come ecosanoidi, rappresentati da diverse famiglie di sostanze (prostaglandine, leucotrieni, trombassani).

Gli eicosanoidi più studiati sono senz'altro le prostaglandine. Ne esistono più di 30 tipi, suddivise in 3 famiglie: le famiglie PG1 e PG2 derivano dai grassi omega 6 (il cui capostipite è l'acido linoleico), la famiglia PG3 dai grassi omega 3 (il cui capostipite è l'acido linolenico). Gli eicosanoidi sono sostanze che regolano i sistemi ormonali; infatti, sono anche chiamati superormoni.

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