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“Tributi locali in Pillole”
servizio di aggiornamento fiscale in materia di
I.M.U. ed altri Tributi locali
N° 2 / 2021
a cura di Massimiliano Franchin, Giovanni Chittolina e Paolo Salzano
IMU: la Cassazione sul diritto di abitazione
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 6159/2021 è intervenuta sul tema del diritto di abitazione ai fini IMU.
In particolare, i Giudici sono giunti alla conclusione che la scrittura privata costitutiva del diritto di abitazione che non sia stata registrata (l'atto costitutivo del diritto di abitazione è soggetto alla registrazione all'Agenzia delle Entrate e al pagamento dell'imposta di registro ai sensi del d.P.R. n. 131 del 1986) priva di data certa, non è opponibile al Comune che può validamente e legittimamente disconoscerne l'efficacia ex art. 2704 cod. civ.
La vicenda trae origine dal ricorso in primo grado presentato da un contribuente al quale era stato notificato un accertamento ICI per l’anno 2007. Il ricorrente impugnava l'avviso di accertamento emesso eccependo l'illegittimità dell'accertamento per asserita mancanza del presupposto impositivo. Il contribuente, infatti, eccepiva la propria qualità di nudo proprietario dell'unità immobiliare, in virtù di una scrittura privata costitutiva del diritto di abitazione a favore della madre. La Ctp rigettava il ricorso poiché l’atto, asseritamente costitutivo di un diritto di abitazione, era privo di data certa e di trascrizione e pertanto non era opponibile ai terzi. Con le medesime motivazioni il contribuente ricorreva avanti alla commissione tributaria regionale avverso la sentenza di primo grado. I Giudici di appello accoglievano le doglianze del contribuente perché il ricorrente risultava chiaramente solo nudo proprietario dell'unità immobiliare oggetto di imposizione, come risultante dalla scrittura privata esibita; infatti, l'usufrutto era stato ceduto alla madre. Per i Giudici la scrittura privata, anche se non registrata, non poteva essere ignorata dimostrando, invece, come il contribuente non fosse tenuto al versamento dell'ICI richiesta. Per la Commissione il ricorrente non aveva alcun obbligo di effettuare un ulteriore versamento per ICI, già soddisfatto dalla titolare del diritto di abitazione.
Il Comune quindi ricorreva in Cassazione.
La Suprema Corte per prima cosa, ha confermato che l’Amministrazione finanziaria, e quindi anche il Comune, deve essere inclusa nel concetto di «terzo». L'art. 2704 del Codice Civile,
Rassegna giurisprudenziale
proseguono i Giudici, stabilisce che “la data della scrittura privata della quale non è autenticata la sottoscrizione non è certa e computabile riguardo ai terzi, se non dal giorno in cui la scrittura è stata registrata o dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilità fisica di colui o di uno di coloro che l'hanno sottoscritto dal giorno in cui il contenuto della scrittura è riprodotto in atti pubblici o, infine, dal giorno in cui si verifica un altro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l'anteriorità della formazione del documento”.
La Corte ha ricordato come in più occasioni (sentenze nn. 2402/2020, 29451/2008, 7621/2017, 17249/019) che l’intenzione del legislatore, sulla base della normativa tributaria, era quello di includere nel concetto di «terzo» (articolo 2704 del Codice civile), anche l’Amministrazione finanziaria, titolare di diritto di imposizione suscettibile di subire un pregiudizio dalla scrittura privata. Nel caso in esame, la data della scrittura privata con la quale il figlio aveva “ceduto” il diritto di abitazione alla madre è un elemento determinante per individuare il soggetto passivo Imu. La Cassazione evidenzia che non essendo la scrittura privata autenticata, la data riportata in essa non è opponibile al comune.
In conclusione, prosegue la Corte, si può affermare che la scrittura privata costitutiva del diritto di abitazione che non sia stata registrata priva di data certa, non è opponibile al Comune che può validamente e legittimamente disconoscerne l'efficacia ex art. 2704 cod. civ. Non è sufficiente, per attestare il possesso del diritto di abitazione, una semplice scrittura privata con data certa, anche se notificata al Comune.
Corte di Cassazione, ordinanza n.6159/2021
IMU: gli alloggi della Difesa concessi ai militari versano l’Imposta
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3974/2021, ha confermato l’indirizzo giurisprudenziale in merito all’assoggettamento a Ici e Imu delle abitazioni di proprietà del Ministero della Difesa concesse in uso al personale in servizio.
La vicenda riguarda abitazioni site all’interno di uno stabilimento militare, motivo per il quale, secondo il Ministero, dovevano ritenersi esenti dal versamento dell’Imposta in quanto “tutti i fabbricati realizzati su aree urbane all'interno di basi, impianti, installazioni militari, sono considerati a tutti gli effetti di legge, 'infrastrutture militari' preordinate a garantire la funzionalità di enti, comandi e reparti militari preposti alla difesa dello Stato”.
La Cassazione precisa che le norme di esenzione, in quanto eccezionali, sono di stretta interpretazione. Quanto evidenziato dai Giudici è di particolare importanza poiché si potrebbe ipotizzare un assoggettamento all’imposta di tutte le tipologie di alloggi di servizio, in quanto gli alloggi comunque non sarebbero “destinati esclusivamente ai compiti istituzionali”. Tale condizione (la destinazione a scopi istituzionali) non si verifica quando l'immobile è indirettamente riconducibile all'oggetto istituzionale. Nel caso di un fabbricato impiegato come alloggio, si ha una utilizzazione indiretta del bene a fini istituzionali poiché il bene stesso soddisfa principalmente esigenze di carattere privato, ovvero quelle abitative proprie del cessionario e della relativa famiglia.
I Giudici si sono espressi in merito ad alloggi soggetti a canone concessorio, concessi in uso ai militari. Secondo il Ministero della Difesa, il canone corrisposto non aveva scopo lucrativo ma sostanzialmente di rimborso dei soli costi di manutenzione. Se tale è la natura del canone concessorio, afferma il ministero, questo non può essere di per sé la condizione sufficiente a spostare la soggettività passiva dal Ministero all'utilizzatore, che quindi non può essere considerato soggetto passivo in quanto titolare di concessione su aree demaniali. Per i Giudici al contrario, tutti gli alloggi di servizio in uso ai militari dell'aeronautica, marina, esercito e carabinieri, indipendentemente dalla circostanza che questi immobili siano all'interno di stabilimenti militari, sono assoggettabili al versamento dell’Imposta Municipale Unica.
Corte di Cassazione, sentenza n.3974/2021
a cura di Fabio Garrini
Immobili inagibili: riduzione al 50% se lo stato era noto al Comune
Con la sentenza 4244 del 17 febbraio 2021 la Cassazione torna sule tema della riduzione IMU prevista per i fabbricati in stato di inagibilità, evidenziando come tale beneficio sia da considerarsi applicabile anche se il contribuente non aveva provveduto a comunicarlo, a patto che l’ente fosse già a conoscenza di tale condizione.
Tra le ipotesi di riduzione della base imponibile nell’ambito dei tributi locali (un tempo l’ICI, attualmente l’IMU nelle sue varie evoluzioni) è prevista la riduzione della base imponibile del 50% nel caso di fabbricati inagibili o inabitabili.
Malgrado i comuni talvolta siano portati a disconoscere l’agevolazione nel caso in cui detta inagibilità non sia stata dichiarata, in realtà la giurisprudenza è piuttosto consolidata nel riconoscere al contribuente il diritto a fruire dell’agevolazione tributaria nel momento in cui il comune risultava a conoscenza dello stato dell’immobile.
Le regole per applicare la riduzione
L’art. 1 c. 747 lettera b) della L. 160/19 stabilisce la riduzione della base imponibile del 50% per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell'anno durante il quale sussistono dette condizioni.
L'inagibilità o inabitabilità è accertata dall'ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione; in alternativa, il contribuente ha facoltà di rendere una autocertificazione che attesti la dichiarazione di inagibilità o inabitabilità del fabbricato da parte di un tecnico abilitato.
L’inagibilità può essere attestata dal contribuente tramite:
→ →
Ufficio tecnico comunale (con perizia a carico del contribuente)
Autocertificazione
L’ approfondimento
Si tratta di una previsione del tutto analoga a quella già prevista nel testo normativo previgente, di cui all’art. 13 c. 3 lett. b) del Dl 201/11 e ancora prima, in ambito ICI, nell’art. 8 c. 1 del D.Lgs.
504/92.
Per applicare la riduzione è bene ricordare che:
• l’immobile, in ogni caso, non deve essere utilizzato, anche per usi difformi rispetto alla destinazione originaria;
• l’agevolazione non si applica ai fabbricati oggetto di interventi di demolizione o di recupero edilizio ai sensi dell’articolo 3, lettere c), d) ed f), D.P.R. 06 giugno 2001, n. 380 (per tali immobili la base imponibile è infatti costituita dal valore dell’area ai sensi dell’art. 1 c. 746 L. 160/19).
La possibilità di applicare la riduzione deve essere riconosciuta anche nel caso in cui il contribuente non abbia presentato al comune la dichiarazione per comunicare lo stato di degrado dell’immobile, posto che quando il legislatore ha inteso dare efficacia costitutiva alla dichiarazione del contribuente (ossia porre tale adempimento come requisito per applicare una agevolazione) lo ha affermato specificamente (si pensi, ad esempio, all’esenzione per i fabbricati invenduti, ai sensi dell’art. 2 c. 5-bis del DL 102/13).
In senso favorevole al contribuente si è peraltro più volte espressa anche la Suprema Corte, principalmente poggiando il diritto alla riduzione nel fatto che l’ente impositore già conosceva la situazione dell’immobile e pertanto il riconoscimento di tale riduzione costituisce applicazione del principio di collaborazione previsto dallo statuto dei diritti del contribuente.
Di seguito di riportano alcune sentenze che si sono espresse in tale senso:
• nella sentenza 23531 del 12 settembre 2008 la Cassazione afferma che il contribuente non è tenuto a provare situazioni note all’Ente Impositore. Nel caso di specie il comune aveva revocato la licenza all’attività esercitata nei locali interessati proprio a causa dell’inagibilità dei locali stessi.
• Nelle sentenze 12014 e 12015 del 10 giugno 2015 si legge come, al ricorrere dei requisiti prescritti dalla norma, l’agevolazione prevista per i fabbricati inagili spetta al contribuente, anche se questo non ha prodotto al comune alcun documento per richiederne l’applicazione.
Nella più recente sentenza 4244 del 17 febbraio 2021, la Cassazione ha affermato che deve essere respinta una “lettura formalistica” della norma riguardante l’agevolazione (nella fattispecie si trattava dell’art. 13 c. 3 lett b) del DL 201/11), con la conseguenza che il mancato rispetto degli adempimenti prescritti non può far venir meno il beneficio.
Si legge infatti:
“Questa Corte, con orientamento costante formatosi sull'art. 8 D.L. 504/504 in materia di ICI formulato in termini sostanzialmente analoghi alla disposizione IMU, ha avuto modo di precisare, che << in tema di ICI e nella ipotesi di immobile inagibile, inabitabile e comunque di fatto inutilizzato, l'imposta va ridotta al 50 per cento, ai sensi del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n.
504, art. 8, comma 1, e qualora dette condizioni di inagibilità o inabitabilità accertabili dall'ente locale o comunque autocertificabili dal contribuente permangano per l'intero anno, il trattamento agevolato deve estendersi a tutto il relativo arco temporale, nonché per i periodi successivi, ove sussistano le medesime condizioni di fatto" (Cass. n.28921/2017, 13053/2017 12015/2015; n. 13230/2005). Pertanto quando lo stato di inagibilità è perfettamente noto al Comune è da escludersi il pagamento dell'ICI in misura integrale anche se il contribuente non abbia presentato richiesta di usufruire del beneficio della riduzione del 50% tenuto conto del principio di collaborazione e buona fede che deve improntare i rapporti tra ente impositore e contribuente (L. n. 212 del 2000, art. 10, comma 1), di cui è espressione anche la regola secondo la quale al contribuente non può essere richiesta la prova dei fatti documentalmente noti all'ente impositore (L. n. 212 del 2000, art. 6, comma 4).”
Al più, occorre aggiungere, nel caso in cui detti adempimenti non fossero resi, al contribuente sarebbe contestabile una sanzione formale legata a tale inadempimento, senza che questo abbia effetti sulla determinazione dell’imposta dovuta.
Sul punto va peraltro segnalata la sentenza 28921 del 4 dicembre 2017 che porrebbe in capo al contribuente l’onere della prova circa la conoscenza da parte dell’ente dello stato dell’immobile: “La certificazione di inagibilità […] rilasciata dall'Ufficio tecnico del Comune non può avere efficacia retroattiva, in assenza di prova da parte della Società, che tale inagibilità fosse nota al Comune precedentemente.”
Quindi, in definitiva, l’orientamento giurisprudenziale consolidato permette l’applicazione della riduzione per inagibilità anche senza che tale situazione non sia stata oggetto di dichiarazione IMU nel passato; d’altro canto, questo vale solo nel caso in cui vi sia una documentata conoscenza da parte dell’ente di tale degrado dell’immobile e la prova di tale conoscenza non può intendersi presunta ma, al contrario, deve essere resa dal contribuente.
le ultime novità in materia di Tributi
a cura di Massimiliano Franchin
TARI e TEFA: il “consiglio” delle Finanze
Il dipartimento delle Finanze, l’8 marzo scorso, ha comunicato che, in conseguenza a quanto stabilito dal Mef con il dm 21/10/2020 in merito al versamento unificato a partire dal 2021 della tassa sui rifiuti (TARI), della tariffa corrispettiva e del tributo per l'esercizio delle funzioni di tutela, protezione e igiene dell'ambiente (TEFA) mediante la piattaforma pagoPA, al fine di evitare che gli sviluppi informatici in capo agli Enti creditori e ai PSP comportino ritardi e disservizi nei confronti dell’utenza, considerati i tempi di adeguamento delle procedure informatiche di gestione degli avvisi multi-beneficiario, il pagamento di tali avvisi possa prudentemente avvenire a decorrere dal 1° luglio 2021.
Il gestore della piattaforma PagoPa Spa ha previsto una nuova modalità di pagamento “multi- beneficiario” per il versamento automatico delle somme ai rispettivi enti impositori (Comuni per la Tari e Province/Città metropolitane per il Tefa), introducendo un innovativo workflow di pagamento che permette di gestire, con un unico avviso, anche i casi in cui l’importo pagato debba essere accreditato, in quota parte, su conti di diversi enti beneficiari i quali, per l’incasso congiunto di queste entrate, devono perciò prevedere un piano di adeguamento delle proprie procedure. Per evitare ritardi e disservizi, legati all’adeguamento delle procedure informatiche di gestione degli avvisi «multi-beneficiario».
Qualora invece, per alcuni Comuni e Città metropolitane, si rendesse necessario emettere avvisi di pagamento Tari con scadenza in unica soluzione prima del 30 giugno 2021, per il ministero è possibile emettere un avviso relativo ad un primo acconto (ad esempio 80%) e un altro a saldo (con scadenza successiva al 30 giugno 2021), comprensivo dell’intero importo del Tefa.
TARI: rinvio del termine per l’approvazione delle Tariffe
Il decreto “sostegno”, la cui approvazione è in dirittura di arrivo, dovrebbe annunciare il rinvio al 30 giugno 2021 del termine per approvare le tariffe della tari 2021, consentendo di avere più
Notizie Flash
tempo per completare la formazione e la successiva validazione dei piani economico finanziari, necessari per definire le tariffe e le agevolazioni. Questa disposizione permetterà ai Comuni di procedere all'approvazione del bilancio di previsione, senza approvare le tariffe della Tari, considerando altresì che il decreto “sostegno” stanzierà ulteriori risorse nel fondo funzioni fondamentali per l'anno 2021, da destinare, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 832, della legge 178/2020, alla copertura delle minori entrate derivanti dall'emergenza sanitaria dovuta al Covid. Rimane però il dubbio riguardante la necessità di un ulteriore slittamento del termine di scadenza, considerando che l'approvazione delle nuove disposizioni nei prossimi giorni non permetterà ai Comuni di avere il tempo che occorre per adeguare gli schemi di bilancio e rispettare tutti i termini previsti dalle norme e dai regolamenti per il parere dell'organo di revisione e il deposito in favore dei consiglieri.
Rimangono tuttavia irrisolti diversi dubbi in merito alle nuove norme contenute nel Dlgs 116/2020 e il finanziamento delle riduzioni Tari Covid-19.