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Disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro

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Academic year: 2022

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Disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro

Evoluzione della situazione in Svizzera dagli anni ‘90 ad oggi.

Studente/essa Relatrice

Sabina Ajetaj Dott.ssa Ilaria Finzi

Corso di laurea Indirizzo di approfondimento

Economia aziendale Accounting and controlling

Tipo di documento

Tesi di Bachelor

Luogo e data di consegna

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Fonte immagine di copertina: (Marquis, s.d.)

Titolo: Disuguaglianza di genere nel mercato del lavoro

Evoluzione della situazione in Svizzera dagli anni ‘90 ad oggi.

Autore: Sabina Ajetaj Relatore: Dott.ssa Ilaria Finzi

Tesi di Bachelor in Economia aziendale

Scuola universitaria professionale della Svizzera italiana Dipartimento economia aziendale, sanità e sociale Manno, 17 settembre 2021

“L’autore è l’unico responsabile di quanto contenuto nel lavoro”

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“Siamo tutti uguali davanti alla legge, ma non davanti agli incaricati di applicarla.”

(Stanislaw Jerzy Lec)

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Abstract

Nella seguente tesi è stata analizzata la disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro.

Questa tematica molto discussa è tutto’oggi considerata un problema, perché nonostante siano stati raggiunti dei traguardi non indifferenti, come il diritto di voto e di eleggibilità per le donne nel 1971, l’iscrizione nella Costituzione della parità tra uomo e donna nel 1981, e la legge sulla parità dei sessi nel 1996, le disparità di genere sono ancora presenti.

Il seguente elaborato si focalizza quindi sull’evoluzione delle disparità di genere dopo queste introduzioni. Nel dettaglio si tratta di un’analisi dell’evoluzione delle differenze salariali e dell’evoluzione del mercato del lavoro, mettendo in evidenza le differenze tra i due generi.

Infine sono citate le cause che portano alle disparità salariali e dei provvedimenti attuati dalla Confederazione Svizzera al fine di eliminarle in maniera definitiva, come l’adesione al progetto Agenda 2030.

L’obiettivo è quindi quello di verificare se ci sono stati dei cambiamenti legati alla disuguaglianza di genere, in particolare per quanto concerne le disparità salariali.

Dai risultati ottenuti è possibile affermare che ancora tutt’oggi sono presenti delle discriminazioni di genere, le quali causano disparità di genere, come il differenziale salariale.

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Indice

1. Introduzione ... 1

2. Elementi teorici ... 4

2.1. Disuguaglianza di genere ... 4

2.2. Mercato del lavoro ... 5

2.3. Teoria dei salari ... 6

2.4. Distribuzione del reddito ... 7

3. Metodologia ... 9

4. La conquista dei diritti politici ... 10

4.1. Il suffragio femminile ... 10

4.2. La situazione odierna in Svizzera ... 11

5. Dati e analisi ... 14

5.1. Evoluzione delle differenze salariali ... 20

5.2. Evoluzione del mercato del lavoro ... 22

6. Le cause della disparità salariale ... 29

7. Conclusioni ... 31

Bibliografia ... 33

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Indice delle figure e delle tabelle

Figura 1: Mercato del lavoro ... 5

Figura 2: Tenore di vita e disuguaglianza dei redditi per una selezione di Paesi europei, 2019 ... 7

Figura 3: Popolazione residente permanente in Svizzera suddivisa secondo il genere (in 1000) ... 15

Figura 4: Popolazione residente permanente in Svizzera suddivisa secondo l'età (in 1000) 16 Figura 5: Età media della popolazione attiva in Svizzera ... 17

Figura 6: Grado di formazione della popolazione residente secondo il genere ... 18

Figura 7: Evoluzione dei salari nominali in Svizzera, indice (base 1993=100) ... 19

Figura 8: Salario mensile lordo tra uomini e donne ... 20

Figura 9: Differenza salariale tra uomini e donne ... 21

Figura 10: Grado di occupazione ... 22

Figura 11: Persone attive occupate a tempo parziale ... 23

Figura 12: Posizione professionale, 2020 ... 24

Figura 13: Tasso di disoccupazione ai sensi dell’ILO ... 25

Figura 14: Persone dai 15 ai 64 anni senza attività professionale, 2020 ... 26

Figura 15: Salario mensile mediano lordo per settore economico e per sesso nel 2012 ... 27

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1. Introduzione

Le donne sono discriminate a causa del loro genere sin da quando hanno iniziato a svolgere delle attività lucrative. Gli introiti derivanti dalle attività svolte da loro venivano considerati un reddito integrativo a quello del marito, sminuendo così il valore della donna nell’ambito lavorativo. (Commissione federale per le questioni femminili, 2009, pp. 1-2)

Nel 1981 nella legislazione Svizzera si impose il principio della parità di genere; prima di questo si aveva il diritto di trattare uomini e donne in maniera differente. Questo accaduto si verificava spesso, in quanto uomini e donne erano considerati di natura completamente differente, quindi anche il comportamento nei loro confronti doveva essere tale. Coloro che predominavano erano gli uomini, le leggi e i regolamenti seguivano esclusivamente la loro situazione di lavoro e di vita. Le regolamentazioni che concernevano le donne erano erogate da uomini, quindi fortemente condizionate dall’ottica maschile. Le donne erano quindi discriminate sia nel diritto privato che nel diritto pubblico. (Commissione federale per le questioni femminili, 2000)

Solamente dal 1971, anno nel quale le donne ottennero il diritto di voto e di eleggibilità, si fece un passo avanti verso la parità di genere. Nel giugno del 1981 fu poi iscritto nella Costituzione federale il principio dell’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini, iniziativa popolare accettata in votazione popolare con il 60% di voti favorevoli. (Commissione federale per le questioni femminili, 2000)

Dal 2000 si sancisce l’uguaglianza giuridica tra uomo e donna con l’art. 8 cpv. 3 della Costituzione federale della Confederazione Svizzera, il quale afferma che “Uomo e donna hanno uguali diritti. La legge ne assicura l’uguaglianza, di diritto e di fatto, in particolare per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto a un salario uguale per un lavoro di uguale valore.” (Confederazione Svizzera, 2021, p. 3)

Questa legge proibisce quindi in modo esplicito che ci sia qualsiasi discriminazione di genere a livello lavorativo. Nella pratica però questo non viene sempre rispettato.

Secondo l’Ufficio Federale di Statistica, le donne percepiscono mediamente un salario lordo inferiore rispetto agli uomini. Consultando i dati statistici si nota che in Svizzera il salario lordo medio delle donne è inferiore a quello degli uomini. La differenza nell’anno 2018 si aggirava intorno al 19%. Questa differenza può essere spiegata in parte da alcuni fattori oggettivi differenti, come il livello di formazione, gli anni di servizio o la funzione esercitata all’interno dell’azienda, quindi anche la posizione gerarchica occupata. È però presente una parte di questa differenza salariale che non può essere spiegata attraverso dei fattori oggettivi. Nel 2018 questa divergenza ammontava al 45,4%, nel 2016 al 44,1% e nel 2014 al 42,2%. In valore monetario queste differenze corrispondo in media ad un salario lordo di 684 CHF nel 2018 e di 657 CHF nel 2016. (Ufficio federale di statistica, 2021)

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Nelle piccole imprese, ovvero quelle con meno di 20 impiegati, questa differenza è maggiore rispetto alla media, infatti si alza al 57,5%, mentre nelle grandi imprese, quelle con almeno 1000 dipendenti, si riduce rispetto alla media, arrivando al 31,5%. Per motivi legati al metodo di misurazione tutti questi dati sono stati calcolati con la media aritmetica. (Ufficio federale di statistica, 2021)

Osservando i dati sulla percentuale di donne e uomini che lavorano, possiamo notare che le donne che lavorano a tempo pieno sono in netta minoranza rispetto agli uomini, mentre le donne che lavorano a tempo parziale sono in maggioranza rispetto gli uomini. Ad esempio, nel 2018 il 41% delle donne aveva un lavoro a tempo pieno, quindi tra il 90%-100%, mentre per gli uomini la percentuale è dell’82%. Se invece osserviamo la percentuale di donne occupate a tempo parziale, la percentuale si alza fino al 59%, mentre quella degli uomini passa al 18%. (Swissinfo, 2019)

Il motivo principale per cui le donne svolgono in maggioranza un lavoro a tempo parziale, è per poter accudire i figli e la famiglia. Percepire degli stipendi ridotti, lavorare a tempo parziale ed interrompere l’attività lavorativa per occuparsi della famiglia, fa si che per le donne la rendita media mensile dell’AVS sia anch’essa inferiore rispetto a quella degli uomini. (Commissione federale per le questioni femminili, 2009, pp. 1-2)

Considerando la piramide salariale si evince che il vertice è occupato principalmente da uomini, i quali rappresentano l’81,2% dei lavoratori dipendenti che percepiscono un salario mensile superiore ai 16'000 CHF, mentre la base della piramide è rappresentata per il 39,1%

dagli uomini e per il 60,9% dalle donne, i quali percepiscono un salario mensile inferiore ai 4'000 CHF. (Ufficio federale di statistica, 2021)

Dal 1° luglio 2020 è stato incluso nella legge sulla parità di genere l’obbligo alle aziende con 100 o più di 100 dipendenti, di eseguire un’analisi della parità salariale. Queste analisi sono una leva importante al fine di promuovere la parità salariale. Infatti, permettono di informare i datori di lavoro e se del caso adattare i salari. Come strumento per svolgere le analisi si utilizza un’applicazione web chiamata Logib, la quale è messa a disposizione dalla Confederazione Svizzera a tutti i datori e le datrici di lavoro. (Segreteria di Stato dell'economia, 2020)

Con questo elaborato si vuole perciò mostrare come si è evoluta la situazione relativa alla disuguaglianza di genere, in particolare nel mondo del lavoro ed in relazione ai salari. Quindi verificare se dall’introduzione delle leggi riguardanti la parità di genere, in particolare la legge sulla discriminazione del 1981, ad oggi la situazione è rimasta invariata oppure è migliorata.

La domanda di ricerca è la seguente:

“Come si è evoluta la situazione della disuguaglianza di genere in relazione ai salari in Svizzera, dall’introduzione della legge sulla discriminazione nel 1981 ad oggi?”

Al fine di rispondere al meglio a questa domanda e nel modo più esaustivo possibile, si dovranno raggiungere i seguenti obiettivi:

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- Presentare gli elementi teorici che concernano il mercato del lavoro in Svizzera, in particolare la definizione di disuguaglianza di genere, la teoria dei salari e la distribuzione del reddito;

- Presentare la situazione in Svizzera dagli anni ‘90 fino alla situazione odierna;

- Effettuare un confronto tra la situazione in Svizzera di ieri e quella di oggi, in particolare l’evoluzione dei salari e dei posti di lavoro.

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2. Elementi teorici

In questo capitolo saranno esposti gli elementi teorici adatti alla comprensione del tema studiato. Nello specifico è trattata la disuguaglianza di genere, il mercato del lavoro, la teoria dei salari e la distribuzione del reddito.

2.1. Disuguaglianza di genere

La disuguaglianza è l’essere diversi, quindi non uguali. (Treccani, s.d.)

La disuguaglianza di genere, perciò, si presenta quando si utilizza un trattamento o un comportamento diverso per le donne piuttosto che per gli uomini e viceversa. Questa disuguaglianza porta poi ad una discriminazione di genere.

Se una donna, a parità di esperienza e formazione, ha minori possibilità di essere assunta da un’azienda, di ottenere delle promozioni, di svolgere dei compiti con maggiori responsabilità oppure ottiene un salario inferiore rispetto ad un uomo, allora si incorre in una discriminazione di genere. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra uomo e donna, 2021)

Ci sono diversi tipo di discriminazione nel mondo del lavoro, come ad esempio la discriminazione salariale, la discriminazione nelle condizioni di lavoro e la discriminazione nell’attribuzione dei compiti. In questa tesi si tratta prevalentemente la discriminazione salariale.

La discriminazione nasce spesso in quegli ambiti dove i salari non sono stabiliti, dove non c’è un minimo salariale, dove questi vengono negoziati direttamente con il futuro dipendente. Le imprese possono così offrire dei salari più bassi. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra uomo e donna, 2021)

La discriminazione di genere danneggia le donne e le loro famiglie. In primo luogo, un salario inferiore si ripercuoterà sulle assicurazioni sociali e le rendite, le quali saranno più basse.

Questo creerà delle conseguenze sociali, lo Stato dovrà erogare dei contributi dell’aiuto sociale superiori, ma incasserà minori introiti derivanti dai contributi fiscali. In secondo luogo, si crea una concorrenza distorta tra le imprese, la quale potrebbe compromettere la pace sociale. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra uomo e donna, 2021)

Ci sono quindi vari motivi per cui è necessario ottenere un medesimo trattamento sia nei confronti delle donne che nei confronti degli uomini. Principalmente occorre soffermarsi sulla remunerazione, ovvero che a parità di formazione ed esperienza si possa ottenere lo stesso salario, a prescindere dal sesso. Inoltre, è importante dare la stessa possibilità sia alla donna che all’uomo di accedere al medesimo impiego, sempre a parità di esperienza e formazione.

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2.2. Mercato del lavoro

Per descrivere il mercato del lavoro vengono utilizzate due funzioni, collocate su un piano cartesiano, il quale presenta sull’asse delle ordinate il salario, mentre sull’asse delle ascisse il numero di ore lavorative, ovvero la quantità di lavoro. Una funzione rappresenta la curva di offerta di lavoro di mercato, mentre l’altra la curva di domanda di lavoro di mercato. Il punto in cui le due funzioni si intersecano è considerato il valore di equilibrio. (Krugman & Wells, 2018)

Figura 1: Mercato del lavoro

Fonte: (Krugman & Wells, 2018).

La curva di domanda di lavoro di mercato ha pendenza negativa, questo perché all’aumentare del lavoro la produttività decresce. L’azienda quindi quando è tenuta a scegliere quanti dipendenti assumere, deve valutare la redditività nel suo complesso, ma soprattutto quella che ogni dipendente in più procurerebbe all’attività dell’azienda. Se la reddittività apportata è positiva si assume il dipendente, altrimenti si sospendono le assunzioni. La pendenza negativa è quindi giustificata dal fatto che all’aumentare del numero di lavoratori il grado di contributo, o meglio di produttività, si riduce. La curva può subire degli spostamenti, i quali possono essere causati dalla variazione dei prezzi dei beni di consumo, dal progresso tecnologico oppure dalla variazione dell’offerta di altri fattori di produzione.

(Krugman & Wells, 2018)

La curva di offerta di lavoro di mercato ha invece pendenza positiva, in quanto un lavoratore è disposto ad offrire una quantità di lavoro superiore se gli viene proposto un salario maggiore. Anche la curva di offerta di lavoro di mercato può subire degli spostamenti, dovuti ad un cambiamento delle convenzioni sociali, ad un cambiamento della ricchezza, ad un

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cambiamento delle opportunità oppure a dei cambiamenti demografici. (Krugman & Wells, 2018)

In un’ottica in cui il mercato del lavoro è perfettamente concorrenziale, il salario di equilibrio e la quantità di lavoro ottimale sono stabiliti dal valore di equilibrio, ovvero il punto in cui le due curve si intersecano. (Krugman & Wells, 2018)

2.3. Teoria dei salari

“Il salario corrisponde alla remunerazione del lavoro (in denaro o in natura) effettuato da una persona per conto di un’altra in virtù di un contratto scritto o orale.” (Ufficio federale di statistica, s.d.)

Per determinare il salario si può passare attraverso una contrattazione tra il datore di lavoro e il futuro dipendente, applicare i contratti collettivi di lavoro oppure il datore di lavoro determina una base. Anche le condizioni del mercato del lavoro influenzano la determinazione dei salari. (Blanchard, Amighini, & Giavazzi, 2016)

Secondo gli economisti ci sono due principali approcci di interpretazione per quanto riguarda la determinazione dei salari. Il primo si basa sulla volontà delle aziende di offrire dei salari che siano superiori al salario di riserva, ovvero quel salario che rende il lavoratore indifferente tra essere disoccupato e lavorare. Il secondo approccio riguarda la forza contrattuale dei lavoratori. (Blanchard, Amighini, & Giavazzi, 2016)

Le imprese offrono un salario superiore al salario di riserva in modo tale che i dipendenti siano maggiormente incentivati e stimolati e quindi più produttivi ed efficienti. Le aziende considerano quindi il salario come una leva che stimola la produttività. Un altro vantaggio dell’offrire un salario superiore al salario di riserva è la riduzione del turnover, ovvero la sostituzione di un lavoratore tramite l’assunzione di un altro dipendente, in quanto scoraggia il dipendente ad andare via dall’azienda e quindi è motivato a restare siccome è vantaggioso rimanere. Le imprese desiderano avere dei dipendenti produttivi e che si dedichino al lavoro.

Per farlo occorre offrire salari superiori e condizioni di lavoro adeguate. (Blanchard, Amighini,

& Giavazzi, 2016)

La forza contrattuale dei lavoratori è dipesa dal costo che l’azienda deve sostenere per poter sostituire il dipendente che si è licenziato e le difficoltà che il lavoratore incontrerà nel trovare un nuovo posto di lavoro. Maggiore sarà il costo per rimpiazzare il dipendente e minore sarà la difficoltà per il lavoratore di trovare un nuovo impiego. La forza contrattuale del lavoratore è influenzata quindi dalle condizioni del mercato del lavoro. Infatti, il tasso di disoccupazione influisce sia sulla ricerca di personale che sulla ricerca di posto di lavoro. Un lavoratore che cerca lavoro in un momento in cui il tasso di disoccupazione è alto avrà difficoltà nel trovare un impiego rischiando anche di ottenere un salario inferiore, mentre per l’impresa che cerca personale sarà più facile trovare un dipendente da assumere. Di conseguenza in un momento in cui è presente un basso tasso di disoccupazione l’impresa avrà maggiori

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difficoltà a trovare nuovi dipendenti, mentre per i lavoratori sarà più facile trovare un nuovo impiego ed ottenere anche un salario più elevato. (Blanchard, Amighini, & Giavazzi, 2016)

2.4. Distribuzione del reddito

La distribuzione del reddito è la modalità con la quale il reddito viene ripartito fra i membri di una determinata società. (Treccani, s.d.)

Il reddito disponibile equivalente viene calcolato partendo dal reddito lordo dell’economia domestica e sottraendo le spese di trasferimento obbligatorie; ovvero i contributi alle assicurazioni sociali, le imposte, i premi dell’assicurazione malattia obbligatoria e i trasferimenti regolari ad altre economie domestiche. Il risultato ottenuto lo si divide per le dimensioni di equivalenza dell’economia domestica. (Ufficio federale di statistica, s.d.)

L’uso di questo stimatore consente quindi un confronto migliore dei redditi delle persone che vivono in economie domestiche di diverse dimensioni. Le analisi sono svolte a livello delle presone e non delle economie domestiche. (Ufficio federale di statistica, s.d.)

Figura 2: Tenore di vita e disuguaglianza dei redditi per una selezione di Paesi europei, 2019

0%

5%

10%

15%

20%

25%

30%

35%

40%

45%

0 5 000 10 000 15 000 20 000 25 000 30 000

Romania Grecia Portogallo Spagna Italia Finlandia Francia Belgio Germania Austria Norvegia Svizzera

il 20% più ricco della popolazione

il 50% della popolazione con il più basso reddito il 20% più povero della popolazione

mediana del reddito disponibile equivalente, in SPA (scala di destra)

Tenore di vita e disuguaglianza nella distribuzione dei redditi per una selezione di Paesi europei, 2019

© UST 2021 Fonte: Eurostat – EU-SILC 2019 (versione del 12.01.2021)

Quota di reddito disponibile equivalente posseduta da:

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La Figura 2 mostra il reddito disponibile equivalente posseduto nel 2019 dal 20% più ricco della popolazione, dal 50% della popolazione con il più basso reddito e dal 20% più povero della popolazione. Questi dati sono messi a confronto per una selezione di Paesi europei, nei quali è evidenziata la mediana del reddito disponibile equivalente per ogni Paese.

In Svizzera il tenore di vita è in generale uno dei più elevati d’Europa. Nonostante il livello dei prezzi possa essere elevato, la situazione finanziaria della popolazione svizzera, nel 2019, era migliore rispetto a quella dei Paesi dell’Unione europea. (Ufficio federale di statistica, s.d.)

Per quanto concerne la Svizzera, la quota del reddito disponibile per il 20% più povero della popolazione è bassa, corrispondentemente al resto dell’Europa, la quale oscilla tra il 5.7% e il 10.3% (Svizzera: 8.2%). Mentre il 20% più ricco della popolazione possiede tra il 32.2% e il 48% del reddito disponibile totale (Svizzera: 38.9%), quota da considerarsi alta. Per quanto riguarda il 50% della popolazione con il più basso reddito, si può affermare che esso detiene tra un terzo e un quarto del reddito totale disponibile (Svizzera: 29.5%). (Ufficio federale di statistica, s.d.)

È importante evidenziare che coloro che sono considerati gli “ultra ricchi” non sono considerati all’interno delle statistiche campionarie. (Ufficio federale di statistica, s.d.)

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3. Metodologia

Il primo passo da attuare per raggiungere l’obiettivo è quello di includere le definizioni teoriche dei concetti che si andranno ad esaminare, attraverso la consultazione di fonti letterarie come libri di testo.

In seguitò è necessario analizzare i dati, reperiti dalle banche dati dell’Ufficio Federale di Statistica, attraverso un’analisi quantitativa. L’intenzione è quella di vedere come si è evoluta la disuguaglianza di genere dopo le differenti leggi introdotte al fine di ottenere l’uguaglianza giuridica tra i due generi.

I dati sono rappresentati tramite l’uso di grafici, i quali sono in maggior parte presentati dall’Ufficio Federale di Statistica, mentre alcuni sono elaborati dall’autore su dati dell’Ufficio Federale di Statistica. Si svolge quindi un’analisi descrittiva dei dati, con l’intenzione di descrivere e rappresentare i differenziali salariali ed estrapolare le informazioni significative.

Nell’ultima fase si presentano le cause della disparità salariale emerse dall’intera indagine, seguita da alcune dei provvedimenti adottati dalla Confederazione Svizzera, volti ad abbattere i pregiudizi di genere, i comportamenti discriminatori e la disparità di genere.

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4. La conquista dei diritti politici

In molti paesi del mondo, durante il XX secolo, le donne ottengono il diritto di voto e di eleggibilità, diventando quindi delle cittadine a pieno titolo. Conquistano ampi diritti riguardanti la vita privata; ottengono un accesso migliore alla formazione, un riconoscimento superiore all’interno della famiglia, assumono ruoli di responsabilità nel mondo del lavoro, nonché importanti cariche politiche. (Bernasconi, et al., 2020)

In questo capitolo viene quindi illustrata la situazione in Svizzera inerente alla parità di genere. Inizialmente viene spiegata la storia del suffragio femminile a partire dalla fine degli anni ‘50, fino ad arrivare ai giorni nostri, descrivendo la situazione che è presente tutt’ora.

4.1. Il suffragio femminile

Per la prima volta in Svizzera nel 1959 ci si trova di fronte ad una votazione federale con oggetto la concessione alle donne dei diritti politici. Questa viene però bocciata da due uomini su tre. Il medesimo giorno i cittadini del Canton Vaud approvano invece a livello cantonale il diritto di voto per le donne. Ad imitare il comportamento del Canton Vaud seguono dopo poco tempo il Canton Neuchâtel e il Canton Ginevra. (Bernasconi, et al., 2020)

Nel 1968 la Confederazione decide di firmare la convenzione europea dei diritti dell’uomo, una carta internazionale che impegna tutti gli Stati partecipanti a tutelare i diritti umani fondamentali. Il suffragio femminile però non era ancora stato concesso. Davanti a questo paradosso e di fronte alle proteste dei movimenti femminili, il governo è costretto a sottoporre alla popolazione maschile la votazione inerente al diritto di voto delle donne.

(Bernasconi, et al., 2020)

In Svizzera dal 1971 viene quindi introdotto il diritto di voto e di eleggibilità per le donne, accettato con il 65.7% dei voti. Questo è stato un grande passo in quanto sono stati i cittadini di sesso maschile a votare al fine che anche le donne avessero questo diritto. Le donne quindi a partire da quel momento possono votare, eleggere, essere elette e firmare iniziative popolari e referendum. Questo diritto di voto si è fatto attendere per la Svizzera, diverso invece per altri paesi come l’Italia, la Francia o la Germania, nei quali è stato introdotto rispettivamente 26, 27 e 53 anni prima. (Commissione Federale per le questioni femminili, 2021)

Nel 1981 viene iscritto nella Costituzione la parità tra uomo e donna. L’art. 4 cpv. 2 della Costituzione del 1981 cita: “Uomo e donna hanno uguali diritti. La legge ne assicura l’uguaglianza soprattutto per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto ad una retribuzione uguale per un lavoro di pari valore.” Prima di questo nuovo articolo di legge per le ragazze e i ragazzi c’era un differente obbligo di frequenza

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delle lezioni. Le ragazze dovevano frequentare corsi di economia domestica e lavoro manuale, mentre i ragazzi svolgevano lezioni di scienze naturali e matematica in misura maggiore rispetto alle ragazze. A partire dal 1982, il Tribunale federale prese la decisione che non era più legale avere delle condizioni di ammissione diverse per ragazze e ragazzi.

(Commissione Federale per le questioni femminili, 2021)

Nel 1988 entra in vigore il nuovo diritto matrimoniale, questo significa che c’è una parità giuridica, quindi una responsabilità comune dei coniugi nell’educazione e nella cura dei figli, non di meno al sostentamento della famiglia. Prima di questo nuovo diritto matrimoniale era considerato l’uomo il capo dell’unione coniugale. (Commissione Federale per le questioni femminili, 2021)

Nel 1996 entra in vigore una nuova legge, ovvero la legge sulla parità dei sessi, la quale mira a promuovere l’uguaglianza tra uomo e donna, in particolare nella sfera lavorativa. Nasce quindi il divieto di discriminazione nei rapporti di lavoro, il quale è valido al momento dell’assunzione, nell’attribuzione dei compiti, nelle condizioni di lavoro, nella retribuzione, nella formazione, nella promozione e nel licenziamento. Sono considerate discriminazioni anche le molestie sessuali sul posto di lavoro. (Commissione Federale per le questioni femminili, 2021)

Nel 2000 viene modificato quello che era l’art. 4 cpv. 2 della Costituzione del 1981, il quale diventa: “Uomo e donna hanno uguali diritti. La legge ne assicura l’uguaglianza, di diritto e di fatto, in particolare per quanto concerne la famiglia, l’istruzione e il lavoro. Uomo e donna hanno diritto a un salario uguale per un lavoro di uguale valore.” (Commissione Federale per le questioni femminili, 2021)

Avere la parità di genere significa essere trattati allo stesso modo, essere considerati dei pari, avere i medesimi diritti e doveri, ottenere un egual salario per un egual lavoro. Queste leggi introdotte negli anni ambiscono quindi ad ottenere la parità tra uomo e donna, la quale, come è spiegato nel successivo capitolo, non è ancora tutt’oggi di fatto raggiunta.

4.2. La situazione odierna in Svizzera

Nel corso del XX secolo le donne svizzere si sono battute per ottenere dei diritti per loro fondamentali. Al giorno d’oggi, grazie ai principi di uguaglianza e le varie leggi in vigore, si potrebbe pensare che non ci siano più dibattitti sulla parità di genere, che sia quindi tutto paritetico. In realtà si è ancora in una situazione nella quale sono presenti disparità fra i generi, sia nel mondo lavorativo, come differenti livelli di occupazione e differenti salari, ma non solo. (Bernasconi, et al., 2020)

Come affermato dalla Commissione federale per le questioni femminili, oggi giorno è importante intervenire per quanto riguarda la parità di fatto, in quanto le leggi sono già presenti. A sostegno della parità di fatto, è stata creata la Carta per la parità salariale nel settore pubblico, attraverso la quale, si è invitati a promuovere la parità di genere e lottare contro le discriminazioni. (Commissione federale per le questioni femminili, s.d.)

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Un intervento per tentare di migliorare la situazione è stato il progetto attuato dagli Stati membri dell’ONU nel 2015, i quali hanno approvato l’Agenda 2030 che prevede 17 obiettivi da raggiungere per uno sviluppo sostenibile. Tra i 17 obiettivi stabiliti figurano quelli relativi a povertà, istruzione, uguaglianza di genere, tutela dell’ambiente, modelli di consumo, produzione sostenibile e lotta contro i cambiamenti climatici. Questi obiettivi dovranno pertanto essere raggiunti entro il 2030 a livello globale, quindi da tutti i Paesi membri dell’ONU. (Dipartimento federale degli affari esteri, s.d.)

La Svizzera ha avuto un ruolo fondamentale nell’elaborazione dell’Agenda 2030, in quanto si è interessata ad alcune tematiche che fanno oggi parte dei 17 obiettivi, come la salute e il benessere, l’uguaglianza di genere, la giustizia e le istituzioni forti. (Dipartimento federale degli affari esteri, s.d.)

L’obiettivo riguardante l’uguaglianza di genere è il quinto, pertanto si presenterà unicamente quello.

“Obiettivo 5: Raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze

- 5.1: Porre fine, ovunque, a ogni forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze - 5.2: Eliminare ogni forma di violenza nei confronti di donne e bambine, sia nella sfera

privata che in quella pubblica, compreso il traffico di donne e lo sfruttamento sessuale e di ogni altro tipo

- 5.3: Eliminare ogni pratica abusiva come il matrimonio combinato, il fenomeno delle spose bambine e le mutilazioni genitali femminili

- 5.4: Riconoscere e valorizzare la cura e il lavoro domestico non retribuito, fornendo un servizio pubblico, infrastrutture e politiche di protezione sociale e la promozione di responsabilità condivise all'interno delle famiglie, conformemente agli standard nazionali - 5.5: Garantire piena ed effettiva partecipazione femminile e pari opportunità di leadership

ad ogni livello decisionale in ambito politico, economico e della vita pubblica

- 5.6: Garantire accesso universale alla salute sessuale e riproduttiva e ai diritti in ambito riproduttivo, come concordato nel Programma d'Azione della Conferenza internazionale su popolazione e sviluppo e dalla Piattaforma d'Azione di Pechino e dai documenti prodotti nelle successive conferenze

- 5.a: Avviare riforme per dare alle donne uguali diritti di accesso alle risorse economiche così come alla titolarità e al controllo della terra e altre forme di proprietà, ai servizi finanziari, eredità e risorse naturali, in conformità con le leggi nazionali

- 5.b: Rafforzare l'utilizzo di tecnologie abilitanti, in particolare le tecnologie dell'informazione e della comunicazione, per promuovere l'emancipazione della donna

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- 5.c: Adottare e intensificare una politica sana ed una legislazione applicabile per la promozione della parità di genere e l'emancipazione di tutte le donne e bambine, a tutti i livelli” (Dipartimento federale degli affari esteri, s.d.)

L’obiettivo 5 dell’Agenda 2030 ha l’intento di raggiungere tre punti essenziali; la parità di genere tra uomo e donna, l’eliminazione di tutte le forme di violenza nei confronti del sesso femminile e l’uguaglianza dei diritti a tutti i livelli. (Dipartimento federale degli affari esteri, s.d.)

Con questi obiettivi si vogliono quindi superare quelle discriminazioni che ancora tutt’oggi donne e ragazze sono costrette a subire, e che sfortunatamente non sono state eliminate nonostante ci siano stati dei notevoli progressi. Per questo motivo è essenziale che ogni individuo contribuisca a realizzare questo obiettivo, in maniera tale da favorire il raggiungimento di tale scopo.

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5. Dati e analisi

Nella prima parte di questo capitolo è stata esposta ed analizzata la composizione del campione, ovvero della popolazione svizzera, prevalentemente suddivisa per il genere, in modo tale da avere un quadro completo della situazione. Al fine di comprendere al meglio la realtà con cui ci si è confrontati, si osserva l’evoluzione negli anni della popolazione residente permanente, suddivisa secondo il genere, secondo l’età e secondo la formazione.

La decisione di utilizzare dati che partissero dalla fine degli anni ’80, per arrivare fino ai giorni nostri, è correlata alle decisioni prese dalla Confederazione Svizzera inerenti alla parità di genere, come l’introduzione di nuove leggi e nuovi progetti, analizzate precedentemente nel Capitolo 4.

Un primo passo per comprendere se è presente la disparità di genere è quello osservare come è distribuito il campione in base al genere. Per farlo si esaminano le percentuali della popolazione residente permanente femminile e di quella maschile.

“Fanno parte della popolazione residente permanente tutte le persone di nazionalità svizzera con domicilio principale in Svizzera e tutte le persone di nazionalità straniera titolari di autorizzazione di residenza di almeno 12 mesi o a partire da una dimora di 12 mesi, ossia i titolari un permesso di domicilio o di dimora (compresi i rifugiati riconosciuti), i dimoranti temporanei per una durata di dimora cumulata di almeno 12 mesi, i richiedenti l’asilo con una durata di dimora complessiva di almeno 12 mesi, nonché i diplomatici, i funzionari internazionali e i loro familiari.” (Ufficio federale di statistica, 2020)

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Figura 3: Popolazione residente permanente in Svizzera suddivisa secondo il genere (in 1000)

Fonte: Elaborazione propria su dati (Ufficio federale di statistica, 2020)

La popolazione residente permanente in Svizzera a partire dalla fine degli anni ‘80, come si evince dalla Figura 3, tende ad aumentare negli anni, con una variazione tra un anno e l’altro che si aggira tra lo 0.5% e l’1.5%. (Ufficio federale di statistica, 2020)

Per quanto riguarda la suddivisone per genere, si può notare che le donne sono sempre più numerose rispetto agli uomini, anche se questa differenza tra i due generi è diminuita negli ultimi tre decenni. Infatti, nel 1989 gli uomini rappresentavano il 48.8% della popolazione mentre le donne il 51.2%. Nel 2019 gli uomini erano il 49.6% mentre le donne il 50.4%.

Questo equivale ad una diminuzione della percentuale che corrisponde allo 0.8%. È pertanto possibile affermare che si è vicini ad una parità di rappresentazione nella popolazione residente permanente svizzera.

In seguito, è stata analizzata la variabile età in merito alla suddivisione della popolazione svizzera.

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Figura 4: Popolazione residente permanente in Svizzera suddivisa secondo l'età (in 1000)

Fonte: Elaborazione propria su dati (Ufficio federale di statistica, 2020)

Utilizzando le fasce di età è stata analizzata la quantità di donne e uomini presenti.

Le fasce di età considerate sono cinque, la prima va da 0 a 19 anni, la seconda da 20 a 39, la terza da 40 a 64, la quarta da 65 a 79 e la quinta dagli 80 anni in su. Sono classi di età prestabilite dall’Ufficio federale di statistica.

Analizzando la Figura 4 è possibile notare che non sono sempre le donne ad essere in maggioranza rispetto agli uomini, come lo era nella Figura 3, bensì le donne sono in quantità superiori a partire dalla quarta fascia di età, ovvero a partire dai 65 anni, fatta eccezione per i dati fino al 1999, nei quali le donne superavano gli uomini già a partire dai 40 anni. Questo fatto può essere riconducibile alla diminuzione della differenza vista nella Figura 3, la quale mostrava che gli uomini stanno aumentando.

Occorre anche considerare che non tutta la popolazione residente permanente in Svizzera è attiva, per questo si analizza anche questa suddivisione. “Per persone attive si intende l’insieme degli occupati e dei disoccupati (ai sensi dell’ILO).” (Ufficio federale di statistica, 2020)

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Figura 5: Età media della popolazione attiva in Svizzera

Fonte: Elaborazione propria su dati (Ufficio federale di statistica, 2021)

L’età media della popolazione attiva in Svizzera è aumentata a partire dagli anni ’90 fino ad oggi, passando da una media di 38.9 anni ad una di 42 anni.

Quello che si evince dalla Figura 5 è che le donne hanno un’età attiva media inferiore rispetto agli uomini. Nel 1991 l’età media in cui le donne erano attive era di 38.3 anni mentre per gli uomini era 39.4 anni, nel 2020 invece erano rispettivamente 41.6 anni e 42.3 anni. La differenza tra i due generi si è ridotta, ma è sempre presente. Questo è dovuto principalmente dal fatto che le donne smettono di lavorare definitivamente o per un determinato periodo di tempo per badare ai figli e alla famiglia, mentre gli uomini continuano a lavorare per mantenere la famiglia. Inoltre, nel momento in cui le donne dovessero decidere di rientrare nel mondo del lavoro potrebbero trovare delle difficoltà nel farlo.

Per completare questa prima analisi occorre osservare inoltre il grado di formazione della popolazione residente permanente, suddivisa secondo il genere, in quanto si vuole individuare la differenza tra il grado di formazione delle donne rispetto a quello degli uomini.

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Figura 6: Grado di formazione della popolazione residente secondo il genere

Fonte: Elaborazione propria su dati (Ufficio federale di statistica, 2021)

Il grado di formazione si suddivide in cinque livelli, il primo è la scuola dell’obbligo, il secondo è il grado secondario II per quanto riguarda la formazione professionale, il terzo è il grado secondario II per quanto concerne la formazione generale, il quarto e il quindi sono il grado terziario, il primo per quanto riguarda la formazione professionale superiore e il secondo per quanto concerne le scuole universitarie.

Nella Figura 6 viene mostrato che il grado di formazione più presente è il secondo, ovvero quello che riguarda una formazione professionale di grado secondario. Il secondo grado di formazione più presente invece è differente per i due generi, per le donne è la formazione della scuola dell’obbligo, mentre per gli uomini è il grado terziario. Quello che si evince è quindi che gli uomini proseguono in misura maggiore con la formazione rispetto alle donne.

I gradi di formazione, che sono maggiori per le donne invece che per gli uomini, sono la scuola dell’obbligo e la formazione generale di grado secondario. Questo significa che le donne, rispetto agli uomini, decidono di fermarsi prima nella formazione, oppure scelgono formazioni più brevi.

Si può notare inoltre che le differenze per la medesima formazione tra uomini e donne stanno diminuendo o sono invariate. Quello che si deduce è il fatto che, oggi, sia le donne che gli uomini, rispetto al 1999, tendono ad ottenere una formazione superiore. Questo significa che meno persone decidono di fermarsi ad una formazione di base come quella della scuola dell’obbligo, e più persone sono propense ad ottenere una formazione di grado terziario. Questo discorso vale anche per le donne, come si può notare dall’aumento della

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percentuale che riguarda il grado terziario (colonna viola e azzurra). Passando da un 5.3%

nel 1999 ad un 9.9% nel 2019 per quanto riguarda la formazione professionale superiore, e da un 5.4% nel 1999 ad un 23.3% nel 2019 per le scuole universitarie.

È utile ora concentrare l’attenzione sull’evoluzione dei salari nominali in Svizzera.

La rilevazione della struttura dei salari è stata effettuata nel 1994 per la prima volta, sottoposta poi a revisione nel 2012 al fine di adeguare l’offerta di informazioni sia alle esigenze nazionali che internazionali. Sono state modificate alcune variabili, ma è tuttavia garantita nel complesso la continuità dei dati. Viene effettuata mediamente ogni due anni, attraverso un questionario sottoposto alle imprese. Questa rilevazione permette di descrivere la struttura dei salari, in tutti i rami economici sia del settore secondario sia del settore terziario. Attraverso il questionario sono rilevate anche le caratteristiche dei dipendenti e dei posti di lavoro, quindi non solo il ramo economico e la dimensione dell’impresa. (Ufficio federale di statistica, 2020)

Figura 7: Evoluzione dei salari nominali in Svizzera, indice (base 1993=100)

Fonte: Elaborazione propria su dati (Ufficio federale di statistica, 2021)

La Figura 7 mostra l’evoluzione dei salari nominali in Svizzera, suddivisa per genere, a partire dal 1990 fino al 2020. Si evince che c’è una tendenza generale nei salari nominali di crescita. Dal 1990 fino ad oggi essi hanno subito una crescita per le donne del 52% mentre per gli uomini del 57%. Questa crescita è dovuta al fatto che, come visto nella Figura 6, la popolazione si è maggiormente dedicata alla formazione, scegliendo quindi di occupare posizioni più elevate, questo indipendentemente dal sesso.

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È tutt’oggi ancora presente una disparità di crescita del salario nominale tra i due generi ed una differenza salariale. Infatti, i salari delle donne sono sempre stati più bassi, e nonostante si siano avvicinati a quelli degli uomini la parità salariale tra i sessi non è ancora presente.

Nella seconda parte di questo capitolo viene presentata la situazione inerente al mercato del lavoro, in particolare l’evoluzione dei salari nel tempo, in Svizzera a partire dagli anni ’90 fino ad oggi, mettendo in risalto la distribuzione di genere.

5.1. Evoluzione delle differenze salariali

La Figura 8 mostra l’andamento del salario mensile lordo delle donne, degli uomini e totale, a partire dal 1994 fino al 2018. Si evince immediatamente che il salario mensile lordo degli uomini e nettamente superiore di quello delle donne. L’andamento è per entrambi i sessi positivo, infatti la curva tende nel tempo a salire, quindi significa che il salario è aumentato per entrambi i generi. Occorre però considerare la variazione che c’è stata della differenza salariale tra i due.

Figura 8: Salario mensile lordo tra uomini e donne

Fonte: UST – Rilevazione svizzera della struttura dei salari (RSS)

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Figura 9: Differenza salariale tra uomini e donne

In questa Figura 9 viene rappresentata la differenza salariale tra uomini e donne, ovvero quanto è maggiore il salario di un uomo rispetto a quello di una donna in percentuale, a partire dal 1994 fino al 2018.

È possibile notate che con il passare degli anni questa differenza salariale si è ridotta, ma non arriva mai ad annullarsi. Si passa dal 23.8% nel 1994 al 14.4% nel 2018. Questa diminuzione rappresenta il 9.4%, in 24 anni.

La differenza salariale tra uomo e donna può essere in parte spiegata da fattori oggettivi, come il livello di formazione e la posizione professionale, ma in parte non è spiegabile, se non attraverso fattori di discriminazione. Occorre ricordarsi inoltre che questa differenza salariale è anche dovuta al fatto che le donne sono presenti in maggioranza nelle professioni meno remunerate, e gli uomini lo sono in quelle maggiormente remunerate.

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5.2. Evoluzione del mercato del lavoro

La Figura 10 rappresenta il grado di occupazione, nel 1991 e nel 2020, delle donne e degli uomini che svolgono un’attività lavorativa.

Figura 10: Grado di occupazione

Si evince che, sia nel 1991, sia nel 2020, la percentuale delle donne che svolge un lavoro a tempo pieno è inferiore rispetto a quella degli uomini, invece per quanto riguarda il tempo parziale sono in maggioranza. Probabilmente le donne decidono di lavorare a tempo parziale e non a tempo pieno per potersi occupare anche della famiglia, oppure al momento del ritorno al lavoro fanno fatica ad ottenere un grado di occupazione a tempo pieno e sono quindi costrette ad accettare un tempo di lavoro ridotto.

Si può inoltre notare che le donne, dal 1991 al 2020 hanno ridotto la percentuale di lavoro.

Infatti, nel 1991 erano il 50.9% delle donne ad avere un’occupazione a tempo pieno, mentre nel 2020 sono diminuite arrivando al 40.9%. Questo ragionamento vale anche per gli uomini, i quali sono passati dal 92.2% nel 1991 al 81.7% nel 2020. Quello che si può intuire da questi dati, è che al giorno d’oggi anche gli uomini, anche se in piccola parte, decidono di occuparsi in prima linea della famiglia, riducendo quindi in parte il grado di occupazione.

Occorre quindi analizzare nel dettaglio l’evoluzione dei lavoratori e delle lavoratrici a tempo parziale, per verificarne l’andamento.

Grado di occupazione

Donne

© UST 2021 Fonte: UST – Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS)

0% 20% 40% 60% 80% 100%

1991 2020

50,9 22,2 27,0

40,9 35,5 23,6

tempo pieno tempo parziale tempo parziale Uomini

0% 20% 40% 60% 80% 100%

1991 2020

92,2 3,54,2

81,7 11,8 6,5

90–100% 50–89% inferiore a 50%

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Figura 11: Persone attive occupate a tempo parziale

La Figura 11 mostra a partire al 1991 fino al 2020 le persone attive, sia donne che uomini, occupate a tempo parziale, quindi con un grado di occupazione inferiore al 90%.

Come visto precedentemente nella Figura 10, le persone attive che svolgono una professione a tempo parziale tendono nel tempo ad aumentare. Occorre quindi analizzare quali sono le professioni maggiormente occupate dalla popolazione.

0%

10%

20%

30%

40%

50%

60%

70%

1995 2000 2005 2010 2015 2020

totale donne uomini

Persone attive occupate a tempo parziale

Grado di occupazione inferiore a 90%

© UST 2021 Fonte: UST – Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS)

1991

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Figura 12: Posizione professionale, 2020

Nella Figura 12 , la quale mostra quali sono le posizioni professionali occupate dalle donne e dagli uomini nel 2020, si può notare che sono le donne che, in generale, tendono ad occupare delle posizioni professionali inferiori rispetto agli uomini, infatti le donne sono maggiormente presenti nelle occupazioni senza funzione direttiva.

Gli uomini svolgono in misura maggiore professioni appartenenti alla categoria di lavoratori indipendenti, dipendenti membri della direzione, dipendenti con funzione direttiva e apprendistati. Questa differenza nella scelta della professione è presente anche in caso di parità di formazione, in quanto si ritiene che gli uomini siano maggiormente flessibili per quanto concerne la famiglia, questo significa che una donna a volte decide di occupare una posizione inferiore al fine di ottenere degli orari migliori per occuparsi della famiglia.

Posizione professionale, 2020

Donne

0% 20% 40% 60% 80%

lavoratori indipendenti familiari coadiuvanti

dipendenti membri della direzione dipendenti con funzione direttiva dipendenti senza funzione direttiva

apprendiste/

14,8

1,4

7,6

24,9

46,5

4,8

© UST 2021 Fonte: UST – Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS)

80% 60% 40% 20% 0%

10,0

2,2

4,0

16,9

63,1

3,8

Uomini lavoratrici/

apprendisti

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Figura 13: Tasso di disoccupazione ai sensi dell’ILO

Nella Figura 13 viene mostrato l’andamento del tasso di disoccupazione ai sensi dell’ILO, suddivisa per uomini e donne, a partire dall’anno 1991 fino al 2020.

“Sono considerati disoccupati secondo l’ILO le persone di età compresa fra 15 e 74 anni, non attive occupate nel corso della settimana di riferimento, che hanno cercato attivamente un impiego durante le quattro settimane precedenti e che erano disposte a lavorare.” (Ufficio federale di statistica, s.d.)

Il tasso di disoccupazione tende ad oscillare molto, concentrandosi negli ultimi 10 anni nella fascia tra il 4% e il 5%. Quello che però è più interessante è il fatto che le donne hanno un tasso di disoccupazione sempre superiore rispetto a quello degli uomini, fatta ad eccezione per un periodo breve. Questo significa che le donne che ricercano un posto di lavoro sono in quantità superiore rispetto agli uomini.

Occorre ricordarsi che nell’età lavorativa sono presenti più uomini che donne, quindi ci si aspetterebbe un tasso superiore per gli uomini. Nonostante questo, la situazione è ribaltata.

Questa situazione è data dal fatto che le donne fanno maggiormente fatica a trovare un posto di lavoro.

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Figura 14: Persone dai 15 ai 64 anni senza attività professionale, 2020

La Figura 14 mostra la popolazione senza attività professionale nel 2020, tra 15 e 64 anni, suddivisa per le donne e gli uomini, evidenziando il motivo per cui sono senza un’attività professionale.

In generale le persone senza un’attività professionale, le quali non sono né in formazione, né in pensione o beneficiarie di una rendita, né persone casalinghe, sono il 19.7%. Se si confronta questa percentuale per le donne e per gli uomini, essa risulta inferiore per le donne di 0.4% mentre per gli uomini aumenta dello 0.5%. I due dati a primo impatto appaiono simili, questo però va analizzato pari passo con le donne casalinghe, le quali sono nettamente superiori agli uomini casalinghi. Per le donne la percentuale arriva fino al 30.7%, mentre per gli uomini è quasi dieci volte inferiore, arrivando al 3.4%. questa grande differenza è dovuta al fatto che, come già affermato in precedenza, le donne decidono di restare a casa con i figli e quindi occuparsi della famiglia. Nel momento in cui decidono di rientrare al lavoro possono però incontrare delle difficoltà.

Per quanto riguarda le persone in formazione, la percentuale degli uomini è superiore a quella delle donne, rispettivamente 45.5% e 28.5%. Questa differenza può essere riconducibile al fatto che gli uomini tendono a formarsi maggiormente rispetto alle donne, e a seguire formazioni più lunghe e complesse, al fine di ottenere delle posizioni professionali superiori.

Persone dai 15 ai 64 anni

© UST 2021

donne uomini

totale

persone in formazione persone casalinghe persone pernsionate e altre persone senza 28,5%

30,7%

21,5%

19,3%

Fonte: UST – Rilevazione sulle forze di lavoro in Svizzera (RIFOS)

45,5%

3,4%

30,9%

20,2%

34,9%

20,4%

25,0%

19,7%

attività professionale

senza attività professionale, 2020

beneficiarie di rendite

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Per arricchire l’analisi occorre infine osservare separatamente lo scarto salariale presente nei vari settori economici, evidenziando se vi sono delle differenze significative.

Figura 15: Salario mensile mediano lordo per settore economico e per sesso nel 2012

Fonte: (Swissinfo, 2016)

Nella Figura 15 viene mostrato a quale percentuale del salario mensile mediano lordo di un uomo corrisponde quello di una donna, nel 2012, suddiviso per settore economico.

Nei settori più competitivi lo scarto salariale tra i due generi è maggiore, come si può notare dal settore finanza, che corrisponde alle attività finanziari ed assicurative, nel quale il salario mensile mediano femminile corrisponde al 69.5% di quello maschile. Se invece si osservano i settori nei quali la percentuale di donne è bassa, come il settore dei trasporti (27% di donne) o il settore costruzioni (10% di donne), si può evincere che lo scarto salariale si riduce, arrivando ad un salario mensile mediano femminile che corrisponde rispettivamente al 93.9% e al 95.2% di quello degli uomini. Per quanto riguarda invece i settori con un numero di posti di lavoro elevato, come ad esempio il commercio, la manifattura, la sanità e socialità, la percentuale del salario si situa tra il 77% ed il 90.4%. (Swissinfo, 2016)

Da questi dati si può dedurre che la percentuale di donne presente in un determinato settore influenza solo in parte lo scarto salariale tra i due generi. Quello che però è possibile evidenziare, è che all’aumentare del salario mensile mediano degli uomini si tende ad avere uno scarto maggiore per quanto concerne il salario delle donne. Nei trasporti e nelle costruzioni, dove si ha un salario mensile mediano degli uomini di rispettivamente 6'222 CHF e di 6'088 CHF, il salario femminile corrisponde rispettivamente al 93.9% e al 95.2% di quello maschile. Analizzando il settore scienze e tecniche ed il settore informazione si rileva un salario mensile mediano maschile rispettivamente di 8'555 CHF e di 9'000 CHF, mentre quello femminile risulta rispettivamente il 76% ed il 76.2% di quello maschile. Infine, osservando il settore finanza, si rileva un salario mensile mediano maschile di 11'148 CHF,

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nei settori con un salario mensile mediano maschile superiore, si ha anche uno scarto salariale maggiore, quindi un salario mensile mediano femminile più basso, rispetto ad un settore con un salario mensile mediano maschile inferiore. (Swissinfo, 2016)

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6. Le cause della disparità salariale

Le disparità salariali si sono ridotte a partire dagli anni ‘70, anche se si sono stabilizzate dal 1998. Queste disparità salariali sono a sfavore delle donne e riguardano tutti gli ambiti lavorativi e tutte le categorie socioprofessionali. Questo scarto negativo è molto rilevante soprattutto nelle professioni che si situano ai due estremi: professioni che comportano ruoli e compiti esigenti e complessi, e professioni che riguardano attività ripetitive e semplici.

(Vaucher de la Croix & Butti, 2006)

Solo una parte dello scarto tra i redditi può essere spiegato attraverso fattori oggettivi; come il livello di istruzione e formazione, il grado di occupazione, gli anni di esperienza, la posizione occupata e le competenze. È presente quindi una parte che va imputata a dei comportamenti discriminatori. (Vaucher de la Croix & Butti, 2006) A prova di ciò, su mandato dell’Ufficio federale per l’uguaglianza fra donna e uomo e l’Ufficio federale di statistica, si analizzano ed osservano regolarmente le disparità salariali. Secondo questi studi la differenza salariale tra uomo e donna è riconducibile per il 60% a fattori oggettivi, come la formazione, il grado di occupazione, la posizione professionale. Il restante 40% invece non si riferisce a nessun fattore oggettivo, trattandosi quindi di comportamenti discriminatori.

(Ufficio federale di statistica, 2021)

Questa discriminazione penalizza le donne su almeno tre livelli: un accesso meno attrattivo nel mercato del lavoro, un numero elevato di donne in situazione di povertà, e un livello di rendite assicurative inferiore. E soprattutto non rispetta i principi di parità stabiliti dalla Costituzione federale e dalla Legge sulla parità dei sessi. (Vaucher de la Croix & Butti, 2006) In uno studio condotto da Flueckiger che stima la discriminazione salariale, viene dimostrato che le disuguaglianze si verificano a livello di assunzioni, di promozioni gerarchiche, nella formazione continua, nella ripartizione settoriale, nel tasso di occupazione e nelle forme di impiego, ma anche nei licenziamenti e nei salari. (Vaucher de la Croix & Butti, 2006)

Nella ricerca dei motivi attribuibili a questa differenza salariale, vengono spesso menzionate:

la scelta da parte delle donne di svolgere formazioni più brevi, le quali consentono di entrare prima nel mondo del lavoro per poi potersi in seguito dedicare alla riproduzione, la scelta di ricorrere in maggior misura al tempo parziale, e la scelta di interrompere l’attività lavorativa, la quale riduce l’esperienza professionale rispetto a quella degli uomini. (Vaucher de la Croix

& Butti, 2006)

Per questi motivi i pregiudizi sulle donne hanno quindi un ruolo importante, infatti l’idea che le donne con figli si assentino maggiormente dal lavoro non è fondata, in quanto, gli uomini, i quali devono rispettare gli obblighi presi con il servizio militare, registrano un tasso di assenteismo maggiore rispetto alle donne. I datori di lavoro, quindi, adottano un comportamento discriminatorio, ma tuttavia non sempre se ne rendono conto. (Vaucher de la Croix & Butti, 2006)

(38)

Ad ostacolare la carriera e la promozione delle donne è l’interruzione dell’attività lavorativa a causa della maternità. Questo fatto è maggiormente penalizzante in Svizzera, rispetto ad altri paesi europei. Le cause sono da ricercare sia nel sistema assicurativo, il quale è meno sensibile agli aspetti legati alla maternità, sia nel fatto che il numero di strutture per bambini piccoli è inferiore. Anche il matrimonio è un fattore penalizzante per i salari femminili, nonostante sia considerato uno status che valorizza gli uomini. (Vaucher de la Croix & Butti, 2006)

Dopo essersi accertata dell’esistenza della disparità salariale, la Svizzera ha deciso di adottare alcuni provvedimenti.

Nel 2009 le parti sociali, in collaborazione con la Confederazione, introducono il progetto chiamato “Dialogo sulla parità salariale”, con l’obiettivo di eliminare al più presto le disparità salariali tra uomo e donna nelle imprese attive su territorio svizzero. Il progetto di durata di cinque anni era offerto alle imprese che potevano volontariamente aderirci. (Dipartimento federale di giustizia e polizia, 2009)

Alla fine del 2014 la Confederazione e i suoi partner sociali hanno stilato un bilancio della situazione, ed è emerso che l’obiettivo non era stato raggiunto, in quanto era ancora presente la discriminazione salariale in maniera elevata. Per questo motivo, il Consiglio federale, dopo aver analizzato la situazione ed aver deciso il da farsi, ha imposto delle leggi per i datori di lavoro, le quali consistono nello svolgere periodicamente un’analisi dei salari supervisionata da terzi. (Ufficio federale di giustizia, 2020)

Un altro passo fatto dalla Svizzera è stato quello del 2018, nel quale ha adottato la “Carta per la parità salariale nel settore pubblico”, per la quale i firmatari si impegnano a verificare con regolarità la parità salariale nella pubblica amministrazione, nelle imprese parastatali, nell’aggiudicazione di commesse pubbliche e nella concessione di sussidi. In questo modo il settore pubblico dovrebbe dare l’esempio al settore privato. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra donne e uomo, 2021)

Fino ad oggi sono numerosi i Cantoni ed i Comuni che hanno firmato la carta, precisamente 17 Cantoni e 117 Comuni. Essa ha dato inizio ad un processo di apprendimento reciproco, facendo si che pratiche e politiche favorevoli alla parità salariale siano riprodotte in tutto il paese. Si conclude quindi che la carta fornisce un forte segnale a tutte le aziende della Svizzera, sia che esse siano private o pubbliche. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra donne e uomo, 2021)

Per analizzare al meglio la parità salariale la Confederazione ha sviluppato uno strumento di analisi chiamato “Logib”, messo gratuitamente a disposizione dei i datori di lavoro. Grazie a questo software è possibile quindi per le aziende stabilire se si trovano in una situazione di discriminazione oppure no. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra donna e uomo, s.d.)

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7. Conclusioni

La domanda a cui si vuole rispondere con questo elaborato è la seguente:

“Come si è evoluta la situazione della disuguaglianza di genere in relazione ai salari in Svizzera, dall’introduzione della legge sulla discriminazione nel 1981 ad oggi?”

Per fare ciò ricapitoliamo dapprima i punti fondamentali emersi dai vari capitoli.

Tutt’oggi sono ancora presenti gli stereotipi di genere, frutto della nostra società, che definisce i ruoli femminili e maschili, rimandando ad aspettative e credenze che ormai non sono più fondate, come ad esempio considerare il reddito femminile come un reddito accessorio a quello del capo famiglia, percepito dall’uomo. Questo perché, nonostante siano le donne ad avere in maggioranza un lavoro non a tempo pieno, non è detto che una donna debba per forza assentarsi dal lavoro, riducendo il proprio grado di occupazione, per dedicarsi alla famiglia. Infatti, come visto nei capitoli precedenti, anche gli uomini si stanno approcciando a questa attività, che ricordiamo è considerata un’attività non retribuita, la quale però richiede risorse come il tempo.

Nonostante sia presente nella Costituzione federale il diritto all’uguaglianza giuridica, sancito dall’art. 8, non è ancora presente in Svizzera la parità di fatto vera e propria. Infatti, le leggi sono presenti e questo è accertato, ma non si è ancora arrivati ad avere un’equità per quanto concerne il salario.

La parità salariale non è vantaggiosa solo per le donne e le loro famiglie, ma lo è anche per la società e l’economia nel loro insieme. Fornisce un elevato incentivo sia all’inserimento o reinserimento della donna nel mercato del lavoro, sia alla sua permanenza in esso. Con una riduzione dello scarto salariale tra i generi si offre quindi la possibilità alle famiglie di suddividersi in maniera maggiormente equa i lavori domestici e familiari, i quali non sono retribuiti, e l’attività professionale, la quale è retribuita, senza dover incombere in delle perdite finanziarie. (Ufficio federale per l'uguaglianza fra donne e uomo, s.d.)

I datori di lavoro sono quindi influenzati da questi stereotipi e pregiudizi sulle donne, che al momento dell’assunzione, della promozione o dell’assegnazione dei compiti, sfocia in un comportamento discriminatorio.

Inoltre, è opportuno affermare che le disparità di genere ancora oggi sono di ostacolo allo sviluppo sostenibile e alla crescita economica di un paese, intralciando anche la lotta contro la povertà. (Dipartimento federale degli affari esteri, s.d.)

Per rispondere quindi alla domanda di ricerca, è possibile dire che la situazione in Svizzera, dal 1981 ad oggi è migliorata, i salari nominali medi sono aumentati, la differenza salariale è diminuita, e sono state introdotte delle nuove leggi, come quella sulla parità dei sessi introdotta nel 1996. Non da meno è stato creato il progetto Agenda 2030, al quale la

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Svizzera ha aderito a pieno regime, creando anche un software di autocontrollo per le imprese. Ciononostante, le donne subiscono ancora delle discriminazioni non indifferenti, le quali interessano sia la sfera lavorativa, come il salario e le possibilità di formazione, sia la sfera privata, come l’occuparsi della famiglia.

Seguendo questo andamento si può credere che la situazione andrà migliorando, ma fino a quanto la società non abbatterà quelle che sono le barriere sociali, quindi pregiudizi e stereotipi, le donne saranno sempre trattate con inferiorità rispetto agli uomini, non raggiungendo quindi la parità di genere che dovrebbe essere garantita.

Per questi motivi si può affermare che per la Svizzera la parità di genere, soprattutto quella inerente alla parità di retribuzione, non è stata ancora raggiunta.

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