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Academic year: 2022

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P latin um S po n sor: P rovin cia di Brescia - R egione L om b ard ia - C o m u n e di Brescia

aver ricercato le notizie relative all’esistenza della precedente operazione dinamitarda, effettuata il 24 luglio nel Palazzo di Giustizia di Milano.”44.

La Corte di primo grado ritenne Freda e Ventura responsabili degli attentati, affermazione di colpevolezza confermata anche in appello e divenuta accertamento definitivo45. Massari e Biondo, cosi come Pozzan e Giannettini, furono assolti dall’imputazione riguardante questi attentati.

In questo processo sugli attentati ai treni sono stati acquisiti significativi elementi di prova confermativi della riconducibilità a Freda e a Ventura delle azioni criminose, ma soprattutto del coinvolgimento nelle stesse di altri militanti di destra.

Tonin e luculano hanno ricondotto quelle vicende delittuose al gruppo padovano di Freda e Ventura. luculano, pur a seguito di sollecitazioni della sua memoria, ha confermato in dibattimento le dichiarazioni rese in indagini preliminari sulle confidenze ricevute da Tommasoni e Pezzato prima della commissione di quegli attentati. In particolare, i primi giorni di agosto del 1969 Tommasoni, discutendo con Pezzato e luculano, affermò testualmente che fra qualche giorno ci sarà una serie di esplosioni” e, una volta appresa la notizia degli attentati dell’8-9 agosto, fece rilevare ai suoi compagni di detenzione che quanto da lui anticipato si era puntualmente verificato. luculano ha soggiunto che Tommasoni utilizzò una terminologia tecnica per descrivere gli ordigni predisposti per quelle azioni, dimostrando una certa competenza in materia. Quell’episodio è stato inquadrato da luculano nei discorsi che anche Pezzato gli aveva fatto nel corso della detenzione riguardanti la disponibilità da parte di Freda di consistenti quantitativi di esplosivo da utilizzare per attentati su scala nazionale. luculano ha ribadito che, dopo gli attentati ai treni, decise di chiedere un colloquio con il P.M. di Padova perché Pezzato e Tommasoni avevano prospettato la continuazione dell’attività terroristica da parte del gruppo di Freda46.

Tonin, qualche mese prima degli attentati ai treni, apprese da Swich che Freda e Ventura stavano preparando azioni dinamitarde e gli avevano chiesto se potesse procurare loro esplosivo; Swich aveva rivolto la richiesta a Tonin, ottenendo risposta decisamente negativa. A fronte dell’atteggiamento di Tonin, Swich dimostrò di non essere interessato a quell’attività, definendo Freda e Ventura pazzi e affermando che avrebbe respinto la loro proposta di partecipare agli attentati, ma quelle frasi furono intese da Tonin come il tentativo da parte di Swich di escludere il suo coinvolgimento nel gruppo politico dedito alle azioni terroristiche. Dopo gli attentati dell’agosto 1969, Swich confermò che era stati realizzati da Freda e Ventura secondo le modalità che gli avevano anticipato47.

Un’informazione diretta sulla realizzazione degli attentati ai treni è stata riferita in questo processo da Casalini, il quale, pur dopo molte resistenze, ha ammesso di aver partecipato a quell’azione terroristica, accompagnando Ivano Toniolo a Milano, ove questi collocò due ordigni nei treni. Casalini ha soggiunto che all’epoca, nell’ambito della sua collaborazione con i servizi di sicurezza militari, aveva riferito al suo

44 Corte d’assise di Catanzaro 23.2.1979, pp. 407-408.

45 Corte d’assise d’appello di Catanzaro 20.3.1981, pp. 644-654.

46 luculano, u. 10.11.2000, p. 32 e ss.

47 Tonin, int. 1.11.1980.

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referente le notizie apprese sugli attentati ai treni, compresa la sua partecipazione all’azione compiuta a Milano48.

Vi sono, quindi, le indicazioni fomite da Siciliano e Digilio.

Siciliano, sin dai primi interrogatori dell’ottobre 1994, ha genericamente descritto le riunioni organizzative tenutesi a Padova e a Venezia (nei due luoghi di riferimento degli ordinovisti, la libreria Ezzelino e la sede di via Mestrina) in un’epoca non precisata ma precedente alla strage di piazza Fontana, nelle quali Maggi, Zorzi e Freda discussero della strategia eversiva da attuare mediante la realizzazione di attentati sui mezzi di trasporto; quelle azioni non avrebbero dovuto provocare né morti, né feriti, ma avrebbero avuto la finalità di impressionare l’opinione pubblica e di convincerla della necessità di un “Governo forte”49. Nel successivo interrogatorio dell’ottobre 1995, Siciliano ha confermato quelle dichiarazioni, precisando che la riunione si svolse presso la libreria Ezzelino intorno al maggio-giugno 1969, alla presenza di Freda e Trinco, Maggi, Zorzi, egli stesso e Molin e si parlò non solo di attentati ai treni, ma anche in luoghi pubblici al fine di creare panico ed insicurezza50. Infine, in un interrogatorio di quasi due anni successivo, il collaboratore è tornato sull’argomento, ricollegando le scatole di legno contenenti congegni esplosivo che vide airintemo della valigia consegnatagli da Zorzi, a quelle raffigurate nelle fotografie degli ordigni utilizzati negli attentati ai treni. Il collaboratore non ha descritto un’identità strutturale tra le prime scatole di legno e quelle visionate nelle fotografie, ma piuttosto ha precisato che quelle contenute nella valigia consegnatagli da Zorzi potevano essere un prototipo dell’ordigno utilizzato negli attentati ai treni, ribadendo che Freda, nel corso delle riunioni presso la libreria Ezzelino, aveva descritto la strategia eversiva, parlando della necessità di attentati dimostrativi da realizzare in varie parti del paese51.

Digilio ha fornito elementi più specifici in merito al coinvolgimento di Zorzi, Maggi e Soffiati nella complessiva attività di attentati realizzati 1’ 8-9 agosto 1969.

Il presupposto logico di quelle azioni è rappresentato dagli incontri presso il casolare di Paese con Ventura, Zorzi e Pozzan, perché durante quelle visite Digilio vide Pozzan intento nella realizzazione degli ordigni che sarebbero stati utilizzati nel successivo mese di agosto. La vicenda del casolare di Paese è però così strettamente legata all’attentato del 1 2 dicembre che non è opportuno affrontarla in questa parte di motivazione, se non per richiamare il collegamento che Digilio ha individuato tra gli incontri delfinizio deH’estate, la strategia eversiva riconducibile ai gruppi veneziano- mestrino e padovano, gli attentati ai treni e, conclusivamente, gli attentati del 1 2 dicembre.

Proprio in occasione degli incontri al casolare di Paese, Digilio apprese da Zorzi il progetto eversivo in atto in quel periodo, atteso che quest’ultimo gli riferì che avrebbe contattato Maggi perché mettesse a disposizione altri militanti, in aggiunta ai

48 Casalini, p. 75-76, p. 82, p. 94-95

49 Siciliano, int. 20.10.1994, p. 2.

50 Siciliano, int. 6.10.1995.

51 Siciliano, int. 25.9.1996, p. 3.

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mestrini, necessari per la realizzazione delle azioni eversive52. Digilio ha soggiunto che in effetti, su indicazione di Maggi, Marcello Soffiati e un ragazzo della Giudecca parteciparono agli attentati ai treni 3. Fu lo stesso Soffiati a confermare a Digilio che aveva partecipato ad una di quelle azioni, collocando alla stazione di Mestre un ordigno su un treno merci diretto a Milano e gli ribadì che, su sollecitazione di Zorzi, per quegli attentati furono utilizzati tutti i militanti disponibili nel Veneto54. Il giudizio di Soffiati sulla strategia eversiva alla quale peraltro partecipò fu, a dire di Digilio, molto critico, perché riteneva che quella politica non fosse favorevole allac c destra . Con riferimento all’epoca in cui apprese quelle confidenze da Soffiati, Digilio ha reso in udienza indicazioni difformi rispetto alle indagini preliminari, in quanto ha collocato l’incontro nel Natale 1969 alla trattoria “Lo Scalinetto”, mentre al P.M. aveva riferito di un incontro avvenuto nel settembre 1969 a Colognola ai colli. Il dichiarante, a seguito della contestazione, ha confermato le dichiarazioni rese in indagini preliminari, precisando che all’epoca aveva le idee più chiare56.

Tra le persone coinvolte negli attentati ai treni, Digilio ha indicato Marco Pozzan, che oltre ad essere stato presente al casolare di Paese intento alla realizzazione delle scatole di legno successivamente utilizzate negli attentati, fu incontrato da Digilio a Madrid insieme a Pomar e quest’ultimo gli aveva riferito che Pozzan era stato aiutato dai servizi segreti ad espatriare in Spagna proprio perché coinvolto negli attentati aie*?

treni . Infine, il collaboratore ha ammesso la propria partecipazione alla fase di realizzazione degli ordigni collocati sui treni .

Su queste dichiarazioni di Digilio sono sufficienti brevi considerazioni. La descrizione del coinvolgimento, oltre che di se stesso, di Zorzi, Maggi e Soffiati nella strategia eversiva attuata nell’estate del 1969 tramite gli attentati ai treni è stata ricollegata dal collaboratore da un lato agli incontri presso il casolare di Paese (ove appunto, Zorzi, insieme a Ventura e Pozzan, avevano la gestione del materiale necessario per realizzare gli ordigni esplosivi da utilizzare in quegli attentati), dall’altro nelle confidenze ricevute dallo stesso Zorzi e da Marcello Soffiati. Il primo preannuncio a Digilio che avrebbe chiesto a Maggi di mettere a disposizione quanti più militanti possibile per l’attuazione degli attentati dimostrativi, il secondo confermò dopo l’agosto 1969, che effettivamente lui stesso e un ragazzo della Giudecca erano stati coinvolti in quelle azioni. L’unica contestazione subita da Digilio concerne l’epoca in cui Soffiati gli fece la confidenza riferita, ma ritiene la Corte che sia del tutto attendibile l’indicazione resa in indagini preliminari ed è

52 Digilio, u. 11.3.1998, p. 81-82, a conferma delle dichiarazioni rese in indagini preliminari il 16.5.1997.

53 Digilio, u. 28.3.1998, p. 3-4, anche in questo caso ha subito la contestazione dell’interrogatorio del 16.5.1997, quando aveva fornito alcuni elementi per identificare questa persona, che faceva lo spedizioniere e che era stato fermato insieme a Soffiati durante degli scontri con militanti comunisti davanti all’abitazione di Maggi.

54 Digilio, u. 28.3.1998, pp. 6-7.

55 Digilio, u. 28.3.1998, p. 7.

56 Digilio, u. 28.3.1998, p. 9.

57 Digilio, u. 8.6.2000, p. 112-115.

58 Questo profilo verrà trattato nella descrizione degli accessi al casolare di Paese, per cui è qui sufficiente la citazione di quella confessione.

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comprensibile e giustificabile che il collaboratore abbia sovrapposto l’incontro di settembre avvenuto a Colognola ai colli con il pranzo di Natale avvenuto alla trattoria

“Lo Scalinetto”, nel corso del quale discusse con Soffiati e Maggi dell’attentato del

1 2 dicembre.

Rimandando al successivo capitolo la valutazione critica della ricostruzione da parte di Digilio degli incontri al casolare di Paese, sui due episodi riferiti dal collaboratore (le confidenze di Zorzi e quelle di Soffiati) non sono stati acquisiti riscontri specifici che confermino cioè che effettivamente costoro resero quelle affermazioni, ma indubbiamente la ricostruzione di Digilio è pienamente logica sotto il profilo intrinseco ed è confermata da altri elementi di riscontro riferiti dagli altri testimoni.

Siciliano ha descritto il rapporto dei veneziani-mestrini Maggi e Zorzi con Freda e i padovani, ricostruendo le riunioni di elaborazione della strategia eversiva precedenti agli attentati ai treni. I padovani sono stati ritenuti con sentenza definitiva responsabili di quelle azioni. Soffiati è stato indicato da numerosissimi testimoni come il referente del gruppo ordinovista veronese di Maggi e Digilio, con i quali intrattenne, proprio a cavallo di quegli anni, intensi rapporti di frequentazione.

Soffiati fu responsabile, sempre in quel periodo temporale, di un altro attentato dinamitardo in danno del Palazzo della Regione a Trento.

Ciò premesso, le dichiarazioni di Digilio hanno confermato i due ambiti di rapporto, da un lato Zorzi e i padovani (si badi, Ventura e Pozzan, non Freda), dall’altro Maggi e Soffiati, coinvolti tutti nell’elaborazione e nell’attuazione della strategia eversiva dell’estate 1969.

Ritiene la Corte che le dichiarazioni di Digilio e Siciliano sul coinvolgimento di se stesso, Zorzi, Maggi e Soffiati negli attentati ai treni abbiano trovato nel processo tre significativi riscontri.

Innanzitutto quelle indicazioni sono coerenti con il quadro di responsabilità degli ordinovisti padovani negli attentati, accertato nelle sentenze di Catanzaro e confermato in questo dibattimento.

Sotto altro profilo le indicazioni dei collaboratori sono logicamente coerenti con il quadro di rapporti descritti nel precedente capitolo. Nel 1969 i veneziani-mestrini Maggi e Zorzi e i padovani Freda e Ventura propugnarono ed attuarono una strategia eversiva analoga e intrattennero rapporti politici tali da far ritenere che i due sodalizi fossero espressione di un’unica entità associativa operante nel territorio veneto per la realizzazione del progetto di eversione dell’ordine costituzionale riconducibile al gruppo di ON.

Infine, da diversi punti di vista, con indicazioni differenziate sul coinvolgimento dei militanti nelle azioni terroristiche e con modalità diverse di descrizione degli episodi rilevanti, Digilio e Siciliano hanno reso dichiarazioni tra loro pienamente coerenti, l’uno descrivendo le concrete modalità di attuazione di quel progetto delittuoso da parte di Maggi, Zorzi, Ventura e Pozzan, l’altro ricostruendone l’elaborazione da parte di Maggi, Zorzi e Freda. E’ interessante rilevare come nello stesso periodo temporale, Siciliano ha dichiarato aver partecipato ad incontri di elaborazione teorica del progetto eversivo, alla presenza di Freda, Digilio ha ricostruito i concreti episodi di attuazione di quel progetto, come la costruzione delle scatole di legno contenenti

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gli ordigni collocati sui treni, la richiesta rivolta a Maggi da Zorzi del reclutamento di altri militanti disponibili a realizzare gli attentati, l’azione descritta da Soffiati.

Orbene, o i due collaboratori sono “geniali calunniatori” o la definizione di quelle azioni da parte loro, proveniente da prospettive di conoscenza così diverse ma pienamente coerenti tra loro, non può che costituire un riscontro incrociato di attendibilità delle rispettive dichiarazioni.

In conclusione, in questo dibattimento è stata acquisita la prova certa che Digilio, Zorzi, Maggi e Soffiati parteciparono, insieme ai padovani (Freda e Ventura, ma anche Casalini, Tomolo e Pozzan), all’organizzazione, alla preparazione ed alla realizzazione degli attentati ai treni dell’8-9 agosto 1969.

9 h —IÌ rientro del Centro studi ON neWMSI.

Di questa vicenda si è già trattato in altre parti della motivazione, ricostruendo, pur in sintesi, la storia del Centro studi ON, i contrasti politici che diedero origine a quel movimento, i rapporti conflittuali con l’MSI ancora acutissimi nel 1968 (cioè in occasione della campagna per la scheda bianca alle elezioni politiche sostenuta dal Centro studi ON). Molte indicazioni non richiedono, quindi, uno specifico accertamento probatorio in questo capitolo, apparendo sufficiente rievocare la fase conclusiva deH’esperienza politica del Centro studi ON collocata nel 1969.

La questione rilevante nella valutazione della decisione assunta dagli organi dirigenti del Centro studi ON di confluire nell’MSI riguarda le motivazioni politiche che indussero l’assunzione di tale scelta. Nel dibattimento sono stati sentiti come testimoni una parte dei massimi esponenti di quel gruppo, alcuni dei quali hanno

“sostenuto che la scelta-del rientro fu detenniiiata dalla modifica-dei quadro politico­

interno al partito, caratterizzato dall’assunzione della carica di segretario da parte di Giorgio Almirante e dalla adesione di quest’ultimo ad alcune posizioni proprie dell’area ordinovista, ma alcuni altri esponenti hanno decisamente contestato la ricostruzione sostenuta essenzialmente da Rauti.

Vi è da rilevare che Rauti, pur fondando i motivi della decisione assunta da ON sul mutamento della posizione politica dell’MSI59, non ha escluso che altre ragioni legate al contesto politico-sociale del Paese avevano indotto a trovare nel partito una

59 Rauti ha così ricostruito quei mesi:

- nel giugno 1969 i dirigenti del Centro studi furono avvicinati proprio dal segretario Michelini per valutare l’ipotesi di confluire nel partito, ma questi morì poco dopo, sostituito da Almirante, cioè da un dirigente che rappresentava un punto di riferimento per gli appartenenti al Centro studi ON con cui condivideva le tesi sociali; a quel punto parve naturale agli ordinovisti rientrare nel partito (p. 6);

- la decisione fu assunta nell’estate del 1969, e indubbiamente provocò polemiche sia all’interno del Centro studi ON che all’interno delFMSl; fu formalizzata nell’ottobre 1969 con una manifestazione pubblica nella quale per l’ultima volta furono utilizzati i simboli di ON; alcuni componenti di ON entrarono negli organismi direttivi dell’MSI e mentre ai vertici tutto fu più facile, nelle varie federazioni il percorso di rientro fu più travagliato (p. 6-7);

- la decisione del giugno 1969 non fu improvvisa, ma piuttosto il frutto di un avvicinamento del gruppo all’MSI (che era sempre il partito di riferimento), agevolato anche dalia situazione interna allo stesso, con il prevalere della linea Almirante contrapposta a quella di Michelini (linea politica che valorizzava i temi sociali che si richiamavano alla repubblica sociale) che si affermò e determinò il rientro (p. 7).

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protezione per i giovani militanti del Centro studi. Così Rauti ha risposto alle domande rivoltegli dal P.M.:

“P.M. - Senta, ci sono state anche altre ragioni, oltre a quelle di cui ci ha parlato fino ad adesso, che l'hanno indotta, nell'estate del '69, a compiere questa scelta?

I.R. C. - Certo. Non guardavo soltanto alla situazione interna del Movimento Sociale;

guardavo ovviamente, poiché nessuno vive in una campana di vetro, guardavo la situazione generale del Paese. Mi sembrava evidente che andavano montando stati d'animo di tensione e di conflittualità accentuata, nel cui contesto un gruppo extra parlamentare, perché tale era il nostro, anche se di natura culturale, avrebbe potuto correre seri rischi, perché la nostra era una struttura basata sui giovani, un periodo di tensioni sociali, dimostrazioni e scioperi, e la struttura poteva facilmente sfuggirci di mano; svolgere attività nel partito, essendo venuto meno le cause che dal partito ci avevano portato fuori, mi pareva più rassicurante per tutti noi.

P.M. - Ci vuole specificare meglio con il fatto che la struttura composta di giov...

prevalentemente di giovani, che facevano parte del Centro Studi Ordine Nuove potesse sfuggirvi di mano? Cosa intendeva dire?

I.R.C. - Una struttura, diciamo, che fosse composta prevalentemente di giovani, questo lo sapevamo, perché ovviamente - come dire? - tutta la classe dirigente era rimasta nel Movimento Sociale, sìa con Michelini e sia intorno ad Almirante. A noi era rimasta Varea giovanile, con la quale lavoravamo. L'area giovanile aveva dimostrato - come dire? - alcuni limiti nel senso della mobilità, un giovane oggi ci sta, si iscrive, è attivista è entusiasta, sei mesi dopo fa il militare, sì sposa, si fidanza, trova un posto... e quindi una vera e propria struttura noi, dopo anni, non è che pensassimo di averla. Se aggiungiamo a questo il fatto che la situazione in Italia si andava complicando, e questo era dì cronaca evidente, allora io pensai che essendosi determinati, torno a ripetere, condizioni oggettive politiche che a me sembravano favorevoli all'interno del Movimento Sociale, un ritorno a vele spiegate con molti saluti e con molti affetti, con incarichi di responsabilità, tanto che diventi, dopo poco io divenni vice segretario del partito con Almirante.

P.M. - Dottor Rauti, che cosa intendeva dire che la struttura giovanile che componeva il vostro movimento potesse sfuggirvi di mano?

LR.C. - Beh, sa che...

A W. TUSA - Signor Presidente, scusi, io mi oppongo a questa domanda, perché...

I.R.C. - Ha fatto la domanda, mi faccia rispondere. Che cosa pensavo? Sono sensazioni.

I.R.C. - Io dissi, constatai, lo dissi ai nostri dirigenti, perché ne parlammo e riparlammo come... più i gruppi sono piccoli e più di queste cose si parla; io dissi a più riprese che dopo molti anni dovevamo constatare che avevamo un ambiente esclusivamente giovanile, come tale - come dire? - friabile, nel senso che andava e veniva, senza una vera struttura organizzata, perché non partecipando alle elezioni, anzi avendo sostenuto spesso la tesi della scheda bianca, noi non avevamo dei candidati eletti, non avevamo consiglieri comunali, non avevamo consiglieri provinciali, che sono poi quelli che fissano un po' le strutture del partito in senso

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locale, e quindi eravamo un'associazione volontaristica in cui si entrava e si usciva con eccessiva... con grande facilità. Una struttura del genere, in un momento politico sonnacchioso e normale, va beh, poco male, fa il possibile, in una situazione che andava mostrando evidenti e preoccupanti segni dì tensione, poneva anche in prospettiva istintivamente altri pericoli, ed allora dissi: "Sono venuti meno i motivi che ci hanno portato fuori dal Movimento Sociale". Lo stesso Michelini, prima di morire - io parlai con Michelini - mi chiamò dopo moltissimi anni, io sapevo che...

anche lui sapeva che stava per morire, aveva il tumore, mi disse: "Ma perché non rientri nel partito? Abbiamo tanti giovani, eccetera, puoi fare... ", lo stesso Michelini sarebbe stato favorevole. Dopo la morte di Michelini Almirante fece un appello pubblico al ricompattamento di tutte le forze, le frange ed i gruppi che si erano allontanati dal Movimento Sociale nel corso degli anni della lunga e contestata gestione di Michelini. Per questo mi convinsi che esistevano i presupposti politici franchi e leali per i quali noi potessimo rientrare nel Movimento Sociale. Ci fu chi dissi di sì, ci fu chi disse di no, ci fu... qualcuno di quelli che disse di no riuscii a convincerlo e lo portai nel partito, altri non furono d'accordo e se ne andarono.

P.M. - Dottor Rauti, Lei pensava o temeva che gruppi del suo movimento potessero compiere azioni violente in quel periodo?

I.R.C. - No, no. Però -come dire? - un movimento extra parlamentare, formato di giovani senza esponenti locali, senza un solo parlamentare, un solo consigliere comunale, un solo... nessuna presenza nei livelli istituzionali, poteva facilmente essere risucchiato, ecco, nell'atmosfera di disordine che si andava creando, e quindi anche una certa preoccupazione, ma proprio direi anche di natura paterna nei confronti dei ragazzi.

P.M. - Quindi anche compiere azioni violente?

I.R.C. - Che loro potessero commettere, certamente no; che loro potessero essere vìttima di episodi di violenza, questo sì.

P.M. - Allora le devo dire quello che Lei aveva detto, che abbiamo verbalizzato...

I.R.C. - Sì, mi dica.

P.M. - ...il 2 giugno f98, sempre a questo

...

in ordine a questo discorso. "La decisione di rientrare nel partito venne determinata sia dal fatto che la segreteria Almirante prometteva di essere più vicina alle nostre posizioni, sia dal fatto che militando in un partito rappresentato in Parlamento si correvano meno rischi ad essere esposti alle attenzioni politiche violente di cui cominciavano a vedersi avvisaglie. Voglio meglio precisare che la base del nostro gruppo era costituita quasi esclusivamente da giovani

,

quindi facilmente esposti a lasciarsi coinvolgere anche in situazioni violente, anche senza colpa; mentre, se tati giovani fossero stati inquadrati in un partito, vi sarebbero state meno possibilità di coinvolgimenti pericolosi",

I.R.C. - "Coinvolgere"... dìa Lei il significato che crede, insomma.

P.M. - Queste sono dichiarazioni sue, Dottor Rauti.

I.R.C. - Avvocato, parliamo del 1969? Tutti sappiamo cosa accadeva in quegli anni, in cui si scrìveva sui muri "Uccidere un fascista non era un reato", dimostrazioni, disordini, assalti nelle case. Una struttura giovanile può essere coinvolta nel senso

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che può anche reagire poi, anche a titolo di autodifesa; ma io questo non è che lo prevedessi, pensavo ad una situazione - come dire? - allarmante dal punto dì vista dell'ordine pubblico, con, a mio avviso, evidenti e gravi carenze anche delle strutture statali, era un rischio maggiore di quello che avevamo affrontato negli anni precedenti, ergo anche per questo motivo, ma soprattutto per quello c'erano i presupposti politici, non vedevo perché non si dovesse rientrare nel Movimento Sociale; e devo dire che il 90 per cento accolse questo ragionamento e rientrò nel Movimento Sociale.”60.

Indicazioni analoghe a quelle di Rauti (che cioè privilegiano le motivazioni politiche interne all’MSI) sono state rese da Sermonti, il quale ha ricollegato la decisione del rientro al mutamento di linea politica da parte di Almirante, pur precisando di non aver condiviso quella scelta della maggioranza del Centro studi61; anche Molin ha fatto riferimento al recupero delle posizioni ordinoviste da parte del nuovo segretario dell’MSI62, e Barbaro63 ha semplicemente descritto la scelta di rientrare nel partito ricollegandola all’assunzione da parte di Almirante della carica di segretario.

Di ben altro tenore sono le dichiarazioni che altri esponenti di ON hanno reso sulla vicenda del rientro nel partito.

Francia ha specificamente ricostruito quella vicenda, vissuta dall’interno degli organismi dirigenti del Centro studi ON: nell’aprile 1969 vi fu un direttorio nazionale che deliberò di non accettare l’invito rivolto da Almirante a Rauti di rientrare nell’MSI, ma durante una successiva riunione del mese di giugno, alla quale Francia non partecipò, Rauti decise di rientrare nel partito, senza addurre motivazioni specifiche su quel mutamento di posizione64. Francia seppe indirettamente che Rauti si era convinto a rientrare perché Almirante aveva promesso l’attribuzione ad ON di importanti incarichi, anche se la dissidenza manifestatasi alFintemo del Centro studi determinò il mancato rispetto di quelle promesse. In anni successivi Francia apprese da militanti ordinovisti che Rauti motivò la scelta di rientrare nell’MSI con la necessità di mettersi sotto l’ombrello protettivo del partito65.

Stimamiglio ha sostanzialmente confermato che per gli ordinovisti quella decisione fu improvvisa ed inaspettata, ricostruendo le vicende sue personali nell’ambito del Centro studi ON a cavallo delfestate 1969. Il teste ha innanzitutto dichiarato che fu del tutto sorpreso e amareggiato dal “voltafaccia” di Rauti, il quale nel giro di un mese cambiò radicalmente linea politica: a luglio, durante il campo paramilitare di Treconfini, dichiarò che non sarebbe stato possibile rientrare nell’MSI, le cui posizioni politiche erano inconciliabili con ON; a settembre inviò una lettera nella quale manifestò agli ordinovisti la scelta, peraltro già assunta, del rientro, non condivisa da Stimamiglio, che per questo interruppe definitivamente i rapporti con

60 Rauti, p. 15-17, confermate anche in controesame, pp. 75-77.

61 Sermonti, p. 31.

62 Molin, p. 184.

63 Barbaro, p. 20.

64 Francia, p. 77-78.

65 Francia, p. 80, ha precisato di non aver mai capito cosa intendesse Rauti con quell’espressione, soggiungendo che alcuni militanti di destra negarono che quell'affermazione fosse vera.

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Rauti66. Con riferimento alle ragioni di quella decisione, Stimamiglio ha riferito di aver appreso alcuni anni dopo da esponenti ordinovisti quali Massagrande, Fachini, Signorelli e Spiazzi che la decisione di Rauti era dipesa dal fatto che alcuni personaggi politici o appartenenti alle istituzioni avevano prospettato che, se non fosse rientrato nell’MSI, sarebbe stato coinvolto nel progetto eversivo culminato nella strage di piazza Fontana67.

Vinciguerra ha confermato la ragione del rientro, avendola appresa nell’ottobre 1969 durante una riunione di tutti i responsabili dei centri di ON, convocata per ratificare la decisione già assunta di rientrare nel MSI. Nell’occasione venne detto che occorreva

“aprire l’ombrello” nel senso che si preparava una rappresaglia contro la destra e far parte di un partito rappresentato in Parlamento sarebbe stata una garanzia per i militanti di ON68.

66 Stimamiglio, p. 121.

67 Stimamiglio, p. 121-122. In particolare Signorelli, nel 1973-1974, ribadì al teste che fu necessario per Rauti rientrare nell’MSI perché in caso contrario sarebbe stato coinvolto pesantemente nel progetto che prevedeva la collaborazione con forze esterne (Rauti aveva partecipato alla preparazione di quel disegno), per cui contrabbandò l’impunità con il rientro nel partito (p. 123).

8 Così si è espresso Vinciguerra, p. 22:

“P.C. A VV. SINICATO - Lei ha parlato anche della scelta di Rauti di rientrare nel M.S.I alla fine del '69.

T. - Sì, questo avvenne nell'ottobre del '69, perché la motivazione... la motivazione che si disse fu che bisognava aprire l'ombrello, quindi ci fu una riunione a Roma a cui parteciparono tutti quanti i responsabili dei centri di Ordine Nuovo, c'ero ovviamente anch'io, che sancì una decisione già assunta, quella del rientro nel Movimento Sociale Italiano. Era l'ottobre del '69, poi questo venne ufficializzato quindici giorni dopo, venti giorni dopo.

P.C. A W . SINICATO - Ecco, ci vuole spiegare? Questa decisione fu assunta esattamente da quale organo del Movimento?

T. - Fu assunta dal direttivo di Ordine Nuovo, direttivo nazionale di Ordine Nuovo. Anche io aderii, aderii, diciamo, per disciplina. In realtà nessuno rimase contento né della necessità del rientro in un partito che era stato definito in maniera sprezzante fino a quel momento, come un partito borghese e traditore, cioè il Movimento Sociale Italiano, né delle motivazioni, perché Ordine Nuovo sembrava, almeno per quanto io posso parlare ovviamente di Udine, si stava ampliando sul piano attivistico, trovava dei consensi, e credo che questo accadesse anche nelle altre città italiane, e quindi la decisione ci prese di sorpresa. Comunque, per spirito di disciplina io, come altri, rientrammo ufficialmente nel Movimento Sociale Italiano.

P.C. A VV. SINICATO - Mah, Lei ha parlato di "Aprire l'ombrello". Quale significato ha questa forma?

T. - Fu la motivazione che venne data. Bisognava aprire l'ombrello perché si stavano preparando tempi, di cui però non si specificò quali fossero / pericoli che si stavano preparando.

P.C. AVV. SINICATO - Comunque fu espressamente giustificata da Rauti, nel senso di prepararsi a pericoli futuri che potevano essere...?

T. - Bisognava aprire l'ombrello significava che doveva venir giù qualche temporale, quindi in termini politici questo significava che ci sarebbe stata da parte dello Stato, così la interpretammo, una repressione nei confronti degli ambienti di Destra, o comunque ci sarebbero stati avvenimenti tali per cui, entrare far parte di un partito riconosciuto in Parlamento, presente in Parlamento, sarebbe stata una garanzia e una salvaguardia per i militanti e i dirigenti.

P.C. A VV SINICATO - Quindi voi la interpretaste...?

T. - Io la interpretai in questa maniera.

P.C. A VV SINICATO - Anche altri la interpretarono in questo senso? Lei dice...

T. - Non avevamo... no, per quanto mi possa ricordare ora, a distanza di treni'anni, sì.

P.C. A W . SINICATO - Voglio dire, Lei adesso ci ha parlato, ci ha detto... dice: "L'accettammo", parla sempre al plurale, pur non...?

T. - L'accettammo, l'accettammo perché ovviamente non ero solo io di Ordine Nuovo, c'erano anche altri militanti che poterono... liberi anche di non accettarlo, quindi ci fu anche un lavoro interno di convincimento dei militanti a dire: "Beh, abbiamo sempre parlato di disciplina, cerchiamo di essere

(10)

Per quanto riguarda il gruppo mestrino, anche Siciliano e Vianello hanno ricondotto la decisione di rientrare nel partito ad esigenze di tutela dei militanti ordinovisti rispetto alle iniziative repressive che si stavano prospettando. Il primo ha dichiarato che nel corso dì una riunione plenaria dì ON del Triveneto, gli venne annunciata la necessità di rientrare nell 'MSI onde “aprire l ’ombrello ”, nel senso di trovare riparo sotto l ’ala del partito69. Il secondo dichiarò in indagini preliminari che il motivo del ritorno nell’MSI era indicato dai dirigenti in modo esplicito come la necessità di avere copertura da imminenti iniziative giudiziarie °.

Bonazzi e Calore appresero delle motivazioni di quella decisione da esponenti ordinovisti che parteciparono a quella fase politica. In particolare, Azzi e Concutelli riferirono a Bonazzi che il Centro studi ON era rientrato nell’MSI su decisione di Rauti, per tutelare gli aderenti da possibili conseguenze nei confronti dei militanti ordinovisti71. Calore apprese da Signorelli che la scelta della maggioranza del Centro Studi di confluire nell’MSI, fu determinata dal fatto che i dirigenti ordinovisti ritenevano prossima una campagna repressiva nei confronti della destra e che fosse necessario non disperdere energie in gruppi extraparlamentari72.

coerenti, anche se la direttiva ci è sgradita, eseguiamola e rientriamo pure noi nel Movimento Sociale Italiano".

69 Siciliano, int. 20.10.1994.

70 Così, Vianello, int. 12.11.1992, acquisito al fascicolo del dibattimento.

71 Bonazzi, p. 193, così ha descritto le informazioni ricevute:

“P. C. A VV. SINICA TO - Senta, che cosa sa, che cosa ha saputo, meglio, dai suoi colloqui con Azzi o con altri delle scelte diciamo di Ordine Nuovo, come gruppo politico?

T. - Guardi, è un p o ’ lunga. Dunque, Ordine Nuovo prima era un unico movimento poi si è sciolto, c'è stato il movimento politico Ordine Nuovo e Centro Studi Ordine Nuovo. Il Centro Studi Ordine Nuovo confluì in ami7 porte nel Mnvimpnin Snr.inls^-pp.rr.hri-Phio-Rauti-sapeva-a-suo-dire—siccome-(mehe-lurtantn-per cambiare ha fatto parte o ha collaborato con i servizi segreti, sapeva che poteva esserci una persecuzione nei confronti della destra, quindi lo scioglimento di Ordine Nuovo; quindi ci fu questa rottura. Graziani decise di fondare il movimento politico Ordine Nuovo e rimase il Centro Studi con piccole cellule, tipo La Fenice, in attività.

P.C. A W . SINICATO - Queste informazioni Lei le ha avute direttamente, cioè le ha per conoscenza diretta o gliele ha date qualcuno?

T. - Diciamo così, le ho avute da Azzi, il povero Azzi che lo nomino sempre, e da altri appartenenti al gruppo, dallo stesso Concutelli per esempio.

P.C. A VV. SINICATO - Quando Lei dice che Rauti decise di rientrare nel Movimento Sociale, per quello che Lei ha saputo è stata una scelta politica, nel senso che la linea politica coincideva con quella del Movimento Sociale, o una scelta di altra natura?

T. - Penso che all'inizio fu una scelta di altra natura per proteggersi, poi in effetti il Movimento Sociale per esempio La Fenice a Milano non faceva parte del Movimento Sociale, però vi era una certa collaborazione con il Centro Sociale; insomma, il Centro Studi era interno-esterno al Movimento Sociale."

72 Calore, pp. 188-90. così ha ricostruito quella fase:

“ P.M. DOTT. MERONI - Lei ha mai sentito, saputo da persone ovviamente dell'ambiente quale fosse il significato, le ragioni di questa riunificazione, diciamo, di questa confluenza del centro studi nel Movimento Sociale?

T. - Il centro studi Ordine Nuovo, il momento in cui decise da riconfluire... ossia, l’ala maggioritaria del centro studi Ordine Nuovo decise del 1969 di rientrare nel Movimento Sociale, mentre l'area di minoranza ne continuò a restare fuori. La scelta dell'area di maggioranza del centro studi Ordine Nuovo ritenne di rientrare nel Movimento politico Ordine Nuovo... ehm, di rientrare nel Movimento Sociale Italiano irt quanto riteneva che di lì a poco si sarebbe potuto sviluppare un'ampia campagna repressiva e che di conseguenza non bisognasse disperdere le forze in rivoli extraparlamentari. Quindi la scelta fu principalmente una scelta di tattica politica, anche se portò a delle conseguenze notevoli da un punto di vista dei contrasti

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Queste indicazioni, contestate a Rauti dal P.M. nel corso dell’esame dibattimentale, sono state dallo stesso smentite. Rauti, pur avendo ammesso che vi era una situazione politica generale che induceva a trovare una collocazione istituzionale di ON, ha ribadito di essere sempre stato favorevole al rientro nell’MSI, soggiungendo tale scelta fu essenzialmente determinata dal buon rapporto con Almirante73. Con riferimento alla riunioni del gruppo dirigente del Centro studi precedenti a quella estiva nella quale fu sancito il rientro, Rauti ha ammesso l’esistenza di forti resistenze da parte di alcuni esponenti del direttorio nazionale, ma ha confermato che la sua posizione politica era stata, durante tutto il 1969, favorevole al rientro nel partito e ha escluso di mai espresso nella primavera-estate del 1969 c la convinzione che non vi erano le condizioni per l’unificazione delle forze74. In conclusione, Rauti ha ribadito che l’unico problema per i dirigenti di ON era la garanzia di rientrare con dignità politica nell’MSI, ottenuta la quale (con l’affidamento di incarichi, la nascita di una rivista culturale, l’attribuzione dell’ufficio stampa), i dissidenti si ridussero ad una piccola frangia che non rientrò nel partito e costituì il Movimento politico ON75.

personali degli esponenti delle due ali. Fatto sta che da quanto mi risulta anche l'attentato che subì Rauti e che lo mise in coma praticamente, venne messo in coma colpito da martellate sulla testa, non fu opera della Sinistra come fu detto ma fu opera di un esponente del Movimento politico Ordine Nuovo che era rimasto fuori dal Movimento Sociale Italiano.

P. - Scontento.

T. - Sì. Per essere precisi si fece il nome di Mario Tedeschi; era un esponente romano del Movimento politico Ordine Nuovo, che avrebbe compiuto questa azione. Poi all'interno... fra quelli che rientrarono nel Movimento Sociale Italiano a sua volta esistono due... esistevano due tipi di schieramenti: un'ala proprio più legalitaria che potremmo ricondurre principalmente a Maceratinì, e un'ala che invece si muoveva su un doppio binario, che era quella che è più legata a Signorelli e in qualche modo anche a Rauti, per quanto mi risulta direttamente. Infatti questa seconda ala organizzò una serie di circoli culturali che non... di cui i cui appartenenti in alcune parti d'Italia facevano parte del Movimento Sociale Italiano, in altre parti d'Italia non ne facevano parte. E allo stesso tempo si organizzavano in una maniera del tutto propria di un Movimento di tipo extraparlamentare. Io pure aderii a un gruppo di questo genere; la mia adesione al Movimento politico Ordine Nuovo vero e proprio, cioè come Movimento extraparlamentare, è del 1973, mentre il mio inizio della militanza avviene nel Circolo Culturale Europeo de La Rochelle, che è uno di questi gruppi che si raccoglievano intorno principalmente alla figura di Paolo Signorelli. A questo stesso filone appartengono gruppi come quello de La Fenice a Milano o come il circolo Europa di Genova.

P.M. DOTT. MERON1 - Quindi, se non ho capito male, anche dopo il rientro, diciamo così, cioè un'ala è rientrata convinta di quello che stava facendo, cioè quella che sostanzialmente si riconosceva in Maceratinì, mentre per un 'altra parte - che pure rientrava nel partito - la ragione era puramente tattica, di convenienza, diciamo?

T. - Era di evitare una dispersione di forze in un momento in cui si prevedeva un forte aumento di una situazione repressiva, di non rimanere scoperti nel caso gli eventi fossero precipitati in una qualche maniera.

P.M. DOTT. MERONI - E quindi ha continuato comunque a mantenere una sua autonomia organizzativa?

T. - Sì.

P.M. DOTT. MERONI - Con questi circoli?

T. - Sì, completamente: io ho partecipato a dei corsi di formazione politica che si sono svolti negli anni '71 - '72, dove venivano spiegate, oltre i vari prìncipi della lotta politica, anche tecniche dell'infiltrazione, tecniche dell'organizzazione clandestina e tutte quelle serie di cose. A queste cose ho partecipato fino all'epoca in cui sono partito a fare il servizio militare nel 197ì."

73 Rauti, p. 8.

74 Rauti, p. 9.

75 Rauti, p. 11.

(12)

Questo è il quadro delle prove acquisite sulla vicenda qui valutata: da un lato Raud ha ripetutamente ribadito che la decisione fu esclusivamente dettata da ragioni politiche interne al partito, dall’altro molti testimoni che vissero quelle vicende o che le appresero da esponenti di ON, hanno individuato la ragione del rientro nella necessità di “aprire l/ombrello”76. Non è fondamentale in questo processo stabilire con certezza se Rauti avesse acquisito informazioni da apparati istituzionali che prefigurassero uno scenario preoccupante per le forze estremiste di destra e se, conseguentemente, abbia ritenuto opportuno, per una scelta tattica, confluire nell’MSI e tutelare i militanti della sua corrente. Certo è che molti altri ordinovisti accettarono quella decisione convinti della necessità di garantirsi una protezione rispetto all’iniziativa repressiva che si stava prospettando nei loro confronti. L’espressione “aprire l'ombrello”

definisce bene la condizione in cui alcuni gruppi locali di ON o alcuni militanti all'interno di altri gruppi decisero di attuare attraverso la confluenza nell’MSI.

Incentrando l’attenzione sui gruppi veneti (quello padovano, quello udinese, quello triestino e quello veneziano-mestrino) e su quello milanese capeggiato da Rognoni (ma analoghe considerazioni avrebbero potuto svolgersi su altri sodalizi locali, come quello romano capeggiato da Signorelli, se in questo dibattimento fossero state acquisite notizie specifiche in merito alle sue attività), la garanzia derivante dall’appartenenza ad un partito che aveva rappresentanza parlamentare ed istituzionale, non può che essere interpretata in rapporto con le iniziative politiche che quei gruppi stavano realizzando nel 1969, i progetti agli stessi riconducibili, la prosecuzione negli anni ’70 della strategia eversiva descritta nel precedente capitolo.

Tutti gli ordinovisti veneti di cui si è trattato in questo processo intesero la garanzia del rientro come possibilità di proseguire nella strategia eversiva in atto nel 1969, tanto che Maggi e Romani a Venezia, Zorzi, Siciliano e Vianello a Mestre, Vinciguerra ad Udine, Neami, Portolan e Bressan a Trieste, tutti esponenti del Centro studi ON, rientrarono nell’MSI. A Padova, Fachini operava già nel partito con posizioni politiche ritenute incompatibili da molti missini padovani e Freda fu contattato proprio dai veneziani perché partecipasse alle iniziative organizzate in occasione del rientro e rientrasse anch’egli nell’MSI. A Milano, Rognoni attivò i suoi rapporti con gli ordinovisti proprio quando la decisione di rientrare nelPMSI stava per essere attuata, e lui, militante con la “doppia tessera”, proseguì la politica eversiva ordinovista alFinterno delle strutture del partito.

In questo quadro è del tutto irrilevante accertare se quel progetto tattico fu condiviso dai vertici del Centro studi ON e in particolare da Pino Rauti, le cui smentite sul punto sono state per un verso “deboli” (avendo egli ammesso che fu valutato il contesto politico generale nel quale i militanti della sua organizzazioni si sarebbero venuti a trovare in quel periodo storico), per altro verso sono state contrastate da molte dichiarazioni meno “interessate” delle sue, che hanno ricondotto proprio a Rauti la valutazione tattica di quella decisione politica. D’altronde, non può ignorarsi che Rauti mantenne con gli ordinovisti veneti un rapporto di intensa collaborazione

76 Si utilizza un’espressione contenuta nelle sentenze delle Corti veneziane più volte richiamate nel precedente capitolo.

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politica e, secondo alcune indicazioni testimoniali, si rese responsabile di comportamenti che lasciano sospettare una contiguità con quell’area politica eversiva di cui in questo processo sono stati acquisiti elementi indiziari consistenti.

Ma non è questo l’oggetto del processo.

9 i - L e riunioni di villa Foscari in vista del rientro di ON nell*MSI.

Poche sintetiche osservazioni merita la valutazione del rientro degli ordinovisti veneti nelle strutture del partito.

Nel processo sono state le indicazioni di Siciliano a descrivere con maggiore precisione alcune riunioni tenutesi a villa Foscari tra l’estate e la fine del 1969, nel corso delle quali fu discusso il rientro degli ordinovisti veneziani-mestrini nell’organigramma del partito. Quelle riunioni non assumono particolare significato probatorio nella vicenda complessiva qui giudicata, ma si reputa opportuno ricostruirle per definire compiutamente il quadro di quei rapporti.

Siciliano ha riferito che nelle riunioni tenute nei mesi di ottobre e di novembre presso la villa di Mira si discusse della candidatura di Marco Foscari per la carica di segretario federale dell'MSI. Foscari apparteneva ad una famiglia veneziana prestigiosa per cui poteva rappresentare una candidatura autorevole e accettata da diverse componenti (e non solo da quella romualdiana a cui apparteneva), come compromesso tra la posizione di Parisi e quella degli ordinovisti. Foscari rifiutò però la candidatura, sia perché suo padre (influente nell’MSI) si era opposto non ritenendolo moralmente adatto, sia perché doveva trasferirsi a Milano. Quelle riunioni, a cui parteciparono per ON Maggi, Romani, Barbaro e Carlet, per l’MSI Parisi, Gradari, Marco Foscari e Siciliano (e forse anche Mazzucco, Molin e Mayer Bona della CISNAL) consentirono di individuare una candidatura comune, proposta da Foscari, in Gradari (che divenne poi segretario), ma l’incontro fu anche l’occasione di raggiungere accordi più ampi a seguito del rientro degli ordinovisti:

Parisi venne proposto come segretario di Mestre e assessore comunale a Venezia, Gradari come segretario federale di Venezia e candidato al Senato, Maggi come medico della CISNAL, Barbaro come revisore dei conti, Siciliano come segretario provinciale del FUAN, Zorzi sarebbe stato proposto con un ruolo di rilevanza

* 77

nell’esecutivo nazionale giovanile .

Alcune delle persone che Siciliano ha indicato presenti, hanno confermato che tra la fine del 1969 e i primi mesi del 1970 si tennero alcune riunioni presso la villa Mira di Marco Foscari, nelle quali si discusse della struttura dirigente del partito a seguito del rientro degli ordinovisti.

Innanzitutto Maggi ha ammesso la partecipazione alle riunioni di villa Foscari e, pur collocandole alcuni mesi dopo l’ottobre 1969, ha confermato la presenza sua, di Barbaro, di Carlet e di Romani per conto di ON, di Foscari, Parisi e forse Gradari per l’MSI, oltre che di Martino Siciliano:

“P.M - Cos’ha fatto nel dicembre del ‘69? Se ha fatto qualche cosa di insolito, diverso dall ’andare a lavorare normalmente.

77 Siciliano, int. 19.9.1997, p. 2.

(14)

1. - Sì, ricordo che agli inizi di dicembre, proprio, ci sono state una serie di riunioni a Malcontenta, che è una frazione di Venezia, nella villa di Marco Foscari Era il periodo in cui già erano in corso contatti tra Ordine Nuovo, il Movimento Sociale per il rientro, eccetera, e allora si parlava di... far nominare Marco Foscari, che era una figura di un certo rispetto a Venezia, Segretario Provinciale del MSI. E allora abbiamo fatto una serie di riunioni a casa di Foscari...

P.M. - A Malcontenta?

I. - A Malcontenta, sì.

P.M. - La villa?

I. - E mi ricordo che c ’era...

P.M. - La villa Malcontenta?

I. - E ’ divìsa in due la Malcontenta: c ’è la villa della Barchessa... Noi eravamo andati nella Barchessa...

P.M. - Sì, sì, la Barchessa detta Malcontenta, comunque.

I. - Sì. E ci eravamo andati io, Romani, Carlet e Barbaro, e c ’era Marco Foscari e forse c ’era anche...

P.M. - Foscari desumo che ci fosse necessariamente.

I. - Forse c ’era anche l’Avvocato Parisi. E abbiamo parlato per due o tre volte, dopo io... era un periodo che non stavo tanto bene, e andavamo attualmente di sera perché di giorno io lavoravo in ospedale, e una sera, tornando a casa, sono stato male, insomma, e sono stato a letto anche un paio di giorni.

P.M. - Chi ricorda chi altri c ’era a queste riunioni a casa di Marco Foscari? A parte Romani, Barbaro e Carlet, che ha detto Lei, che rappresentavate sostanzialmente, diciamo la corrente di Ordine Nuovo, no, voi?

I. - Non mi ricordo tanto bene. Mi pare che ci fosse l ’Avvocato Parisi.

P.M. - Gradari?

I.

-

Gradari... a me sembra che ci fosse. Sembra di no, non so. Non so cosa dire.

P.M. - C ’era anche Martino Siciliano?

I. - Martino Siciliano un paio di volte. Tra l ’altro io sono andato lì tre volte perché è aperta a sera, erano a cadenza bisettimanali o settimanali; la terza volta io non sono più andato, insomma, perché stavo male. E Martino era molto amico di Marco Foscari e, almeno la prima sera c ’era, perché era un po ’ il cerimoniere, quello che serviva il vino, perché anche lì bevevamo un po ’ di vino. Ovviamente.

P.M. - Lei, peraltro, nell’interrogatorio del 18 settembre ’97, a proposito della durata della sua malattìa Lei disse: «Nel corso dì una di queste riunioni io ho preso la broncopolmonite e sono quindi rimasto a letto per almeno una settimana»...

1. - Sì, invece dopo...

P.M. - «E non ho quindi più partecipato alle riunioni successive» ”78

Gradari ha confermato di aver partecipato ad alcune riunioni a villa Mira, collocandole però nel 1970 e non nel 1969, anche se dal tenore delle sue risposte non

78Maggi, u. 8.3.2001, p. 170.

(15)

P la tin u m S po n sor: P rovin cia di B rescia - R eg io ne L om b ard ia - C o m u n e di Brescia

pare che possa escludersi la sua presenza anche agli incontri descritti da Siciliano e Maggi79.

79 Gradari, p. 20 ha risposto con affermazioni poco chiare che, appunto, sono sostanzialmente confermative della sua presenza a quelle riunioni, ancorché negatone nella forma:

“P.M. - Ha partecipato anche a riunioni politiche nella villa di Foscari? Politiche in senso lato, ovviamente.

T. - Sì, certamente. Le discussione politiche erano ovviamente all'ordine del giorno. Ed erano proprio collegate in quel periodo... Le dirò una cosa: all'interno del Movimento Sociale Italiano oltre al rientro della Componente Rautiana c'erano, però, ancora di fatto due componenti, la componente Almirantiana che era maggioritaria, e la componente Romualdiana che faceva capo all'Onorevole Pino Rotmialdi. Marco b ascari era un esponente, quindi ci siamo trovati in un certo periodo a dover, proprio in vista delle elezioni del '70, del rientro della componente rautiana, etc., le discussione vertevano fondamentalmente proprio su questo tipo dì, come dire, nuova organizzazione che doveva prevedere evidentemente la collocazione di Tizio, Caio e Sempronio a seconda della provenienza e degli incarichi.

P.M. - Quindi Lei ha partecipato a riunioni o discussioni...

T. - Sì, sì.

P.M. - Mi faccia finire. Ha partecipato a riunioni o discussioni tenutesi nella villa di Foscari relative alla distribuzione di incarichi nell'ambito del Movimento Sociale?

T. - Sì, e soprattutto, come dicevo prima, per superare insieme, perché su questo ci eravamo trovati d'accordo...

P.M. - Ha partecipato a riunioni dì questo tipo quindi?

T. - Sì.

P.M. - Ricorda in che periodo si sono tenute?

T. - Le ho detto agli inizi degli Anni '70... Cioè all'inizio del '70 perché era in previsione... Dunque nel dicembre...

P.M - Scusi, quindi dopo il rientro ufficiale nel Movimento Sociale della Componente Rautiana?

T. - Certamente.

P.M. - La mia domanda invece è se Lei ha partecipato a riunioni di questo tipo per la distribuzione di cariche alla componente rautiana all'interno del Movimento Sociale, ovviamente prima che questa cosa si ufficializzasse ?

T. - No, no.

P.M. - Lei non ci ha partecipato?

T. - No.

P.M. - Lei sa se ci sono stale riunioni di questo tipo?

T. - No, tenderei ad escludere. Nel senso che è stato di fatto rinviato al dopo. Cioè il problema politico all'epoca era anche in termini di immagine far vedere che si era ricompattata quella destra. Da qui la manifestazione pubblica. Dopo le questioni di dettaglio, anche se erano importanti per noi, vennero rinviate alla fase successiva, cioè quando appunto si trattava di mettere in piedi una nuova struttura di federazione a livello provinciale, e soprattutto di pensare alle elezioni regionali e amministrative.

P.M. - Lei ricorda in che mese si sono tenute le elezioni regionali nel '70?

T. - Francamente no, ma presumo che siano state ad aprile o maggio. Presumo, adesso non ricordo in dettaglio.

P.M. - Quindi a suo ricordo queste riunioni ci saranno state nella primavera del '70?

T. - Direi di sì, senz'altro.

P.M. - Perché erano finalizzate al momento elettorale?

T. - Sì.

P.M. - Non al momento rientro della Componente Rautiana nel Movimento Sociale?

T. - Dottor Meroni, il rientro lo aveva già stabilito qualcun altro. Come dire? 1...

P.M. - Siccome altri testi hanno detto che ci sono state comunque discussioni e riunioni per stabilire quali posti spettavano alla Componente Rautiana nell'ambito dei vari incarichi di partilo. Le chiedevo se Lei aveva partecipato a riunioni di questo tipo, se ne era a conoscenza... Questo era il senso.

T. - Certamente se riunioni ci furono, quelle alle quali partecipai io non c'era nessun pezzo di carta...

P.M. - Questo è fuori discussione!

(16)

Parisi ha confermato sostanzialmente le dichiarazioni di Siciliano, pur collocando le riunioni a villa Foscari, a cui lui e Gradari parteciparono, nel febbraio-marzo 1970, precisando che tra l’estate e la fine del 1969 si tennero altre riunioni alle quali egli non partecipò80.

T. - No, scusi Dottore, cerco di capire, nel senso di dire... Anche perché io non mi prestavo a questo tipo di discorso, e né avevo l'autorità per poter dire: questo sì, questo no. Aspetta, scriviamo, entra, questo lo facciamo vicesegretario, etc..

P.M. - Qualcuno lo ha fatto però.

T. - Diciamo che le discussioni vertevano da un lato su un recupero ambientale, quindi l'impegno ognuno a darsi da fare, etc. etc., promovendo dibattili, incontri, manifestazioni, e cose di questo genere nel nome del partito. A livello tecnico la cosa si perfezionò in sede di liste. E le dicevo prima che quando le liste, personalmente, io puntai a ringiovanirle...

P.M. - Sì. Comunque Lei esclude di aver partecipato a riunioni di questo genere alla villa di Foscari, in sostanza?

T. - Come dice?

P.M. - Esclude di aver partecipato a riunioni di questo tipo, cioè dirette a distribuzione degli incarichi nella villa di Foscari?

T. - No, non ho detto... Ho detto che nella villa di Foscari, così come in altre parti, si è parlato di politica, può essere anche che si sia parlato di cose, ma non in maniera specifica: ci troviamo lì per stabilire...

P.M. - Ho capito, non ricorda una cosa del genere in sostanza?

T. - Ricordo di aver partecipato attivamente a questa opera, anche se non molto convinto, a questa opera di recupero e dì riunificazione del partito, nei termini in cui si può discutere che cosa pensiamo di fare, su cosa puntiamo, che tipo dì attività circa svolgiamo, come ci prepariamo alle elezioni, chi cura il settore cultura...

P.M. - Però queste sono cose fatte in vista delle elezioni?

T. - Non ho partecipato a riunioni, come dire, che sembrano configurarsi...

P.M. - Signor Gradari, nessuno sta parlando di questo. Volevo solo sapere se ha partecipato a delle riunioni alla villa dì Foscari prima del rientro nel partito oppure no. Era solo questa la domanda. Mi è sembrato di capire no?

T. - No, a riunioni di questo tipo no. Prima."

80 Così Parisi, p. 26 e ss. ha ricostruito quella vicenda:

“A W . RONCO - Cosa capitò a Venezia, il Dottor Maggi e in particolare il Romani che cosa fecero?

T. - Bisogna dire che quel tempo era federale di Venezia, Segretario Provinciale deU'M.S.I. di Venezia l'Avvocato Lanfrè, però c'era la corrente di Romualdi e la corrente che aveva governato il partito fino ad allora, quella di Michelini, ma che era rimasta senza capo, che volevano che a Venezia fosse eletto Segretario Provinciale il Conte Foscari. E credo che Foscari, assieme ai romualdìani si fossero un po' messi d'accordo con questi nostri amici che volevano rientrare nel partito, inducendo anche noi che eravamo di Almirante a fare una operazione di destabilizzazione dell'Avvocato Lanfrè per far eleggere Foscari.

A VV. RONCO - questo quando avveniva?

T. - E ci fu una riunione, io partecipai. Dunque, bisogna dire che erano... Vorrei dire una cosa prima, se permette Avvocato. In vista del rientro di Ordine Nuovo, e di questi altri che non erano mai stati dell'M.S.l.

come l'ammiraglio Birindellì ed altri personaggi tedeschi che non erano dell'M.S.l, Almirante indisse al palazzetto dello sport di Roma per il giorno, mi pare, 16 dicembre del '69, o 14 dicembre mi pare, un congresso in cui si formalizzava la rientrata di Ordine Nuovo e la pacificazione. Come ben sappiamo il 12 di quel mese di dicembre avvenne il fatto della bomba alla Banca dell'Agricoltura qui a Milano e Almirante spostò la riunione al 21 dicembre del '69, e andammo tutti quanti, c'erano praticamente tutti, compreso Ordine Nuovo, abbiamo fatto una bella manifestazione al palazzetto dello sport di Roma; questo succedeva il 21 dicembre. Era chiaro, per altro, che i pour parler per fare questa operazione a Venezia dovevano essere avvenuti prima, cioè tra la morte di Michelini, l'agosto del '69, il settembre, ottobre, novembre, dicembre, però io non partecipai mai, e neanche Gradari, che eravamo i due esponenti mestrini della corrente di Almirante, che eravamo anche con Lanfrè perché era un almirantiano, anche se avevamo avuto degli screzi con l'Avvocato Lanfrè però eravamo amici di tutti gli almirantiani che erano nel Veneto, praticamente c'era l'Onorevole Franchi a Vicenza, l'Onorevole (p.i., pronuncia non chiara) a Udine, lutti

quanti.

A W . RONCO - Quindi vi furono dei pour parler, dei contatti, degli incontri nel mese di dicembre, in

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