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un 'altra affermazione fatta da Delfo Zorzi in un momento successivo ai due falliti attentati circa la assoluta affidabilità dello "ZTO OTTO" il quale aveva migliorato e

Nel documento fra qualche giorno ci sarà una serie di (pagine 185-200)

SECONDO ACCESSO AL CASOLARE DI PAESE

I. - E non gliene va bene una

3) un 'altra affermazione fatta da Delfo Zorzi in un momento successivo ai due falliti attentati circa la assoluta affidabilità dello "ZTO OTTO" il quale aveva migliorato e

reso più sicuro il sistema di timeraggio.

Per questo dedussi che la non esplosione dei due ordigni di Trieste e Gorizia fosse dipesa dal fatto che evidentemente o i congegni non erano ancora perfettamente funzionanti in quanto c'era stato qualche problema tecnico o gli stessi erano statidisinnescati in tempo dalla Polizia 318

Già in quegli interrogatori Siciliano aveva fornito due elementi importanti per valutare la successiva ricostruzione della “cena del tacchino”, le ricorrenti occasioni di incontro con Zorzi e Vianello per festeggiare insieme il Capodanno e la sua convinzione del coinvolgimento di Zorzi negli attentati del 12 dicembre.

Questa premessa non può far ignorare l’elemento più significativo dell’indicazione di Siciliano sull’episodio, cioè la sua rivelazione a distanza di un anno e mezzo dall’inizio della collaborazione.

Difatti, solo negli interrogatori resi dal collaboratore a partire dal maggio 1996 sono state da lui riferite le confidenze ricevute da Zorzi in merito alla partecipazione di quest’ultimo agli avvenimenti del 1 2 dicembre.

Il 24.5.1996 Siciliano ha introdotto l’argomento, richiamando gli incontri dell’ultimo dell’anno trascorsi con Zorzi e Vianello a casa di quest’ultimo, in via Cardinale Massai a Mestre. Rendendosi conto della necessità di fornire una spiegazione plausibile del ritardo nella rivelazione dell’episodio, Siciliano ha esordito formulando una premessa rispetto agli argomenti che stava per descrivere, affermando che molte circostanze anche importanti gli erano tornate alla mente grazie al fatto che, da quando era tornato in Italia, gli interrogatori si stavano svolgendo in modo continuativo e ciò gli aveva consentito di focalizzare episodi che nei primi319 interrogatori non gli erano venuti alla memoria . In quell’atto ha poi ribadito che tra gli episodi rilevanti aveva ricordato gli incontri avuti con Zorzi e Vianello a casa di quest’ultimo a partire dal 1966 e per alcuni anni in occasione dell’ultimo dell’anno;

ha soggiunto che tra loro vi era un rapporto di amicizia (oltreché di militanza politica), che si caratterizzava anche per aspetti rituali che cementavano il loro cameratismo ed escludevano altre persone: era diventato abituale incontrarsi la sera del 31 dicembre, andare insieme con prostitute utilizzando l’auto di Siciliano, proseguire la serata a casa di Vianello, dove bevevano molto e sentivano musica nazista. Lui e Zorzi rimanevano a dormire a casa di Vianello la cui famiglia era in montagna per le vacanze .

318 Siciliano, int. 20.10.1994, p. 3.

319 Così, quasi testualmente, Siciliano, int. 25.5.1996, p. 1.

320 Siciliano, int. 25.5.1996, p. 2.

A poche settimane da quella ripresa di un tema che, per ammissione dello stesso dichiarante, non aveva ancora approfondito, Siciliano ha descritto con assoluta precisione quanto accadde nell’incontro di Capodanno 1969-1970, manifestando solo allora piena disponibilità a riferire quell’episodio. Il collaboratore ha premesso che la ricostruzione svolta nei recenti interrogatori del percorso politico di Vianello, gli aveva fatto ricordare alcune circostanze importanti aventi ad oggetto alcuni incontri avuti con Zorzi e Vianello in occasione del Capodanno; ha soggiunto di rendersi conto che si trattava di un passaggio determinante nella ricostruzione di quegli avvenimenti, che probabilmente aveva cercato di dimenticare per lo sgomento che gli provocarono alcune rivelazioni di Zorzi, grazie alle quali acquisì la certezza della riconducibilità■20 i dell’attentato del 12 dicembre al gruppo veneziano di ON .

Il giorno successivo322, Siciliano ha compiutamente ricostruito l’episodio:

- il turbamento manifestato nel gennaio 1970, nel corso dell’incontro con Gradari, fu determinato dalla convinzione che gli ordinovisti veneziani fossero coinvolti negli attentati del 12 dicembre, acquisita in modo certo durante l’incontro a casa Vianello del 31.12.1969;

- quello era il secondo o il terzo anno che Siciliano, Zorzi e Vianello trascorrevano il Capodanno insieme, secondo il medesimo rituale già descritto . Quella sera lui e Zorzi saccheggiarono il frigorifero della famiglia Vianello mangiando un intero tacchino. 1 discorsi caddero inevitabilmente sugli avvenimenti di Milano e di Roma (per cui erano imputati Valpreda e gli anarchici), ma prima di parlare dell’argomento Zorzi chiese agli amici se avessero sentito voci nell’ambiente della destra sul possibile loro coinvolgimento negli attentati di Trieste e Gorizia e in particolare se qualche militante di destra potesse aver riferito alla polizia confidenze sulla loro responsabilità324. Siciliano e Vianello risposero negativamente e chiesero a Zorzi spiegazioni sul mancato funzionamento degli ordigni di Trieste e Gorizia,; Zorzi confermò quanto già riferito, che cioè vi erano stati difetti dal punto di vista tecnico, che però erano stati eliminati grazie a migliorie apportate da zio Otto nel sistema di innesco e temporizzazione;

- a quel punto Siciliano e Vianello chiesero a Zorzi cosa sapesse degli attentati di Roma e Milano e, essendo il clima della serata più confidenziale e consentendo per questo di “abbassare la guardia” rispetto alla consueta riservatezza, tutti e tre chiacchierarono più liberamente del solito;

- Zorzi rispose prendendo il discorso alla larga, teorizzando la necessità di non pensare alle possibili vittime di quegli attentati, perché il sangue poteva essere il motore della rivoluzione, come affermavano i teorici della destra e l’Italia avrebbe potuto assumere il compito storico di salvare l’Europa dal comuniSmo;

321 Siciliano, int. 7.6.1996, p. 3, il quale ha precisato che gli attentati di Trieste e Gorizia erano solo una prova tecnica.

22 Siciliano, int. 8.6.1996, p.. 1 e ss.

323 Anche il 31.12.1969 si incontrarono loro tre e andarono a prostitute in corso del popolo, per cementare la virilità cameratesca; quindi si recarono a casa Vianello dove bevvero molto e ascoltarono inni nazisti.

324 Zorzi all’epoca era già a Napoli, per cui non aveva il pieno controllo della situazione in zona.

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- nell’occasione ribadì i discorsi che Siciliano aveva sentito a Padova, che cioè a seguito di quegli attentati la gente comune avrebbe chiesto uno Stato forte, perché quelle azioni dovevano essere attribuite a gruppi della sinistra;

- a fronte di quei discorsi, riferiti a 20 giorni dalla bombe di Milano, Siciliano e Vianello chiesero a Zorzi di spiegarne il significato, e questi fece chiaramente capire che gli anarchici non c’entravano niente e che erano stati presi come capro espiatorio per le loro pratiche bombarole, ma che in realtà la responsabilità degli attentati era da attribuirsi alla destra, essendo stati pensati e commissionati ad alto livello ed eseguiti materialmente da ON del Triveneto;

- Zorzi non si attribuì personalmente la responsabilità delle azioni, ma, come era sua consuetudine, richiamò la responsabilità del gruppo; soggiunse che anche gli attentati di Trieste e Gorizia erano stati pensati ad alto livello, tanto che i volantini lasciati sul posto erano riferiti alla visita di Saragat in Jugoslavia;

- da parte di Siciliano e Vianello non vi fu una reazione particolare a quelle affermazioni, ma pochi giorni dopo Siciliano ebbe un grosso travaglio sfociato nella crisi di pianto di corso Matteotti, durante la quale confidò a Gradari la sua convinzione sulla riferibilità degli attentati alla destra.

Questa ricostruzione definisce l’episodio oggetto del paragrafo, avendolo Siciliano confermato in un successivo interrogatorio del novembre 1996, nel corso del quale ha ribadito che effettivamente nell’occasione di quella serata discussero dei recenti attentati del 12.12.1969 e Zorzi affermò esplicitamente che le azioni erano state molto utili per la causa del gruppo a cui appartenevano e che non aveva rilevanza che avessero provocato tanti morti, paragonando quell’attentato alle bombe di Hiroscima e Nagasaki, nelle quali erano pure decedute persone innocenti. Zorzi ribadì l’utilità degli attentati di Milano per la strategia di ON, lasciando intendere che all’attentato avevano partecipato militanti di ON di Mestre e Padova e in particolare egli stesso, pur senza affermarlo esplicitamente. Siciliano ha precisato che quei discorsi erano per Zorzi insoliti, perché non era usuale che questi si vantasse delle azioni compiute dal gruppo, soggiungendo che né lui, né Vianello (che assistette al discorso) manifestarono alcuna reazione a quelle affermazioni325.

In quell’ultimo interrogatorio, il collaboratore ha confermato che nei primi verbali non aveva fatto riferimento all’episodio perché il turbamento che gli aveva provocato la strage lo aveva indotto a rimuovere il ricordo e solo dopo i ripetuti interrogatori del

1996 aveva ripensato a quegli argomenti ricordando anche fatti dimenticati.

Questo è il contenuto ricostruttivo delle dichiarazioni di Siciliano che definiscono l’elemento indiziario a carico di Zorzi, sostanziandosi l’episodio in una sorta di confessione extragiudiziale dell’attentato. In effetti, ad analizzare le affermazioni del dichiarante sul discorso che fece Zorzi nel corso di quella serata, la “confessione”

non è paragonabile alle confidenze che lo stesso Zorzi fece a Digilio tra il 1970 e il 1973. In occasione dei due incontri in corso del Popolo descritti nei precedenti paragrafi, Zorzi ammise esplicitamente il proprio coinvolgimento negli attentati del

1 2 dicembre, rivendicando anche orgogliosamente la sua materiale partecipazione

325 Siciliano, int. 20.11.1996, p. 4.

alla fase esecutiva dell’azione. Con Siciliano e Vianello il discorso di Zorzi fu molto più ambiguo, perché questi non affermò di aver partecipato all’organizzazione o all’attuazione degli attentati, ma si limitò a rivendicarne la funzione politica, a ridimensionare la gravità delle tragiche conseguenze, esaltando il significato delle azioni nella complessiva strategia eversiva, prospettando il coinvolgimento dei militanti ordinovisti del Triveneto negli attentati. Anche con riferimento alla propria personale responsabilità nell’azione, Zorzi non l’ammise esplicitamente, ma, come era sua consuetudine, richiamò la responsabilità del gruppo.

Il primo elemento di valutazione di intrinseca attendibilità della ricostruzione di Siciliano deriva proprio dalla comparazione tra le confidenze ricevute da Digilio e quelle ricevute da Siciliano e Vianello. Con il primo (responsabile diretto nella preparazione degli ordigni), Zorzi fu esplicito nel ricostruire la propria responsabilità, con i secondi lasciò solo trasparire il suo coinvolgimento negli attentati.

Gli elementi decisivi nella valutazione di questo episodio attengono ad entrambi i profili di attendibilità (intrinseca ed estrinseca) delle dichiarazioni del collaboratore.

La prima questione si concreta nel motivo per cui Siciliano ha riferito con ritardo l’episodio.

Si sono già illustrate le ragioni addotte dal collaboratore per giustificare tale ritardo, che si sostanziano nell’avvenuta rimozione dell’episodio determinata dal turbamento provocato dagli eventi del 1 2 dicembre e nel fatto che le modalità di svolgimento della seconda fase degli interrogatori gli avrebbe consentito di focalizzare specifici episodi fino a quel momento tralasciati326.

A fronte di tali deduzioni, la difesa Zorzi (quella più interessata a contestare l’episodio) ne ha ricostruito le modalità di rivelazione, qualificandolo come l’esempio più eclatante delle dichiarazioni rese da un “pentito a rate” (quale sarebbe Siciliano), iniziando la trattazione con l’indicazione di quanto accaduto tra il 18.10.1994 e il 7.6.1996 nella vita di Siciliano e nelle indagini in corso sulla strage. Quella difesa ha affermato che la ricostruzione della “cena del tacchino” è avvenuta “dopo quasi due anni dall’inizio della collaborazione, dopo una ventina di interrogatori, dopo che è ritornato in Colombia, si è mangiato il taxi, è ritornato in Italia nel marzo e nell ’ottobre ’95, ha reso interrogatori di cui mai parla di questa cosa; è ritornato in Colombia ed è per l ’ennesima volta ritornato in Italia”, così concludendo “se questa non è una dichiarazione a rate io non so come qualificarla. Vogliamo essere generosi.? E ’ una dichiarazione t a r d i v a . Quindi, quel difensore ha ricollegato quella rivelazione allo stato delle indagini, definito “diffìcile, perché Digilio è fermo agli incontri in corso del Popolo, racconti de relato, poco utili, non riscontrati da nulla. Una seconda voce, su confidenze ricevute, sarebbe estremamente gradita, utile, Bonazzi deve ancora venire, ’97 Bonazzi, e il nostro Siciliano tira fuori la cena del 31.12”32S.

Secondo quella difesa, quella dichiarazione tardiva è intrinsecamente inattendibile perché Siciliano aveva già parlato degli incontri a casa Vianello, per cui non è

326 Siciliano, int. 8.6.1996, p. 3.

327 Difesa Zorzi, u. 8.6.2001, p. 61.

328 Difesa Zorzi, u. 8.6.2001, p. 61.

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credibile che avesse rimosso il ricordo di quella cena. Quindi, Siciliano ha addotto♦ 329 una giustificazione del ritardo, la pretesa rimozione psicologica, ridicola e fasulla . Il confronto tra la versione del collaboratore e l’interpretazione che la difesa Zorzi ha attribuito a quel comportamento è chiaro, secondo Siciliano fu il succedersi di interrogatori su quelle vicende e il superamento della rimozione psicologica a far riemergere il ricordo di quell’episodio, secondo la difesa furono la necessità del collaboratore di accreditarsi ancora con una nuova, falsa dichiarazione a seguito delle vicissitudini sudamericane, offrendo agli investigatori un elemento di riscontro alle dichiarazioni di Digilio.

La Corte deve innanzitutto valutare oggettivamente quella dichiarazione senza formulare ipotesi sulle ragioni del ritardo che non siano fondate su elementi di prova o su argomenti logici.

E’ certo che Siciliano riferì l’episodio qui analizzato con significativo ritardo, atteso che già nell’ottobre 1994 aveva descritto gli incontri a casa Vianello e aveva ricostruito le ragioni in forza delle quali si era convinto del coinvolgimento degli ordinovisti veneziani-mestrini negli attentati del 1 2 dicembre, tanto da manifestare a Gradari lo sgomento per quel sospetto. Queste circostanze, riferite già all’inizio della collaborazione, sono state utilizzate dalla difesa Zorzi come elementi che smentiscono l’allegazione di Siciliano sul motivo del ritardo, dimostrando che egli mentì quando affermò di aver rimosso l’episodio. Ma se ciò è vero, quelle due circostanze possono essere interpretate anche in senso contrario all’inattendibilità, perché rappresentano elementi di riscontro rispetto alla valutazione dell’episodio. Se le cene a casa Vianello del Capodanno, la convinzione della responsabilità di Zorzi per gli attentati del 12 dicembre e l’incontro con Gradari smentiscono la tesi del collaboratore sui motivi del ritardo, rendono la ricostruzione della “cena del tacchino” del tutto coerente con il quadro di elementi che all’inizio della collaborazione erano stati definiti da Siciliano. La convinzione di Siciliano, manifestata nei primi giorni di gennaio nell’incontro con Gradari, è pienamente fondata se pochi giorni prima lo stesso Zorzi gli aveva fatto intendere che gli ordinovisti veneti avevano partecipato agli attentati.

La difesa Zorzi ha contestato la falsità delle indicazioni di Siciliano anche sulla base di uno degli elementi indicati dal collaboratore come determinanti la sua convinzione del coinvolgimento degli ordinovisti veneziani-mestrini negli attentati del 1 2 dicembre, cioè le analogie dell’ordigno rinvenuto inesploso alla Banca Commerciale Italiana di Milano (con specifico riferimento al tipo di esplosivo) con quelli utilizzati negli attentati di Trieste e Gorizia330, deducendo che nessun articolo di giornale pubblicato sulla stampa nazionale tra il 14.12.1969 e il 31.1.1970 aveva indicato la gelignite come sostanza esplosiva utilizzata nell’attentato milanese. Ritiene la Corte che fondare il giudizio di inattendibilità di un dichiarante (chiunque esso sia) su un elemento così sfuggente nella verifica dei fatti sia poco coerente con lo scrupolo utilizzato da quella difesa nell’affrontare questo processo. La questione non può

329 Così definita dallo stesso difensore, u. 8.6.2001, p. 64.

330 Difesa Zorzi, u. 8.6.2001, p. 69.

essere risolta verificando se sulla stampa nazionale fosse stato riferito il tipo di sostanza esplosiva utilizzata negli attentati, perché dalla lettura degli articoli prodotti emerge che effettivamente alcuni riferimenti a caratteristiche dell’ordigno analoghe a quelli di Trieste e Gorizia furono pubblicati nei giorni immediatamente successivi al

12 dicembre. Nel Corriere della sera del 14 dicembre 1969 fu pubblicato uno schizzo dell’ordigno, costituito da una cassetta metallica, contenente esplosivo gelatinizzato, una miccia a lenta combustione e un detonatore al fulminato di mercurio (caratteristiche identiche a quelle degli ordigni di Trieste e Gorizia). Quanto alla natura dell’esplosivo, le indicazioni contenute negli articoli di giornale prodotti, pur non specificamente riferite alla gelignite, riguardano esplosivo gelatinoso e dinamite.

L’affermazione della difesa, secondo cui quegli articoli di stampa smentirebbero le dichiarazioni di Siciliano, è priva di consistenza logica, dimostrando piuttosto che chi aveva partecipato agli attentati di Trieste e Gorizia, dalla lettura di quegli articoli, avrebbe dedotto analogie assolutamente significative nella composizione dei due ordigni. La gelignite è un esplosivo da mina di tipo gelatinoso, sostanza questa che già dalle prime notizie di cronaca riportate sulla stampa era indicata come contenuta negli ordigni collocati a Milano.

La questione ineludibile è il motivo del ritardo, circostanza che rappresenta l’unico elemento oggettivo, non necessariamente giustificato né dalla rimozione deH’episodio (dedotta dal collaboratore), né dal tentativo del dichiarante di assecondare le esigenze investigative. Nella primavera del 1996 la ricostruzione della “cena del tacchino”

rappresentò un elemento probatorio di non rilevante significato rispetto alle dichiarazioni di Digilio, essendosi limitato ad un’ulteriore confidenza, peraltro molto più ambigua rispetto a quelle che quest’ultimo collaboratore aveva molti anni prima descritto, coerente con il quadro complessivo, ma che non determinò alcuna “svolta”

nelle indagini. La prospettazione difensiva sullo stato di difficoltà delle indagini è del tutto infondata, e altrettanto lo è la rilevanza della nuova rivelazione di Siciliano rispetto a quanto Digilio aveva fino ad allora riferito. Se si tiene conto del contenuto degli episodi che fino ad allora Siciliano aveva riferito, la descrizione di quella cena fu oggettivamente tardiva, ma niente di più.

Potrebbero prospettarsi molteplici ipotesi di quel ritardo, sia quelle dedotte dal collaboratore e dalla difesa Zorzi, sia altre meno psicologiche (quale la decisione di Siciliano di mantenere nascosto un episodio da utilizzare come strumento di pressione nei confronti dell’accusato), ma si tratterebbe di mere ipotesi nessuna delle quali incontestabilmente accertata. Il ritardo esiste e la valutazione dell’episodio non può prescindere da tale circostanza.

Ciò posto Taffermazione difensiva dell’assoluta intrinseca inattendibilità delle dichiarazioni del collaboratore fondata esclusivamente sul ritardo è evidentemente inaccettabile. Il giudizio di intrinseca attendibilità deve fondarsi sulla valutazione complessiva di molteplici parametri riferiti sia al complesso delle dichiarazioni del collaboratore, sia allo specifico episodio. Sotto il primo profilo le considerazioni esposte nel capitolo 5 rappresentano un quadro di valutazione delle dichiarazioni di Siciliano assolutamente solido, essendosi accertato che la totalità degli episodi descritti dallo stesso non solo sono stati ritenuti un contributo autonomo ed originale

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per le indagini, logici e coerenti nella ricostruzione di quei fatti, privi di contraddizioni od incongruenze eclatanti e non superabili, ma sono stati specificamente riscontrati in questo processo. Siciliano è stato ritenuto dalla Corte un dichiarante intrinsecamente attendibile, e le sue dichiarazioni sugli episodi ricostruiti nella fase iniziale della collaborazione e ripetuti, con specificazioni, negli oltre tre anni nei quali quel contributo fu reso all’autorità giudiziaria, sono state sempre confermate da altri elementi di prova. Basti ricordare la valutazione che si è formulata nel capitolo 5 sui quattro episodi che, sempre secondo la difesa Zorzi, dimostrerebbero la natura menzognera del dichiarante, per rilevare che l’unico episodio sul quale vi è un elemento critico nella valutazione di intrinseca attendibilità è quello qui analizzato.

Ma se si eccettua il ritardo nel riferire l’episodio, la descrizione della cena del tacchino è del tutto coerente con il quadro di episodi ricostruiti dal collaboratore.

Siciliano all’inizio della collaborazione (cioè negli interrogatori del 18-20 ottobre 1994) ha descritto le cene di Capodanno a casa Vianello, ha riferito la sua convinzione del coinvolgimento di Zorzi negli attentati del 12 dicembre (tratta dagli elementi più volte ricordati), ha riferito l’episodio dell’incontro con Gradari in corso Matteotti a Mestre, cioè tre circostanze rispetto alle quali la confidenza ricevuta da Zorzi era del tutto coerente sotto il profilo logico. Ancora, le modalità con cui Zorzi confidò all’amico il proprio coinvolgimento negli attentati del 1 2 dicembre, sono coerenti con la descrizione della personalità dell’imputato emersa in questo processo, una persona molto riservata e sempre attenta a non condividere notizie con estranei, al punto che non ammise la propria partecipazione a quelle azioni, ma fece intendere, in modo allusivo, che gli ordinovisti veneziani-mestrini vi erano coinvolti. Se Siciliano avesse voluto falsamente accusare Zorzi (e se gli investigatori avessero voluto ottenere da Siciliano un’accusa decisiva nei confronti di Zorzi, necessaria, nella prospettazione difensiva, rispetto allo stato delle indagini), le dichiarazioni avrebbero potuto essere ben più consistenti e non limitarsi a confermare una confidenza ricevuta avente caratteristiche ambigue e, quindi, molto meno significativa rispetto a quelle già riferite da Digilio.

La seconda questione riguarda il riscontro mancante, cioè le affermazioni di Vianello

La seconda questione riguarda il riscontro mancante, cioè le affermazioni di Vianello

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