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Lesione del legittimario e reintegrazione della quota di legittima

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Academic year: 2022

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Lesione del legittimario e reintegrazione della quota di legittima

Dott. Angelo Maria Galiano

1. La natura giuridica della successione c.d. necessaria: un inquadramento sistematico.

L'art. 457 c.c. recita: l'eredità si devolve per legge o per testamento. Il principio della tipicità delle fonti della successione a causa di morte, costituisce il punto di arrivo di una serie di stratificazioni giuridico-culturali , che vedono il diritto successorio vigente sintesi della cultura giuridica romanistica e germanica. La prima valorizzava l'autonomia del testatore, riconoscendo al medesimo la piena libertà dispositiva del suo patrimonio. La seconda, viceversa, privilegiava il nucleo familiare in nome del quale veniva completamente sacrificata l'autonomia patrimoniale del singolo, al punto da considerare i figli comproprietari del patrimonio familiare di cui sarebbero diventati titolari alla morte dei genitori. 1

La previsione, dunque, di un sistema successorio “chiuso”, in cui i meccanismi di delazione del patrimonio a causa di morte sono rigidamente predeterminati

1Per una approfondita analisi della evoluzione storico-culturale che ha portato alla attuale disciplina della successione c.d. necessaria cfr. L. MENGONI, Successioni a causa di morte, Parte speciale, successione necessaria, Milano, 1967, pp.1 ss.

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dall'ordinamento giuridico, risponde alla esigenza di bilanciare due interessi contrapposti:

da un lato non comprimere eccessivamente l'autonomia dei privati, dall'altro tutelare l'interesse della collettività e segnatamente della famiglia. La tutela dell'autonomia dei privati, punto cardine del nostro ordinamento civilistico, è garantita attraverso il negozio testamentario con cui il singolo ha il potere di regolare, per il tempo in cui avrà cessato di vivere, non solo la sorte del proprio patrimonio ma anche tutti i suoi interessi di natura non patrimoniale(cfr. 587, 2 comma, c.c.). Viceversa, a presidio del nucleo familiare, il legislatore ha previsto una serie di disposizioni che vanno a regolare la c.d. successione necessaria o quota riservata ai legittimari. E' fuori dubbio che il nostro diritto ereditario, ha privilegiato la cultura romanistica nel prevedere che la successione testamentaria prevalga su quella legittima, tuttavia l'autonomia del testatore nell'attribuire i sui beni post mortem non è priva di limiti. Difatti il 3 comma dell'art.457 c.c. stabilisce che le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari. Alla apparente semplicità che connota la formulazione letterale dell'art.457 c.c., corrispondono meccanismi di trasferimento del patrimonio a causa di morte molto più complessi di quello che sembra. E', dunque, necessario distinguere sul piano sistematico la successione necessaria, legittima e testamentaria soffermandosi, in particolar modo, sulle peculiarità strutturali della prima e della seconda. La dottrina prevalente2 tende a considerare la successione necessaria come specie del genere successione legittima poiché condivide con quest'ultima sia il titolo costitutivo(la legge), che il fondamento(la tutela della famiglia). Questa interpretazione è, tuttavia, inappagante poiché non coglie a pieno la complessità del fenomeno successorio e ,in particolare modo, le profonde differenze ontologiche tra la successione c.d. necessaria e quella legittima. Certamente entrambe hanno la genesi nel diritto positivo ma ciò non vale a poterle equiparare sul piano degli effetti e della rispettiva funzione economico-sociale. A dimostrazione di ciò, al

2G. CAPOZZI, Successioni e donazioni, Milano, 2015, p.392

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fine di tracciare in maniera analitica i discimina tra le due fattispecie in esame, possiamo ricavare in via induttiva, dalla analisi della disciplina codicistica, le seguenti linee guida e precisamente: a) l'oggetto della successione; b)i soggetti beneficiari della successione; c) la collocazione delle rispettive discipline nel codice civile.

A) L'oggetto della successione.

La successione necessaria e quella legittima si distinguono in primo luogo per l'oggetto.

La prima riguarda, differentemente dalla seconda comprendente l'universum ius, solo una quota-parte del patrimonio del defunto che si calcola con il criterio della c.d.

riunione fittizia ex art.556 c.c.: al relictum, cioè ai beni esistenti nel patrimonio del defunto al momento della sua morte, si aggiunge il donatum, cioè i beni usciti dal patrimonio del defunto in virtù delle donazioni dallo stesso fatte in vita. A tale addizione si sottraggono le passività, ovvero i debiti gravanti sul de cuius. Oggetto della successione necessaria non possono, dunque, essere debiti ma solo una pars bonorum e cioè una quota di beni facenti parte del patrimonio del defunto. Da qui la ragione che ha indotto la dottrina più recente a negare al legittimario la qualifica di erede tout court, tenuto conto che l'eredità comprende necessariamente anche i debiti.3 La funzione economico-sociale che il legislatore attribuisce alla successione necessaria è, perciò, beneficiare il nucleo familiare di un utile netto, cioè di un valore economico, essendo irrilevante il modo con cui viene conseguito: a titolo di eredità, a titolo di legato, ovvero a titolo di donazione4. Il legittimario può dunque anche non essere erede: l'ipotesi tradizionale è quella del legittimario già tacitato con donazioni effettuate in vita a suo favore dal de cuius. In questo caso se il defunto ha fatto testamento, devolvendo la restante parte del patrimonio ad altri soggetti, il

3L. FERRI, Dei legittimari, Art.536-564, Bologna, 1971, pp.9 ss.

4G. CAPOZZI, op. cit., p.397

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legittimario, già soddisfatto nella quota di sua spettanza con donazioni, potrà reclamare nulla e non succederà al de cuius a titolo di erede. Del resto, se poniamo a confronto il 1° ed il 3° comma dell'art.457 c.c. notiamo subito come il legislatore abbia, sin dall'inizio del libro II del c.c. dedicato alla successioni, voluto distinguere la successione legittima da quella c.d. necessaria. Difatti la disposizione di cui al comma 3° dell'art.457 c.c. in riferimento ai legittimari non parla di “eredità” ma di “diritti che la legge riserva ai legittimari”.5 A confutare questa tesi non è sufficiente il tenore letterale dell'art. 536 c.c. che, in “apparente contraddizione” con l'art.457 c.c., qualifica i legittimari come le persone a favore delle quali la legge riserva una quota di

“eredità o altri diritti”. Come, infatti, si ricava dalla lettura del par. 261 della Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile6 il riferimento alla “eredità” nell'art.536 c.c. deve essere contestualizzato storicamente, facendo richiamo alla disciplina del diritto di famiglia previgente. In particolare al coniuge, prima della riforma del '75, era riservato solo l'usufrutto dei 2/3 del patrimonio del congiunto defunto. Per tale ragione l'utilizzo del termine eredità serviva a distinguere i legittimari, ai quali veniva assegnato una quota del patrimonio del defunto in piena proprietà, dai legittimari a cui veniva assegnato solo l'usufrutto. In sostanza, secondo l'impostazione dogmatica dell'epoca, non poteva considerarsi “erede” colui il quale non subentrasse nella identica posizione giuridica facente capo al “de cuius” quale successore dello stesso.

Per tale ragione “Eredità” nell'art.536 c.c., secondo la visione dei redattori del c.c. del 1942, non era,funzionale ad individuare l'oggetto della successione necessaria, ma

5La stessa sezione dedicata ai legittimari(artt.536 cc. ss. è intitolata ” dei diritti riservati ai legittimari”. Come si evince dalla Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice civile si è ritenuto opportuno utilizzare l'espressione “diritti riservati” piuttosto che “ quota dovuta ai legittimari” poiché il termine “quota” serve propriamente ad indicare il contenuto del diritto dell'erede. Cfr. M. ROSSI, F. VASSANELLI(a cura di), Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile, Verona, 2018, p.201

6M. ROSSI, F. VASSANELLI(a cura di), Relazione del Ministro Guardasigilli al Codice Civile, Verona, 2018, p.201

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bensì a distinguere i legittimari che godevano dei beni del defunto in piena proprietà da quelli che invece erano titolari esclusivamente dell'usufrutto sugli stessi. Il discrimen tra la successione necessaria e quella legittima, quanto all'oggetto, riflette inevitabilmente la distinta funzione economico sociale che il legislatore attribuisce ad entrambe. La prima, come già detto in precedenza, è posta a presidio del nucleo familiare, assicurando ai rispettivi membri un beneficio economico escludendo i debiti che gravavano sul “de cuius”. La successione legittima, di converso, è funzionale a garantire la continuità dei rapporti giuridici in senso ampio, tutelando anche i terzi(segnatamente i creditori) estranei al nucleo familiare che, a vario titolo, hanno rapporti giuridici di natura patrimoniale pendenti con il defunto . La successione legittima ha ad oggetto, dunque, il complesso dei rapporti giuridici attivi e passivi che facevano capo al de cuius e non solamente, come affermato per la successione necessaria, una quota di patrimonio netto predeterminata dal legislatore.

B) I soggetti beneficiari della successione

Il secondo elemento che distingue la successione necessaria da quella legittima riguarda i soggetti beneficiari della successione. I legittimari costituiscono un nucleo ristretto delineato dall'art.536: Il coniuge, i figli, gli ascendenti. Viceversa i soggetti individuati dal c.c.(artt.565 c.c. e ss.) come eredi legittimi rappresentano un elenco molto più lungo, coincidente solo in parte con i legittimari, fino a ricomprendere come ultimo successibile lo Stato. Ciò in quanto, la successione a causa di morte è un fenomeno ineludibile posto a presidio della continuità dei rapporti giuridici, essendo sempre necessario individuare un erede. E' chiaro che il legislatore nel delineare le varie categorie di successibili legittimi ha fatto ricorso al criterio della prossimità, privilegiando il nucleo familiare. Tuttavia, come si può agevolmente ricavare dalla lettura congiunta degli artt. 536 e 566 e ss. l'elenco dei familiari individuati come eredi legittimi è molto più ampio di quello dei legittimari: tra gli eredi legittimi sono compresi anche i collaterali. Del resto è lo stesso codice civile a parlare di

“successione dei parenti” mentre in riferimento ai legittimari si parla di “diritti

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riservati”. Questo perché solo nel primo caso di può parlare di successione in senso stretto comprendente cioè “l'universum ius”.

C) La collocazione delle rispettive discipline nel codice civile

Ultimo elemento ,di non secondaria importanza, che permette di tracciare una netta distinzione tra successione necessaria e successione legittima, riguarda la collocazione delle rispettive discipline nel codice civile. Le norme disciplinanti la successione necessaria(o per meglio dire i diritti riservati ai legittimari, alla luce di quanto detto) sono contenute nel Titolo I del libro II del c.c dedicato alla Disposizioni generali sulle successioni. Viceversa alla successione legittima è dedicato interamente il Titolo II del Libro II del c.c.. La scelta rispecchia una attenta visione sistematica poiché le disposizioni sui diritti riservati ai legittimari si applicano anche nei casi di successione ab intestato. Quindi le stesse assurgono al rango di principi generali del diritto ereditario. Costituisce, difatti, una visione diffusa ed errata quella secondo cui la norme poste a tutela dei legittimari rilevano solamente quale limite oggettivo alla libertà dispositiva del testatore. C'è da dire che tale interpretazione è alimentata dalla formulazione dell'art.457, 3° comma, c.c.. che, così, recita:” le disposizioni testamentarie non possono pregiudicare i diritti che la legge riserva ai legittimari”.

Tuttavia dall'analisi complessiva dell'intera disciplina successoria, ricaviamo tutt'altro:

l'art.553 c.c. regola l'ipotesi di reintegrazione della quota riservata ai legittimari in presenza del concorso di questi ultimi con gli eredi legittimi. In sostanza quando si apra la successione legittima e vi sia un concorso tra legittimari ed eredi legittimi, le porzioni che che spetterebbero a questi ultimi si riducono proporzionalmente nei limiti in cui è necessario per integrare la quota riservata ai legittimari. E' dunque possibile che si verifichi una lesione legittimari, anche a fronte della operatività della successione legittima. Di questa specifica tipologia di riduzione se ne tratterà per paragrafo successivo dedicato all'analisi dell'azione di riduzione.

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2. La reintegrazione della quota riservata ai legittimari

2.1. La posizione giuridica del legittimario preterito o leso nella sua quota di riserva Come è stato chiarito nel paragrafo precedente lo status di legittimario è indipendente da quello di erede. Il legislatore, infatti, attraverso la previsione della quota di riserva a favore dei legittimari vuole assicurarsi che questi ultimi beneficino di una quota parte del patrimonio del defunto costituita da un utile netto, a prescindere dallo strumento giuridico tipico attraverso cui questo beneficio patrimoniale viene assicurato: eredità, legato7, donazione. Per tale ragione l'intangibilità della quota di riserva va intesa in senso quantitativo e non qualitativo, potendo la suddetta porzione del patrimonio del defunto essere costituita da beni di qualunque natura, a patto che venga rispettato il quantum predeterminato dal legislatore.

Una delle problematiche più discusse in ambito successorio è la posizione giuridica del legittimario leso nella sua quota di riserva. La teoria prevalente8, suffragata non solo dalla dottrina ma anche da una recente pronuncia della Cassazione9, facendo leva sul principio della tipicità delle fonti della successione a causa di morte ex art.457 c.c., sostiene che, a favore del legittimario pretermesso in un testamento valido con cui il testatore ha disposto di tutto il suo patrimonio, non opererà la delazione fin tanto che non si esperirà l'azione di riduzione. Dal vittorioso esperimento della stessa deriverà la qualità di erede. A ciò consegue che il legittimario, prima della sentenza a lui favorevole, riveste lo status di terzo e non di erede, condizione che, come poc'anzi detto, acquisterà solo con il vittoriosa proposizione della domanda di riduzione delle disposizioni lesive.La scelta terminologica operata dalla Cassazione (l'attribuzione della posizione giuridica di erede al legittimario leso che, con successo, ha esperito

7Si pensi al legato in sostituzione di legittima.

8L. MENGONI, op.cit., p. 43 ss.

9Cass., 30 maggio 2014, n.12221

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l'azione di riduzione ), sulla scorta di quanto finora detto, è piuttosto discutibile e mal si concilia con l'assetto normativo vigente in materia successoria. Difatti, muovendo dagli assunti che lo status di erede si acquista per legge o per testamento e la successione testamentaria prevale su quella legittima, si faccia il seguente esempio:

Tizio muore lasciando solo due figli. Con il testamento istituisce erede uno dei figli attribuendogli tutto il suo patrimonio, lasciando nulla all'altro che non era stato tacitato neanche con donazioni. Il figlio escluso nel testamento, esperendo vittoriosamente l'azione di riduzione, otterrà solo la quota di patrimonio netto a lui riservata dalla legge e non lo status di erede poiché l'attribuzione dell'universum ius è stata compiuta con testamento, il quale, ancorché lesivo della quota riservata ad uno dei due figli , è pienamente valido ed idoneo a regolare la delazione ereditaria.10 Del resto, come meglio si vedrà nel paragrafo successivo, l'azione di riduzione ,rimedio giurisdizionale tipico riconosciuto dal legislatore in capo ai legittimari lesi, non è volta ad ottenere l'accertamento giudiziario della nullità della scheda testamentaria, ma bensì la dichiarazione di inefficacia delle disposizioni lesive in essa contenute . Ragione per cui le norme del c.c. che regolano la c.d successione necessaria non hanno carattere cogente, viceversa la violazione delle stesse determinerebbe la nullità del testamento e l'azione corrispondente non porterebbe ad una sentenza

10Diversa è l'ipotesi in cui la lesione della quota riservata ad un legittimario operi in assenza di successione testamentaria:é il caso affrontato dalla sopra citata sentenza della Cassazione.

Forse questo è il motivo che ha indotto il Supremo Collegio a qualificare come erede “tout- court” il legittimario che esperisce vittoriosamente l'azione di riduzione. Ma si tratta, ad opinione di chi scrive, di una valutazione legata alla specificità della controversia da cui la sentenza ha avuto origine a cui non è possibile, dunque, attribuire un assoluto valore sistematico. Difatti, la vicenda nel merito riguardava una serie di atti di donazione attraverso cui il defunto aveva esaurito quasi interamente il suo patrimonio senza poi fare testamento.

E' evidente che in assenza di un negozio testamentario idoneo a regolare la delazione ereditaria, opererà la successione legittima con il conseguente acquisto anche da parte del legittimario che ha ottenuto la sentenza di riduzione dello status di erede legittimo. Ma lo status di legittimario e quello di erede legittimo, ancorché coincidano in questo caso, sono ontologicamente distinti.

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costitutiva(come è quella che accoglie la domanda di riduzione) ma dichiarativa(cioè si limiterebbe ad accertare l'inefficacia “ab origine” del negozio giuridico colpito da un vizio che ne determina la nullità).

Il legislatore del '42 ha approntato un complesso sistema normativo a tutela del legittimario che non si esaurisce in rimedi di carattere giurisdizionale ma, opera anche sul piano del diritto sostanziale 11. Sovente, nella prassi giuridica, si parla genericamente di “azione di riduzione” per identificare la tutela giudiziaria accordata al “riservatario” leso nei suoi diritti di legittima. Tuttavia, ad una attenta e puntuale analisi del diritto positivo, con la rubrica “reintegrazione della quota riservata ai legittimari” (artt.553 e ss), il c.c. disciplina tre distinte azioni, le quali, sebbene teleologicamente orientate alla tutela del legittimario, divergono sotto il profilo del petitum e della causa petendi nonché della natura giuridica delle stesse. Esse sono:

l'azione di riduzione; l'azione di restituzione contro i beneficiari delle disposizioni lesive; azione di restituzione contro i terzi acquirenti.

2.1. L'azione di riduzione

2.1.1. Natura giuridica ed effetti dell'azione di riduzione

L'azione di riduzione ha la scopo “di accertare l'an ed il quantum della lesione patita dal legittimario e conseguentemente di ottenere dal giudice una pronuncia che

11Accanto al rimedio giurisdizionale tipico dell'azione di riduzione, La legge, al fine di consentire al legittimario di godere pienamente della pars bonorum a lui riservata impedisce al testatore di imporre pesi e condizioni sulla quota spettante ai legittimari(cfr. Art.549 c.c.).

Un ulteriore esempio è rappresentato dalla c.d. Cautela sociniana disciplinata dall'art.550 c.c.: la ratio dell'istituto è permettere al legittimario di godere, della porzione del patrimonio a lui riservata, in piena proprietà a fronte di un lascito a terzi da parte del defunto che eccede la quota disponibile andando, dunque, ad intaccare la legittima.

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dichiari l'inefficacia totale o parziale delle disposizioni testamentarie e della donazioni, le quali eccedano la quota di cui il testatore poteva disporre”12

Quanto finora detto circa la posizione giuridica del legittimario permette di cogliere la natura giuridica dell'azione di riduzione: trattasi di un rimedio giurisdizionale posto a presidio della sfera individuale del legittimario.1314 In altri termini, la funzione processuale dell'azione di riduzione non risiede nell'accertamento della violazione di norme imperative da parte di un negozio giuridico(testamento o donazione), ma nel rendere inefficaci nei confronti del legittimario (attore) gli atti di attribuzione patrimoniale a favore di terzi(disposizioni testamentarie o donazioni) lesivi della sua sfera patrimoniale(rectius dei diritti che la legge ad esso riserva). La conseguenza è che non si tratta di un'azione di nullità(volta ad ottenere una sentenza dichiarativa), ma bensì, di un'azione di accertamento costitutivo( perché, verificata la sussistenza della lesione, la pronuncia del tribunale rende inefficaci nei confronti del legittimario gli atti di disposizioni patrimoniali compiuti in suo danno)15. Il carattere costitutivo della sentenza che accoglie la domanda di riduzione si manifesta nella modificazione della

12G. CAPOZZI, op.cit., p.511

13Nonostante la successione c.d. necessaria sia funzionale alla tutela del nucleo familiare di cui il defunto era parte, le norme che la disciplinano, come chiarito nella trattazione che precede, non hanno carattere cogente(non riflettono, cioè, valori del nostro ordinamento che non possono essere scalfiti dall'autonomia privata).

14L'azione di riduzione è dunque personale e non reale come la petizione di eredità. Infatti mentre con la prima il legittimario mira a reintegrare la quota di pars bonorum a lui spettante, agendo solo contro i destinatari delle disposizioni lesive(erede, legatario, donatario), la seconda è un'azione reale che si esercita in virtù della potestà dominicale di cui si è titolari sul bene. Per tale ragione è esperibile contro chiunque possiede tutti o parte dei beni ereditari.

15Quanto agli effetti, l'azione di riduzione è equiparabile all'azione revocatoria ex art.2901 c.c.

prevista a tutela dei creditori a fronte di atti di disposizione patrimoniali compiuti dal debitore in danno delle loro ragioni.

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sfera giuridica del legittimario che ad essa consegue:16 rispetto al legittimario leso l'atto dispositivo impugnato è privo di efficacia. La sentenza di riduzione, dunque, non determina un trasferimento ex novo dei beni al patrimonio del defunto, ma comporta che, l'alienazione posta in essere dal de cuius, si consideri come mai avvenuta, nei confronti del legittimario17. Costui, dunque, acquista i beni non ope iudicis , bensì ope legis in forza della vocazione legale che opera nei suoi confronti. La funzione della sentenza è, dunque, rimuovere un ostacolo al pieno soddisfacimento dei diritti spettanti al legittimario per legge.

2.1.2. Il sistema della riduzione

Il legislatore nel congegnare il sistema della riduzione ha fissato un ordine specifico con cui si deve procedere alla riduzione degli atti di disposizione patrimoniale lesivi, graduando i vari interessi in gioco: 1) si riducono prima le quota spettanti agli eredi legittimi in concorso on i legittimari(art.553 c.c.); 2) si procede, poi, con la riduzione delle disposizioni testamentarie allorquando la riduzione delle quote ab intestato non

16L. MENGONI, op.cit, p.232 ss.

17L'azione di riduzione ha, dunque, anche effetti retroattivi reali poiché la sentenza che la accoglie dispiega efficacia sin dal momento della apertura della successione, non solo tra le parti(parte attrice: il legittimario; parte convenuta: beneficiario dell'attribuzione patrimoniale da parte del defunto), ma anche nei confronti dei terzi: l'art.561 c.c stabilisce che gli immobili restituiti in conseguenza della riduzione sono liberi da ogni peso od ipoteca. Tuttavia l'affrancamento degli immobili restituiti da ogni vincolo pregiudizievole non è privo di limiti.

Analogamente a quanto previsto dall'art.534, 2° comma, c.c. per l'acquisto di beni immobili dall'erede apparente, il legislatore ha voluto raggiungere un equo bilanciamento tra due interessi contrapposti: da un lato tutelare la sfera patrimoniale del legittimario e dall'altro porre un presidio alla libera circolazione dei beni, in favore dei terzi. L'art.2652 n.8 c.c.

stabilisce, infatti, che se la trascrizione della domanda di riduzione è eseguita dopo dieci anni dall'apertura della successione, la sentenza che accoglie la domanda non pregiudica i terzi che hanno acquistato a titolo oneroso diritti in base a un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

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sia sufficiente a reintegrare la legittima spettante oppure quando operi solo la successione testamentaria; 3) Infine si procede con la riduzione delle donazioni, dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento(art.555, 2° comma, c.c.).

2.1.2.1. Riduzione delle porzioni degli eredi legittimi in concorso con i legittimari(art.553 c.c.)

Le norma di cui all'art.553 c.c., come già precisato, dimostra che la lesione della legittima possa configurarsi anche a fronte della operatività della successione per legge. Motivo per cui, parte della dottrina, a cui si intende aderire, ha giustamente messo in rilievo che l'art.553 c.c. dovrebbe portare a rimeditare l'indirizzo interpretativo secondo cui la reintegrazione dei diritti spettanti ai legittimari richieda sempre una pronunzia giudiziale diretta a statuire l'inefficacia delle disposizioni lesive.18 Del resto poiché la successione legittima e quella necessaria condividono la stessa fonte(la legge), è ragionevole pensare che la norma non preveda una vera ipotesi di riduzione ma semplicemente una variazione ope legis delle porzioni spettanti agli eredi legittimi concorrenti con i legittimari. In questo caso, dunque, la pronunzia del giudice avrebbe carattere meramente dichiarativo( e non di accertamento costitutivo come la sentenza che accoglie la domanda di riduzione) poiché il Tribunale si limiterebbe ad accertare una modifica nella sfera giuridica delle parti interessate già avvenuta per legge. La ratio sottesa all'art.553 c.c. è, dunque, il

18Cfr. S. DELLE MONACHE, Successione necessaria e sistema di tutele del legittimario, Milano, 2008 p. 31 ss.).

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rispetto del principio di economia dei mezzi giuridici a fronte di situazioni di concorrenza tra eredi legittimi e legittimari che in concreto potrebbero configurarsi.19

2.1.2.2. Riduzione delle disposizioni testamentarie(artt.554-558 c.c.)

Il meccanismo che governa la riduzione delle disposizione testamentarie è disciplinato dal combinato disposto degli artt. 554-558 c.c. Come accennato in precedenza, si procede con la riduzione delle disposizioni testamentarie eccedenti la quota di cui il testatore poteva disporre, dopo aver ridotto le quote ab intestato spettanti agli eredi legittimi concorrenti con i legittimari. Può procedersi, in via diretta, alla riduzione delle disposizioni testamentarie nella ipotesi in cui la successione sia interamente regolata dal testamento. E' espressamente previsto dall'art.558, 1 comma, c.c. che la riduzione delle disposizioni testamentarie avvenga proporzionalmente e senza distinguere tra eredi e legatari. Il criterio della proporzionalità mira a salvaguardare il rispetto della volontà del testatore in modo tale da conservare tra le disposizioni lo stesso rapporto di valore.20 Come si ricava dal secondo comma dell'art.558 c.c. il

19Si faccia il seguente esempio: Tizio dona in vita a Caio(estraneo al nucleo familiare) la somma di 200.000 Euro. Si apre la successione ab intestato di Tizio il quale lascia come superstiti Sempronio e Mevio rispettivamente padre e fratello germano del defunto(fattispecie delineata dall'art.571, 1 comma, c.c.). Orbene, poniamo che alla apertura della successione il relictum(massa di tutti i beni che appartenevano al defunto al tempo della morte) ammonti ad Euro 100.000 e non vi siano debiti. In virtù dell'art.571 c.c. l'eredità si devolverà per metà a Sempronio e Mevio rispettivamente Euro 50.000 ciascuno. Tuttavia a Sempronio, quale legittimario, è riservata per legge un terzo del patrimonio di Tizio( in questo caso: 100.000 relictum +200.000 donatum /3=100.000). Per tale ragione la lesione patita è pari ad Euro 50.000. Sempronio per integrare la quota di riserva dovrebbe agire in riduzione nei confronti di Tizio beneficiario della donazione di Euro 200.000. Ed è proprio quì che entra in gioco l'art.553 c.c. il quale, permettendo di ridurre direttamente la porzione spettante all'erede legittimo Mevio che concorre con Sempronio, consente a quest'ultimo di ricomporre la sua quota di riserva senza la necessità di agire in riduzione nei confronti del donatario Caio.

20G. CAPOZZI, op.cit., p. 531.

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criterio della proporzionalità è derogabile ex voluntate testatoris: “se il testatore ha dichiarato che un sua disposizione deve avere effetto a preferenza delle altre, questa disposizione non si riduce, se non in quanto il valore delle altre non sia sufficiente a integrare la quota riservata ai legittimari”. Le attribuzioni a titolo universale e quelle a titolo particolare sono parificate quanto all'incidenza su di esse dell'azione di riduzione. E' infatti previsto dall'art. 558 c.c. che la riduzione dei legati avviene allo stesso modo delle istituzioni di erede. La ratio, evidentemente, è da ricercarsi nel fatto che, di regola21, i legati gravano su tutto l'asse ereditario e non solo sulla porzione disponibile.

2.1.2.3 Riduzione delle donazioni(art.555-559 c.c)

Nell'ordine fissato dal legislatore le donazioni si riducono dopo esaurito il valore dei beni di cui è stato disposto per testamento. A differenza di quanto previsto per la riduzione delle disposizioni testamentarie ove il legislatore fissa il principio di equiordinazione tra eredi e legatari, nella ipotesi di riduzione di donazioni il discorso muta. L'art. 559 c.c. stabilisce, infatti, che le donazioni si riducono cominciando dall'ultima (più prossima alla apertura della successione) e via via risalendo fino a quella più remota. Alla base della fissazione di un criterio cronologico ascendente22 per le riduzione donazioni vi è una argomentazione di carattere logico: mentre le disposizioni testamentarie dispiegano efficacia tutte alla apertura della successione, di converso il de cuius può aver fatto donazioni in momenti diversi della sua vita: si parte, quindi, dall'ultima delle donazioni effettuate poiché il valore delle prime viene imputato alla porzione disponibile e soltanto quando la supera intacca la legittima.

21Una tipica eccezione è ravvisabile nei c.d. sublegati ovvero nei legati posti a carico di uno o più legatari ex art.662 c.c.

22G. CAPOZZI, op.cit., p. 532.

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2.1.2.4. Soggetti che possono chiedere la riduzione e condizioni per l'esercizio dell'azione di riduzione.

L'art. 557 c.c. statuisce che l'azione di riduzione è esperibile dai legittimari e dai loro eredi o aventi causa. Da una prima lettura, sembrerebbe che la disposizione in oggetto si ponga in contrasto con il carattere personale dell'azione di riduzione. Tuttavia , come evidenziato da parte della dottrina,23 tale carattere non andrebbe perso nella misura in cui, l'azione esperita dall'avente causa del legittimario, in luogo di quest'ultimo, postula necessariamente che il legittimario abbia accettato, anche in maniera implicita, la quota di patrimonio del defunto a lui spettante; volontà che verosimilmente è ricavabile, in via induttiva, dall'atto di disposizione compiuto dallo stesso legittimario nei confronti del suo avente causa. Del resto, se così non fosse, l'avente causa o l'erede del legittimario che agisse in riduzione, sarebbe privo della c.d. legitimatio ad causam sul piano processuale. Inoltre, come abbiamo visto in precedenza, il carattere personale dell'azione di riduzione si manifesta propriamente nel novero, preordinato dal legislatore, dei soggetti contro cui è esperibile l'azione di riduzione: eredi, legatari, donatari del de cuius.

Nella categoria degli aventi causa dei legittimari rientrano: il legatario dei diritti di legittima; l'acquirente dell'eredità ex art.1542 c.c. ed infine anche i creditori dei legittimari che, secondo la dottrina prevalente nonché la giurisprudenza di merito, possono esercitare l'azione di riduzione in via surrogatoria ex art.2900 c.c. dato il carattere patrimoniale del diritto di legittima.24

L'art. 564 c.c. fissa le condizione per l'esercizio dell'azione di riduzione: in primis è necessario che il legittimario abbia accettato l'eredità con beneficio di inventario. Tale condizione, ancorché la disposizione taccia sul punto, non è applicabile al legittimario preterito il quale, non essendo delato, non può accettare l'eredità. E' da notare come

23L. MENGONI, op.cit, p. 242

24Ibidem; Trib. Parma 27 aprile 1974

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nella fattispecie in esame il legislatore abbia attribuito alla redazione dell'inventario una funzione differente rispetto a quella da essa tradizionalmente rivestita. In questo caso lo scopo della predisposizione dell'inventario non è quello di tutelare l'erede dalla responsabilità illimitata per i debiti ereditari, bensì tutelare i terzi da eventuali occultamente e/o sottrazioni, garantendo cosi' una realistica rappresentazione dell'asse ereditario. Tale ratio è ricavabile dal tenore letterale della disposizione di cui al comma 1 dell'art.564 c.c. Infatti la decadenza dal beneficio, per mancanza redazione dell'inventario nei termini di legge, non pregiudica l'esperimento dell'azione di riduzione. Inoltre, la realizzazione dell'inventario non è richiesta quando l'azione di riduzione è esperita contro persone chiamate come coeredi. E' evidente, infatti, l'inutilità in questo ultimo caso dell'inventario dato che l'azione di riduzione non coinvolge terzi estranei.

La seconda condizione per l'esercizio dell'azione di riduzione è la c.d. imputazione ex se. Il legittimario che domanda la riduzione di donazioni o disposizioni testamentarie deve imputare alla sua porzione di legittima le donazioni ed i legati a lui fatti, salvo che ne sia stato dispensato. L'imputazione in oggetto costituisce un mero calcolo aritmetico ed ha la funzione di permettere l'effettiva determinazione del valore della massa ereditaria e quindi, di conseguenza, l'ammontare della quota di riserva lesa.

L'art. 564, 3 comma, c.c. impone anche al legittimario che succede per rappresentazione di imputare le donazioni e i legati fatti al suo ascendente. La disposizione si spiega tenendo conto della natura giuridica della rappresentazione:

essa fa subentrare i discendenti nel luogo e nel grado del loro ascendente, in tutti i casi in cui questi non può o non vuole accettare l'eredità o il legato(art.467 c.c.).

Una ulteriore condizione per l'esperimento dell'azione di riduzione riguarda l'ipotesi specifica in cui il legittimario sia stato tacitato con un legato in sostituzione di legittima.

L'art.551 c.c. stabilisce, in questo caso, che il legittimario per poter chiedere la legittima deve preventivamente rinunziare al legato.

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2.1.2.5. Il dies a quo di decorrenza del termine di prescrizione dell'azione di riduzione.

Come si è visto nel corso nella presente trattazione, l'azione di riduzione in senso stretto è esperibile, nell'ordine fissato dal c.c., sia nei confronti delle disposizioni testamentarie che delle donazioni: le prime dispiegano efficacia in maniera coeva al momento dell'apertura della successione(salvo che vi siano delle disposizioni condizionate). Le seconde, trattandosi di atti inter vivos producono effetto, viceversa, al momento del perfezionamento del contratto. Tale differenza è stata pienamente colta dal legislatore del '42 tanto che il meccanismo su cui è imperniato il sistema di riduzione delle disposizioni testamentarie diverge da quello previsto per le donazioni.

Questo discrimen assume valore pregnante anche rispetto all'operatività dell'istituto della prescrizione. In particolare, per lungo tempo, la giurisprudenza si è interrogata circa la individuazione del dies a quo da cui far decorrere il termine decennale per la prescrizione dell'azione di riduzione. L'art.2935 c.c. fissa il principio generale secondo cui la prescrizione incomincia a decorrere dal giorno in cui il diritto può essere fatto valere. Orbene , l'azione di riduzione può essere vittoriosamente esperita a partire dal momento in cui la lesione della legittima risulti effettiva ed attuale. E' dunque necessario distinguere tra donazioni e disposizioni testamentarie come sancito da una recente pronunzia a Sezioni Unite della Corte di Cassazione25. Nella ipotesi in cui la lesione derivi da donazioni, il dies a quo decorrerà della apertura della successione.

Difatti è solo in quel momento che il legittimario, attraverso il meccanismo della riunione fittizia ex art.556 c.c., avrà piena ed effettiva cognizione del quantum del danno patito. Di converso nel caso in cui il nocumento per il riservatario scaturisca da disposizioni testamentarie, qui la lesione acquisterà il carattere dell'attualità ed effettività solo quando il chiamato accetterà l'eredità. In caso contrario la lesione

25Cass. SS.UU. 25 ottobre 2004 n.20644

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sarebbe solo potenziale e non permetterebbe al legittimario di accedere alla tutela giurisdizionale, stante l'assenza di interesse. L'indirizzo interpretativo, consacrato dal Supremo Collegio nella sua più autorevole composizione , del resto, si pone in perfetta aderenza con la disciplina codicistica che prevede, come abbiamo già visto, per le donazioni e per le disposizioni testamentarie meccanismi di riduzione differenti alla luce della diversa natura giuridica dei due negozi.

2.3. L'azione di restituzione.

Come si è visto, l'azione di riduzione e di restituzione, ancorché funzionali alla tutela del legittimario, divergono sotto il profilo del petitum e della causa petendi, nonché per la natura giuridica. Al vittorioso esperimento dell'azione di riduzione segue l'inefficacia delle disposizioni lesive nei confronti del legittimario che l'abbia esperita.

Con la seconda, il legittimario agirà nei confronti dei beneficiari delle disposizioni ridotte per la restituzione di ciò che costituisce oggetto delle stesse. Quindi, mentre l'azione di riduzione è imperniata sulla semplice richiesta di accertamento della lesione della legittima ed ha come titolo fondativo lo status di legittimario, dimostrabile per tabulas, quella di restituzione ha come petitum la restituzione dei beni e come causa petendi la medesima sentenza di riduzione, passata in giudicato, che ha attestato la sussistenza della violazione della quota di riserva. Dunque, mentre l'azione di riduzione ha il predicato della personalità essendo rivolta esclusivamente ai beneficiari della disposizioni lesive, quella di restituzione ha natura reale perché persegue il bene nei confronti di ogni subacquirente.

Quando la restituzione mira al recupero di beni immobili, è necessario coordinare le norme di diritto sostanziale contenute nel libro II de c.c. con quelle relative alla pubblicità immobiliare e segnatamente gli artt.561-563 c.c. e 2652 n.8 c.c.

Analogamente a quanto previsto dal c.c. per gli acquisti dal c.d erede apparente(art.534, 2 comma c.c.), il legislatore ha predisposto un apparato di norme volto a bilanciare due interessi contrapposti: da un lato preservare la sfera giuridica

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del legittimario accorandogli una tutela, dall'altro fornire certezza all'acquisto di diritti reali immobiliari. Data la complessità della materia, per ragioni di chiarezza espositiva, al fine di cogliere in maniera corretta i profili processuali che la riguardano, occorre distinguere due ipotesi

L'art. 561 c.c. disciplina il caso in cui il legatario o il donatario contro cui si agisce in restituzione abbia ipotecato l'immobile che si mira a recuperare o abbia costituito su di esso pesi(diritti reali di godimento o personali di godimento). Dal combinato disposto dell'art.561, 1 comma, c.c. e dell'art.2652 n.8 c.c. si ricava che nel caso di vittorioso esperimento della azione di restituzione:

• se la trascrizione della domanda di riduzione viene effettuata dopo dieci anni dalla apertura della successione sono fatti salvi i diritti acquistati da terzi sulla base di un atto a titolo oneroso trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda di riduzione

• i diritti dei terzi sono fatti salvi comunque se la riduzione è chiesta dopo venti anni dalla trascrizione della donazione, salvo l'obbligo da parte del donatario di compensare in denaro i legittimari in ragione del minor valore dei beni restituiti, purché il legittimario abbia proposto domanda di riduzione entro dieci anni dalla apertura della successione.

L'art. 563 c.c. disciplina l'ipotesi in cui l'azione di restituzione venga esperita contro i terzi a cui il donatario abbia alienato l'immobile. Dal combinato disposto dell'art.563 e 2652 n.8 c.c. si ricava che l'acquisto dei terzi è salvo:

• se sono trascorsi venti anni dalla trascrizione della donazione e tale termine non sia sospeso dalla notifica e dalla trascrizione dell'atto stragiudiziale di

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opposizione26 nei confronti del donatario e dei suoi aventi causa(art.563, quarto comma, c.c.);

• sia nella ipotesi che, pur non essendo decorso il termine ventennale, la trascrizione della domanda di riduzione sia stata eseguita dopo dieci anni dalla apertura della successione e l'acquisto del terzo sia avvenuto a titolo oneroso in base ad un atto trascritto o iscritto anteriormente alla trascrizione della domanda.

2.4. L'espansione dell'autonomia privata nell'ambito della tutela dei legittimari: gli accordi di reintegrazione della legittima

La cultura giuridica nostrana ha sempre visto il diritto successorio come settore del diritto privato in cui l'autonomia patrimoniale dei singoli dovesse essere sacrificata per ragioni di interesse pubblico, in particolare modo per la tutela della famiglia. Si tratta, senza alcun dubbio, di un approccio ideologico che ha trovato linfa vitale nel periodo fascista. Basti pensare all'assetto rigido e, chiaramente improntato alla limitazione della libertà del singolo da parte dello Stato, che aveva il diritto di famiglia prima della riforma del '75. Tuttavia, come chiarito nella trattazione che precede, le norme codicistiche disciplinanti la c.d. successione legittimaria non hanno carattere cogente ma sono poste a presidio della sfera giuridico del singolo(legittimario) che patisce una lesione di natura patrimoniale. Dunque, la disponibilità degli interessi sottesi alla tutela del legittimario, ha fatto sì che nella prassi si sviluppassero i c.d. accordi di reintegrazione di legittima. Trattasi di una fattispecie che, attualmente nel nostro ordinamento, trova cittadinanza solo nel diritto fiscale senza una apposita disciplina di

26Come si ricava dal quarto comma dell'art.563 c.c. il beneficio della sospensione del termine ventennale opera solamente nei confronti del coniuge e dei parenti in linea retta del

donante.

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natura civilistica.27 Questo, tuttavia, come evidenziato dalla dottrina maggioritaria28 non può costituire un ostacolo dogmatico alla legittimità di siffatte convenzioni, poiché l'ordinamento giuridico considera lecite anche pattuizioni atipiche tra privati dirette a realizzare interessi meritevoli di tutela. Come si ricava dall'insegnamento giusprivatistico, sono illeciti i contratti che derogano a norme imperative le quali riflettono valori supremi del nostro ordinamento giuridico non menomabili dall'autonomia privata. Il criterio di valutazione risiede, dunque, nell'accertamento della disponibilità o meno dell'interesse di cui è titolare il singolo e sui cui si va ad innestare l'accordo a contenuto patrimoniale. Nella ipotesi in oggetto i diritti che la legge riconosce in capo al legittimario sono senza alcun dubbio disponibili. Infatti costui potrebbe benissimo rinunziare a far valere le sue ragioni in sede giurisdizionale garantendo così il consolidamento degli atti di disposizione patrimoniale compiuti dal defunto in suo danno. Del resto, come ripetuto più volte, l'azione di riduzione non è volta ad ottenere l'accertamento della nullità di un negozio giuridico contrario a norme imperative, ma bensì a preservare la sfera patrimoniale dei singolo. Per tali ragioni gli effetti della sentenza che accoglie la domanda di riduzione possono benissimo essere surrogati da un accordo che vede come parti contraenti, da un lato il legittimario leso nelle sue spettanze, e dall'altro i beneficiari delle disposizioni lesive(eredi, legatari, donatari). Attraverso il suddetto negozio giuridico, che mima, quanto al contenuto, la sentenza di riduzione, i soggetti interessati, riconoscendo la lesione della legittima, dichiarano l'inefficacia totale o parziale degli atti dispositivi che eccedono la quota di cui il defunto poteva disporre. Al pari degli effetti del vittorioso esperimento dell'azione di riduzione, a seguito della stipulazione non opererà a favore del legittimario una vocazione ex contractu ma ope legis.

27Art.43 d.lgs 346/1990(T.U. imposte successioni e donazioni)

28G. SANTARCANGELO, Gli accordi di reintegrazione di legittima, in Notariato, 2011, 2, pp.162-171.

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3. Conclusioni.

Con il presente studio si è voluto dimostrare la complessità che connota il nostro sistema successorio. In particolare è stato evidenziata l'autonomia dello status di legittimario da quello di erede, e la differente funzione economico-sociale che rivestono la successione necessaria e quella legittima nonostante abbiano la stessa fonte(la legge). La prima posta a presidio del nucleo familiare, riconoscendo ai suoi membri un utile netto del patrimonio del defunto; la seconda funzionale a garantire le continuità dei rapporti giuridici financo a qualificare come successibile lo Stato. Sulla scorta di ciò è stata analizzata la posizione giuridica del legittimario parzialmente leso o preterito, contestando un recente orientamento giurisprudenziale tendente a parificare lo status di erede e quello di legittimario. Infine è stata chiarita la natura dei rimedi riconosciuti dal nostro ordinamento per la tutela dei diritti ad spettanti ai legittimari, dimostrando come il diritto successorio, tradizionalmente considerato rigido ed insensibile all'autonomia privata, di recente abbia mostrato segni di maggiore flessibilità. Un esempio sono gli accordi di reintegrazione di legittima che hanno aperto la strada ad una progressiva espansione dell'autonomia privata nell'ambito della tutela dei legittimari.

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