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Lunedì 23 Ottobre 2006

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Destinazione Tfr, scegliere già oggi si può Messaggero, Il 24/10/2006

Lunedì 23 Ottobre 2006

Moltissimi lavoratori possono effettuare l’operazione senza dover aspettare le prossime indicazioni della Finanziaria

Destinazione Tfr, scegliere già oggi si può

Lasciare la liquidazione dov’è o trasferirla ai fondi pensione: quali voci valutare prima di decidere

di CARLO GIURO

MILIONI di lavoratori si chiedono ancora cosa dovranno fare del proprio Tfr quando scatterà il meccanismo del silenzio assenso . E probabilmente dovranno prendere una decisione prima del

previsto: il termine ultimo per la scelta, che la riforma Maroni fissava al 2008, dovrebbe infatti essere anticipato al 1° gennaio 2007 dalla prossima Finanziaria.

In attesa degli sviluppi della discussione sul tema, che in questi giorni sta tenendo banco, va

comunque tenuto presente un fatto di fondamentale importanza: il silenzio assenso di là da venire non è altro che un meccanismo ideato per rafforzare un sistema applicabile già oggi. La previdenza

integrativa, infatti, già esiste e il Tfr può già essere trasferito ai fondi pensione. Ecco i termini della questione in base alle leggi attualmente in vigore.

L’identikit. Il Tfr (trattamento di fine rapporto) è una risorsa peculiare del sistema italiano. Per il lavoratore ha una natura ambivalente: da un lato è un risparmio forzoso indicizzato al costo della vita, dall’altro è una retribuzione differita. La disciplina del Tfr si applica a ogni rapporto di lavoro

subordinato e si calcola in base al coefficiente retribuzione/tempo. I passaggi sono due:

si somma per ogni anno di servizio una mensilità di stipendio, che deve essere calcolata tenendo conto anche della tredicesima. L’operazione da effettuare, quindi, sarà: retribuzione annua diviso 13,5;

al 31 dicembre di ogni anno l’importo accantonato va rivalutato in base a due coefficienti: l’1,5%

fisso + il 75% dell’aumento dell’indice Istat dei prezzi al consumo.

Il Tfr viene liquidato sotto forma di capitale ad ogni cessazione del rapporto di lavoro (dimissioni, pensione).

Tfr e fondi pensione oggi: il Tfr ha già oggi un ruolo basilare nell’ambito della previdenza complementare. Basti pensare all’obbligo di trasferire integralmente il Tfr ai fondi pensione: una norma già in vigore per chi ha cominciato a lavorare dopo il 28/4/93 e aderisce, appunto, ai fondi pensione. Oppure si può ricordare l’onere per i dipendenti assunti prima del 28/4/93 (se non si vuol perdere il beneficio della deducibilità fiscale) di far confluire al proprio fondo pensione contrattuale una quota di Tfr pari almeno al 50% del contributo di cui si chiede deduzione.

Analisi costi/benefici. I fattori da valutare per capire se convenga o no aderire ai fondi pensione e trasferire il Tfr sono molti. Ecco un’elementare analisi costi/benefici.

Innanzitutto va considerato che aderire alla previdenza integrativa, pur non essendo obbligatorio, ma su base volontaria, è un po’ un obbligo verso se stessi, se non si vuol diventare “i poveri del futuro”.

Non aderire, inoltre, significa rinunciare: a) alla deducibilità fiscale dei versamenti); b) al diritto ai

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contributi del datore di lavoro; c) ai rendimenti prodotti dai mercati finanziari.

Portare il Tfr alla previdenza integrativa è in primo luogo un’evoluzione culturale: soprattutto i giovani devono capire che a fine carriera non avranno la liquidazione come i loro genitori, ma una rendita più alta dovuta proprio alla previdenza integrativa, necessaria per integrare la pensione pubblica (i fondi pensione possono comunque erogare fino al 50% della prestazione finale sotto forma di capitale).

Trasferendo il Tfr ai fondi pensione si perde il diritto alla rivalutazione legale e ci si affida ai mercati finanziari, affrontando un rischio/opportunità: secondo dati Covip (Commissione di vigilanza sui fondi pensione), dal 31/12/2001 al 31/12/2005 la rivalutazione netta del Tfr fu dell’11,5% contro il 13,7% dei fondi negoziali.

Sui 3 anni il Tfr ha reso l’8,2% contro il 17,8% dei fondi chiusi; su 2 anni, il 5,2% contro il 12,2%;

su un anno, il 2,6% contro il 7,4%. Ecco, quindi, che la misura della rivalutazione aziendale del Tfr, prevista dal codice civile, diventa il benchmark-ombra , l’indice di riferimento con cui l'iscritto confronta la performance ottenuta dal fondo pensione.

L’importante è che il confronto venga fatto su archi temporali abbastanza congrui e coerenti con l’obiettivo di lungo periodo del risparmio.

Garanzie e anticipi. Va sottolineato che il mondo dei fondi pensione, anche recependo indicazioni in tal senso contenute nella riforma Maroni, sta cominciando a dotarsi di linee d’investimento con garanzia di conservazione del capitale e rendimento minimo garantito. L’errore da evitare è pensare che queste linee vadano bene per tutti: sono consigliabili a chi è vicino alla pensione, ma sul lungo periodo la vera “garanzia” è rappresentata dalla diversificazione del portafoglio.

Un altro aspetto importante è legato al tema degli anticipi. Per quanto riguarda il Tfr, si possono chiedere, dopo otto anni d’anzianità presso lo stesso datore di lavoro, per acquistare o ristrutturare la prima casa per sé o per i figli, per spese sanitarie di particolare urgenza e per congedi formativi o parentali.

Le stesse regole valgono oggi per la previdenza complementare (novità sono invece previste dalla riforma Maroni). Per i fondi pensione l’importo anticipabile non è più limitato alle sole quote di Tfr trasferite, ma è esteso all’intera posizione individuale, mentre gli otto anni non sono limitati

all’anzianità d’iscrizione nello stesso fondo pensione, ma all’intero sistema della previdenza integrativa. Ecco, così, che il plafond a disposizione cresce e diventa pari a: contributo del datore lavoro + contributo del lavoratore + Tfr + rivalutazioni finanziarie.

E’ evidente quanto sia fondamentale documentarsi subito e non rinviare decisioni che si possono prendere oggi: il tempo, soprattutto in tema di risparmio finalizzato, non è un concetto relativo. La parola d’ordine, quindi, è scegliere: e se anche non si vuole toccare il Tfr, occorre comunque delineare una strategia previdenziale alternativa per integrare la pensione pubblica. Altrimenti si rischia di finire come l’asino di Buridano che, attanagliato in uno stato di eterna incertezza e non sapendo decidere se dare la precedenza al mangiare o al bere, passò a miglior vita.

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Le opzioni sono tre. Su internet istruzioni per l'uso Messaggero, Il 24/10/2006

Lunedì 23 Ottobre 2006

Le opzioni sono tre. Su internet istruzioni per l’uso

NON è nuova l’idea di far decollare la previdenza integrativa destinando il Tfr (quello maturando e non quello già maturato) ai fondi pensione. Già nel ’93 il governo Amato subordinò la possibilità di sfruttare i benefici fiscali per i fondi pensione (deducibilità) all’utilizzo di quote del Tfr. La riforma Dini del ’95 estese l’istituto del Tfr anche ai dipendenti pubblici (dotati di buonuscita) per far

decollare i loro fondi pensione (che però non sono ancora partiti: unica eccezione, il fondo Espero per il settore scuola). Dopo un nuovo infruttuoso tentativo nel ’99 e la riforma Maroni del 2000, il disegno di legge Finanziaria varato dal governo vorrebbe anticiparne l’entrata in vigore del

meccanismo al 1° gennaio 2007: da quella data partirebbe il periodo di sei mesi per la maturazione del silenzio assenso (cioè la tacita devoluzione del Tfr maturando dal 1° luglio 2007 in poi). Il tutto con una novità: il 50% del Tfr maturando non versato alla previdenza complementare, nelle

aziende con oltre 50 dipendenti confluirebbe in uno speciale Fondo Inps destinato presumibilmente a finanziare le opere pubbliche.

Come orientarsi. Detto che sul sito del ministero del Welfare c’è un link specifico www.tfr.gov.it che offre un’ampia panoramica delle possibilità, vediamo comunque cosa potrebbe fare un lavoratore in base alla riforma Maroni. Il lavoratore dipendente, entro il 30 giugno 2008 se in servizio al 1°

gennaio 2008 , o entro sei mesi dall’assunzione, se questa avverrà dopo il 1° gennaio 2008 (ma se andrà in porto il progetto del governo, queste date saranno anticipate di un anno esatto, al 2007), potrà:

dichiarare esplicitamente la volontà di non aderire ad alcuna forma pensionistica

complementar e. In tal caso i flussi di Tfr si aggiungeranno a quanto già accantonato e resteranno presso il datore di lavoro (rivalutazione legale dell’1,5% fisso + il 75% dell’indice Istat). In base all’ipotesi d’accordo tra governo e parti sociali, però, nelle aziende con oltre 50 dipendenti confluirebbe all’Inps;

indicare lo strumento integrativo a cui destinare i successivi accantonamenti annuali del Tfr. La scelta andrà dichiarata per scritto al datore di lavoro, indicando la forma di previdenza

complementare scelta. La riforma equipara le varie soluzioni (fondi pensione chiusi-fondi pensione aperti-fip), dando così maggior libertà di scelta (ma per la trasferibilità del contributo del datore di lavoro è previsto il rinvio ai contratti collettivi);

non esprimersi . In questo caso il datore di lavoro trasferirà il Tfr futuro:

alla forma pensionistica collettiva prevista dagli accordi o contratti collettivi, anche territoriali;

oppure ad un’altra forma collettiva individuata con un diverso accordo aziendale (se previsto) che andrà notificato dal datore al lavoratore in modo diretto e personale.

In presenza di più forme pensionistiche collettive, il Tfr futuro sarà trasferito dal datore di lavoro alla forma indicata dagli accordi aziendali oppure, in assenza di accordi specifici, alla forma alla quale abbia aderito la maggioranza dei lavoratori dell’azienda.

In assenza di forme pensionistiche collettive individuabili in base a questi criteri, il datore di lavoro

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trasferirà il Tfr futuro all’apposita forma pensionistica complementare istituita presso l’Inps, che seguirà le stesse regole valide per le altre forme di previdenza complementare (ma questo fondo è cosa diversa da quello di cui parla il disegno di legge finanziaria).

Trenta giorni prima della scadenza dei 6 mesi utili per effettuare la scelta, il datore di lavoro dovrà comunicare al lavoratore che non abbia presentato alcuna dichiarazione, tutte le informazioni sulla forma pensionistica collettiva a cui sarà trasferito il Tfr futuro in caso di silenzio del lavoratore.

La destinazione del Tfr futuro ad una forma pensionistica complementare, sia con modalità esplicite che tacite, determinerà l’automatica iscrizione del lavoratore alla forma prescelta. L’interessato avrà il diritto di informazione e partecipazione alla forma di previdenza complementare cui ha aderito.

Tale scelta non potrà essere revocata, mentre la scelta di mantenere il Tfr futuro presso il datore di lavoro potrà in ogni momento essere revocata per aderire ad una forma pensionistica complementare.

C. G.

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la terza partita - luciano gallino Repubblica, La

24/10/2006

Pagina 1 - Prima Pagina LA TERZA PARTITA LUCIANO GALLINO

L´accordo raggiunto tra governo, Confindustria e sindacati sul decollo nel 2007 della previdenza integrativa e il conferimento temporaneo all´Inps del Tfr non soggetto ad opzioni da parte dei lavoratori, limitatamente alle imprese con oltre 50 dipendenti, chiude positivamente due partite. Ne apre però una terza con varie incognite in gioco.

A dire il vero la previdenza integrativa non può esser spensieratamente definita un bene in sé, visto che per gli interessati si tratta comunque di destinare alla pensione una parte del salario – appunto il Tfr – che prima veniva percepito in aggiunta alla medesima.

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Damiano, integrativa per i co.co.co. Italia Oggi

24/10/2006

ItaliaOggi

ItaliaOggi - Primo Piano

Numero 252, pag. 4 del 24/10/2006 Autore: di Ignazio Marino

Damiano, integrativa per i co.co.co.

Co.co.co. sempre meno lavoratori atipici. Il ministro del lavoro Cesare Damiano, infatti, dopo l'innalzamento della contribuzione dal 18 al 23%

pensa a misure di sostegno per inglobare gli autonomi (professionisti senza cassa, co.co.co.) iscritti alla gestione separata dell'Inps nel progetto della previdenza complementare per garantire una pensione più equa. L'ipotesi è stata avanzata nel corso del convegno ´Politiche del lavoro. Cambiare?' che si è tenuto ieri a Milano. A investire Damiano del problema era stato Tito Boeri (fondazione Rodolfo Debenedetti). Che ha dimostrato come un co.co.

co. con 40 anni di lavoro, a fine carriera, non arriverà a superare i 5 mila euro annui di pensione. Così, Damiano ha spiegato che il governo sta mettendo in atto una serie di iniziative per correggere le distorsioni della legge Biagi e rendere sostenibile la flessibilità lavorativa. ´Non potevamo portare al 33% la contribuzione per tutti', ha detto il ministro, ´dato che il passaggio dal 18 al 23% ha già causato qualche preoccupazione. Di certo però abbiamo cominciato a fare qualcosa di concreto per gli atipici. Una strada che intendiamo continuare a seguire'. In fase di approvazione della Finanziaria, con un emendamento. oppure con il decreto legge che Damiano ha annunciato per far partire con un anno di anticipo la previdenza

complementare, quindi, le co.co.co. e le co.co.pro. potrebbero beneficiare dei fondi pensione. Quanto alla canalizzazione nei primi sei mesi del tfr nel Fondo Inps per coloro che non sceglieranno espressamente di aderire al secondo pilastro, Damiano ha ricordato che ´la norma riguarderà tutto ciò che si matura dal primo gennaio 2007. Anche i lavoratori di imprese con più di 50 dipendenti avranno le garanzie di prima: stesso rendimento, stessi anticipi, anzi una garanzia molto forte come l'Inps'. Damiano ha anticipato che il ministero finanzierà una campagna di sensibilizzazione per far aderire per tempo i lavoratori ai Fondi contrattuali.

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Accordo sul Tfr, decollano i fondi pensione Corriere della Sera (Abbonati) 24/10/2006

Corriere della Sera - NAZIONALE -

sezione: Primo Piano - data: 2006-10-24 num: - pag: 5 categoria: REDAZIONALE

Accordo sul Tfr, decollano i fondi pensione

Il premier: finalmente parte la previdenza integrativa. Montezemolo: adesso le riforme

ROMA — Fondi pensione al via. Governo, Confindustria e Cgil, Cisl e Uil hanno firmato ieri sera a Palazzo Chigi l'intesa. «È un importantissimo accordo», ha detto il presidente del Consiglio, Romano Prodi, perché «dal primo gennaio 2007 finalmente sarà dato avvio alla previdenza integrativa». Il leader della Confindustria, Luca di Montezemolo, ha definito questo «un fatto positivo per i giovani», augurandosi ora altre «riforme». Soddisfatti Guglielmo Epifani (Cgil), Raffaele Bonanni (Cisl) e Luigi Angeletti (Uil).

Dal primo gennaio prossimo scatteranno i sei mesi durante i quali tutti i lavoratori dipendenti (esclusi quelli pubblici) dovranno decidere se mandare l'accantonamento annuale del Tfr (trattamento di fine rapporto) maturando (cioè dal 2007 in poi) a finanziare un fondo pensione allo scopo di costituirsi una seconda pensione da affiancare a quella obbligatoria oppure se continuare a tenerlo in azienda per la liquidazione (definita dal ministro dell'Economia, Tommaso Padoa-Schioppa, una «forma primitiva» di risparmio) che verrà loro erogata al momento del pensionamento. Se non prenderanno alcuna decisione il Tfr andrà lo stesso a un fondo previdenziale, secondo il sistema del silenzio- assenso.

Tutte queste regole, già contenute nella riforma Maroni del 2005, scatteranno non più dal 2008, ma appunto dal primo gennaio 2007. L'anticipo è stabilito nella Finanziaria in discussione alla Camera.

Che però prevedeva anche un'importante novità al fine di reperire subito 5 miliardi di euro per le casse pubbliche: la costituzione di un fondo presso l'Inps dove parcheggiare il 50% del Tfr dei lavoratori (che comunque avrebbero conservato intatti i loro diritti) che non aderiranno ai fondi pensione e che finora in base alla legge resta in azienda fino appunto al momento della liquidazione.

La Confindustria ha protestato parlando di «prestito forzoso» all'Inps. L'accordo firmato ieri prevede che la novità riguardi solo le medie e grandi aziende: andrà infatti al fondo Inps il 100% (e non più il 50%) del Tfr maturando del lavoratore di aziende con almeno 50 dipendenti che deciderà di non aderire ad alcun fondo pensione.

La Confindustria, che avrebbe comunque preferito che il fondo Inps fosse abolito, ha accettato il compromesso perché il 99,5% delle imprese italiane, avendo meno di 50 dipendenti, potrà continuare, come ora, a trattenere in azienda il Tfr dei lavoratori che sceglieranno di tenersi la liquidazione.

Decisivo per il sì di Confindustria è stato anche l'anticipo al 2007 delle compensazioni previste dalla riforma Maroni per le aziende che dovranno rinunciare al Tfr: deduzione dal reddito del 4-6%

(secondo la dimensione d'azienda) del Tfr trasferito, taglio del contributo dello 0,2% al fondo di

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garanzia Inps, graduale riduzione degli oneri impropri (0,19%). L'aggravio per il bilancio pubblico sarà di «alcune centinaia di milioni di euro», ha detto Padoa-Schioppa, ma la copertura, ha aggiunto, sarà trovata in Finanziaria, per cui «i saldi non cambiano».

Presto partirà una campagna informativa per aiutare i lavoratori a scegliere. Nella relazione tecnica alla Finanziaria il governo stima che nel 2007 il 45-50% dei lavoratori aderisca ai fondi pensione (oggi siamo sotto il 15%). Il ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ha assicurato che per chi non aderirà ed è dipendente di aziende con oltre 50 dipendenti non cambierà nulla: il rendimento fissato per legge del Tfr (1,5 più il 75% dell'inflazione) sarà garantito, così come l'anticipo per comprare casa.

Enrico Marro

Il sistema finanziario si gioverà di nuove cospicue risorse per lo sviluppo; e i lavoratori potranno integrare la pensione

L'accordo che permette di trasferire il Tfr nei fondi pensione è un fatto positivo sia per le imprese che per i giovani 5 miliardi

Il fondo Inps dove sarà parcheggiato il 50% del Tfr di chi non aderirà a fondi pensione ROMANO PRODI

LUCA MONTEZEMOLO

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FONDI CONTRO TFR, LA SCOMMESSA RENDIMENTI Mattino, Il (Nazionale) 26/10/2006

Fondi contro Tfr, la scommessa rendimenti I prodotti azionari hanno reso il 36% dal 2003 a oggi contro il 100% delle Borse

MARCO ESPOSITO Tfr o fondo pensione? La domanda sarà ricorrente - dopo la riforma varata da

Tommaso Padoa-Schioppa - da oggi fino al 30 giugno 2007. Ma per scegliere a ragion veduta è importante tener conto di un fattore non secondario: il rendimento. Il confronto è fra il certo - il trattamento di fine rapporto - e l’incerto. Come tutti i rendimenti sicuri, quello del Tfr non è mai esaltante. La formuletta, stabilita per legge, prevede un guadagno annuo pari a tre quarti dell’inflazione più un punto e mezzo. Nella situazione attuale, con l’inflazione intorno al 2%, ciò equivale a un rendimento del 3%. Le imposte sugli interessi sono inferiori a quelle dei titoli di stato e pari all’11%, per cui il 3% lordo si traduce nel 2,67% netto.

In pratica si conserva il valore reale del capitale, proteggendolo dall’inflazione. Soltanto in caso di una crescita dei prezzi davvero sostenuta, per esempio al 10%, il Tfr farebbe fatica a reggere il passo. Infatti il rendimento sarebbe tre quarti di 10 (cioè 7,5%) più 1,5 (quindi 9%) meno le tasse, per un totale di 8,01%.

Rispetto a un sistema così rigido i fondi fanno meglio o peggio? Il solo modo per scoprirlo è verificare come si sono comportati finora, anche se è noto che in finanza i rendimenti passati non sono garanzia per il futuro.

La Covip, l’organismo pubblico di vigilanza sui fondi pensione, pubblica statistiche che partono dal 31 dicembre 2002. Un periodo piuttosto breve per investimenti da valutare nell’arco di decenni. Ma soprattutto un periodo quanto mai fortunato perché proprio in quel periodo le Borse mondiali toccarono il minimo, per interrompere il crollo iniziato nell’aprile 2000 e cominciare a macinare guadagni. Ebbene: in un periodo di Borse fortemente in crescita - con il valore degli indici raddoppiato in tre anni e mezzo, pari a un rendimento del 100% - i fondi azionari hanno reso il 36%. Certo, nel medesimo periodo il Tfr ha garantito appena il 10,5% netto. Ma i fondi azionari come si è detto un anno vanno benissimo e un altro possono vedersi ridurre il capitale. I fondi pensione paragonabili per sicurezza al Tfr sono quelli obbligazionari. E qui il rendimento è stato nel periodo 2003-2006 dell’8,1%. Ovvero un po’ meno del Tfr. In media i fondi pensione, in una fase molto favorevole, hanno conseguito un ritorno del 22%, contro il 10,5% della rivalutazione netta del Tfr. Del

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resto nel 1999-2002 era accaduto il contrario, con il Tfr che aveva surclassato i fondi. E nel 2006, quando la corsa della Borsa si è attenuata, si è verificato un appiattimento verso il basso dei rendimenti dei fondi, adesso a un 2,4%, ovvero un livello di poco superiore al 2,1% garantito dal Tfr stesso e comunque molto sotto il 12% registrato dalla Borsa. Spulciando tra i fondi negoziali (quelli ai quali sarà destinato il Tfr in caso di silenzio-assenso) il Fondo Cometa (dei metalmeccanici) gioca un ruolo da padrone, con 316.800 iscritti, pari al 26,74% del mercato. I rendimenti sono particolarmente variegati, con i picchi toccati da Telemaco, fondo del settore tlc (+20,23% nel solo 2005 con il Crescita), Fondenergia (+15,61% con il bilanciato) e Fondo Dentisti (+16,75% con lo Scudo) a cui fanno da contraltare performance in alcuni casi inferiori all'1%. Lo stesso Cometa, nel 2005, ha registrato un rendimento del 10,36% nel comparto Crescita e del 2,63% in quello Sicurezza.

Padoa-Schioppa

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Fondi pensione e il nodo fisco Sole 24 Ore, Il

26/10/2006

Il Sole-24 Ore

sezione: FINANZA E MERCATI data: 2006-10-26 - pag: 46

Assicurazioni. Si chiude l'8ÚAnnual

Fondi pensione e il nodo fisco

Riccardo Sabbatini

Il decollo effettivo della previdenza integrativa dipende dal fisco. «A fronte del previsto incremento al 20% della tassazione generale sulle rendite finanziarie, se verrà mantenuto l'attuale aliquota dell'11% sui rendimenti annui delle forme pensionistiche, questo rappresenterebbe un formidabile viatico per far partire il mercato». Il d.g. di Banca Fideuram Giuseppe Rosnati dà voce alle richieste delle compagnie e, intervenendo all'ultima giornata dell'Annual Assicurazioni, indica il ruolo di volano che il fisco (più che lo stesso Tfr) può giocare nello sviluppo del secondo pilastro della previdenza.

In Usa — ha osservato — è stato cosi. Un trattamento favorevole di cui godono i risparmi pensionistici ha favorito la crescita di un portafoglio che a fine 2005 ha raggiunto i 14.531 miliardi di dollari. Se una simile espansione, in rapporto al Pil (117%), si fosse realizzata anche in Italia i fondi pensione gestirebbero attività per 1.630 miliardi invece degli attuali 43.

Se queste sono le speranze delle compagnie, la paure si concentrano invece sull'ipotesi opposta, ventilata da più parti, che il Governo decida di elevare

l'aliquota "di favore" sui risparmi previdenziali al 18,50 nell'ambito dei riordino sulle rendite finanziarie. Le compagnie sono scettiche sul fatto che, almeno in una prima fase,lo svincolo dei fondi di Tfr potrà rianimare l'esangue mercato delle polizze vita che nel 2006 sta conoscendo un arretramento (9,2%a fine agosto)per laprima volta da molti anni.

L'Annual,organizzato da Il sole 24 ore in collaborazione con Tillinghast e la sponsorizzazione dell'Ania, è stata l'occasione per un riflessione sull'andamento della bancassurance settore nell'ultimo periodo al centro di numerosi progetti di consolidamento (EurizonBanca Fideuram, CattolicaPopolare di Verona Bpi etc.). L'a.

d. di Unipol Carlo Salvatori ha ricordato i principali modelli di successo a livello europeo. Quelli, tra gli altri, di Kbc (polizze per 3,5 miliardi vendute nel 2005 con un Roe del 17,6%), di Fortis (raccolta di 16miliardi ed un Roe al 23%), di Ing (45,7 miliardi raccolti nel 2005 ed un Roe del 26,6%). Tutti si caratterizzano per una gestione unitaria dell'attività bancaria e quella assicurativa ed una forte

condivisione della medesima clientela. In Italia il mercato non è così integrato e, a fronte di 41 compagnie di bancassurance vere e proprie (20 frutto di joint venture tra partner bancari e assicurativi) vi sono ancora un gran numero di accordi (532 di cui 418 aventi natura solo commerciale). E c'è, infine, la nuova frontiera delle

polizze vendute nelle grandi reti commerciali. Anche in questo caso non mancano

esempi di successo all'estero (Marks&Spencer, Sainsbury's e Tesco in Gran Bretagna, Corte Inglés in Spagna). Forse l'Unipol, controllata dalle Coop, sta pensando a qualcosa di simile?

«I progetti prima si realizzano, poi se ne parla», ha risposto Salvatori.

LE ATTESE Gli operatori auspicano l'aumento del differenziale nelle aliquote per poter rilanciare il settore, come è avvenuto negli Usa

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Enti previdenziali, ecco le nuove norme europee Finanza e Mercati 27/10/2006

Enti previdenziali, ecco le nuove norme europee

di Redazione del 27-10-2006

da Finanza&Mercati del 27-10-2006 [Nr. 211 pagina 2]

Oggi il Cdm dà il via libera al decreto legislativo per recepire le regole comunitarie sugli istituti di previdenza e i fondi pensione. L’Italia è in ritardo di oltre un anno e la Ue aveva deferito il governo alla Corte di giustizia. Più poteri alla Covip

Arrivano le nuove norme europee sugli enti previdenziali e i fondi pensione. Il Consiglio dei ministri, questa mattina, darà il via libera allo schema di decreto legislativo, che F&M è in grado di anticipare, per recepire le regole dell’Unione Europea sull’attività e sulla supervisione degli istituti di previdenza aziendali e professionali (direttiva Ue 2004/31). L’Italia è in ritardo di oltre un anno sulla tabella di marcia e il 12 ottobre la Commissione di Bruxelles aveva deferito il governo del nostro Paese alla Corte di giustizia. Per evitare una pesante bocciatura, il premier Romano Prodi ha spinto sull’acceleratore e oggi il Cdm licenzierà la bozza che poi sarà trasmessa al Parlamento per il prescritto parere delle commissioni. Il testo, di nove articoli, attribuisce più poteri alla Covip,

l’organismo di vigilanza sui fondi pensione, che diventa il vero e proprio cane da guardia degli enti previdenziali. La Covip dovrà infatti vigilare sul rispetto di tutte le nuove regole introdotte con questo decreto. Ecco le principali. Per i fondi ci sarà un limite negli investimenti fatti nelle imprese i cui dipendenti sono loro iscritti: il 5% del patrimonio complessivo potrà essere collocato su titoli di una impresa e la percentuale sale al 10% quando un’azienda appartiene a un gruppo. Non solo. I patrimoni dovranno essere collocati «in misura predominante in mercati regolamentati» e gli investimenti fuori da questi mercati devono essere mantenuti a «livelli prudenziali». Il ministero dell’Economia, d’intesa con la commissione guidata da Luigi Scimia, fisserà poi con un regolamento ad hoc i criteri di investimento nelle varie categorie mobiliari, «fissando le regole da osservare in materia di conflitti di interesse». Mentre saranno direttamente i tecnici Covip a stabilire le modalità con cui i fondi dovranno informare gli iscritti sulle «scelte di investimento e le tecniche di gestione del rischio». I fondi dovranno essere autorizzati sempre dalla commissione di Scimia per erogare direttamente le rendite. Cambiano pure le regole sulla banca depositaria: d’ora in poi saranno liberi di piazzare la raccolta anche presso un istituto di credito non italiano, ma comunque dell’Unione

Europea. Il Tesoro, dovrà poi definire i principi per la determinazione dei mezzi patrimoniali

d’accordo con la Banca d’Italia, l’Isvap e, ovviamente, anche la Covip. Quest’ultima potrà «vietare o limitare l’attivo qualora non siano stati costituiti adeguati mezzi patrimoniali» ed è competente ad autorizzare lo «svolgimento dell’attività transfrontaliera». Il decreto delegato introduce pure una serie di sanzioni penali e amministrative. Sono previste multe fino a 25mila euro per chi esercita senza

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autorizzazione (reclusione fino a tre anni) e per chi non rispetta le regole Covip, in particolare, sui limiti agli investimenti e ai conflitti di interesse.

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Si rischia un vero boom Sole 24 Ore, Il (Plus)

30/10/2006

Plus

sezione: ATTUALITA data: 2006-10-28 - pag: 7 autore:

LA NUOVA PREVIDENZA / PARLA MARÈ (MEFOP)

«Si rischia un vero boom»

«Previsto per il 2007 un flusso di 7,3 mld ai fondi pensione»

Ora si rischia di ottenere un successo superiore alle attese di pochi mesi fa e anche della capacità del sistema di offrire un adeguato supporto ai lavoratori». Mauro Marè, presidente di Mefop, partecipata dal Ministero del Tesoro e dai fondi pensione che punta a promuovere la previdenza integrativa in Italia, aiuta a capire cosa accadrà dopo l'accordo di lunedì scorso tra Governo, Confindustria e Sindacati Confederali. Secondo i tecnici dell'Esecutivo l'accordo incentiverà le adesioni ai fondi pensioni con un flusso nel primo anno stimato in 7,3 miliardi di euro per il 2007 verso gli strumenti di previdenza integrativa. Un impatto

notevole, per un sistema fondi negoziali che "vale" 8,2 miliardi di euro.

«Sono prospettive incoraggianti — dice Marè —, ma tutte ovviamente da verificare.

L'ultima versione dell'accordo, quella siglata lunedì scorso, offre al lavoratore

minore libertà di scelta per il destino del proprio denaro, rispetto a quanto previsto ancora in Finanziaria, le cui previsioni delineate nella nota tecnica sull'adesione ai fondi pensione, non possono che essere perciò riviste al rialzo. Ne deriva un incentivo alle adesioni più forte».

Insomma, si va verso un successo insperato?

Il provvedimento nel suo complesso può essere veramente un momento di svolta per la previdenza complementare: ci troviamo di fronte ad un'occasione

irripetibile per lanciare la previdenza complementare in Italia, a più di dieci anni dalle riforme strutturali, la Amato e la Dini, che ha introdotto il regime della

contribuzione. Non dobbiamo sprecare questa occasione per rendere consapevole la massa dei lavoratori delle loro stesse esigenze previdenziali: capire quale sarà il loro tasso di sostituzione, come compensare la scopertura, con quali strumenti e con quali scelte più opportune. Una bella sfida e i rischi non mancano,

Quali sono?

C'è poco tempo a disposizione: un lancio tanto atteso ora lascia agli attori di questa riforma poche settimane per mettere a punto tutto ciò che occorre. Non parlo tanto di Covip, che pure sta correndo per completare le ultime direttive e schemi,

quanto per le fonti istituive dei fondi come le rappresentanze sindacali, i patronati, gli uffici del personale delle azienda, fino ai fondi pensione stessi. Sono molto stretti i tempi dell'informazione al grande pubblico, così come quelli per la formazione delle reti. Poi da gennaio le imprese dovranno già far defluire la liquidità ai fondi (e all'Inps) e tutto dev'essere pronto.

Se qualcosa non dovesse funzionare?

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Un modo per evitare gli affanni c'è. Il mio consiglio è di far partire le decisioni residuali (trasferimento all'azienda e silenzioassenso) a partire da luglio, in modo da sfruttare pienamente il semestre di silenzio/assenso previsto dalla Maroni e mantenuto dal Governo. Il Tesoro, tramite l'Inps, non perderebbe niente e

permetterebbe così di rendere possibile una scelta più consapevole ai lavoratori e a chi dovrà gestire i flussi di organizzarsi nel modo migliore.

Qual è la prima cosa che deve mettere a fuoco un lavoratore?

Che senza un secondo pilastro va contro ad una vecchiaia poco serena, visto che, a causa dell'allungamento della vita media, le pensioni pubbliche potranno erogare prestazioni necessariamente inferiori.

Marco lo Conte

marco.loconte@ilsole24ore.com GRAZIA NERI

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Rassegna stampa

Via libera ai fondi pensione europei Sole 24 Ore, Il

30/10/2006

Il Sole-24 Ore

sezione: NORME E TRIBUTI PROFESSIONI data: 2006-10-28 - pag: 35 autore:

Previdenza. Arriva in Italia il passaporto comunitario del secondo pilastro

Via libera ai fondi pensione europei

Marco lo Conte

Il Consiglio dei ministri ha approvato la Direttiva europea n. 2003/41/CE

sull'attività e la supervisione degli enti pensionistici aziendali o professionali, che prevede l'armonizzazione tra le forme pensionistiche comunitarie. Il decreto legislativo, che ora passa al vaglio del Parlamento, definisce le modalità con i quali i fondi pensione italiani possono operare negli altri Paesi dell'Unione Europea e, parallelamente, identifica le forme con cui i fondi pensione europei possono

operare in Italia. A vigilare su questi ultimi sarà la Covip, l'Authority presieduta da Luigi Scimìa, che tutela il risparmio previdenziale, la trasparenza e il corretto funzionamento dei fondi pensione. Il provvedimento dispone costanti contatti e comunicazioni tra Covip e le autorità di vigilanza degli altri Paesi europei ove intendono operare i fondi italiani e da cui provengono gli quelli che puntano a

raccogliere gli accantonamenti e gestire le prestazioni in Italia. Necessaria, dunque la richiesta di autorizzazione preventiva di Covip (l'operatività è consentita due mesi dopo il suo via libera), che si riserva il diritto di negarla in caso abbia ragione di dubitare della «compatibilità» tra il profilo del fondo italiano e il contesto

legislativo del paese ospitante, la cui normativa deve essere rispettata. Il fondo italiano è altresì obbligato a rispettare la normativa del paese ospitante. Sul piano sanzionatorio, il decreto legislativo completa con l'indicazioni di fattispecie il

decreto legislativo 5/12/2005, riforma Maroni: chiunque adotti in qualsiasi contesto la denominazione di "fondo pensione" senza essere iscritto all'Albo Covip è punito con una sanzione amministrativa da 500 a 25mila euro. Cifra che rappresenta il limite massimo per ciascuna infrazione, dalla mancata ottemperanza delle richieste di Covip alla mancata comunicazione su incompatibilità, conflitti di interesse e limiti agli investimenti. Alla sanzione amministrativa si aggiunge — in caso di esercizio dell'attività previdenziale senza le necessarie autorizzazioni — la

reclusione da sei mesi a tre anni, oltre alla confisca dei beni utilizzati per (articoli 19bis e quater).

Il provvedimento offre l'orizzonte giuridico quadro entro cui potrà svilupparsi un sistema previdenziale europeo, ad oggi ancora di là da venire. Ma che già si intuisce nelle immediate vicinanze, viste le recenti acquisizioni bancarie a livello continentale: da UniCredit su Hvb, ad Abn Amro su AntonVeneta e Bnp Paribas su Bnl.

LA VIGILANZA

La Covip controllerà gli operatori esteri Per chi sbaglia multe fino a 25mila euro e carcere fino a tre anni

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