Capitolo ii
La biomeccanica del ginocchio:
il modello tradizionale
Prima delle considerazioni fatte da Henderson e Milton, descritte nel capitolo precedente, la biomeccanica del ginocchio veniva descritta secondo un modello tradizionale, passivo.
Secondo questo modello, le strutture interne del ginocchio, quali i legamenti crociati, quelle periarticolari e la conformazione stessa del ginocchio, sono responsabili della stabilità articolare durante il movimento.
L’articolazione del ginocchio è dunque rappresentata come una struttura bidimensionale, con un singolo grado di libertà, priva di attrito e che si muove su un singolo piano.
Secondo il modello tradizionale, vanno presi in considerazione quattro punti di riferimento: il legamento crociato anteriore, quello posteriore, la porzione di femore compresa tra le inserzioni prossimali dei legamenti e la porzione di tibia
Da questa rappresentazione si deduce che la stabilità tra femore e tibia, dipende esclusivamente dai legamenti crociati, i quali limitano passivamente i movimenti che superano la loro tensione.
La dinamica dei legamenti può essere compresa attraverso l’osservazione del cambiamento di posizione dei punti di inserzione dei legamenti durante la flessione e l’estensione del ginocchio.
A livello femorale entrambe le inserzioni legamentose si trovano dietro l’asse di flessione, mentre a livello tibiale l’inserzione del legamento crociato anteriore si trova cranialmente ad esso.
In flessione, l’orientamento verticale dell’inserzione sul femore del legamento
Figura 1: Modello dei quattro punti di riferimento: legamento crociato anteriore, posteriore, porzione del femore tra le inserzioni prossimali dei legamenti (A) e porzione di tibia tra le inserzioni distali (B). (Slocum 1993)
contempo le fibre della branca cranio-mediale rimangono tese. Questo è dovuto al fatto che la porzione dorso-craniale dell’inserzione femorale si muove in direzione caudo-ventrale (Fig. 2).
Durante l’estensione, invece, entrambe le porzioni di legamento crociato anteriore si tendono, in quanto si verifica un allontanamento delle inserzioni femorali dal piatto tibiale2 (Fig. 3).
Anche il legamento crociato posteriore cambia il suo orientamento durante la flessione: da orizzontale assume una posizione verticale; in questo modo la porzione craniale si sposta in avanti e si ha un allontanamento dall’inserzione tibiale, facendo tendere le fibre .
Figura 2: Legamento crociato anteriore in flessione. La banda cranio-mediale (freccia) è tesa, mentre la banda caudo-laterale è rilassata. (Arnoczky 1977)
Durante l’estensione, invece, entrambe le porzioni di legamento crociato anteriore si tendono, in quanto si verifica un allontanamento delle inserzioni femorali dal piatto tibiale2 (Fig. 3).
Anche il legamento crociato posteriore cambia il suo orientamento durante la flessione: da orizzontale assume una posizione verticale; in questo modo la porzione craniale si sposta in avanti e si ha un allontanamento dall’inserzione tibiale, facendo tendere le fibre .
L’origine femorale della porzione posteriore si sposta centralmente e si avvicina all’inserzione tibiale e quindi è rilassata durante la flessione (Fig. 4).
Figura 3: Legamento crociato anteriore durante l'estensione: tutte le sue porzioni sono tese.
(Arnoczky 1977)
Figura 4: Legamento crociato posteriore in flessione; la parte craniale è tesa, mentre quella caudale è rilassata. (Arnoczky 1977)
Quando il ginocchio è esteso, come avviene a livello del legamento crociato anteriore, tutte le fibre si tendono (Fig. 5).
Nel caso in cui si verifichi la rottura del legamento crociato posteriore, si ha uno spostamento in senso caudale della tibia rispetto al femore (movimento del cassetto posteriore).
E’ importante menzionare il fatto che quando il ginocchio si flette, si verifica anche una lieve intra-rotazione della tibia, in quanto le inserzioni del legamento collaterale laterale a livello del femore e della fibula si avvicinano e il legamento si rilassa, permettendo al condilo femorale laterale di spostarsi in senso caudale sul piatto tibiale.
Figura 5: Legamento crociato in estensione; la freccia indica la parte caudale tesa. (Arnoczky 1977)
Questo movimento di intra-rotazione tibiale è limitato dalla torsione dei legamenti crociati l’uno sull’altro durante la flessione; se si verifica la rottura di entrambi i legamenti, si determina un’eccessiva intra-rotazione.
Il movimento inverso, cioè l’extra-rotazione si verifica durante l’estensione del ginocchio, poiché il legamento collaterale laterale si tende e il condilo femorale ipsilaterale si sposta cranialmente sul piatto tibiale.
Quando l’articolazione si estende, i legamenti crociati si detorcono e non oppongono nessuna resistenza all’extra-rotazione della tibia (Fig. 6).
Un’eccessiva extra-rotazione si osserva solamente con la concomitante rottura del legamento crociato anteriore e del legamento collaterale mediale.
femore (movimento del cassetto anteriore), mentre quello caudale impedisce il movimento opposto (movimento del cassetto caudale). Il primo di questi due movimenti, come vedremo nei capitoli successivi, è molto utile nella diagnostica clinica della rottura del legamento crociato anteriore.
Figura 6: Aspetto craniale e caudale del ginocchio durante la flessione e durante l'estensione. (Bojrab MG 2001)
La rottura della banda caudo-laterale non porta all’instabilità del ginocchio fintanto che la banda cranio-mediale rimane integra. Se questa è danneggiata, si avrà stabilità solamente in estensione: la parte caudo-laterale è tesa, ostacolando lo scivolamento in senso craniale8.
In flessione, invece, la banda caudo-laterale è rilassata, permettendo il movimento del cassetto anteriore8.
Da tutte queste affermazioni si può dedurre che secondo il modello tradizionale la stabilità dell’articolazione è data quasi esclusivamente dalla presenza dei legamenti e, per questo motivo, la loro rottura causa l’instabilità del ginocchio.
Sempre secondo questa ipotesi, la flessione è limitata dal contatto tra coscia e tarso, non dai legamenti crociati, mentre l’estensione è limitata dal contatto del
legamento crociato anteriore e la porzione craniale dell’incisura intercondiloidea.
Quanto detto può spiegare la rottura del legamento successiva all’iperestensione fisiologica nei soggetti ad arti dritti, ma il modello passivo non giustifica la rottura totale o parziale che si può avere in assenza di iperestensione, se non nel caso di rottura dovuta ad un trauma diretto, ad un’improvvisa intrarotazione od ancora ad una degenerazione articolare di origine sconosciuta.
Oltretutto con il modello passivo non viene data una spiegazione allo schiacciamento del menisco mediale in seguito ad una lesione del legamento crociato anteriore44.