La Falda degli Schistes Lustrés.
3.1 Introduzione.
In Corsica, come nelle Alpi Occidentali e Centrali, con il nome di Schistes Lustrés si indica, in senso lato, un’associazione mesozoica di ofioliti e di rocce metasedimentarie prevalentemente oceaniche, interessate, durante l’orogenesi alpina, da un’evoluzione deformativa polifasica e da un metamorfismo di alta pressione e bassa temperatura (Schistes Lustrés s.l., es. DURAND‐DELGA, 1978; CARON, 1984). In senso più stretto si designano come Schistes Lustrés soltanto i termini metasedimentari di questa associazione (Schistes Lustrés s.s.). Gli Schistes Lustrés s.l. costituiscono un sistema di unità tettoniche alloctone rispetto al basamento cristallino e alla relativa copertura sedimentaria della Corsica Ercinica. Per evidenziare questa alloctonia a scala regionale, l’insieme delle unità tettoniche degli Schistes Lustrés s.l. è indicato tradizionalmente come Falda degli Schistes Lustrés (es. ROSSI et al., 1980).
La Falda degli Schistes Lustrés è caratterizzata da successioni metasedimentarie diverse per origine e posizione strutturale occupata (AMAUDRIC DU CHAFFAUT et al., 1972;
DELCEY, 1974; CARON et al., 1979; DURAND‐DELGA, 1984; LAHONDÈRE, 1996). Alcune di queste hanno un’origine oceanica e costituiscono la copertura delle ofioliti; altre hanno un’origine continentale e sono localmente associate ad unità di rocce cristalline (gneiss, metagranitoidi ) incorporate come scaglie tettoniche negli Schistes Lustrés s.l.. Le ofioliti e le relative coperture metasedimentarie sono considerate come frammenti metamorfosati e deformati della litosfera oceanica del bacino giurassico Ligure–Piemontese. Le unità continentali, metasedimentarie e cristalline, sono interpretate come rappresentative di un’originaria crosta continentale (es. DURAND‐DELGA, 1984) o transizionale (LAHONDÈRE, 1996; LAHONDÈRE e GUERROT, 1997; ROSSI et al., 2001) e testimoniano il coinvolgimento di queste nei processi di subduzione e collisione continentale dell’orogenesi alpina.
Le conoscenze geologiche sugli Schistes Lustrés s.l. sono piuttosto limitate nonostante il cospicuo numero di studi ad essi dedicati. Le numerose interpretazioni stratigrafiche (es. DELCEY, 1974; DURAND‐DELGA, 1978; CARON et al., 1979; CARON e
DELCEY, 1979; DURAND‐DELGA, 1984), strutturali (es. MATTAUER et al., 1977, 1981; CARON
et al., 1981; FAURE e MALAVIEILLE, 1981; HARRIS, 1985 a, b; FOURNIER et al., 1991; JOLIVET et al., 1991; DANIEL et al., 1995; PADOA, 1999) e tettono‐cinematiche (es. MATTAUER e PROUST, 1976; MATTAUER et al., 1977, 1981; COHEN et al., 1981; DALLAN e NARDI, 1984; DURAND‐
DELGA, 1984; WATERS, 1990; FOURNIER et al., 1991; DALLAN e PUCCINELLI, 1995; DANIEL et al., 1995; LAHONDÈRE, 1996; LAHONDÈRE e GUERROT, 1997; MALAVIEILLE et al., 1998; PADOA et al., 2001), proposte, spesso in contrasto fra loro, derivano da una generale scarsità di dati oggettivi che vincolino le varie possibilità interpretative. La struttura generale della Falda degli Schistes Lustrés, caratterizzata dalla sovrapposizione e\o dalla giustapposizione di un certo numero di unità tettoniche, è accettata da tutti gli autori; tuttavia, i limiti, il contenuto e il numero di queste unità sono ancora controversi. I principali argomenti con cui è dimostrata l’esistenza delle unità tettoniche (o delle falde maggiori) sono: a) la presenza di thrusts o di zone di taglio duttili, b) la presenza di successioni litostratigrafiche diverse fra loro, c) la presenza di successioni con caratteristiche metamorfiche contrastanti.
Uno dei problemi principali per la definizione della struttura degli Schistes Lustrés, è rappresentato dalla difficoltà di stabilire una stratigrafia precisa delle rocce metasedimentarie. La mancanza di sintesi tettoniche comunemente accettate, dipende, fra gli altri fattori, da questa limitata conoscenza stratigrafica. In assenza di datazioni paleontologiche, difficili o impossibili da ottenere a causa degli effetti del metamorfismo e delle deformazioni, le successioni stratigrafiche proposte dagli autori, sono basate da un lato sull’integrazione di una serie di sezioni litostratigrafiche parziali e dall’altro sulla correlazione, per facies, fra queste e le successioni sedimentarie dell’Appennino Settentrionale e delle Alpi Occidentali. Con questo metodo sono state ricostruite delle colonne stratigrafiche “ipotetiche“ che hanno consentito di dividere la Falda degli Schistes Lustrés in un certo numero di unità di tipo tettono‐stratigrafico.
La validità delle differenze fra successioni litostratigrafiche come argomento per la suddivisione degli Schistes Lustrés in unità tettoniche è in parte confermato dal riconoscimento delle differenti condizioni metamorfiche cui tali unità sono state soggette. Gli Schistes Lustrés hanno subito un’evoluzione metamorfica polifasica caratterizzata da un percorso P‐T progrado (con alto rapporto P/T) fino al raggiungimento della pressione massima (facies degli scisti blu o, in alcune unità, facies eclogitica) e successivamente retrogrado fino alla facies degli scisti verdi. Le principali discontinuità metamorfiche riconosciute nella Falda degli Schistes Lustrés (es. unità eclogitiche intercalate fra unità in facies scisti blu) corrispondono ai contatti tra le unità tettoniche identificati attraverso le successioni litostratigrafiche.
L’evoluzione tettono‐cinematica degli Schistes Lustrés s.l. è ricostruibile correlando le fasi tettoniche principali agli eventi metamorfici maggiori, una volta nota la
cronologia di questi. Recentemente questa conoscenza è stata arricchita attraverso datazioni radiometriche di minerali e rocce metamorfiche e attraverso metodi termocronologici basati sullo studio delle tracce di fissione dell’apatite (es. LAHONDERE e GUERROT, 1997; BRUNET et al., 2000; ZARKI‐JAKNI et al., 2000, 2004 ; CAVAZZA et al., 2001). 3.2 La sequenza ofiolitica.
Le ofioliti della Corsica Alpina, insieme a quelle delle Alpi e degli Appennini, sono considerate frammenti della litosfera oceanica dell’antico bacino Ligure‐Piemontese (o Tetide Alpina) che si sviluppò nel Giurassico medio (fase di spreading) fra i margini continentali passivi delle placche divergenti Europa e Adria in connessione all’apertura ed all’espansione dell’oceano Atlantico Centrale (DEWEY et al., 1973; SAVOSTIN et al., 1986;
DEWEY et al., 1989; SAMPLFI et al., 2000; ROSENBAUM et al., 2002) (fig. 3.1).
Fig. 3.1 Evoluzione del bacino Ligure‐Piemontese dal Giurassico medio al Cretaceo inferiore in relazione all’apertura dell’oceano Atlantico Centrale e Settentrionale. Abbreviazioni: Ad = Adria; Ap = Apulia; Br = dominio Brianzonese; GB= Grand Banks; Pi = Oceano di Pindos; Si = Sicilia; Va =oceano Vallesano. (Da: ROSENBAUM et al., 2002)
In generale le ofioliti sono interpretate come sezioni di litosfera oceanica accrete tettonicamente alla crosta continentale. Negli anni 1970, il confronto fra i risultati ottenuti
dalle indagini geofisiche condotte sui fondali oceanici e le caratteristiche stratigrafiche, strutturali e petrologiche di alcune ofioliti ben esposte (es. Oman, Cipro) condussero alla definizione di una sequenza ofiolitica tipica (PENROSE OPHIOLITE FIELD CONFERENCE, 1972). Tale sequenza è composta, dal basso all’alto, da:
1) Peridotiti tettonitiche: metaperidotiti di mantello deformate in condizioni di alta temperatura e variamente impoverite di componenti basaltici in conseguenza a processi di fusione parziale. Queste rocce variano in composizione da lherzoliti a harzburgiti fino a duniti all’aumentare del grado di impoverimento. La superficie di contatto con le rocce cumulitiche soprastanti è generalmente netta.
2) Cumulati mafici‐ultramafici stratificati: rappresentano il prodotto di accumulo dal frazionamento magmatico di cristalli sul fondo o sulle pareti laterali di una camera a composizione gabbroide. Alla base sono presenti rocce cumulitiche ad olivina + pirosseno (duniti o, più in generale, peridotiti) seguite verso l’alto da cumuliti ad olivina + clinopirosseno + plagioclasio (gabbri). Le stratificazioni mineralogiche sono una caratteristica tipica di questo termine.
3) Complesso plutonico: è formato prevalentemente da gabbri isotropi e da minori quantità (< 10% in volume) di rocce differenziate ricche in quarzo e plagioclasi, variabili in composizione da tonaliti a trondhjemiti (plagiograniti).
4) Complesso filoniano (sheeted dike complex): è costituito da un’associazione di dicchi basaltici e doleritici, spessi 1~3 m., iniettati gli uni negli altri e caratterizzati dalla presenza di zone brecciate anastomizzate.
5) Complesso vulcanico: è costituito da basalti con struttura a pillows oppure, meno frequentemente, tipo sheet flows. Dei livelli ialoclastitici possono essere presenti nelle parti più alte. Le porzioni inferiori possono essere caratterizzate da sills e da dicchi diabasici.
Le ofioliti della catena alpina (Corsica Alpina, Alpi, Appennini) sono caratterizzate da sequenze e associazioni litologiche peculiari, che le rendono anomale rispetto al modello ofiolitico classico sopra descritto. Le caratteristiche più distintive delle ofioliti alpine sono: a) gli spessori generalmente ridotti delle sequenze, non superiori a 700~1000 m circa, b) la composizione variabile delle peridotiti mantelliche, da lherzoliti fertili, ricche in clinopirosseno, a peridotiti impoverite, povere in clinopirosseno, c) le rocce gabbroidi, che non costituiscono uno strato continuo, ma sono presenti come intrusioni discrete all’interno delle peridotiti mantelliche, d) la mancanza di un complesso filoniano, e) la presenza di contatti primari stratigrafici fra le peridotiti mantelliche serpentinizzate e i basalti soprastanti (pillows o sheet flows) o le prime coperture
sedimentarie pelagiche (radiolariti), f) la locale presenza di brecce ofiolitiche situate alla base e\o al tetto delle colate basaltiche.
In aggiunta a queste caratteristiche, lungo la catena alpina alcune unità tettoniche mostrano associazioni apparentemente anomale fra ofioliti e rocce di origine continentale [es. unità Err, unità Platta (Alpi Centrali), Unità Liguri Esterne (Appennino Settentrionale), unità Campitello, unità MFV (Corsica)]. Le associazioni di questo tipo sono attualmente interpretate come rappresentative di originari domini di transizione fra la crosta oceanica del bacino giurassico Ligure‐Piemontese e la crosta continentale della placca Adria (FROITZHEIM e MANATSCHAL, 1996; MANATSCHAL e NIEVERGELT, 1997; MARRONI et al., 1998).
In Corsica, le ofioliti della Falda degli Schistes Lustrés hanno subito un’evoluzione tettono‐metamorfica polifasica culminante in condizioni di AP/BT (facies scisti blu o, in alcune unità, eclogitica). Le intense deformazioni registrate nel corso dei processi di subduzione‐esumazione dell’orogenesi alpina sono responsabili della frammentazione delle originarie sequenze e della cancellazione dei rapporti primari fra il basamento e le relative coperture metasedimentarie oceaniche. La ricostruzione di una sezione rappresentativa è basata sullo studio di alcuni settori ben preservati (es. zona dell’Inzecca, cfr. PADOA, 1999 e MARRONI et al., 2004) e sul confronto con diverse sequenze ofiolitiche delle Alpi e dell’Appennino Settentrionale prive di importanti deformazioni orogenetiche. La ricostruzione che ne deriva è equivalente a quella comunemente accettata per le ofioliti alpine e appenniniche. Dal basso all’alto in una sequenza completa sono presenti i seguenti termini (LEMOINE et al., 1987; LAGABRIELLE e LEMOINE, 1997):
1) Metaperidotiti mantelliche. Si tratta di peridotiti serpentinitiche o metaserpentiniti risultanti della sovrapposizione del metamorfismo orogenico alpino sull’iniziale metamorfismo di fondo oceanico responsabile dei processi di serpentinizzazione. Gli studi geochimici, petrologici, tessiturali e di terreno condotti recentemente sulle peridotiti ofiolitiche lungo la catena alpina (Corsica, Alpi Occidentali e Centrali, Appennino Settentrionale) ne hanno messo in evidenza una lunga e composita evoluzione pre‐orogenica (MÜNTENER e PICCARDO, 2003; PICCARDO, 2003;
MÜNTENER et al., 2004; PICCARDO et al., 2004). Queste rocce derivano prevalentemente dal mantello litosferico sottocontinentale pre‐Giurassico della litosfera Adria‐Europa al quale sono state accrete dopo essere state isolate dal mantello astenosferico in tempi diversi dal Proterozoico al Giurassico medio. L’evoluzione tettono‐metamorfica subita dopo l’accrezione al mantello sottocontinentale è avvenuta in condizioni decompressionali di subsolidus, in connessione alla fase di rifting intracontinentale (Trias‐Giurassico medio) del
sistema Adria‐Europa e alla successiva fase di spreading (Giurassico medio‐ Giurassico superiore) del bacino Ligure‐Piemontese. Queste fasi sono state registrate nelle peridotiti da: a) sviluppo di zone di taglio estensionali a scala chilometrica che hanno condotto alla progressiva esumazione del mantello litosferico sottocontinentale, b) evidenze di interazione (percolazione e impregnamento) con magmi derivanti dalla fusione decompressionale dell’astenosfera in upwelling, d) intrusione di corpi gabbrici a scala chilometrica e dicchi basaltici a scala metrica derivanti da magmi astenosferici ad affinità MORB. Le peridotiti mantelliche hanno quindi registrato due eventi magmatici distinti legati all’apertura e all’espansione del bacino Ligure‐Piemontese: I) un primo evento connesso alla percolazione e all’impregnamento di fusi astenosferici: rappresenta una fase magmatica non vulcanica; II) un successivo evento, connesso ad un grado più avanzato di fusione parziale dell’astenosfera che ha prodotto liquidi tipo MORB intrusi in camere magmatiche superficiali o estrusi come lave basaltiche sul fondale oceanico: rappresenta una fase magmatica e vulcanica. Composizionalmente le peridotiti alpine possono essere suddivise in due gruppi maggiori coerenti con questi eventi magmatici (PICCARDO et al., 2004): a) peridotiti a plagioclasio derivanti dai processi di impregnamento e rifertilizzazione del mantello litosferico da parte di fusi astenosferici e b) peridotiti a spinello impoverite derivanti dalla percolazione reattiva di fusi ad affinità MORB.
2) Complesso plutonico metamorfico. In ordine crescente di differenziazione e secondo la probabile disposizione iniziale nelle camere magmatiche, le originarie rocce intrusive sono rappresentate, dal basso all’alto, da (ROCCI et al., 1976): a) metacumuliti ultramafiche, b) Mg‐metagabbri (metatroctoliti, metagabbri a olivina e metagabbri a clinopirosseno), c) Fe‐metagabbri (metagabbri e metadioriti contenenti ossidi di Fe e Ti), d) metaplagiograniti. L’affinità dei fusi magmatici primari che hanno generato queste rocce, come indicato da studi petrologici e geochimici condotti in vari settori della catena alpina, è di tipo MORB (TRIBUZIO et al., 2000, ROSSI et al., 2001; PICCARDO et al., 2004). Diversamente dalla sequenza ofiolitica classica, le rocce gabbriche delle ofioliti alpine non costituiscono uno strato continuo, ma sono distribuite all’interno delle peridotiti mantelliche come dicchi discreti a scala metrica o come corpi intrusivi a scala chilometrica (LEMOINE et al., 1987; LAGABRIELLE e LEMOINE, 1997; PICCARDO et al., 2004). Queste intrusioni intersecano tutte le precedenti strutture mantelliche delle peridotiti incassanti e sono caratterizzate da contatti netti e chilled margins (PICCARDO et al., 2004). I gabbri sono inoltre caratterizzati da deformazioni duttili (flaser gabbro) acquisite in zone di taglio a condizioni metamorfiche di BP/AT (facies anfibolitica, P ≈0.1 Gpa; 600 ≤ T ≤ 800°C; MÉVEL et al., 1978) coeve alla tettonica estensionale giurassica della litosfera
oceanica Ligure‐Piemontese in espansione (LEMOINE et al., 1987; LAGABRIELLE e
LEMOINE, 1997).
3) Dicchi metabasaltici. I dicchi basaltici delle ofioliti alpine non rappresentano un vero complesso filoniano. Si tratta di dicchi sporadici intrusi nelle peridotiti mantelliche, nei gabbri e nei soprastanti sedimenti oceanici e\o oficalciti. Sono considerati i canali alimentatori delle colate basaltiche situate al tetto della sequenza ofiolitica (LEMOINE et al., 1987; LAGABRIELLE e LEMOINE, 1997).
4) Metaoficalciti. Sono situate fra le metaperidotiti mantelliche ed i metabasalti o i metasedimenti oceanici soprastanti. Nella Falda degli Schistes Lustrés queste rocce sono localmente ben rappresentate [es. massiccio ofiolitico dell’Inzecca (PADOA, 1999), massiccio serpentinitico di Raghia Buia (Valle del Golo, cfr. cap. 4)]. Due tipi di oficalciti sono state riconosciute nelle Alpi e nell’Appennino Settentrionale. Le oficalciti di tipo 1 (OC1 di TRICART e LEMOINE, 1989; Breccia di Levanto di TREVES e HARPER, 1994) corrispondono alla porzione superiore fratturata delle peridotiti
mantelliche, caratterizzata da vene di calcite e dolomite e da dicchi sedimentari costituiti da clasti serpentinitici dispersi in una matrice carbonatica. Sono considerate come una breccia di origine tettonica‐idrotermale. Le oficalciti di tipo 2 (OC2 di TRICART e LEMOINE, 1989; Breccia di Framura di TREVES e HARPER, 1994) sono ritenute invece brecce sedimentarie risultanti dalla parziale rielaborazione delle oficalciti di tipo 1 e dalla loro rapida rideposizione come flussi granulari sulle peridotiti di mantello (o sui gabbri in esse intrusi) già denudate e affioranti sul fondale oceanico oppure sulle oficalciti di tipo 1 stesse.
5) Metabasalti. I metabasalti sono presenti prevalentemente con strutture a pillows (di cui sono conservate forme relitte variamente deformate) oppure, localmente, come sheet flows. Gli studi petrologici e geochimici eseguiti sui basalti ofiolitici della catena alpina ne hanno evidenziato la composizione tholeiitica e l’affinità variabile da T‐MORB a N‐MORB (PICCARDO, 2003). Lo strato basaltico è discontinuo e relativamente sottile (da pochi metri a qualche centinaio di metri). Conseguentemente, le peridotiti mantelliche e i gabbri associati, con la relativa copertura oficalcitica, possono essere ricoperti dai basalti oppure direttamente dai primi sedimenti pelagici di copertura (radiolariti, calcari).
Le caratteristiche delle sequenze ofiolitiche alpine sono state messe in relazione con i processi di apertura ed espansione del bacino oceanico giurassico Ligure‐ Piemontese.
La fase iniziale di rifting è attualmente interpretata con un modello di estensione passiva attraverso una detachment fault litosferica a basso angolo (LEMOINE et al., 1987; FROITZHEIM e EBERLI, 1990; FROITZHEIM e MANATSCHAL, 1996; MARRONI et al., 1998, 2001).
La presenza di colate basaltiche o di sedimenti oceanici deposti direttamente sulle peridotiti mantelliche implica l’esposizione di queste sul fondale oceanico. Nel modello di estensione passiva, l’esumazione di una fascia larga almeno 20 km di mantello peridotitico sottocontinentale può essere spiegata attraverso il denudamento tettonico del blocco di footwall di una detachment fault litosferica a basso angolo. Inoltre un processo di rifting intracontinentale della litosfera Adria‐Europa attraverso una simile faglia è in grado di spiegare, con la presenza di alloctoni estensionali, l’anomala associazione di ofioliti e rocce continentali osservata in molti settori delle catena Alpina. In aggiunta a questo, l’attività di una detachment fault litosferica, generando dei margini continentali passivi asimmetrici, giustifica la diversa evoluzione tettono‐sedimentaria del paleomargine europeo (es. dominio Brianzonese) rispetto a quello adriatico.
Le interpretazioni proposte dai diversi autori sui processi di spreading oceanico per rendere conto delle peculiari caratteristiche stratigrafiche e litologiche delle ofioliti, sono riconducibili a due modelli principali: 1) modello della faglia trasforme (GIANNELLI
e PRINCIPI, 1977; ISHIWATARI, 1985; WEISSERT e BERNOULLI, 1985), 2) modello della dorsale a bassa velocità di espansione (BARRET e SPOONER, 1977; LAGABRIELLE e CANNAT, 1990; LAGABRIELLE e LEMOINE, 1997; PICCARDO et al., 2004). Il modello della faglia trasforme riesce a spiegare i contatti primari fra le rocce di mantello e le coperture sedimentarie oceaniche. Tuttavia, data l’assenza di qualsiasi attività vulcanica localizzata lungo le faglie trasformi degli oceani attuali, questo modello non rende conto della presenza dei basalti e dei loro rapporti di contatto primario con le peridotiti mantelliche o con i gabbri associati. Secondo diverse ricostruzioni palinspastiche il bacino Ligure‐Piemontese aveva una larghezza di circa 250~400 km (es. ZIEGLER, 1988). I dati micropaleontologici sulle prime rocce sedimentarie del basamento ofiolitico (radiolariti giurassiche, DE WEVER et al., 1987; MARCUCCI e PASSERINI, 1991; BILL et al., 2001) indicano che la fase di spreading è durata almeno 10~12 Ma (Bathoniano‐Oxfordiano). Questo intervallo di tempo è considerato sufficiente per lo sviluppo di una convezione di mantello astenosferico sotto una dorsale di espansione attiva (LAGABRIELLE e LEMOINE, 1997). Un processo di spreading oceanico attraverso un sistema di dorsali a bassa (o molto bassa) velocità di espansione rende conto degli eventi magmatici e vulcanici registrati dalle peridotiti mantelliche. Sequenze di periodi caratterizzati dall’assenza (fasi non vulcaniche o amagmatiche) e dalla presenza (fasi vulcaniche o magmatiche) di attività vulcanica, rappresentano, infatti, una delle caratteristiche più peculiari delle dorsali a bassa e molto bassa velocità di espansione. È stato proposto, inoltre (PICCARDO et al., 2004), che uno dei processi dominanti per l’impregnamento delle peridotiti mantelliche e la formazione della maggior parte delle peridotiti a plagioclasio presenti nella catena alpina, è l’accumulo di fusi astenosferici nel mantello litosferico durante periodi amagmatici di una dorsale a bassa (o molto bassa) velocità di espansione.
3.3 Le coperture metasedimentarie e le unità tettono-stratigrafiche derivate.
Le diverse suddivisioni tettono‐stratigrafiche degli Schistes Lustrés sono basate essenzialmente sulle successioni litostratigrafiche ricostruite, tenendo presenti le considerazioni introdotte nel paragrafo 3.1. Le principali interpretazioni proposte dagli autori sono le seguenti:
a) La Falda degli Schistes Lustrés è costituita da quattro unità tettono‐stratigrafiche di ordine maggiore distinte in base a quattro diverse successioni litostratigrafiche. Queste successioni sono differenziabili tra loro per facies e per la presenza o meno di un basamento ofiolitico (AMAUDRIC DU CHAFFAUT et al., 1972; DELCEY, 1974;
CARON e DELCEY, 1979; CARON et al., 1979). Le quattro unità tettono‐stratigrafiche sono rappresentate, secondo la posizione strutturale occupata (dal basso all’alto e da Est verso Ovest) da: a) successione della Castagniccia, b) successione di Santo Pietro di Tenda, c) successione dell’Inzecca, d) successione di Bagliacone Riventosa. b) La Falda degli Schistes Lustrés è costituita da due unità tettoniche maggiori, entrambe composte da un basamento ofiolitico e dalle relative coperture metasedimentarie (DURAND‐DELGA, 1978, 1984). Queste unità sono differenziabili in base alla
posizione strutturale, al grado metamorfico e alla facies dei metasedimenti sopra‐ ofiolitici. Sono rappresentate da: a) gli Schistes Lustrés inferiori (o unità Bastio‐ Liguri o Bastiesi), metamorfici e in posizione strutturale inferiore e b) gli Schistes Lustrés superiori (o unità Liguri metamorfiche), meno metamorfici rispetto ai precedenti e in posizione strutturale superiore. Queste due unità sono considerate come frammenti rappresentativi di due diversi settori del bacino oceanico Ligure– Piemontese.
c) Nella regione fra Bastia e St. Florent gli Schistes Lustrés s.l. possono essere suddivisi in due gruppi principali di unità sulla base della posizione strutturale occupata rispetto all’unità continentale di Oletta‐Serra di Pigno (DALLAN e PUCCINELLI,
1995): “Scaglie tettoniche superiori” e “Scaglie tettoniche inferiori”, rispettivamente soprastanti e sottostanti all’unità di Oletta‐Serra di Pigno. Ad Ovest di questa unità le Scaglie tettoniche inferiori sormontano direttamente il margine orientale del Massiccio Cristallino del Tenda, considerato indipendente dall’unità di Oletta, mentre ad Est sono sovrapposte all’”Unità delle prasiniti”. Dallan e Puccinelli (1985) ipotizzano che il Massiccio Cristallino del Tenda rappresenti una grande scaglia del basamento ercinico corso, laminata verso Est sotto le Scaglie tettoniche inferiori e l’Unità delle prasiniti a queste sottostanti.
d) Nella regione compresa tra la Valle del Golo e Capo Corso, la Falda degli Schistes Lustrés può essere suddivisa in tre insiemi di unità tettoniche, distinti sia in base alla posizione strutturale sia in base all’origine continentale, oceanica o transizionale dei litotipi (LAHONDÈRE e LAHONDÈRE, 1988; LAHONDÈRE e CABY,
1989; LAHONDERE, 1992; LAHONDÈRE, 1996; ROSSI et al., 2001). Questi insiemi corrispondono a: a) Unità continentali, in cui sono incluse le scaglie di basamento cristallino (Centuri, Oletta, Serra di Pigno…), b) Unità di trasizione, che comprendono le unità composite continentali/oceaniche, c) Unità oceaniche, costituite da un basamento ofiolitico e dalla relativa copertura metasedimentaria. 3.3.1 Le quattro successioni litostratigrafiche fondamentali.
Le successioni litostratigrafiche della Castagniccia, di Santo Pietro di Tenda, dell’Inzecca e di Bagliacone‐Riventosa sono state utilizzate per la suddivisione tettonica e stratigrafica della Falda degli Schistes Lustrés nella carta geologica della Corsica alla scala 1/250˙000 (ROSSI et al., 1980) e in alcune delle carte geologiche alla scala 1/50˙000 (es. foglio Corte, ROSSI et al., 1994). Inoltre sono comunemente adottate come riferimento
stratigrafico anche da parte di autori che utilizzano sistemi di suddivisione diversi (es. DURAND‐DELGA, 1984; LAHONDÈRE, 1992). Nonostante le notevoli imprecisioni sull’età delle formazioni, (le datazioni proposte sono fondate essenzialmente sulle correlazioni, per facies, con le successioni dell’Appennino Settentrionale e delle Alpi Occidentali), e la difficoltà a seguirne precisamente i limiti, la struttura generale della Falda degli Schistes Lustrés basata sulla distinzione di queste successioni, appare, a scala regionale, coerente. Le maggiori incertezze riguardano l’origine e la posizione paleogeografica delle unità tettoniche così individuate (si confrontino ad esempio le interpretazioni di Caron et al., (1979) e di Durand‐Delga, (1984)).
Nei paragrafi seguenti (3.3.1a ‐ 3.3.1d) le quattro successioni litostratigrafiche sono ordinate e descritte in base alla posizione strutturale occupata dalle unità tettono‐ stratigrafiche corrispondenti, dalla più alta ed occidentale (successione dell’Inzecca) alla più bassa e orientale (successione della Castagniccia). Si deve tuttavia tenere presente che rapporti geometrici fra le quattro successioni sono ancora poco chiari in molti settori della catena.
3.3.1A.SUCCESSIONE DELL’INZECCA.
La successione dell’Inzecca (AMAUDRIC DU CHAFFAUT et al., 1972) è la meglio
conosciuta fra le successioni degli Schistes Lustrés. È situata in contatto stratigrafico al tetto della sequenza ofiolitica ed è pertanto considerata rappresentativa della copertura sedimentaria della litosfera oceanica Ligure‐Piemontese. Dal basso verso l’alto è composta dai seguenti termini (fig.3.2):
Fig. 3.2: Sezione litostratigrafica schematica della successione dell’Inzecca (da: CARON et al., 1979).
1) Metaradiolariti. Queste rocce, che raggiungono uno spessore apparente di 50 m, sono in contatto stratigrafico con uno qualsiasi dei termini del sottostante basamento ofiolitico.
2) Marmi chiari (calcaires marmoréens). È una formazione di marmi silicei stratificati, caratterizzata da spessori generalmente ridotti (da 1 a 10 cm nella successione dell’Inzecca tipica (AMAUDRIC DU CHAFFAUT et al., 1972), fino a 20 m nell’equivalente successione di Monte Piano Maggiore (ROSSI et al., 1994)).
3) Scisti e metacalcari (Formazione d’Erbajolo). Questa formazione, spessa qualche centinaio di metri, è costituita da un’alternanza irregolare di metacalcari stratificati e di scisti neri o beige derivanti da originarie peliti non carbonatiche.
4) Scisti e quarziti. Rappresentano un termine di transizione, con uno spessore metrico o di qualche decina di metri, fra la formazione precedente e quella soprastante Si tratta di scisti neri non carbonatici con intercalazioni di strati metacalcarei. Gli scisti sono progressivamente arricchiti, verso l’alto, in liste quarzitiche centimetriche o decimetriche a grana fine.
5) Quarziti e metacalcari. Si tratta di un’alternanza di scisti non carbonatici e liste quarzitiche a grana fine, localmente carbonatiche, spesse da 1 a 5 cm. Dei metacalcari disposti in lenti o in liste con spessore massimo di circa 20 cm sono intercalati in questi litotipi.
Questa successione affiora estesamente ad Ovest e a Sud del duomo della Castagniccia, fino a Fium’Orbo, nella Corsica Alpina meridionale.
La successione dell’Inzecca corrisponde agli Schistes Lustrés superiori (o Unità Liguri metamorfiche) definiti da Durand‐Delga (1978, 1984) ed è correlabile per facies alle successioni dell’Appennino Settentrionale e delle Alpi Occidentali secondo lo schema seguente (da AMAUDRIC DU CHAFFAUT et al., 1972, modificato):
CORSICA ALPINA ALPI OCCIDENTALI APPENNINO SETTENTRIONALE
Fm. scisto‐quarzitiche 1 + 2 Fm. scisto‐arenacee Scisti della Val Lavagna Fm.d’Erbajolo Fm. della Replatte Argille a Palombini Marmi chiari Marmi chiari Calcari a Calpionelle Metaradiolariti Metaradiolariti Diaspri
Tenendo presente che l’età delle radiolariti della catena alpina‐appenninica è compresa fra il Bathoniano e il Kimmeridgiano (DE WEVER et al., 1987; MARCUCCI e
PASSERINI, 1991; BILL et al., 2001) e che gli Scisti della Val Lavagna sono stati datati paleontologicamente al Campaniano‐Maastrichtiano inferiore (MARRONI e PERILLI, 1990), l’età della successione dell’Inzecca può essere ritenuta compresa tra il Giurassico superiore e il Cretaceo superiore.
3.3.1B SUCCESSIONE DI BAGLIACONE-RIVENTOSA.
La successione di Bagliacone Riventosa, definita da Caron (1977) a Sud‐Est di Corte, è costituita, dal basso all’alto, dai seguenti termini (CARON et al., 1979) (fig.3.3):
Fig. 3.3: Sezione litostratigrafica schematica della successione di Bagliacone‐ Riventosa (da: CARON et al., 1979).
1) Calcari con liste di selce.. 2) Brecce e microbrecce con clasti di graniti, rioliti e, meno frequentemente, calcari e di dolomie. 3) Calcesciti arenacei “plaquetès” Il basamento non è affiorante. È esposta nella Corsica Alpina meridionale, lungo la valle del fiume Tavignano, dove appare in finestra tettonica sotto la successione dell’Inzecca attraverso un contatto piegato da tre generazioni di pieghe sin‐metamorfiche (ROSSI et al., 1980). La sua età è controversa. Caron (1977) correla la successione di Bagliacone‐Riventosa con il Lias prepiemontese delle unità di Corte (Corsica Alpina) e delle Alpi Occidentali (in particolare, Amaudric du Chaffaut et al. (1972) propongono la correlazione con il Lias della successione di Gondran). Secondo Durand‐Delga (1978, 1984) invece, la successione di Bagliacone–Riventosa è equivalente al flysch di Tralonca
della falda piemontese di Santa Lucia e appartiene al Cretaceo superiore. L’originario basamento di questa successione sarebbe comunque, secondo entrambe le interpretazioni, di tipo continentale.
3.3.1C SUCCESSIONE DI SANTO PIETRO DI TENDA.
La successione di Santo Pietro di Tenda è oggetto di numerose interpretazioni. Gli aspetti più controversi riguardano la composizione, la polarità e la sua collocazione paleogeografica rispetto alle altre unità della Corsica Alpina. Secondo l’originaria interpretazione di Delcey (1974), la successione di Santo Pietro di Tenda è costituita, dal basso all’alto, dai seguenti termini:
1) Gneiss albitci. Questo litotipo deriva probabilmente da una successione vulcano– sedimentaria attribuibile al Permiano o al Permiano–Trias.
2) Un termine complesso di qualche decina di metri di spessore formato prevalentemente da scisti quarzosi neri che passano verso l’alto a calcescisti. 3) Marmi massicci chiari con liste di selce e ciottoli di rioliti e dolomie. 4) Quarziti di origine detritica. 5) Prasiniti. La successione di Santo Pietro di Tenda, che affiora generalmente in vicinanza di importanti masse ofiolitiche, è esposta con discontinuità a Capo Corso e ai margini Ovest e Est della sinforme del Nebbio, dove è in contatto, rispettivamente, con il Massiccio Cristallino del Tenda e con gli gneiss di Oletta‐Serra di Pigno. A Sud della Valle del Golo costituisce, a scala regionale, delle bande sottili piegate insieme alle ofioliti della lunga dorsale Monte San Petrone‐Punta de Caldane‐Matra–Cervione che circonda gli Schistes Lustrés s.s. della successione Castagniccia lungo i fianchi del duomo omonimo. In questa zona i termini carbonatici della successione di Santo Pietro di Tenda sono associati a delle scaglie di gneiss (es. “gneiss a giadeite” di Sant’Andrea di Cotone (DURAND‐DELGA, 1984)).
Stando all’interpretazione di Delcey (1974), la successione di Santo Pietro di Tenda rappresenta la copertura metasedimentaria triassico‐liassica del Massiccio Cristallino del Tenda e degli gneiss di Oletta–Serra di Pigno inclusi nella Falda degli Schistes Lustrés. Le prasiniti al tetto della successione sono interpretate come derivanti in parte da sedimenti vulcanici e in parte da basalti messi in posto su crosta continentale.
Successivamente Caron e Delcey (1979), alla luce di nuove osservazioni su sezioni litostratigrafiche tipo Santo Pietro di Tenda, condotte in settori chiave della Corsica Alpina (es. Tox, Punta de Caldane, Sant’Andrea di Cotone), invertono la polarità della successione definita da Delcey nel 1974 e la interpretano come copertura
metasedimentaria delle ofioliti, rappresentate dalle prasiniti precedentemente poste al tetto della successione stessa (fig.3.4). Secondo questa interpretazione le quarziti, considerate in parte come metaradiolariti, appartengono, insieme ai marmi, al Giurassico superiore e rappresentano l’equivalente laterale dei termini inferiori della successione dell’Inzecca. Da un punto di vista paleogeografico, tuttavia, la successione di Santo Pietro di Tenda, per la presenza di depositi detritici di origine continentale, andrebbe collocata in una posizione più vicina al margine continentale della placca europeo/corsa. La prosecuzione stratigrafica verso l’alto di questa successione sarebbe rappresentata dai termini della successione della Castagniccia (cfr. par. 3.3.1d).
Fig. 3.4: Sezione litostratigrafica schematica della successione di Santo Pietro di Tenda sensu Caron e Delcey (1979) (da: CARON et al., 1979).
Durand‐Delga (1984) interpreta la successione di Santo Pietro di Tenda come formata unicamente dai marmi e dalle quarziti che egli attribuisce, rispettivamente, al Trias‐Lias e al Permiano‐Trias inf., e considera, in accordo con Delcey (1974) e con interpretazioni successive (es. LAHONDÈRE, 1992; ROSSI et al., 2001), come rappresentativi di un’originaria copertura sedimentaria di un basamento continentale. Questo autore fa notare tuttavia che tale basamento non può essere rappresentato dal Massiccio Cristallino del Tenda nè dagli gneiss di Oletta–Serra di Pigno, come affermato da Delcey. Il Massiccio Cristallino del Tenda è infatti caratterizzato da una propria copertura autoctona [Conglomerato di Monte Asto ad elementi carbonatici (Cretaceo sup.?) e Conglomerato di Monte Reghija di Pozzo ad elementi granitoidi (Eocene?)], le cui facies sono differenti da quelle della successione di Santo Pietro di Tenda. Per spiegare il contatto, necessariamente tettonico, fra questa successione e le rocce cristalline del Tenda, Durand‐ Delga propone un processo di “sostituizione di copertura”. Corrispondentemente, gli gneiss di Oletta–Serra di Pigno sono sormontati stratigraficamente da un metaconglomerato ad elementi carbonatici indifferenziabile da quello di Monte Asto (WARBURTON, 1983; LAHONDÈRE, 1992). In questa zona il contatto tettonico con la successione di Santo Pietro di Tenda è localmente evidenziato da una milonite (WARBURTON, 1983).
3.3.1D SUCCESSIONE DELLA CASTAGNICCIA.
La successione della Castagniccia (DELCEY, 1974; CARON e DELCEY, 1979; CARON et al., 1979) è la meno conosciuta fra le successioni degli Schistes Lustrés. È costituita, dal basso all’alto, dai seguenti termini (CARON et al., 1979) (fig.3.5):
Fig. 3.5: Sezione litostratigrafica schematica della successione della Castagniccia (da: CARON et al., 1979).
1) Metacalcari massicci con liste di selce. 2) Un’alternanza, spessa qualche centinaio di metri, di scisti e di metacalcari (prevalenti) in strati di spessore centi‐decimetrico. 3) Un’alternanza, spessa qualche centinaio di metri, di scisti (prevalenti) e di metarenarie poco o non carbonatiche.
Questi termini affiorano estesamente a Capo Corso e nella regione della Castagniccia dove costituiscono il nucleo, povero in ofioliti, del grande duomo allungato in direzione Nord‐Sud che caratterizza in questa zona la struttura regionale della Falda degli Schistes Lustrés.
Secondo Caron e Delcey (1979) questa successione può essere interpretata in tre modi diversi: a) come la prosecuzione stratigrafica, verso l’alto, della successione di Santo Pietro di Tenda (sensu CARON e DELCEY, 1979); in questo caso costituirebbe la parte superiore (di età probabilmente Cretaceo inf.) della copertura metasedimentaria delle ofioliti giurassiche e rappresenterebbe quindi l’equivalente, più metamorfico, della successione dell’Inzecca; in particolare i termini intermedio e superiore della successione della Castagniccia sarebbero correlabili alla Formazione d’Erbajolo (succ. Inzecca), mentre il termine inferiore andrebbe considerato come appartenente alla successione di Santo Pietro di Tenda; b) come un successione a se stante, che rappresenta la copertura giurassica di un originario basamento a crosta continentale; in questo caso la successione della Castagniccia sarebbe l’equivalente laterale della successione di Bagliacone Riventosa
(sensu CARON et al., 1979), c) come una successione composita da suddividere
ulteriormente.
Secondo Durand‐Delga (1984), per il quale Schistes Lustrés s.s. rappresentano la copertura metasedimentaria di un unico basamento ofiolitico, la successione della Castagniccia corrisponde agli Schistes Lustrés inferiori (o Unità Bastiesi) da egli stesso definiti e rappresenta la copertura delle ofioliti che affiorano a Capo Corso e al nucleo dell’antiforme della Castagniccia (ofioliti di Fium’Alto). Pertanto, in accordo all’interpretazione a) di Caron e Delcey, questo autore considera la successione della Castagniccia come la copertura del basamento ofiolitico, ma, contrariamente alla loro opinione, non ritiene necessario introdurre la successione di Santo Pietro di Tenda (che egli interpreta come un’originaria copertura sedimentaria di crosta continentale di età Permiano‐Giurassico inf.) fra questo basamento e la successione della Castagniccia stessa. 3.3.2 Gli insiemi di unità tettoniche: Unità oceaniche, Unità di transizione, Unità continentali.
A scala regionale, la suddivisione della Falda degli Schistes Lustrés in unità tettoniche di ordine maggiore, in base alle quattro successioni litostratigrafiche descritte nei paragrafi precedenti, appare coerente. Tuttavia in una tale suddivisione alcune delle caratteristiche peculiari degli Schistes Lustrés s.l. rischiano di passare inosservate. Fra queste la principale è l’associazione fra rocce di origine continentale e rocce di origine oceanica. Per questo motivo le quattro successioni precedenti sono preferibilmente considerate come riferimento stratigrafico per le coperture metasedimentarie piuttosto che un mezzo per la suddivisione tettonica degli Schistes Lustrés s.l. Nel settore compreso tra Capo Corso e la Valle del Golo l’associazione degli Schistes Lustrés s.l. con unità gneissiche (gneiss di Ersa‐Centuri, Farinole, Oletta–Serra di Pigno, Cima di Zuccarello, Valle del Golo) e la presenza di successioni metasedimentarie ricche in depositi detritici continentali, (es. successione di Santo Pietro di Tenda) ha condotto alla suddivisione della Falda degli Schistes Lustrés in tre insiemi di unità tettoniche, differenziabili in base alla posizione strutturale occupata e all’origine continentale, oceanica o transizionale delle litologie. Questi tre insiemi corrispondono a (tab. 3.6): a) le unità oceaniche, b) le unità di transizione (unità di margine di Lahondére, 1996 e Rossi et al., 2001, c) Unità continentali (Massiccio Cristallino di Bastia di Lahondére, 1996 e Rossi et al., 2001).
Le Unità oceaniche sono costituite da un basamento ofiolitico e dalla relativa copertura metasedimentaria di origine oceanica. Queste unità sono considerate frammenti della litosfera oceanica del bacino giurassico Ligure–Piemontese (ROSSI et al., 2001). In base alla posizione strutturale occupata sono state suddivise in due insiemi:
l’Insieme Oceanico Inferiore (IOI) e l’Insieme Oceanico Superiore (IOS) (LAHONDÈRE,
1992; ROSSI et al., 2001).
Le Unità di transizione sono caratterizzate da litologie di origine sia continentale che oceanica. Queste unità sono interpretate come rappresentative di un originario dominio di transizione fra la crosta continentale e la crosta oceanica del bacino Ligure– Piemontese (LAHONDÈRE, 1996; LAHONDÈRE e GUERROT, 1997; ROSSI et al., 2001).
Le Unità continentali sono composte da un basamento gneissico di origine continentale e da una copertura metasedimentaria ricca in elementi detritici, anch’essi di origine continentale. Queste unità sono considerate come frammenti di crosta continentale coinvolti, durante il Cretaceo superiore–Miocene, nei processi di subduzione e collisione continentale dell’orogenesi alpina (LAHONDÈRE, 1992).
La struttura attuale della catena alpina corsa, fra Capo Corso e la Valle del Golo è quindi descrivibile in termini di sovrapposizione di questi insiemi di unità tettoniche. Dal basso all’alto e da Est ad Ovest, sono presenti: a) Insieme Oceanico Inferiore, b) le Unità di transizione, c) Insieme Oceanico Superiore. Le Unità continentali sono situate, come scaglie tettoniche, in varie posizioni strutturali nell’edificio formato dalle unità precedenti.
Tutte queste unità preservano la registrazione di un’evoluzione metamorfica polifasica in cui il picco di pressione corrisponde alla facies degli scisti blu o delle eclogiti di bassa temperatura (OHNENSTETTER et al., 1976; PEQUIGNOT et al., 1984; LAHONDÈRE e CABY, 1989; LAHONDÈRE, 1996; LAHONDÈRE e GUERROT, 1997).
3.3.2A UNITÀ OCEANICHE.
L’Insieme Oceanico Inferiore è formato, dal basso all’alto, dalle seguenti unità tettoniche:
a) Unità Mandriale‐Lavasina (LAHONDÈRE e LAHONDÈRE, 1988). È essenzialmente formata da metabasalti, il cui spessore può raggiungere 500 m. Localmente è presente una copertura costituita da qualche metro di quarziti. Questa unità è sviluppata da Capo Corso fino alla Valle del Golo, dove prosegue nella dorsale ofiolitica di Monte San Petrone‐Punta de Caldane‐Matra–Cervione.
b) Unità Sisco (LAHONDÈRE e LAHONDÈRE, 1988). È composta da un basamento di prasiniti e da una copertura di quarziti e marmi con intercalazioni di prasiniti. Localmente sovrapposti a questi termini sono presenti degli scisti quarziferi e dei calcesciti.
c) Unità Brando (LAHONDÈRE e LAHONDÈRE, 1988). Questa unità è caratterizzata da una successione litostratigrafica uguale alla porzione basale della successione della Castagniccia.
Le principali unità tettoniche dell’Insieme Oceanico Superiore sono rappresentate, dall’alto al basso, da:
a) Unità Lento (LAHONDÈRE, 1991; ROSSI et al., 2001). È costituita da un basamento di metagabbri e metabasalti sormontato da una formazione metasedimentaria tipo Erbajolo. Questa formazione è localmente preceduta da un livello sottile di quarziti derivanti da originarie radiolariti.
b) Unità Ligure Inferiore (ROSSI et al., 2001). È composta da un termine inferiore ed uno superiore. Il primo è costituito da metabasalti ai quali seguono, verso l’alto, delle metaradiolariti e una formazione tipo Erbajolo. Il secondo è rappresentato da serpentiniti e metagabbri.
c) Unità a trondhjemiti (ROSSI et al., 2001). È un’unità di basamento e copertura. Il
basamento è costituito da metagabbri e metabasalti intersecati da filoni di trondhjemiti metamorfiche. La copertura metasedimentaria è rappresentata, dal basso all’alto, da: a) metaradiolariti e b) una formazione tipo Erbajolo.
3.3.2B UNITÀ DI TRANSIZIONE.
Le principali sono, dal basso all’alto:
a) Unità Morteda–Farinole–Volpajola (MFV) (LAHONDÈRE e LAHONDÈRE, 1988; LAHONDÈRE e CABY, 1989; ROSSI et al., 2001). È un’unità composita che include
metaperidotiti, metabasiti ofiolitiche, rocce metasedimentarie oceaniche e paragneiss derivanti da sedimenti di origine continentale. È distinta dalle altre per la presenza di paragenesi metamorfiche della facies eclogitica.
b) Unità Campitello (LAHONDÈRE e CABY, 1989; LAHONDÈRE, 1992). È un’unità composita formata da rocce di origine oceanica (metabasiti, metaradiolariti e calcescisti) e rocce di origine continentale, sia di basamento che di copertura (ortogneiss, dolomie e micascisti derivanti da conglomerati ad elementi cristallini).
c) Unità Punta Cimone (ROSSI et al., 2001). È formata da un basamento ofiolitico e da una copertura e metasedimentarie caratterizzate da depositi detritici di origine mista, continentale e oceanica.
3.3.2C UNITÀ CONTINENTALI.
Le unità continentali sono rappresentate, dal basso all’alto, da:
a) Unità Pigno–Olivaccio (LAHONDÈRE, 1992; ROSSI et al., 2001). È costituita da un basamento e da una copertura. Il basamento è formato da orthogneiss e include un complesso intrusivo mafico–ultramafico composizionalmente simile al complesso gabbroide di Bocca di Tenda (Massiccio Cristallino del Tenda). La copertura, il cui spessore non supera qualche decina di metri, comprende, dal
basso all’alto: a) metacalcari dolomitici, b) metaconglomerati e c) calcescisti. I metaconglomerati sono caratterizzati da ciottoli di granito, di metacalcare e di quarzo immersi in una matrice arcosica a Fe‐glaucofane e giadeite. Lahondère (1992), ritenendo che il basamento e la copertura dell’Unità di Pigno–Olivaccio siano equivalenti a quelli del Massiccio Cristallino del Tenda affioranti a Monte Asto, propone di considerare questa unità come un frammento di tale massiccio.
b) Unità Monte alla Torra (ROSSI et al., 2001). È formata da un basamento di gneiss e da una copertura metasedimentaria tipo Santo Pietro di Tenda (sensu DELCEY, 1974).
c) Unità Ersa‐Centuri (LAHONDÈRE e LAHONDÈRE, 1988). È formata da gneiss
kinzigitici ai quali sono associati delle anfiboliti e dei marmi. Questa unità è limitata inferiormente e superiormente da metabasiti ofiolitiche. CROSTA CONTINENTALE EUROPEA TRANSIZIONE OCEANO-CONTINENTE
LITOSFERA OCEANICA LIGURE-PIEMONTESE
Unità Oceaniche Unità Continentali Transizione Unità di Insieme Oceanico
Superiore IOS
Insieme Oceanico Inferiore
IOI
Unità Ersa-Centuri Unità Punta Cimone Unità a trondhjemiti Unità Brando Unità Monte alla
Torra Unità Campitello Unità Ligure Inferiore Unità Sisco Unità Pigno-Olivaccio Farinole-Volpajola Unità Morteda- Unità Lento Unità Mandriale-Lavasina
Tab. 3.6: Schema delle principali unità tettoniche degli Schistes Lustrés fra Capo Corso e la Valle del Golo.
3.4 Il metamorfismo.
Le associazioni mineralogiche degli Schistes Lustrés s.l. indicano un’evoluzione metamorfica polifasica in cui il picco di pressione corrisponde alle condizioni di stabilità degli scisti blu o, in alcune unità, delle eclogiti di bassa temperatura.
Gli studi petrologici condotti sulle ofioliti (es. OHNENSTETTER et al., 1976) hanno mostrato la sovrapposizione di due paragenesi mineralogiche principali, risultanti dalla successione nel tempo di altrettante fasi metamorfiche di ordine maggiore: 1) metamorfismo oceanico 2) metamorfismo orogenico. Il metamorfismo oceanico è considerato l’espressione della circolazione di fluidi idrotermali nell’antica litosfera del
bacino Giurassico Ligure–Piemontese durante il periodo di espansione e di raffreddamento (OHNENSTETTER et al., 1976). Il metamorfismo orogenico testimonia l’evoluzione termo‐barica subita dalla medesima litosfera durante i processi di subduzione ed esumazione connessi alla chiusura del bacino Ligure‐Piemontese ed alla successiva collisione continentale fra le placche Europa e Adria. Questa fase metamorfica è descritta da un percorso P‐T a sua volta suddivisibile in due fasi principali: a) metamorfismo progrado di AP/BT culminante in facies scisti blu o eclogitica, b) metamorfismo retrogrado, post‐Pmax., in facies blu o scisti verdi. Nel contesto geodinamico dell’orogenesi alpina, la fase metamorfica prograda è riferibile al sottoscorrimento delle unità alpine in una zona subduzione fino alla loro incorporazione alla base di un prisma di accrezione. Le differenze nelle condizioni P‐T registrate in questa fase (facies scisti blu, facies eclogitica) sono connesse alle diverse profondità a cui le unità sono state accrete nel prisma. La fase metamorfica retrograda è riferibile alla progressiva e diacrona esumazione delle unità già accrete dai livelli strutturali inferiori a quelli superiori, secondo percorsi P‐T retrogradi in facies scisti blu o scisti verdi. Da questo punto di vista, la fase prograda e la successiva fase retrograda rappresentano il percorso P‐T completo del ciclo metamorfico alpino.
3.4.1 Metamorfismo oceanico.
Gli effetti del metamorfismo oceanico, ovviamente circoscritti alle ofioliti, sono conservati come relitti soltanto nei settori in cui la successiva evoluzione tettono‐ metamorfica è stata di debole intensità. Le associazioni mineralogiche di ambiente oceanico attualmente presenti nelle ofioliti si sono sviluppate in connessione ai processi tardo‐magmatici legati al raffreddamento della crosta oceanica Ligure‐Piemontese in espansione, come testimoniato dalla mancanza di significative deformazioni associate (OHNENSTETTER et al., 1976; GLOM, 1977). I minerali fondamentali, diagnostici di questa
prima fase metamorfica, sono: lizardite, crisotilo, magnetite, grossularia, vesuvianite, prehnite, cloriti, anfiboli della serie tremolite\ferro‐actinolite, epidoti e calcite (OHNENESTETTER et al., 1976). Al metamorfismo oceanico è attribuita la serpentinizzazione delle metaperidotiti (cumulitiche e mantelliche) e la concomitante rodingitizzazione dei dicchi di rocce mafiche associate. (GLOM, 1977). Nelle metaperidotiti l’olivina è trasformata in lizardite (prevalente), crisotilo e magnetite, mentre l’ortopirosseno è alterato in bastite o, in alcuni casi, è caratterizzato dalla presenza di granuli di grossularia disseminati lungo i piani di clivaggio (OHNENSTETTER et al., 1976). Le rodingiti risultano dalla trasformazione, contemporanea al processo di serpentinizzazione, di corpi gabbrici e dicchi basaltici. Sono caratterizzate dalla tipica composizione mineralogica: idrogranato + vesuvianite + prehnite + diopside + clorite magnesiaca (OHNENSTETTER et al., 1976).
Il metamorfismo oceanico è collegato alla tettonica estensionale che ha interessato la litosfera oceanica del bacino Ligure–Piemontese durante la fase giurassica di spreading. Secondo Ohnenestetter et al. (1976) la fratturazione della crosta oceanica in raffreddamento, indotta dall’estensione tettonica e localizzata in fracturated plateau, ha facilitato la penetrazione dell’acqua marina nella crosta stessa e la conseguente formazione e circolazione dei fluidi idrotermali, responsabili, almeno in parte, delle associazioni mineralogiche osservate. Le condizioni P‐T stimate per lo sviluppo di questo metamorfismo, tenendo presente il vincolo di T ≈ 400°C imposto dall’associazione prehnite + grossularia, sono pari a Pmax.= 0,2 GPa e 250 ≤ T ≤ 450°C (OHNENESTETTER et al., 1976). Basandosi sulle stime dei gradienti geotermici attuali nelle dorsali medio‐oceaniche (275°C km⁻¹, CANN, 1970; 150°C km⁻¹, GASS e SMEWING, 1973) Ohnenestetter et al., (1976)
propongono, per lo sviluppo del metamorfismo oceanico della Corsica Alpina, un gradiente geotermico di 150°C km⁻¹.
3.4.2 Metamorfismo orogenico.
Gli Schistes Lustrés della Corsica Alpina sono noti da tempo per l’ottima conservazione delle associazioni mineralogiche di alta pressione a bassa temperatura in facies scisti blu (NETELBEEK, 1951; BROUWER e EGELER, 1952; AUTRAN, 1964). Lo studio in sezione sottile delle paragenesi metamorfiche e delle relative microstrutture di reazione, fra i minerali delle ofioliti, hanno dimostrato il carattere polifasico del metamorfismo orogenico (es. OHNENSTETTER et al., 1976). Questo metamorfismo è scomponibile in due fasi principali. La prima fase è descritta da un percorso P‐T progrado in cui l’incremento di pressione è maggiore del corrispondente incremento di temperatura (alto rapporto P/T). La fine di questa fase prograda è segnata dal raggiungimento delle massime condizioni di pressione, corrispondenti alla facies degli scisti blu o, in alcune unità, delle eclogiti di bassa temperatura. La seconda fase metamorfica è descritta da un tratto P‐T decompressionale a carattere retrogrado in facies scisti blu oppure, per diminuzione di P/T, in facies scisti verdi di basso grado. Queste due fasi possono considerarsi come l’espressione di un’evoluzione metamorfica continua, durante la quale sono cristallizzate progressivamente delle associazioni mineralogiche metastabili (GLOM, 1977). Le variazioni di pressione, di maggior entità rispetto alle corrispondenti variazioni di temperatura, sono ben registrate dalla composizione dei pirosseni sodici metamorfici contenuti nelle rocce di adeguata composizione chimica (specialmente metaferrogabbri e metatrondhjemiti), come suggerito da Ohnenstetter et al. (1976). Questi autori utilizzano, infatti, l’aumento del contenuto di giadeite (o meglio del componente NaAlSi2O6) nei pirosseni sodici di diverse generazioni, precedentemente riconosciute, come un indicatore dell’incremento di pressione.
3.4.2A METAMORFISMO PROGRADO.
Il percorso AP/BT compressionale, corrispondente all’inizio del tratto P‐T della fase prograda, è testimoniato, nelle ofioliti, dall’associazione relitta di prehnite + pumpellyte e dalla sovrapposizione su questa delle associazioni della facies scisti blu: anfiboli sodici (con predominanza di crossite) + lawsonite + aegirin‐augite + aegirina. Questa paragenesi e le relazioni microstrutturali associate indicano un aumento di pressione da 0,3 a 0,6 GPa e, corrispondentemente, un aumento di temperatura da 250 a 350°C (OHNENSTETTER et al., 1976). A questo stadio è associata una deformazione fortemente eterogenea, localizzata prevalentemente in zone di taglio duttili e fragili, anteriori o sub‐contemporanee rispetto alle fasi minerali metamorfiche (GLOM, 1977).
Il raggiungimento della pressione massima, corrispondente al picco di pressione del metamorfismo orogenico, è indicato dai pirosseni sodici con il più alto tenore in NaAlSi2O6 (OHNENSTETTER e OHNENSTETTER, 1975; OHNENSTETTER et al., 1976, GLOM, 1977). Le metabasiti ofiolitiche sono tipicamente caratterizzate dall’associazione in facies scisti blu: pirosseni giadeitici + glaucofane + lawsonite. Questi minerali testimoniano un aumento di pressione, rispetto allo stadio metamorfico precedente, da 0.7 a 0,9 GPa (OHNENSTETTER et al. 1976) e un modesto aumento di temperatura corrispondente. Secondo la stima di Ohnenstetter et al. (1976) la temperatura massima raggiunta nel picco metamorfico, in facies scisti blu, è pari a 350°C. Il Gruppo di Lavoro sulle Ofioliti Mediterranee (GLOM, 1977) avanzò l’ipotesi che in questo stadio di Pmax. siano state raggiunte, almeno in alcune unità tettoniche, le condizioni P‐T della facies eclogitica. Successivamente delle eclogiti di bassa temperatura sono state segnalate e studiate in numerosi settori della Falda degli Schistes Lustrés. Lungo la dorsale ofiolitica di Monte San Petrone–Punta de Caldane sono preservate delle associazioni metamorfiche indicanti una transizione prograda dalla facies scisti blu alla facies eclogitica di bassa temperatura (PÉQUIGNOT e POTDEVIN, 1984; CARON e PÉQUIGNOT, 1986). In questa zona i metabasalti delle ofioliti includono delle lenti e dei boudins di eclogiti milonitiche. L’eclogitizzazione sin‐tettonica di questi metabasalti è stimata a 1 ≤ P ≤ 1,4 GPa e T ≈ 420°C (PÉQUIGNOT et
al., 1984). Nell’unità MFV è conservata invece la transizione retrograda dalla facies eclogitica alla facies scisti blu corrispondente all’inizio del tratto P‐T decompressionale. In quest’unità tettonica l’associazione eclogitica di pirosseni sodici (onfacite e\o giadeite) + granato + zoisite + rutilo che caratterizza gli orthogneiss di Farinole, indica condizioni metamorfiche di Pmin.= 1,5 GPa e Tmin.≈ 525°C (LAHONDÈRE, 1988). Nelle metabasiti ofiolitiche affioranti nella stessa zona l’associazione di onfacite + granato + lawsonite + rutilo indica condizioni metamorfiche di 1 ≤ P ≤ 1,2 GPa e 430 ≤ T ≤ 520°C (LAHONDÈRE, 1988). Le condizioni Pmin.‐T del metamorfismo eclogitico della porzione dell’unità MFV esposta nella Valle del Golo, stimate attraverso lo studio di metabasalti e metagabbri e