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1.INTRODUZIONE

Nell’ultimo decennio, il neuropeptide ossitocina (OT) ha attirato sempre di più l’attenzione ed è divenuto uno dei peptidi più studiati del sistema neuroendocrino. Questo è dovuto all’importanza che riveste nei rapporti sociali, rilevato per la prima volta tramite studi su animali, i quali hanno dimostrato che la distribuzione dei recettori dell’OT, a livello centrale,determina in modo critico molti aspetti del comportamento sociale, quali il legame di coppia [1] e la cura parentale[2]. Sull’uomo, la maggior parte degli studi che hanno analizzato gli effetti neurali e comportamentali dell’OT, hanno utilizzato un’applicazione intranasale, placebo-controllata. Ad ogni modo, poco ancora è conosciuto riguardo a come l’OT inneschi gli effetti a livello centrale. Per quanto riguarda la ricerca dell’OT nei vari tessuti e organi del corpo umano, lo strumento più comunemente utilizzato è stata la risonanza magnetica funzionale di imaging (fMRI).

È stata dimostrata la presenza dei recettori dell’OT in varie zone del

SNC, come per esempio nel circuito prelimbico, nel nucleus

accumbens, nei nuclei talamici e nell’amigdala. Sono riconosciuti i

suoi effetti sulla comunicazione neurale, in particolare a livello delle

regioni cerebrali associate all’elaborazione socio-emotiva, e sul

comportamento sociale. Grazie alla sua capacità di interferire su

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2

processi psicologici quali la fiducia, la gratifica e la percezione di sé

stessi e degli altri, l’OT rappresenta l’oggetto di molti studi, volti a

mostrare il suo potenziale terapeutico per il trattamento di disturbi

mentali caratterizzati da deficit sociali, come l’ansia, la schizofrenia e

il disturbo dello spettro autistico [3]. Inoltre,il fatto che l’OT sia

presente in concentrazioni equivalenti a livello neuroipofisario e

plasmatico in entrambi i sessi, suggerisce che abbia ulteriori funzioni

fisiologiche. Per esempio, gli studi hanno stabilito che l’OT agisce in

accordo al peptide natriuretico atriale (ANP) nel controllo dei liquidi

corporei e nell’omeostasi cardiovascolare del ratto. Infatti, è

importante notare che la maggior parte delle nostre conoscenze sulle

funzioni dell’ossitocina derivano dagli studi su questi roditori. Ad ogni

modo, la localizzazione e l’espressione dei recettori OT mostrano

differenze marcate tra le specie, suggerendo che alcune delle attività

identificate possano essere specie-specifiche [4].

(3)

3

2.OSSITOCINA

2.1.Definizione e struttura. Il termine ossitocina origina dalla parola greca ‘okytokine’, letteralmente tradotta come ‘nascita veloce’

dovuta alla sua attività uterotonica nell’indurre le contrazioni uterine[5]. Tra gli ormoni peptidici è stato il primo ad essere stato determinato nella struttura e sintetizzato chimicamente nella sua forma biologicamente attiva, nel 1953, da Vincent du Vigneaud che per questo ricevette il Premio Nobel per la Chimica nel 1955 [6]. La struttura del gene è stata ottenuta nel 1984 [7], mentre la sequenza del recettore è stata riportata per la prima volta nel 1992 [8].

L’ossitocina (OT) viene sintetizzata dai neuroni magnocellulari del nucleo paraventricolare (PVN) e dal nucleo sopraottico (SON) dell’ipotalamo (Fig.1a) sottoforma di precursore che presenta una binding protein specifica per questo ormone: ossitocina-neurofisina.

Viene rilasciata in questa forma dalle terminazioni nervose che

raggiungono la neuroipofisi o ipofisi posteriore [9], per essere in

seguito rilasciata nella circolazione sistemica in risposta alla suzione e

al travaglio. I neuroni magnocellulari del SON la producono e la

proiettano all’ipofisi posteriore (Fig.1b), mentre i neuroni

parvocellulari più piccoli del PVN, tramite proiezioni assonali,

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4

incidono sull’amigdala, ippocampo, bed nucleus della stria terminalis (BNST), tronco encefalico, nucleo soprachiasmatico (SCN) e nucleus accumbens (NAc) [10].

Fig.1.

La neurofisiologia dell’ossitocina adattata da Meyer-Lindenberg et al.

(2011) [9]. La figura Amostra le proiezioni assonali (parvocellulari) dal PVN a molte regioni cerebrali, coinvolte nella elaborazione socio-emotiva. La figura B mostra le proiezioni extraipotalamiche dal SON e PVN all’ipofisi posteriore.

Lungo queste proiezioni assonali vi è anche un rilascio dendritico diffuso del peptide che può cosi diffondere in ogni parte del cervello. Abbreviazioni:

PFC=corteccia prefrontale, ACC=corteccia cingolata anteriore, BNST=bed nucleus della stria terminale, vmPFC=corteccia prefrontale ventromediale, NAc=nucleo

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5

accumbens, SCN=nucleo soprachiasmatico, PVN=nucleo paraventricolare, CNS=sistema nervoso centrale.

L’OT è un nonapeptide come tutti gli ormoni neuroipofisari, con un

ponte disolfuro (-S-S-) tra i due gruppi mercaptano (-SH), ciascuno

appartenente ad una diversa unità dell’aminoacido solforato cisteina

(Cys) in posizione 1 e 6, così da creare un legame intramolecolare

che, aggiungendosi a quelli peptidici tra un aminoacido e l’altro,

creano la catena del peptide. Il ponte disolfuro provoca un

ripiegamento su sé stessa della struttura spaziale della molecola,

rendendola in parte ciclica (Fig.2).

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6

Fig.2.

Struttura molecolare dell’ossitocina con evidenziata la sequenza aminoacidica [A].

2.2.Struttura e regolazione del gene che codifica per l’ossitocina. Il

gene umano per l’OT-neurofisina I, che codifica il pre-propeptide

dell’ossitocina, è localizzato sul cromosoma 20p13 [11] e consiste di

tre esoni: il primo esone codifica un segnale di traslocazione,

l’ormone nonapeptidico e i primi nove residui di neurofisina, una

piccola proteina di 93-95 residui aminoacidici; il secondo esone

codifica per la parte centrale della neurofisina (residui 10-76); e il

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7

terzo esone la regione COOH-terminale della neurofisina (residui 77- 93/95). Il prepropeptide è soggetto alla scissione (cleavage) e ad altre modifiche, quali la glicosilazione, metilazione, amidazione e fosforilazione, che danno origine al prodotto finale, trasportato poi nei terminali assonici localizzati nell’ipofisi posteriore [12]. La principale funzione della neurofisina sembra essere associata al corretto direzionamento e deposito dell’OT all’interno dei granuli neurosecretori della neuroipofisi, prima del rilascio nel circolo sanguigno. Vi si trova complessata con la neurofisina stessa in rapporto 1:1; in particolare, quest’ultima, si lega principalmente ai residui di cisteina (Cys-1) e tirosina (Tyr-2) dell’ormone tramite interazioni elettrostatiche e legami a idrogeno multipli. Per tale motivo la forza di legame risulta più elevata in compartimenti acidi, quali i granuli, il cui pH si aggira intorno a 5.5. Al contrario, la dissociazione del complesso è facilitata nel momento del rilascio dai granuli secretori e dall’entrata nel plasma (pH 7.4).

2.3. Struttura e regolazione del gene che codifica per il recettore dell’ossitocina. Il gene che codifica il recettore dell’OT è presente nel genoma umano in singola copia ed è stato rilevato nel cromosoma 3p25-3p26.2. Il gene è lungo 17Kb e contiene 3 introni e 4 esoni. Gli esoni 1 e 2 corrispondono alla regione promotrice 5’ non codificante.

Gli esoni 3 e 4 invece codificano per gli aminoacidi del recettore

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8

stesso. L’introne 3,il più lungo di 12 Kb, separa la regione codificante immediatamente dopo il 6° dominio transmembrana. L’esone 4 contiene la sequenza codificante il settimo dominio di transmembrana, COOH-terminale, e l’intera regione non codificante 3’, inclusi i segnali di poliadenilazione (Fig. 3).

Fig.3.

Organizzazione del gene del recettore OT umano inclusa la localizzazione delle sequenze consenso per i fattori di trascrizione. Tale gene consiste di quattro esoni. Gli esoni 3 e 4 codificano per la sequenza aminoacidica del recettore OT. Sono indicati i codoni di inizio (ATG) e di fine (TGA). I rettangoli neri rappresentano le sequenze di DNA codificanti le regioni I-VII transmembrana [4].

Per tale gene, come per molti altri, le sequenze di DNA localizzate

nella regione fiancheggiante la 5’ a monte della regione codificante,

sono responsabili soprattutto nel conferire l’espressione tessuto-

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9

specifica; tuttavia gli elementi regolatori specifici sono ancora sconosciuti.

2.4. Struttura e meccanismo d’azione del recettore. Kimura et al., nel 1992, per primo isolò e identificò il cDNA codificante il recettore dell’ossitocina umana [8]. Ad oggi, sono state identificate anche le sequenze codificanti tale recettori nel suino [13], ratto [14], ovino [15], bovino [16] e topo [17].

Il recettore codificato è un polipeptide di 389 aminoacidi con 7 domini transmembrana altamente conservati e appartenente alla classe I della famiglia di recettori accoppiati a proteina G (GPCR), in particolare alla proteina Gq. La via di trasmissione del segnale presenta come secondo messaggero la fosfolipasi C, un enzima che, mediante l’attivazione dell’isoforma β, converte il fosfatidilinositolo 4-5 difosfato (PIP2), fosfolipide di membrana, in due prodotti: il DAG (1,2-diacil-glicerolo), che stimola la protein-chinasi C, la quale catalizza la fosforilazione di molte proteine cellulari specifiche, producendo specifici cambiamenti nelle funzioni cellulari, e l’IP3 (inositolo trifosfato) che, a sua volta, produce un aumento di Ca

2+

intracellulare tramite la stimolazione del rilascio dello ione stesso dai

depositi intracellulari, in particolare dalla membrana del reticolo

endoplasmatico liscio (Fig.4).

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10

Fig.4.

Meccanismo d’azione di un recettore accoppiato a proteina G. Un esempio pratico mediato dall'effettore PLC (fosfolipasi C) è dato dal meccanismo molecolare della contrazione muscolare [B].

Tale catione, oltre a legarsi anch’esso con la protein-chinasi C, forma

un complesso ad elevata affinità con la calmodulina, un’altra proteina

citoplasmatica. Alla fine di questi eventi infatti, la concentrazione

citoplasmatica di ioni calcio viene abbassata per attivazione di

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11

specifiche pompe di efflusso. Il complesso Ca

2+

-calmodulina ha generalmente come bersaglio le proteine di trasporto di membrana, come ad esempio le pompe ad attività ATPasica che estrudono gli ioni Ca

2+

dalla cellula ripristinando il normale livello di ioni nel citosol.

L’incremento di ioni calcio porta alla contrazione della muscolatura

liscia, ad esempio, delle cellule mioepiteliali o miometriali mammarie

[18]. L’ossitocina infatti stimola la muscolatura liscia dell’utero, in

particolare verso la fine della gravidanza, durante il travaglio, e subito

dopo il parto. In questi momenti, i recettori dell’ossitocina nel

miometrio sono aumentati e mediano la fuoriuscita di calcio dai

depositi intracellulari, provocando contrazioni ritmiche del segmento

superiore dell’utero, simili in frequenza, forza e durata a quelli

osservati durante il travaglio. Studi in vitro dimostrano che

l’esposizione prolungata del recettore dell’ossitocina all’ormone

stesso causa la desensibilizzazione recettoriale[4], probabilmente

mediante un meccanismo di down-regulation che determina la

destabilizzazione dell’mRNA dei recettori dell’ossitocina e

l’internalizzazione recettoriale. Nelle cellule neurosecretorie, gli

incrementi dei livelli di calcio modulano l’eccitabilità cellulare e i loro

sistemi di innesco, e portano al rilascio del trasmettitore stesso. Nella

maggior parte dei sistemi cellulari studiati fino ad ora, l’incremento

intracellulare di calcio OT-indotto risulta essere maggiore in presenza

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12

dello ione anche a livello extracellulare, rispetto che in sua assenza.

Questo suggerisce che l’OT sviluppa un effetto anche sull’influsso di Ca

2+

, attraverso canali voltaggio-dipendenti o accoppiati al recettore.

2.5. Attivazione del recettore. Sia i recettori OT solubili, sia quelli

associati a membrana, necessitano di almeno due componenti

essenziali per legare il peptide con alta affinità: si tratta di cationi

bivalenti, come Mg

2+

o Mn

2+

, e il colesterolo. Per questo, i recettori OT

espressi nelle membrane plasmatiche degli insetti che, per natura,

presentano uno scarso contenuto di colesterolo, risultano in uno

stato di bassa affinità di legame. Mentre, in seguito alla

somministrazione di colesterolo nella coltura, è apparsa evidente la

conversione, seppur reversibile, di una frazione di recettori da uno

scarso ad un elevato stato di affinità (dimostrato dalla bassa costante

di dissociazione Kd∼nM). Quindi si può affermare che il colesterolo

agisce da modulatore allosterico positivo e che stabilizza il recettore

in uno stato ad alta affinità, sia per gli agonisti che per gli antagonisti

[19]. Anche gli ioni metallici bivalenti come il Mg

2+

, sono da tempo

noti incrementare la risposta dei target cellulari all’OT, e quindi la

potenza dell’OT nello stimolare le contrazioni uterine, e di spostare la

curva dose-risposta verso sinistra. È stato scoperto che l’aggiunta di

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13

tale catione aumenta sia la capacità di legame per l’OT sia l’affinità da parte del recettore, influenzando positivamente la cooperazione. Al contrario, il progesterone è essenziale per il mantenimento della quiescenza uterina. Grazzini et al. ha supposto che tale ormone sia capace di legare i recettori dell’OT con un alto grado di affinità, inibendo così la loro funzione [20]. Gli stessi autori, nel caso del recettore OT umano, hanno affermato che il 5-beta-pregnan-3,20- dione, un metabolita del progesterone, sia capace di inibire l’azione recettoriale come un modulatore negativo e di impedire quindi la propagazione dell’impulso elettrico tra le cellule del miometrio, contribuendo così alla quiescenza uterina.

Sulla base di studi effettuati con modelli di GPCR, è stato ipotizzato

che il cambiamento della conformazione del recettore, da inattiva ad

attiva sia associato ad un cambiamento di orientamento relativo ai

domini 3 e 6 transmembrana, che in questo modo smascherano i siti

di legame della proteina G. Sembra che per l’attivazione del recettore

siano importanti l’Asp-85 presente nel secondo dominio

transmembrana della sequenza del recettore umano stesso e un

tripeptide all’interfaccia del secondo dominio e il primo loop

intracellulare. Tale ipotesi è stata confermata dal momento in cui se

l’Asp-85 viene scambiato con residui di Asn, Gln o Ala, vengono

compromessi i legame degli agonisti e la trasduzione del segnale del

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14

recettore [21]. I residui di cisteina nel primo e nel secondo loop extracellulare sono altamente conservati nella famiglia delle GPCR e sono probabilmente collegati da un ponte disolfuro. Altri due residui di Cys risiedono all’interno del dominio carbossi-terminale, sono palmitoilati e servono ad ancorare la coda citoplasmatica al doppio strato lipidico. Il recettore dell’OT presenta due (topo, ratto) o tre (uomo, suino, bovino, ovino, scimmia) potenziali siti di N- glicosilazione nel suo dominio entracellulare, NH

2

–terminale (Fig. 5).

Inoltre gli ormoni con la stessa parte ciclica dell’OT si legano con la

stessa affinità al recettore OT. Questo indica che la porzione ciclica

del neuropeptide è la porzione più importante nel conferire la

selettività di legame per il recettore OT in confronto alla parte

tripeptidica lineare. Inoltre, sembra possibile che l’estremità amino-

terminale del recettore prenda parte al legame, probabilmente,

interagendo col residuo idrofobico in posizione 8 di leucina dell’OT. È

stato anche proposta l’interazione di tale estremità, insieme con il

primo loop extracellulare, con la porzione tripeptidica lineare dell’OT,

mentre il secondo loop extracellulare del recettore potrebbe

interagire con la parte ciclica dell’ormone (Fig. 5).

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Fig.5.

Struttura schematica del recettore umano dell’OT con i residui aminoacidici rappresentati da un codice in lettere. I residui conservatisi all’interno della sottofamiglia dei recettori OT sono mostrati in grigio, in nero invece quelli che si sono conservati all’interno della superfamiglia dei recettori accoppiati a proteine G. Sono contrassegnati i presunti siti di N-glicosilazione (“Y”) e di palmitoilazione (in posizione C346/C347) [4].

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3. FORMULAZIONI DELL’OSSITOCINA IN COMMERCIO:

3.1.1SYNTOCINON ® 5 U.I./ml soluzione iniettabile, SIGMA-TAU, Industrie Farmaceutiche Riunite S.p.A.

È un prodotto costituito da ossitocina ottenuta per sintesi chimica.

Questa forma sintetica è identica all’ormone prodotto naturalmente.

Il prodotto di questa casa farmaceutica è costituito da una soluzione

di 5 U.I. di OT, da somministrare per infusione endovenosa lenta,

goccia o goccia, purché la frequenza cardiaca fetale e la frequenza,

intensità e durata delle contrazioni uterine siano scrupolosamente

controllate,in ambienti ospedalieri idoneamente attrezzati, dove le

pazienti possono essere mantenute sotto la costante osservazione

del personale medico specializzato, per poter meglio adattare il

dosaggio alle risposte individuali. Non deve mai essere somministrata

per via intramuscolare, sottocutanea o per bolo endovena, poiché ciò

può causare ipotensione acuta di breve durata accompagnata da

rossore e tachicardia riflessa. L’infusione di ossitocina andrebbe

subito sospesa qualora compaiano contrazioni uterine eccessive o

sofferenza fetale e, nel caso in cui non si siano prodotte contrazioni

regolari dopo l’infusione di 5 U.I. di ossitocina, il tentativo di indurre il

travaglio di parto andrebbe interrotto.

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3.1.2 PROPRIETA’ FARMACOCINETICHE

L’ossitocina, essendo un peptide, è un farmaco inattivo per via orale in quanto viene distrutto dall’intestino. Le soluzioni acquose possono anche essere impiegate per via parenterale, infatti quando il Syntocinon è somministrato per infusione endovenosa continua la risposta uterina raggiunge uno stato stazionario entro 20-40 minuti.

Quando viene somministrato nel trattamento dell’emorragia post- partum con iniezione endovenosa (e.v.) o intramuscolare (i.m.), agisce rapidamente con un periodo di latenza di meno di 1 minuto in seguito all’iniezione per via e.v. e tra 2 e 4 minuti dopo quella i.m. La risposta ossitocica dura da 30 a 60 minuti dopo la somministrazione i.m., possibilmente meno dopo un’iniezione e.v.

3.1.3 DISTRIBUZIONE

L’ossitocina si distribuisce nel liquido extracellulare raggiungendo il

feto in quantitativi minimi. Il legame alle proteine plasmatiche è

molto basso. Può essere trovata in piccole quantità nel latte materno,

tuttavia non sono attesi effetti pericolosi per il neonato poiché il

neuropeptide passa nel tratto alimentare dove viene rapidamente

inattivata.

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3.1.4 BIOTRASFORMAZIONE

L’ossitocinasi, un’aminopeptidasi glicoproteica, viene prodotta durante la gravidanza e compare nel plasma. E’ in grado di degradare l’ossitocina. L’attività enzimatica aumenta gradualmente fino al termine della gravidanza, quando sale molto rapidamente a livelli elevati, per tornare di nuovo al livello basale dopo il parto. La concentrazione enzimatica durante questo periodo è alta anche nella placenta e nel tessuto uterino, mentre la degradazione dell’ossitocina è minima o assente nel plasma degli uomini, delle donne non gravide e nel sangue del cordone.

3.1.5 ELIMINAZIONE

La relativa facilità con cui la frequenza e l’intensità delle contrazioni

uterine possono essere regolate da un’infusione endovenosa del

farmaco è dovuta alla breve emivita dell’ossitocina (i valori riportati

da varie indagini vanno da 3 a 20 minuti). Viene metabolizzata per

opera del fegato e del rene. Meno dell’1% della dose somministrata è

eliminata in forma immodificata attraverso le urine.

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3.1.6 EFFETTI INDESIDERATI

Le reazioni avverse ai farmaci derivanti dall’esperienza post- marketing sono originate da segnalazioni spontanee e della letteratura. Poiché queste reazioni sono segnalate volontariamente da una popolazione di dimensioni incerte, non è possibile stimare in modo attendibile la loro frequenza, che viene quindi classificato come non nota. Gli effetti indesiderati sono pertanto classificati in ordine di frequenza decrescente utilizzando i seguenti parametri convenzionali:

 Molto comune (≥1/10)

 Comune (≥1/100, <1/10)

 Non comune (≥1/1.000, <1/100)

 Raro (≥1/10.000,<1/1.000)

 Molto raro (<1/10.000)

 Non nota (la frequenza non può essere definita sulla base dei

dati disponibili).

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Sulla base di questa classificazione, gli effetti indesiderati

dell’ossitocina sono da considerarsi non comuni o perlopiù rari:

 reazioni anafilattiche ed eruzioni cutanee;

 effetto antidiuretico che può essere causa di un transitorio eccesso di ritenzione idrica;

 anoressia, vertigini, cefalea, sonnolenza, perdita di coscienza e convulsioni;

 palpitazione, dispnea, ematoma pelvico, dolore toracico, shock e ipotensione;

 nausea, vomito e dolore addominale;

Va tenuta inoltre presente la notevole variabilità individuale della

sensibilità uterina all’ormone. Nell’induzione o nel potenziamento del

travaglio del parto, l’impiego di alte dosi di ossitocina per infusione

endovenosa causa una iperstimolazione uterina con sofferenza

fetale, asfissia e morte; oppure ipertonicità, contrazioni tetaniche,

danno ai tessuti molli e rottura dell’utero. Ad ogni modo l’ossitocina,

essendo un ormone fisiologico, non è un composto tossico né

presenta proprietà teratogene[22].

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3.2 SYNTOCINON ® -SPRAY NASALE NOVARTIS PHARMA BASILEA, SVIZZERA

È uno Spray nasale con 40 UI/ml: 5ml di ossitocina sintetica. Il

principio attivo di Syntocinon è un ormone proteico artificiale

identico all’ossitocina. È un prodotto disponibile in farmacia dietro

presentazione della prescrizione medica poiché i suoi effetti e

quelli di farmaci vasocostrittori e dei medicamenti anestetici (ad

esempio il ciclopropano e l’alotano) possono rafforzarsi

vicendevolmente. Questi ultimi potenziano gli effetti ipotensivi

dell’ossitocina e il loro utilizzo in simultanea può causare disturbi

del ritmo cardiaco. Accanto all’azione sull’utero, l’ossitocina

provoca pure una contrazione degli elementi muscolari della

ghiandola mammaria, promuovendo la secrezione di latte e

agevolando pertanto la lattazione; può quindi coadiuvare la

prevenzione di mastiti. Non provoca però un aumento della

quantità di latte prodotta. Non è destinato all’applicazione

durante la gravidanza perché potrebbe indurre le doglie. Il suo

utilizzo a dosi elevate per un periodo prolungato, in

contemporanea all’ingestione di grandi quantità di liquidi, può

causare una ritenzione di liquidi nel corpo (edemi).

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22

In genere viene inalata in una delle narici 5 minuti prima dell’allattamento o del pompaggio del latte materno, in questo modo il farmaco viene rapidamente assorbito dalle mucose nasali.

Con l'uso di Syntocinon spray nasale possono manifestarsi vari eff etti collaterali:

 nausea, vomito, cefalea oppure irregolarità del polso;

 abbassamento improvviso della pressione sanguigna oppure collassi circolatori;

 occasionalmente sono stati segnalati spasmi uterini anomali;

 eruzioni cutanee, reazioni allergiche connesse con attacchi di dispnea;

 irritazioni nasali.

In tali casi va immediatamente sospeso l’utilizzo di Syntocinon e

consultato il medico. Non vi sono comunque casi di

sovraddosaggio acuto con il Syntocinon Spray nasale nella madre

né tantomeno nel neonato, in quanto l’ossitocina assunta tramite

il latte materno viene rapidamente degradata dagli enzimi

proteolitici del tratto digerente [22].

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23

4. DISTRIBUZIONE RECETTORIALE E SISTEMA OSSITOCINICO PERIFERICO

4.1.SISTEMA RIPRODUTTIVO FEMMINILE

4.1.1Utero. La secrezione di OT da parte dell’ipofisi materna è verosimilmente provocata da una serie di stimoli, fra i quali vi sono impulsi nervosi (provenienti dall’utero, dalla stimolazione tattile dei capezzoli e dalla percezione dell’ambiente) ed azioni bioumorali (si pensa alle prostaglandine che ammorbidiscono la cervice e i legamenti pelvici, permettendo al bacino di aprirsi in modo più efficiente durante il parto, o allo spostamento a favore degli estrogeni del rapporto fra estrogeni e progesterone nel sangue).

L’ossitocina esogena non dovrebbe essere somministrata contemporaneamente ad altri ossitocici anche se per via orale o nasale. Inoltre le prostaglandine possono potenziare il suo effetto;

per questo è necessario un attento controllo in caso di

somministrazione simultanea. Si è osservato che i livelli di OT

tendono ad aumentare progressivamente durante il corso dei primi

mesi di gestazione intervenendo probabilmente nella regolazione

della stessa attività endocrina della placenta e influenzando la

maturazione della cervice uterina durante il primo stadio del

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24

travaglio in cui deve appianarsi e dilatarsi. L’utero gravidico infatti è uno dei target tradizionali dell’OT, una tra gli agenti uterotonici più potenti, clinicamente utilizzata per indurre il travaglio. Di conseguenza, lo sviluppo di antagonisti altamente specifici per l’OT può avere importanza terapeutica nella prevenzione del travaglio pretermine e nella regolazione della dismenorrea. Ad esempio l’Atosiban ® , avente azione tocolitica, ossia inibitrice della motilità uterina, e comunemente utilizzato per il trattamento del parto pretermine. È l’antagonista recettoriale dell’ossitocina di elezione, un farmaco assunto per via iniettiva e indicato per ritardare il parto prematuro in pazienti gravide tra la 24

a

e la 33

a

settimana di gestazione. Non sembra provocare effetti collaterali avversi né sulla madre né sul feto, essendo selettivo sui recettori OT a livello uterino.

E’ un nonapeptide sintetico con una breve emivita e può essere somministrato solo per e.v. in infusione continua. Viene impiegato solo in ambiente ospedaliero, non venduto nelle farmacie.

L’espressione del gene dell’OT si manifesta, nella specie umana,

nell’amnios, corion e decidua, con un incremento di cinque volte

durante il parto. In prossimità del travaglio, la sensibilità uterina

all’OT incrementa in maniera marcata. Questo viene associato sia ad

una up-regulation dei livelli di mRNA del recettore OT sia ad un forte

aumento della densità recettoriale nel miometrio, raggiungendo un

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25

picco durante le prime doglie. Sia nel ratto che nella specie umana tale concentrazione recettoriale aumenta di 200 volte rispetto ad uno stato non gravidico. Perciò, all’inizio del travaglio, l’OT può stimolare le contrazioni uterine a livelli che sono inefficaci in una donna non gravida. Dopo il parto, la concentrazione dei recettori OT cala rapidamente. Tale down-regulation può essere necessaria per evitare risposte contrattili indesiderate durante l’allattamento, quando i livelli di OT ritornano normali. Piccole dosi di OT provocano contrazioni ritmiche del miometrio, mentre, nella tarda gravidanza, dosi eccessive di OT provocano contrazioni tetaniche prolungate del miometrio e possono condurre a temporanee riduzioni del flusso ematico attraverso la placenta e ad episodi transitori di ipossia fetale e morte. D’altro canto, inibire la produzione di ossitocina significa:

rallentare il travaglio (sia dal punto di vista delle contrazioni che della dilatazione), allungare il periodo espulsivo e aumentare il rischio di emorragie post-partum. Come Kimura [23] ha dimostrato, la reazione dell’utero all’OT nello stesso paziente può variare da giorno a giorno e, in più pazienti, l’OT può essere in grado di rendere l’utero ipertonico a dosi minime, come può essere completamente inefficace anche a dosi elevate.

4.1.2Ovaio e corpo luteo. L’ovaio rappresenta sia un sito di

produzione locale di OT che di deposito. L’interazione dell’OT

(26)

26

neuroipofisaria con i recettori OT endometriali provoca il rilascio di impulsi luteolitici da parte delle PGF2α uterine, che a loro volta inducono la produzione di progesterone.

4.2.SISTEMA RIPRODUTTIVO MASCHILE

4.2.1Testicoli.In molte specie l’OT sembra essere associata all’eiaculazione. L’ormone, a livello periferico, potrebbe stimolare le cellule della muscolatura liscia dei tratti riproduttivi maschili, ma potrebbe anche riflettere alcuni effetti centrali, modulando il comportamento sessuale. Nell’uomo, il sistema completo di OT, sembra essere presente nei testicoli, negli epididimi e nella prostata [24].

4.2.2Prostata. L’OT è coinvolta nella contrazione della muscolatura

liscia prostatica e della risultante espulsione delle secrezioni

prostatiche al momento dell’eiaculazione [25]. L’OT può anche essere

coinvolta nella fisiopatologia dell’iperplasia prostatica benigna, che

colpisce circa il 50% degli uomini sopra i 60 anni di età. Dal momento

(27)

27

in cui l’OT è coinvolta nell’incremento del tono della muscolatura liscia, nel trattamento di questa malattia possono essere potenzialmente utili gli antagonisti dell’OT.

4.3.TESSUTO MAMMARIO

4.3.1Eiezione del latte. Uno dei classici ruoli assegnati all’OT è quello

dell’eiezione del latte dalla ghiandola mammaria. La secrezione da

parte di queste ghiandole è innescata dal momento in cui inizia la

suzione del capezzolo da parte del neonato. La stimolazione dei

recettori tattili in questo sito genera degli impulsi sensoriali che

vengono a loro volta trasmessi dai capezzoli al midollo spinale e, in

seguito, ai neuroni ossitocinergici secretori dell’ipotalamo. Questi

neuroni mostrano un’attività sincronizzata ‘a scoppio’ ad altra

frequenza, che consiste di una scarica molto breve (3-4sec.) dei

potenziali d’azione che ricorre ogni 5-15 minuti. Ciascuno scatto

porta ad un massivo rilascio di OT nella corrente sanguigna, da cui

l’OT è trasportata alle mammelle che stanno allattando. Qui, il

neuropeptide, causa la contrazione delle cellule mioepiteliali delle

pareti dei dotti lattiferi e degli alveoli tissutali della mammella,

(28)

28

favorendo la raccolta del latte nei seni galattofori, da dove il neonato può estrarlo succhiando (riflesso ossitocinico). Nella specie umana, dopo appena 30sec-1min dall’inizio della suzione, il latte comincia a defluire ed è proprio tale riflesso che può determinare la fuoriuscita di latte dal capezzolo persino al solo pensiero di allattare o sentendo il pianto del bambino.

4.3.2Cancro alla mammella e cellule tumorali. Il tumore alla mammella è la principale causa di morte nelle donne di età tra i 35 e i 45 anni di età, ma è comune soprattutto nelle donne sopra i 50. Non è conosciuto il motivo per il quale le madri che allattano i loro figli alla mammella abbiano un 20% di incidenza inferiore nello sviluppare il tumore alla mammella dopo la menopausa rispetto alle donne che non lo fanno. Murrell [26] ha proposto un’ipotesi che collega in parte il carcinoma mammario all’attivazione del sistema OT.

Conformemente, i cancerogeni nella mammella possono essere

generati dall’azione dei radicali liberi superossidi, nel momento in cui

la distensione della ghiandola acinosa causa l’ischemia del

microcircolo.

(29)

29

4.4.TESSUTO RENALE. È uno dei target periferici tissutali degli ormoni neuroipofisari, che esercitano un controllo durante la secrezione idrosalina. Gli ormoni sono rilasciati in circolo da stimoli, come l’ipovolemia o l’iperosmolarità, che generalmente attivano i neuroni rilascianti l’OT e l’ormone antidiuretico (ADH o vasopressina).

Quando la concentrazione plasmatica di sodio supera i 130mM, i

livelli di entrambi gli ormoni aumentano in modo esponenziale in

funzione di tale concentrazione sodica. L’OT è un agente natriuretico

non-ipertensivo, coinvolto nella regolazione della normale

osmolarità. L’effetto natriuretico dell’OT è principalmente dovuto alla

riduzione nel riassorbimento tubulare di Na

+

, probabilmente nel

tubulo distale terminale o nel dotto collettore [27]. Ad ogni modo, il

contributo dell’OT alla fisiologia renale nei primati, incluso l’uomo,

rimane incerto.

(30)

30

5. L’OSSITOCINA NEL S.N.C.

5.1.LOCALIZZAZIONE DELL’OSSITOCINA

Nel sistema nervoso centrale, il gene per l’OT è principalmente

espresso a livello dei neuroni magnocellulari dei nuclei ipotalamici

(PVN e SON). I potenziali d’azione in queste cellule neurosecretrici

innescano il rilascio di OT, dai loro terminali assonici, nella

neuroipofisi. Le fibre ossitociche corrono verso la ghiandola ipofisaria

e il cervelletto, di cui, la maggior parte di esse, continua verso il

midollo spinale. La concentrazione di OT nel fluido extracellulare del

SON è stata calcolata essere più di 100-1000 volte maggiore rispetto

alla concentrazione basale di OT nel plasma. L’OT contenuta nel

plasma non attraversa la barriera emato-encefalica, e non vi è

relazione tra il rilascio di OT nel circolo sanguigno da parte della

neuroipofisi e le variazioni in concentrazione di OT nel fluido

cerebrospinale (CSF). Le stimolazioni periferiche, come la suzione del

capezzolo o la dilatazione vaginale, che suscitano un incremento

ampio dell’OT plasmatica, possono influire o meno sulla

concentrazione di OT nel CSF. È stato notato nei ratti che la

stimolazione elettrica della neuroipofisi comporta il rilascio di OT

nella sola circolazione sanguigna, mentre la stimolazione del PVN

ipotalamico ne provoca un rilascio anche nel CSF [28], nel quale l’OT

(31)

31

presenta una emivita maggiore (28 min.) rispetto a quella plasmatica (1-2 min.). Nell’uomo è stato notato anche un ritmo circadiano nella concentrazione dell’OT nel CSF, con un picco di massimo a metà giornata (intorno a mezzogiorno), mentre a livello plasmatico non è mai stato osservato [29].

5.2.LOCALIZZAZIONE DEL RECETTORE. Per quanto riguarda la

distribuzione dei recettori a livello cerebrale, è stata riscontrata

un’ampia diversità tra le diverse specie. Nei topi monogami, rispetto

a quelli poligami, è stato rilevato che tale distribuzione riflette e

influenza l’organizzazione sociale [30]. Infatti la localizzazione dei

recettori dell’OT in aree cerebrali appartenenti al circuito della

gratificazione quale il nucleus accumbens sembra rivestire un ruolo

determinante nel rendere piacevoli le interazioni sociali. Nell’uomo

sono invece principalmente distribuiti a livello della sostanza nigra e

del globo pallido, nel cingolato anteriore e nell’insula mediale [31]. In

alcune aree cerebrali dell’uomo adulto, i recettori OT non sono

rilevabili fino alla pubertà, ad esempio, al livello del tubercolo

olfattivo e del nucleo ventromediale ipotalamico. Con

l’invecchiamento il numero dei siti di legame dell’OT diminuisce di

nuovo in queste aree.

(32)

32

6. EFFETTI SOMATICI E AUTONOMI MEDIATI CENTRALMENTE

6.1.REGOLAZIONE CARDIOVASCOLARE. Sia l’OT che i suoi recettori sono presenti nel sistema vascolare, nel cuore e nel rene, e per questo l’OT sviluppa effetti sulla pressione sanguigna, la funzione reale e l’assorbimento salino che viene inibito. I terminali ossitocici modulano il riflesso cardiaco, facilitando il tono vagale e il rallentamento del cuore. I centri cardiovascolari nel romboencefalo e nel midollo spinale, attivati dall’OT, contrastano gli incrementi della pressione sanguigna e del ritmo cardiaco, riducendo la forza di contrazione del miocardio e la frequenza cardiaca. Più in generale, negli uomini e nei ratti, la somministrazione endovenosa di un bolo di OT è spesso associato ad una riduzione della pressione arteriosa [4].

6.2.ANALGESIA. L’effetto analgesico è stato osservato nei ratti dopo

un’iniezione di OT nei ventricoli laterali. Nell’uomo, un’iniezione

intratecale di OT risulta efficace nel trattamento del dolore lombare

fino a 5h. L’OT inoltre incrementa i livelli di β-encefaline e di L-

encefaline nel midollo spinale, mentre un suo antagonista causa la

riduzione di questi oppioidi. Peraltro, sono stati osservati livelli

aumentati di OT nel CSF di pazienti con dolore lombare cronico, come

fosse una risposta compensatoria alla condizione dolorosa [32].

(33)

33

6.3.ATTIVITA’ MOTORIA. La somministrazione a livello centrale di OT può indurre o modificare molte forme del comportamento insieme con le sequenze motorie associate. L’OT incrementa l’attività motoria generale [33], mentre un suo antagonista riduce l’iperattività e gli accessi. Non sono disponibili comunque studi sull’uomo.

6.4.TERMOREGOLAZIONE. Nel coniglio, la somministrazione intracerebroventricolare di OT produce una ipertermia lieve, ma di lunga durata [34].In contrasto alla somministrazione centrale di vasopressina, la cui attività antipiretica è stata ben documentata, l’OT provoca perlopiù deboli effetti antipiretici alla concentrazione più alta del neuropeptide [35].

7. EFFETTI COMPORTAMENTALI CENTRALI

Le cure parentali, l’allattamento, l’interazione sociale, i legami di

coppia e il senso di difesa comune sono prototipi degli specifici

comportamenti dei mammiferi e, da sempre, sono stati importanti

per la piena riuscita evolutiva. L’amore e gli attaccamenti sociali, oltre

a facilitare la riproduzione, conferiscono un senso di sicurezza, e

(34)

34

riducono l’ansia e lo stress, sono stati d’animo che, chiaramente, si oppongono agli antichi comportamenti auto-conservativi. Gli studi sui roditori hanno suggerito che gli ormoni neuroipofisari, insieme con gli steroidi, sono componenti chiave della mediazione a livello centrale dei comportamenti sociali complessi, inclusi l’affiliazione, la cura parentale, il comportamento sessuale, l’istinto di sorveglianza e di aggressione territoriale.

7.1.COMPORTAMENTO SESSUALE. L’OT, definita “l’ormone dell’amore”, è strettamente correlata al comportamento sessuale e alla funzione sessuale nei mammiferi, incluso l’uomo. Nei maschi di ratto è un potente stimolatore dell’erezione; nelle femmine di ratto invece viene secreta durante la stimolazione vaginale. Withuhn et al.

[36] ha rilevato nel 2003 che l’esposizione neonatale all’OT esogena

può avere effetti a lungo termine sull’espressione successiva della

fisiologia e del comportamento dell’adulto, influendo sul tempismo

della maturazione sessuale nelle femmine di ratto, come indicato

dall’inizio del primo estro. È ben documentato che i livelli di OT

circolante aumentino durante la stimolazione e l’eccitazione

sessuale, raggiungendo un picco durante l’orgasmo, sia negli uomini

che nelle donne. L’intensità della contrazione muscolare è altamente

(35)

35

correlata ai livelli plasmatici di OT, ciò indica che ha la capacità di stimolare la contrazione della muscolatura liscia nell’area pelvica- genitale.

7.2.COMPORTAMENTO ASSOCIATO ALLO STRESS. L’OT è rilasciata

dalla neuroipofisi in risposta ad una varietà di stimoli stressanti,

inclusi gli stimoli nocivi, la paura condizionata e l’esposizione a nuovi

ambienti, che stimolano l’attivazione dell’HPA (asse ipotalamico-

pituitario-adrenergico) e un aumento nel rilascio di glucocorticoidi. In

molti di questi eventi si ritiene che i neuroni noradrenergici vadano a

stimolare la secrezione di ossitocina in circolo [37]. E’ dimostrato il

fatto che l’OT possa migliorare i sintomi associati allo stress come

l’ansia. I suoi effetti ansiolitici derivano sia da studi su animali che da

studi sul comportamento umano [38].Poiché sia l’ansia che lo stress

possono indebolire la sorveglianza materna e ridurre la eiezione del

latte, è da considerarsi un atteggiamento pro-conservativo il cercare

di ridurre la sensibilità allo stress durante la lattazione, sia per la

madre che per il bambino. Esplica anche effetti antidepressivi,

migliorando le interazioni sociali. Un recente studio di Risonanza

Magnetica Funzionale di imaging (fMRI), ha analizzato i suoi effetti

sulle risposte neurali di soggetti sottoposti alla visione di scene

minacciose ed espressioni facciali. In confronto al placebo, la

somministrazione intranasale di OT smorza la reattività dell’amigdala

(36)

36

agli stimoli sociali negativi e ne riduce l’accoppiamento funzionale con le regioni del tronco encefalico implicate nelle manifestazioni comportamentali e involontarie della paura, così da ‘mitigare’ il sistema di allarme neurale e limitare la risposta condizionata dalla paura che ne deriva [39].

7.3.ALIMENTAZIONE. L’OT agisce anche come un ‘ormone della sazietà’ negli animali dal momento in cui, la somministrazione di OT sia centrale che periferica, riduce l’assunzione di cibo. Ciò indica che sia la nausea che la sazietà attivano una via comune ipotalamica- ossitocinergica che controlla l’inibizione della digestione. Ad esempio, è stato che osservato che, l’OT iniettata nel peritoneo o nei ventricoli cerebrali di ratti a digiuno, riduce il consumo di cibo e il tempo impiegato a mangiarlo, e aumenta la latenza del primo pasto [40]. In particolare, uno stimolo significativo per il rilascio di OT è l’iperosmolalità, dato che, per riequilibrarla, l’OT contribuisce all’attenuazione dell’appetito verso il salato [41].

7.4.MEMORIA E APPRENDIMENTO. Si ritiene che l’OT giochi un ruolo

cardine in vari aspetti del comportamento umano, poiché va ad

attenuare sia i processi di apprendimento che di memoria, in

particolare, l’immagazzinamento della memoria verbale [42]. Per tale

(37)

37

effetto, l’OT potrebbe essere presa in considerazione per fare dimenticare alle madri i dolori associati al parto.

8. IL LEGAME DI ATTACCAMENTO

Il legame di attaccamento costituisce una pietra miliare dello sviluppo infantile che si struttura a partire dalle prime relazioni che il neonato instaura con chi si prende cura di lui o di lei (che si indica col termine inglese caregiver). Coinvolge componenti biologiche, comportamentali e psicologiche, quali emozioni e processi cognitivi, mantenendosi pressoché inalterato. Riveste un ruolo cruciale nella vita di ciascuno, dalla nascita fino all’età adulta, influenzando in maniera permanente i rapporti sociali del singolo individuo [43].

Nessun neonato potrebbe sopravvivere se non fosse “sociale”, per

questo è difficile immaginare per la specie umana un qualunque

processo che sia più importante dell’attaccamento per la

sopravvivenza, dato che alla nascita la nostra maturità è

sconcertante, se confrontata con quella degli animali più vicini. Le

interazioni tra madre e bambino, che iniziano già durante la

gravidanza, vanno dall’abbraccio allo scambio di sguardi, alla

nutrizione, alla consolazione ecc., strutturano il sistema che guida le

interazioni e gli scambi relazionali affettivi. Dati recenti evidenziano

(38)

38

che i peptidi neuroipofisari ossitocina e vasopressina sono

particolarmente importanti nella formazione delle relazioni sociali,

tra cui la formazione dei legami di coppia nei mammiferi monogami,

l’inizio dei comportamenti parentali sia nei maschi che nelle

femmine. Il coinvolgimento di questi due neuropeptidi nelle diverse

forme di attaccamento, da quella infantile a quella genitoriale e a

quella di coppia, ha sollevato l’ipotesi dell’esistenza di un unico

circuito neuronale, già presente alla nascita, che regola queste tre

tipologie di attaccamento sulla base del contesto sociale ed

endocrino. Di questo circuito fanno parte alcune regioni

dell’amigdala e del setto laterale e le loro proiezioni all’ipotalamo

rostrale (area preottica mediale) attraverso il nucleo della stria

terminale. Per integrare le informazioni sociali con le vie della

gratificazione potrebbero invece essere fondamentali i circuiti che

collegano l’ipotalamo all’area tegmentale ventrale. Molte di queste

regioni sono ricche di recettori dell’OT e di un altro nonapeptide, la

vasopressina, già citata, definita come l’ormone antidiuretico o ADH

(dall’inglese antidiuretic hormone), con la quale condivide una

struttura simile (anche l’ADH è infatti costituita da una catena di 9

aminoacidi e con un ponte disolfuro legante i residui di cisteina)[44].

(39)

39

8.1. Le tre tipologie di attaccamento .

8.1.1Attaccamento di coppia. Lo sviluppo dei legami di coppia adulto- adulto è certamente l’ultima forma di attaccamento studiata dal punto di vista neurobiologico; ciò è dovuto dall’assenza dei legami di coppia tra gli animali da laboratorio comunemente utilizzati, come ratti e topi. Come da definizione, tali legami si verificano negli animali monogami (∼ il 3-5% dei mammiferi). Le arvicole, roditori delle dimensioni di un topo, si sono dimostrate un eccellente modello per studi molecolari e cellulari dei comportamenti sociali complessi; in particolare sono state ampiamente confrontate due specie del nord America per quanto concerne le differenze neuronali: le arvicole di prateria, monogame, e le arvicole di montagna che non formano legami sociali. Prendendo in considerazione coppie da allevamento della prima specie si osserva che condividono lo stesso rifugio e lo stesso territorio dove sono in frequente contatto, questo perché l’accoppiamento determina il rilascio di OT e ADH che sembrano pertanto coinvolte nella formazione di legami duraturi successivi.

Nonostante che tra le due specie di arvicola non si rilevino evidenti

differenze nell’espressione dei neuropeptidi, sono state riscontrate

delle differenze nella distribuzione regionale dei loro recettori. Nelle

arvicole della prateria, i recettori OT e ADH sono stati trovati nelle

regioni cerebrali associate alla ricompensa e alla gratifica (nucleo

(40)

40

accumbens e regioni limitrofe come la corteccia prelimbica). Mentre le arvicole montane, che non sviluppano un comportamento materno in modo spontaneo, presentano pochi di tali recettori in queste sedi, mentre presentano un’elevata espressione recettoriale nel setto laterale [30]. Questa maggiore densità recettoriale in alcune aree cerebrali è il motivo per cui le femmine delle arvicole di prateria spendono un tempo più lungo a contatto con i cuccioli [45]. Anche i maschi partecipano alle cure parentali e sviluppano un senso di competizione e di aggressività territoriale: gli ‘intrusi’ vengono allontanati.

Le vie neurali che impiegano l’OT giocano un ruolo importante sia nell’apprendimento sociale che nella ‘memoria sociale’: nei ratti l’OT supporta, sulla base dello stimolo olfattivo, l’insorgenza della preferenza di partner [46]. A dimostrazione di questo è stato visto che l’iniezione a livello del SNC di ossitocina e vasopressina, oltre a facilitare l’insorgenza di comportamenti monogami nelle arvicole della prateria, permette lo sviluppo della preferenza di partner appunto [47].Al contrario, per le arvicole montane, né l’OT né l’ADH hanno effetti di rilievo sul loro comportamento sociale, poiché vengono ritrovate generalmente in tane isolate, mostrano scarso interesse al contatto sociale e, chiaramente, non sono monogame.

Molti autori hanno osservato che un requisito fondamentale per il

(41)

41

comportamento sociale sia la capacità degli animali di identificare

quelli della stessa specie[48].È stato dimostrato che un topo knock-

out, ossia al quale è stato tolto il gene per l’OT, non riesce a

riconoscere gli altri topi della stessa specie incontrati

precedentemente e non mostra alcun tipo di attaccamento; ad ogni

modo, una somministrazione a livello centrale di OT, antecedente al

primo incontro, ristabilisce i normali comportamenti affettivi [42]. È

interessante notare che, nel processo di riconoscimento sociale, l’OT

si trova ad essere correlata all’ADH. Sono mediatori endogeni

altamente conservati, dal punto di vista evolutivo, nella regolazione

del comportamento e della cognizione sociale. Il gene che codifica

per l’ADH e quello codificante l’OT si trovano sullo stesso

cromosoma, separati da una distanza relativamente breve e, inoltre,

vengono entrambe prodotte dai neuroni magnocellulari dei nuclei

paraventricolare e sopraottico dell’ipotalamo; da qui, tramite gli

assoni e specifiche proteine di trasporto, le neurofisine, raggiungono

la neuroipofisi dove vengono immagazzinate in granuli secretori delle

terminazioni nervose. La loro somiglianza determina una serie di

reazioni crociate e opposte, come quella di regolare in maniera

differente il comportamento ansioso; l’ADH, tramite l’attivazione dei

suoi recettori V1Ar, incrementa il comportamento ansioso nei

maschi, mentre l’OT lo riduce [49]. I rispettivi recettori sono

distribuiti all’interno di sottoregioni distinte del nucleo centrale

(42)

42

dell’amigdala dove i due neuropeptidi interagiscono in una maniera

tale da produrre effetti opposti sull’attività neuronale [50]. In

contrasto con l’OT, l’ADH promuove delle modifiche nel carattere che

tendono ad influenzare le gerarchie territoriali e di dominanza,

componenti caratteristiche del comportamento sociale maschile. Le

proprietà anti-stress e rilassanti dell’OT sono suggerite dai risultati di

un recente studio che mostrano una correlazione negativa tra i livelli

plasmatici di OT e il livello d’ansietà connesso all’attaccamento

romantico [51].La somministrazione centrale di OT nelle femmine

delle arvicole della prateria facilita la ricettività femminile e lo

sviluppo della preferenza di partner, anche in assenza di

accoppiamento [52]. Nell’uomo, la somministrazione di OT, ha

mostrato un incremento della fiducia, supportando nuovamente il

coinvolgimento dell’amigdala [53]. Può essere quindi confermato che

gli effetti dell’OT e dell’ADH sull’interazione sociale umana sono alla

base della variazione interindividuale, stanno per questo emergendo

come possibili target per nuovi approcci terapeutici, in particolare in

combinazione sinergica con la psicoterapia, per i disturbi mentali

caratterizzati da disfunzione sociale, come l’autismo, il disturbo

d’ansia sociale, il disturbo borderline della personalità e la

schizofrenia.

(43)

43

8.1.2.Attaccamento parentale. Per comportamento materno si intende l’insieme delle risposte e degli atteggiamenti che supportano in modo specifico lo sviluppo e la crescita della prole, dalla pubertà all’età adulta. Ciò nonostante, tali risposte sono più pronunciate al momento del parto, sviluppando una maggiore motivazione a curare il neonato. Al contrario, le femmine di ratto nullipare mostrano scarso interesse per i neonati della loro stessa specie e, quando vengono presentate ai giovani da allevare, o li evitano o li mangiano.

Al momento del parto la situazione si capovolge, si stabiliscono nuovi

comportamenti materni, come la costruzione di un rifugio per

riparare i cuccioli; l’ingestione del liquido amniotico e il consumo

della placenta, sia come fonte di nutrimento sia per rimuovere una

potenziale attrazione olfattiva per i predatori [54]. La rapida

insorgenza del comportamento materno in risposta all’OT è stato

confermato in molti studi. È comunque importante notare che l’OT è

efficace solo nell’insorgenza del comportamento materno e non nella

performance di per sé. Per questo, dopo tale cambiamento nelle

femmine di ratto, un antagonista dell’OT non presenta più alcun

effetto. L’OT probabilmente diminuisce l’elaborazione olfattiva [55],

questo in linea con scoperte precedenti indicanti che l’anosmia

favorisce lo stabilimento dei comportamenti materni [56]. Il bulbo

olfattivo è considerato infatti un sito importante tramite il quale l’OT

possa indurre i suoi effetti sul comportamento. Gli estrogeni sono

(44)

44

invece cruciali nella regolazione della neurotrasmissione ossitocica: i cambiamenti fisiologici negli steroidi gonadici, che compaiono durante la gravidanza, inducono un incremento dei recettori OT in due regioni cerebrali chiave del sistema limbico – il nucleo della stria terminale e il nucleo ventromediale dell’ipotalamo – al momento o poco prima del parto, in coincidenza con lo sviluppo del comportamento materno. Nell’uomo, i comportamenti materni OT- correlati non sono finora stati soggetto di alcuno studio sistematico ma, è stato dimostrato che l’allattamento al seno entro 1h dalla nascita, quando i livelli di OT sono molto alti, potrebbe sostenere un legame madre-figlio a lungo termine ed avere un effetto benefico sullo sviluppo del bambino [57].

8.1.3.Attaccamento infantile. Nella specie umana i bambini iniziano a

legarsi a chi si prende cura di loro, i cosiddetti caregivers, fin dal

momento della nascita e tale legame continuerà a influenzare le

relazioni emotive anche nell’età adulta. Nei mammiferi l’interazione

del bambino con la madre ha profondi effetti sul comportamento. È

possibile che l’OT sia il mediatore in grado di tradurre esperienze

precoci quali la nascita, l’allattamento al seno e altri aspetti

dell’interazione madre-bambino, in cambiamenti comportamentali, a

breve e a lungo termine [58] e in altri cambiamenti fisiologici, che

vanno dalla crescita cerebrale alla reazione di stress più tardiva. I

(45)

45

sistemi dell’ossitocina e della vasopressina sono influenzati dalle

esperienze sociali precoci. La mancanza delle cure materne sembra

alterare il normale sviluppo dei sistemi dell’ossitocina e della

vasopressina nei bambini piccoli e potrebbe interferire con gli effetti

calmanti e confortanti prodotti dall’interazione con i caregivers[59]. I

livelli dei due neuropeptidi infatti sono aumentati dalle esperienze

sensoriali piacevoli di natura sociale come le carezze e gli odori. Studi

su animali hanno dimostrato che, quando si innalzano le

concentrazioni di questi ormoni, aumenta l’instaurarsi delle

interazioni sociali positive: formano legami affettivi, mostrano un

attaccamento selettivo figlio-genitore e sviluppano una memoria di

queste interazioni. La somministrazione esogena di ossitocina riduce

inoltre la risposta alla separazione nei cuccioli di ratto, in accordo alla

teoria secondo cui questo peptide avrebbe un ruolo sia

nell’attaccamento che nella risposta alla separazione [60].

(46)

46

Fig.6.

Le funzioni principali dell'ossitocina in sintesi [C].

(47)

47

9. INTERAZIONI CON ALTRI SISTEMI

È stato dimostrato che l’espressione delle cure materne viene mediata da un certo numero di sistemi neurochimici e molecole associate. Tra queste, quelle più interessate sono appunto neuropeptidi, come l’OT e l’ADH, gli oppioidi e i classici neurotrasmettitori come la dopamina(DA), la noradrenalina (NA) e la serotonina (o 5-idrossitriptamina, 5-HT).

a)Sistema dopaminergico:

Il più evidente collegamento tra la dopamina (DA) e il sistema OT

deriva dal fatto che, almeno nell’uomo, il comportamento affiliativo

sociale (che è modulato dall’OT) è accompagnato dalla modulazione

delle vie di gratifica dopaminergiche [61]. Questo di per sé non

significa che le interazioni tra l’OT e la DA prendano sempre luogo

nelle stesse regioni cerebrali, dato che, i siti dove l’OT agisce per

facilitare il comportamento materno, potrebbe differire da specie a

specie. Molti studi sui ratti hanno dato prova di supportare tale

azione a livello di regioni cerebrali interconnesse, l’area tegmentale

ventrale (VTA) e l’area preottica mediale (MPOA) [62]. Questo

favorirebbe il rilascio di dopamina appunto nel nucleo accumbens

(48)

48

(NAc), facilitando componenti attivi del comportamento materno. Il NAc è fondamentale per molti processi comportamentali, nella fase iniziale di interazione con i cuccioli, nell’incremento dell’attrazione verso loro, nonché nell’elaborazione degli stimoli gratificanti, nuovi e salienti, la scelta di risposte comportamentali di tipo adattivo (attaccare, ritirarsi, stare attenti, ignorare) e la traslazione di emozioni e motivazioni in azioni.

b)Sistema noradrenergico:

Una prova importante per il coinvolgimento della NA nelle cure materne deriva da ampi studi sulle pecore. Si è osservato, che tramite il blocco dei recettori β-adrenergici nel bulbo olfattivo [63], viene compromessa la funzione olfattiva, indispensabile per il riconoscimento della progenie. Il trattamento con antagonisti dei recettori α2, infusi nel nucleo della stria terminale o nell’area preottica mediale, interferisce con le normali cure materne [64].

Studi su topi in condizione di omozigosi per la mutazione del gene

che codifica il DBH (l’enzima dopamina-β-idrossilasi che converte la

DA in NA) hanno evidenziato deficit sia nella placentofagia che

nell’atteggiamento protettivo materno[65].

(49)

49

c)Sistema serotoninergico:

La serotonina è nota anche come ‘l’ormone del buonumore’ ed è un neurotrasmettitore sintetizzato a partire dal triptofano, un aminoacido essenziale. Sono stati condotti studi su topi knockout, ossia geneticamente modificati, ai quali è stata soppressa l’espressione del gene per la triptofano-idrossilasi (TH), un enzima essenziale per la produzione di serotonina. Tale modifica ha prodotto cure materne più scarse nel post-parto, incluse l’attenzione e l’accudimento nei confronti dei topini appena nati [66]. Inoltre, sembra che l’OT eserciti il suo effetto ansiolitico proprio modulando il rilascio di serotonina, difatti l’OT ha la capacità di innalzare i livelli di questo neurotrasmettitore [67].

d)Sistema oppioide:

Il cervello umano produce molecole endogene capaci di generare

piacere quali i peptidi oppioidi e gli endocannabinoidi. Queste

molecole agiscono sul sistema della ricompensa amplificando gli

effetti dopaminergici a livello del nucleo accumbens e dell’area

tegmentale ventrale. Il sistema oppioide endogeno – costituito da tre

tipi di recettori: μ, k eδ e dai loro ligandi: endorfine, encefaline e

dinorfine – svolge il compito di mediare il rinforzo positivo

motivazionale agli stimoli sociali, contribuendo al consolidamento del

(50)

50

legame di attaccamento. I topi privi del gene per il recettore oppioide

μ mostrano deficit sociali e di attaccamento, confermando quindi che

l’espressione di questo gene è essenziale per lo sviluppo del

comportamento materno [68]. È stato anche dimostrato che le

varianti polimorfiche del gene per il recettore oppioide μ correlano

con la qualità dell’attaccamento genitoriale, sia negli uomini che nei

primati [69]. Ciò nonostante sono stati proposti ruoli contrastanti per

gli oppioidi nell’atteggiamento e cure materne. Bridges e Grimm,

nell’82, hanno visto che la somministrazione di morfina nel cervello

dei ratti, in particolare nella MPOA (area preottica mediale), e al

termine della gestazione, rendeva le femmine meno responsive e

reattive nei confronti dei piccoli [70], in opposizione agli effetti del

trattamento concomitante col naloxone, un antagonista oppioide

[71]. È apparso evidente che gli effetti ‘distruttivi’ della morfina sono

mediati dai recettori μ, dal momento in cui il trattamento con gli

agonisti dei recettori k e δ ha mancato di interferire con le crescenti

cure materne nel post-parto [72].

(51)

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10. L’IMPATTO DELLE VARIANTI GENETICHE SUL COMPORTAMENTO UMANO

Le nuove tecniche di citogenetica molecolare come, ad esempio, il

CGH (Comparative Genomic Hybridization) hanno permesso di

identificare le alterazioni cromosomiche submicroscopiche, quali

microdelezioni o duplicazioni, oltre che varianti strutturali

polimorfiche (Copy Number Variant, CNV) capaci di influenzare il

fenotipo clinico. Le differenze genetiche possono spiegare una

notevole parte della variabilità individuale nei comportamenti sociali

e nel temperamento dell’uomo [73] :questo vale in particolare per il

legame di attaccamento, come è stato dimostrato da Raby [43]. La

metodica nota come imaging genetics fornisce uno strumento con il

quale si può studiare l’impatto di polimorfismi genetici rilevanti per il

funzionamento cerebrale e, quindi, per il comportamento umano

[74]. Uno studio recente dimostra che due polimorfismi a singolo

nucleotide o SNP (Single Nucleotide Polymorphism) del gene per il

recettore dell’ossitocina sono correlati a deficit del comportamento

sociale [75]. In particolare, le madri portatrici di almeno un allele

dello SNP rs53576A presentano una significativa riduzione

dell’interesse globale nei confronti del proprio bambino, oltre ad una

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