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Capitolo primo Il fascicolo per il dibattimento: lettura critica tra passato e presente

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Capitolo primo

Il fascicolo per il dibattimento: lettura critica tra passato

e presente

1. IL SISTEMA DEL DOPPIO FASCICOLO: lo specchio del principio della separazione delle fasi

L’attuale codice di procedura penale è permeato da una molteplicità di disposizioni che ne sottolineano la natura prevalentemente accusatoria mediante le quali il legislatore ha dato vita ad uno1 dei principi cardine del nostro rito penale, ovvero la separazione delle fasi: l’una quella dibattimentale, volta alla formazione della prova, nel rispetto dei principi di oralità ed immediatezza, l’altra, quella delle indagini preliminari, finalizzata ad orientare il P.M. nella scelta tra le alternative di archiviazione e di rinvio a giudizio. Il principio di separazione funzionale tra fase dibattimentale e fase di indagine trova la propria rappresentazione nel cosiddetto sistema del doppio fascicolo, costituito dal fascicolo del Pubblico Ministero, disciplinato dall’art. 433 c.p.p. e dal fascicolo per il dibattimento previsto dall’art. 431 c.p.p.2. Lo scopo di tale sistema è quello di evitare che gli atti raccolti durante la fase delle indagini preliminari, senza il rispetto delle regole del contraddittorio e in violazione dei

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L’altro principio cardine del modello accusatorio è quello della separazione dei ruoli, tra giudice ed organo dell’accusa.

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principi di immediatezza, possano rifluire nel dibattimento e divenire materiale utilizzabile ai fini della decisione; per questo motivo il legislatore impone di conservare gli atti aventi funzione probatoria in fascicoli distinti al fine di precludere al giudice del dibattimento la conoscenza, evitando che egli ne risulti, in qualche modo,

condizionato.

Al termine della fase investigativa compiuta dal Pubblico Ministero e dalla Polizia Giudiziaria durante tutta la fase delle indagini preliminari troviamo “il fascicolo delle indagini” disciplinato dall’art. 373 c.p.p. e solo eventualmente il fascicolo del difensore, salvo tutti gli atti che obbligatoriamente devono essere prodotti. Soltanto nel momento in cui il Giudice dell’udienza preliminare emette il decreto che dispone il giudizio, si vengono a formare i due fascicoli: del dibattimento e del Pubblico Ministero. Quest’ultimo, come già anticipato, è disciplinato dall’art. 433 c.p.p. ed ha un contenuto prettamente residuale, poiché vi sono raccolti tutti gli atti che non andranno a confluire nel fascicolo del dibattimento. Esso contiene dunque la notizia di reato, la documentazione relativa alle attività di indagine e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari, come ad esempio i verbali di incidente probatorio, il corpo del reato e le cose pertinenti ad esso (se non devono essere custodite altrove), nonché il fascicolo del difensore3; tale fascicolo, nel corso delle indagini preliminari, è formato e conservato presso l’ufficio del G.I.P. e contiene quegli atti di investigazione difensiva che il difensore ha presentato direttamente al giudice (art. 391-octies, comma terzo, ultimo periodo, c.p.p.)4. Di tale documentazione il pubblico ministero può prenderne visione ed estrarne copia soltanto qualora debba

3 F. MINISCI – C. CURRELI, “Il PM – Compiti e poteri nelle indagini e nel processo” , Giuffrè editore, Milano, 2011, pag. 275.

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P. TONINI – Manuale di procedura penale, XI edizione, Giuffrè Editore, Milano, pag. 575

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essere adottata una decisione su richiesta delle altre parti o con il loro intervento5. Giunti alla fase dibattimentale, gli atti di indagine difensiva troveranno invece un diverso trattamento, poiché essi seguiranno il regime di utilizzabilità proprio del fascicolo nel quale sono stati inseriti, per cui soltanto gli atti presenti all’interno del fascicolo per il dibattimento potranno essere letti ed utilizzati dal

giudice ai fini della decisione.

L’impianto accusatorio appena descritto è, in realtà, il risultato di numerose e ripetute modifiche apportate all’attuale codice di procedura penale. In merito alla disciplina sulla formazione del fascicolo dibattimentale, il principale mutamento è sicuramente quello risultante dalla legge 16 dicembre 1999, n. 479, mediante la quale si sono introdotte le innovazioni più rilevanti. In primo luogo vediamo che nell’originaria formulazione del primo comma dell’art. 431 c.p.p. la formazione del fascicolo per il dibattimento doveva aver luogo successivamente all’udienza preliminare a cura della cancelleria sulla base delle prescrizioni disposte dal giudice. Nel nuovo testo novellato dalla legge de qua, tale adempimento ha luogo in udienza, subito dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio ed è personalmente demandato al giudice che lo redige nel contraddittorio delle parti, le quali hanno la facoltà insindacabile di convenire nel fascicolo per il dibattimento l’acquisizione di atti presenti nel fascicolo del pubblico ministero, nonché della documentazione relativa all’attività d’investigazione

difensiva ( art. 431, secondo comma c.p.p.).

Il regime del doppio fascicolo ha come effetto principale quello di delimitare la conoscenza dell’organo giudicante ai soli atti contenuti

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Solo dopo il decreto che dispone il giudizio il g.u.p. provvede alla suddivisione dei verbali tra il fascicolo dibattimentale e quello del pubblico ministero, ai sensi dell’art. 431 c.p.p.

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nel dossier dibattimentale, il quale vincola il giudice a formare il proprio convincimento solo in base alle prove acquisite nel corso del giudizio, assicurando “l’originarietà” del dibattimento. Tale obiettivo è perseguito dal legislatore non soltanto attraverso la previsione di specifici divieti di utilizzazione, bensì predisponendo un sistema in grado di suddividere gli atti in ragione della loro diversa efficacia probatoria, in modo da evitare al giudice una conoscenza materiale degli atti che risultano fisiologicamente inutilizzabili. La scelta di prevedere la formazione in contraddittorio del fascicolo dibattimentale, attuata con la cosiddetta “Legge Carotti”, risponde alla fondamentale esigenza di fornire uno strumento idoneo a tenere lontano il giudice dal materiale di indagine, cosicché le parti possano far valere le proprie ragioni fin dall’inizio, evitando che l’organo deputato al giudizio possa essere influenzato, anche solo a livello psicologico, dalla lettura di atti non legittimamente utilizzabili ai fini della decisione6. In altri termini, la ragion d’essere della nuova disciplina è quella di garantire una forma di tutela più avanzata, permettendo l’innalzamento dei livelli di sbarramento esistenti tra gli atti investigativi e quelli a valenza probatoria7. La stessa legge del 1999 ha inoltre provveduto alla riscrittura del testo delle lett. d), ed f) dell’art. 431 c.p.p. in modo da prevedere l’inserimento nel detto fascicolo dei documenti acquisiti all’estero mediante rogatoria, nonché dei verbali degli atti irripetibili assunti con le stesse modalità (lettera d) ovvero dei verbali diversi da quelli previsti dalla lett. d) assunti all’estero a seguito di rogatoria internazionale, ai quali i difensori siano stati posti in grado di

6

S. Cervetto, Il vizio conseguente alla formazione sine parti bus del fascicolo dibattimentale: una nullità fine a se stessa?, in Cassazione Penale, n. 5/2008, pag. 1993.

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Si veda A. Scella, La formazione in contraddittorio del fascicolo per il dibattimento, in AA.VV., Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, a cura di F. Peroni, Cedam,Padova, 2000, pag. 429.

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assistere e di esercitare le facoltà loro consentite dalla legge italiana (lett. f) 8. Infine, un’altra rilevante modifica è avvenuta grazie all’art. 15 della l. 15 dicembre 2000 n. 397, mediante il quale si è provveduto a modificare anche la lett. c) dell’art. 431 c.p.p., equiparando gli atti irripetibili compiuti dal difensore a quelli compiuti dal Pubblico

Ministero.

Tale innovazione si presta ad assumere notevole importanza in tema di valore probatorio delle indagini difensive, tanto che la Corte di Cassazione9 è costante nel ritenere che gli elementi di prova raccolti dal difensore ai sensi dell’art. 391 bis c.p.p. sono equiparabili, quanto ad utilizzabilità e forza probatoria, a quelli raccolti dal P.M. e, pertanto, il giudice al quale essi siano stati direttamente presentati ai sensi dell’art. 391 octies c.p.p., non può limitarsi ad acquisirli, ma deve valutarli unitamente a tutte le altre risultanze, spiegandone le ragioni nel caso ritenga di doverli disattendere10. In merito alla documentazione relativa all’attività d’investigazione difensiva, risulta

interessante soffermarsi sul terzo comma dell’art. 493 c.p.p. ( rubricato “Richiesta di prove” ), il quale ne prevede l’acquisizione al

fascicolo dibattimentale previo accordo tra le parti.

Questa disposizione rientra tra le innovazioni apportate dalla legge n. 479 del 1999 al nostro codice di procedura penale, ricalcando la

8 R. Blaiotta, Indagini preliminari, in Codice di procedura penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, diretto da G. Lattanzi – E. Lupo, Vol. IV, 2003 – 2007, pag. 695 ss.

9 Corte di Cassazione, Sez. II, 27 maggio 2008 n. 28662, in Cassazione Penale, n. 10/2009, pag. 3923 ss.

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vedi anche Cass., Sez. II, 17 ottobre 2007 n. 238806, che sostanzialmente ribadisce la valenza probatoria delle indagini difensive anche nell’ipotesi di dichiarazioni assunte dal difensore dell’indagato nell’ambito di attività di

investigazione difensiva, affermando che tali dichiarazioni “hanno lo stesso valore probatorio astratto delle dichiarazioni acquisite dal p.m. , salva la valutazione di attendibilità intrinseca dei dichiaranti”. Nella specie, la S. C. ha ritenuto

congruamente motivata la valutazione dei giudici di merito, a parere dei quali i soggetti interrogati dal difensore, tutti parenti ed amici dell’indagato, erano intrinsecamente non credibili.

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disciplina del nuovo art. 431 c.p.p., il quale ammette tale pattuizione all’esito dell’emissione del decreto che dispone il giudizio, in “coda” all’udienza preliminare, ormai conclusasi, od in un udienza ad hoc. La ratio di tale disciplina è stata interpretata in modi diversi dai vari autori: secondo una parte della dottrina11 essa si individua nel principio di snellimento dei tempi del processo; altro autore12 rileva invece un’esigenza di economia processuale. Ancora, un terzo autore13 spiega la norma facendo leva sul principio di disponibilità della prova, secondo il quale “ se le parti non contestano un fatto, sarebbe un’ inutile perdita di tempo raggiungere quel risultato con le forme, troppo dispendiose, previste per l’assunzione della prova in dibattimento”. Analogamente, un’ulteriore dottrina ha parlato di “patteggiamento sulla prova”, del tutto identico a quello che le parti possono effettuare ai sensi del secondo comma dell’art. 431 c.p.p. nel momento di formazione del fascicolo per il dibattimento. Nella fattispecie appena descritta si ha una deroga, non solo ai principi dell’immediatezza e dell’oralità, bensì a quello costituzionalizzato del contraddittorio per la formazione della prova, disciplinato nel quarto comma dell’art. 111 Cost. dalla l. cost. 23 novembre 1999 n. 2. Secondo una parte della dottrina14 non si riscontra un vizio di legittimità, perché nello stesso art. 111 Cost. è stato inserito il “nuovo” comma quinto, il quale ammette la possibilità per il legislatore di prevedere casi di istruzione penale senza

11 così CASARTELLI, Le innovazioni riguardanti il dibattimento, in AMODIO –

GALANTINI, Giudice Unico e garanzie difensive. La procedura penale riformata, Milano, 2000, pag. 175.

12 così CIANI, Le nuove disposizioni sul giudizio, in PERONI, Il processo penale dopo

la riforma del giudice unico (l. 16 dicembre 1999, n.479), Padova, 2000, pag. 571.

13 così CORBETTA, Il processo penale dopo la “Legge Carotti”, 2000, pag. 571.

14 così APRILE E., Giudice unico e processo penale. Commento alla legge “Carotti” 16

dicembre 1999 n. 479, Milano, 2000; BARGIS, Art. 16 l. 1 marzo 2000 n. 63. Commento, 2002, pag. 279; CAPRIOLI, Artt. 25 – 26 l. 16 dicembre n. 479. Commento, 2000, pag. 291.

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contraddittorio “per consenso dell’imputato”15. Peraltro, un successivo contrario orientamento16 ha considerato la fattispecie in oggetto non già come eccezione rispetto al preindicato canone istruttorio di cui al comma quarto dell’art. 111 Cost., piuttosto come una sua specifica applicazione. In questo senso si è dedotto che nell’acquisizione concordata di atti al fascicolo del giudice del dibattimento le parti giocano un ruolo attivo e determinante per la formazione della prova ed ancora che l’adesione delle parti all’accordo sulla loro acquisizione esprime la mancata volontà di avvalersi del metodo istruttorio dialettico. Una speciale parentesi dottrinale merita verosimilmente l’analisi dell’art. 111 Cost. al suo quarto comma17, dal quale si possono trarre senza dubbio due conclusioni: la prima riguardante il concetto secondo cui il “processo penale è regolato dal principio del contraddittorio nella formazione della prova”, nel senso che qualora una prova non sia stata formata in contraddittorio, allora non potrà valere come tale nel processo penale18; ciò significa che, per quanto concerne la prova dichiarativa, le dichiarazioni raccolte dagli organi investigativi non possono costituire prova (salvo le eccezioni previste

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Nonché per “accertata impossibilità di natura oggettiva” o per effetto di “provata condotta illecita”.

16 così BACCARI, Una nuova espressione del metodo dialettico: l’acquisizione

concordata di atti di indagine, 2003, pag. 872.

17 Art. 111, c. 4 Cost. “ Il processo penale è regolato dal principio del

contraddittorio nella formazione della prova. La colpevolezza dell’imputato non può essere provata sulla base di dichiarazioni rese da chi, per libera scelta, si è sempre volontariamente sottratto all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore”.

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In realtà vi sono due limiti impliciti all’interno del dettato costituzionale; il primo è che il contraddittorio nella formazione della prova riguarda solo il tema principale del processo, ossia la colpevolezza; sui temi incidentali, quali l’applicazione delle misure cautelari, il rinvio a giudizio ecc., è utilizzabile ogni atto valido, quali che siano la sede e il metodo della sua assunzione. Il secondo limite attiene al fatto che la regola del contraddittorio vale solo per le prove costituite nella sede processuale e per le dichiarazioni ivi raccolte, non invece per i documenti e gli oggetti pertinenti al reato, rispetto ai quali il contraddittorio può esercitarsi solo sulla prova,

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dalla stessa Costituzione). Difatti, come i giudici costituzionali hanno sostenuto, la prima parte del quarto comma dell’art. 111 Cost. “esprime una generale regola di esclusione probatoria, in base alla quale nessuna dichiarazione raccolta unilateralmente durante le indagini può essere utilizzata come prova del fatto in essa affermato, se non nei casi eccezionali contemplati nel comma successivo: consenso dell’imputato, accertata impossibilità di natura oggettiva di formazione della prova in contraddittorio e provata condotta illecita”19. La seconda conclusione riguarda la “sottrazione per libera scelta” all’interrogatorio da parte dell’imputato o del suo difensore. Ne consegue che qualora il teste si sia per libera scelta sottratto al controesame, le sue dichiarazioni non potranno essere utilizzate. Grave errore logico20 sarebbe dedurre a contrario che qualora egli non si sia sottratto al controesame, allora la colpevolezza potrà essere provata sulla base delle sue dichiarazioni, dato che il divieto di utilizzare tali dichiarazioni potrebbe derivare da altra fonte, quale la regola di esclusione probatoria disciplinata dalla prima parte del detto comma, descritta in precedenza. In realtà è proprio in questo errore che incappa la dottrina, il cui ragionamento si rende viziato alla radice, poiché l’accettazione del controesame rende sì inapplicabile il divieto disciplinato dalla seconda parte del quarto comma dell’art. 111 Cost., ma allo stesso tempo, per tutte le precedenti dichiarazioni raccolte fuori del contraddittorio, si rende

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Così, Ordinanza n. 293 del 2002,in P. Ferrua, “Il contraddittorio nella formazione della prova a dieci anni dalla sua costituzionalizzazione: il progressivo assestamento della regola e le insidie della giurisprudenza della Corte Europea”, in Archivio Penale 2009, Aracne editore, pag. 10.

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Noto come “negazione dell’antecedente”: un errore formale che viola la regola di deduzione.

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operante la regola di esclusione probatoria di cui alla prima parte della stessa disposizione21.

Tornando al sistema del doppio fascicolo, il codice non ha previsto alcun fascicolo di competenza del Giudice per le Indagini Preliminari, in quanto questo, per la sua funzione essenzialmente di filtro verso il dibattimento e di controllo sull’operato del P.M., venendo a conoscenza del procedimento soltanto in momenti ben precisi ed isolati tra di loro (come ad esempio nel caso in cui il P.M. lo coinvolga chiedendogli l’esperimento di un incidente probatorio), è per definizione un “giudice senza fascicolo”.

21 P. Ferrua, “Il contraddittorio nella formazione della prova a dieci anni dalla sua

costituzionalizzazione: il progressivo assestamento della regola e le insidie della giurisprudenza della Corte Europea”, in Archivio Penale, 2009, Aracne editore, pag. 9 – 16.

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2. LA FORMAZIONE DEL FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO: le linee guida tracciate dall’art. 431 c.p.p.

La disposizione generale sulla formazione dei fascicoli processuali è contenuta nell’art. 3 del Regolamento di esecuzione del codice di procedura penale e prevede, in primis, che gli atti e le produzioni debbano essere inseriti nel fascicolo in ordine cronologico a cura della cancelleria del giudice o della segreteria del P.M. e debbano essere numerati nelle singole pagine. Inoltre, si prevede che sulla copertina del fascicolo siano indicate le generalità della persona cui è attribuito il reato, nonché la data e il numero dell’iscrizione della notizia di reato nel relativo registro. Di fondamentale importanza è l’ inserimento del contenuto del fascicolo, ossia l’indice degli atti e delle produzioni, l’elenco delle cose sequestrate, la distinta delle spese anticipate dall’erario e la copia della sentenza o del decreto

penale di condanna22.

In merito alla violazione delle prescrizioni da osservare nella formazione dei fascicoli processuali la Cassazione Penale si è pronunciata con la sentenza 25 marzo 2010 n. 17195, in cui ha stabilito che “la violazione delle prescrizioni da osservare nella formazione dei fascicoli processuali (nella specie le numerazioni delle pagine e la predisposizione di un indice) non è causa di nullità degli

atti”23.

La mancata previsione di una sanzione di nullità, per irrituale fascicolazione degli atti, è stata oggetto di una questione di legittimità costituzionale delle prescrizioni di legge sulla

22 P. Caputo, v. Fascicolo, in Digesto delle discipline penalistiche , Vol. V , Torino, Utet, 1991, pag. 135

23

Cass. Penale, Sez. III, sent. 25 marzo 2010, n. 17195, in Cassazione Penale, n. 5/2011, pag. 1834.

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composizione del fascicolo delle indagini preliminari, su cui vale la pena soffermarsi. Nel caso di specie, la Corte Costituzionale24, a seguito del ricorso proposto dal giudice delle indagini preliminari del Tribunale di Varese, in merito alla legittimità costituzionale dell’art. 416 c.p.p., ha dichiarato non fondata la questione nella parte in cui tale articolo non prevede una sanzione di nullità qualora il fascicolo delle indagini, trasmesso dal Pubblico Ministero al giudice dell’udienza preliminare con la richiesta di rinvio a giudizio, sia predisposto senza l’osservanza delle prescrizioni di legge sulla composizione dei fascicoli. Il giudice delle leggi ha, altresì, suggerito delle possibili soluzioni al problema, calibrate sull’entità delle violazioni che possono verificarsi in relazione ai singoli casi concreti. Si deve premettere che le prescrizioni che disciplinano le modalità di formazione dei fascicoli non hanno come unico scopo quello di assicurare una razionale sistemazione degli atti processuali, ma sono funzionali ad agevolare l’esplicazione dei diritti spettanti alle parti, primo fra tutti, l’esercizio del diritto di difesa. Il giudice a quo fonda la propria tesi sul presupposto secondo cui un fascicolo disordinato e alterato frusta il diritto di difesa, inteso come diritto di difendersi adeguatamente, aggiungendo che le possibili carenze cognitive determinate da un fascicolo caotico potrebbero rivelarsi particolarmente gravi nella fase dell’udienza preliminare, dato che è proprio in tale sede che la difesa è chiamata a compiere scelte consapevoli in relazione all’eventuale ricorso ai riti alternativi. La funzione di discovery25 degli elementi raccolti nella fase preliminare appare quindi compromessa dalla violazione delle norme sulla

24 C. Cost., 8.5.2009, n. 142, in Cassazione Penale, n.11/2009, pag. 4224 ss. 25

Funzione di discovery che si realizza con la trasmissione del dossier dell’accusa unitamente alla richiesta di rinvio a giudizio, a cui si correla la facoltà dell’imputato e del suo difensore di prendere visione e di estrarre copia degli atti processuali, così come disciplinato dall’art. 419, comma secondo c.p.p. e dall’art. 131 disp. att. c.p.p.

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composizione dei fascicoli, non considerando il fatto che tale discovery potrebbe dischiudere la via ad un primo momento di contraddittorio tra le parti dinanzi ad un giudice terzo ed imparziale. Nonostante il pregiudizio che un fascicolo disordinato arreca alle ragioni della difesa, la Consulta, pur non disconoscendo del tutto il problema, ha tuttavia dichiarato infondata l’eccezione di illegittimità costituzionale sollevata, basandosi sul fatto che “l’introduzione di una nuova causa di nullità determinerebbe una eccessiva rigidità delle conseguenze derivanti da un irregolare formazione del fascicolo, che potrebbe essere contraria agli stessi legittimi interessi delle parti ed in contrasto con il principio della ragionevole durata del processo”. Il giudice delle leggi, peraltro, suggerisce un possibile ventaglio di soluzioni calibrate in ragione dell’effettiva entità della violazione dell’ art. 3 del Regolamento di esecuzione del codice di procedura penale. Tra queste troviamo, in primis, una mera sollecitazione rivolta dal giudice al Pubblico Ministero affinché questi regolarizzi il dossier processuale in modo che, qualora il primo rimedio non sia sufficiente, si avrà la possibilità di un rinvio con conseguente sospensione dell’udienza per il tempo necessario ad una corretta sistemazione del fascicolo26.

Data la presenza di numerosi aspetti problematici nella formazione del fascicolo per il dibattimento relativi, in particolare, al carattere di irripetibilità di alcuni degli atti ivi inseriti, occorre tener conto del fatto che l’art. 431 c.p.p. non può essere letto isolatamente ma deve necessariamente essere coordinato con l’art. 511 c.p.p., il quale disciplina il sistema delle letture, ossia lo strumento necessario affinché gli atti inseriti nel fascicolo del dibattimento possano essere

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G. Todaro, “Fascicolo delle indagini, udienza preliminare, diritto di difesa”, in Cassazione Penale, Vol V, 2009, pag 4224 ss.

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utilizzabili con valenza probatoria dal giudice dibattimentale ai fini della decisione. L’inserimento di atti nel fascicolo del dibattimento e la loro lettura o dichiarazione d’utilizzabilità sono le fasi necessarie di una complessa sequenza, attraverso la quale l’utilizzabilità astratta si converte in utilizzabilità concreta. Anche la Suprema Corte ha ripetutamente chiarito che la mera allegazione di un atto o di un documento al fascicolo previsto dall’art. 431 c.p.p. ha funzione soltanto strumentale rispetto alla formazione della prova e non equivale all’acquisizione del contenuto dell’atto o del documento medesimo. E’ soltanto nel momento in cui il giudice ne dispone la lettura, o comunque manifesta di volersene avvalere, che si deve verificare il corretto inserimento dell’atto nel relativo dossier, nonché dell’effettiva attuazione del principio della formazione della prova in dibattimento nel contraddittorio delle parti27. In tema di letture dibattimentali, anche la Corte di Cassazione torna ad occuparsi, nella sentenza 4 dicembre 2008 n. 1202, del tema della recuperabilità , attraverso l’art. 512 c.p.p., delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini da parte del teste divenuto successivamente irreperibile. Nella fattispecie, la Corte ha ritenuto legittima la decisione del giudice di merito che aveva proceduto alla lettura delle dichiarazioni rese da persona informata sui fatti che si era resa irreperibile per vicende familiari non connesse in alcun modo al processo. Nel commento28 alla sentenza de qua emerge che l’art. 512 c.p.p., nel subordinare l’utilizzabilità dibattimentale delle dichiarazioni precedentemente rese alla condizione che l’esame sia divenuto impossibile per fatti o circostanze imprevedibili, è riconducibile, al pari delle ipotesi di irripetibilità originaria, al

27 R. Blaiotta, Indagini preliminari, in Codice di procedura penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina,G. Lattanzi – E. Lupo, Vol. IV, 2003 – 2007, pag. 696. 28

P. Silvestri, “ La valutazione della imprevedibilità della irripetibilità dell’atto”, in Cassazione penale, Volume II, 2010, pag. 1018 ss.

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parametro costituzionale della impossibilità di natura oggettiva, ex art. 111 comma 5 Cost., quale deroga al principio del contraddittorio nella formazione della prova. Il giudice, in questo caso, deve verificare se l’evento che abbia reso impossibile la ripetizione in dibattimento dell’atto di indagine sarebbe stato ragionevolmente prevedibile, tenendo conto delle circostanze di fatto allora note o conoscibili. E’ fortemente avvertito, infatti, il rischio di comportamenti strumentali ad eludere il contraddittorio dibattimentale e, per lo più, di utilizzazione processuale a fini probatori, nei confronti dell’imputato, di dichiarazioni rese unilateralmente nel corso delle indagini preliminari da parte di colui che, dopo aver accusato, si renda successivamente irreperibile, ledendo, in tal modo, il diritto dell’accusato di confrontarsi con

l’accusatore.

La parte che voglia recuperare mediante lettura, ai sensi dell’art. 512 c.p.p., le precedenti dichiarazioni rese nel corso delle indagini dal teste divenuto irreperibile, avrà l’onere di fornire la prova dell’irreperibilità del medesimo e del carattere imprevedibile di tale evento. Quanto, invece, alle modalità di acquisizione delle dichiarazioni rese nel corso delle indagini da parte del teste resosi irreperibile, la Corte di Cassazione ha precisato che l’acquisizione ai sensi dell’ art. 512 c.p.p. non potrebbe mai avvenire d’ufficio, ossia in mancanza di una richiesta di parte, dato che il giudice non potrebbe in alcun modo dare lettura di atti esistenti nel fascicolo del dibattimento senza l’impulso della parte, non potendosi confondere la lettura di atti con l’assunzione di nuove prove.

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2.1. La formazione del fascicolo dibattimentale in assenza di contraddittorio tra le parti

Come si è accennato in precedenza, una delle più significative innovazioni introdotte dalla riforma del 1999 riguarda la formazione del fascicolo del dibattimento nel contraddittorio delle parti, immediatamente dopo l’emissione del decreto che dispone il giudizio, oppure in un’udienza ad hoc. Questa scelta operata dal legislatore nel 1999 ha offerto la possibilità alle parti di dibattere le questioni controverse già nella fase genetica del detto fascicolo e di convenire, nella sede preliminare, l’eventuale acquisizione di atti ulteriori rispetto a quelli indicati nell’art. 431 c.p.p., garantendo così

finalità di snellezza processuale29.

Andando indietro nel tempo notiamo che, prima della nota legge 479/1999 ( c.d. Legge Carotti ), l’art. 431 c.p.p. dettava in modo meccanico la formazione del fascicolo per il dibattimento, visto come un mero compito da affidare al cancelliere in base alle prescrizioni del giudice dell’udienza preliminare, riservando alle parti soltanto un ruolo di controllo successivo in sede di questioni preliminari al dibattimento ex art. 491, comma 4 c.p.p.; nella previgente formulazione non era, infatti, prevista alcuna forma di contraddittorio tra le parti, poiché tale principio veniva sacrificato in ragione di esigenze di snellezza processuale30. Come già ricordato, attraverso le modifiche legislative apportate dal legislatore nel 1999 il quadro dell’art. 431 c.p.p. è notevolmente mutato, poiché è stata

29 R. Blaiotta, Indagini preliminari, in Codice di procedura penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, G. Lattanzi – E. Lupo, Vol. IV, 2003 – 2007, pag. 697. 30

Si veda, in particolare G. Frigo, sub art. 431, in Commento al nuovo codice di procedura penale, coordinato da M. Chiavario, Vol. IV, Utet, Torino, 1990, pag. 728.

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ampliata l’elencazione tassativa degli atti trasferibili da un fascicolo all’altro e viene riconosciuta la concorde volontà delle parti come potere di aggiungere documentazione diversa da quella espressamente prevista, trasformando un’attività di cancelleria in un’attività che preannuncia le scelte dibattimentali di accusa e difesa31. La finalità principale posta alla base della modifica di cui all’art. 431 c.p.p. si individua nella necessità di anticipare la discussione relativa alla formazione del fascicolo in un momento anteriore, così da rendere successivamente più spedita la trattazione delle questioni preliminari di cui all’art. 491 c.p.p.32. Gli art. 431 e 491 c.p.p. rappresentano due distinti momenti di verifica che, seppur funzionalmente collegati, non sono tra di loro fungibili, data la presenza di reciproche differenze strutturali che non possono essere ignorate, pena la compromissione dei delicati equilibri garantiti dal sistema del doppio fascicolo. In primo luogo, la formazione del fascicolo per il dibattimento nel contraddittorio delle parti è disciplinata come tappa obbligatoria dell’intero iter procedimentale per i reati per i quali è prevista la celebrazione dell’udienza preliminare, mentre la fase delle questioni preliminari si presenta come fase puramente eventuale; verosimilmente il codice di rito nella sua attuale formulazione pone un netto discrimine tra le due fattispecie, poiché attribuisce alle parti il “diritto” a partecipare alla formulazione del fascicolo di cui all’art. 431 c.p.p., mentre riconosce alle medesime la semplice “facoltà” di

31 T. Procaccini, La formazione del fascicolo per il dibattimento in assenza del

contraddittorio fra le parti, in Diritto penale e processo, n. 3/2008, pag. 342.

32 L’art. 491 c.p.p. dispone che “le questioni concernenti il contenuto del fascicolo

per il dibattimento sono precluse se non sono proposte subito dopo compiuto per la prima volta l’accertamento della costituzione delle parti…, salvo che la possibilità di proporle sorga soltanto nel corso del dibattimento”; per l’approfondimento si rinvia al Capitolo secondo.

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21

prospettare, in limine litis, questioni circa il fascicolo già formato33. Nonostante l’innovazione apportata al codice di rito mediante l’introduzione del contraddittorio nella formazione del fascicolo dibattimentale sia stata di rivoluzionaria importanza, si è comunque sviluppata nel corso degli anni una problematica, tra giurisprudenza e dottrina, in merito alla possibilità che tale fascicolo venga formato in assenza di contraddittorio tra le parti. In questi termini, appare assurdo pensare che, dopo una lunga evoluzione volta a raggiungere tale traguardo, sia possibile trascurare l’applicazione di un principio così rilevante. In realtà, è stata la Corte di Cassazione34 a statuire che “Non sussiste nullità di cui all’art. 178, comma primo, lett c) c.p.p. qualora la formazione del fascicolo del dibattimento avvenga in assenza del contraddittorio delle parti, considerato che l’udienza di cui all’art. 431 non comporta preclusioni di sorta e non pregiudica in alcun modo le esigenze della difesa, in quanto tutte le questioni in essa proponibili possono essere riproposte nella fase preliminare del dibattimento, ex art. 491 c.p.p. Ne deriva che la formazione del detto fascicolo non si cristallizza con l’udienza di cui all’art. 431 c.p.p. ma con la fine della discussione di cui all’art. 491 c.p.p. e comunque l’eventuale erroneo inserimento di un atto assunto in violazione di specifici divieti probatori non preclude l’eccezione in ordine all’inutilizzabilità dell’atto a fini di prova, la quale è sempre rilevabile, anche d’ufficio, ex art. 191 c.p.p.”35 .

33

S. Cervetto, Il vizio conseguente alla formazione sine parti bus del fascicolo dibattimentale: una nullità fine a se stessa?, in Cassazione Penale, n. 5/2008, pag. 1995.

34

Così C.C., Sez. V, sent. 10 gennaio 2007, n. 19473, in Cassazione Penale, n. 5/2008, pag. 1990 ss.

35 La sentenza de qua è stata pronunciata a seguito del ricorso in Cassazione

proposto dal Sign. Pronestì condannato dal Tribunale di Torino per i delitti di bancarotta fraudolenta e documentale; la sentenza del Tribunale veniva impugnata per violazione dell’art. 178 c.p.p. lett. c) e dell’art. 431 c.p.p., dato che la

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22

Con tale pronuncia la giurisprudenza di legittimità ha voluto sottolineare che, pur partendo dal presupposto che l’esigenza principale intrinseca all’innovazione inserita all’interno del secondo comma dell’art. 431 c.p.p. è quella di anticipare la trattazione delle questioni relative alla formazione del fascicolo, tale articolo non si pone in una situazione di incompatibilità con la disciplina di cui all’art. 491 c.p.p., non comportandone quindi un’implicita abrogazione; la Corte, dunque, è ferma nel sottolineare la compatibilità e la coesione fra le due norme, ricostruendo il loro rapporto in termini di “continuità”, permettendo così alle parti di proporre al giudice del dibattimento, in sede “preliminare”, non soltanto questioni già proposte al G.U.P., ma anche questioni nuove inerenti alla formazione del fascicolo, perché così come statuito dalla stessa Corte: “la formazione del fascicolo non si cristallizza con l’udienza di cui all’art. 431 c.p.p., ma con la fine della discussione di cui all’art. 491 c.p.p.”36. Analizzando tale pronuncia si deduce che la formazione del fascicolo dibattimentale in assenza di contraddittorio non presenta un “vizio” riconducibile alla nullità ex art. 178, lett. c) c.p.p.37, poichè l’udienza fissata ai sensi dell’art. 431 c.p.p. non comporta preclusioni e, quindi, non pregiudica in alcun modo le esigenze della difesa, dal momento che tutte le questioni sollevabili nel corso dell’udienza sono riproponibili ai sensi dell’art. 491 c.p.p.,

nella fase preliminare al dibattimento. L’iter logico seguito in motivazione si articola su due piani distinti: il

primo guarda al rilievo che l’introduzione del contraddittorio per la formazione del fascicolo dibattimentale ex art. 431 c.p.p. non appare

formazione del fascicolo era avvenuta senza contraddittorio delle parti. La Corte si pronuncia dichiarando infondato tale motivo di ricorso.

36 Così, testualmente, nella motivazione della sentenza in commento.

37

Tale articolo prevede la nullità per inosservanza delle disposizioni concernenti “l’intervento, l’assistenza e la rappresentanza dell’imputato e delle altre parti private …”

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accompagnata da un’espressa sanzione di nullità; il secondo piano analizza la valutazione del quarto comma dell’art. 491 c.p.p. quale norma diretta a tutelare in seconda battuta il contraddittorio fra le parti38. La Corte, con la sua statuizione, fa emergere un atteggiamento di totale chiusura, sottolineando il fatto che l’eventuale erroneo inserimento di un atto assunto in violazione di specifici divieti probatori nel fascicolo per il dibattimento non preclude alla parte alcuna possibilità di eccepire la sua inutilizzabilità ai fini di prova, poiché essa é sempre rilevabile anche d’ufficio, ai sensi dell’art. 191 c.p.p. In altri termini, ciò sta a significare che le questioni relative alla formazione iniziale del fascicolo dibattimentale di cui agli art. 431 e 491 c.p.p. non incidono in alcun modo sull’inutilizzabilità della prova ai fini della decisione39. Nonostante la Corte abbia comunque riconosciuto l’importanza delle innovazioni legislative, essa non ha posto attenzione alle loro conseguenze in tema di tutela del contraddittorio in quella fase processuale che si colloca fra la conclusione dell’udienza preliminare e gli atti introduttivi al dibattimento. Come già anticipato, la formazione del fascicolo per il dibattimento viene trasformata, dal legislatore del 1999, da attività quasi “burocratica” ed automatica a momento che prepara il giudizio40; lo scopo del legislatore era quello di accelerare lo svolgimento dei processi liberando il dibattimento da attività che possono essere compiute in altri momenti processuali41;

38 T. Procaccini, La formazione del fascicolo per il dibattimento in assenza del

contraddittorio fra le parti, in Diritto penale e processo, n. 3/2008, pag. 342.

39

S. Cervetto, Il vizio conseguente alla formazione sine parti bus del fascicolo dibattimentale: una nullità fine a se stessa?, in Cassazione Penale, n. 5/2008, pag. 1996.

40 A. Scella, “La formazione in contraddittorio del fascicolo per il dibattimento”, in AA. VV., Il processo penale dopo la riforma del giudice unico, a cura di F. Peroni, Padova, 2000, pag. 422.

41

G. Garuti, “La formazione del fascicolo per il dibattimento”, in Le recenti modifiche al codice di procedura penale, V.I, a cura di L. Kalb, 2002, pag 533.

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é in questa prospettiva, infatti, che si spiegano sia la modificazione subita dall’udienza preliminare (trasformata da momento di snodo tra le indagini preliminari e il dibattimento, in momento di giudizio), sia la modifica della procedura di formazione del fascicolo per il dibattimento. Quest’ultimo diviene, così, materia disponibile42, mediante il quale le parti possono influire sulle modalità di ingresso della prova in dibattimento come espressione del diritto alla “disponibilità delle prove” di cui all’art. 190 c.p.p. In quest’ottica la previsione secondo cui le operazioni di formazione del fascicolo avvengano in contraddittorio fra le parti assume un notevole rilievo, poiché si introduce una forma di acquisizione alla quale viene riconosciuta una funzione “sostitutiva”, finalizzata a soddisfare il diritto alla prova delle parti43, che possono decidere, concordemente, di arricchire il materiale conoscibile dal giudice anche senza l’istruttoria dibattimentale. Si ritiene che il contraddittorio insito nel procedimento di cui all’art. 431 c.p.p., in realtà, non si sostituisca a quello dibattimentale ma lo rispecchi, posto che il “consenso” è pur sempre la risultanza di un confronto fra le parti. Vi è, dunque, un’anticipazione del metodo ad una fase prodromica al dibattimento, così da renderne superflua l’acquisizione dibattimentale. L’importanza delle parti è dunque notevole, dato che esse svolgono un ruolo attivo e determinante nella formazione della prova stabilendo, insieme, quale di esse possa fare ingresso direttamente in giudizio, e quale, invece, è opportuno che venga assunta attraverso il contraddittorio dibattimentale. Se, allora, l’accordo si trasforma in un’anticipazione del contraddittorio in sede dibattimentale, non si

42

F. Cordero, in Procedura penale, Milano, Giuffré, 2006, pag. 884, sottolinea che un limite deve, però, sempre essere individuato nel materiale che “non sarebbe mai fruibile” perché vietato dalla legge o contrario ai principi del codice. 43

Si ricorda che il termine “parti” nell’art. 431 c.p.p. è inteso, anche se non ancora in modo totalmente pacifico, in senso onnicomprensivo: imputato e difensore ma anche parte civile, qualora essa si sia costituita in udienza preliminare.

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può aderire alla tesi della Corte di Cassazione che ritiene priva di conseguenze l’omessa instaurazione del contraddittorio al momento della formazione del fascicolo. Se dalle patologie del contraddittorio in dibattimento si fa discendere la nullità dell’atto viziato, lo stesso effetto deve prodursi quando queste violazioni si verificano nello svolgimento delle attività disciplinate dall’art. 431 c.p.p., a cui si riconosce una “funzione sostitutiva” dell’assunzione delle prove in giudizio. Se, verosimilmente, guardiamo all’ipotesi di nullità generale ex art. 178, lett. c), c.p.p. per violazione del “diritto di difesa”, comparandola con la situazione poc’anzi descritta, vediamo che la previsione normativa distingue fra diritto di intervento e diritto alla difesa tecnica44 . Si verifica una lesione del primo diritto tutte le volte in cui viene violata una disposizione che garantisca all’imputato (ovvero alle altre parti private) la possibilità di partecipare al processo personalmente, mentre si realizza una violazione del diritto alla difesa tecnica tutte le volte in cui non vengono rispettate le norme poste a garanzia dell’assistenza del difensore. A differenza dell’ipotesi di nullità assoluta disciplinata dall’art. 179 c.p.p. che, colpendo l’omessa citazione trova la sua collocazione nelle fasi in cui vi è una vocatio in iudicium45, le ipotesi di nullità generale a regime intermedio possono colpire anche gli atti preparatori, propedeutici e

44

L’autonomia dei concetti richiamati dalla lett. c) dell’art. 178 c.p.p. e, complessivamente raggruppati sotto l’espressione “diritto di difesa”, può

esprimersi con le parole di O. Dominioni : “Il concetto di intervento convoglia in sé le disposizioni che garantiscono all’imputato la possibilità di partecipare al processo, conferendogli poteri, facoltà e diritti e, correlativamente, agli altri soggetti doveri e oneri. Quello di assistenza attiene al diritto di difesa tecnica e ai poteri, facoltà e diritti del difensore. Quello, infine, di rappresentanza concerne le disposizioni che per determinate situazioni attribuiscono al difensore la

rappresentanza ex lege dell’imputato”; Sub. Art. 178, in Commentario del nuovo codice di procedura penale, E. Amodio – O. Dominioni, Milano, 1989, pag. 268.

45 Il limite di efficacia di tale nullità, prima individuato attraverso la sola “citazione” per la vocatio in iudicium, risulta oggi esteso fino a ricomprendere anche l’avviso per l’udienza preliminare, valorizzando il profilo teleologico e non nominalistico dell’atto che deve essere preordinato all’instaurazione di un valido contraddittorio, Cass. Sez. Un., sent. 9 luglio 2003, in Cassazione Penale, 2003, pag. 3702.

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funzionali al processo, fra i quali si colloca la sub-fase della formazione del fascicolo per il dibattimento. In questi termini, si deduce che la violazione del contraddittorio, ledendo il diritto di difesa delle parti, viola inoltre le modalità di formazione del fascicolo previste dall’art. 431 c.p.p., condizionando scelte difensive che necessariamente si ripercuotono sul dibattimento, determinandone una nullità. Dato che il legislatore riconosce alle parti, in questa fase di preparazione del dibattimento, sia un diritto di intervento per valutare gli atti da trasmettere al giudice del dibattimento, sia un diritto ad operare attraverso il “consenso”46 scelte di “strategia processuale”47, le relative violazioni vanno ricondotte alle nullità previste dall’art. 178, lett. c) c.p.p.

Ciononostante, la sentenza de qua48 esclude il verificarsi di una nullità ex art. 178, lett. c) c.p.p. poiché, a detta della Corte, l’omessa instaurazione del contraddittorio nel momento della formazione del fascicolo, non determinerebbe una violazione delle garanzie difensive, in quanto le parti non subirebbero lesioni dei loro diritti potendo esercitare scelte equivalenti prima del dibattimento. L’opinione della Corte si basa sul fatto che la legge Carotti non ha previsto l’abrogazione del quarto comma dell’art. 491 c.p.p.,

46

Attualmente “il settore nel quale si registra la più significativa realizzazione della garanzia dell’intervento dell’imputato resta quello della gestione di poteri

dispositivi attraverso lo strumento del consenso” : “il consenso” dell’imputato realizza una forma di “contraddittorio implicito” , così P.P. Paulesu, sub. art. 178, in Commentario breve al codice di procedura penale, a cura di G. Conso – V. Grevi, Padova, 2005, pag. 496.

47 P.P. Paulesu, sub. art 178, in Commentario breve al codice di procedura penale, a

cura di G. Conso – V. Grevi, Padova, Cedam, 2005, pag 496. 48

La Corte porta a sostegno delle proprie conclusioni la decisione della Sez. V del 12 maggio 2004, che dichiara la non abnormità del provvedimento con cui il GUP rifiuta di fissare un’apposita udienza per la formazione ( come previsto, se richiesta dalle parti ex art. 431 c.p.p) “atteso che l’eventuale violazione degli obblighi conseguenti alla previsione non è atta a determinare un irreversibile danno ai diritti di difesa…”. Non si tiene conto, però, della diversità delle due previsioni contenute nell’art. 431 c.p.p. : la fissazione di un udienza ad hoc, infatti, non è essenziale all’instaurarsi del contraddittorio, ma soltanto ad agevolare l’attività delle parti che può egualmente svolgersi in coda all’udienza preliminare.

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27

lasciando alle parti, al contrario, la possibilità di proporre questioni sulla formazione del fascicolo e presentare richieste di inclusione od esclusione di atti probatori delle indagini anche al giudice del dibattimento49. La scelta opera dal legislatore di mantenere il controllo differito sulla formazione del fascicolo, attraverso l’art. 491 c.p.p., non può considerarsi per le parti come una seconda opportunità per predisporre ed influire sulla formazione del fascicolo, altrimenti, se questa fosse la ratio legis, la modifica dell’art. 431 c.p.p. si risolverebbe in un doppione normativo, creando un inutile e notevole appesantimento dell’udienza preliminare, facendo svanire quella sua nuova funzione di “filtro” del procedimento penale. Ecco che allora le questioni sul fascicolo ai sensi dell’ art. 491 c.p.p. dovrebbero essere limitate a quelle che non hanno ricevuto alcuna risposta o a quelle situazioni sorte successivamente alla conclusione dell’ udienza preliminare. Per questo motivo la tutela del diritto di difesa deve essere garantita non solo nel dibattimento, ma anche nella fase degli atti preliminari ad esso (art. 465-469 c.p.p.), nella quale il giudice si trova ad assumere decisioni in base al materiale contenuto nel fascicolo formato ex art. 431 c.p.p.

Poiché l’accordo che legittima l’inserimento nel fascicolo di atti non ammissibili ex art. 431, comma 1 c.p.p. interviene solo fra le parti consenzienti, si offre l’opportunità anche alle altre parti di esaminarli per sollevare le proprie obiezioni, cosa che non sarebbe possibile o, quantomeno, sarebbe inopportuna, qualora il fascicolo per il dibattimento non si reputasse completo, ma completabile ex art. 491 c.p.p. Occorre a questo punto chiedersi fino a che punto un fascicolo mal formato si ripercuote sulle scelte del giudice dibattimentale nel

49 Si aggiunge nella motivazione della decisione in commento che, in ogni caso,

l’eventuale erroneo inserimento di un atto assunto in violazione di specifici divieti probatori nel fascicolo del dibattimento non preclude la possibilità di eccepirne l’inutilizzabilità ai sensi dell’art. 191 c.p.p. in qualunque momento del giudizio.

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caso le parti richiedano l’assunzione di prove non rinviabili osservando le forme previste per il dibattimento, così come disposto dall’art. 467 c.p.p. Tali prove però, per poter essere valide, devono necessariamente essere connotate dal carattere dell’urgenza, dato che é sull’esistenza di questo presupposto che deve vertere la valutazione del giudice nel decidere se accogliere o meno la richiesta50. Tale caratteristica di urgenza non dovrebbe, invero, riconoscersi a tutte quelle prove che sarebbero state richiedibili nella fase precedente ovvero che possano essere assunte, senza conseguenze, in dibattimento51, luogo in cui il giudice deve, quindi, valutare questo requisito alla luce degli atti processuali contenuti nel

fascicolo per il dibattimento formato nel rispetto dell’art. 431 c.p.p. In realtà, la decisione che può essere maggiormente influenzata dal

contenuto del fascicolo per il dibattimento è sicuramente la sentenza di non doversi procedere, ai sensi dell’ art. 469 c.p.p. Dal tenore della norma è chiara la valutazione che deve compiere il giudice prima di procedere: rilevata la causa di improcedibilità o l’estinzione del reato, egli deve valutare, ai sensi dell’art. 129, comma 2, c.p.p., se sussistano gli elementi che impongono l’obbligo di un’assoluzione perché il fatto non sussiste, l’imputato non lo ha commesso, il fatto non costituisce reato ovvero il fatto non è previsto dalla legge come reato, poiché, in tal caso, dovrà procedere a dibattimento.

50

A. D’Andria, sub. art. 467, in Codice di procedura penale, Rassegna di

giurisprudenza e di dottrina, V. II, diretto da G. Lattanzi – E. Lupo, Milano, 2003, pag. 8; sottolinea come l’intitolazione della rubrica “Atti urgenti” aggiunge “una delimitazione supplementare rispetto alle fattispecie elencate nell’art. 392 c.p.p., chiarendo che la ratio dell’assunzione anticipata è basata solo sul rischio di dispersione della prova e non anche sull’opportunità di assicurare la concentrazione dibattimentale”.

51 In proposito, M.G. Coppetta, pone in evidenza il diverso grado di conoscenza che

possiedono, in questa fase interinale, le parti e il giudice: infatti, solo le prime sono legittimate a presentare l’istanza perché hanno una visione completa del quadro processuale dal quale può emergere l’urgenza di assumere una prova; lo stesso non è per il giudice il cui sapere si limita al contenuto del suo fascicolo.

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29

L’art. 469 c.p.p. disciplina, quindi, un momento giurisdizionale nel quale si richiede al giudice di operare delle scelte allo stato degli atti, sulla scorta del materiale probatorio contenuto nel fascicolo per il dibattimento52. Prima della “legge Carotti”, gli elementi di prova disponibili erano così pochi e tassativi da giustificare un’eccezione di incostituzionalità dell’articolo, ma nonostante quel quadro legislativo, la Corte Costituzionale ebbe a dichiarare infondata la questione53, escludendo che il giudice, nella fase pre-processuale potesse aver accesso, oltre che agli atti contenuti nel fascicolo per il dibattimento, anche a quelli del fascicolo del Pubblico Ministero. Stabilita dunque la non estensione della conoscenza del giudice oltre i limiti del contenuto del suo fascicolo, appare evidente il rilievo che assumono oggi le modifiche apportate all’art. 431 c.p.p. in rapporto all’art. 469 c.p.p., poiché é grazie alla possibilità introdotta per le parti di partecipare in contraddittorio alla formazione del fascicolo, che esse sono in grado di orientare la conoscenza del giudice oltre gli atti tassativamente indicati dal primo comma. Appare allora evidente come il mancato instaurarsi del contraddittorio ex art. 431 c.p.p. possa avere ricadute negative sul diritto di difesa dell’imputato: se i presupposti per il proscioglimento ex art. 469 c.p.p. debbono risultare dal fascicolo, una sua irregolare composizione si traduce in una conoscenza errata della situazione processuale. Accertato che la violazione dell’art. 431 c.p.p. determina una nullità a regime intermedio che si sana nei termini di cui all’art. 180 c.p.p.54, occorre

stabilire quali siano gli effetti della relativa declaratoria.

52 A. Conz, “Declaratoria di non punibilità per prescrizione del reato: limiti al

sindacato del giudice in Cassazione”, in Diritto penale e processo, 2006, pag 1268.

53 Corte Cost. 21 febbraio 1992, n. 91, in Riv. It. dir e proc. penale, 1993, pag. 339. 54 Opinione contraria è quella del Trib. Milano, Sez. IX, ord. 16 febbraio 2001, in

Diritto penale e processo, 2008, che pur qualificando il vizio in oggetto come nullità a regime intermedio, ne colloca la rilevabilità in sede di questioni preliminari, tra le eccezioni “concernenti il contenuto del fascicolo” ai sensi dell’art. 491 c.p.p.

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Data la regola generale stabilita dall’art. 185 c.p.p. per cui la nullità di un atto rende invalidi gli atti consecutivi che dipendono da quello dichiarato nullo, occorre stabilire, nel caso in esame, quali atti possono considerarsi consecutivi. Non lo sono sicuramente quelli del giudizio, che risulta validamente instaurato, visto che il decreto che lo dispone, pronunciato a conclusione dell’udienza preliminare, precede l’udienza di formazione del fascicolo, rappresentandone la premessa. Ciò che, invece, risulta affetto da nullità é lo stesso fascicolo, cosicché nei confronti del giudice del dibattimento graverà l’onere di restituire gli atti al G.U.P. perché proceda di nuovo e, questa volta, correttamente, alla sua formazione in udienza e, in primis, nel contradditorio delle parti55. Per tali motivi, al giudice del dibattimento non potrà essere consentito disporre direttamente la rinnovazione dell’atto nullo, dovendo egli restare estraneo alla formazione di tale fascicolo, posto che la sua funzione è necessariamente quella di filtrare le sue conoscenze all’inizio del dibattimento56. In relazione alla stessa problematica, sebbene in caso di giudizio abbreviato, la Cassazione57 ha affrontando la controversa problematica relativa alla formazione del fascicolo all’interno di tale rito speciale, esprimendosi con una decisione che non soltanto riconosce la necessità di ricorrere alle forme previste dall’art. 431 c.p.p. nel momento dell’instaurazione del procedimento speciale in

55 La Corte di Cassazione, investita direttamente del problema in sede di

risoluzione del conflitto tra Tribunale di Pistoia e Corte d’Appello, con sentenza 9 novembre 2005, n. 42575, si pronuncia per la nullità del fascicolo irregolarmente formato, e individua il giudice competente per rinnovare l’atto; la Cassazione, infatti, da un lato dispone l’annullamento senza rinvio dell’ordinanza del Tribunale di Pistoia, nella parte in cui dichiara la nullità del decreto che dispone il giudizio emesso dalla Corte d’Appello di Firenze, dall’altra, dichiara la competenza di quest’ultima per la formazione del fascicolo per il dibattimento, inviandole agli atti. 56 T. Procaccini, “La formazione del fascicolo per il dibattimento in assenza del

contraddittorio fra le parti”, in Diritto Penale e processo, 2008, n. 3, pag 337 ss.

57

Cass., Sez. III, 23 maggio 2002, n. 221702, in nota di T. Procaccini, “La formazione del fascicolo per il dibattimento in assenza del contraddittorio fra le parti”, in Diritto penale e processo, n. 3/2008, pag. 348.

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31

questione, bensì ricollegandovi anche la nullità del decreto di citazione, sostenendo che gli atti debbano essere restituiti al giudice dell’udienza preliminare affinché “provveda ad un adempimento ingiustificatamente disatteso”.

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3. IL CONTENUTO DEL FASCICOLO PER IL DIBATTIMENTO: le categorie eterogenee disciplinate dal primo comma

dell’art. 431 c.p.p.

Il nostro codice di procedura penale detta un elenco tassativo degli atti che obbligatoriamente devono essere inseriti nel fascicolo per il dibattimento, ovvero tutti quegli atti che, compiuti prima del dibattimento, si sono formati nel contraddittorio tra le parti o che sono nati fin dall’origine come “non ripetibili”58. L’attività di formazione del fascicolo, come già accennato, veniva svolta, ante riforma, in assenza di contraddittorio e la miglior prassi voleva che il decreto di rinvio a giudizio contenesse anche le prescrizioni rivolte dal g.u.p. alla cancelleria in ordine agli atti da inserirvi. A seguito della modifica apportata dal legislatore, oggi l’attività svolta nella fase delle indagini va a formare un’appendice del verbale di udienza preliminare in cui si dà atto, dopo la lettura del decreto che dispone il giudizio, del fatto che il contenuto del fascicolo per il dibattimento sia stato formato nel contradditorio tra le parti, le quali possono, ai sensi del secondo comma dell’art. 431 c.p.p., concordare l’acquisizione, all’interno del medesimo fascicolo, di atti contenuti nel fascicolo del pubblico ministero (ovviamente diversi da quelli previsti nel primo comma dello stesso art. 431 c.p.p.), nonché della documentazione relativa all’attività di investigazione difensiva. L’altra novità di fondamentale importanza introdotta dal legislatore del 1999 è contenuta nel secondo alinea del comma primo della disposizione in esame, secondo la quale è sufficiente che una delle parti ne faccia richiesta perché il g.u.p. sia tenuto a fissare, per la formazione del fascicolo dibattimentale, una nuova udienza non oltre

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33

quindici giorni dalla precedente. Il termine stabilito dalla norma ha natura ordinatoria, perciò nulla vieta che essa venga svolta in un momento successivo al quindicesimo giorno. La caratteristica di tale nuova udienza è quella di essere considerata come un prolungamento dell’udienza preliminare, con la conseguenza che debba ritenersi ivi necessaria la presenza del p.m. e del difensore dell’imputato. Nel caso in cui quest’ultimo ovvero la persona offesa non siano presenti al momento della pronuncia e della lettura del decreto che dispone il giudizio non avranno diritto ad essere avvisati della nuova udienza, alla quale possono scegliere, in ogni modo, di

partecipare59.

In merito alla possibilità per le parti di chiedere al giudice la fissazione di tale udienza “intermedia”, la Suprema Corte60 ha, inoltre, ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale degli art. 431 e 429 c.p.p. in relazione all’art. 179 c.p.p., per asserito contrasto con gli artt. 24 e 111 Cost., nella parte in cui detto articolo non prevede sanzioni processuali qualora il giudice non dia seguito alla stessa e provveda invece immediatamente, in chiusura dell’udienza preliminare e nel contraddittorio tra le parti, alla formazione del fascicolo per il dibattimento. Scopo della nuova udienza, come si è accennato, è infatti quello di favorire e anticipare il più approfondito confronto tra le parti sugli atti spendibili nel dibattimento, sebbene le medesime conservino inalterata la facoltà di proporre ogni relativa questione anche in una fase successiva, mediante lo strumento delle cosiddette questioni preliminari, ai sensi dell’ art. 491, secondo comma c.p.p., cosicché il diritto di difesa possa dunque

59

R. Bricchetti, Sub. art. 431, in Codice di procedura penale commentato, G. SPANGHER – A. GIARDA, vol. II, Milano, Ipsoa, 2010, pag. 5427.

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34

completamente dispiegarsi anche qualora l’udienza intermedia, sebbene richiesta, non venga celebrata61.

Fatta questa premessa è all’uopo necessario passare all’analisi delle singole fattispecie trattate dall’art. 431 c.p.p., in particolare quelle

poste al suo primo comma.

Secondo quanto disposto dalla lettera a) dell’articolo in esame, devono trovare inserimento nel fascicolo per il dibattimento tutti gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale e all’esercizio dell’azione civile. In altri termini, si tratta di atti che non hanno alcuna funzione probatoria, bensì di impulso processuale, per cui la loro acquisizione ha come scopo quello di consentire al giudice la verifica sull’esistenza delle condizioni di procedibilità (art. 511, comma quarto c.p.p.), non rendendo quindi possibile l’utilizzazione del loro contenuto a fini probatori. Rientrano tra gli atti relativi alla procedibilità dell’azione penale: la querela (art. 336 c.p.p. ); l’istanza di procedimento (art. 341 c.p.p.); la richiesta di procedimento (art. 342 c.p.p.); l’autorizzazione a procedere (art. 343 c.p.p.); i verbali delle querele ed istanze di procedimento presentate oralmente redatti dalla p.g. (art. 357 comma 2, lett a) o dal p.m. (art.373 comma 1, lett a); gli atti di p.g. o del p.m. diretti all’acquisizione della notizia di reato (ricezione di denunce o di informazioni); gli atti di p.g. diretti alla comunicazione ex art. 347 della notizia stessa al p.m. ed, infine, le cosiddette relazioni di servizio (sulle quali si approfondirà in seguito).

61

R. Blaiotta, Indagini preliminari, in Codice di procedura penale, Rassegna di giurisprudenza e di dottrina, G. Lattanzi – E. Lupo, Vol. IV, 2003 – 2007, pag. 697.

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3.1. La querela: una condizione di procedibilità all’interno del fascicolo dibattimentale

In merito agli atti da inserire nel fascicolo dibattimentale ai sensi della lettera a) dell’art. 431 c.p.p. troviamo, in primis, la querela. Al fine di comprendere il ruolo rivestito da tale condizione di procedibilità all’interno del fascicolo processuale, è necessario comparare tale disposizione con l’art. 511, comma 4 c.p.p., il quale consente la lettura in dibattimento delle dichiarazioni orali di querela o d’ istanza “ai soli fini dell’accertamento dell’esistenza della condizione di procedibilità”, dal quale si deduce che la medesima è perciò utilizzabile solo allo scopo di accertare la titolarità del diritto, la tempestività nel deposito dell’atto, nonché la manifestazione della volontà di querelarsi e le formalità da osservarsi in ordine alla presentazione dell’atto innanzi all’autorità competente. Anche la giurisprudenza62 della Suprema Corte, in una recente pronuncia, ha precisato che la querela può trovare ingresso nel fascicolo del dibattimento “ai soli fini della procedibilità dell’azione penale”, per cui il giudice non può trarre da essa elementi di convincimento ai fini della ricostruzione storica della vicenda. La sua funzione è quella di consentire all’autorità giudiziaria la sicura individuazione del fatto – reato e di manifestare l’istanza di punizione in ordine al medesimo fatto63. Posto che la querela si presenta come una manifestazione di volontà tesa a rimuovere un ostacolo alla perseguibilità di determinati reati, il documento mediante il quale tale volontà viene manifestata ha la funzione di impulso processuale e, per tale motivo,

62 Così Cass. pen., sez. IV, sent. 22 ottobre 2012, n. 41193, in Osservatorio Corte di

Cassazione, a cura di F. Peroni, in Diritto Penale e processo, n. 12/2012, pag. 1443.

63

In senso conforme si veda: Cass., Sez. V, 24 marzo 2011, n. 250190; Cass., Sez. VI, 24 maggio 2000, n. 220578.

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deve necessariamente confluire nel fascicolo del dibattimento. Qualora ciò non sia avvenuto, per inerzia o per errore, la materiale allegazione di esso ben può esser disposta anche nel corso del dibattimento, ai sensi dell’ultima parte del secondo comma dell’art. 491 c.p.p.64. Ove neppure ciò sia fatto, nessun equipollente può sostituire le formalità mancanti, perciò sarà, in questo caso, compito del giudice di merito dichiarare sentenza di non doversi procedere

per difetto di querela65. Secondo il parere della Suprema Corte66, fra gli “atti relativi alla

procedibilità dell’azione penale” che, ai sensi dell’art. 431 lett a) c.p.p. vanno inseriti nel fascicolo del dibattimento, rientra inoltre l’attestazione prevista dall’art. 337, comma 4 c.p.p. della data e del luogo di presentazione della querela e dell’avvenuta identificazione del querelante. Ove tali attestazioni, non fossero state per errore inserite in detto fascicolo, la relativa questione potrà essere sollevata nella fase degli atti introduttivi al dibattimento, ai sensi dell’art. 491, secondo comma c.p.p., chiedendo che l’inserimento abbia luogo in

detta sede67.

Nel caso in cui l’acquisizione della querela abbia luogo soltanto in seguito alla chiusura del dibattimento, è la Corte di Cassazione a risolvere il dubbio circa la sua validità, con la sentenza 12 marzo 2010 n. 13595, affermando la “legittimità dell’acquisizione della querela, ai fini della verifica sulla procedibilità dell’azione penale, ancorché effettuata dopo la chiusura del dibattimento data la sua funzione

64

A. GAITO – A. BARGI, Codice di procedura penale annotato con la Giurisprudenza, Torino, Utet ,2007, pag. 1893.

65 R. Bricchetti, Sub. Art. 431, in Codice di procedura penale commentato, A. GIARDA - G. SPANGHER ( a cura di ), Vol. II, 2010, pag. 5431.

66 Cass., Sez. VI, sent. 7 marzo 2000, n. 215655, in R. Bricchetti, Sub. art. 431, in

Codice di procedura penale commentato, A. GIARDA - G. SPANGHER ( a cura di ), Vol. II, 2010, pag. 5430.

67

R. Blaiotta, Indagini Preliminari, in Codice di procedura penale, Rassegna di Giurisprudenza e di dottrina, G. Lattanzi – E. Lupo , Vol. IV, 2003-2007, pag. 700.

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