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Capitolo 3 Area di studio

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Academic year: 2021

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Area di studio

In questo capitolo sarà svolta una breve introduzione geologica e strutturale dell’area in esame, ed una breve introduzione ai target di sfruttamento principali.

3.1

Larderello - Travale: introduzione

L’area geografica indagata per questo lavoro di tesi è situata nella parte Sud-Ovest della Toscana, più precisamente nel complesso ben conosciuto del Larderello-Travale Geothermal Field (L.T.G.F. in seguito) che si estende per circa 50 km di lato tra la

provincia di Pisa e Grosseto (Fig. 3.1).

Facente parte dell’Appennino Settentrionale e con un altitudine media di circa 390 m s.l.m., questa zona è di particolare interesse a causa dell’elevata risorsa geotermica che offre: da sempre lo sfruttamento estrattivo è stato alla base di questi campi tra i più vecchi al mondo e allo stesso tempo tra i più produttivi. Con oltre 4800 GWh annui questi campi producono circa il 10% della produzione geotermica mondiale e il 2% della produzione elettrica italiana [Batini et al. 2003b, Cappetti e Ceppatelli 2005].

Larderello-Travale è un campo geotermico il cui serbatoio è del tipo a vapore dominante. Tali serbatoi sono caratterizzati dalla coesistenza di acqua e vapore, il quale costituisce la fase continua e prevalente da cui dipende la pressione dell’intero serbatoio. I vapori geotermici estratti sono composti per il 95% da vapor d’acqua, il restante 5% prevalentemente da CO2: l’origine dei fluidi è sostanzialmente meteorica, ma studi geochimici recenti hanno confermato l’apporto, in maniera minore, di fluidi termometamorfici e magmatici [D’Amore e Bolognesi 1994; Manzella et al. 1998].

Questi vapori surriscaldati (super-heated) raggiungono temperature di circa 450◦C e relative pressioni litostatiche di 1 Kbar registrati al fondo dei pozzi estrattivi più profondi dell’area [Barelli et al. 2000]. Questi vapori alimenteranno le centrali elettriche e sono, una volta raffreddati, reintrodotti nel sistema geotermico attraverso i pozzi di reiniezione.

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10.0˚E 11.0˚E 10.0˚E 11.0˚E 0 7 14 Depth (km)

Figura 3.1: Inquadramento geografico dell’area di studio (LTGF) utilizzando il pacchetto

software opensource del Generic Mapping Tools (G.M.T) [Wessel e Smith 1998].

3.1.1

Inquadramento geologico & Successione stratigrafica

L’assetto strutturale della Toscana meridionale deriva da due diversi ed opposti processi deformativi: il primo collegato alla convergenza e successiva collisione fra il margine europeo e quello africano (Cretaceo sup. - Miocene inf.); il secondo invece collegato alla tettonica distensiva che, a partire dal Miocene inferiore e medio, ha interessato la parte interna dell’Appennino settentrionale. La tettonica distensiva è accompagnata, nella Toscana meridionale, dalla messa in posto di corpi magmatici, di età neogenico-quaternaria, i quali principalmente derivano da fenomeni di mescolamento tra fusi di origine crostale e mantellica.

Come rappresentato in Fig. 3.2, la successione stratigrafica del campo geotermico di Larderello è così composta [Batini et al. 2003b, Brogi 2005]:

DEPOSITI NEOGENICI & QUATERNARI: sedimenti continentali e ma-rini che ricoprono le depressioni strutturali dovute alla tettonica espansiva dell’area (Miocene sup., Pliocene - Quaternario ).

COMPLESSO LIGURE: complesso che racchiude in sè le unità Liguri e Sub-Liguri. Le unità Liguri sono composte prevalentemente dai resti dal basamento oceanico del Jurassico e i relativi depositi pelagici, mentre le Sub-Liguri (argille e calcari) appartengono ad un dominio paleogeografico interposto tra quello ligure e toscano (Miocene inf.).

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Figura 3.2: Successione tettonico-stratigrafica del LTGF come rappresentata in Bertini

et al. 2006.

FALDA TOSCANA: la successione della falda toscana è una successione pret-tamente sedimentaria, composta da calcari e argille generate dal progressivo annegamento della piattaforma carbonatica Adria da condizioni di mare basso a condizioni pelagiche (Triassico sup. - Miocene inf.) [Carmignani et al. 2001].

COMPLESSO METAMORFICO TOSCANO: a questa successione ci si

riferisce come al substrato impermeabile del campo geotermico. Conosciuto grazie alle perforazioni più profonde (ca. 4, 5 km), questo complesso è diviso principalmente in due unità metamorfiche:

Unità di Monticiano-Roccastrada: a sua volta diviso in tre gruppi lito-logici,

- gruppo del Verrucano: composto prevalentemente da filladi e me-tacarbonati correlati alle litofacies marine, e da quarziti continentali e conglomerati di quarzo (Triassico inf.-med.)

- sottounità di Monte Quoio-Montagnola Senese (o gruppo Quarzitico-Fillitico): composto prevalentemente da filladi e quarziti paleozoi-che.

- sottounita di Monte Leoni-Farma (o gruppo Quarzitico-Fillitico): composto da micascisti a granato e quarziti zonate con anfiboliti; su queste rocce risalenti al paleozoico sono evidenti le deformazioni provocate dall’orogenesi alpina ed ercinica.

Gneiss Complex: composto prevalentemente da gneiss e paragneiss po-limetaformici risalenti a prima dell’orogenesi alpina con intercalazio-ni di anfiboliti e ortogneiss. A differenza delle litologie dell’unita di Monticciano-Roccastrada, non sono registrati gli effetti di nessuna orogenesi.

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Prima del 1980 il vapore estratto nell’area geotermica proveniva da reservoirs posti a profondità comprese tra i 500 − 1500 m in corrispondenza dei carbonati mesozoici della Falda Toscana e dalle alternanze di anidriti e dolomie (Upper Reservoir ; UR). In questo reservoir troviamo gas a temperature di circa 220 − 250◦C.

Attualmente il reservoir più sfruttato è situato ad una profondità di circa 4000 m dal UR ed in equilibrio statico con esso [Casini et al. 2010]. Questo serbatoio risiede nelle rocce metamorfiche del gruppo Fillitico-Quarzitico dell’unità di Monticiano-Roccastrada (Lower Reservoir ; LR) e vi sono contenuti vapori a temperature di 300 − 350◦C e pressioni di circa 7 M P a .

3.2.1

Marcatori sismici

Nelle indagini di sismica a riflessione condotte nel corso degli anni all’interno di LTGF, sono stati individuati due particolari marker sismici [Casini et al. 2010, Bertini et al. 2006]:

- orizzonte K : dai risultati delle indagini geofisiche di sismica a riflessione effettuate nell’area si osserva a profondità variabili tra 3 − 8 km e coincidenti con l’isoterma dei 400 − 450◦C un riflettore sismico continuo (Cameli, Dini e Liotta 1998). L’orizzonte presenta ampiezze sismiche elevate e contenuto spettrale ad alta frequenza; localmente può avere caratteristiche di bright spot (Fig. 3.3).

Diverse ipotesi sono state avanzate sull’origine di questa grossa impedenza sismica: può essere generata dalla presenza di fluidi [Liotta e Ranalli 1999], oppure, come sostenuto da Gianelli [Gianelli, Manzella e Puxeddu 1997], l’origine della riflettività di questo orizzonte va attribuita alla messa in posto dei graniti Quaternari che avrebbero così generato zone di sovrapressioni di fluidi. A favore di quest’ultima ipotesi sussiste il fatto che l’orizzonte K è più profondo ove il gradiente termico è minore, suggerendo una stretta relazione con l’intrusione del corpo magmatico [Batini et al. 2003a]: l’orizzonte K in questo scenario rappresenterebbe il limite reologico fragile-duttile.

- orizzonte H : Questo riflettore, che presenta le stesse caratterisctiche geofisi-che dell’orizzonte K, è posto a profondità inferiori ed è stato individuato a ridosso del Lower Reservoi (LR) a profondità variabili tra 2 − 4 km. I dati di

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Figura 3.3: Esempio di riflettività dell’orizzonte K [Batini et al. 2003b].

perforazione mostrano chiaramente che questo orizzonte è associato all’areola metamorfica di una intrusione granitica pre-Quaternaria [Bertini et al. 2006]. Gli strati più produttivi dell’area si trovano alle profondità proprio di questo orizzonte. L’interpretazione data a questo orizzonte è quella di essere un “orizzonte K fossile”: ovvero rappresentare il top di un’intrusione granitica

Pleistocenica.

Riassumendo, possiamo definire la seguente situazione geologica. Un’intrusione granitica su rocce acide incassanti è avvenuta agli inizi del quaternario ed il top di questa intrusione è rappresentato dall’orizzonte K. L’orizzonte H rappresenta a sua volta il top di un’intrusione granitica precedente al Quaternario (ca. 3, 8 M a) che ha portato alla fratturazione delle rocce incassanti riempite successivamente da acqua di origine prevalentemente meteorica: questo ha permesso la formazione del serbatoio a vapore attualmente sfruttato e più produttivo del LTGF.

L’orizzonte K, in conclusione, può rappresentare una grossa risorsa energetica proprio grazie allo stato di supercriticità dei fluidi contenuti al suo interno, ma lo sfruttamento di questo reservoir deve essere valutata attentamente sia per quanto riguarda l’ingegneria estrattiva, sia per quel che concerne la ricerca scientifica associata allo studio approfondito e alla delimitazione di questo orizzonte [Bertini et al. 2006].

Figura

Figura 3.1: Inquadramento geografico dell’area di studio (LTGF) utilizzando il pacchetto software opensource del Generic Mapping Tools (G.M.T) [Wessel e Smith 1998].
Figura 3.2: Successione tettonico-stratigrafica del LTGF come rappresentata in Bertini et al
Figura 3.3: Esempio di riflettività dell’orizzonte K [Batini et al. 2003b].

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