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2. MIKE BARTLETT PRIMA DI

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Academic year: 2021

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2. MIKE BARTLETT PRIMA DI 13: DALL' APPARENTE SEMPLICITÀ ALL'EVIDENTE COMPLESSITÀ

2.1 La carriera: dalla radio al National Theatre

Mike Bartlett è nato il 7 ottobre 1980 a Oxford ed è cresciuto nella vicina cittadina di Abingdon. Pur non provenendo da una famiglia che apparteneva al mondo dello spettacolo, la madre è preside e il padre psicologo, Bartlett ha seguito da subito la sua inclinazione verso il teatro e dopo aver frequentato la Abingdon Boys School si è laureato all'Università di Leeds in English and Theatre Studies. Già da studente ha scritto e diretto varie pièce, alle quali talvolta ha anche partecipato come attore.

Dopo l'università si è trasferito a Londra e ha formato con altri cinque amici scrittori il gruppo chiamato The Apathists, che si riuniva ogni primo lunedì del mese al Theatre 503 di Battersea per scrivere e provare pezzi inediti. Gli incontri sono andati avanti per un anno e sono stati un momento di crescita importante per l'autore. Si trattava infatti di un laboratorio creativo in cui ognuno era libero di sperimentare a piacimento con forma e contenuto, senza alcun tipo di vincolo perché “we were allowed to fail”1. Per ammissione dello stesso Bartlett, il 50% delle cose

prodotte era spazzatura ma la restante metà era piuttosto buona ed interessante era soprattutto il confronto comune, utilissimo per acquistare consapevolezza e diventare più sicuri nella scrittura.

I primi approcci con il teatro professionistico arrivano con due opere messe in scena al Fringe di Edinburgo, The Love at Last (2002) e Why People Really Burn (2003), e con la partecipazione nel luglio 2005 al New Voices 24 Hour Plays dell'Old Vic Theatre, dove scrive e mette in scena Comfort in sole 24 ore.

Nel 2006 comincia a scrivere per la radio: vengono trasmessi prima Not Talking, su BBC Radio3, e poi, l'anno successivo The Family Man e Love Contract, entrambi su BBC Radio4. Nonostante negli anni successivi si sia dedicato principalmente al teatro, quello radiofonico è un settore che non ha più abbandonato e in cui si è dimostrato molto produttivo. Vengono infatti trasmessi Liam nel 2009, Heart a maggio del 2011 e The Core a settembre dello stesso anno, tutti ancora su BBC Radio4.

Nel 2012 approda anche in televisione, con la serie crime The Town, in onda su ITV1. La televisione è uno dei suoi interessi principali e sicuramente anche una delle influenze maggiori, insieme a Pinter, sul linguaggio delle sue opere teatrali, a partire da My Child. È ormai un dato di fatto che la quasi totalità delle persone passa la maggior parte del proprio tempo libero non a teatro, ma davanti a una televisione ormai fortemente influenzata, almeno nel settore dell'intrattenimento, dai prodotti americani. Si tratta quasi sempre di serie o film dal ritmo velocissimo, che coinvolgono

1 Intervista radiofonica di Andrew Haydon a Mike Bartlett, podcast disponibile su

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lo spettatore fin dal primo minuto e non gli permettono di annoiarsi in quanto troppo occupato ad assorbire tutte le informazioni che sta ricevendo in modo dinamico e frammentato, e a ricostruire il tutto mentalmente in modo da trovare un filo logico. Proprio questa caratteristica degli show televisivi è ciò che Bartlett cerca di riprodurre nel suo teatro, aggiungendo però tutte le cose che il teatro può fare e la televisione no.

E sicuramente ci riesce con il suo debutto teatrale vero e proprio, My Child, messo in scena nel maggio 2007 al Royal Court Theatre Upstairs, dove ottiene uno straordinario successo di critica e pubblico. Nonostante le esperienze precedenti, infatti, è questa l'opera che l'autore considera la prima produzione abbastanza matura da farlo entrare di diritto nel mondo del teatro professionistico. Da questo momento in poi le rappresentazioni dei suoi lavori si susseguono ininterrottamente: nel 2008 vengono messi in scena Artefacts al Bush Theatre, con il quale vince l'Old Vic New Voices Award, e Contractions, l'adattamento per il teatro della pièce radiofonica Love Contract, al Royal Court. Nel 2009 sempre al Royal Court è la volta di Cock, un altro grande successo che lo porta a vincere l'anno successivo un prestigiosissimo Olivier Award.

Nel 2010 diventa Writer-in-Residence al National Theatre dove mette in scena Earthquakes in London, che dal punto di vista stilistico e formale segna, se non il passaggio ad una fase successiva della carriera, sicuramente l'apertura a un nuovo tipo di allestimento rispetto agli spettacoli e ai testi precedenti. In questo stesso anno diventa anche Associate Playwright per la compagnia Paines Plough e proprio da qui partirà una tournée di Love, Love, Love, commedia con cui continua la sua esplorazione della famiglia e del rapporto più speciale ma spesso anche più faticoso che esista: quello tra genitori e figli.

Il 2011 è l'anno di 13, che prosegue lungo il filone inaugurato da Earthquakes in London e che analizzeremo dettagliatamente in uno dei paragrafi successivi, e per concludere nella primavera del 2013 è stato messo in scena il suo lavoro più recente, Bull, che torna ad affrontare il tema della competitività ormai brutale in alcuni posti di lavoro, usando ancora una volta una modalità rappresentativa che ricalca un programma Tv, questa volta il reality di ultima generazione The Apprentice.

2.2 Uno stile pulito ed essenziale: Not Talking e Contractions.

Pur essendo cronologicamente intervallati da altri testi, Not Talking e Contractions condividono alcune caratteristiche che giustificano il loro inserimento in un'analisi comune.

Innanzitutto il rapporto con la Radio. Not Talking è un testo radiofonico trasmesso nel 2006 da BBC Radio 3 e vincitore di ben due premi: il Writer's Guild Tinniswood Award come migliore sceneggiatura originale di un dramma radiofonico e il Society of Authors' Imison Award per il miglior debutto radiofonico. Contractions invece è un testo scritto esplicitamente per una

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rappresentazione scenica ma che deriva dall'adattamento di una precedente opera radiofonica, Love Contract, anch'essa andata in onda su BBC Radio l'anno precedente all'approdo al teatro.

Per quanto riguarda la struttura dei due testi, entrambi non presentano una classica divisione in atti e scene, ma soltanto un susseguirsi di “parts”: 11 in Not Talking, ognuna segnalata con Part e il numero corrispondente, e 14 in Contractions, dove perfino la dicitura “Part” viene eliminata e sostituita da semplici numeri. Si tratta sempre di scene brevi, dalla mezza pagina (solo tre battute, tanto formali e apparentemente normali quanto cariche di significato implicito, pronunciate dalla manager nello spezzone 12 di Contractions a cui Emma risponde molto significativamente con un conato di vomito) a un massimo di otto pagine (il primo incontro/scontro di James e Mark nello spezzone 8 di Not Talking).

Il ritmo dei due testi, però, differisce significativamente anche perché la costruzione è totalmente diversa. In Not Talking troviamo quattro personaggi (una coppia di anziani, James e Lucy, e una coppia di giovani soldati, Mark e Amanda) che però non dialogano mai tra loro. In ogni parte infatti troviamo due personaggi (eccetto nello spezzone numero 9 in cui ascoltiamo un monologo di Lucy e nel numero 11, il finale, in cui si raccolgono tutti insieme per l'epilogo) che si rivolgono a un interlocutore non specificato e narrano ognuno la propria storia, o meglio il proprio punto di vista di una storia comune, rivelando dettagli sconosciuti agli altri e che permettono al lettore/ascoltatore di avere una visione d'insieme della vicenda e ricostruire il filo della storia, comprendendo le motivazioni che hanno spinto i vari personaggi ad adottare determinati atteggiamenti. Così scopriamo che James e Lucy si sono sposati giovanissimi, hanno provato ad avere un figlio, l'hanno perso e per questo si sono irrimediabilmente allontanati e lo scopriamo perché entrambi ce lo raccontano, anche se con modo e ritmo molto diversi tra loro: James arriva subito al punto, è molto diretto e descrive apertamente i suoi sentimenti, le sue aspettative per il futuro; Lucy invece parla di episodi apparentemente insignificanti, ma dai quali traspare ugualmente un'angoscia che viene esternata in modo più implicito, per esempio mettendoci a conoscenza del suo continuo grattarsi la pancia oppure nel pronunciare per prima e subito in apertura le due parole chiave di tutta l'opera, “not talking”. Tutto il testo infatti è costruito sull'alternarsi di musica e silenzi, di comunicazione verbale e non verbale. Il silenzio appare inizialmente con una connotazione positiva, esprime la comprensione tra due persone che si amano: James e Lucy hanno appena deciso di avere un bambino e si abbracciano davanti a un magnifico panorama, le parole sono decisamente superflue; col passare delle scene, però, questo silenzio complice che sembra promettere un futuro felice si trasforma prima in incomunicabilità e successivamente nell'unica forma possibile di ribellione. Lampante l'antenato teatrale da cui Bartlett ha imparato a utilizzare questa modalità comunicativa dei propri personaggi, si tratta di Harold Pinter, il maestro dei silenzi pieni, che spesso diventano battute vere e proprie addirittura più

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impregnate di significato del parlato, ma anche della memoria e della rievocazione che pure in Not Talking giocano un ruolo fondamentale.

Nella parte numero 2 inizia invece il racconto della storia di Mark e Amanda, anch'essa divisa nelle stesse identiche tre fasi: il primo incontro, la crisi che peggiora sempre di più fino a sfociare nella completa ribellione di lei e poi nella rottura definitiva. Anche in questo caso gli stessi momenti sono narrati da due voci che esprimono due punti di vista diversi sia per ritmo che per sensibilità emotiva: Mark è più concitato e grossolano nel descrivere gli eventi (Amanda per lui è “hotty” e tutti i suoi compagni “wanted to do her”), Amanda invece narra più lentamente e rimane indietro rispetto al racconto di Mark perché descrive tutto con più attenzione, maggiori dettagli e più dolcezza (Mark per lei è “What's the word... like... innocent”, poi si corregge “No. Endearing”). L'influenza di Pinter continua ad emergere prepotentemente, basti pensare all'impianto formale di Landscape, con i componenti della coppia di mezz'età impegnati ognuno nel proprio monologo, alla mancanza di interazione fisica e linguistica tra i personaggi e alla rievocazione del passato.

Man mano che si procede i parallelismi tra le storie delle due coppie si fanno più evidenti. Mark e James raccontano le scelte che hanno condizionato tutte le loro vite: il primo, cresciuto da una madre che gli faceva torte di compleanno a forma di pistola e gli inviava biglietti di auguri a forma di bazooka, decide di arruolarsi nell'esercito, il secondo invece sceglie l'obiezione di coscienza al tempo in cui farlo significava essere bollato come codardo e finire in carcere. Poi è la volta di Amanda e Lucy: la ragazza si vergogna di essere stata stuprata e decide di non parlare dopo le minacce subite dai suoi superiori ma soprattutto perché “I'm not a victim”2; l'anziana signora

invece si vergogna prima perché suo marito non è partito per la guerra e poi perché scopre che ha un'altra e decide di non parlare perché “nothing needed to be said”3. Entrambe si vergognano per

degli atti che non sono state loro a compiere ed entrambe decidono di andare avanti ignorando l'accaduto anche se vorrebbero che qualcuno chiedesse loro cosa c'è che non va (Amanda spera che sia la mamma di Mark al loro primo incontro ad accorgersi del suo dolore, Lucy invece spera che sia James dopo che lei ha scoperto la sua relazione). Giunte alla conclusione che far finta di niente è impossibile, entrambe decidono di esprimersi attraverso il pianoforte, pienamente consapevoli che il messaggio che vogliono trasmettere arriverà a destinazione anche utilizzando un linguaggio alternativo a quello verbale. Tra i loro due silenzi però c'è una grande differenza: Lucy non parla perché anche stavolta, come all'inizio, sa che non ce n'è bisogno e lo afferma con convinzione, “I made sure that every day, when he came home at 7 o'clock, I was playing. And because I never used to play before, and because I did it every day now, he became aware that I knew exactly what he was up to, he knew what I meant4”. E alla fine vince la sua battaglia senza dire un parola perché 2 BARTLETT M., Plays I, London, Methuen Drama. 2011, p.27 Le note successive si riferiscono allo stesso testo. 3 Ivi., p.21

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James un giorno torna a casa e le dice che non ci saranno più incontri con la sua amante. Anche il silenzio di Amanda potrebbe sembrare una libera scelta, ma in realtà non è così: Lucy non parla perché sa che non ce n'è bisogno e quindi decide lei stessa di non farlo, Amanda invece non parla nonostante ne abbia un disperato bisogno, in parte perché le è stato ordinato di non farlo, ma soprattutto perché non ci riesce.

In tutte le scene, comunque, i personaggi spesso si interrompono a vicenda, lasciando in sospeso frasi che a seconda dei casi sfumano, lasciando a chi legge o a chi ascolta il compito di immaginarne la conclusione, oppure proseguono nelle battute successive. Il ritmo della narrazione è abbastanza costante e sempre piuttosto blando, con battute lunghe e vari monologhi. Un'unica notevole accelerazione si ha nello spezzone numero 10 in corrispondenza del momento di massima tensione della storia: qui le battute si fanno molto più brevi e concitate. La sintassi è prevalentemente paratattica anche se non mancano costruzioni più complesse, con subordinate soprattutto di tipo temporale, data la natura narrativa del testo, e causale. Spesso vengono riportati interi dialoghi a cui i personaggi hanno preso parte in passato con l'indicazione didascalica di riferirli con la voce di chi effettivamente li aveva pronunciati. Nella parte numero 3, ad esempio, Mark ci racconta la sua conversazione con il suo sergente in questi termini:

Mark Then he said:

(In the voice of the Sergeant) 'Have you told your girlfriend what you saw that night?' I was shit scared. 'No sir. I haven't told anyone. She doesn't know anything about it'. Then he laughed at me. Says:

(In the voice of Sergeant) 'Yes she does. Hasn't she told you?' 'Told me what... sir?'

(In the voice of Sergeant) 'Didn't you recognise her, you little tosser. Didn't you wonder why she's dragging herself around with a face like a slapped harse?'5

E così di seguito. Le didascalie sono pochissime, la maggior parte per indicare l'inizio o la fine della musica di sottofondo, che secondo le indicazioni dell'autore dovrebbe accompagnare tutta la messa in onda, eccetto nelle parti 5 e 9, dove la protagonista assoluta è sempre Lucy (part 9 addirittura è l'unica composta interamente da un solo monologo pronunciato proprio da Lucy) e nella 10, dove viene sventato l'omicidio di Amanda e al posto del pianoforte abbiamo come indicazione di sottofondo il “sound of the barracks”. La musica di sottofondo è usualmente quella di un pianoforte ma in alcune occasioni sono segnalate canzoni precise, come la vecchia e gracchiante registrazione di Me and My Girl che apre l'opera. Il resto delle didascalie descrive, oltre al tono di voce, i suoni in lontananza, che compaiono soltanto quando a parlare c'è anche Mark, l'unico personaggio che talvolta deve urlare. Si tratta sempre di suoni bruschi e secchi: il rumore di un fucile buttato sul tavolo, una porta che sbatte, suoni di una vita abitudinaria e assuefatta alla violenza, la vita di un soldato.

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In Contractions, invece, i personaggi sono soltanto due, entrambe donne, colleghe di lavoro, ma non pari ruolo. Emma, tra i 25 e i 30 anni, è la dipendente di una grande azienda, mentre la Manager, che ha passato i 40, è il suo diretto superiore. In questo caso il testo è tutto costruito sul confronto tra le due, in un mondo in cui vigono regole precise e in cui i due personaggi si affrontano una mossa dopo l'altra giocando come in una partita di poker. Inizialmente Emma attraversa la porta dell'ufficio credendo di avere una chance, degli assi nella manica da poter sfoderare in questa partita senza esclusione di colpi, ma man mano che andiamo avanti assistiamo alla sua perdita di sicurezza e capiamo che il suo destino è già deciso e che perderà molto di più di quello che pensava di aver messo nel piatto.

Anche qui abbiamo battute molto brevi, eccetto quando la Manager si dilunga nel leggere le definizioni presenti sul contratto aziendale, facendo suo una sorta di burocratese che sembra l'espressione dei buoni valori e della comprensione, ma che in realtà sottolinea la morbosità di questo controllo aziendale e una volontà assoluta di sottomettere il dipendente che non accetti di mettere da parte la propria vita privata. La ripetizione degli stessi termini contribuisce a dare l'impressione che Emma si stia scontrando con uno schema rigido e predeterminato, e che di fronte a lei si trovi un automa piuttosto che un altro essere umano. Emma invece parla un linguaggio realistico, quotidiano, all'inizio è sorpresa da quella che sembra un'inquisizione immotivata, e nel procedere del testo i suoi stati d'animo cambiano di volta in volta. Nonostante alcuni tentativi iniziali di quello che potrebbe essere un bluff (“If I thought we had done something, anything, romantic I would tell you. As we discussed. As in my contract. But as far as I am concerned, I have never done anything romantic with Darren Glennister”6), le sue emozioni sono sempre facilmente

intuibili dalle sue parole e dai suoi atteggiamenti.

Tutto il testo è volutamente ripetitivo. L'ambiente è sempre lo stesso, i personaggi sono sempre gli stessi, anche la struttura dei dialoghi è sempre la solita, passano interi mesi ma si ripete sempre la stessa qualità formulare, un chiaro debito verso un altro degli ispiratori teatrali dell'autore: Samuel Beckett. Anche in questo testo di Bartlett, infatti, la ripetizione portata all'estremo sottolinea ancora di più l'importanza dei momenti in cui sono presenti micro-variazioni, all'apparenza insignificanti o casuali, ma in realtà cariche di significato. Allo stesso tempo però c'è un'estrema precisione da parte dell'autore nell'indicare quanto tempo è passato tra il primo e l'ultimo incontro tra le due donne: tutto si svolge in poco più di due anni.

A livello tematico, i due testi sembrano molto lontani tra loro. Nel primo caso, Not Talking, Amanda è un soldato e viene stuprata da alcuni commilitoni. Tutti alla base in cui vive sanno cos'è accaduto, ma nessuno osa parlarne; perfino il suo ragazzo, Mark, che ha assistito al crimine pur non riuscendo a identificare la vittima, si piega alle minacce dei suoi superiori e non denuncia il fatto.

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Amanda reagisce allora chiudendosi in un mutismo assoluto, ma ciò non significa che abbia rinunciato a ribellarsi all'ingiustizia subita. Non potendo usare le parole, si affida ad un altro mezzo di comunicazione: la musica. Attraverso il suono di un pianoforte sfoga il suo dolore e al tempo stesso ricorda a tutti di essere colpevoli di non aver agito; sarà l'arrivo di James, il nonno di Mark, totalmente estraneo all'ambiente militare, a cambiare le cose. Sarà lui l'unico in grado di rompere il muro di omertà che la circonda e addirittura a salvarle la vita (i suoi stupratori avevano infatti deciso di ucciderla simulando un suicidio per scongiurare definitivamente il pericolo di una denuncia).

In Contractions, invece, Emma lavora per una grande multinazionale dedita esclusivamente al profitto e disciplinata da un severissimo regolamento interno che vieta relazioni sentimentali tra colleghi. La ragazza si trova di fronte una manager completamente deumanizzata, che non mostra per lei la minima empatia, una sorta di grande fratello aziendale che tutto sa e tutto decide ma che rifiuta tassativamente di accollarsi qualsiasi tipo di responsabilità:

Manager But if you leave employment without an agreed resignation we will sue you for breach of contract.

Emma You'll sue me.

Manager Yes.

Emma You.

Manager The company.

Emma You.

Manager The company.

Emma No.

You.

You're a person.

You could just let me go. If you wanted to.

Manager This is policy.

Emma No. You're making a decision.

Manager I'm following the policy.7

Sottoposta a una escalation di violenza psicologica, Emma per mantenere il suo lavoro dovrà alla fine sacrificare il suo amore per Darren, in un crescendo di surrealismo che porterà alla morte del figlio di circa un anno e alla completa sottomissione dell'impiegata alla dittatura aziendale. Il fatto che la tipologia di linguaggio rimanga la stessa dall'inizio alla fine, ovvero un modo di esprimersi, sia esso quotidiano o burocratese, sempre realistico, contribuisce ad accentuare la percezione che con il passare delle scene si assista anche a un cambiamento di direzione verso il surreale e l'assurdo.

A primo impatto i due testi sembrano quindi affrontare dei temi completamente diversi, ma in realtà è possibile riscontrare alcune analogie. Innanzitutto entrambe le protagoniste sono donne, donne che soffrono e si trovano di fronte a una scelta decisiva, che avrà in ogni caso conseguenze

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dolorose sulla loro vita (Amanda ed Emma, ma anche Lucy seppur in misura minore). Hanno oltretutto accanto personaggi maschili deboli, che non influiscono sulle loro decisioni (il povero Darren si fa spedire a Kiev senza battere ciglio) oppure che non si schierano abbastanza dalla loro parte. Non solo, entrambi i testi costituiscono una forte critica a un atteggiamento ben preciso: quello di rifugiarsi dietro alla falsa giustificazione del “non sono io che decido” o della sua variante “stavo solo eseguendo degli ordini”.

Ultima cosa che accomuna i due testi è che entrambi sono costruiti affinché la simpatia dei lettori sia rivolta alle due protagoniste. La solidarietà con Amanda è totale; per quanto riguarda Emma, invece, l'iniziale simpatia provata dal pubblico viene mitigata dal fatto che fino alla fine rimanga il dubbio se sia stata lei oppure no ad uccidere il suo bambino. Questo impedisce al lettore/spettatore di instaurare un rapporto di totale empatia con lei, e anzi lo porta a provare un moto di rabbia di fronte alla sua non ribellione. Il fatto che il testo non chiarisca esplicitamente cosa è successo davvero è fondamentale. Se l'autore avesse fatto una scelta diversa, infatti, il lettore non riuscirebbe più ad immedesimarsi con Emma nemmeno in minima parte, percependo probabilmente le due figure femminili come distanti in egual misura, e tutto il sistema di simpatie distribuite nel testo cambierebbe in modo non trascurabile.

La grande differenza, invece, è il finale. Si tratta di un finale pieno di speranza in Not Talking: Amanda è salva e tutti hanno imparato dai loro errori, tutti hanno capito che “there is nothing worse than not talking. That by not talking you lose someone. You drift”8. Unica eccezione

Mark, che, nonostante tutti i suoi predenti sensi di colpa, continua nel suo cieco ubbidire agli ordini “like soldiers have to” e si aspetta persino che Amanda capisca il suo comportamento.

In Contractions invece ogni speranza è ormai perduta. Emma, dopo aver perso tutta la sua famiglia, non può nemmeno dare le dimissioni perché altrimenti l'azienda la citerebbe in giudizio. Unica possibilità che le rimane è cancellare tutte le proprie emozioni ed andare avanti trasformandosi a sua volta in una manager come quella a cui ha permesso di rovinarle la vita.

2.3 La complessità dell'esordio: My Child.

La trama del debutto teatrale in ambito professionistico di Mike Bartlett è abbastanza semplice: a un padre divorziato, che ha un pessimo rapporto con la ex moglie e con il nuovo marito di lei, viene negato l'accesso al proprio figlio. Questo padre disperato arriverà al gesto estremo del rapimento pur di non rinunciare al suo bambino, ma tutto sarà vano perché il patrigno ritroverà il ragazzo e glielo porterà via.

La semplicità finisce qui. A livello strutturale, infatti, si tratta di un testo molto complesso. Per chi lo legge per la prima volta, senza aver assistito allo spettacolo, la comprensione può non

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risultare immediata a causa dell'elevato numero di personaggi e della costruzione dei dialoghi. D'altra parte l'autore esprime in modo inequivocabile le sue intenzioni nella didascalia iniziale: il pubblico deve avere la sensazione di essere di troppo, di assistere a qualcosa di profondamente personale che dovrebbe svolgersi in privato, tra le pareti di casa e non di fronte a estranei (l'incontinenza di uno dei personaggi, Older Woman, è un esempio lampante). Dal punto di vista formale, queste indicazioni si traducono su più livelli, a partire da quello scenografico. Il Royal Court Downstairs, infatti, è stato trasformato dalla scenografa Miriam Buether nella copia di una carrozza della metropolitana londinese, con tanto di pali a cui sostenersi, cartelloni pubblicitari inneggianti al consumo di beni materiali e un tavolo di alluminio stile Eurostar corredato di sgabelli da bar. Poiché gli sgabelli sono gli unici posti a sedere a disposizione del pubblico, la maggior parte degli spettatori è costretta a rimanere in piedi per tutta la durata dello spettacolo.

Un'altra particolarità è l'entrata in scena degli attori, che non avviene. Riprendendo la migliore tradizione di sperimentazione spaziale del Theatre Workshop, la distanza tra pubblico e scena viene annullata. Gli attori, infatti, sono mescolati alla folla fin dalla loro entrata in sala e per tutti i 45 minuti dello spettacolo continuano ad apparire in mezzo agli spettatori. Non solo, nessuno di loro uscirà mai di scena e le luci non si abbasseranno mai, dando l'impressione che non ci sia alcun posto in cui nascondersi e contribuendo ad aumentare la sensazione di disagio del pubblico, sensazione che aumenta in modo esponenziale nei momenti in cui la violenza esplode sul palco e alcuni degli spettatori più vicini rischiano di finire in mezzo alla rissa o di essere colpiti dagli oggetti di scena.

A livello linguistico, questa commistione trova un corrispettivo nella continua sovrapposizione di battute e dialoghi. Non è raro assistere anche a tre o quattro conversazioni che si svolgono in scena contemporaneamente, obbligando lo spettatore (o il lettore nel caso si stia solo fruendo del testo scritto) a un maggiore impiego di concentrazione per riuscire a seguire tutto quello che sta succedendo.

Infine, le scene non sono separate, ma si susseguono una dopo l'altra talvolta sovrapponendosi anch'esse, dando luogo così a un atto unico di 45 minuti, una successione di dialoghi taglienti in locations specificate nel testo scritto, ma non esplicitate nella messinscena. Se Contractions ricorda una partita a poker con due giocatori che si fronteggiano e Cock un combattimento tra galli, My Child è costruito pensando ad un incontro di wrestling, con personaggi violenti, cattivi e offensivi che creano e rompono alleanze e si scontrano fisicamente. La violenza è una delle protagoniste principali dell'opera; violenza verbale con attacchi spietati, senza esclusione di colpi e diretti con la precisione degna di un cecchino, ma anche fisica. Woman colpisce l'ex marito e perfino sua madre, Child ha un braccio ferito e non capiremo mai perché, e in conclusione lo scontro finale tra Man e Karl degenera in un vero e proprio incontro di full contact.

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I personaggi sono undici (cinque uomini e sei donne), ognuno indicato soltanto o con il genere di appartenenza (Older Woman, Woman, Other Woman, Young Woman, Another Woman, Another Man) o con il ruolo ricoperto all'interno della famiglia (Mother, Father, Child) sempre in rapporto ai due soggetti scatenanti: Man e Woman. Anche i nomi aumentano la confusione generale. Sono proprio Man e Woman, infatti, i genitori che si litigano Child, mentre Mother e Father sono i defunti genitori di Man e Older Woman è la madre di Woman. Unico con un nome proprio è Karl, il patrigno di Child. Questa particolarità attira immediatamente l'attenzione del lettore (non quella dello spettatore perché non è inusuale che due o più persone conversino senza pronunciare mai l'una il nome dell'altra, soprattutto all'interno del nucleo familiare), che si aspetterà che questo personaggio abbia un ruolo centrale nell'opera. Ma l'autore ha motivato la sua scelta non in termini di importanza di ruoli, ma di immedesimazione del pubblico. Secondo Bartlett, dare ad un personaggio un nome proprio significa permettere a chi osserva di mantenere un livello maggiore di estraneità, mentre sarebbe più facile identificarsi in un qualcuno che rappresenta o un ruolo sociale generico o un altrettanto generico componente della famiglia. In poche parole, è più facile identificarsi con un Father, soprattutto se si hanno figli, piuttosto che con un Karl, un individuo ben specifico, connotato proprio in contrapposizione a tutti gli altri personaggi della storia.

Secondo uno schema strutturale che si ripeterà nella maggior parte delle sue opere, Bartlett costruisce il testo indirizzando inizialmente l'empatia del lettore o dello spettatore verso un personaggio in particolare, Father in questo caso, per poi insinuare il dubbio che né lui sia completamente esente da colpe né gli altri siano totalmente spregevoli. Per dichiarazione dello stesso autore l'opera parla di mascolinità, della difficile relazione tra padre e figlio, ma anche di come ogni persona cerchi di fare del proprio meglio e di come i valori in cui credere siano cambiati nell'era post-Thatcher, di come le cose che un tempo erano ritenute importanti oggi non lo siano più perché viviamo in una società che idealizza soltanto il successo economico.

Ancora una volta non manca una velata critica sociale, dunque, seppur sia necessario estrapolarla da una storia intima e familiare. Le due figure paterne incarnano due modelli genitoriali opposti e due posizioni sociali antitetiche. Da una parte abbiamo Man, un uomo insicuro, che ancora si affida al consiglio dei genitori morti per impostare il suo modo di vivere. Tutti lo definiscono una brava persona, ma allo stesso tempo lo accusano di essere inaffidabile, o meglio, inadeguato. Esplicativo a questo riguardo è un dialogo tra lui e la ex moglie, che lo attacca con cattiveria inaudita:

Woman I was desperate that we might find something to hold on to, but there wasn't. Not even a child could keep us together.

Man No

Woman Even now, I still shudder at the thought that one day my son might remind me of you.

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Woman Not yet. Thank God,

Man Why do you do this to me when you know I'm a good person?

Woman That's not enough. You lack confidence. You are innocent. Stunted. You refuse to understand money, or responsibility. You are still a boy. You may be good or whatever but I want someone who knows when to buy me flowers, who pays bills for me, who isn't afraid of a spiff or outdoor sex, and I want someone who has a very clean car.9

Quelli che un tempo erano considerati valori, come l'innocenza e la bontà, ora non lo sono più. Essere buoni non è abbastanza oggigiorno, bisogna riuscire a curarsi della propria famiglia e questo nel pensiero comune significa essere in grado di provvedere ai bisogni materiali dei propri cari. “Responsibility” è una parola che rappresenta un concetto chiave in tutti i testi di Bartlett, sia nei testi come My Child, concentrati maggiormente sulla psicologia privata piuttosto che sull'analisi sociale, sia nei testi successivi, che invece cercheranno di distribuire responsabilità sociali a livelli più alti.

L'altra figura paterna è Karl, un uomo di successo, ricco, sicuro di sé, che sa quando infrangere le regole e soprattutto sa come provvedere in modo adeguato alle persone che ama. Ma è davvero un personaggio così negativo? È violento sì, ma solo con l'uomo che ha rapito il bambino che lui ama come un figlio. È prepotente con Man, ma è pur vero che segue le sue tracce fino in Scozia per riprendersi un figlio che non è nemmeno suo. E non dobbiamo dimenticare che sia Woman che Child lo descrivono come un ottimo padre e un imprenditore di successo. Ecco quindi il dubbio che si insinua ancora, un personaggio che appare dall'esterno così prevaricante e aggressivo, in realtà potrebbe benissimo essere un uomo che cerca soltanto di fare del proprio meglio per difendere la famiglia che si è costruito.

Questo dubbio, che serpeggia in sottofondo per tutta l'opera, viene espresso esplicitamente nel finale:

Man Why did you tell me all this?

Mother All what?

Man That is better to be polite. To put others first. Not to be violent. To turn the other cheek. Not to treat people as rivals but as friends. To try to be moral and good, and not selfish. To love.

Mother Because it's right.

Man No. It's not.

Look at me.

It's not how the world is.

Father No it's not.

But your mother and I are still agreed. 9 Ivi, pp.71-72

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That it's right.

Man But it doesn't work. Does it?10

Blackout.

Da notare anche la conclusione dell'opera, una domanda seguita da un rapido blackout. Questa scelta risulta importante perché se il finale fosse stato ritardato anche di soli pochi attimi, l'ultima battuta sarebbe diventata una domanda retorica. In questo modo invece rimane una domanda vera e propria, che costringerà gli spettatori ad interrogarsi su quello che hanno visto, su quale sia in effetti secondo loro il modello educativo più appropriato, sul fatto che con le nostre scelte tutti contribuiamo a cambiare i valori su cui si basa la società di cui facciamo parte.

Dal punto di vista linguistico, la protagonista è sicuramente la violenza verbale. Offese e turpiloquio sono una costante del testo, soprattutto nel linguaggio di Woman, che non le risparmia nemmeno a suo figlio ed è il personaggio che in assoluto usa le espressioni più crude:

Woman What the fuck are you doing?

Man He's staying with me.

Woman Bring him back.

Man I can't. He'll be safe.

Woman You bring him back, or I'll fucking castrate you. I'll take an axe to your skull.11

La violenza di Woman è talmente esasperata che spesso non riesce ad essere contenuta a livello verbale e sfocia sul piano fisico. In generale Bartlett, come in tutti i suoi testi, utilizza qui un lessico contemporaneo, che si adatta in modo preciso al background dei propri personaggi e collega direttamente l'opera alla realtà quotidiana di chi sta assistendo. Child per esempio umilierà suo padre perché gli ha regalato un dvd pirata di un film uscito l'anno prima e molto significativa è anche una battuta pronunciata da Woman in risposta a un rimprovero di sua madre:

Older Woman You shouldn't talk like that.

Woman Please get over it, Mum. Watch some television. This is twenty-first century. This is how we speak.12

che chiama in causa ancora una volta l'influenza della televisione.

Il ritmo è sempre velocissimo, incalzante. Battute brevi, botta e risposta secchi e incisivi, personaggi che si interrompono rappresentando così anche formalmente l'incomunicabilità ormai insuperabile che esiste tra loro. Molte frasi restano incompiute e altrettante battute consistono unicamente in silenzi. Ancora una volta l'uso dei silenzi serve a veicolare significati impliciti o stati d'animo espliciti, sfiducia e incredulità, rabbia e dolore, ma anche rancore. Infine, un tocco di

10 Ivi, pp.108-109 11 Ivi, p.87 12 Ivi, p.80

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surrealismo è presente già in questa opera di esordio. L'autore, infatti, ha deciso di inserire in scena i genitori di Man, morti da anni, che però conversano con il figlio utilizzando un linguaggio estremamente quotidiano per consigliarlo sulla situazione che sta affrontando e soprattutto per rassicurarlo e farlo sentire amato almeno da loro.

Oltre ad essere accolta in modo positivo da pubblico e critica, My Child è considerata da Bartlett il suo vero e proprio esordio teatrale e ha contribuito ad inserirlo di diritto tra gli autori inglesi contemporanei più promettenti. Non solo, in My Child sono già presenti spunti sia tematici sia formali che verranno ripresi, rielaborati e ampliati nei lavori successivi dell'autore e che andranno a costituire le caratteristiche principali della sua produzione fino a questo momento.

2.4 Un'espansione sia nella struttura che nei temi: da Love, Love, Love a Earthquakes in

London.

Sia Love, Love, Love che Earthquakes in London vengono messi in scena nel 2010. Oltre all'anno di uscita questi due testi hanno in comune un messaggio che emerge in modo chiaro da entrambi: i giovani di oggi sono stati traditi dai loro stessi padri, dalla generazione di baby-boomers di fine anni '60 che ha beneficiato della favorevole congiuntura economica post-bellica per dedicarsi o alla pigrizia e all'egoismo o allo spreco sconsiderato delle risorse ambientali, senza curarsi minimamente del futuro che avrebbe lasciato in eredità ai propri figli. Se Earthquakes in London può essere considerata un'opera apocalittica sulle conseguenze nefaste che il cambiamento climatico ormai inevitabile avrà sulla sopravvivenza stessa dell'umanità, Love, Love, Love si concentra invece sui danni che quella generazione ha provocato intimamente. Nessuno sforzo per tenere unita la famiglia, l'unica legge da seguire è quella della ricerca costante del puro piacere edonistico, in assoluta osservanza di quel carpe diem che ormai per molti è diventato soltanto uno slogan inflazionato.

Nonostante la critica morale che li pervade entrambi, si tratta di due testi costruiti in modo completamente diverso. Nel primo caso ci troviamo di fronte, come suggerisce il titolo con il suo chiaro riferimento alla celeberrima canzone dei Beatles, al racconto di un amore e dei suoi inaspettati sviluppi. Due ventenni, Sandra e Kenneth, si incontrano. È il 1967, i due giovani sono euforici e convinti di poter cambiare il mondo, si sposano... e finiscono a vivere in una villetta a schiera a Reading con due figli a carico. Con la mezz'età le cose cambiano, l'amore sembra essere ormai un ricordo lontano e i due giungono al divorzio, causa ultima del tentato suicidio della figlia maggiore, Rose. Nel finale, ormai ultrasessantenni, decideranno a sorpresa di riunirsi e passare il resto delle loro vite insieme, ancora un volta completamente incuranti delle conseguenze che questa scelta avrà sulle persone che li circondano.

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segnala esplicitamente alcuna divisione in scene, si tratta comunque di un testo molto strutturato, che segue uno schema ben preciso. In realtà, infatti, un'analisi più attenta evidenzia una segmentazione implicita di ognuno dei tre atti in tre momenti identici che seguono ogni volta un ordine preciso e possono essere schematizzati come segue:

1. Sandra non è in scena e Kenneth sta interagendo con qualcun altro (il fratello Henry, oppure i figli)

2. Sandra irrompe sulla scena

3. Nessuno riesce a restare a lungo nell'orbita degli incontri/scontri di Sandra e Kenneth e i due restano insieme o da soli (nel secondo atto insieme usciranno precipitosamente di scena per andare a soccorrere la figlia suicida) oppure con il figlio unico testimone che rimane in scena completamente ignorato dai due.

Ogni atto è collocato in un momento spazio-temporale descritto con precisione decrescente. Nel primo siamo in un appartamento in un quartiere a nord di Londra e in una data precisa: è il 25 giugno 1967. Nel secondo in una casa di periferia di Reading, non sappiamo il giorno preciso, ma di sicuro è marzo e l'anno è il 1990. Nel terzo atto saltiamo al 2011, mese e giorno non specificati, e ci spostiamo in una non meglio identificata “country house”. Ciò che invece non perde mai di precisione è l'indicazione della colonna sonora che accompagnerà lo spettacolo. Questo aspetto della messinscena è curato in modo particolare dall'autore, che sceglie i brani tenendo conto dei periodi storici in cui sono ambientati i vari atti: in apertura il coro di Vienna in mondovisione, nel secondo atto She Bangs the Drums degli Stone Roses, mentre il terzo atto si apre con Sexy Chick di David Guetta ft. Akon.

I personaggi sono pochi, soltanto cinque: la coppia protagonista (Sandra e Kenneth), i figli (Rose e Jamie), l'ex di lei nonché fratello di lui (Henry). Henry ha un ruolo marginale nel testo e compare solo per metà del primo atto. Le possibili conseguenze del fatto che Kenneth gli abbia rubato la ragazza vengono lasciate inesplorate. Anche Jamie non ha grande spessore, è un ragazzo con evidenti problemi di socializzazione, che finisce disoccupato a vivere con il padre tra giardinaggio e videogiochi. Il vero scontro generazionale si consuma tra Rose e i genitori ed è caratterizzato in modo completamente diverso dallo scontro generazionale che sua madre aveva avuto a suo tempo con la propria madre. Sandra infatti ci racconta di una giovinezza ribelle tra alcol, droga, sprezzo totale per la propria sicurezza e voglia costante dare scandalo, di scioccare.

Sandra I remember telling my mum to fuck off. I was seventeen. It was the

best moment of my life.

Love, you've never told me to fuck off have you?

Rose Yes.

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Rose You don't hear me.

Sandra Well then that's the problem. Isn't it?

Rose Mum

Sandra Darling Rose Fuck off13

La ribellione delle generazioni degli anni '90 la vediamo in scena, invece, nei personaggi di Jamie e Rose. Uno completamente apatico, che beve e fuma non per ribellarsi, al contrario, per avere qualcosa in comune con i propri genitori. L'altra che in età adolescenziale protesta e manifesta la sua sofferenza tentando il suicidio, ma a parte questo gesto eclatante esprime la sua ribellione in modo contrario rispetto alla madre: quanto più Sandra è ubriaca tanto più Rose rifiuta i bicchieri di vino che la madre le offre, quanto più Sandra si vanta delle sue passate avventure sessuali, tanto più Rose si mostra pudica e in cerca di una relazione seria che poi però non riesce a mantenere, quanto più Sandra continua a mostrarsi incurante delle regole tanto più Rose cresce studiosa e morigerata.

Due modi diversi di esprimersi, dunque, ma lo stesso rifiuto del modello materno. La critica sociale, tuttavia, non si ferma qui e supera la dimensione intrafamiliare quando dalla bocca di Rose escono accuse ben più pesanti dirette all'intera società britannica, accuse facilmente condivisibili da chi ha più o meno la sua età, anche se non tutti i critici teatrali sembrano essere d'accordo14:

Rose Granny and Granddad lived through the war, lived through rations, their lot built the welfare state.

They worked hard […] And what have you lot done? Climbed the ladder and broke it as you went. […] You got your cheap flights and your nice cars but never looked at what they were doing to the environment, you voted in Thatcher, destroyed the unions, reduced taxes, Tony fucking Blair, now surprise surprise you've voted in the Tories again. All because you want to cling on to your money but here I am, your own daughter , and I can't afford a house, a car – a child. […] You didn't change the world, you bought it. Privatised it. What did you stand for? Peace? Love? Nothing except being able to do whatever the fuck you wanted.”15

Il riferimento ai nonni torna più avanti in un'accusa più intima, una critica di quell'atteggiamento che molti personaggi di Bartlett incarnano; il non voler crescere, il non voler accettare le proprie responsabilità:

Rose Granny and Granddad made an effort. To stay together. For you. But you just... one night. Over. Done. Not even what happened to me made you think about it. You still said you didn't want to 13 BARTLETT M., Love, Love, Love, London, Methuen Publishing, 2012, pp.107-108

14 “[...] Bartlett's thesis that today's youth have been betrayed by their baby-boomer parents is beginning to seem a touch over-familiar and glib”. Così si esprime Charles Spencer nella sua recensione di Earthquakes in London, che prosegue il filone dello scontro generazionale portandolo a un livello macroscopico. The Telegraph, online edition, consultabile online su: http://www.telegraph.co.uk/culture/theatre/theatre-reviews/7929004/Earthquakes-in-London-National-Theatre-review.html

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be trapped. It's not a trap, it's called responsibility.16

Rispetto al conflitto di My Child, qui sembra molto più facile dare un giudizio negativo su questa madre egoista e costantemente ubriaca, che tanto dolore ha arrecato a sua figlia. Ma anche se l'impianto testuale sembra voler indirizzare tutta la simpatia dello spettatore verso Rose, vari scambi di battute tra Sandra e Kenneth sulle difficoltà che hanno affrontato per dare il meglio ai loro figli, almeno dal punto di vista economico e dell'istruzione, e il monologo finale di Sandra su quanto siano state deluse le aspettative che aveva per loro nonostante tutti gli sforzi che lei è convinta di aver fatto aprono uno spiraglio di comprensione per lei:

Sandra I thought our children would be heroes.

I imagined they would soar. Standing on our shoulders I assumed our kids would […] change the world entirely. I thought they would solve the great problems become prime ministers, scientists, academics.

But look at them. They sit on computers, not living, typing messages about nothing. Watching videos, and waiting for Friday night, they want to be rich and famous, in fact that's all they want to be, but they never lift a fucking finger […] They want it all on a plate.

And then strangely when nothing arrives, it's our fault.17

Con Earthquakes in London ci troviamo di fronte a uno scenario che si rivela molto diverso, una grande pièce epica. Innanzitutto sia il testo che lo spettacolo si dilatano. Da 117 pagine (lunghezza più che rispettabile) a 160 nel caso del testo scritto, dai tre atti non solo di Love, Love, Love ma anche di Contractions e Artefacts si passa ai cinque atti, ognuno preceduto da un prologo, più un epilogo finale. Tutti con un titolo (come le puntate di un telefilm) composto di due parole che li caratterizza e che ritroveremo all'interno di una battuta. Dai quarantacinque minuti di My Child, si passa ad uno spettacolo che dura più di tre ore. Dalla precedente scarsità di personaggi (cinque in Love,Love,Love e Artefacts, quattro in Not Talking e Cock, addirittura solo due in Contractions) si passa ad un affollamento di persone che invadono il palco. Nel paratesto sono indicati con un nome proprio venti personaggi, altri sei vengono descritti dalla propria mansione lavorativa (nurse, supermarket worker, etc.), più un numero indefinito di comparse per i personaggi collettivi (quindici Mothers with pushchairs, many students, many swimmers, etc.). Lo stesso autore nella didascalia iniziale dichiara esplicitamente che il palco deve essere sovraccarico di oggetti di scena, ma anche di suoni, luci, proiezioni e quant'altro. Tutto deve sembrare eccessivo e il pubblico deve avere l'impressione che lo spettacolo stia per sprofondare nel caos da un momento all'altro. La divisione in scene è un lontano ricordo, “scenes crash into each other impolitely. They overflow,

16 Ivi, p.106 17 Ivi, pp.110-111

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overlap”18. Unica eccezione i prologhi, ben separati dagli atti.

Si ha l'impressione che l'autore sia stato spinto alla sperimentazione di una forma nuova che fosse in grado di contenere l'ampiezza del nuovo tema trattato. È vero che Bartlett parte anche in questo caso da una microstoria, uno di quei drammi domestici a cui ormai ci ha abituati, ma questa volta non si limita a descrivere le vicende di una singola famiglia dal 1968 al 2026, bensì affronta un tema macroscopico e quantomai attuale: il disprezzo dell'umanità per il pianeta in cui vive e la catastrofe ambientale che ne deriverà. In questo lavoro, infatti, l'autore ci mostra sia una riconciliazione familiare, seppur parziale, sia una presa di coscienza globale del fatto che servono azioni immediate e concrete che portino a una decisa inversione di tendenza sulle politiche legate all'impatto ambientale. In questo testo si mischiano problemi domestici e cosmici, questioni pubbliche e private, si parla di cambiamento climatico e corruzione delle grandi multinazionali, ma anche dei problemi tra genitori e figli. Tema quest'ultimo che caratterizza tutto il filone iniziale della produzione dell'autore e che gli ha attirato qualche critica di mancanza di originalità. Bisogna considerare, però, che nel caso di Earthquakes in London, come anche in Love, Love, Love, si rappresentano genitori che hanno un atteggiamento totalmente opposto a quelli di My Child. E come insegna Tolstoj “tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo”; l'ambito della famiglia, dunque, fornisce un quantitativo di materiale pressoché infinito su cui scrivere, senza dover essere necessariamente ripetitivi.

In Earthquakes in London, Robert Crannock è uno scienziato che negli anni '60 ha effettuato uno studio sugli effetti ambientali delle emissioni dei gas di scarico degli aerei. Come previsto tali effetti si sono rivelati disastrosi, ma Robert si è lasciato corrompere da una grande multinazionale per mettere tutto a tacere. Nel 2010, ormai settantenne, si è trasformato in un profeta di catastrofi naturali ed ha tagliato tutti i ponti con le tre figlie: Sarah, ministro dell'ambiente, Freya, insegnante di sostegno per bambini sordomuti e la diciannovenne Jasmine, studentessa scapestrata dedita unicamente a festini e shopping. Quello che inizia come un testo che ci mostra la vita delle tre sorelle ormai adulte, tutte con vite piene di problemi e lacune affettive da colmare, si trasforma pian piano in un dramma apocalittico e surreale. Tra spettacoli di burlesque e previsioni di un futuro catastrofico, assistiamo alla crisi depressiva di Freya, che non riesce ad accettare il fatto che la bambina che sta aspettando nascerà in un mondo ormai prossimo alla fine. Il suo delirio costellato di allucinazioni sfocerà in un suicidio, mentre sua figlia si rivelerà essere la prescelta in grado di salvare il pianeta dall'ormai quasi inevitabile catastrofe.

Tutti gli atti si svolgono nel 2010, ma sono preceduti da prologhi che ci mostrano gli antefatti che hanno portato all'attuale presente e che sono datati con la consueta precisione temporale dell'autore. Nel primo prologo assistiamo all'incontro tra Robert e Grace, futura moglie e

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madre delle sue figlie. Da notare ancora una volta l'accuratezza nella scelta della colonna sonora. L'incontro è infatti datato 1968 ed è accompagnato dalla canzone In the year 2525 di Zager and Evans, canzone arrivata al successo nel 1969 ma prodotta nel 1968, coerente con il tipo di testo che ci aspetta perché descrive il futuro degli esseri umani, trasformatisi in semi-automi, in anni lontanissimi. Il primo atto prosegue in questa direzione aprendosi con la stessa canzone ma sotto forma di cover dance. La musica collega quindi due parti dell'opera che visivamente sono separate e allo stesso tempo ci fornisce due informazioni importanti: quello a cui stiamo per assistere è diretta conseguenza di quello a cui abbiamo appena assistito e sono passati molti anni. Come in altri lavori di Bartlett, la colonna sonora sarà specificata in dettaglio nelle didascalie dall'inizio alla fine del testo e avrà sempre un significato preciso collegato al momento del testo in cui ci troviamo. Il fatto che molte canzoni siano hit del momento e quindi note al grande pubblico viene commentato con sarcasmo e una punta di snobismo da Sarah nel primo atto, atteggiamento che vuole metterla in netto contrasto con il marito e le sorelle:

He then changes the track on iTunes to Coldplay – 'Viva la vida'. The student cheer – enjoying the cheese. Sarah enters.

Sarah What's this? Colin Coldplay

Sarah You bought a Coldplay album? Colin In Tesco on the way home yeah.

Sarah That's the sort of thing boring middle-aged women do. Colin Right.

Sarah You don't look like a boring middle-aged woman. Colin You do.19

Sarebbe molto interessante approfondire la scelta di tutta la colonna sonora di Earthquakes in London e i significati che essa veicola o aggiunge al testo scritto, purtroppo non è questa la sede appropriata per un'analisi del genere.

Nel secondo e nel terzo prologo assistiamo alla corruzione di Robert da parte di due funzionari di una non meglio specificata multinazionale. In questo caso i due figuri Roy e Daniel, nonché la costruzione dell'intero dialogo che li coinvolge e il loro modo di interagire sia tra di loro che con Robert, non può non portare alla mente altri due loschi figuri di un passato teatrale ben noto a Bartlett, i Goldberg e McCann pinteriani: la stessa apparente cortesia iniziale che nasconde una malcelata minaccia, la stessa codificazione dei ruoli, ma diversamente dai personaggi di Pinter lo scopo di quelli di Bartlett è ben facile da intuire e per raggiungerlo i due non hanno bisogno di ricorrere alla violenza, basta l'offerta di un bel po' di soldi.

Il quarto prologo mostra le prime avvisaglie dello scivolamento verso il surreale a cui

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assisteremo nella parte finale dell'opera. Sono passati più di vent'anni e ci troviamo nel 1991, nel momento esatto in cui Sarah abbandona la casa del padre alcolizzato portando con sé le sorelle minori. Quella che in Love, Love, Love era solo una sensazione, seppur percepita piuttosto chiaramente, ovvero che i figli fossero solo un danno collaterale dell'amore fra questo tipo di genitori, diventa qui una dichiarazione esplicita:

Robert Everyone had said if you have a child you'll change, you'll know what to do, everything will fall

into place, and so I went to the hospital on the day you were born and […] I looked at you, and I waited.

For that moment when I would feel like a father.

The moment everyone spoke about, when I would love you, completely, above anything else. But it wasn't happening.

I looked over at your mum and she smiled. It had happened for her.

[...]So I started pretending. A few years later we had Freya, and Jasmine, and every moment, all the time, I wasn't a father. I never felt it.

But now you're mother's dead, there's no reason to pretend. She was the one I loved. Just her.20

Dopo uno scambio di battute amarissimo con la figlia maggiore, Robert caccia in malo modo anche Freya bambina di dieci anni, per poi trovarsela davanti subito dopo adulta, incinta e disperata.

Il quinto monologo invece fa storia a sé. È segnalato in didascalia come un cartone animato su lavagna che illustra la storia narrata in sottofondo da un narratore “old and wise”. Ci viene raccontato come in un passato ormai remoto il nostro pianeta sia stato salvato da una sorta di profetessa, una giovane donna che ha parlato all'umanità intera portandola all'illuminazione e alla salvezza. L'incipit del V atto, che segue immediatamente, fa pensare che ci si trovi davvero in questo futuro meraviglioso, dove malattie e sofferenze sono state sconfitte. Ma dopo pochissime battute ci rendiamo conto che in realtà si tratta di una visione che sta avendo Freya, in coma dopo essere caduta dal ponte di Waterloo a causa del terremoto preannunciato fin dall'inizio del testo.

È un testo che alterna scene estremamente realistiche ad apparizioni di fantasmi, esplosioni di canti e balli sul palco e siparietti di burlesque a visioni paranoiche di feti parlanti per poi sfociare nel finale anti-apocalittico e forse un po' sentimentale, in cui assistiamo all'inizio della realizzazione del contrario di tutto ciò che era stato predetto fino ad ora: non quindi la distruzione dell'umanità, ma la partenza di Solomon verso Londra, da dove con la sua predicazione salverà il mondo.

Dal punto di vista linguistico, entrambi i testi usano un linguaggio realistico, che rispecchia il background di appartenenza dei personaggi e il momento storico in cui avvengono i dialoghi. In Love, Love, Love troveremo all'inizio un Kenneth hippie che pontifica entusiasticamente sul cambiamento epocale che stanno vivendo di fronte a un Henry conciso e sintetico, che risponde alla

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prolissità del fratello con battute brevissime. Il linguaggio è uno dei mezzi più efficaci per caratterizzare i personaggi. E infatti Kenneth si dilunga in mille inutili spiegazioni per giustificare che di fatto al momento sia un semplice studente svogliato quasi nullafacente, mentre Henry si esprime come un uomo abituato a lavorare duramente, senza lamentarsi e senza perdere tempo. Non solo, nel primo atto entrambi usano tutta una serie di sinonimi della parola “gay” richiamano lo slang degli anni '60, mentre negli atti successivi il linguaggio di Kenneth (Henry compare solo nel primo) si evolverà anche dal punto di vista diacronico. Sia nei dialoghi tra i due fratelli che in alcuni dialoghi tra Kenneth e Sandra l'eco pinteriana torna a farsi sentire nei silenzi carichi di significati, per poi lasciare il posto alle sovrapposizioni di battute e conversazioni tipicamente churchilliane. Sandra invece è il personaggio più esuberante e così pure il suo linguaggio, è l'unica per esempio che usa spessissimo il turpiloquio. Negli atti in cui sono presenti i figli è evidente la mancanza di comunicazione tra tutti i membri della famiglia e soprattutto lo sforzo sempre vano di Rose di farsi ascoltare almeno per qualche attimo.

Anche in Earthquakes in London ci troviamo di fronte a un linguaggio che non perde mai in realismo, pur venendo utilizzato in situazioni a volte surreali, e di nuovo è impossibile negare l'influenza sottile ma costante di tutta l'opera di Pinter. E così lo spettacolo vero e proprio viene aperto da una conversazione di Freya con il marito fatta di argomenti interrotti e poi ripresi, timori celati ma espressi, tutto all'insegna di una ripetitività che potrebbe suonare anche irritante. E poi troveremo Sarah che spesso parlerà in “politichese”, Jasmine, la più ribelle delle sorelle, che avrà lo stesso stile aggressivo di Sandra, pieno di urla e parolacce. Così come Robert, dipinto come un vecchio che negli anni ha mantenuto l'abitudine di riuscire a infuriarsi in appena cinque minuti, con l'unica differenza che le battute di quest'ultimo saranno caratterizzate dalla presenza costante di termini apocalittici alternati a spiegazioni scientifico divulgative e allo sfoggio di deduzioni logiche degne di Sherlock Holmes rese possibili grazie alla sua acuta capacità di osservazione.

Infine, una peculiarità linguistica di Earthquakes in London è senz'altro la presenza di alcune battute in lingua polacca tradotte in inglese tra parentesi. Inserire battute in una lingua diversa dall'inglese perché i personaggi sono di altra nazionalità è un espediente che accresce il realismo dell'opera e che sarà utilizzato in maniera più estesa anche in Artefacts.

2.5 Entra in scena la guerra: Artefacts

Artefacts risulta ad oggi uno dei testi più classicamente strutturati di Bartlett. Come Love, Love, Love, che verrà messo in scena due anni più tardi, è diviso in tre atti, ognuno dei quali è composto a sua volta da tre scene, in questo caso separate esplicitamente nel testo. Le analogie con Love, Love, Love non finiscono qui. Anche il numero di personaggi è lo stesso, cinque: una coppia, l'ex di uno dei due (in questo caso la ex compagna, nel caso di Love, Love, Love era invece l'ex ragazzo), i

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figli. Anche in questo testo abbiamo una figlia adolescente che deve accettare la separazione dei genitori, un esempio eclatante di scontro generazionale e un genitore che sacrifica la felicità della propria figlia per dare la precedenza alle proprie esigenze, esigenze diverse da quelle dei genitori di Rose che pensavano solo a divertirsi, ma pur sempre egoistiche.

La trama dell'opera, inoltre, apre prospettive di riflessione più ampie, che possono portare non solo a una critica della società inglese, ma anche ad un'analisi dello scontro ormai globale tra due tipi di cultura spesso etichettati in modo generico con i due aggettivi “occidentale” e “islamica”. Kelly è una teenager inglese che non ha mai conosciuto il padre, Ibrahim. Lo incontra all'improvviso e scopre che è iracheno. Dopo un comprensibile shock iniziale, che vede la ragazza mettere in discussione la propria identità, Kelly farà un lungo viaggio per aiutarlo a liberare Raya, la sorellastra rapita, e vedrà così per la prima volta il paese dei suoi antenati, un Iraq ancora devastato dalle conseguenze della guerra. Conoscere la sorella e le proprie origini avrà delle conseguenze su di lei, ma non abbastanza profonde da impedirle di tornare a Londra e riprendere la sua tipica vita britannica fatta di shopping e uscite con gli amici.

A livello strutturale Artefacts si presenta come il testo che segue lo schema più rigido rispetto a tutte le altre opere di Bartlett. Le seconde scene di ogni atto, ad esempio, consistono in un monologo pronunciato da uno dei personaggi iracheni; inoltre, ogni atto è intervallato da un periodo di tempo di circa due anni e si svolge interamente in un luogo ben preciso: l'appartamento di Kelly a Londra, la casa di Ibrahim in Iraq, il British Museum di nuovo a Londra. Un percorso di andata e ritorno che ricalca il viaggio interiore della protagonista: dalla ribellione verso la madre e le proprie origini alla piena accettazione della propria cultura. Le origini di Kelly non vengono rappresentate solo attraverso un percorso spaziale ma anche tramite un percorso temporale, grazie a un dialogo tra i suoi genitori, che riassume in pochissime brillanti battute la loro storia d'amore, e ad una pila di lettere che Ibrahim ha scritto a Kelly durante gli anni e lei non ha mai letto fino a quel momento.

A livello tematico abbiamo di nuovo una famiglia divisa e una figlia che paga le conseguenze della seprazione dei genitori. Se vogliamo continuare il confronto interstestuale con le altre opere dell'autore, possiamo notare la differenza tra la madre presente in My Child e la madre di Kelly: quest'ultima, infatti, abbandonando ogni interesse egoistico, ha deciso di crescere la figlia da sola e alla fine ha accettato che lei provasse a riallacciare un rapporto con il padre, nonostante la sua evidente paura di perderla.

La vera novità rispetto ai testi precedenti di Bartlett sta però nell'apertura a un tema di più ampio respiro, strettamente collegato all'attualità (qualunque essa sia) e al quale il grande pubblico sembra ormai assistere come anestetizzato: la guerra e le sue conseguenze. Seguendo un procedimento abituale per l'autore, la storia si sviluppa partendo dalle vicende intime di una famiglia per poi inglobare critiche, o meglio riflessioni, sociali e culturali. La famiglia di partenza in

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questo caso è proprio quella composta da Kelly e Susan, abbandonate da Ibrahim, prima ancora che la bambina nascesse, per tornare nel suo paese ad aiutare la propria famiglia di origine. Quello tra Kelly e Ibrahim non è un semplice scontro generazionale, ma coinvolge anche le culture dei due personaggi, i loro modi di vedere la vita e l'onore, due sistemi di valori completamente agli antipodi. Non solo, tale scontro culturale vedrà contrapporsi anche le due sorellastre: da una parte abbiamo Kelly, decisa a non rinnegare la sua educazione britannica, a rivendicare il suo diritto di essere felice, di godersi la vita e di mettere se stessa e le persone che ama davanti a tutto; Kelly incarna la mentalità individualista tipica dell'era post-Thatcher, dove ogni persona è un atomo che deve assicurarsi sopravvivenza e successo contando tutt'al più sull'aiuto dell'unica molecola ancora esistente: la famiglia. Il testo si conclude con questa sua battuta:

Kelly I'll be shopping and I'll be feeling great. I will feel so fucking normal. Shopping and eating and coffee and out and home.

It'll be bright and it'll be happy and it'll be easy. And I won't need to worry.

Just me.

Just as I want it. Just as it should be.21

L'intero monologo è un inno alla normalità e alla spensieratezza come diritto di ogni adolescente, ma non è da escludere la possibilità che venga pronunciato con un velo di amarezza, usato come uno scudo con cui difendersi dal dolore. Questo non significa che Kelly sia un personaggio totalmente positivo, anche lei ha i suoi difetti, primo tra tutti la superficialità: ascolta Kanye West invece delle audiolezioni di arabo, preferisce fare shopping piuttosto che provare ad occuparsi di qualcosa che percepisce come più grande di lei, se ne lava le mani e si giustifica con il classico “Like everyone else. Not my fault.” Sa che dovrebbe almeno sentirsi in colpa ma con grande sincerità ammette che invece si sente sollevata di aver chiuso con quella parte della sua famiglia.

Dalla parte opposta abbiamo Raya, vicina di età ma lontanissima nel modus vivendi. Ha seguito le orme del padre, che era deciso a lottare per assicurare un futuro migliore al proprio paese anche a costo di dover rinunciare al benessere e alla sicurezza della propria famiglia. È convinta che non ci si debba piegare all'ingiustizia e alla miseria in cui è precipitato il suo paese, in una spirale di sofferenze, rapimenti e torture innescate secondo lei dagli invasori britannici e americani ed è pronta a morire per quello in cui crede, a sacrificare l'entità singola per il bene comune (ed è proprio qui forse che sta racchiusa la chiave per capire la diversità tra queste due culture: la diversa concezione di identità nazionale). Nel confronto finale con la sorellastra è proprio di questo che la

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accusa:

Raya You think of the next minute. Of those people who happen to be around you. You cannot imagine anything bigger

[…] You have nothing to fight for.22

Raya, tuttavia, rimane un personaggio che non riesce ad accattivarsi le simpatie del pubblico. Troppo altezzosa, rabbiosa, tutta cieco patriottismo e critiche dall'alto del suo pulpito. Accusa perfino la sorella di non averla lasciata morire perché ha convinto il padre a pagare il riscatto ai rapitori e pretende che le porga delle scuse. Nonostante questo il suo attacco all'eccessivo consumismo, e alla conseguente mancanza di misura, che regna nel mondo occidentale può risultare condivisibile.

È evidente che spesso le critiche personali riguardano in realtà un'intera società e che i personaggi diventano simboli o allegorie delle nazioni a cui appartengono, mostrando l'influenza non dichiarata ma assolutamente inevitabile per chi si propone di fare un teatro che parli di guerra, di un vero e proprio pilastro del teatro inglese, Caryl Churchill:

Raya Many of my friends have lost brothers and sisters. We have grown up with our country at war, and we have been poor and we have had nothing. It is all falling apart. But we all have to take responsibility for what we have done.

[…]You came to Baghdad and straight away you were telling us what to do. You shouted. You didn't listen. You didn't know anything.23

In altre occasioni, invece, le critiche sono esplicite:

Ibrahim The British make good glue, don't they? Because they are always breaking things.24

Ibrahim è un personaggio pieno di rabbia, il suo odio alla fine lo ha costretto alla completa solitudine e gli ha fatto perdere tutta la sua famiglia. Nel suo monologo dal gusto apocalittico prevede una guerra futura ancora più disastrosa che si allargherà a Turchia e Siria e addita senza mezzi termini americani e britannici come portatori di false speranze, invasori che promettono la pace e poi invece se ne vanno lasciando le cose peggio di come le avevano trovate. Anche lui, come Robert di Earthquakes in London, incarna il profeta maledetto e arreso, che non concede speranze all'umanità.

In ogni caso, ci troviamo di fronte all'unico tra i testi di Bartlett in cui l'autore assegna il

22 Ivi, p.183 23 Ivi, p.181 24 Ivi, p.154

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compito di criticare la società di cui fa parte lui stesso ad esponenti di una cultura diversa. In tutti gli altri lavori infatti, compreso 13 le critiche, seppur presenti e ogni volta sferzanti, sono sempre autocritiche, pronunciate da personaggi britannici al cento per cento.

Dal punto di vista linguistico, il testo ci offre il tipico stile e linguaggio di Mike Bartlett, ovvero un linguaggio realistico e attento a rispettare nei minimi dettagli il background di appartenenza dei personaggi. Il linguaggio di Kelly è fresco e vivace e rispecchia perfettamente quello di un qualsiasi adolescente contemporaneo, usa l'ironia come arma di difesa, ci racconta con disarmante sincerità come si sia costruita una storia assurda per giustificare l'assenza del padre, è logorroica e ci rende partecipi anche di dettagli apparentemente insignificanti ma che contribuiscono a definire in modo molto preciso il suo personaggio; Susan invece si esprime nel modo affettuosamente attento delle madri; Ibrahim riversa la sua rigidità anche nel proprio linguaggio, mentre Raya non riesce mai a nascondere il proprio disprezzo per la sorellastra e per tutto ciò che rappresenta. La peculiarità di Artefacts risiede comunque nel fatto che intere battute sono scritte e pronunciate in arabo. Faiza infatti, la madre di Raya, conosce soltanto pochissime parole inglesi e si esprime sempre nella propria lingua. Il plurilinguismo è rappresentato in modo mimetico durante il primo incontro tra Kelly e Faiza quando le due cercano di comunicare utilizzando ognuna le poche parole che conoscono della lingua dell'altra oppure i gesti, in una situazione che offre anche spunti comici. La comunicazione, e la comprensione dello spettatore e del lettore, si fanno più difficili quando entra in scena anche Ibrahim, che funge da interprete tra le due. A questo punto abbiamo varie conversazioni su più livelli, tutte che procedono parallelamente per intersecarsi in alcuni momenti: Faiza e Ibrahim che parlano tra loro in arabo spesso commentando le parole di Kelly, Ibrahim e Kelly che parlano in inglese e Faiza e Kelly che comunicano attraverso l'interpretariato di Ibrahim. Un' intera scena è dedicata poi ad un monologo di Faiza, che non è altro che la versione araba della fiaba attribuita ai fratelli Grimm Il pifferaio magico.25

L'effetto straniante del bilinguismo viene mitigato nel testo scritto facendo sempre seguire le battute in arabo da una traduzione in inglese tra parentesi quadre. Sulla scena, però, potrebbe avere effetti irritanti, seppur realistici, sullo spettatore e aumentare il senso di simpatia verso Kelly nei momenti in cui è evidente che suo padre e la moglie parlano di lei pienamente consapevoli del fatto che lei non può capirli.

Nonostante l'impianto di base realistico, nell'opera non si rinuncia alla metafora. Il testo è costellato di simboli impossibili da ignorare: il vaso che Ibrahim ha offerto in dono a Kelly si rompe in tre pezzi, che potrebbero rappresentare i tre stati in cui era diviso l'Iraq prima dell'unificazione

25 Da notare che pochi mesi prima era andato in scena proprio al Royal Court Hamelin, di Juan Mayorga, uno dei più grandi autori del teatro spagnolo contemporaneo, opera tutta costruita in parallelo proprio alla fiaba del pifferaio.

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