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4. L’antica via processionale: una proposta di ricostruzione

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4. L’antica via processionale: una proposta di ricostruzione

È stato ampiamente dimostrato, soprattutto grazie alle parole di Tucidide1, che quando la città di Atene non era ancora sviluppata nei quartieri dove sarebbe sorta l’agorà classica, essa occupava l’Acropoli e la zona a sud e a sud-est di essa, in cui sorgevano, rispettivamente, i più antichi santuari ateniesi e il cuore politico della città (l’archaia agorà)2. Inoltre, in base alle considerazioni fatte pocanzi, è

lecito ipotizzare che i membri dell’antica comunità si servissero di una diversa strada, rispetto alla Via delle Panatenee e molto più antica di essa, per la processione che si svolgeva annualmente, sin da epoca molto remota, in onore di Atena poliade. Di tale via sacra, tuttavia, non resta alcuna evidenza archeologica e, dunque, il suo percorso è solamente ipotizzabile sulla base delle fonti scritte e degli elementi topografici fissati con certezza e finora analizzati.

Dal momento che i punti di riferimento indicati da Tucidide per il primo nucleo della città sono concentrati a sud/sud-est, vicino alla riva del fiume Ilisso, un po’ distante dall’Acropoli, sembra logico ipotizzare, come sostenuto anche da Robertson3, che da qui, per raggiungere la rocca ove era situato il santuario di Atena, fosse necessario avvicinarsi al suo angolo sud-est, cioè alla zona occupata dal più tardo teatro di Dioniso, dove si è già ipotizzata la collocazione del

Propylon arcaico, per poi girare a ovest presso l’area del teatro e costeggiare il

lato sud dell’Acropoli, fino al suo principale accesso ad ovest. Del resto, se è vero che l’agorà arcaica era situata ad est della rocca, la strada processionale antica è

1 Thuc. II, 15, 3.

2 Si vedano le pp. 53-67 del presente lavoro. 3 ROBERTSON 1998, p. 291.

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plausibile che fosse adiacente ad essa, nella stessa misura in cui la successiva Via Panatenaica coinvolgerà nel suo percorso l’Agorà del Ceramico.

Tale processione, molto probabilmente, nel punto in cui la via si inerpicava sulla collina, attraversava il Propylon arcaico, l’ingresso monumentale aperto nel Pelargikón basso, quasi sicuramente ubicato sulle pendici meridionali della rocca, come già discusso e dimostrato nel presente lavoro4.

Pausania dice chiaramente che “l’acropoli ha un solo accesso: non ne

offre altri, essendo tutta scoscesa e circondata da un solido muro”5, riferendosi,

come lui stesso subito dopo spiega, alla grande rampa sormontata dai Propilei di Mnesicle.

L’affermazione del periegeta vale quasi certamente per tutta la storia di Atene come città-stato dal momento che, anche prima che la rampa fosse costruita, l’entrata principale all’Acropoli è sempre stata sul suo lato occidentale, dove la roccia è più bassa e, dunque, adeguata al passaggio della via processionale diretta al santuario di Atena sulla sommità.

Prima dell’utilizzo della rampa, l’accesso principale ad ovest seguiva la roccia scoscesa ai piedi del bastione di Atena Nike e la strada di accesso all’Acropoli partiva dalla terrazza a sud del bastione e poi costeggiava i lati occidentale e settentrionale della rocca fino a raggiungerne l’ingresso, ora irrintracciabile, nel muro miceneo6.

Molto significativo, ai fini della ricostruzione dell’antico percorso processionale, è il tragitto compiuto da Pausania nel suo itinerario ateniese7.

4 Si vedano le pp. 36-48 del presente lavoro. 5 Paus. I, 22, 4 (Trad. BESCHI, MUSTI 1982). 6 ROBERTSON 1998, p. 290.

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Costui, infatti, non arriva alla rampa occidentale e ai Propylaia attraverso la Via Panatenaica, come ci si potrebbe aspettare, ma, provenendo dall’Agorà del Ceramico, decide di non dirigersi subito all’Acropoli, ma di visitare prima l’agorà romana (probabilmente) e poi quella archaia. Come si ricorderà, arrivato al

Prytaneion, però, compie una deviazione verso la valle dell’Ilisso, e, dopo aver

visitato questa zona, torna indietro per visitare l’Acropoli percorrendo la strada che passa attraverso l’Arco di Adriano e raggiungendo nuovamente al Prytaneion. Incamminandosi da qui, nomina il Teatro di Dioniso e l’Odeion di Pericle, e, dopo aver attraversato il secondo diazōma del teatro, menziona l’Asklepieion e il santuario di Iside, per arrivare sotto il bastione di Athena Nike, dove ricorda gli antichi santuari di Afrodite pàndēmos, di Ge kourotrophos, e di Demetra chloe8; infine, aggirando il bastione, sale verso i propilei di Mnesicle e giunge sull’Acropoli9 (fig. 84).

Significativamente, Pausania, che decide di salire sulla rocca seguendo una strada che costeggia le sue pendici sud, designa per ben due volte la via meridionale da lui percorsa come un usuale ingresso all’Acropoli: “sulla strada

che dal teatro porta all’acropoli”10; “dopo il santuario di Asclepio, procedendo

da questa strada verso l’acropoli, s’incontra il tempio di Temide”11.

8 Paus. I, 22, 3. 9 Paus. I, 21, 4- 22, 1. 10 Paus. I, 21, 4. 11 Paus. I, 22, 1.

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Fig. 84. L’itinerario di Pausania lungo le pendici meridionali dell’Acropoli (BESCHI, MUSTI 1982, p. CXVI).

La strada in questione, che le cronache attiche consultate da Pausania avranno menzionato molte volte, è sicuramente da identificare con il Peripatos12, il cui tratto meridionale, molto imponente e regolare, doveva avere una precisa funzione e una grande importanza nel tessuto urbano arcaico (fig. 85). All’estremità occidentale dell’Acropoli, la strada girava a nord, o addirittura tornava indietro a nord-est incurvandosi in grossi tornanti, per raggiungere la terrazza rocciosa del bastione della Nike, dove, tuttavia, la linea di ascesa non è stata individuata. Anche nel periodo posteriore, in occasione delle feste in onore di Afrodite pàndēmos, il quarto giorno del mese di Ecatombeone, la processione, che era la prima dell’anno, doveva compiere questo percorso verso la terrazza13.

12 ROBERTSON 1998, p. 292. 13 ROBERTSON 1998, p. 292.

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Fig. 85. Tratto meridionale del Peripatos, in parte percorso da Pausania nel suo itinerario verso l’Acropoli.

Dal momento che subito prima di imboccare questa strada, Pausania elenca nell’ordine il santuario di Dioniso, l’Odeion di Pericle, il teatro, la testa della Gorgone nel muro meridionale dell’Acropoli e il monumento coregico di

Thrasyllos14, è chiaro che il periegeta entrò in quest’area da sud-est grazie alla Via

dei Tripodi da lui menzionata poco prima15, per poi camminare attraverso il teatro verso ovest, incontrando il suddetto monumento16.

Dunque, in base ai dati finora in nostro possesso, risulta particolarmente convincente l’idea, sostenuta da Robertson e da Raubitschek17, di identificare in

questa strada il probabile percorso dell’antica via processionale di Atene diretta al santuario della divinità poliadica sulla rocca, ed è plausibile che Pausania, da bravo antiquario, abbia scelto di percorrere questa via, piuttosto che quella più tarda e celebre delle Panatenee, proprio per il suo antico valore18.

14 Paus. I, 20, 3- I, 21, 3. 15 Paus. I, 20, 1- 2.

16 ROBERTSON 1998, p. 292.

17 ROBERTSON 1998; RAUBITSCHEK 1992.

18 Un’ulteriore conferma dell’individuazione dell’antica via sacra in questo settore, è data dal

recente ritrovamento di un “ippodromo” sotto l’Odeion di Erode Attico, che evidentemente doveva ospitare le corse di carri e cavalieri che si svolgevano durante le festività panatenaiche, esistenti già in antico.

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Tuttavia, menzionandone esplicitamente solo il tratto che dal teatro di Dioniso andava fino all’Acropoli, lo scrittore omette la prima parte di questa probabile antica via processionale.

Come si è visto, si sa molto poco dal punto di vista archeologico, soprattutto per quanto attiene alle fasi più antiche, dell’area a sud dell’Acropoli che si espande verso est fino alla valle dell’Ilisso, a parte le attestazioni letterarie che vi ubicano i più antichi luoghi di culto della città19 nonché la dimora stessa di Egeo20.

Si è già detto che questo spazio era attraversato dal percorso che, nel segmento suburbano, conduceva ad Agrai, identificato da L. Ficuciello21 con un’importante via processionale connessa con antichissime festività cittadine, e probabilmente anche dal primo segmento della via sacra Pitaide, nota dalle attestazioni letterarie ed epigrafiche22. Inoltre, tra le strade più antiche scoperte in

quest’area, c’era sicuramente anche l’asse stradale che attraversava lo spazio occupato dalle sepolture di un denso cimitero di epoca geometrica il quale, dal V e poi per tutto il IV sec. a. C., era fiancheggiato da abitazioni23. Lungo tale

percorso, che ci sono buone ragioni per identificare nella Hestia hodos di cui parlano le fonti24, corrispondente alla strada che usciva da una porta della cinta temistoclea25, fu realizzato l’Arco di Adriano, eretto presso la grande fondazione del tempio pisistrateo di Zeus Olympios26. Come si è già avuto modo di dire, è probabile che il prolungamento urbano di tale direttrice corresse lungo l’asse

19 Thuc. II, 15, 3.

20 Poll. VIII, 119; Plut. Thes. 12. 21 FICUCIELLO 2008, p. 79. 22 FICUCIELLO 2008, pp. 26-33. 23 TRAVLOS 1971, p. 289. 24 Harp. s. v. τρικέφαλος ο ‘Eρμῆς.

25 La IX nella numerazione di Travlos (TRAVLOS 1971, pp. 168-169, fig. 219). 26 TRAVLOS 1971, pp. 167-171, figg. 217-221.

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dell’attuale od. Lisikratous fino a raggiungere l’omonima plateia che sorge presso il famoso monumento coregico, dov’era situata, con molta probabilità, l’archaia

agora. Del resto, si è detto come il culto di Hestia, a cui la strada è dedicata in

quanto evidentemente divinità titolare del santuario verso cui essa era diretta, aveva la propria unica sede presso il Pritaneo, luogo in cui si trovava l’inestinguibile ed inamovibile fiamma della dea27.

Questa antica strada, che a nord aveva il proprio imbocco dalla via dei Tripodi, potrebbe molto verosimilmente corrispondere al tragitto che fu percorso da Pausania nel dirigersi dall’archaia agora alla valle dell’Ilisso28 e, proprio per

questo, oltre che per la sua antichità, ci sono buoni motivi per credere che tale asse rappresentasse, nel senso contrario, il primo tratto dell’antica via processionale percorsa in occasione della più importante festa cittadina, la quale, nel suo tratto terminale, si congiungeva con il segmento meridionale del Peripatos, per poi raggiungere l’Acropoli29 (figg. 86-88).

Fig. 86. Ipotetico primo tratto della via processionale arcaica, coincidente con l’attuale Viale di Lisicrate.

27 Paus. I, 18, 3; Suid. s. v. Πρυτανεῖον. 28 Paus. I, 18, 4

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Fig. 87. Ipotetico percorso della via processionale arcaica fino all’immissione nel tratto meridionale del Peripatos, lungo le pendici dell’Acropoli.

Fig. 88. Il percorso dell’antica via processionale secondo la ricostruzione di Robertson (ROBERTSON 1998, p. 285, fig. 1).

A supportare questa ipotesi ricostruttiva è, a mio avviso, il forte rapporto che intercorreva tra la solennità delle Panatenee, da interpretare come festa propiziatoria del nuovo anno, e il fuoco sacro della città, la cui fiamma, che a tale valore era profondamente associata, era perennemente accesa nel Pritaneo.

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Il fuoco sacro, infatti, sin dall’età più antica della città, era legato ad Hestia, divinità il cui culto aveva la sua unica sede ateniese nell’archaia agora. Quindi, anche per tale motivo, è molto plausibile che l’antico cuore politico della città fosse coinvolto attivamente e materialmente nelle celebrazioni della più importante festa cittadina, almeno fino a quando, per volere dei tiranni30, il culto di altre due divinità del fuoco, Prometeo prima ed Efesto poi, assunse nell’Accademia un ruolo centrale nel rituale panatenaico, legittimando un diverso percorso processionale che riusciva a coinvolgere un settore urbano, quello di nord-ovest, fino a quel momento isolato e dunque non attraversato dalla processione della principale solennità ateniese.

In assenza di dati materiali certi, più difficile è capire il punto in cui la processione panatenaica si originava nell’epoca più antica.

Sicuramente, l’antichissimo percorso della presunta Hestia Hodos, pocanzi interpretato come possibile tratto iniziale della via processionale diretta all’Acropoli, rappresentava uno degli assi più importanti della città, in quanto permetteva un collegamento diretto tra l’archaia agora e la zona settentrionale della valle dell’Ilisso, da cui partivano le strade suburbane dirette all’Imetto e alla Mesogaia. Dalle fonti letterarie, come si è già avuto modo di dire, apprendiamo che tale strada aveva inizio presso l’Erma Trikephalos, un monumento arcaico eretto presso un crocevia, e che il suo percorso attraversava l’area suburbana del demo di Ankyle, ubicato nella zona orientale della città31. Proprio in prossimità

dell’Arco di Adriano, questa strada doveva incrociare quella altrettanto antica per il Falero o una sua biforcazione. In base alla ricostruzione dei percorsi viari

30 Fu soprattutto Ippia a monumentalizzare l’area dell’Accademia (527-510 a. C.).

31 Harp. s.v. τρικέφαλος ο ‘Eρμῆς; Hsch. s.v. Tρικέφαλος (τετρακέφαλος) ‘Eρμῆς; Suid. s.v.

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realizzata da L. Ficuciello32, infatti, sembra che il monumento adrianeo sia stato eretto presso uno snodo in cui convergevano gli assi stradali più importanti della zona sud-orientale della città (fig. 89); questi ultimi, in corrispondenza dell’incrocio presso l’arco, dovevano confluire in un direttrice unica che imboccava la porta, appunto la probabile prosecuzione urbana dell’Hestia

Hodos33.

Fig. 89. Atene, foto d’epoca scattata in direzione della Valle dell’Ilisso, con i resti dell’Olympieion e dell’Arco di Adriano presso il quale confluivano antichi percorsi stradali, uno dei quali

proveniente dal Falero.

La via per il Falero rappresentava uno degli assi più antichi della città, soprattutto durante le epoche anteriori alla costruzione della cinta temistoclea. Essa, infatti, era diretta a quello che era il porto principale di Atene prima del potenziamento del Pireo e della costruzione delle Lunghe Mura34. Gli scavi hanno

32 FICUCIELLO 2008, p. 77.

33 Sulla possibilità che l’Arco di Adriano, oltre a marcare un punto di passaggio importante, si

trovasse presso un incrocio stradale per analogia con altri archi romani, si veda: ADAMS 1989, p. 14.

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rivelato che tale asse viario correva in corrispondenza dell’attuale od. Makrygianni, era largo 6-7 m e presentava numerosi battuti sovrapposti che hanno attestato il suo periodo d’uso dall’età tardo-classica fino a quella tardoantica. Il percorso, tuttavia, doveva essersi costituito in un periodo anteriore, dato che attraversava un’area originariamente occupata da una densa necropoli di epoca micenea, protogeometrica e geometrica (XII-metà VIII sec. a. C.); a partire dal periodo tardogeometrico, però, pare che lo stesso spazio sia stato destinato esclusivamente ad una funzione insediativa35.

In questo percorso, secondo L. Ficuciello, è da riconoscere la Ξενικὴ ὁδός, cioè la “Via degli Stranieri” o “Via esterna”36, citata in un passo di Plutarco

relativo alla vita di Teseo37, in cui la strada viene indicata come un’arteria che era diretta ad un porto importante di Atene, poiché fu lontano da essa che l’eroe decise di far costruire, di nascosto, una parte della flotta per contrastare Deucalione. Plutarco sembra far riferimento ad un percorso ben preciso, da identificare più con una via frequentata o praticata regolarmente dagli stranieri che con una strada interregionale. Dunque, è possibile riconoscere nella Ξενικὴ ὁδός ateniese un antico asse suburbano che costituiva la principale direttrice di collegamento tra la città ed il suo porto più importante, da identificare con il Falero, porto in cui dovette approdare Teseo quando arrivò per la prima volta ad Atene prima di dirigersi verso il palazzo di Egeo, individuato da Plutarco nel

35 FICUCIELLO 2008, p. 82. 36 FICUCIELLO 2008, pp. 17-18. 37 Pluth. Tes. 19, 9.

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Tempio di Apollo Delphinios38, e in cui sicuramente l’eroe approdò dopo la vittoriosa impresa del Minotauro39.

Inoltre, le fonti lessicografiche sembrano definire la via per il Falero come una hiera hodos, cosa che non stupisce dato che essa svolgeva la funzione di via processionale in tutte le cerimonie che coinvolgevano il mare: negli Oschophoria, una festa collegata alla prima spedizione transmarina, quella di Teseo a Creta; nella pompe di Dioniso che, durante gli Anthesteria, metteva in scena l’arrivo del dio dal mare; nel secondo giorno dei Misteri di Eleusi, quando gli iniziati andavano a purificarsi al mare; infine, nel corso di un corteo che annualmente conduceva un’antica statua di Atena verso il mare40.

Dunque, in base a tutta questa serie di considerazioni, e soprattutto all’antichità di questi percorsi, strettamente legati al mito di Teseo, sembra piuttosto ragionevole collocare il punto di partenza della processione diretta all’Acropoli nella parte settentrionale della valle dell’Ilisso, probabilmente nel punto di incontro di queste importanti e antichissime strade, dove non a caso sarebbe stato costruito l’arco adrianeo, nelle immediate vicinanze dei due importanti santuari di Zeus Olympios e di Apollo Delphinios.

Emblematico, infatti, è il valore che questi due santuari sembrano assumere nella più antica storia di Atene e nel mito di fondazione delle Panatenee, il cui aition, come si è avuto modo di dire, va individuato nella leggenda della nascita di Erittonio e la cui originaria istituzione era attribuita proprio a Teseo.

38 Pluth. Tes. 12. 39 Pluth. Tes. 22. 40 GRECO 2011, p. 370.

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Infatti, il mito di fondazione dell’Olympieion attribuisce l’originaria costruzione del santuario a Deucalione41, l’unico sopravvissuto al diluvio universale, che, durante il regno di Cranao, successore di Cecrope (1506-1497 a. C.), avrebbe costruito ad Atene il primo tempio in onore del padre degli dei, nei pressi della crepa attraverso la quale erano defluite le acque del cataclisma.

Come chiarisce anche Pausania42, il recinto di tale santuario ospitava due antichissimi culti. Il primo era quello di Gea Olimpia, a cui era dedicato il

temenos che si trovava presso la crepa naturale nel terreno, attraverso la quale

erano defluite le acque del diluvio scatenato da Zeus ai tempi dell’eroe mitico Deucalione, figlio, tra l’altro, del titano Prometeo43. Gea, inoltre, acquista un

ruolo considerevole anche nel mito di Erittonio essendo effettivamente la madre del divino fanciullo, fecondata da Prometeo/Efesto. Emblematico, poi, è il legame tra Zeus e Gea che qui condividono l’epiclesi di “Olimpi”, membri di una coppia divina primordiale legata all’agricoltura e alla propiziazione dei raccolti; del resto, il mito del diluvio, ovunque in Grecia, era indissolubilmente connesso ai rituali di fertilità che segnalano la fine delle piogge invernali e la speranza in abbondanti colture e pascoli nel nuovo anno agricolo44.

Il secondo culto praticato nel recinto dell’Olympieion era quello di Kronos e Rea, a cui era dedicato un naos. Anch’esso era considerato molto antico, dato che Filocoro attribuiva a Cecrope, il primo re di Atene, e quindi ad un’età precedente al diluvio, la fondazione di un altare in onore della coppia di Titani45.

41 Thuc. 2, 15, 4; Marm. Par. FGrHist 239 A 4; Paus. 1, 18, 7-8; Str. 9, 4, 2. 42 Paus. I, 18, 7.

43 Mar. Par. FGrHist 239 A4.

44 Sul legame tra il culto di queste divinità e i riti agrari di fertilità si veda ROBERTSON 1992, pp.

139-140.

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Inoltre, Kronos e Rea erano considerati nel mito i genitori di Hestia, la dea della casa e del focolare venerata nel Pritaneo, che, come si sa, fu istituito da Teseo dopo il sinecismo (συν, “con, insieme”, -οἶκος, “casa”)46.

Dunque, nell’Olympieion sembra potersi individuare un forte legame con la festa panatenaica, per il rimando al mito del concepimento di Erittonio, figlio adottivo della divinità tutelare della città, oltre che con la storia più antica di Atene.

Invece, il tempio di Apollo Delphinion, in cui Apollo era venerato come protettore dei naviganti, in ricordo dell’episodio mitico della fondazione del santuario del dio a Delfi, è indissolubilmente legato alla figura di Teseo, il fondatore delle feste Panatenee. Infatti, come si è già avuto modo di dire, nel

Delphinion, o nelle sue immediate vicinanze, si svolsero molti degli episodi

cruciali della vita dell’eroe, che era molto devoto al dio titolare del santuario. In conclusione, pur mancando fondamentali conferme archeologiche e documentarie, in base alle considerazioni fin qui fatte, ci sono ottimi motivi per ricostruire come segue il percorso della più antica processione ateniese diretta all’Acropoli. Essa molto probabilmente partiva dalla valle dell’Ilisso, in un punto non ben identificato nei pressi dell’Olympieion, legato ai primordi mitici della città, ai riti di fertilità e, indirettamente, alla figura del titano Prometeo, e del

Delphinion, connesso alla figura del mitico fondatore del sinecismo ateniese e

della festa più importante della città. Da qui, passando per un antico crocevia, punto nevralgico della viabilità arcaica in cui in seguito sarebbe stato costruito l’Arco di Adriano, la strada doveva proseguire lungo l’attuale Via di Lisicrate, da cui imboccava il segmento meridionale del Peripatos, lungo le pendici

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dell’Acropoli, e, oltrepassando il propylon arcaico ubicato presso l’area del futuro

Asklepieion, saliva sulla sommità della rocca attraverso l’ingresso monumentale

ad ovest, raggiungendo il santuario della divinità poliadica in cima (fig. 90). L’antica via processionale ateniese, dunque, ricostruiva idealmente la storia primordiale della città dalle sue origini, congiungendo la parte più antica di Atene, sede dei suoi ultimi re e teatro di arcaici miti di fondazione, alla nuova città di Teseo, voluta dall’eroe in seguito all’unificazione dei villaggi sparsi e alla fondazione di un unico consiglio e di un unico Pritaneo, sede della perenne fiamma del fuoco della polis, e legando entrambe alla principale e originaria sede cultuale della città, l’Acropoli.

Fig. 90. Foto satellitare dell’attuale centro ateniese con indicazione dell’antico percorso processionale qui ipotizzato.

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