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ARTE

P

RIMA

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I

NTRODUZIONE ALLA

I

PARTE

Il secolo XII rappresentò un momento determinante nella definizione degli assetti politico-istituzionali in gran parte d’Europa; in tale periodo, infatti, ebbe inizio un processo di ricomposizio-ne dei quadri politici in rapporto a un’epoca precedente caratterizzata dall’eclissi dell’autorità pub-blica e dalla proliferazione di molteplici e autonomi nuclei di potere. In Italia centro-settentrionale questo sviluppo ebbe come principali protagonisti i Comuni urbani – le cui origini datano proprio al primo secolo XII – e si caratterizzò per la graduale affermazione del governo cittadino sul territorio di riferimento (la diocesi o il comitatus carolingio) a spese di signori e comunità rurali, culminata infine, durante il secolo XIII, nella formazione di compagini territoriali più o meno uniformemente dominate: un’evoluzione per la quale la storiografia si serve di definizioni quali “conquista del con-tado” o processo di “comitatinanza”.

Più recentemente questo paradigma interpretativo – che nelle sue linee generali rimane co-munque valido – è stato sottoposto a revisione, alla luce di nuove e importanti acquisizioni relati-vamente ad alcuni aspetti della storia politica, sociale e istituzionale dei secoli centrali del medioe-vo; e a una prospettiva rigidamente “urbano-centrica” se ne è sostituita un’altra più attenta a coglie-re la complessità e la fluidità del panorama politico italiano nei secoli XII e XIII1. Per limitarci alla Toscana – l’ambito che qui più ci interessa – sono significative le considerazioni di Andrea Zorzi in un recente intervento intitolato La Toscana politica nell’età di Semifonte2. Riferendosi al tardo se-colo XII, lo studioso parla di una situazione politica «ancora molto fluida e dagli esiti incerti, nella quale l’azione cittadina non sembra ancora essere predominante sugli altri soggetti attivi sul territo-rio»3. È certo che proprio in quel periodo la Toscana venne configurandosi come una “terra di cit-tà”, ma d’altro canto, in quello stesso frangente, altri soggetti politici perseguivano aspirazioni ana-loghe (e per questo spesso concorrenti) a quelle dei Comuni, tanto che alla fine del Millecento «il quadro […] appare ancora aperto a una varietà di soluzioni che non lasciavano presupporre gli esiti

1

Per una efficace e aggiornata sintesi sul tema dei Comuni cittadini italiani si veda G.MILANI,I comuni ita-liani. Secoli XII-XIV, Roma - Bari, Laterza, 2005, che contiene anche una ricca bibliografia. Per un profilo

generale del periodo in questione vedi G.TABACCO, Egemonie sociali e strutture del potere nel medioevo italiano, Torino 1979, in particolare pp. 189-206, 226-292 e 399-427.

2

A.ZORZI,La Toscana politica nell’età di Semifonte, in P.PIRILLO (a cura di), Semifonte in Val d’Elsa e i

centri di nuova fondazione dell’Italia medievale, Atti del convegno nazionale organizzato dal Comune di

Barberino Val d’Elsa (Barberino Val d’Elsa, 12-13 ottobre 2002), Firenze 2004 («Biblioteca Storica Tosca-na», XLVI), pp. 103-129.

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che conosciamo», ovvero quelli che – già a metà del secolo XIII – videro «la definitiva affermazio-ne dei poteri comunali urbani […]»4

. Ma quali erano questi altri soggetti?

A livello locale un ruolo non trascurabile lo ebbero senz’altro le signorie rurali: per quanto le ricerche di Chris Wickham abbiano evidenziato il ritardo con cui i poteri signorili si affermarono in Toscana e la loro debolezza rispetto ad altre aree italiane, pure essi giunsero a piena maturazione proprio nel secolo XII5. I maggiori gruppi signorili toscani, come gli Aldobrandeschi, i Guidi e gli Alberti, furono capaci di avviare progetti di ricostruzione territoriale non dissimili da quelli cittadi-ni, pervenendo in alcuni casi alla creazione di veri e propri “principati”6. Il XII secolo fu contraddi-stinto, d’altra parte, dall’affermazione dei Comuni rurali, che nella partita giocata per il disciplina-mento e il controllo del territorio svolsero un ruolo spesso non secondario7.

Gli studi degli ultimi decenni hanno inoltre spinto a una rivalutazione della politica degli imperatori svevi in Italia centro-settentrionale: almeno fino alla metà del secolo XIII la presenza imperiale costituì «un elemento influente sugli assetti politici della regione» e della Penisola in ge-nerale8.

4

Ibidem, p. 109.

5

C.WICKHAM, La signoria rurale in Toscana, in G.DILCHER e C. VIOLANTE (a cura di),Strutture e tra-sformazioni della signoria rurale nei secoli X-XIII. Atti della XXXVII Settimana di Studio (1994), Bologna

1996 (Annali dell’istituto storico italo-germanico in Trento, Quaderno 44), pp. 343-409; ID.,Economia e so-cietà rurale nel territorio lucchese durante la seconda metà del secolo XI: inquadramenti aristocratici e strutture signorili, in C.VIOLANTE (a cura di), Sant’Anselmo vescovo di Lucca (1073-1086) nel quadro delle

trasformazioni sociali e della riforma ecclesiastica. Atti del Convegno Internazionale di studio (Lucca,

25-28 settembre 1986), Roma 1992, (Istituto Storico Italiano per il Medio Evo. Nuovi Studi Storici, 13), pp. 391-422.

6

Per gli Aldobrandeschi si vedaS.M.COLLAVINI, «Honorabilis domus et spetiosissimus comitatus». Gli

Al-dobrandeschi da “conti” a “principi territoriali”, Pisa, ETS, 1998. Per gli Alberti M.L.CECCARELLI L E-MUT,La fondazione di Semifonte nel contesto della politica di affermazione signorile dei conti Alberti, in P I-RILLO, Semifonte in Val d’Elsa, cit., pp. 213-233; EAD.,I conti Alberti in Toscana fino all’inizio del XIII se-colo, in Formazione e strutture dei ceti dominanti nel medioevo: marchesi, conti e visconti nel regno italico (secoli IX-XII), Atti del II convegno di studio (Pisa, 3-4 dicembre 1993), Roma, Istituto Storico Italiano per il

Medioevo, 1996 (Nuovi Studi Storici, 39), pp. 179-210. Per i Guidi M.E.CORTESE, Signori, castelli, città.

L’aristocrazia del territorio fiorentino tra X e XII secolo, Firenze, Olschki, 2007 («Biblioteca storica

tosca-na», LIV), pp. 7-21 e 116-125.

7

Si veda C.WICKHAM,Comunità e clientele nella Toscana del XII secolo: le origini del Comune rurale nel-la piana di Lucca, Roma 1995, in particonel-lare le pp. 233-244 per una sintesi (anche storiografica) sull’ambito

toscano.

8

ZORZI,La Toscana politica, cit., pp. 109 e 117-129. Vedi anche TABACCO,Egemonie sociali, cit., pp.

263-274; H.HAVERKAMP,Herrschaftsformen der Frühstaufer in Reichsitalien, Stuttgart, 1970-71. Per una sintesi

sulle strategie politiche degli imperatori tedeschi da Lotario III fino a Federico II si veda A.FIORE,L’impero

come signore: istituzioni e pratiche di potere nell’Italia del XII secolo, in «Storica», XXX (2004), pp. 31-60,

al quale si rimanda per la bibliografia. L’autore afferma che «l’attenzione per le aristocrazie, per le comunità (urbane e rurali), e più in generale per le forme di autogoverno della società, ha portato, quanto meno in Ita-lia, ad una generale sottovalutazione del fenomeno imperiale e della sua capacità di incidere sugli assetti po-litici»: p. 34. A questo proposito si veda anche J.-P.DELUMEAU,Arezzo: espace et sociétés, 715-1230: re-cherches sur Arezzo et son contado du VIIIe au debut du XIIIe siècle, Roma, École française de Rome, 1996,

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Di tutti questi elementi, della complessità che caratterizzò il panorama politico toscano nel secolo XII e, per certi versi, ancora nel XIII, bisogna dunque tener conto nello studio dei processi di ricomposizione territoriale avviati dai Comuni fin dai primi decenni del secolo XII. Tutte le mag-giori città toscane furono costrette a interagire con contesti estremamente eterogenei dal punto di vista politico, sociale ed economico: la diversa incidenza del fenomeno signorile, lo sviluppo (o l’assenza) di cospicue e intraprendenti comunità rurali, la scelta di aderire o meno ai programmi de-gli imperatori, condizionarono pesantemente le strategie politiche dei singoli Comuni, specie per ciò che concerne le ambizioni di controllo del territorio9. Di conseguenza, molteplici furono gli stru-menti di raccordo con il mondo rurale, diversi i tempi e gli esiti del processo espansivo.

Esistono tuttavia aspetti che accomunano tra di loro le diverse esperienze comunali toscane: per esempio, la capacità di approfittare del pur temporaneo vuoto politico venutosi a creare con la crisi della Marca di Tuscia (Matilde di Canossa morì nel 1115); l’esigenza (e la convenienza) di ap-poggiarsi ai vescovi che – in molti, ma non in tutti i casi – assunsero la rappresentatività delle gio-vani collettività urbane, favorendone indirettamente non solo la progressiva maturazione istituzio-nale, ma accompagnandone anche le prime tappe della penetrazione nel contado. E a questo ultimo proposito si rivelò determinante la risposta che i Comuni seppero fornire alla domanda di giustizia di un territorio spesso frammentato in una miriade di giurisdizioni concorrenti: il ricorso (volonta-rio) alla giurisdizione arbitrale dei Consoli cittadini – che comunque, almeno fino al secolo XIII, rimase soltanto una delle opzioni praticabili per gli abitanti delle campagne – «fornì un importante strumento alla ricomposizione territoriale dei comuni sul comitato»10.

Tutti questi aspetti si combinarono ed agirono in maniera differente nelle singole realtà co-munali, dando vita a originali percorsi politici e istituzionali. In Toscana, ad esempio, città come Pi-sa e Lucca pervennero asPi-sai precocemente a una rapida formalizzazione istituzionale; trassero bene-ficio dall’adesione alla causa degli imperatori svevi e si assicurarono una sostanziale egemonia sui propri territori entro la fine del XII secolo, favoriti in questo dalla marginalità e dalla debolezza

9

Si veda ancora ZORZI, La Toscana politica, cit., pp. 110-117; M.LUZZATI,Firenze e l’area toscana nel

Medioevo. Seicento anni per la costruzione di uno Stato, Torino, UTET, 1986, pp. 19-41.

10

Su questi aspetti si veda MILANI,I comuni italiani, cit., pp. 26-39 (p. 29 per la citazione); G.DE V ERGOT-TINI.,Origini e sviluppo storico della comitatinanza, in G.ROSSI (a cura di), Scritti di storia del diritto

Ita-liano, Milano 1977, pp. 1-122; pp. 38-53 per il ruolo svolto dai vescovi nelle prime fasi della storia dei

Co-muni cittadini. Sull’affermazione della giurisdizione consolare in città e nel territorio vedi C. WICKHAM,

Legge, pratiche e conflitti. Tribunali e risoluzione delle dispute nella Toscana del XII secolo, Roma 2000,

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le strutture signorili11. Per contro a Volterra la supremazia vescovile rallentò lo sviluppo dell’istituto comunale, che fu in grado di agire con una certa autonomia solo a partire dal tardo XII secolo12.

Ma anche quei Comuni che più precocemente riuscirono a proiettarsi nel territorio, almeno in un primo momento si limitarono a esercitarvi una egemonia dai caratteri decisamente informali: le autonomie (quelle dei signori, laici ed ecclesiastici, e dei Comuni rurali) non vennero cancellate, ma piuttosto – più o meno volontariamente – coinvolte nel generale processo di riorganizzazione del territorio. Solo nella seconda metà del secolo XIII la maggior parte delle città riuscì ad assogget-tare il proprio contado «completando l’opera di abolizione dei diritti signorili» e predisponendo strutture di governo e di amministrazione più stabili e capillari13.

Come accennavo, il Comune di Pisa riuscì a estendere la propria autorità sul territorio della diocesi e dell’antico comitatus in tempi assai brevi rispetto ad altre realtà cittadine: un caso per certi versi eccezionale14. La ragione di questa precocità è stata individuata nella debolezza dei poteri si-gnorili che «almeno fino alla Cecina […] non sembrano capaci di perseguire progetti indipendenti di organizzazione del territorio e di inquadramento degli uomini e neppure di porsi come interlocu-tori della città o di condizionarne l’intervento politico o militare»15

. Tuttavia, l’affermazione della città non fu propriamente priva di ostacoli: l’arcivescovo pisano vantava diritti signorili su diverse località, che continuò a rivendicare fin oltre il Duecento; e nel corso del secolo XII nelle campagne pisane si svilupparono vivaci comunità rurali cui – in un primo momento – Pisa concesse ampi margini di autonomia (spesso in funzione anti-signorile) amministrativa e giurisdizionale16.

11

ZORZI,La Toscana politica, cit., pp. 110-111; WICKHAM,Legge, pratiche e conflitti, cit., pp. 55-56 e

185-189.

12

ZORZI,La Toscana politica, cit., pp. 112-113.

13

WICKHAM,La signoria rurale, cit., pp. 405-406; MILANI,I comuni italiani, cit., pp. 117-120 e 139-141.

14

Fondamentale risulta ancora l’opera di G.VOLPE,Studi sulle istituzioni comunali a Pisa (Città e contado, consoli e podestà). Secoli XII-XIII, n. ed. con prefazione di C.VIOLANTE,Firenze 1970, (Biblioteca storica

Sansoni, n. s., 48), in particolare pp. 24-123. Vedi anche G. ROSSETTI,Costituzione cittadina e tutela del contado: una vocazione originaria a Pisa nei secoli XI-XII: i protagonisti e gli spazi, in G.ROSSETTI (a cura

di), Legislazione e prassi istituzionale a Pisa (secoli XI-XIII). Una tradizione normativa esemplare, Napoli 2001, pp. 105-160; A.POLONI,Comune cittadino e comunità rurali nelle campagne pisane (seconda metà

XII - inizio XIV secolo), in «Archivio storico italiano», CLXVI (2008), pp. 3-51; e ora M.L.CECCARELLI

LEMUT,Giurisdizioni signorili ecclesiastiche e inquadramenti territoriali, in A.MALVOLTI -G.PINTO (a cu-ra di),Il Valdarno inferiore terra di confine nel Medioevo (secoli XI-XV). Atti del Convegno di studi

(Fucec-chio, 30 settembre-2 ottobre 2005), Firenze, Olschki, 2008 («Biblioteca storica toscana», 55), pp. 17-41.

15

POLONI,Comune cittadino e comunità rurali, cit., p. 5. Per l’ipotesi – meritevole di approfondimento –

della debolezza delle strutture signorili nel pisano si veda WICKHAM,La signoria rurale, cit., pp. 354-355.

16

Sul ruolo attivo delle comunità rurali nel promuovere, assieme alla città, «il processo di riorganizzazione dello spazio rurale» insiste POLONI,Comune cittadino e comunità rurali, cit., pp. 7-25. Sulle signorie

arcive-scovili si veda M.L.CECCARELLI LEMUT,Terre pubbliche e giurisdizione signorile nel “Comitatus” di Pisa

(secoli XI-XIII), in A.SPICCIANI –C.VIOLANTE (a cura di),La signoria rurale nel medioevo italiano, 2, Pisa

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Inoltre, quando si tratta dell’espansione pisana nel territorio rurale bisogna fare attenzione a distinguere il contado “storico” (corrispondente appunto all’ambito della diocesi e alla antica circo-scrizione comitale), dai territori che, pur entrati a far parte del dominio pisano, afferivano origina-riamente – sia dal punto di vista ecclesiastico, sia civile – ad altre città. In queste aree la penetrazio-ne pisana si trovò spesso «alle prese con un territorio che aveva trovato penetrazio-nella signoria rurale una forma efficace di organizzazione politica»: è il caso, ad esempio, della Maremma, dove «il processo di comitatinanza continuò per tutto il Duecento, e fu portato avanti da Pisa con gli strumenti usuali, dalle spedizioni militari ai patti di sottomissione e di alleanza agli acquisti di diritti signorili»17.

L’altra vasta area sulla quale i Pisani rivolsero le proprie ambizioni fu la Valdera: divisa a metà tra l’influenza lucchese e quella volterrana, questa zona entrò definitivamente a far parte del contado pisano solo alla fine del secolo XIII. L’assoggettamento della Valdera presenta tratti pecu-liari in rapporto a quanto si è osservato sia per l’ambito della diocesi/comitatus, sia per la Marem-ma. Una presenza signorile sicuramente non forte come in Maremma, ma non per questo trascurabi-le; comunità rurali cospicue e intraprendenti, in alcuni casi fortemente militarizzate; e soprattutto una pervicace concorrenza da parte di soggetti politici (in primis il vescovo di Lucca, con il soste-gno intermittente del Comune lucchese, ma anche l’episcopato volterrano) determinati a difendere i propri diritti contro le aspirazioni egemoniche della città tirrenica.

L’inserimento della Valdera nel contado pisano fu il risultato di un percorso lungo e com-plesso; la situazione in cui il Comune di Pisa si trovò ad operare evolse rapidamente nel corso dei secoli XII e XIII, costringendolo ad adattare di volta in volta le proprie strategie politiche alle muta-te condizioni economiche, sociali e istituzionali del muta-territorio. La ricostruzione delle diverse fasi di questo articolato processo espansivo sarà l’oggetto della prima parte del lavoro, cui è però necessa-rio premettere una sintetica descrizione dell’organizzazione politica e istituzionale dell’area nei se-coli XI e XII.

signorili nel “comitatus” di Pisa (secoli XI-XIII), in A.K.ISAACS (a cura di),Città e campagna: tradizioni storiografiche e prospettive di ricerca, Pisa 1997, pp. 109-120, in particolare pp. 113-114.

17

POLONI,Comune cittadino e comunità rurali, cit., p. 5. Sull’espansione pisana in Maremma si veda M.L. CECCARELLI LEMUT,Scarlino: le vicende medievali fino al 1399, in R.FRANCOVICH (a cura di),Scarlino, I, Storia e territorio, Firenze 1985 (Ricerche di archeologia altomedievale e medievale, 9/10), in particolare pp.

58-64; EAD.,La Maremma populoniese nel medioevo, in G.BIANCHI (a cura di), Campiglia: un castello e il

suo territorio, I, La ricerca storica, Firenze 2003, pp. 1-116, in particolare pp. 59-73 e 86-92; EAD.,Il mona-stero di San Giustiniano di Falesia e il castello di Piombino (secoli XI-XIII), Pisa 1972, pp. 71-77. La

Ma-remma è un’area in cui «le signorie erano decisamente forti»: WICKHAM,La signoria rurale, cit., pp.

359-360. Vedi anche M.L.CECCARELLI LEMUT,La signoria rurale e di castello e il suo sviluppo nell’area

ma-remmana. Alcuni esempi tra archeologia e storia, in La signoria rurale in Italia nel Medioevo. Atti del II

convegno di studi organizzato da C.VIOLANTE eM.L.CECCARELLI LEMUT (Pisa, 6-7 novembre 1998), con introduzione di G. ROSSETTI,Pisa 2006,(Studi Medioevali, 11), pp. 217-231.

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