CAPITOLO 2
Batteri e muffe
nell’industria conciaria
32 Molti microrganismi si trovano associati alla pelle e al cuoio, dal momento che essi hanno la capacità di utilizzare come fonti di nutrimento questi materiali; si tratta infatti di prodotti organici costituiti da carbonio, azoto, ossigeno, idrogeno e minerali indispensabili per lo sviluppo dei microrganismi stessi.
Tutti gli animali viventi coesistono in uno stato di equilibrio con i microrganismi presenti nei loro corpi: i meccanismi di difesa immunitaria tipici degli organismi viventi li tengono sotto controllo, ma al cessare del processo vitale si verifica un cambiamento improvviso che porta al rapido aumento della loro velocità di riproduzione, non essendo più inibiti dai normali meccanismi di difesa.
Da questo momento è di fondamentale importanza il controllo dello sviluppo di questi microorganismi, onde evitare che la loro azione deteriorante, alteri le caratteristiche chimiche, fisiche e l’aspetto estetico della pelle finita.[5]
Gli studi finora effettuati hanno rivelato una grandissima varietà di microrganismi associati all’industria conciaria, quali muffe, fermenti, lieviti e batteri.5
Per prevenire la biodegradazione, nell’arco di tempo che intercorre dalla scuoiatura all’inizio delle operazioni di trasformazione della pelle in cuoio, è quindi necessario provvedere ad un’ adeguata conservazione della pelle grezza, considerando anche che quasi sempre le pelli vengono lavorate in luoghi distanti dalle zone di produzione. La conservazione e il controllo dell’attività microbiologica, si esegue ormai da molti anni variando alcune condizioni fisiche, quali temperatura e contenuto di acqua e impiegando agenti battericidi o batteriostatici.
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Si tratta di organismi con caratteristiche che possono accomunarli sia con le piante che con gli animali. In base alla loro struttura cellulare, si distinguono i procarioti e gli eucarioti. Esempi dei primi sono i batteri, che si riproducono generalmente per divisione cellulare, mentre alla seconda categoria appartengono i funghi, tra cui vi sono anche le muffe e i lieviti, che si riproducono principalmente per mezzo di spore.
33 Sia il raffreddamento, sia l’essiccazione, però, non distruggono la microflora ma semplicemente la inibiscono. L’attività dei microrganismi riprende non appena variano queste condizioni, in particolare all’inizio della lavorazione conciaria, dove come vedremo si riporta la pelle al suo stato di idratazione originale, ad una temperatura vicina a quella ambientale.
I difetti dovuti all’attacco di microorganismi possono manifestarsi sia a causa della produzione e accumulo di sostanze estranee (quali sostanze coloranti ed acidi, ad es acido solfidrico, responsabili di macchie, corrosione, ecc), sia mediante la vera e propria decomposizione della pelle, usata come nutrimento da parte dei microorganismi.
I batteri proteolitici attaccano le proteine della pelle in condizioni favorevoli di umidità, temperatura, pH ed altri fattori ambientali. Sebbene in questi processi di proteolisi siano coinvolti spesso degli organismi aerobi, alcuni organismi anaerobi, del tipo
Clostridium, sono capaci di idrolizzare il collagene a fondo; inoltre, alcuni batteri aerobi
possono iniziare il processo putrefattivo, creando le condizioni favorevoli per l’azione dei batteri anaerobi.
Il segno di un attacco batterico in atto è facilmente riconoscibile sia dall’odore pungente dell’ammoniaca prodotta, sia osservando la facilità con cui si può asportare il pelo, fenomeno noto come “hair slipe” (il tessuto fibroso dei follicoli è sovente attaccato dai batteri, causando, nelle successive operazioni della concia, l’allargamento dei fori prodotti dal distacco dei peli).
Un’altra zona attaccata con facilità è la regione fibrosa intorno alle vene: il difetto risultante è poi particolarmente evidente nel cuoio finito (tra l’altro, se rimane del sangue nei vasi sanguigni, questo può fare da substrato a batteri proteolitici, ed essere l’origine di un danno ancora maggiore, che si accentua durante le operazioni di
34 rifinizione, sia perché si producono diseguaglianze di spessore nei punti attaccati, sia perché la tintura in queste regioni non è più uniforme).
La tipologia e quantità dei microrganismi attivi nel corso della lavorazione conciaria varia con i fattori ambientali, quali pH, temperatura, attività dell’acqua, concentrazione di biocidi ecc.
Nei processi, quali il rinverdimento, o in condizioni di elevata alcalinità, come nel calcinaio, dove si raggiungono valori di pH compresi tra 11-13, giocano un ruolo predominante i batteri, come alcuni sporigeni, appartenenti al genere Bacillus, altamente pericolosi per la pelle. A volte, si è isolato anche qualche ceppo batterico patogeno, come quello del Bacillus anthracis, del Mycobacterium tubercolosis o del Dermatophilus congelensis.
Le muffe, che sopravvivono in condizioni di bassi valori di pH, sono associate solo ai processi di piclaggio e di concia, data l’estrema acidità presente in queste fasi (pH 2-3). Durante la fase di macerazione il pH è circa 8, mentre la temperatura è tra i 30 ed i 40 ⁰C, condizioni congeniali, queste, per lo sviluppo di gruppi mesofili.
Ci sono muffe, però, che hanno simili condizioni di crescita e sviluppo, simile colore e dimensioni, ma solo alcune di esse sono responsabili della liquefazione della struttura collagenica delle fibre componenti il corion.
Tra le tipologie di lieviti c’è un numero di microrganismi quali Mycoderma che sono piuttosto inerti nei confronti del substrato pelle, mentre esistono una o due specie, indistinguibili microscopicamente dalle altre, che producono “sgradevoli” macchie sul cuoio finito.
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2.1 Funghi
Non soltanto sulle pelli, ma anche su substrati quali il legno, le fibre tessili, la plastica, le vernici, gli alimenti e molti altri, la presenza di funghi determina un deterioramento che spesso pregiudica la qualità e l’aspetto.
I funghi sono un vasto gruppo di organismi caratterizzati dalla mancanza di clorofilla; essi pertanto, come gli animali, non sono in grado di compiere la fotosintesi per produrre sostanze organiche e devono quindi nutrirsi di sostanze già elaborate da altri organismi.
Alcuni funghi vivono a spese dell’animale in vita, comportandosi da parassiti, quali il
Trichophyton megalosporon, il morbo “ringworm” del bestiame, e l’ Uromyces glumarum, il fungo conosciuto come “ruggine dei cereali”; altri vivono a spese
dell’animale morto nutrendosi di sostanze organiche in decomposizione, conosciuti come saprofiti, quale l’ Aspergillus niger che si trova sul cuoio, il Clodosporium comune sulla tela di cotone e il Mycoderma tannica sulla superficie dei liquori tannici.
I funghi possono essere suddivisi in: Myxomycetes, Schizomycetes ed Eumycetes. Una specie appartenente ai Mixomiceti, ossia funghi mucillaginosi è il Fuligo septica, noto come “fiore della concia”, in quanto può svilupparsi sulla superficie di bagni di concia esausti.
Siccome i funghi possono riprodursi anche attraverso la formazione di spore, quando una spora si posa su un materiale organico, adatto e umido, germina emettendo una ifa dalla quale poi si svilupperà un micelio completo.
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2.2 Batteri
I batteri rappresentano la forma di vita più diffusa sulla terra, essi sono presenti ovunque, nell’acqua, nell’aria, nel suolo, negli alimenti, negli organismi vegetali e animali. Il diametro di una cellula batterica non supera i 2-3 micron e i biologi li classificano nel genere dei protisti inferiori.
La riproduzione batterica porta ad ammassi di cellule chiamate “colonie” e per esplicare le loro attività, i batteri necessitano di condizioni ambientali adatte. La mancanza di queste, però, non significa l’impossibilità di sopravvivenza; infatti rimangono in uno stato di quiescenza, pronti però a riprodursi non appena condizioni più favorevoli lo permettono.
Le condizioni ambientali necessarie ai batteri per la loro sopravvivenza e riproduzione sono molte in funzione della biodisponibilità nutrizionale, della temperatura, del pH, della luce, dell’umidità e della composizione dell’aria dell’ambiente in cui vengono a trovarsi.
I batteri traggono il loro nutrimento da diverse sostanze chimiche tra cui: acqua, anidride carbonica e composti organici, azoto atmosferico, azoto organico e inorganico, vitamine, solfuri e fosfati, sodio, potassio, calcio, magnesio, ferro, zinco, rame in tracce. La maggior parte dei batteri vive a temperature comprese tra i 25 e i 40 ⁰C. Abbiamo poi batteri che si sviluppano a temperature molto alte, Termofili, riscontrabili presso le sorgenti termali o tra i vegetali in decomposizione, e i batteri isolabili a bassissime temperature.
Il pH ideale per la sopravvivenza della maggior parte dei batteri è compreso tra 6,5 e 7,5; tuttavia molti possono sopravvivere anche a valori diversi, compresi, comunque, tra 3 e 9.
37 Anche la luce ha influenza sull’attività di molte specie batteriche. I raggi solari rallentano o inibiscono lo sviluppo batterico; i raggi ultravioletti svolgono un’efficacie azione sterilizzante.
Una condizione critica per lo sviluppo batterico è la presenza di umidità. Le cellule batteriche in stato di attività sono costituite per il 90 % da acqua , e se si vengono a trovare in un ambiente secco, si disidratano diventando prima inattive e poi muoiono se l’essiccamento è prolungato.
2.3 Batteri nell’industria conciaria
Le pelli possono venire attaccate dai batteri da quando sono allo stato di trippa fino a quando sono state trasformate in cuoio; la proteina solubile è un ottimo substrato per i batteri proteolitici, i quali secernono un fermento capace di attaccare il collagene. In figura si riporta la fotografia ottenuta al microscopio ottico (ingrandimento 23x ) di una pelle allo stato di “wet blue” G in cui si può notare il difetto dovuto ad un attacco batterico, avvenuto presumibilmente nelle prime fasi di lavorazione ad umido o durante la conservazione della pelle non ancora conciata.
38 L’effetto dell’avvenuto attacco batterico è ancora più evidente nella micrografia ottenuta al microscopio elettronico a scansione della stessa pelle.
Figura 10. Attacco batterico visto al microscopio elettronico a scansione
La microflora della pelle dell’animale in vita è in stretto rapporto con l’ambiente e con le condizioni igieniche nelle quali è tenuto l’animale. Essa può derivare dalle polvere, dal terriccio, dallo sterco, ecc. Diversi sono i microrganismi patogeni che possono provocare lesioni cutanee, come ad esempio i cocchi piogeni, gli schizomiceti, che provocano delle lesioni caratterizzate dalla presenza di pus: Streptococcus Pyogenes e
Staphylococcus aureus.
Ai fini conciari sono temibili le alterazioni istologiche a sede dermica che guariscono con cicatrice. Affezioni cutanee possono anche essere sostenute da miceti come quelli della tigna; inoltre anche affezioni virali a sede cutanea, come la cosiddetta pamillomatosi dei bovini, possono produrre seri danni alle pelli. La popolazione microbiologica degli animali, vivi e sani, è comunque tenuta sotto controllo dalla loro immunità naturale e dalle numerose barriere di resistenza fisica e metabolica che essi possiedono. Non appena, però, l’animale muore, cessano tutti i processi vitali e non vi è più alcuna resistenza allo sviluppo dei numerosi microrganismi presenti. Da questo momento i batteri sono liberi di attaccare i tessuti dermici.
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2.4 Le muffe nell’industria conciaria
Anche se questi microrganismi possono sopravvivere fino a valori di pH pari a circa 4, le loro spore arrivano a valori ancora più bassi, fino a 1,5 soprattutto in presenza di glucosio e colloidi protettivi. Persino nei bagni di cromo, infatti, le spore fungine rimangono vitali, ed esiste una prolifera crescita vegetativa anche quando le pelli vengono rimosse dal magazzinaggio per essere sottoposte alle successive operazioni di riconcia e rifinitura. In funzione delle condizioni ambientali, ed in primo luogo del pH, cambia la tipologia di microflora presente durante i processi lavorativi. Dalla macellazione alla purga solo il controllo del livello di contaminazione batterica risulta importante, mentre nelle fasi successive, dal pickel alla concia, è più facile riscontrare il prolificare di funghi, in particolare sulle pelli plicate, sulle pelli conciate al cromo e conservate in wet-blue, sulle pelli tinte, sulle pelli a concia vegetale fino all’essiccazione e nei bagni di concia vegetale. In figura sono riportate delle fotografie di cuoi di origine bovina allo stato di crust caratterizzati da una notevole presenza di muffe.
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Figura 12. Presenza di muffe su cuoio allo stato di crust
Sul cuoio possono svilupparsi soprattutto muffe del genere Pennicillium, dall’aspetto polveroso o vellutato di colore verdastro, e muffe del genere Aspergillus, che formano macchie gialle o nere. Sia il genere Pennicillium che Aspergillus appartengono alla classe di funghi Ascomiceti ed hanno le ife settate. In generale, però, si possono distinguere tre tipologie di muffe presenti sulle pelli semilavorate e sui cuoi finiti, quali le “muffe blu”, le “muffe grigie” e “muffe nere”; esse sono facilmente riconoscibili. In figura è riportato il particolare di difetti su pelli allo stato plicato dovuti alla presenza di “muffe nere” ( microscopio ottico ingrandimento 23x).
Figura 13. Difetti su pelle allo stato plicato
Le muffe blu sono in genere identificate come Pennicillum glaucum, le grigie come Mucer mucedo e le nere come Aspergillus niger, in assoluto le più diffuse tra le muffe riscontrabili sulle pelli e cuoi in genere, della famiglia delle Mucedinacee, che ha i conidi monocellulari e disposti in catene. Tale particolarità dell’ Aspergillus niger è ben
41 individuabile nelle micrografie in figura, ottenute al microscopio elettronico a scansione a due diversi ingrandimenti, su pelli ovine allo stato di “wet blue”.
Figura 14. Aspergillus Niger su pelle ovina allo stato wet blue
Figura 15. Aspergillus niger su pelle ovina allo stato wet blue
Il numero di enzimi che l’Aspergillus niger può produrre nelle varie condizioni in cui può venire a trovarsi, è notevolissimo: lipasi, amilasi, inulasi, raffinasi, genzianasi, zimasi, melezitasi, invertasi, maltasi, ureasi, proteasi, nucleasi e tannasi. Quest’ultimo enzima è responsabile delle notevoli perdite di tannino nei bagni di concia. Visto il gran numero di enzimi che tale microrganismo è capace di fornire, esso può diventare, in determinati casi, veramente dannoso in conceria. Il suo sviluppo è impedito solo in soluzioni più acide di 2N e nelle soluzioni alcaline 0,1N e più.
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2.5 Rinverdimento
In nessun altro momento dell’intero ciclo di trasformazione della pelle in cuoio, il problema biologico è così evidente come durante il lavaggio preliminare e il rinverdimento. Durante queste due operazioni il sale, usato per la conservazione, viene eliminato causando una drastica diminuzione del contenuto salino, che rende le pelli più vulnerabili all’attacco batterico. Se l’acqua impiegata per rinverdire non viene trattata immediatamente con un efficace battericida, la popolazione microbiologica si riproduce rapidamente. Non è raro trovare milioni di batteri, per ogni millilitro di bagno, già dopo 4-6 ore dall’inizio del rinverdimento. La velocità di riproduzione dei batteri può essere influenzata, oltre che dai parametri fisici già considerati, da sostanze estranee già presenti nel bottale o introdotte con le pelli.
Da un bagno di rinverdimento è stata isolata una grande varietà di batteri tra cui: cromobatteri, che possono macchiare le pelli; batteri proteolitici, soprattutto batteri alofili, sopravvissuti alla conservazione con sale. I maggiori responsabili della degradazione delle pelli, sono risultati appartenere alle famiglie: Bacillus,
Staphylococcus, Achromobacter, Alcaligenes; i più dannosi, però, sono sicuramente i
batteri anaerobici del tipo Clostridium. Frequentemente nelle vasche o nelle botti di rinverdimento sono presenti odori di putrefazione oppure si riscontra sulla pelle eccessiva perdita di pelo, chiari indici, evidentemente, di adeguato controllo batterico: mentre il danno che le pelli possono avere subito durante la conservazione non è più rimediabile, si può bloccare un ulteriore biodeterioramento con un adeguato controllo dei microrganismi.
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2.6 Calcinazione
In genere i problemi batterici associati alle pelli salate e al rinverdimento non sono presenti nel processo di depilazione. Le variazioni nelle tecniche di calcinaio sono comunque così tante che non permettono affermazioni generali a questo proposito. È vero che i batteri non si riproducono nelle soluzioni sature di idrossido di calcio, questo fatto non è, però, attribuibile alla calce stessa bensì alla alta alcalinità di questi bagni. Di conseguenza nei calcinai usati più di una volta e dove il pH si può abbassare sotto 9, i batteri si possono riprodurre.
Perciò, quando si recupera il bagno del calcinaio è buona norma eseguire sempre un’analisi batteriologica per accertare l’eventuale presenza di batteri di putrefazione. Se essi sono presenti possono essere controllati chimicamente mediante l’impiego di microbiocidi stabili in soluzione alcalina.
L’analisi spettroscopica e chimica di alcune aree macchiate presenti sulle pelli calcinate, spesso, rivela la presenza di fosfato di calcio, dove il calcio deriva dal sale usato per la conservazione ed il fosfato dalla decomposizione del tessuto fibroso della pelle. Indagini al microscopio hanno mostrato che le macchie di sale sono dovute all’azione simultanea di due fattori:
- La decomposizione post-mortem del materiale non collagenico delle cellule connettive, dove i residui di sangue giocano un ruolo fondamentale
- L’infiltrazione di sali solubili di calcio e magnesio
Questo tipo di contaminazione è fortemente legata all’origine del sale utilizzato nel processo di conservazione. Infatti, mentre il sale comunemente usato, il sale marino ottenuto per evaporazione al sole, è fortemente contaminato da tali batteri, il sale proveniente da miniere, invece, è quasi completamente incontaminato.
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2.7 Macerazione
Il bagno di macerazione favorisce lo sviluppo e l’attività dei batteri mesofili, sia per le favorevoli condizioni ambientali, pH 8 e temperatura tra i 30 ⁰C e i 40 ⁰C, sia per la presenza nel bagno di enzimi. Analisi sui bagni hanno evidenziato la presenza di batteri che appartengono alla specie: Bacillus, Flavobacterium, Micrococcus,
Pseudomonas, Sarcina, Serratia e Staphylococcus.
2.8 Piclaggio
È nel piclaggio che si osservano per la prima volta i problemi causati dai funghi. Dato che il piclaggio avviene in soluzioni acide, i valori del pH sono in genere troppo bassi per favorire la crescita dei batteri; ma le pelli nelle soluzioni di piclaggio leggero o relativamente forte sono subito attaccate dai funghi. In soluzioni leggere, dove è possibile che la crescita sia più diffusa, si trovano le specie di Aspergillus, Pennicillum
Rhizopus e Cladosporium. Quando le pelli vengono plicate a scopo conservativo e,
quindi, il tempo che passa prima di iniziare il processo di concia è relativamente lungo, l’uso di preservanti chimici è pressoché essenziale. La temperatura delle pelli plicate è un fattore importante sia per arrestare l’accrescimento dei funghi che per ottenere pelli conservate in modo soddisfacente. Sfortunatamente, la temperatura che favorisce le migliori condizioni di immagazzinaggio è anche quella ideale per la crescita dei funghi. In molte concerie è diventata pratica normale impiegare fungicidi soprattutto quando esistono condizioni di plicaggio leggero o quando le pelli plicate sono conservate a temperatura al di sopra dei 30 ⁰C.
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2.9 Concia
L’acidità insieme all’umidità delle pelli appena conciate ed alle temperature di conservazione, crea condizioni quasi ideali per l’accrescimento dei funghi. Le macchie che i funghi creano in questa fase di lavorazione, il più delle volte, permangono sulla pelle riducendone drasticamente il valore commerciale. I danni causati dai funghi alle pelli conciate al cromo, e conservate senza precauzione, oppure, a pelli conciate al vegetale, durante il periodo che va dalla concia alla rifinitura, frequentemente si risolvono in un deprezzamento dei materiali già conciati. Oltre alle già citate specie di
Aspergillus e Pennicillum, ricopre una certa importanza la muffa frequentans, che
produce un pigmento in grado di macchiare le pelli, con formazione di puntini color bruno. Le pelli conciate al vegetale possono presentare, durante la fase di asciugatura, delle macchie circolari ben delineate di vari colori, causate da una particolare muffa della specie Dematium. Questa specie può produrre anche delle profonde macchie viola bluastre. Inoltre, questi organismi possono sottrarre i prodotti concianti dall’ambiente di reazione, sia per idrolisi, sia per formazione di sedimenti. Alcune muffe sono state identificate come responsabili della pigmentazione rossa delle pelli wet blue. Esse appartengono al gruppo delle Pennicillium, in particolare questo fenomeno è dovuto allo sviluppo di Pennicillium rubrum. La formazione di tale pigmentazione rossa da parte di queste muffe richiede, però, la presenza di proteine, azoto e zuccheri quali glucosio, saccarosio, maltosio, di amido o carboidrati in genere, e di glicerina.
La presenza di tali componenti è dovuta non alle glicoproteine presenti nella pelle, rimosse quasi completamente nelle prime fasi del processo di lavorazione, ma al liquore di cromo utilizzato per la concia. La preparazione del liquore di concia, infatti, spesso prevede la riduzione del dicromato con melassa e glicerina. Conferma di tale ipotesi è stata ottenuta quando pelli conciate con liquori al cromo, ottenuti per riduzione con anidride solforosa, contaminate con Penicillium rubrum, non hanno mostrato alcuna pigmentazione fino a quando non sono stati aggiunti degli zuccheri.