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Capitolo 1 – La conoscenza del luogo

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Academic year: 2021

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Capitolo 1 – La conoscenza del luogo

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Il territorio e il contesto storico

1.1.1 L’organismo edilizio oggetto del recupero

Il progetto di recupero riguarda un edificio situato presso il Comune di Livorno nella zona di Via dei Condotti Vecchi che prende il nome di Podere Limone. L’organismo edilizio fa parte di un podere agricolo denominato Tenuta Agricola Limone nel Verde e che si sviluppa a ridosso della città di Livorno, per una superficie di oltre 280 ettari, di cui 100 destinati ad aree boschive.

Oltre al Podere Limone, in questa area si trovano altre case di tipo poderale, già ristrutturate adeguatamente per essere destinate alla funzione di attività riguardanti il settore turistico-ricettivo.

La committenza, proprietaria della tenuta agricola e degli edifici posti al suo interno, ha deciso di intervenire sul Podere Limone attraverso un progetto di recupero funzionale prevedendo al suo interno una attività di tipo turistico-alberghiera, in accordo con le previsioni di piano degli strumenti urbanistici.

I proprietari hanno assegnato la redazione del progetto di recupero del Podere Limone all’arch. Bondi, il quale ha elaborato un progetto preliminare di tipo funzionale; questo progetto è stato utilizzato per l’attivazione dei procedimenti edilizi necessari per la richiesta dei vari permessi autorizzativi presso le Pubbliche Amministrazioni.

Grazie alla collaborazione dell’Architetto, il suo progetto di recupero è stato utilizzato all’interno di questa Tesi per essere ulteriormente sviluppato secondo aspetti progettuali svolti nell’ottica della sostenibilità e poi valutati secondo specifici metodi valutativi della sostenibilità in edilizia.

Questo tema nasce dalla particolare attenzione della committenza, la quale ha mostrato una forte sensibilità per gli aspetti di eco-sostenibilità e di bio-compatibilità, spingendo il progetto verso una tendenza recente che prende il nome di turismo sostenibile.

In molte regioni d’Italia, anche in Toscana stanno nascendo delle strutture turistiche che prendono il nome di agriturismi sostenibili, in cui vengono utilizzate delle misure per ridurre l’impatto ambientale delle strutture sull’ambiente. Oltre che avere un risparmio economico grazie ad una riduzione

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delle spese, questa tendenza trova largo seguito presso i clienti che mostrano maggiore soddisfazione a soggiornare in strutture tendenti ad un comportamento eco-sostenibile.

Secondo un sondaggio condotto presso il sito internet che raccoglie gli agriturismi in Italia, www.agriturismo.it, sembrerebbe che questo tipo di politica proviene dai viaggiatori stessi che sono sempre più sensibili alle problematiche ambientali, dichiarando sostanzialmente di essere disposti a spendere di più per un soggiorno eco-responsabile, in quanto la vacanza in agriturismo non risulta essere una vacanza come tutte le altre; il contesto con la natura dovrebbe spingere tali strutture ad avere quindi un impatto ambientale minore. Alla luce di quanto esposto, si è cercato con questa Trattazione di sviluppare pertanto il progetto edilizio di recupero con aspetti rivolti alla sostenibilità sia del Podere Limone, sia nell’edificio stesso che nella sua futura gestione.

1.1.2 Descrizione dello stato attuale

Il Podere Limone ad oggi risulta abbandonato e mostra uno stato di degrado dovuto principalmente al suo inutilizzo e alla mancanza di manutenzioni. Il degrado lo si ha principalmente sugli orizzontamenti che risultano in alcuni tratti parzialmente crollati e sulle murature esterne che mostrano segni di degrado e di distacco dell’intonaco. Unica eccezione è la copertura del corpo principale che sale al piano primo la quale è stata rifatta in tempi recenti e ciò è visibile dal buono stato di conservazione.

Architettonicamente l’edificio è di tipo isolato, inserito in un’area verde ricca di vegetazione, anch’essa rimasta allo stato di abbandono, composto da due piani fuori terra; a lato dell’edificio si trova un piccolo edificio ad un piano che svolge la funzione di magazzino.

L’edificio come vedremo più avanti rientra nella classificazione urbanistica di podere con valore testimoniale e riporta elementi di pregio architettonico come la composizione architettonica dei volumi, gli elementi decorativi disposti sui prospetti e intorno agli infissi, le scale di accesso al piano primo sulla facciata principale.

Infatti sulla facciata principale è presente un corpo scale in muratura, con parapetto anch’esso in muratura, costituito da due ali formate ciascuna da due rampe che raggiungono il piano primo e in cui sono ricavati due ripostigli nei relativi sottoscala; una scala di

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servizio rettilinea invece è posizionata sulla facciata posteriore, la quale accede ad una terrazza esterna che si trova sopra al piano terra.

Probabilmente al piano terra trovano luogo gli ambienti di servizio all’abitazione tra cui magazzini mentre l’abitazione vera e propria si trovava al piano primo come evidenziato dalla presenza di due camini a legna per la funzione di riscaldamento.

La struttura è realizzata in muratura mista in laterizio e pietra, del tipo a sacco, che raggiunge uno spessore di 65cm al piano terra e 55cm al piano primo, con presenza di pilastri di muratura al piano terra e con aperture ad arco. E’ ricavato un ripostiglio nel piano mezzanino costituito da un solaio in laterizio a voltine.

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Il solaio del piano primo invece è costituito da una struttura lignea con mezzane in laterizio e pavimentazione in cotto, tipico della tradizione edilizia. I resti di segni sulle pareti del piano primo indicano che i locali erano chiusi da controsoffitto in cannicciato.

La copertura relativa al piano primo è stata rimodernata in tempi recenti e risulta essere in buono stato, realizzata anch’essa con elementi lignei, mezzane e manto di copertura in laterizio; la copertura invece del restante volume del piano terra risulta invece crollata, così come parte del solaio del piano primo. Il solaio del piano terra invece presenta lesioni e fratture dalle quali penetra la vegetazione che ha invaso molte parti dell’edificio.

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L’accesso al sito dell’edificio avviene attraversando un fossetto che segna il limite a sud dell’area di proprietà e costeggia la via di accesso denominata via dei Condotti Vecchi. Tale via risulta essere non asfaltata e delimitata da ambo i lati da filari di pini marittimi.

1.1.3 Il progetto preliminare dell’architetto Bondi

Il progetto di recupero dell’architetto Bondi, in accordo con quanto previsto dagli strumenti urbanisti prevede il recupero dell’edificio senza nessuna aggiunta di volumi addizionali o corpi esterni. Lo stato progettuale prevede essenzialmente la riqualificazione architettonica con uno sviluppo interno

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adeguato alle esigenze richieste dalla committenza e legate al tema funzionale della struttura di tipo ricettiva.

Sono previsti infatti spazi coerenti con attività di tipo agrituristico; al piano terra si trovano una reception per accoglienza degli utenti, un ufficio direzionale, una cucina e relativa sala ristorazione e degli ambienti destinati ad attività di laboratorio legate al mondo della natura e dell’agricoltura.

Piano Terra

Al piano primo invece si trova la zona pernottamento con le camere sviluppate in diverse metrature a seconda del numero dei fruitori e di cui una di queste è ricavata nel sottotetto; le camere del piano primo si affacciano lungo un corridoio di distribuzione interno che collega i due ingressi esterni del piano primo e ciascuna camera è dotata di servizio igienico interno.

Sono stati previsti inoltre dei collegamenti interni verticali, un corpo scale ed un ascensore per garantire l’accessibilità e la funzionalità interna.

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Piano Primo

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Al piano mezzanino invece è stata ampliata la superficie esistente aggiungendo una porzione sul lato interno che ha la funzione di servizi annessi all’attività agrituristica.

1.1.4 Cenni storici

L’area geografica in cui è collocato il “Podere Limone”, fa parte del comune di Livorno e si trova nell’entroterra della città ai piedi delle colline livornesi; un sistema collinare che si innalza a sud-est della città di Livorno e che comprende anche i comuni di Collesalvetti e di Rosignano Marittimo. Rispetto alle colline livornesi il comune di Collesalvetti si trova ad est mentre il comune di Rosignano si trova più a sud.

L’area suburbana in cui sorge la villa è molto vicina alla zona di Porta a Terra e allo svincolo per l’ingresso nella strada Variante Aurelia; nonostante la zona in oggetto sia immersa nel verde è da notare il legame e la vicinanza con la città di Livorno che si estende al di là dell’infrastruttura Variante e parallelamente ad essa.

Effettuando una ricerca storica sulle origini della villa oggetto dello studio, è emerso che esiste una voce LIMONE presso Livorno all’interno del Dizionario Geografico Fisico Storico della regione Toscana del Repetti.

Tale citazione afferma che si tratta di una villa signorile con una vasta tenuta che prese il titolo da una chiesa plebana dei pivieri di Porto Pisano (SS. Giovanni e Andrea a Limone); il territorio appartenente alla chiesa fu in gran parte incorporato a quello dell’attuale parrocchia di S. Martino a Salviano, sempre a Livorno.

Come già affermato la villa di Limone ha sul lato occidentale delle colline che fanno scala ai Monti Livornesi; si trova a sinistra della strada maestra, detta di

Valle Benedetta, fra il Rio Maggiore che lambisce il fianco meridionale della

collina di Limone e i ruscelli che fluiscono dal lato opposto nel torrente Ugione. Una delle più antiche memorie in cui si trova traccia della villa di Limone, è conservata in un documento della Primaziale di Pisa e risalente al 15 maggio 949, in cui il vescovo Zanobi concesse ad un conte Rodolfo, figlio di Ghisolfo, la terza parte di tutti i beni spettanti al pievanato della chiesa dei Ss. Stefano, Cristoforo e Giovanni di Porto Pisano, nel cui distretto giurisdizionale erano comprese le ville di Santa Giulia, di Salviano, di Limone e di villa Magna; fino ad allora tali ville avevano un battistero o almeno una loro parrocchia speciale. In particolare, la pieve di Limone è citata in una membrana inedita del 22 agosto 1197 appartenuta al Monsignore di Pisa di Tutti i Santi; tale contratto, rogato in Pisa, rileva che il conte Malaparuta aveva donato all’ospedale di S. Leonardo al ponte di Stagno l’uso del pascolo, delle acque, dell’erba e del legname nei suoi terreni situati nel piviere di Limone e specialmente nella corte di Oliveto.

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Ancora un altro documento risalente al 19 luglio 1338 esplica che il conte di Donoratico, Bonifazio Novello, ordinò che fosse consegnato all’operaio della cattedrale di Pisa tutto il podere della macchia di Oliveto e di Limone del Pian di Porto con le sue dipendenze, a condizione che l’operaio restituisse agli eredi del testatore la somma di 1500 fiorini di oro puro che gli vennero prestati.

Sembra infatti che la macchia di Oliveto e di Limone, appena accennati dal suddetto contratto, dovessero tornare in possesso dell’Opera della Primaziale di Pisa; risulta che, per atto pubblico del 14 dicembre 1418 Andrea Bonaccorsi di Livorno, abate del Mon. di S. Paolo a Ripa d’Arno di Pisa, come procuratore dell’Opera della chiesa maggiore della città e delle monache di Tutti i Santi, affittò ad alcuni livornesi il pascolo, le terre e le possessioni situate nel distretto di Livorno, e precisamente nelle corti delle ville di Oliveto e Limone. I pascoli appartenevano per un terzo all’Opera della Primaziale, e per una metà alle monache di Tutti i Santi di Pisa; tali terre confinavano da un lato con la curia e il territorio di Livorno, da un altro lato con il torrente Unione, da un altro lato ancora con la via di S. Lucia del Monte e infine confinava con le terre del piviere di Ardenza e in parte con la terra chiamata di Popogna.

La pieve dei SS. Giovanni e Andrea a Limone si trova registrata nei cataloghi delle chiese della diocesi pisana fatti negli anni 1277 e 1371.

In tempi più recenti la parrocchia di Limone fu soppressa e riunita in gran parte a quella di Salviano e i beni spettanti alla cappella di S. Maria di Oliveto, nella zona di Monte Massimo furono ammensati al monsignore di Tutti i Santi di Pisa, per decreto della curia arcivescovile del 28 novembre 1418. In seguito il territorio di Monte Massimo presso Limone, divenne commenda abbaziale, la quale sin dal 1622 si trovava in testa all’abate Grifoni di Firenze, il cui patrimonio fu impostato all’Estimo di Parrana nei seguenti termini: “Tenuta di

terra lavorativa, soda, boscata e macchiosa, con una casa per il lavoratore, della misura di stiora 4831 e pertiche 44; compreso nel comune di Monte Massi, confinante a 1° con Quardecimo, già comunello detto Guardia Decimi; a 2° col borro dell’Ugione; dal 3°, 4°, 5° lato coi beni del Cardinal dei Medici, (poi tenuta di Suese)”.

Nel 1785 si cancella dall’estimo vegliante di Parrana il nome dell’abate Grifoni, e si accende il cav. Michele Grifoni come proprietario assoluto della suddetta tenuta di Monte Massi, ossia di Limone, dopo esserne stato investito con sovrano rescritto del 4 aprile 1774.

Da questo momento la tenuta di Limone attraversa diverse alienazioni dalla casa Grifoni al principe russo Demidoff e, finalmente, nel 1835 al proprietario Bartolommei, contemporaneo al periodo di stesura del dizionario del Repetti. Nel 1786, contemporaneamente al periodo in cui la tenuta è appartenuta alla famiglia di commercianti russi Demidoff, venne pubblicato un libro “Relazioni di alcuni viaggi fatti in diverse parti della Toscana” dell’autore Giovanni Targioni Tozzetti; tale opera costituisce una fondamentale descrizione della Toscana dal punto di vista storico e scientifico. Le notizie contenute nell’opera spaziano dalla botanica alla medicina, dalla mineralogia alla zoologia per arrivare all’architettura. Sicuramente un aspetto avvincente della raccolta di studi riguarda la geografia; di fatto l’autore perseguiva il proposito di definire una

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mappa “letteraria” della sua regione, intento conseguto con grande precisione e cura.

In quel periodo Livorno, grazie alle sue dodici fonti termali, era considerata un centro termale meta di turisti provenienti da diverse parti della Toscana. Fra queste sorgenti, il Tozzetti fu il primo studioso ad intuire l’utilità della fonte della Puzzolente per scopi termali tanto che la stessa fonte della Puzzolente viene citata nel libro con queste parole: "…lasciammo a destra la strada del Limone e

da mano sinistra è una pozza o Lagunetta formata da una sorgente di Acqua Sulfurea fredda, la quale a cagione del gran fetore, viene in Livorno chiamata l'Acqua Puzzolente". Ella è fredda, scaturisce, ma in gran copia, da più luoghi del fondo con molte bolle d'aria…..l'avanzo si scarica nel Rio Uggiose, che passa vicino. L'acqua assaggiata non ha sapore, né acido di alcuna sorta in se, ma puzza di Uova sode. Ella fa bene per i Mali cutanei…"

La proposta del Tozzetti venne ripresa dai proprietari della tenuta Limone, la famiglia russa Demidoff, per realizzare l’idea di creare dei bagni termali presso la fonte della Puzzolente all’interno dei loro terreni. Purtroppo non riuscirono nel loro intento perché la tenuta venne venduta in un primo momento ad un'altra famiglia russa Romanowitz e, poco dopo, alla famiglia italiana dei Bartolommei nel 1835.

I Bartolommei portarono avanti il progetto della realizzazione dei bagni termali presso la fonte della Puzzolente ed affidarono l’incarico all’architetto Poccianti.

1.1.5 L’architettura del Poccianti

Nel primo Ottocento, a causa della Rivoluzione Francese e della rivoluzione industriale, ci fu una spinta di rinnovamento che caratterizzò in maniera determinante la politica per la realizzazione delle opere pubbliche. In Toscana e nella stessa città di Livorno, un illustre esponente di tali importanti opere fu l’architetto Pasquale Poccianti.

Il Poccianti ebbe l’opportunità di compiere gli studi da architetto nella città di Firenze, presso l’Accademia delle Belle Arti. Sin dal 1794 fu assunto come apprendista dallo Scrittoio delle Regie Fabbriche, l’ufficio che si occupava degli edifici pubblici di Firenze e del Granducato. Dal 1802 iniziò a mettere mano al progetto della villa di Poggio Imperiale e nel 1809 fu dichiarato ingegnere aggregato a tutti gli effetti.

Nello stesso anno venne chiamato dalla comunità di Livorno per sovrintendere alla sistemazione delle acque.

La sua carriera procedette molto speditamente grazie a incarichi di responsabilità che gli vennero affidati nel periodo francese e napoleonico; l’architetto progettò la sistemazione di Lucca per Elisa Baciocchi; nel 1815 progettò il passaggio delle carrozze e lo scalone di Palazzo Pitti a Firenze e nel 1817 venne confermato primo architetto delle Regie Fabbriche.

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In seguito si occupò della trasformazione dei quartieri di Palazzo Pitti e gli interventi nelle ville medicee dell’Ambrogiana e di Poggio a Caiano.

Nel 1826 fu nominato architetto della Depurazione degli acquedotti di Livorno, città dove aveva continuato a lavorare dai primi incarichi del 1809 e dove si applicherà per molte realizzazioni. Infatti Poccianti lavorò all’ultimazione dell’Acquedotto Leopoldino, iniziato da Giuseppe Salvetti nel XVIII secolo per volontà del Granduca Ferdinando III di Toscana e teso al miglioramento del rifornimento idrico della città.

Nella stessa città di Livorno si applicò ai lavori per i Cisternoni, alle piazze d'Armi e del Voltone, ai Bagni della Puzzolente, ai ponti di S. Marco e dei Cappuccini. A Firenze, si adoperò per la sistemazione della piazza della Signoria, della Loggia e del David, ma dagli anni Cinquanta, dato il mutato gusto, il Poccianti fu isolato dal contesto culturale toscano.

La magistratura civica di Livorno, per dimostrargli la propria riconoscenza per avere diretto i lavori all'acquedotto e ad altri edifici cittadini, con deliberazione del 13 maggio 1834, propose l'ascrizione di Pasquale Poccianti alla nobiltà di Livorno. La proposta fu accolta col rescritto sovrano del 6 giugno 1834.

Il progetto dell’Acquedotto Leopoldino, considerato da molti il capolavoro urbanistico del Poccianti, consisteva nell’interpretare il percorso dell’acquedotto come una monumentale passeggiata dalle sorgenti fino ai margini della città e lungo il tracciato furono dislocati dei casottini di ispezione e tre grandi serbatoi, il Cisternino di Pian di Rota, la Gran Conserva o Cisternone e il Cisternino di città.

Il Cisternone rappresenta forse l’opera più significativa di Poccianti. Progettato nel 1827 e realizzato tra il 1829 e il 1842, l’edificio è un monumentale serbatoio in stile neoclassico composto da un porticato costituito da otto colonne tuscaniche e una facciata sovrastata da una semicupola a cassettoni che ancora oggi suscita l’interesse di storici ed architetti. La facciata, riconducibile ai modelli dell’architettura francese di Boullée e Ledoux, conserva comunque le influenze derivate dalla conoscenze delle grandi opere idrauliche dell’architettura romana.

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Gli altri serbatoi che vennero realizzati negli anni seguenti, sono sempre caratterizzati da chiare intersezioni di volumetrie pure; mentre però il Cisternino di Pian di Rota presenta un impianto fortemente dilatato con un pronao d’accesso scavato nella compatta massa muraria costituito da quattro colonne, il Cisternino di città, aperto da un elegante loggiato di ordine ionico, contrappone la leggerezza del colonnato alla pesantezza del massiccio basamento che chiude il volume della cisterna.

Sempre a Livorno Poccianti si dedicò alla progettazione dei ponti si S. Marco e dei Cappuccini ed espresse il proprio parere per la sistemazione della piazza antistante la chiesa di San Benedetto, mentre tra le ultime opere si trova la costruzione di un piccolo stabilimento termale nei pressi della città che prende il nome di Bagnetti della Puzzolente.

I Bagnetti della Puzzolente

I Bagnetti furono costruiti tra il 1843 ed il 1844 e secondo la committenza, avrebbero dovuto rappresentare un nuovo centro di attrazione per i villeggianti dell’epoca grazie ad alcune polle d’acqua solfurea idonea per lo sfruttamento termale. Le ambizioni dei Bartolommei sono testimoniate anche dal ritrovamento, tra le carte dell’architetto, di un primo progetto assai articolato dei Bagnetti che rimase inedificato. L’impresa fu portata a termine in toni minori e comunque risultò un clamoroso insuccesso imprenditoriale, tanto che sul finire dell’Ottocento lo stabilimento fu chiuso e

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Attualmente l’edificio versa in un avanzato stato di degrado e abbandono, con presenza di parti di copertura crollata, del piano interrato allagato e decorazioni e affreschi in disfacimento per la presenza di umidità.

I Bagnetti della Puzzolente seguono i principi del neoclassicismo a cui l’architetto si è ispirato nel corso della sua carriera.

Come per la maggior parte delle architetture di Poccianti anche i Bagnetti si presentano come aggregazione di diversi volumi dalla geometria pura. La planimetria rimanda infatti a quella del vicino Cisternino Pian di Rota, ovvero un corpo fabbrica principale a pianta rettangolare con due marcate absidi sui lati brevi.

La facciata è caratterizzato da un pronào formato da quattro colonne d’ordine tuscanico che sorreggono la trabeazione ed il frontone. La porta d’ingresso è affiancata da finestre rettangolari sormontate da timpano triangolare. Ai lati, nei corpi semicircolari che un tempo ospitavano i bagni per il trattamento, si aprono delle semplici finestre leggermente strombate. Un lieve marcapiano divide il piano terra principale dal piano primo adibito a servizi secondari. L’ingresso dell’edificio avviene in corrispondenza del pronào; da qui si trova un piccolo ingresso ai cui lati si aprono simmetricamente due stanze più ampie da cui si accede direttamente alla sala principale del complesso, un tempo munita di oculo a torretta, poi distrutto e coperto dal rifacimento della copertura. Una scala posta all’interno consente, attraverso due porte laterali, l’accesso ai due emicicli che contengono ciascuno otto bagnetti “tutti ben areati, illuminati,

adeguatemente riscaldati, pavimenti e mattonelle smaltate, tinozze candide in gres porcellanato” (citazione tratta da Orosi – Bufalini, Dell’acqua minerale sulfurea della ‘La Puzzolente’, 1911).

La struttura, in apparenza disposta su due livelli fuori terra, presenta invece un amplissimo livello interrato tramite il quale si accedeva ad alcuni locali di servizio e ai due padiglioni semicircolari dove si svolgevano i bagni veri e propri; qui sono presenti alte colonne che sorreggono volte a padiglione irregolari un tempo affrescate. Oltre a questi due grandi locali al piano interrato sono presenti altri due ambienti con volta a botte e un locale più ampio centrale, con soffitto a voltine, tutti collegati da un corridoio e da una coppia di scale interne.

Possiamo desumere che i Bagnetti della Puzzolente rappresentano una involuzione nel linguaggio neoclassico di Poccianti; dato che la committenza opta per un progetto meno ambizioso, l’architetto ripiega verso temi vagamente palladiana, come dimostrano la rinuncia delle finestre termali in luogo di aperture più tradizionali e l’impostazione lineare della facciata.

A poca distanza dietro le terme vi è un’altra costruzione a forma di tempietto rotondo che racchiude un vasto cratere ottagonale, dove sono riunite e allacciate tutte le polle di acqua sulfurea. Qui la pompa aspirante raccoglieva l’acqua in appositi e capaci contenitori che, tramite tubature a pressione, convogliavano l’acqua in specifici serbatoi all’interno dello stabilimento e successivamente riscaldata e diramata nelle diverse cabine.

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Le testimonianze che nel 1876 usufruirono di tali impianti circa 9.720 persone dimostra che la fonte della puzzolente ebbe un notevole successo, tant’è che in quel periodo si stima un quantitativo giornaliero di circa 90 bagni.

Una testimonianza di rilievo ci è stata rilasciata da Giuseppe Orosi nel 1845 sulla grandezza dell’opera e sull’importanza che la fonte aveva per la città.

"L'architetto Poccianti non mancò di innalzare uno stabilimento grandioso ed elegante. I bagni ingentiliscono sempre il corpo e sono specialmente utili all'età che avanza. Il bagno può durare un’ ora e più a seconda delle condizioni dell'individuo o della malattia. Il bagno vuole essere preso generalmente avanti i pasti e specialmente prima del pranzo, poiché è stato generalmente osservato che aumenta l'appetito, le digestioni sono più perfette e le forze meglio ristorate. Quest'acqua traggono la loro efficacia in certe malattie della pelle del solfo che contengono disciolto in mezzo all'idrogeno, e giovano perciò nelle impetiggini croniche, nelle diverse specie di erpetici, nella scabbia e in molte affezioni che dipendono da disturbi di traspirazione, da languori glandolari, da reumatiche e artritiche affezioni. Molto potremmo dire sopra felici risultati ottenuti dall'uso di quest'acqua e si potrebbero ancora allegare numerosi attestati di persone ammalate che ricuperarono la salute, o trovarono nell'acqua puzzolente alleviamento alle loro sofferenze. E ben più valevoli e fondati attestati che rilasciarono uomini distinti nell'arte rimasti soddisfatti dei benefici effetti provati".

Nonostante i primi successi, i Bagnetti della Puzzolente cambiarono di nuovo proprietario; dalla famiglia Bartolommei alla famiglia Mimbelli, i quali possedevano nei pressi delle terme una villa.

Negli stessi anni a Livorno furono scoperte nuove acque simili a quelle offerte dal Rio Puzzolente e vennero realizzate nuove strutture per l’utilizzo delle acque termali che offrivano maggiori servizi e comodità ai frequentatori che vi accedevano. Con il volgere dei tempi, per mantenere la struttura all’altezza degli altri stabilimenti, sarebbe stato necessario procedere con interventi continui per il miglioramento delle attività e dell’edificio stesso.

Invece, dopo un primo lento e graduale decadimento, dovuto principalmente al disinteresse dei proprietari, furono chiusi al pubblico nel 1897 e vennero adibiti ad uso di magazzini e di cantina di vino. Le acque termali raccolte al suo interno furono disperse nei fossi adiacenti.

1.1.6 Podere Limone e dintorni

L’edificio Podere Limone sorge nella zona dei Condotti Vecchi nelle vicinanze dell’edificio termale dei Bagnetti. La casa padronale, dopo la cessione dell’attività dei Bagnetti, venne abbandonata e l’edificio ebbe la stessa sorte delle terme del Poccianti. Entrambi ad oggi si trovano in condizioni di forte degrado.

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Dalla planimetria del catasto storico si evince che l’edificio attuale non ha subito modifiche nella sua struttura ad eccezione della realizzazione di un casottino esterno destinato alla attività di magazzino.

Attualmente gli estremi catastali dell’edificio sono foglio 23, particella 31

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La zona della via dei Condotti Vecchi è caratterizzata da un territorio costituito prevalentemente da campagna di cui la maggior parte organizzata in campi coltivati e altre aree sono destinate a piccoli appezzamenti di terreno ad uso domestico. Per quanto riguarda la presenza di fabbricati è possibile notare un numero esiguo di edifici, la cui destinazione d’uso principale è residenziale. All’interno della tenuta agricola in cui si trova il Podere Limone esistono altri edifici poderali, di proprietà della committenza, in cui vengono svolte delle attività di tipo turistico ricettivo.

parte di una tenuta agricola che si estende per oltre 280 ettari a ridosso della città di Livorno; della tenuta altri 100 ettari sono destinati ad aree boschive. Le attività principali di cui si occupa la società che gestisce la tenuta sono all’interno del settore agricolo e del settore turistico-ricettivo.

Queste case coloniche e residenze d’epoca sono state in tempi recenti ristrutturate adeguatamente per essere destinate ad attività turistiche. Tra queste troviamo:

1-Pino – Antico casolare ristrutturato destinato ad agriturismo con camere;

2-Querciolaia – Tipica casa colonica toscana, anch’essa ristrutturata a residence turistico alberghiero;

3-Podere Limone – Edificio oggetto di intervento

4-Tempietto – Costruito nel 1844 dal celebre architetto Poccianti, l’edificio era destinato a centro termale ed oggi risulta essere in stato di abbandono e degrado;

5-Fattoria Mimbelli – Antica fattoria, cuore della tenuta, attualmente non utilizzabile da parte dei turisti.

Riferimenti

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